mercoledì 27 aprile 2011

Manifestazione delle vittime dell'amianto il 28 aprile


Comunicato
La Rete nazionale per la Sicurezza sui Luoghi di Lavoro partecipa e invita a partecipare all'iniziativa promossa dall'a.i.e.a di Paderno Dugnano il 28 aprile, giornata mondiale delle vittime di amianto, alle ore 20.30 concentramento in via Galileo Galilei, davanti all'ex Ispra,e dedicata, inoltre, alla memoria di Arun Zequiri, Sergio Scapolan, Salvatore Catalano e Leonard Shehu,i quattro lavoratori morti a causa del rogo dell'Eureco di Paderno Dugnano.
A pochi giorni dalla significativa sentenza della Thyssen e mentre, sempre a Torino, si sta svolgendo il processo Eternit, la catena di lavoratori morti in Italia dimostra quotidianamente la necessità di una mobilitazione permanente contro un sistema incivile e barbaro che riduce a tragiche fatalità quello che noi chiamiamo gestione criminale della sicurezza sul lavoro. Occorre una campagna di massa attraverso lo strumento della rete nazionale per affermare il primato della vita operaia e non del profitto.




mi.26.5.11




Rete nazionale per la Sicurezza sui posti di lavoro nodo Milano-Bergamo

Per contatti retesicurezzamilano@gmail.com 3387211387

giovedì 21 aprile 2011

SENTENZA THYSSEN KRUPP: UN IMPORTANTE PUNTO DI PARTENZA, MA NON BASTA!



E’ nota ormai a tutti l’ importantissima sentenza della Corte di Assise di Torino per il primo grado di processo per l’ eccidio della Thysenn Krupp.
Per l’ incidente della notte del 6 dicembre 2007 sulla linea 5 dello stabilimento Thysenn Krupp di Torino che costò la vita a 7 operai, la condanna è stata esemplare.
L’ amministratore delegato della Thysenn Krupp Herald Espenhahn è stato infatti condannato a 16 anni e mezzo di reclusione per il reato di omicidio volontario con dolo eventuale, mentre altri cinque dirigenti (Marco Pucci, Cosimo Cafueri, Giuseppe Salerno, Gerald Priegnitz e Daniele Moroni) sono stati condannati a pene detentive comprese tra i 10 e i 13 anni per il reato di omicidio colposo.

E’ sicuramente una sentenza molto importante per vari motivi, ma al di là di un primo momento di soddisfazione, occorre analizzare non solo i risvolti positivi che essa potrà fornire nella lotta per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, ma anche che cosa ancora rimane da fare.

Partiamo dalla consistenza della pena per l’ Amministratore Delegato e per i dirigenti della Thyssen Krupp. Per la prima volta in Italia viene comminata una pena detentiva superiore ai dieci anni per un infortunio mortale sul lavoro e questo è sicuramente un enorme passo in avanti rispetto a pene di pochi anni di reclusione. Per le pene comminate inoltre non si può applicare la sospensione condizionale e quindi esse dovrebbero essere effettive.

Ma l’ aspetto più importante è che per la prima volta in Italia un omicidio sul lavoro è stato rubricato, almeno per l’ amministratore delegato, come “volontario” e con dolo e non come semplice “colposo”.
Questo costituisce una novità epocale che potrebbe dare vita a un nuovo corso nel giudizio di datori di lavoro colpevoli di omicidio o lesioni sui luoghi di lavoro.

Ma al di là di questi dati sicuramente positivi, occorre avere il coraggio di esaminare anche i limiti e l’ ambito di questa sentenza.

Innanzitutto, al contrario di quanto scritto da qualcuno, questa sentenza non fa giurisprudenza. Per poterlo fare occorrerà attendere tutti i gradi del processo fino alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione. E conoscendo la giustizia italiana, non dobbiamo meravigliarci se fino ad allora non succederà qualcosa che permetta ai padroni della Thyssen di pararsi il culo.

Ma anche se le condanne venissero confermate fino alla Cassazione, siamo sicuri che faranno veramente scuola in tutti i processi relativi a infortuni sul lavoro ?
Non dimentichiamoci che la strage della Thyssen Krupp, per il numero di morti e per le modalità stesse dell’ incidente, ha avuto un enorme risvolto mediatico, come assolutamente non hanno gli altri infortuni che comportano la morte di quattro lavoratori ogni giorno.
Sull’ aula della Corte di Assise di Torino erano puntati gli occhi di tutta Italia, grazie anche alla forte presenza delle associazioni che si battono per la salvaguardia dei lavoratori.
Non dimentichiamoci ancora che il PM titolare è stato il dottor Raffaele Guariniello, da sempre in primo piano nella lotta per la tutela della giustizia.
Purtroppo però per le migliaia di altri processi in corso non ci saranno le telecamere presenti a Torino, non ci saranno come PM persone come Guariniello, non ci saranno per motivi oggettivi le associazioni che lottano per la tutela dei lavoratori.

Non solo, il progetto destabilizzante del governo, volto a salvare il presidente del Consiglio da possibili condanne per i procedimenti penali in cui è e sarà coinvolto, stravolgerà l’ andamento di tantissimi processi per infortuni sul lavoro, col rischio di prescrizione degli indagati.

Ma, oltre a quanto sopra, il vero problema è un altro.
E’ giusto e sacrosanto che chi, per la ricerca del proprio interesse, si macchia di delitti contro i lavoratori paghi con il massimo possibile della pena. Ma qualunque pena venga comminata, essa non ridarà la vita o la salute ai lavoratori infortunati o ammalati.

Non si può agire solo sulla pesantezza della pena a seguito dell’ incidente mortale o lesivo.

Occorre preventivamente impedire agli imprenditori di fare lavorare in condizioni che potenzialmente comportano un elevato rischio di infortuni e di malattie professionali.
Le leggi per fare questo ci sono. Il D.Lgs.81/08, nonostante i peggioramenti introdotti dal correttivo del governo Berlusconi, se applicato con rigore permetterebbe veramente di fare prevenzione e ridurre alla fonte le situazioni di rischio.

