mercoledì 31 luglio 2013

Report morti sul lavoro nei primi sette mesi del 2013, sono oltre 700

Osservatorio Indipendente di Bologna morti sui luoghi di lavoro
Report morti sul lavoro dall’1 gennaio 30 giugno 2013

Dall’1 gennaio al 31 luglio 2013 sono morti sui luoghi di lavoro 348 lavoratori, 50 nel mese di luglio e 69 in giugno, se contiamo le morti sulle strade e in itinere si arriva a superare le 700 vittime.
Dopo tanti anni di denuncia del fenomeno da parte nostra, finalmente si comincia a fare chiarezza sulla vera entità del numero di morti sul lavoro.
Nel suo rapporto l’INAIL dichiara che i morti sul lavoro nel 2012 sono stati 790, compresi 409 lavoratori morti sulle strade. Se si detraggono i 409 morti sulle strade per l’INAIL nel 2012 risultano 381 lavoratori morti sui luoghi di lavoro.
Noi dell’Osservatorio ne abbiamo registrati nel 2012 ben 624 solo sui luoghi di lavoro. Come mai questa differenza del 40%? Ancora nel rapporto INAIL si legge che le denunce per infortuni mortali nel 2012 sono state oltre 1296, una palese contraddizione che è opportuno approfondire. Chi sono e cosa facevano nel momento dell’infortunio queste centinaia di lavoratori che l’INAIL non inserisce tra le morti sul lavoro pur essendoci una denuncia d’infortunio mortale? L’Osservatorio già il 1° gennaio 2013 scriveva che i morti nel 2012 erano complessivamente più di 1180. Dal 1° gennaio 2008, giorno d’apertura dell’Osservatorio si è sempre parlato di “favolosi” cali delle morti sul lavoro. Sapete di quanto è stato questo calo al 31 luglio 2013 rispetto al 31 luglio 2008? Del 2,8%.
E proprio grazie a questi presunti cali ci si è permessi di alleggerire la normativa sulla Sicurezza sul lavoro: meno ispettori, meno controlli, meno intralci burocratici per le imprese, e tutto a spese della Sicurezza per i lavoratori.
Il 31 luglio 2012 erano morti sui luoghi di lavoro 360 lavoratori contro i 348 del 31 luglio del 2013 e tenendo conto che dall’anno scorso sono stati tagliati posti di lavoro e la cassa integrazione è cresciuta in modo drammatico, il risultato non è certo incoraggiante. Al contrario nonostante la crisi in proporzione assistiamo ad un aumento del fenomeno che ci vede primi in Europa in rapporto al numero di abitanti, il solo parametro valido per valutare l’andamento delle morti in una provincia o in una regione. Questo perchè a morire sono in larga parte persone che non dispongono di un’assicurazione e che non rientrano nelle statistiche ufficiali.
Noi pensiamo ci sia la necessità di fare la massima chiarezza su un aspetto fondamentale: noi consideriamo morti sul lavoro tutti i lavoratori che muoiono mentre lavorano, indipendentemente dalla loro posizione assicurativa che spesso è diversa o addirittura non esiste (lavoro nero).
È raccapricciante pensare che un terzo dei lavoratori morti ha oltre 60 anni e che la riforma Fornero abbia inciso notevolmente su queste morti, non avendo fatto nessuna distinzione nell’allungamento dell’età pensionabile tra chi svolge un lavoro pericoloso e usurante e chi uno d’ufficio. Tutti gli anni assistiamo ad una strage di agricoltori schiacciati dal trattore e di edili, nell’indifferenza della politica, di tutta la nostra classe dirigente e di quasi la totalità dei media i quali danno visibilità al fenomeno solo quando si parla di scandali, di cronaca nera e di politica.
In questi primi sette mesi il 38,6% dei morti sul lavoro è nel comparto agricolo: quasi i due terzi delle vittime in agricoltura sono dovuti allo schiacciamento dal trattore.
Le morti nel comparto dell’edilizia risultano il 24,4% sul totale.
Il 19,1% nei serviziil 6,39% nell’industria,  il  5,5 % nell’autotrasporto.  Poi ci sono i lavoratori morti sulle strade e in itinere che sono considerati a tutti gli effetti morti per infortuni sul lavoro e che sono almeno altri 350 dall’inizio dell’anno. Moltissimi di questi decessi sono considerati come morti per incidente stradale, ma in effetti molti di questi sono lavoratori che si spostano sulle strade e autostrade, dal sud al nord o viceversa e spesso nascondono lavoro nero che è impossibile riuscire a quantificare nell’interezza (e anche noi non inseriamo le vittime d’infortuni per l’impossibilità di quantificarli).
L’opinione pubblica ha la sensazione che a morire siano soprattutto operai nelle fabbriche mentre sono “solo” il 5,6% dall’inizio dell’anno, mentre nel 2012 furono il 7%del totale, per la stragrande maggioranza nelle piccolissime aziende dove il sindacato e la prevenzione non esistono.
Lo Stato attraverso vari enti spende milioni di euro per corsi che a nostro giudizio non hanno utilità se non quella di riempire le tasche di chi li organizza.
Agli agricoltori che muoiono così in tanti cosa viene offerto in termini di conoscenze, aiuti per migliorare i mezzi e la prevenzione? E per gli edili che muoiono con le stesse percentuali in piccolissime aziende, che cadono dall’alto o travolti dai mezzi che guidano loro stessi o i loro colleghi, o dal materiale che stanno manovrando, cosa si fa? Che conoscenze si danno e cosa si fa per rendere più sicuro il lavoro di persone che spesso non conoscono neppure l’italiano e lavorano in nero o in grigio per 10 o 12 ore al giorno svolgendo attività faticose e poco sicure?
È molto frustrante scrivere ogni anno le stesse cose e vedere i dati delle solite statistiche che ti dicono che i morti sono molto meno numerosi. Questo cosa significa? Che in realtà la Sicurezza sui luoghi di lavoro complessivamente sta calando causa minori controlli dovuti allo stanziamento di meno risorse da parte degli ultimi governi
Le statistiche ufficiali sono alterate perchè mettono assieme i morti sui luoghi di lavoro e quelli che muoiono sulle strade e in itinere che sono un’altra cosa; l‘assicurazione INAIL in itinere è sacrosanta, ma come si fa a non distinguere quantitativamente e qualitativamente gli interventi da mettere in atto se non fa un distinguo tra i due fenomeni? Occorre sapere con chiarezza come intervenire se si vuol salvaguardare la vita di chi lavora.
E’ intollerabile che un paese come il nostro che ha 60 milioni di abitanti conti tantissimi morti in più sui luoghi di lavoro degli altri grandi paesi europei.
Tra l’altro l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro è visto spesso con sufficienza, con fastidio o come un intruso dalla politica (tutta) e anche da molte organizzazioni dei lavoratori. E questo è molto triste. Chi si sta preoccupando della vita e della sicurezza dei lavoratori che lavorano per la maggior parte in fabbriche che non sono adeguate alle norme antisismiche del 2005? Chi sta facendo i controlli necessari che li mettano al sicuro in caso di altre scosse di terremoto come quelle che hanno colpito l’Emilia nel 2012?   