Il problema è che sull’ osservanza di tale testo normativo i controlli sono scarsissimi per la endemica carenza degli organici degli enti pubblici di controllo.
I padroni sono liberi di disattendere la normativa nella certezza che la probabilità di incappare in un controllo e in una sanzione è bassissima (oggi solo il 3% delle aziende viene controllato dalle ASL).
Ma anche in caso di controllo e di contestazione, il reato penale viene estinto a seguito del pagamento di una sanzione che, in proporzione al rischio potenziale, è irrisoria.

Oggi in Italia si contano ogni giorno 4 infortuni mortali e migliaia di infortuni spesso pesantemente invalidanti.
Solo l’ incremento dei controlli e l’ inasprimento delle pene in caso di inadempienza al Testo Unico possono scoraggiare veramente l’ attività delinquenziale dei datori di lavoro che omettono le misure di prevenzione e protezione dei lavoratori.

Assistiamo invece da un lato a una riduzione dell’ apparato sanzionatorio (vedi il D.Lgs.106/09 del governo Berlusconi che ha ridotto in maniera generalizzata le sanzioni previste inizialmente dal D.Lgs.81/08 a carico di datori di lavoro e dirigenti) da un altro a un mancato potenziamento degli organi ispettivi.

E proprio a commento della sentenza Thyssen Krupp, il Ministro del Lavoro Sacconi ha ipotizzato l’ accentramento delle attività di vigilanza, affermando che “dovremo in ogni caso riflettere, a fini di maggiore omogeneità ed efficacia, sull' opportunità di riportare alle funzioni centrali tutta la competenza in materia di salute e sicurezza nel lavoro e la relativa attività di controllo come era disposto dalla riforma costituzionale che non superò l' esame referendario”.
Il che vorrebbe dire un controllo diretto del Ministero di Sacconi sulle attività ispettive con le conseguenze facilmente immaginabili.

In conclusione se da un lato dobbiamo considerare positivamente la sentenza Thyssen Krupp che per i contenuti potrebbe diventare una svolta epocale nel giudizio di reati conto la salute e la sicurezza dei lavoratori, dall’ altro dobbiamo essere convinti che tale sentenza non può essere il punto di arrivo della battaglia contro gli infortuni e le malattie professionale.
Deve essere al contrario un punto di partenza per intensificare tale battaglia !

Marco Spezia
rete nazionale sicurezza sui posti di lavoro

la Rete per la sicurezza sui posti di lavoro contro il sistema ERGO-UAS alla Fiat Sata Melfi

IL SISTEMA ERGO-UAS ALLA FIAT DI MELFI.

Tale metodo, di fatto contrario ai principi stabiliti dalla normativa di tutela della salute dei lavoratori, consente di spingere al massimo la cadenza della linea e di ridurre le pause per i lavoratori fino al massimo consentito dalla fisiologia umana.

Da tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro voglio mettere in evidenza gli aspetti decisamente negativi che tale metodologia ha sulla salute dei lavoratori delle linee di produzione.

Già oggi, da un’ inchiesta della FIOM basata su interviste realizzate con 100.000 operai, risulta che il 68% degli intervistati lamenta movimenti ripetuti delle braccia e delle mani, mentre il 32% (ma la percentuale sale al 44% tra gli operai di 3° livello) lamenta posizioni disagiate che provocano dolore. Soprattutto, il 40% degli intervistati, 47% tra le donne, ritiene che la propria salute sia stata compromessa dalla condizione di lavoro.

Teoricamente la metodologia ERGO-UAS dovrebbe consentire di valutare il rischio da sovraccarico biomeccanico di tutto il corpo, mediante un sistema molto sofisticato, in modo da definire il tempo esatto che una certa funzione richiede e il tempo di riposo necessario per evitare di pesare sulla salute degli operai.
In realtà tale metodo ha il solo obiettivo di far lavorare di più gli operai, riducendo i tempi morti o quelle operazioni “a non valore aggiunto”, pesando alla fine moltissimo sulla salute.

Per capire il problema è sufficiente un esempio: applicando il sistema ERGO-UAS la Fiat arriva a ridurre le pause a 30 minuti nell’ arco delle 8 ore lavorative. Secondo un altro modello, l’ OCRA (OCcupational Ripetitive Actions), le pause dovrebbero essere di 10 minuti ogni 50 minuti continuativi di lavoro, quindi almeno il doppio.

Voglio ricordare che relativamente alla normativa di tutela della salute dei lavoratori rispetto alla movimentazione manuale dei carichi, gli obblighi per il datore di lavoro sono sanciti, all’ interno del Titolo VI “Movimentazione manuale dei carichi” del D.Lgs.81/08, dall’ articolo 168, che recita:
“1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell’ allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell’ allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all’ allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all’ articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’ allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell’ allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.”

Il richiamato allegato XXXIII riporta le seguenti indicazioni.
“ALLEGATO XXXIII MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
La prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi dovrà considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio riportati nel presente allegato.
ELEMENTI DI RIFERIMENTO
1. Caratteristiche del carico.
La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
il carico è troppo pesante;
è ingombrante o difficile da afferrare;
è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;
è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;
può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico richiesto.
Lo sforzo fisico può presentare rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
è eccessivo;
può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco;
può comportare un movimento brusco del carico;
è compiuto col corpo in posizione instabile.
3. Caratteristiche dell’ ambiente di lavoro.
Le caratteristiche dell’ ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell’ attività richiesta;
il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o è scivoloso
il posto o l’ ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un’ altezza di sicurezza o in buona posizione;
il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi;
il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;
la temperatura, l’ umidità o la ventilazione sono inadeguate.
4. Esigenze connesse all’ attività.
L’ attività può comportare un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o più delle seguenti esigenze:
sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati;
pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti;
distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto;
un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO
Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela e sostegno della maternità e di protezione dei giovani sul lavoro, il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:
inidoneità fisica a svolgere il compito in questione tenuto altresì conto delle differenze di genere e di età;
indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore;
insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione o dell’ addestramento
RIFERIMENTI A NORME TECNICHE
Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all’ articolo 168, comma 3. “

La non osservanza dei commi 1 e 2 dell’ articolo 168 del D.Lgs.81/08 è punito penalmente dall’ articolo 170 del medesimo Decreto con l’ arresto da tre a sei mesi o con l’ ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
Ovviamente, se dalla non osservanza degli obblighi sopra citati derivano danni alla salute dei lavoratori, il reato diventa quello di lesioni personali colpose, come sancito dall’ articolo 590 del Codice Penale:
“Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 a 619 euro; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 a 1.239 euro. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da 500 a 2.000 euro e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni”.

E’ evidente che quanto proposto da Fiat, cioè di adottare la metodologia ERGO-UAS per aumentare le cadenze produttive è in palese violazione con quanto stabilito dall’ articolo 168 e dall’ allegato XXXIII del Testo Unico.
Innanzitutto la metodologia ERGO-UAS proposta (a proprio uso e consumo) da Fiat non rientra tra quelle previste dal comma 3 dell’ articolo 168 e indicate nell’ allegato XXXIII, che sono invece le norme della famiglia ISO 11228 (parti 1-2-3), all’ interno delle quali rientra la metodologia OCRA sopra richiamata.
A parte l’ aspetto formale, da un punto di vista sostanziale la metodologia ERGO-UAS sottostima il rischio da movimentazione ripetuta degli arti superiori rispetto al metodo OCRA.

Oltre a questo, il concetto proposto da Fiat è in totale disaccordo col principio di riduzione continua del rischio grazie all’ evoluzione della tecnica, richiamato dal comma 2 dell’ articolo 168, che impone che “il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi”.
Secondo tale principio, prima di tutto occorre valutare l’ attuale situazione di rischio per la movimentazione manuale dei carichi lungo le linee di produzione degli stabilimenti Fiat, secondo metodiche consolidate e richiamate dal testo di legge
Tenendo conto dei dati sopra riportati, tale rischio è evidentemente alto. Come d’ altro canto è confermato da quanto affermato dall’ allegato XXXIII del Testo Unico, quando specifica che “L’ attività può comportare un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o più delle seguenti esigenze: sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale troppo frequenti o troppo prolungati; pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti; un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore”.
A seguito di fattori di rischio alti per la salute dei lavoratori, Fiat dovrebbe adottare tecnologie per ridurre o eliminare la movimentazione dei carichi (cioè investimenti negli impianti) o, in alternativa, ridurre la velocità della linea. Infatti è evidente che il rischio da movimentazione è direttamente proporzionale alla frequenza dei movimenti e quindi alla cadenza produttiva della linea.

Quello che propone Fiat è invece l’ esatto contrario: aumentare la cadenza della linea, fino ad arrivare a raggiungere il massimo sforzo ammissibile per i lavoratori, utilizzando, tra l’ altro, per valutare tale massimo sforzo, metodiche non riconosciute a livello scientifico, né normativo.
E’ evidente che la filosofia Fiat di sfruttare i lavoratori fino al massimo consentito dall’ organismo umano è assolutamente contrario, oltre che a ogni principio etico e morale (ma nessuno dubita che Marchionne e soci conoscano questi termini), anche a quanto previsto dalle leggi dello Stato e dalle Direttive comunitarie.

Marco Spezia
rete sicurezza sui posti di lavoro

domenica 17 aprile 2011

PROCESSO THYSSENKRUPP

La Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro condivide la soddisfazione dei familiari e degli operai della Thyssen per la sentenza di dura condanna dei padroni di questa fabbrica, responsabili volontari della strage che ha colpito in maniera così viva e ampia il movimento operaio e l'opinione pubblica proletaria e popolare.
E' giusto esprimere un senso di sostegno e ringraziamento per il Giudice Guariniello e per tutti coloro che hanno contribuito a questa importante vittoria in un aula di un Tribunale, contribuendo soprattutto ad affermare una verità che padroni e governo hanno sempre cercato di negare a fronte delle morti sul lavoro: la logica del profitto, la proprietà delle fabbriche
rende i padroni assassini e rende la loro azione un crimine sia giuridico, sia morale e sistemico.
Ma, ne converrà lo stesso Guariniello, questa non può essere considerata la vittoria della legge e di un giudice.
Il movimento ampio con cui rispose la Torino proletaria, cittadina e popolare nei giorni immediatamente successivi alla strage, le iniziative sviluppatesi in quelle ore su scala nazionale, l'impegno di tanti, compreso artisti che, al cinema, al teatro, in musica, si sono spesi in questa
vicenda, lo stesso ruolo della stampa, della Tv che in alcuni momenti ha contribuito con pezzi di informazione corretta all'affermazione della verità sancita ora dalla sentenza, hanno tutti contribuito a questa sentenza.
Ma detto questo, va considerato che tre motori hanno svolto il ruolo di avanguardia e prima fila in tutto questo movimento, non tanto e non solo nei giorni immediatamente successivi alla strage, ma nei lunghi giorni, mesi, anni che hanno portato a questa sentenza.

I FAMILIARI DELLE VITTIME, che non hanno mai smesso di trasformare il loro immenso dolore in forza di denuncia e ricerca di giustizia, respingendo le ignobili pressioni e ricatti dei padroni dell'azienda che hanno cercato in tutte le maniere di comprarli e cancellarli, dopo aver cancellato la vita degli operai, dal processo.
UN GRUPPO DI OPERAI DELLA THYSSEN, guidati da Ciro Argentino, che in maniera costante e trasversale hanno fatto da punto di riferimento, per rispondere a questo processo con la resistenza e in certi casi la lotta, scontrandosi con le burocrazie sindacali, compreso il loro stesso sindacato, la Fiom, burocrazie che hanno fatto di tutto, chiaramente con la Uilm e la Fim in
prima fila, per fiaccare, ricattare la resistenza, svenderla al servizio degli interessi, non solo dei padroni della ThyssenKrupp, ma di tutti i padroni che non volevano questo processo, questa sentenza e le conseguenze generali di essa.
LA RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO, che costruita su iniziativa e impulso dei compagni di Taranto appartenenti allo Slai cobas per il sindacato di classe, è riuscita a costruire una Rete di controinformazione e sostegno, di iniziative su tutto il territorio nazionale, a costruire una grossa manifestazione a Torino che ha unito i familiari di diversi processi così come le realtà effettivamente impegnate sul terreno della sicurezza sui posti di lavoro, e ha realizzato, nei mesi del silenzio, su questo processo, una costante presenza e informazione - basti pensare alle corrispondenze di tutte le udienze realizzate da Stefano
Ghio appartenente a questo impegno a tutti i livelli.
Tutte queste sono state energie di piccoli David del proletariato contro il Golia della multinazionale del padrone, e di piccoli Yu Kung contro le tre montagne esistenti in questa vicenda come in tutte le vicende del proletariato: il capitale, lo Stato, il riformismo sindacale e politico.