31 luglio 2013
Dall'inizio dell'anno sono documentati 348 lavoratori morti per infortuni sui luoghi di lavoro e oltre 700 se si aggiungono i morti sulle strade e in itinereDal 1° gennaio 2008, giorno d'apertura dell'Osservatorio sono stati registrati 3409 morti sui LUOGHI DI LAVORO comprese le vittime morte anche molto tempo dopo a causa dell'infortunio. Con le morti sulle strade e in itinere si arriva a superare i 6854 morti complessivi (stima minima). Un’autentica carneficina, mentre le statistiche "ufficiali" danno molto meno morti. La politica potrebbe fare moltissimo, e con poche risorse, per far diminuire drasticamente questo fenomeno che ci vede primi in Europa in questa triste classifica e dove i morti sono mediamente un terzo di quelli italiani. L'Osservatorio registra tutti i "morti sul lavoro" e non solo quelli che dispongono di un'assicurazione. Moltissime vittime lavoravano in "nero"e alcune categorie non sono considerate "morti sul lavoro" solo perchè hanno assicurazioni diverse.
Quest'anno Il 38,4% sono morti in agricoltura dei quali la maggioranza schiacciati dal trattore che guidano, il 24,6,% in edilizia, il 16,6% nei servizi, il 5,6% nell'industria (compresa la piccola industria e l'artigianato), il 4,5% nell'autotrasporto, molti altri morti sono in altre categorie che sono percentualmente più basse.
Non sono segnalati a carico delle province i lavoratori morti sul lavoro che utilizzano un mezzo di trasporto e i lavoratori deceduti in autostrada: agenti di commercio, autisti, camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel percorso casa-lavoro / lavoro-casa. La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentualmente dal 50 al 55% di tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro-nord sud, soprattutto edili meridionali che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. Queste vittime sfuggono anche alle nostre rilevazioni, come del resto sfuggono tanti altri lavoratori, soprattutto in nero o in grigio che muoiono sulle strade. Tutte queste morti sono genericamente classificate come vittime d' incidenti stradali"
31 luglio
Dal 1° gennaio 2008 giorno d'apertura dell'Osservatorio sono stati registrati 3409 morti sui LUOGHI DI LAVORO comprese le vittime morte anche molto tempo dopo a causa dell'infortunio. Con le morti sulle strade e in itinere si arriva a superare i 6854 morti complessivi (stima minima). Un’autentica carneficina, mentre le statistiche "ufficiali" danno molto meno morti. La politica potrebbe fare moltissimo, e con poche risorse, per far diminuire drasticamente questo fenomeno che ci vede primi in Europa in questa triste classifica e dove i morti sono mediamente un terzo di quelli italiani. L'Osservatorio registra tutti i "morti sul lavoro" e non solo quelli che dispongono di un'assicurazione. Moltissime vittime lavoravano in "nero"e alcune categorie non sono considerate "morti sul lavoro" solo perchè hanno assicurazioni diverse.
Le province con più di 5 morti sui luoghi di lavoro
Genova 14 morti (Liguria 18). Roma 10 (Lazio 18). Milano 9, Brescia 7, Pavia 5 (Lombardia 44). Torino 9 Cuneo 7 (Piemonte 24). Chieti 8 (Abruzzo 14). Foggia 8 (Puglia 16).Cosenza 7 (Calabria 17). Palermo 7, Agrigento 5 (Sicilia 29). Bologna 7, Modena 6, Reggio Emilia 5 (Emilia Romagna 33). Verona 6 (Veneto 25). Salerno 6, Napoli 6 Campania 20). Cagliari 5 (Sardegna 9). Perugia 6 (Umbria 7), Ancona 5 (Marche 15), Trentino Alto Adige e friuli Venezia Giulia 5 morti, Molise e Basilicata 3 morti,
Quest'anno Il 38.3 % sono morti in agricoltura dei quali la maggioranza schiacciati dal trattore che guidano, il 24,6% in edilizia, il 16,6% nei servizi, il 5,6% nell'industria (compresa la piccola industria e l'artigianato), il 4,6% nell'autotrasporto, molti altri morti sono in altre categorie che sono percentualmente più basse.
Nel 2012 sono morti 1180 lavoratori (stima minima) di cui 622 SUI LUOGHI DI LAVORO ( tutti documentati). Si arriva a superare il numero totale di oltre 1180 vittime se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere e sulle strade che sono considerati giustamente, per le normative vigenti, morti per infortuni sul lavoro a tutti gli effetti. L'Osservatorio considera "morti sul lavoro" tutte le persone che perdono la vita mentre svolgono un'attività lavorativa, indipendentemente dalla loro posizione assicurativa e dalla loro età.
Non sono segnalati a carico delle province i lavoratori morti sul lavoro che utilizzano un mezzo di trasporto e i lavoratori deceduti in autostrada: agenti di commercio, autisti, camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel percorso casa-lavoro / lavoro-casa. La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentualmente dal 50 al 55% di tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro-nord sud, soprattutto edili meridionali che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. Queste vittime sfuggono anche alle nostre rilevazioni, come del resto sfuggono tanti altri lavoratori, soprattutto in nero o in grigio che muoiono sulle strade.