Queste tre leve hanno contribuite ed è la sola seconda verità di questo processo.

Oggi si assiste a questo "saltare sul carro del vincitore" di partiti, sindacati, associazioni, che o sono stati dall'altra parte finora o nulla hanno fatto in questo processo, compreso quelle forze sindacali costituitesi parte civile e che ora incassano impropriamente, ingiustificati risarcimenti
per loro, stabiliti dalla sentenza. Ed è bene ora che si faccia anche chiarezza su questo punto.
Quali conseguenze ha questo processo nella lotta contro le morti sul lavoro e in tutti gli altri processi; quali influenze nello scontro di classe su questo terreno; quale sarà la reazione dei padroni colpiti per rovesciare questo verdetto; quale debba essere ora il ruolo dei soggetti che ne hanno costituito la lega principale - sono questioni che devono essere affrontate nei prossimi giorni, settimane e devono trovare un loro momento nazionale in cui questo possa essere discusso e possa essere materia di continuazione della guerra di classe in cui questa vicenda è inserita.

Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@gmail.com
347-1102638

sabato 16 aprile 2011

Condannati finalmente i padroni stragisti della ThyssenKrupp

Pubblichiamo subito le prime notizie rispetto l'importante sentenza di Torino che condanna i padroni della Thyssen. La delegazione della Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro è stata presente fin dal mattino con un presidio davanti al Tribunale fino alla lettura in aula della sentenza dopo alle 21. Nei prossimi giorni ulteriori comunicati.


Omicidio volontario per l'amministratore delegato, omicidio colposo per i cinque dirigenti Thyssenkrupp. Con questa sentenza si è chiuso, ieri sera a Torino, il primo grado del processo Thyssen, a 1.226 giorni dall'incendio che nella notte del 6 dicembre 2007 uccideva sette operai al lavoro nella linea cinque dell'acciaieria del gruppo tedesco.


Non fu un incidente ma un vero e proprio omicidio commesso con dolo eventuale da Herald Espenhahn (l'ad condannato a 16 anni e mezzo di reclusione) e colposo per gli altri cinque dirigenti (Marco Pucci, Cosimo Cafueri, Giuseppe Salerno, Gerald Priegnitz e Daniele Moroni), ai quali sono andate condanne comprese tra i 10 e i 13 anni.

La Corte ha accolto in toto le richieste dell'accusa, e nel caso di Daniele Moroni, le ha addirittura ritoccate all'insù, aumentando la pena dai 9 anni richiesti a 10 anni e 10 mesi. In totale, gli anni di reclusione previsti dalla sentenza sono 81 più 8 mesi, ai quali vanno aggiunti risarcimenti a sei zeri per le parti civili: due milioni e mezzo a Regione Piemonte, Comune e Provincia di Torino, 400mila euro ai sindacati Fim-Fiom-Uilm e Cub, 100mila a Medicina democratica, oltre tre milioni ai parenti e agli ex colleghi delle vittime (in totale circa 7 milioni). Non solo: la Corte ha anche previsto che la sentenza venga pubblicata su alcuni quotidiani nazionali e affissa nel comune di Terni, dove ha sede l'azienda.


dalla corrispondenza di Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino


Torino, venerdì 15 aprile ore 9:30: nella maxi aula uno del Palazzo di Giustizia ha luogo l'ultima udienza del processo alla multinazionale tedesca dell'acciaio Thyssenkrupp per quello che, come ha ricordato recentemente l'avvocato Sergio Bonetto, è stato il peggior eccidio di lavoratori della storia moderna, dopo quello della Mecnavi al porto di Ravenna nel 1987.
La Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro organizza, in questa occasione, un presidio fuori dal Tribunale nell'attesa della sentenza, prevista per la serata: le varie realtà aderenti - Legami d'acciaio, Collettivo Comunista Piemontese e Proletari Comunisti - sono già presenti e ben visibili alle ore 9:00 in via Giovanni Falcone.
Nel corso della giornata si aggiungeranno altre realtà che hanno raccolto l'invito per questa giornata particolare: Medicina democratica, la Federazione della sinistra - presente con un presidio autonomo nel quale fondamentalmente fa campagna elettorale per il candidato sindaco Juri Bossuto - i Comitati d'appoggio alla resistenza per il comunismo, la Federazione anarchica italiana, una folta delegazione della Unione sindacale di base - pochissime le bandiere dell'Usb, ma tantissime quelle della Confederazione unitaria di base e della Confederazione Cobas - la Fiom.
Inoltre non mancano, all'appuntamento con questa giornata a suo modo storica, i viareggini - familiari delle vittime della strage provocata dall'esplosione di un carro ferroviario cisterna nella stazione versiliese - riuniti nell'Assemblea 29 giugno, ed i cittadini di Casale Monferrato organizzati nell'Associazione familiari e vittime dell'amianto.
Intorno alle ore 16:00 c'è il primo, ed unico, momento di tensione della giornata: a provocarlo è il candidato sindaco della destra moderata torinese, lo Smilzo, che si avvicina al presidio ma viene costretto alla fuga precipitosa dalla pronta reazione dei compagni.
A seguire, circa un'ora dopo, si svolge un'assemblea con microfono aperto, durante la quale l'onorevole sedicente democratico Antonio Boccuzzi - compagno di lavoro delle vittime - prende la parola per ringraziare tutti coloro che, nel corso del processo, hanno seguito lo stesso assiduamente.
Alle ore 19:00 circa inizia la corsa ad accaparrarsi un posto in aula, dove alle ore 21:15 entra la Corte per la lettura della sentenza: la presidente Maria Iannibelli - davanti ad una platea in religioso silenzio, ma visibilmente soddisfatta - legge un dispositivo che accoglie tutte le richieste del pm e delle parti civili, e viene accolto da un lunghissimo applauso e visibile commozione da tutti i presenti; eccone i principali punti.
L'ad Harald Espenhan è condannato ad anni sedici e mesi sei di reclusione, con la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici; i dirigenti Gerhard Prignitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno, e Cosimo Cafueri, ad anni tredici e mesi sei di reclusione, l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, ed il divieto di contrattazione con la pubblica amministrazione per tutta la durata della pena; l'unica sorpresa, peraltro positiva, riguarda Daniele Moroni, dirigente dello stabilimento di Terni, a cui vengono comminati anni dieci e mesi dieci, contro i nove anni richiesti dal pm Raffaele Guariniello.
Inoltre, la Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni, nella persona del suo rappresentante legale pro tempore, viene condannata a: una multa di un milione di Euro; la confisca di ottocentomila Euro; l'interdizione, per la durata di mesi sei, dalla pubblicizzazione di beni e servizi; l'interdizione, per la durata di mesi sei, dalla contrattazione con la pubblica amministrazione; la pubblicazione della sentenza sui quotidiani Stampa, Repubblica e Corriere della Sera; infine, in solido con gli imputati persone fisiche e con il responsabile civile, del pagamento delle spese processuali.
Le motivazioni di quella che è una sentenza storica - per la prima volta in Italia un padrone viene condannato per omicidio volontario - saranno emesse entro novanta giorni.