Nel 2011 ci sono stati più di 1170 morti, di cui 663 sui luoghi di lavoro + 11,6% sul 2010. Per approfondimenti sui lavoratori morti per infortuni sul lavoro nel 2011 andare nella pagina dell'1 -1 e 3- 1 del 2011 dell'Osservatorio. Ci sono cartine geografiche con il numero di morti sui luoghi di lavoro per ciascuna provincia italiana e grafici inerenti all'età, professione e nazionalità dei lavoratori vittime d'infortuni mortali.


Dall’1 gennaio al 31 2012 dicembre sono morti sui luoghi di lavoro in Italia 622 lavoratori si arriva a 1180 (stima minima con i lavoratori morti sulle strade e in itinere). Qui sotto l’incidenza della morti sui luoghi di lavoro in ogni regione in rapporto al numero di abitanti
Totale popolazione italiana 60.626.442
Trentino A.A             0,0000202           1°
1.037.114
Abruzzo                    0,0000193           2°
1.342.366
Valle d'Aosta            0,0000156           3°
128.230
Calabria                    0,0000145           4°
2.011.395
Emilia-Romagna       0.0000136           5°
4.432.418
Molise                       0,0000125           6°
319.780
Umbria                      0,0000122          7°
906.486
Basilicata                  0,0000119          8°
587.517
Liguria                       0,0000111         9°  
1.616.788
Friuli V.G.                  0,0000105         10°
1.235.808
Toscana                     0,0000093           11°
3.749.813
Piemonte                   0,0000084           12°
4.457.335
Sicilia                         0,0000083           13°
5.051.075
Sardegna                   0,0000083           13°
1.675.411
Veneto                       0,0000081           14°
4.937.854
Marche                       0,0000076           15°
1.565.335
Lombardia                 0,0000073            16°
9.917.714
Puglia                        0,0000070            17°
4.091.259
Campania                  0,0000063            18°
5.834.056
Lazio                          0,0000047            19°
5.728.688



"Solvay, una nuova Ilva". Ma il risanamento slitta al 2015

Repubblica 

"Solvay, una nuova Ilva". Ma il risanamento slitta al 2015
I dati sull'inquinamento della costa tra Rosignano Marittima e Vada sono inquietanti e confermati dalla Agenzia ambientale dell'Onu. Un'interrogazione parlamentare rivela i contorni di una possibile "bomba ecologica" sulla riviera toscana


"Solvay, una nuova Ilva". Ma il risanamento slitta al 2015 A ROSIGNANO, in Toscana, il timore di una nuova "Ilva". La denuncia approda in Parlamento, dopo l'interrogazione presentata al governo dal deputato Adriano Zaccagnini, ex M5S e ora appartenente al gruppo misto. Una "bomba ecologica", così viene definita la situazione dello  stabilimento Solvay, sorto sulla costa toscana nel 1941. Lo gestisce una multinazionale belga che estrae salgemma dai giacimenti di Volterra e della Val di Cecina. Produce sale, cloro, e derivati;oltre alla produzione elettrica, a partire dagli ultimi 20 anni, la Solvay ha sempre prodotto carbonato di sodio, bicarbonato di sodio, cloro, soda caustica, clorometani e acqua ossigenata. 

I risultati - secondo i dati forniti dal deputato -  sono stati un valore aggiunto modesto sul territorio e un costo enorme in termini ambientali: un visibile degrado del mare, enormi consumi di acqua e l'estrazione di salgemma nella Val di Cecina fino alle saline di Volterra; la gente accorre a frotte in un'area non balneabile: i cartelli stradali indicano proprio «spiagge bianche», da Rosignano Marittima a Vado, nonostante l'acqua - si legge nell'interrogazione - "nasconda insidie letali. Tuttavia, nel raggio di chilometri non s'intravede un solo divieto. Anzi, con denaro pubblico è sorto un lido balneare e l'Asl organizza addirittura la balneazione per gruppi di persone disabili". 

l’Agenzia ambientale Onu ha classificato questo tratto costiero come uno dei 15 più inquinanti d’Italia: secondo le stime per difetto del Cnr di Pisa, nella sabbia bianca la Solvay ha scaricato 337 tonnellate di mercurio ed altri veleni: arsenico, cadmio, nickel, piombo, zinco, dicloroetano. L’elenco completo è stato pubblicato sul sito dell’Agenzia europea dell’Ambiente. Più precisamente a Rosignano, secondo Legambiente, sono state 500 tonnellate di mercurio, presenti fino a 14 chilometri dalla battigia. E gli albergatori hanno addirittura chiesto di cambiare il nome della cittadina togliendo il "marchio" Solvay proprio per non abbinare la città alla situazione di degrado ambientale

Oggi la Solvay è finita sotto inchiesta per gli scarichi abusivi nel mare toscano, sono stati  indagati sia la direttrice che i 4 ingegneri. La Solvay è stata chiamata ad agire subito poiché vi è la paura di essere di fronte ad una Ilva toscana. Per i pm, infatti c'erano punti di rilascio sconosciuti all'Arpat, agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana,  i fanghi erano annacquati per diluire la concentrazione. 

La società  ha chiesto di patteggiare, ma la Procura ha posto precise condizioni: risanamento e fine delle violazioni. L’ultima scadenza per la Solvay è il 2015: se non sarà tutto ok, potrebbero scattare i sequestri. 

Aspettando ulteriori sviluppi, Zaccagnini ha così chiamato in causa il  Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministero della Salute -  con l'interpellanza nella quale sottolinea che "la Solvay, gettando in mare gli scarti di fabbrica, ha reso la zona di Rosignano-Vada in Toscana un luogo ai limiti della fantascienza. Il mare azzurro turchese e la spiaggia bianca candida richiamano un paesaggio tropicale e una visione paradisiaca che però nascondono un inferno malato. È un paradiso artificiale che non può portare alcun beneficio a coloro che lo frequentano. La natura è stata infatti sottomessa dal profitto economico, che l'ha spremuta fino all'ultima goccia. Secondo le testimonianze di chi vive in questa realtà, la gente sempre più spesso muore di cancro. I cartelli con scritto Divieto di balneazione sono stati rimossi di recente dai gestori degli stabilimenti balneari”.

Zaccagnini pone richieste precise ai ministri competenti: 

1) realizzare un'indagine epidemiologica, a cura di un organismo pubblico autorevole e a carico della stessa Solvay, per stabilire gli eventuali rapporti tra le patologie e i decessi avvenuti sul territorio e le emissioni inquinanti della fabbrica, con la correlazione tra inquinanti conosciuti e patologie; 

2) intervento d'urgenza per quantomeno bloccare i danni all'ambiente e alle persone prodotti dalla lavorazione; 

3) avvertire la popolazione dello scarico in mare di tali sostanze, prevedendo inoltre che le spiagge bianche vengano interdette alla frequentazione per almeno 1 chilometro a nord e a 2 chilometri a sud dalla foce dello scarico; 

4) chiusura dello scarico a mare entro non oltre 4 anni, anche se depurato dagli inquinanti denunciati; 

5) obbligo per lo stabilimento di dotarsi di un impianto a circuito chiuso dell'acqua, con la possibilità di utilizzare solo l'acqua in entrata in mare; 

6) rimborso dei lavoratori posti in Cassa integrazione (da dicembre 2011 a maggio 2012) nel caso fosse riconosciuta la strumentalità dell'iniziativa Solvay; 

7) prevedere, nell'accordo di programma che è in corso di definizione presso la regione Toscana, un dissalatore a carico di Solvay, da cui la multinazionale ricavi acqua e sale lasciando l'acqua dolce alla popolazione; 

8) spostamento del serbatoio di etilene ad alto rischio dall'area archeologica di Vada prevedendo per lo stesso una diversa collocazione. 



martedì 30 luglio 2013

Comunicato Rete Milano su deposito sentenza Eureco

Comunicato Rete Sicurezza Milano

Finalmente possiamo leggere le motivazioni, depositate dal Giudice Bertoja, della condanna di Merlino per la strage dell’Eureco di Paderno Dugnano. E se da un lato siamo “contenti” dei “riconoscimenti” che il Giudice ha affermato nelle sue motivazioni e cioè: “I quattro morti dell’Eureco tragedia scientificamente legata al profitto” e entrando nel merito “Merlino svolgeva la gestione dei rifiuti in modo totalmente illegale, con netta, evidente prevalenza del fine di lucro”, che di fatto ribadisce ciò che la Rete Nazionale denuncia  da sempre, dall’altro lato ci fa incazzare e non poco. Quali le ragioni? Presto detto: se come afferma la Bertoja il Merlino ha perseguito scientificamente a fine di lucro (tale e quale la totalità delle imprese) la non applicazione delle normative sulla Salute e Sicurezza sui posti di lavoro, come mai la Giudice ha rinviato e condannato il Merlino per omicidio colposo e non doloso? Perché nonostante lo stesso fosse stato già condannato per gli stessi reati, gli è stato concesso il rito abbreviato e gli è stata data una “condanna” di 5 anni a fronte di una richiesta di 6 e mezzo della PA? Affermiamo, riprendendo uno slogan usato in altri contesti – dalla strage di Piazza Fontana alle morti nelle caserme, e altro-, ma che un filo rosso lega a questa vicenda come a tutte le stragi sul e da lavoro: “Sappiamo chi è STATO”. Perché il Merlino, o i vari Merlino di turno, hanno potuto impunemente, o raramente con condanne ridicole e irrisorie, fare profitti sulla Salute e la Pelle dei lavoratori, questo è successo, e continuerà a succedere, Perché la politica ne ha difeso la “libertà” d’impresa, criminale diciamo noi; Perché gli organi di controllo, dall’Arpa all’Asl –dai carabinieri agli Ispettori, hanno chiuso non uno ma tutte e due gli occhi su queste nefandezze; Perché sindacati come la Cgil, che in questa occasione si è costituita parte civile per “danneggiamento d’immaggine”, e le altre sigle confederali, quotidianamente non combattono gli interessi criminali/padronali,  anzi perseguitano a loro volta i loro stessi, onesti, delegati che denunciano le aziende, sino al punto di buttarli fuori dalle loro organizzazioni; Perché quello che dovrebbe essere il primo difensore dei diritti dei lavoratori, il Presidente Napolitano, che con lacrime da coccodrillo ha gridato “Mai Più” ogni volta che i media sono costretti ad accorgersi di questa strage quotidiana (dalla Thyssen a Molfetta, da Casale all’Ilva) poi ha continuato a firmare provvedimenti dei governi, da Berlusconi a Monti sino ad oggi, che riducono le pene per i padroni assassini o vanificano le leggi come il Testo Unico, che in nome del superamento della Crisi, santificano la legge del Profitto a discapito del diritto alla Salute e Sicurezza sul Lavoro e Territori; Perché i Giudici  non si chiamano tutti Guariniello e quando fanno onestamente il loro lavoro li si attacca e si vuole smantellare il loro lavoro.
Per queste ragioni nelle mobilitazioni che abbiamo promosso e quelle che abbiamo sostenuto del Comitato di Sostegno operai e vittime Eureco, abbiamo ribadito che vogliamo GIUSTIZIA e questa sentenza non rende giustizia per i morti di Paderno. Anzi rilanciamo la mobilitazione per le prossime scadenze che ci saranno a Milano, e non solo, legate alla riapertura dei processi per amianto alla Pirelli- Ansaldo-Turbigo-Broni, per unire in un fronte comune tutte le forze che si battono nello specifico.