Torino, 15 aprile 2011



mercoledì 13 aprile 2011

PROCESSO THYSSENKRUPP: UDIENZA DEL 13 APRILE


(ricevo, e pubblico, per gentile concessione di Elena di Agenda Rossa)


Davanti al tribunale, come sempre, membri del Collettivo Comunista Piemontese. Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, questi signori non hanno mai lasciato soli i parenti delle vittime! Sono stati presenti con la neve, con il vento, con il sole e la pioggia.
Oggi c'era anche un ragazzo di FLI, che distribuiva manifestini relativi ad un incontro previsto per venerdì 15 dal tema ''Giusta giustizia'' che si terrà in corso trapani 91/b per chi fosse interessato, segnalo che all'incontro ci saranno anche il procuratore G. Caselli e Fabio Granata.
Entrando in tribunale la mia gioia è stata enorme nel vedere nuovamente una scolaresca intera seduta tra i banchi del pubblico! Sante insegnanti! Grazie!
Oggi l'udienza era dedicata in toto alla difesa, quindi tutto il ''gotha'' era presente. In aula gli avvocati: Coppi, Audisio, Anglesio, Zaccone, Sommella, Garaventa ... per il PM erano presenti L.Longo e F. Traverso.
Ore 9,30 si inizia, ma per problemi tecnici legati all'audio dobbiamo aspettare, l'arrivo di un tecnico.
Inizia l'Avv. Anglesio
Il suo intervento consiste nel difendere le sue tesi nelle precedenti udienze, tesi che secondo i PM non sono valide. Sostiene che secondo gli studi fatti il rischio corso dagli operai era da considerarsi ''MEDIO'' e non ''ALTO''! Insiste nel dire che la vita degli operai NON era poi così a rischio, in quanto non vicini fisicamente al punto di innesco dell'incendio. (Mah.. non capisco, visto che però gli operai lo dovevano spegnere ... fossero anche stati lontani ... n.r.d.) Sostiene che MAI la difesa ha parlato di ''colpe'' degli operai ... e subito dopo parla di ''eventuali comportamenti non corretti'' da parte dei lavoratori...
Ricorda che la prevedibilità fa parte del reato colposo ... e sostiene che, nel nostro caso, era impossibile prevedere quanto è successo (spegnevano un incendio al giorno. n.d.r.) sostiene che solo a causa di un concatenarsi infelice di eventi è avvenuta la disgrazia ... insomma invoca il ''fato''! Ha parlato più che altro per difendere la propria linea difensiva ...
Ore 10,05 inizia l'avvocato Coppi. (difensore di Andreotti, Moggi ... ) Attacca subito parlando della voluminosa requisitoria dei PM e sostiene che è la qualità che conta e non la quantità! (si riferisce alle 90 pagine dell'accusa, ovviamente con l'intenzione di ''sminuirne'' i contenuti... che detto tra noi ho trovato chiarissima, anche se non 'addetta ai lavoro'' n.d.r.).
Parla di dolo: eventuale, intenzionale, diretto... E arriva alla conclusione che per accusare l'A.D. Harald Estenhan è necessario essere sicurissimi ed avere le prove che l'imputato avrebbe agito nel medesimo modo, pur conoscendo i risultati a cui il suo comportamento avrebbe condotto! Si fa delle domande retoriche tipo: ''Possiamo stabilire noi che la morte degli operai era stata presa in considerazione e volitivamente accettata ''? ''Possiamo accertare che Estenhan ha scelto l'economia piuttosto che la sicurezza degli operai''? Conclude dicendo che ''percepire il rischio'' non significa volere ed aver la consapevolezza dei risultati. (No comment - bella comoda sta discussione ... n.d.r.)
ore 10.30 Avvocato Zaccone
Prende la parola l'avvocato Zaccone. Parla di giurisprudenza e di criteri interpretativi... parla di reato complesso che comprende anche l'omicidio colposo ... si richiama ad una sentenza del Tribunale di Molfetta ... il discorso di Zaccone è talmente legato a normative e protocolli che l'attenzione in aula tende a diminuire ...
Conclude con l'unica cosa ''reale'' del suo intervento dicendo : '' L'attività era rischiosa, si erano presi i provvedimenti ritenuti necessari ! (lasciando sottintendere la domanda: ''Cosa volete di più''? n.d.r.) ! Sostiene inoltre che quel modello di sicurezza, così come era previsto allora non sarebbe diverso oggi e che l'organismo di vigilanza c'era, e che vigilava... (mi domando , ma se tutto funzionava così bene .... com'è che sono morti in 7? n.dr.)
Ore 11.00 prende la parola l'avv. Garaventa. (collegio difesa: Estenhan, Gerald Prigneitz, Marco Pucci)
Inizia dicendo che i PM hanno ribattuto punto per punto le affermazioni della difesa ( Non dovevano? n.dr.) Li accusa anche di ''insicurezza'' in quanto hanno depositato una nota tardi ! (Mah...) Ci consola dicendo che nessun imputato avrebbe voluto l'incendio alla linea 5! (meno male! n.d.r.) Ci ricorda soprattutto che, dato il previsto spostamento della linea 5 a Terni, era nell'interesse di tutti mantenere sana e salva la linea stessa ! (infatti gli operai erano OBBLIGATI a spegnere gli incendi! n.d.r.). Ribadisce che a Torino non erano previste variazioni sulla linea stessa (a Terni si ... n.d.r.) e ricorda che la Thyssen, bontà sua, cercava di andare incontro agli operai aiutandoli nella mobilità ...
Ricorda inoltre che una Multinazionale, non può essere gestita se non delegando, Salerno era il delegato ... (quindi colpa sua! :-))) ) Parla di insinuazioni nei confronti di ''controlli addomesticati'' (La Thyssen, multinazionale dell'acciaio, NON aveva il certificato antincendio! n.d.r.)
Ore 11.30 finisce e la Corte concede una sospensione di circa un'ora.
Vado con Maryjo a prendere un cappuccino e mangiare un trancio di pizza rossa gelata... brrrrr
Ore 12,20 l'udienza riprende.
L'Avvocato Audisio parla in un modo molto particolare, mi affascina ... si rivolge alla Eccellentissima Corte scusandosi dell' inadeguatezza del proprio linguaggio... ricorda che sarà costretto a parlare usando le sue parole, sottintendendo quindi, quanto ''povere'' esse siano. (Mi fa venire in mente il film ''Non ci resta che piangere'' quando Benigni e Troisi si rivolgevano al potente di turno, con un atteggiamento di totale sudditanza! n.d.r.) .
Le domande che pone all'attenzione della Corte sono: ''Herald Hestenhan, aveva un obbligo? Sapeva di averlo? Sapeva di dover mettere in quel preciso punto un impianto di rilevazione/spegnimento incendio''? Si? No?
Ripete le stesse cose in mille modi diversi ma il succo del discorso è che, avendo esaminato tutte le ''scartoffie'' a disposizione non è emersa la necessità che, in quel preciso punto, fosse necessario un sistema di rilevazione/spegnimento automatico di incendio. Quindi ... NON esiste nessun reato!
Et voilà!
Le multinazionali sono in una ''botte di ferro''! Sono talmente grandi e potenti che possono far quello che vogliono. Trovano facilmente qualcuno disposto a ''chiudere un occhio'' sulla mancanza del certificato antincendio ad esempio! Trovano qualcuno da delegare e da far diventare capro espiatorio in caso di ''rogne''! Trovano il modo di parcellizzare, nell'interno stesso del proprio sistema, le responsabilità e le deleghe in modo da rendere quasi impossibile il risalire al responsabile eventuale. Sembra quasi dicano: ''Ti dò già un lavoro ... vuoi anche essere sicuro? Ma non esageriamo!''
La dicotomia totale che c'è tra Hestenhan e gli operai è impressionante. Sono due pianeti diversi. Meglio forse, le piccole aziende locali dove le persone si conoscono, dove esiste umanità ... dove gli operai valgono in quanto persone e non meno dei macchinari e meno dei profitti.
Venerdì 15 aprile ci sarà la ''chiusura'' del collegio della difesa e poi la Corte si ritirerà per emettere la sentenza.