Rete Nazionale Sicurezza sul Lavoro e Territori nodo Milano
retesicurezzamilano@gmail.com; cell. 338-7211377

Milano, 30-07-2013

I quattro morti dell’Eureco tragedia scientificamente legata al profitto"
Dure motivazioni per la condanna inflitta al titolare
"Merlino - scrive il giudice - svolgeva la gestione dei rifiuti in modo totalmente illegale, con netta, evidente prevalenza del fine di lucro". Giovanni Merlino era il titolare dell’
azienda di Paderno Dugnano dove a novembre di tre anni fa il rogo provocò quattro morti tra gli operai di Mario Consani Paderno Dugnano, 30 luglio 2013 - Eureco, una tragedia per fare soldi. «Merlino - scrive il giudice - svolgeva la gestione dei rifiuti in modo totalmente illegale, con netta, evidente prevalenza del fine di lucro». Giovanni Merlino, 61 anni, era il titolare dell’azienda di Paderno Dugnano dove a novembre di tre anni fa il rogo seguito a un’esplosione provocò quattro morti tra gli operai. La voglia di fare più soldi trattando rifiuti pericolosi che avrebbe solo dovuto stoccare, «ha comportato ovviamente aspetti di frode “formale” quale la falsificazione dei formularie l’attribuzione ai rifiuti di codici “di comodo” che consentissero un più agevole ed economico smaltimento».
Non usa giri di
parole il giudice Antonella Bertoja nelle 32 pagine di motivazioni appena depositate, per spiegare le ragioni della condanna con rito abbreviato a 5 anni di carcere per omicidio colposo plurimo inflitta a Merlino. I pm Manuela Massenz e Piero Basilone, che hanno coordinato le indagini sulla “Thyssen milanese”, avevano chiesto per lui - che rispondeva anche di una lunga serie di imputazioni in tema di rifiuti e sicurezza sul lavoro - sei anni e mezzo di pena. «Il quadro complessivo di sistematiche violazioni ascrivibile a Merlino è di assoluta gravità», osserva Bertoja. E anche quando si tratti di semplici contravvenzioni, «sono state ravvisate nella forma dolosa proprio in quanto deliberatamente, si direbbe “scientificamente” poste in essere in vista di un unico determinato scopo, il profitto».
Ecco perché Merlino non merita, a parere del giudice, le attenuanti generiche.
Tanto più che «già in passato presso Eureco vi erano stati incendi di piccole o medie dimensioni» così che l’imputato «era stato posto nelle con dizioni di avere una diretta percezione della effettiva esistenza e dell’elevato e concreto pericolo che nella sua società, ai suoi lavoratori, accadesse proprio quello che poi in realtà è accaduto». Non era la prima volta, del resto, visto che nel 2005, in un’azienda analoga di cui Merlino era amminsitratore, «un lavoratore era deceduto a causa delle ustioni riportate in un incendio scaturito dalla miscelazione di rifiuti». Lui se l’era cavata con un patteggiamento di pena. Stavolta, senza lo sconto automatico di un terzo legato al rito abbreviato, la condanna sarebbe stata a 7 anni e mezzo di carcere.
Alle parti civili costituite nel giudizio, familiari e parenti delle vittime e dei feriti, alcuni dei quali difesi dall’avvocato Gigi Mariani, il gup Bertoja assegnò tre mesi fa risarcimenti provvisori tra i 30 mila e i 200 mila euro. L’esplosione che tre anni fa provocò l’incendio che avvolse i lavoratori, conferma il giudice nelle motivazioni, fu provocata dalle miscelazioni non autorizzate a cui il titolare dell’
Eureco sottoponeva i rifiuti pericolosi manipolati dagli operai in violazione delle norme di sicurezza. A morire dopo giorni di agonia con il corpo devastato dalle ustioni furono Harun Zeqiri, 44 anni, Sergio Scapolan, 63, Salvatore Catalano, 55 e Leonard Shehu, 37. Altri tre dipendenti rimasero feriti in modo grave.

L’AQUILA: AMIANTO E MACERIE

Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it



Il terremoto, l’incuria dell’uomo a L’Aquila hanno provocato 309 vittime. Quella notte decine di palazzi si sono sbriciolati su loro stessi, tanti sono rimasti lesionati.
La maggior parte dei quartieri periferici sono stati costruiti intorno agli anni ‘70/80 e in questo periodo venivano utilizzati manufatti in amianto.
Il pericolo sorge quando c’è aerodispersione perché può comportare un rischio cancerogeno e la dispersione di fibre in aria può verificarsi in caso di degrado e/o in caso di disturbo dei manufatti contenenti amianto.
Con queste premesse in Italia, Paese sismico, dovrebbe esserci una manutenzione, o meglio una bonifica, di tutti quei fabbricati pericolosi per la salute dell’uomo. Ma, qualora venga fatto, non è sufficiente mettere in sicurezza, confinare i materiali contenenti amianto o bonificare gli edifici rimuovendoli, occorre anche smaltire correttamente i rifiuti prodotti.
A L’Aquila da mesi si demoliscono palazzi con evidenti parti in amianto: comignoli, tettoie, tubi ecc., e non viene effettuata nessuna bonifica.
Casale Monferrato ci ha insegnato che l’amianto uccide dopo anni rispetto alla sua inalazione: chi non aveva mai lavorato all’Eternit si è ammalato di mesotelioma pleurico perché un trenino, contenente amianto, dalla stazione raggiungeva lo stabilimento attraversando il centro di Casale.
L’Aquila e tutti i paesi del cratere, dove si stanno facendo demolizioni o si dovranno fare, sono a rischio amianto. Ci potrebbe essere una soluzione? Esiste un documento elaborato nel 2011 da Laura Palmas e Sabrina Romano (dell’istituto ENEA), validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro nella seduta del 30 maggio 2012, sul tema della pianificazione della manutenzione dei manufatti contenenti amianto (MCA).
In questo documento è prevista la figura del responsabile per il controllo e la manutenzione dei MCA che deve:
-         monitorare lo stato di conservazione dei MCA;
-         autorizzare espressamente eventuali interventi sui MCA onde evitare i rischi derivanti dal disturbo dei materiali suddetti: gli esiti delle indagini di monitoraggio devono essere trasmessi agli occupanti degli edifici interessati al problema, agli addetti alle manutenzioni, ad eventuali appaltatori esterni, e devono essere definiti specifici permessi di lavoro.
Nel caso che sia accertata la presenza di amianto, il proprietario dell’immobile e/o il responsabile dell’attività dovrà:
-         designare una figura responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i MCA;
-         tenere un’idonea documentazione da cui risulti l’ubicazione e lo stato di conservazione dei manufatti contenenti amianto;
-         porre idonei segnali di avvertenza sulle installazioni soggette a frequenti interventi manutentivi (caldaie, tubazioni, tramezzi) allo scopo di evitare che l’amianto venga inavvertitamente disturbato e quindi disperso in aria;
-         garantire il rispetto di efficaci misure di sicurezza durante le attività di pulizia, gli interventi manutentivi e in occasione di qualsiasi evento che possa causare un disturbo dei materiali di amianto;
-         predisporre una specifica procedura di autorizzazione per le attività di manutenzione: tutti gli interventi effettuati dovrà essere tenuta una documentazione verificabile;
-         fornire una corretta informazione agli occupanti dell’edificio sulla presenza di amianto nello stabile, sui rischi potenziali e sui comportamenti da adottare;
-         provvedere, nel caso siano in opera materiali friabili, a far ispezionare l’edificio almeno una volta all’anno (da personale esperto in grado di valutare le condizioni dei materiali), redigendo un dettagliato rapporto corredato di documentazione fotografica; copia del rapporto dovrà essere trasmessa alla ASL competente la quale può prescrivere di effettuare un monitoraggio ambientale periodico delle fibre aerodisperse all’interno dell’edificio.
Le regole esistono e sono molto ben definite, la domanda per il sindaco Cialente (pneumologo), per la Asl, per tutti gli organi preposti al monitoraggio dell’amianto, è: “Abbiamo perso una città e tanti concittadini, perché si continua a perseverare nell’errore di essere superficiali di fronte alla salute, la vita?”

Morti sul lavoro. Risarcimenti da fame, ma quanto vale la vita di un lavoratore

di  Marco Bazzoni


ROMA - Il 25 Luglio 2013, c'è sta l'esplosione di una fabbrica di fuochi d'artificio a Villa Cipressi di Città Sant’Angelo, nel pescarese, sono morte 4 persone (Mauro Di Giacomo 45 anni, titolare della fabbrica, Federico Di Giacomo 46 anni, fratello del titolare, Roberto Di Giacomo 39 anni, nipote del titolare e Alessio Di Giacomo, figlio di Mauro Di Giacomo) e altre 8  persone sono rimaste gravemente ferite.

L'ennesima strage sul lavoro, che ogni anno fa oltre 1180 morti (dati 2012 Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot.it/) e non  790 morti sul lavoro come ha detto l'Inail il 10 Luglio 2013, in occasione della presentazione del Rapporto Annuale 2012 sugli infortuni sul lavoro.

Rimaniamo sconcertati inoltre dal seguente dato riportato nel comunicato stampa Inail: su 1296 denunce per infortunio mortale, sono 790 sono state riconosciute come infortunio sul lavoro! E' bene ricordare che l'Inail considera come morti sul lavoro solo i suoi assicurati,  quindi in questa statistica non ci soni i tantissimi lavoratori che muoiono in nero e di cui molte volte non sappiamo neanche nulla.

Mihai Istoc, 45 anni, morì sul lavoro nel giugno 2009 cadendo da un ponteggio mentre "lavorava in nero", ma fu buttato vergognosamente, in una discarica abusiva, tra i boschi dell'astigiano, dai suoi datori di lavoro, che in questo modo volevano evitare noie giudiziarie. Solo dopo 4 anni e grazie alla prova del DNA si è riusciti a dare un nome al suo corpo. Mihai Istoc, 45 anni non andrà a finire mai in nessuna statistica ufficiale sulle morti sul lavoro, perchè lavorava "in nero". 

Intanto il tesoretto Inail derivante dagli avanzi di bilancio annuale è arrivato a quasi 20 milardi di euro. Però questi soldi non sono spesi per aumentare le rendite ai familiari dei morti sul lavoro o agli invalidi sul lavoro o per le malattie professionali, ma sono depositati in un conto infruttifero della Tesoreria dello Stato, preso il Ministero del Tesoro e vengono utilizzati dallo Stato Italiano per ripianare i debiti. Nell'Agosto 2012 fu fatta una petizione per modificare il TU 1124/65 (assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali), che regola i risarcimenti per gli infortuni e le morti sul lavoro, che aveva raccolto oltre 4000 adesioni.  Eppure, per la morte di un lavoratore non possiamo assistere a dei risarcimenti da fame: l'articolo 85 del Testo unico 1124/1965, che regola il risarcimento per gli infortuni e le morti sul lavoro, prevede infatti che hanno diritto alla rendita a superstite, in caso di infortuni mortali, coniugi e figli e, se assenti, gli ascendenti viventi e a carico del defunto, che contribuiva quindi al loro mantenimento. Perciò non hanno diritto alla rendita, ad esempio quei genitori delle vittime del lavoro che non risulti ricevessero contributi al mantenimento, dal loro caro ammazzato dall’insicurezza nei luoghi di lavoro.
Che valore daresti alla vita di una persona che ogni giorno fatica per cercare di sopravvivere con la sua famiglia, in un paese come l’Italia, dove chi è ricco continua ad arricchirsi e chi vive a stento gratta il fondo del barile? La domanda può sembrare banale: il valore della vita di una persona non si può quantificare, è inestimabile. Ma per la legge italiana si può dare un prezzo alla vita di un lavoratore morto sul lavoro:2046,81 euro. Il rimborso delle spese funerarie. Meno del prezzo della bara con la quale tre lavoratori, ogni giorno in Italia, lasciano il luogo di lavoro.
Ad oggi, purtroppo, ancora nessuna modifica all'articolo 85 del TU 1124/65. E di lavoro si continua a morire.

domenica 28 luglio 2013

Scarpa Trasporti

 27-7-2013 - Quando si dice SICUREZZA SUL LAVORO - Continua l'incredibile utilizzo di camion di 20 anni fa senza aria condizionata per il servizio "spola" dalla San Benedetto alla Scarpa Trasporti; un autista ns.iscritto costretto a lavorare a più di 50° in cabina, senza trasferta, a far spola tutto il giorno, è stato diverse ore al Pronto soccorso, che gli ha diagnosticato un colpo di caldo e 3 gg di prognosi. Istruzioni (manuale).
Per oggi sabato 27-7-2013 la Scarpa Trasporti ha indetto una incredibile "riunione" per convincere i suoi dipendenti ad accettare il mancato pagamento delle 14esime (non ha nemmeno consegnato le buste L.U.L. di giugno e 14esime temendo decreti ingiuntivi), ma "senza i lavoratori iscritti al Cobas

Messico come si muore nelle fabbriche di ROCCA Tenaris-Dalmine

Esplosione con 6  operai morti in fabbrica Messico di padroni Rocca ,
stavano sistemando forno.

Death toll in Mexico explosion rises to five -Ternium
Five men, aged 19 to 50, died at the steel mill and another nine were 
injured, the Luxembourg-based company said.


Related Stories
2 killed, 12 wounded in explosion at Ternium Mexico steel plant

MONTERREY, Mexico, (Reuters)  -

The death toll from Monday's explosion at Italian-Argentine steelmaker 
Ternium's Guerrero plant in northern Mexico has risen to five, the company 
said on Tuesday.

Five men, aged 19 to 50, died at the steel mill and another nine were 
injured, the Luxembourg-based company said.

The cause of the blast, which occurred during routine maintenance, was being 
investigated, the firm said.

The company said it did not expect shipments to be seriously affected.

Ternium controls Brazilian steelmaker Usinas Siderúrgicas de Minas Gerais 
SA.

Presidio a Roma - Moretti vattene !

si è tenuto un presidio sotto la sede delle Ferrovie in Piazza della
Croce rossa a Roma. Al presidio hanno partecipato 40-50 persone, tra cui
familiari della strage ferroviaria di Viareggio, membri dell'Assemblea 29
giugno, ferrovieri e cittadini di Firenze e Roma. Presidio promosso contro
la rinomina di M. Moretti (rinviato a giudizio) ad Ad delle ferrovie e per
la sicurezza in ferrovia.
La nomina di Moretti è stata spostata a martedì 6 agosto.
Alleghiamo il volantino diffuso durante il presidio di questa mattina.



FS: LUPI, ASSEMBLEA SU RINNOVO CDA SPOSTATA A 6

AGOSTO Roma, 25 lug. (Adnkronos) - E' stata rinviata al 6 agosto
l'assemblea degli azionisti delle Fs Spa, chiamata a rinnovare il consiglio
di amministrazione del gruppo. A riferirlo e' stato il ministro delle
Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi, interpellato, a margine della
presentazione del piano estivo dell'Anas. Il titolare del dicastero di
Porta Pia non ha, tuttavia, specificato i motivi del rinvio dell'assemblea
che avrebbe dovuto tenersi oggi in seconda convocazione. ''L'assemblea e'
stata fissata al 6 agosto'', ha detto Lupi. In prima convocazione, a fine
giugno, l'assemblea aveva dato il via libera al bilancio per l'esercizio
2012 rinviando le deliberazioni sull'altro punto all'ordine del giorno,
appunto il rinnovo del consiglio di amministrazione, ad una successiva
convocazione. (Mcc/Zn/Adnkronos)25-LUG-13 14:19

Cavalier Moretti è ora di scendere da cavallo!

Il 18 luglio il Tribunale di Lucca ha rinviato a giudizio l'Ad delle
Ferrovie dello Stato italiane (FSi) assieme agli altri Ad e dirigenti delle
società Fs (Elia, Soprano, Galloni, Castaldo, Di Marco, Costa, Marzilli,
Margarita, Pezzati, Di Venuta, Rossi, Testa, Favo, Fumi, Andronico,
Maestrini, Farneti).
Per la strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009, Moretti, assieme
a questi, è stato prima indagato, poi imputato e adesso rinviato a giudizio.
Nell'udienza preliminare, iniziata il 25 marzo scorso e conclusasi il 18
luglio, da parte degli avvocati di Moretti & soci, ne abbiamo viste e
sentite di tutti i colori: che Moretti non c'entra niente . (ed allora chi 
c'entra?
gli altri Ad e dirigenti Fs? i subalterni a Moretti saranno disposti ad
accollarsi la responsabilità delle 32 Vittime?), o addirittura: a ciascuno
il suo . (come dire: io difendo i miei, degli altri chi se ne frega .), che
i treni-bomba come quello di Viareggio se viaggiano ad una velocità ridotta
sono più pericolosi (nella sola tratta della stazione di Viareggio non
possono superare i 50 km/h, quindi a Viareggio la situazione è ancora più
pericolosa?), che il dispositivo anti-svio è un barattolo con un sasso
dentro.quindi, se installato, aumenta la pericolosità (e i treni dell'Alta
velocità dotati dell'anti-svio in quanto strumento di prevenzione e
protezione?!), che gli vien da ridere a pensare al picchetto (la madre di
una Vittima ha risposto: "a me viene da piangere tutte le volte che penso a
mio figlio"), che lo "spiacevole episodio" (come lo definì Moretti 
nell'audizione
al Senato) non è un incidente sul lavoro, perché i due macchinisti sono
ancora vivi (e i macchinisti in cura per mesi non sono più potuti salire su
un locomotore per le conseguenze di quella maledetta notte!).
Udienza per udienza hanno offeso onestà intellettuale e competenza
tecnico-scientifica, oltre alla memoria delle Vittime ed al dolore dei
familiari. Solo ascoltarli è stato un calvario. Hanno difeso 
l'indifendibile!
Le loro 'argomentazioni' hanno contrastato la realtà ed i fatti. Ma come si
dice: tanto peggio . per realtà e fatti. Disgraziati coloro che
continuamente hanno parlato di disgrazia.

Il presidente Napolitano nominò Moretti cavaliere del lavoro a poche ore dal
1° anniversario della strage (giugno 2010); le 10.000 firme raccolte a
Viareggio per le dimissioni consegnate ai presidenti delle Camere e al
ministro delle Infrastrutture (Schifani, Fini, Matteoli) cestinate.
Oggi a rivendicare le dimissioni di Moretti sono il Codacons (Coordinamento
delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e
dei consumatori), l'Associazione utenti del trasporto aereo, marittimo e
ferroviario, senatori e deputati (di tre giorni fa l'interrogazione a
risposta immediata della sen. Granaiola), la Cgil e la Filt-Cgil della
regione Calabria, consigli comunali dei Comuni della Versilia, familiari di
altre stragi simili a Viareggio.
Moretti ha praticato la politica dell'abbandono dei treni pendolari e
viaggiatori (si è preoccupato solo a treni ad "Alta velocità") e della
sicurezza, senza MAI dimenticare che dal 2007 sui binari sono morti 40
lavoratori (una statistica impressionante: 1 ogni due mesi). E Moretti
continua a dichiarare che in ferrovia il problema sicurezza non esiste .