Torino, 13 aprile 2011


Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

Contro i padroni assassini, dalla Saras alla Thyssen, il 15 aprile tutti a Torino



Un'altra vita operaia stroncata dal profitto dei padroni. Un'altro lavoratore morto sul lavoro nella fabbrica dei Moratti, la Saras di Sarroch vicino Cagliari. Pier Paolo Pulvirenti aveva 23 anni e lavorava in appalto per le manutenzioni con un contratto a termine. Un altro crimine che si aggiunge in quella fabbrica che non solo ha inquinato l'ambiente, ma ha schiacciato troppe vite umane dimostrando ancora una volta che il profitto dei padroni è incompatibile con la sicurezza dei lavoratori. C'è un processo in corso per omicidio plurimo per la strage del maggio del 2009 dove morirono 3 operai che lavoravano in appalto come Pier Paolo morto ieri. I padroni criminali sono tranquilli che dentro il loro sistema di potere loro non la pagheranno, giudici e leggi sono dalla loro, il governo del "processo breve" è con loro, le istituzioni e i confederali spenderanno solo parole per questo nuovo assassinio sul lavoro guardandosi bene dall'attaccare i responsabili.
Non dobbiamo permetterglielo, tutti coloro che si battono per la difesa della vita dei lavoratori nei luoghi di lavoro devono fare ognuno qualcosa. Contro questa guerra contro i lavoratori, la Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro chiama alla mobilitazione e alla partecipazione al presidio a Torino il 15 aprile, il giorno della sentenza Thyssen.
Di seguito l'appello:
A TORINO IL 15 APRILE PER LA SENTENZA THYSSEN-KRUPP

Aderiamo, facciamo circolare e per quanto è possibile partecipiamo.

Assediamo il Tribunale perché vogliamo una pesante condanna per i padroni assassini !

Il 15 Aprile il Tribunale di Torino deciderà se condannare o meno i padroni della Thyssen-Krupp, responsabili di una delle più terribili stragi di lavoratori nel nostro paese dove 7 operai morirono sul lavoro bruciati vivi.
La rabbia e la mobilitazione sono stati fattori decisivi per questo processo e hanno fatto sì che ai padroni venisse contestato, per la prima volta in processi per le morti di lavoratori, il reato di "omicidio volontario".
La Rete nazionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro fa appello per una partecipazione rappresentativa e combattiva davanti al Tribunale di Torino il giorno della sentenza che riguarda sì i famigliari dei 7 operai morti bruciati, ma anche tutti coloro che si battono per la difesa della vita degli operai nei luoghi di lavoro e per avere giustizia nei processi.
Noi della Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro, assieme ai famigliari e ai compagni del CCP, siamo stati l’ unica realtà nazionale che si è battuta per non fare spegnere i riflettori su questa tragica vicenda, con una manifestazione nazionale a Torino nel primo anniversario della strage, con la presenza continua alle udienze e con una corrispondenza puntuale riportata nel blog, nei numeri del Bollettino e nella rete di contatti nazionale.
La sentenza che verrà emessa a Torino è una tappa fondamentale nello scontro di classe perché, se i padroni della Thyssen-Krupp saranno assolti, tutti i padroni si sentiranno ancora più forti nell’ andare avanti nella guerra quotidiana ai lavoratori e i processi Eternit, Viareggio, Paderno Dugnano, Umbria Olii e tanti altri, seguiranno questa strada.
I padroni della Thyssen-Krupp hanno mandato avanti i loro mercenari prezzolati che li difendono per dire che non vogliono un processo politico contro di loro.
Sì, signori, invece noi vogliamo che diventi un processo politico contro di voi che avete perseguito un solo interesse, quello della ricerca assoluta del profitto, per cui la sicurezza dei lavoratori è un costo, contro di voi che avete fin da subito cercato di inquinare le prove e offeso pure le vittime al processo con un atteggiamento strafottente.
Un processo politico contro tutto il sistema su cui dominate fatto di terrorismo psicologico, ricatti, precarietà, di controlli e ispezioni inesistenti, di sindacati compiacenti, un sistema che vogliamo mettere in discussione perché è incompatibile con la sicurezza e la salute degli operai!
Ai lavoratori ai comitati di famigliari delle vittime, alle forze politiche e sindacali, al movimento studentesco.
Tutti a Torino il 15 aprile nel giorno dell’ ultima udienza, dove è più che mai necessaria una mobilitazione di massa che assedi il Tribunale di Torino per impedire l’ impunità per i padroni assassini, per chiedere pesanti condanne contro di essi, per dire basta alla giustizia negata dai Tribunali, per dire basta alle morti sul lavoro, per lottare contro questo governo che ha peggiorato la legislazione sulla sicurezza, dalle sanzioni del Testo Unico ai controlli sugli apparati di controllo e prevenzione, dimostrando nei fatti la sua vera natura di comitato d’ affari dei padroni.