Moretti deve ritirare tutti i provvedimenti disciplinari (licenziamenti e
sospensioni) nei confronti dei ferrovieri impegnati su sicurezza e salute,
dimettersi da Ad ed affrontare il processo senza alcun tentativo di fuga.
Questo è l'unico atto responsabile di fronte alla strage ferroviaria di
Viareggio, alle rappresaglie attuate contro i ferrovieri (o come ha detto 
l'avvocato
del Comune di Viareggio e di alcuni familiari nell'udienza preliminare: "il
ferroviere Riccardo Antonini è stato oggetto di un ostracismo vigliacco"),
alle frasi offensive esternate in questi 4 anni. Chi lo nominò a dirigere le
ferrovie deve fare una profonda autocritica e destituirlo immediatamente!
Le dimissioni di Moretti e degli altri Ad rinviati a giudizio sono un atto
liberatorio ed una scelta moralmente obbligata!

25 luglio 2013
            Associazione "Il Mondo che vorrei" (familiari delle Vittime)
danielarombi6@gmail.com                  Assemblea 29 giugno
assemblea29giugno@gmail.com

AMIANTO EMERGENZA NAZIONALE

COMUNICATO STAMPA



Presso la Sala Mercede della Camera dei Deputati ieri mattina si è svolta
una conferenza molto partecipata. Erano presenti i Sindacati Confederali ,
le Associazioni delle Vittime e degli Ex Esposti e i deputati parlamentari
primi firmatari del Pdl n.1353 del 7 luglio del 2013 che hanno illustrato i
contenuti della proposta "Norme a tutela dei lavoratori, dei cittadini e
dell'ambiente dall'amianto, nonché delega al Governo per l'adozione di un
testo unico in materia di amianto" : l'On. Antezza, On.Boccuzzi,
On.Biondelli e On. Iacono.

L'iniziativa si è rivelata un'importante occasione per discutere del
problema amianto e di tutte le conseguenze che la presenza massiccia di
questo materiale sul nostro territorio nazionale ha sulla cittadinanza. Si è
anche discusso del Piano Nazionale Amianto, presentato l'8 aprile scorso
nella città simbolo dell'amianto, Casale Monferrato dall'allora ministro
della Salute, Renato Balduzzi che però non è passato al vaglio della
Conferenza Unificata (Stato, Regioni, Province e Comuni) ed è tuttora fermo
per mancati finanziamenti .
Le necessità principali che sono state evidenziate nel corso della mattinata
e che saranno oggetto di una manifestazione nazionale i giorni 25-26 -27
settembre 2013 e di numerose iniziative regionali sono:

l'approvazione definitiva del Piano Nazionale Amianto

l'estensione del fondo per le vittime dell'amianto a tutti i cittadini e
lavoratori ammalati per esposizione non professionale (esposizioni
casalinghe ed ambientali), e non solo per i lavoratori ex esposti con
riconoscimento Inail

le bonifiche dei siti più contaminati in cui è presente amianto individuati
dal piano nazionale amianto nel numero complessivo di 380 siti a grave
rischio sparsi su tutto il territorio nazionale, a partire dagli
stabilimenti industriali dove è stato fatto un uso massicio di amianto in
forma e indiretta, nonché i numerosi edifici pubblici (scuole, tribunali,
caserme, ospedali)

considerati i 4000 casi annuali di vittime dell'amianto, di cui 1/3 deceduti
per mesotelioma maligno, si richiede che venga effettuata in tutte le
regioni la sorveglianza sanitaria degli ex esposti , familiari e cittadini a
rischio e studi epidemiologici di settore. In particolare che venga
sviluppata e maggiormente finanziata la ricerca clinica sulle patologie
legate all'amianto, tra le più gravi si ricorda il mesotelioma maligno,
tumore del polmone, della laringe, del tratto gastro intestinale, tumore
dell'ovaio, della tunica vaginale e del testicolo

in riferimento ai ddl presentati alle camere si chiederà un incontro alle
istituzioni a partire dai Presidenti della Camera e del Senato e ai
capigruppo, affichè vengano posti in discussioni i progetti di leggi n.8 del
Senato e n. 1353 della Camera, utilizzando gli strumenti più celeri per
essere approvati.



Per informazioni:

Maria Antezza  antezza_m@camera.it
Fulvio Aurora   fulvio.aurora@virgilio.it
Giuseppe D'Ercole giuseppe.dercole@cisl.it




* CNA Coordinamento nazionale delle associazioni delle vittime amianto e
degli ex esposti

ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO  MONFALCONE, ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO FVG
TRIESTE, ASSOCIAZIONE REGIONALE  EX ESPOSTI ORISTANO,  REGIONALE
ASSOCIAZIONE FAMIGLARI ESPOSTI AMIANTO LA SPEZIA, ASSOCIAZIONE ITALIANA
ESPOSTI AMIANTO MILANO, ASSOCIAZIONE VITTIME AMIANTO BRONI, ASSOCIAZIONE
NAZIONALE MUTILATI ED INVALIDI ROMA, BAN ASBESTOS ITALIA, MILANO, COMITATO
PER LA DIFESA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO E SUL TERRITORIO SESTO SAN
GIOVANNI, COMITATO PERMANENTE EX ESPOSTI MILAZZO, COMITATO PREVENZIONE
AMIANTO LOMBARDIA, CAVE ALL'AMIANTO NO GRAZIE PARMA, EUROPEAN ASBESTOS RISK
ASSOCIATION TRIESTE, LEGA AMBIENTE ROMA, MEDICINA DEMOCRATICA MILANO,
ASSOCIAZIONE MEDICI PER L'AMBIENTE MILANO


Milano, via dei Carracci, cna2013@tiscali.it.