Raccogliamo adesioni, organizziamo la partecipazione.

Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro.
Adesioni a: bastamortesullavoro@gmail.com

venerdì 8 aprile 2011

Contro l'impunità dei padroni assassini sostenuti da questo governo! No alla prescrizione breve del governo! Tutti a Torino il 15 aprile





Il processo Thyssen, quello di Viareggio e altri ancora, sono fortemente a rischio se passa la proposta del governo sulla prescrizione breve per i processi.
Un motivo di più per fare della sentenza per la strage della Thyssen, il giorno 15 aprile, una
mobilitazione nazionale davanti al Tribunale di Torino. Perchè è un processo-simbolo e perchè uno dei reati a rischio di impunità è, infatti, proprio quello di omicidio volontario per cui è stata chiesta la condanna dei padroni criminali della Thyssen.
Riportiamo l'appello nazionale:

A Torino il 15 aprile per la sentenza ThyssenKrupp

Assediamo il Tribunale perchè vogliamo una pesante condanna per i padroni assassini!



Il 15 Aprile il Tribunale di Torino deciderà se condannare o meno i padroni della ThyssenKrupp,
responsabili di una delle più terribili stragi di lavoratori nel nostro paese dove 7 operai morirono
sul lavoro bruciati vivi.
La rabbia e la mobilitazione sono stati fattori decisivi per questo processo e hanno fatto sì che ai
padroni venisse contestato, per la prima volta in processi per le morti di lavoratori, il reato di
"omicidio volontario".

La Rete nazionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro fa appello per una partecipazione
rappresentativa e combattiva davanti al Tribunale di Torino il giorno della sentenza che riguarda sì i famigliari dei 7 operai morti bruciati ma anche tutti coloro che si battono per la difesa della vita degli operai nei luoghi di lavoro e per avere giustizia nei processi.

Noi della Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro, assieme ai famigliari e ai compagni del CCP,
siamo stati l'unica realtà nazionale che si è battuta per non fare spegnere i riflettori su questa
tragica vicenda con una manifestazione nazionale a Torino nel primo anniversario della strage, con la presenza continua alle udienze e con una corrispondenza puntuale riportata nel blog, nei numeri del Bollettino e nella rete di contatti nazionale.

La sentenza che verrà emessa a Torino è una tappa fondamentale nello scontro di classe perchè, se i padroni della Thyssen saranno assolti, tutti i padroni si sentiranno ancora più forti nell'andare avanti nella guerra quotidiana ai lavoratori e i processi Eternit, Viareggio, Paderno Dugnano, Umbria Olii e tanti altri, seguiranno questa strada.

I padroni della ThyssenKrupp hanno mandato avanti i loro mercenari prezzolati che li difendono per dire che non vogliono un processo politico contro di loro.

Sì, signori, invece vogliamo che diventi un processo politico contro di voi che avete perseguito un solo interesse, quello della ricerca assoluta del profitto per cui la sicurezza dei lavoratori è un costo, contro di voi che avete fin da subito cercato di inquinare le prove e offeso le vittime pure al processo con un atteggiamento strafottente.

Un processo politico contro tutto il sistema su cui dominate fatto di terrorismo psicologico, ricatti, precarietà, di controlli e ispezioni inesistenti, di sindacati compiacenti, un sistema che vogliamo mettere in discussione perchè è incompatibile con la sicurezza e la salute degli operai!

Ai lavoratori ai comitati di famigliari delle vittime, alle forze politiche e sindacali, al movimento
studentesco.

Tutti a Torino il 15 aprile nel giorno dell'ultima udienza, dov'è più che mai necessaria una
mobilitazione di massa che assedi il Tribunale di Torino per impedire l'impunità per i padroni
assassini, per chiedere pesanti condanne contro di essi, per dire basta alla giustizia negata dai
Tribunali, per dire basta alle morti sul lavoro, per lottare contro questo governo che ha peggiorato la legislazione sulla sicurezza, dalle sanzioni del Testo Unico ai controlli sugli apparati di controllo e prevenzione, dimostrando nei fatti la sua vera natura di comitato d'affari dei padroni.


Raccogliamo adesioni, organizziamo la partecipazione.

Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro

Adesioni a: bastamortesullavoro@gmail.com

PROCESSO THYSSENKRUPP: UDIENZA DEL 8 APRILE

Mentre fuori dal Tribunale c'è il solito presidio dei compagni della Rete nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro, la seduta odierna - che inizia alle ore 9:15 alla presenza di un folto gruppo di giovani studenti - vede l'esposizione delle repliche del pm e delle parti civili.
Iniziano le due sostitute del procuratore Raffaele Guariniello: le due dottoresse, Laura Longo e Francesca Traverso, effettuano un'esposizione di circa due ore durante la quale confutano - anche utilizzando un filmato che ricostruisce le drammatiche sequenze della telefonata ai Vigili del Fuoco effettuata nei momenti dell'incendio che ha provocato l'eccidio del 6 dicembre 2006 - da par loro tutte le baggianate e le palesi falsità asserite dalle difese sui vari temi di prova.
L'incisività del ragionamento delle rappresentanti della procura della Repubblica è molto ben dimostrata dal fatto che l'avvocato Ezio Audisio 'regge' circa mezz'ora prima di scappare, visibilmente irritato, dall'aula, lasciandovi i soli Maurizio Anglesio ed Andrea Garaventa per circa mezz'ora: evidentemente è ben consapevole di essere stato un bugiardo, e di aver a più riprese sostenuto tesi indecenti al solo scopo di cercare di salvare il c.. ai padroni stragisti di cui è un servo molto ben remunerato.
Successivamente, a concludere l'intervento della pubblica accusa, interviene il dottor Raffaele Guariniello: il pm alessandrino annuncia di presentare, nelle conclusioni scritte che consegna alla Corte, ulteriori elementi di prova rappresentati dalle sentenze, della suprema Corte di Cassazione, intervenute sui temi oggetto del procedimento nell'arco temporale in cui si è svolto lo stesso.
Sottolinea inoltre, insieme con il suo piacere di avere rapporti dialettici con l'avvocato Cesare Zaccone, come le richieste da lui fatte sono il frutto della propria coscienza, prendendo così le distanze da chi le ha criticate, sia perché ritenute troppo alte, sia troppo basse.
A seguire la parola passa alle parti civili che confermano ed argomentano le proprie richieste, depositando contestualmente le proprie conclusioni scritte, come peraltro richiesto dalla presidente Iannibelli per consentire alla difesa l'esercizio del contraddittorio.
L'udienza viene sospesa definitivamente alle ore 13:30, e rinviata a mercoledì 13 aprile, quando sarà la volta delle difese replicare.
Infine venerdì 15 aprile si chiuderà il procedimento e la Corte si ritirerà per formulare la sentenza.
Nelle stesse ore è prevista, davanti a Palazzo di Giustizia, una manifestazione della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, che si concluderà soltanto dopo la lettura delle condanne.
Torino, 08 aprile 2011

Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

martedì 5 aprile 2011

A Torino il 15 aprile



Aderiamo, facciamo circolare e per quanto è possibile partecipiamo

A Torino il 15 aprile per la sentenza ThyssenKrupp

Assediamo il Tribunale perchè vogliamo una pesante condanna per i padroni assassini!



Il 15 Aprile il Tribunale di Torino deciderà se condannare o meno i padroni della ThyssenKrupp, responsabili di una delle più terribili stragi di lavoratori nel nostro paese dove 7 operai morirono sul lavoro bruciati vivi.
La rabbia e la mobilitazione sono stati fattori decisivi per questo processo e hanno fatto sì che ai padroni venisse contestato, per la prima volta in processi per le morti di lavoratori, il reato di "omicidio volontario".

La Rete nazionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro fa appello per una partecipazione rappresentativa e combattiva davanti al Tribunale di Torino il giorno della sentenza che riguarda sì i famigliari dei 7 operai morti bruciati ma anche tutti coloro che si battono per la difesa della vita degli operai nei luoghi di lavoro e per avere giustizia nei processi.

Noi della Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro, assieme ai famigliari e ai compagni del CCP, siamo stati l'unica realtà nazionale che si è battuta per non fare spegnere i riflettori su questa tragica vicenda con una manifestazione nazionale a Torino nel primo anniversario della strage, con la presenza continua alle udienze e con una corrispondenza puntuale riportata nel blog, nei numeri del Bollettino e nella rete di contatti nazionale.

La sentenza che verrà emessa a Torino è una tappa fondamentale nello scontro di classe perchè, se i padroni della Thyssen saranno assolti, tutti i padroni si sentiranno ancora più forti nell'andare avanti nella guerra quotidiana ai lavoratori e i processi Eternit, Viareggio, Paderno Dugnano, Umbria Olii e tanti altri, seguiranno questa strada.



I padroni della ThyssenKrupp hanno mandato avanti i loro mercenari prezzolati che li difendono per dire che non vogliono un processo politico contro di loro.

Sì, signori, invece vogliamo che diventi un processo politico contro di voi che avete perseguito un solo interesse, quello della ricerca assoluta del profitto per cui la sicurezza dei lavoratori è un costo, contro di voi che avete fin da subito cercato di inquinare le prove e offeso le vittime pure al processo con un atteggiamento strafottente.

Un processo politico contro tutto il sistema su cui dominate fatto di terrorismo psicologico, ricatti, precarietà, di controlli e ispezioni inesistenti, di sindacati compiacenti, un sistema che vogliamo mettere in discussione perchè è incompatibile con la sicurezza e la salute degli operai!



Ai lavoratori ai comitati di famigliari delle vittime, alle forze politiche e sindacali, al movimento studentesco.

Tutti a Torino il 15 aprile nel giorno dell'ultima udienza, dov'è più che mai necessaria una mobilitazione di massa che assedi il Tribunale di Torino per impedire l'impunità per i padroni assassini, per chiedere pesanti condanne contro di essi, per dire basta alla giustizia negata dai Tribunali, per dire basta alle morti sul lavoro, per lottare contro questo governo che ha peggiorato la legislazione sulla sicurezza, dalle sanzioni del Testo Unico ai controlli sugli apparati di controllo e prevenzione, dimostrando nei fatti la sua vera natura di comitato d'affari dei padroni.




Raccogliamo adesioni, organizziamo la partecipazione.



Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro

Adesioni a: bastamortesullavoro@gmail.com

PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 4 APRILE


Lunedì 4 aprile, la Corte del processo Eternit, presieduta dal giudice Giuseppe Casalbore, ha dichiarato chiusa la fase dibattimentale, rigettando la richiesta dei difensori di effettuare ulteriori perizie.
La prossima udienza, che si terrà martedì 14 giugno, vedrà l'inizio della discussione: si partirà con la prima parte della requisitoria del pm Raffaele Guariniello, per poi dare la parola alle parti civili; infine, probabilmente a settembre, sarà la volta delle arringhe dei difensori dei padroni genocidi, lo svizzero Stephan Schmidheiny ed il belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne.
A seguire vi saranno le repliche delle parti e, presumibilmente a dicembre, verrà pronunciata la sentenza.

Torino, 04 aprile 2011


Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino