lunedì 30 giugno 2014

Al processo Ilva Taranto non siamo partiti bene - necessaria la mobilitazione nazionale verso il 16 settembre


Il Gup Vilma Gilli revoca i domiciliari a 4 ex fiduciari di Riva. Questa giudice il 19 scorso fa macroscopici "errori" e non fa partire il processo, ma sa usare il codice quando deve liberare gli uomini di Riva




TARANTO - Il gup del Tribunale di Taranto Vilma Gilli, titolare del fascicolo legato all'inchiesta sull'Ilva "Ambiente svenduto", ha revocato gli arresti domiciliari nei confronti di Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli, Agostino Pastorino ed Enrico Bessone, funzionari del Siderurgico accusati di aver fatto parte della "struttura ombra" che rispondeva direttamente alla famiglia Riva riguardo alla gestione dello stabilimento finito nell'occhio del ciclone con l'inchiesta per disastro ambientale.
Per gli imputati (tra le 49 persone fisiche, oltre a tre società che rischiano il processo), è stato disposto l'obbligo di dimora. Gli ex fiduciari dell'Ilva, difesi dagli avvocati Egidio Albanese, Franz Pesare e Luca Sirotti, furono arrestati il 6 settembre 2013 e successivamente ottennero i domiciliari su disposizione del Tribunale del riesame, che annullò contestualmente la misura cautelare (domiciliari) nei confronti di Lanfranco Legnani, indicato come "direttore ombra" dello stabilimento siderurgico.            


COMUNICATO DELLA RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA E LA SALUTE SUI POSTI DI LAVORO E TERRITORI


La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e territori ha tenuto nel pomeriggio del 19 giugno la sua riunione, presenti i rappresentanti di Palermo e Milano e i compagni di Taranto, per valutare la
prima udienza preliminare del processo Ilva.
Si è espresso un giudizio molto positivo sul presidio organizzato nei pressi della caserma dei vigili del fuoco dove si è tenuta l'udienza preliminare. È stato l'unico presidio che non ha accettato l'intimidazione realizzata dalla famiglia Riva e dei suoi complici verso il processo e la città, con l'istanza per trasferire il processo a Potenza perchè le circostanze ambientali non permetterebbero un giudizio sereno a Taranto.
Un'intimidazione che tutti hanno di fatto accettato mettendo la sordina alla loro presenza al processo.
La Rete invece sostiene che al processo devono partecipare operai, lavoratori e cittadini colpiti dai crimini dei padroni dell'Ilva, sia con la costituzione associata e autonoma come parti civili, sia con un presidio permanente al tribunale, perchè si senta forte e chiaro che ciò che si giudica qui è la catena di morti sul lavoro, da lavoro e inquinamento, non perchè le fabbriche siano nocive, ma perchè nocivo è il capitale e il
profitto, che le rendono mortali.
La Rete ha portato uno striscione, che è lo stesso che è stato al processo della Thyssen-Krupp dell'Eternit, di Paderno Dugnano, di Ravenna, per far sentire il suo sostegno solidale agli operai, ai familiari, ai cittadini che si costituiscono parti civili.
Naturalmente, tutta l'attività della Rete a Taranto è stata supportata dallo Slai cobas per il sindacato di classe dell'Ilva e dai rappresentanti dei precari, Disoccupati Organizzati, che hanno voluto far sentire la loro presenza per affermare anche in questa occasione che vogliono lavoro, non morti sul lavoro e da lavoro.
L'udienza si è conclusa con un aggiornamento al 16 settembre, dato chec'erano notifiche agli imputati da perfezionare, e perciò non si è riusciti ancora a formalizzare la costituzione di tutte le parti civili al processo.
La Rete rinnova il suo appello a tutte le realtà a fare di questo processo una tappa importante della battaglia per la salute e sicurezza sui posti di lavoro e territorio.

Il 16 settembre, mentre si terrà la prossima udienza preliminare, la Rete organizzerà presidi ai tribunali e altri luoghi sensibili di questa battaglia in tutta Italia.

La Rete contribuisce al processo con l'incarico all'avv. Bonetto di coordinare il pool di legali che cura la costituzione di parte civile autorganizzata e associata di operai ILVA, cittadini dei tamburi e operatori del Cimitero.

Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territorio
bastamortesullavoro@gmail.com
20 giugno 2014
3471102638

martedì 3 giugno 2014

Isochimica Avellino - Amianto, la strage dimenticata



Quindici operai morti, almeno 150 malati e un intero quartiere a rischio avvelenamento. È il tragico bilancio portato alla luce dall'inchiesta sull'Isochimica, l'azienda di Avellino dove negli anni '80 i lavoratori erano assunti per rimuovere a mani nude la fibra killer dai treni. Perché oltre allo scandalo Eternit in Italia ci sono ancora centinaia di siti da bonificare e migliaia di persone che rischiano di essere contaminate
AVELLINO - La fabbrica della morte è chiusa da quasi trent'anni, ma continua ad uccidere. Il killer fantasma è nell'aria, ogni giorno gli abitanti di borgo Ferrovia, quartiere popolare di Avellino, respirano i veleni che arrivano da quel mostro chiamato "Isochimica", l'opificio dove negli anni '80 venivano scoibentate le carrozze ferroviarie, quasi tremila in sei anni. Si lavorava a mani nude, senza mascherine, inconsapevoli dei pericoli. Almeno 20mila tonnellate di amianto sarebbero state sotterrate nel piazzale della fabbrica, altre scorie sono state chiuse in cubi di cemento oppure sistemate in sacchi neri e sversate nelle acque del fiume Sabato o addirittura nel mare della costiera amalfitana. L'hanno rivelato gli ex operai ai magistrati. "Ma mentre tutto ciò accadeva dov'erano i cittadini?", si chiede il procuratore della Repubblica di Avellino, Rosario Cantelmo, che paragona l'Isochimica all'Eternit di Casale Monferrato, all'Ilva di Taranto a alla Thyssen Krupp.

"Dovremo andare via da qui", dice Gabriella Testa, alla guida del comitato di mamme di borgo Ferrovia che si battono per la bonifica del sito. L'Arpac, l'agenzia regionale per l'ambiente della Campania, ha accertato che ci sono 27 fibre di amianto per litro d'aria nella zona, stando alle raccomandazioni dell'Oms non ce ne dovrebbe essere nemmeno una. Il biologo Carlo Caramelli, garante del Tribunale per i diritti del malato, ha chiesto al prefetto di far evacuare il rione. "Perché Renzi non viene a visitare la scuola elementare che è a cento metri dalla fabbrica?", ha chiesto polemicamente Carlo Sibilia, l'avellinese arrivato in Parlamento con il Movimento 5 Stelle. C'è già stato lo screening sui bambini della scuola, il pediatra dell'Asl di Avellino, Felice Nunziata, che ha guidato l'equipe per le analisi, ha ammesso: "Qui non farei vivere mio figlio, la bonifica è urgente".

Ma è ancora tutto fermo: il Comune non ha i soldi, la Regione prende tempo. Eppure il procuratore Cantelmo, dopo aver messo sotto inchiesta il titolare dell'Isochimica, Elio Graziano, imprenditore protagonista negli anni '80 dello scandalo "lenzuola d'oro", l'ex giunta comunale e perfino il curatore fallimentare, ha cercato di imprimere un'accelerazione nominando custodi giudiziari dell'impianto il sindaco, Paolo Foti, e il governatore regionale, Stefano Caldoro.

Dopo anni di omissioni e indifferenza almeno qualcosa si muove. Ma la svolta non c'è stata. Resta il conto dei morti, una lunga scia di lutti e dolore: l'amianto ha già ucciso 15 ex operai ed un lavoratore che con l'Isochimica non c'entrava nulla. Si chiamava Vittorio Esposito, lucidava i pavimenti della stazione ferroviaria dove si scoibentavano le carrozze ferroviarie direttamente sui binari evitando di portarle in fabbrica. Anche sua moglie, la vedova Rosetta Capobianco che lavava le tute del marito impregnate di amianto, si è ammalata ai polmoni, ma continua a battersi per il risanamento del quartiere. E ora da qualche mese la Procura indaga su altri 23 decessi, nuovi casi sospetti tra ex operai, familiari e cittadini di cui sono state sequestrate cartelle cliniche e certificati di morte.

Si fanno i conti. All'Isochimica lavoravano 333 operai, almeno 150 sono già risultati ammalati. "Ormai ci sentiamo dei morti che camminano", confessa Carlo Sessa, uno degli ex operai che ha visto morire i compagni di lavoro: da tempo chiede inutilmente aiuto a tutti i partiti per la battaglia del prepensionamento degli ex dipendenti della fabbrica dei veleni. Ma la politica è rimasta ancora indifferente. E il futuro fa paura. Mario Polverino, direttore del polo pneumologico dell'ospedale "Scarlato" di Scafati, ha scoperto che gli 80 operai dell'Isochimica provenienti dal Salernitano sono stati tutti contaminati dalle fibre killer. "Il picco delle malattie derivanti dall'amianto si avrà intorno al 2020, quindi tutti gli ex operai e i cittadini sono a rischio", conferma Polverino che ha paragonato l'Isochimica alla miniera di crocidolite, l'amianto blu, di Wittenoom Gorge nel Western Australia dove a distanza di 45 anni dall'esposizione, le persone che abitavano nei dintorni della cava continuavano ad ammalarsi e a morire fino a far diventare il villaggio una città fantasma.  Ma Borgo Ferrovia ora vuole vivere. Anche se la lotta contro i veleni non è ancora finita.  

La Spoon River dell'Irpinia
C'è un'altra morte sospetta legata alla fabbrica dei veleni su cui indaga la Procura di Avellino. Lui si chiamava Vito Cotrufo: fu ucciso nel 1987 da un tumore ai polmoni, l'Isochimica era ancora in piena attività. Sarebbe stata chiusa solo due anni dopo dal pretore di Firenze, Beniamino Deidda che indagava sui morti delle grandi officine toscane dove le carrozze ferroviarie tornavano dalla fabbrica irpina, ripulite male dall'amianto.

Nelle carte della Procura di Avellino ci sono poi i nomi dei decessi più recenti: Umberto De Fabrizio, Vittorio Matarazzo, Luigi Maiello, Alberto Olivieri e altri dodici ex lavoratori Isochimica, stroncati da malattie all'apparato respiratorio causate dall'amianto.

Parallela a queste si è consumata poi la tragedia di Pasquale Soricelli, che nel 2011 dopo aver scoperto di essere affetto da una grave malattia per le fibre killer si tolse la vita. Una targa da qualche anno ricorda il sacrificio di questi lavoratori davanti alla fabbrica.

Graziano: una storia di tangenti, calcio e veleni
Chissà se oggi il titolare dell'Isochimica, l'ormai 82enne Elio Graziano, che sconta da condannato ai domiciliari le sue pene nell'abitazione di contrada Scrofeta alla periferia di Avellino, pensa mai al disastro che ha lasciato alle sue spalle. "Ho sempre solo fatto del bene", ripete ancora oggi al suo avvocato, il penalista Alberico Villani. Tornerà un uomo libero solo il 19 ottobre del 2017, quando finirà il conto delle sentenze che l'hanno colpito per corruzione e omicidio colposo. Ma con lui la giustizia non ha ancora chiuso i conti.

Lo chiamavano "Papà Elio" perché lui, da presidente dell'Avellino ai tempi della serie A, elargiva con grande generosità, come un buon padre di famiglia, banconote da centomila lire a tifosi e operai che lo acclamavano. Era un imprenditore rampante Graziano, che dopo l'Isochimica aprì un altro stabilimento industriale a Fisciano (Salerno) per la produzione del detersivo "Dyal", marchio che sponsorizzava le magliette dell'Avellino. Anche nel piazzale di quella fabbrica sarebbe stato smaltito l'amianto.

Il patron arrivava allo stadio "Partenio" in elicottero prima delle partite e prometteva premi favolosi ai calciatori. Da presidente portò l'Avellino guidato in panchina da Luis Vinicio a sfiorare la qualificazione all'allora Coppa Uefa, lanciando campioni che avrebbero fatto le fortune della Juventus come Tacconi, Favero e Vignola. L'anno dopo, nel campionato '87-'88, ci fu però la retrocessione in B e l'esplosione dello scandalo delle "lenzuola d'oro", storia di mazzette pagate da Graziano ai vertici delle Ferrovie per le forniture di biancheria sui treni notturni. Vicenda che costò la poltrona all'allora presidente delle Fs Ludovico Ligato.

Per l'industriale iniziò così la parabola discendente che non è ancora finita. Perché c'è anche lui tra i 24 iscritti nel registro degli indagati nell'inchiesta della Procura sulla morte di quanti sono stati uccisi dall'amianto dell'Isochimica.

lunedì 26 maggio 2014

Condanne per i responsabili di 30 anni di morti da amianto all'Ilva Taranto

TARANTO - Ventisette condanne, una sola assoluzione di un ex dirigente dell'Italsider. Pene da 9 anni e mezzo a 4 anni. Risarcimenti e provvisionali per svariati milioni di euro. E' questo il verdetto della sentenza pronunciata questa mattina a mezzogiorno dal Tribunale di Taranto. Le pene più alte sono state inflitte agli ex manager della vecchia Italsider pubblica alla quale subentrò il gruppo Riva. Tra questi, Giovanbattista Spallanzani, condannato a 9 anni.

Il tribunale ha comminato sei anni di reclusione all'ex presidente dell'Ilva Fabio Riva e all'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, coinvolti anche nell'inchiesta per disastro ambientale che approda, il 19 maggio prossimo, all'udienza preliminare. Dichiarato il non doversi procedere nei confronti di Emilio Riva, morto lo scorso mese, per il quale il pm aveva chiesto la condanna a 4 anni e mezzo di carcere.

Il procedimento ha acceso i riflettori sulla morte di quindici lavoratori della grande fabbrica uccisi dal cancro provocato dall'esposizione alle fibre d'amianto.

Imputati i vertici aziendali dell'Italsider pubblica e dell'Ilva privata. L'unico assolto è un ex manager di nazionalità giapponese.

A fine febbraio il pubblico ministero, Raffaele Graziano, aveva avanzato le richieste di condanna per tutti gli imputati alla sbarra.

La sentenza di condanna dei padroni di Stato e privati all'Italsider-ILVA TARANTO non ci restituisce i morti e non deve attenuare denuncia e mobilitazione, nè bisogna nascondere come si è arrivati ad essa


La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul
territorio si unisce alla soddisfazione per la sentenza contro i padroni di Stato dell'italsider e RIVA  - ma naturalmente teme e denuncia il fatto che queste sentenze non abbiano poi seguito in esecuzione e risarcimenti nei successivi gradi di giudizio - vedi il rischio corso attualmente per la
sentenza Eternit di Torino.
Serve ancora e di più la mobilitazione dal basso di operai, familiari, cittadini


Rete nazionale
bastamortesullavoro@gmail.com




Lo slai cobas per il sindacato di classe di taranto a fronte della sentenza amianto - dice chiaro che molti di quelli che oggi salgono sul carro della sentenza - sindacati e alcune associazioni - quando gli operai morivano tacevano e nullafacevano.
Questa inchiesta nelle mani del giudice Pesiri - oggi morto - ottenne la
massima collaborazione e sostegno con atti concreti solo ed esclusivamente
dei coordinatori dello slai cobas per il sindacato di classe di taranto e del
responsabile dell'associazione familiari 12 giugno

Oggi la sentenza rende merito a questo lavoro - anche se questo viene
taciuto.

slai cobas per il sindacato di classe taranto
slai cobasta@gmail.com

lunedì 19 maggio 2014

Taranto morte e rabbia all'Ilva e ai Tamburi

Ilva- Tamburi un funerale di dolore e rabbia! 'siamo sempre ad applaudire uno di noi quando esce in una bara dalla chiesa, alla fine l'ultimo si batterà le mani da solo"
grande partecipazione rabbia, dolore e denuncia di operai, familiari e quartiere Tamburi al funerale di Nicola Carcante
 

parlano gli operai ILVA
'siamo sempre ad applaudire uno di noi quando esce in una bara dalla chiesa, alla fine l'ultimo si batterà le mani da solo"
"la verità ..è che alcuni di noi non hanno ancora fatto gli accertamenti perchè hanno paura di ricevere brutte notizie "
"alla visita annuale ..il medico ci ha fatto qualche palpazione, ci ha toccato il collo con le dita per sentire se avevamo dei noduli. secondo te questo è sufficiente?"
"la verità è che quell'officina prima era un deposito di bramme ed è stata riadattata per diventare un reparto carpenteria e, sopratutto si trova quindi tutte le emissioni degli impianti,quando c'è lo scirocco
arrivano da noi"


Ilva, folla ai funerali dell'operaio. Il parroco: "Siamo stati illusi"



Nicola Darcante, 39 anni, malato alla tiroide come altri suoi colleghi dello stesso reparto. Di tumore era morto anche il suocero ...... Centinaia di persone hanno ascoltato l'omelia di don Angelo, nella chiesa 'Gesù divin Lavoratore' del rione Tamburi di Taranto durante i funerali di Nicola Darcante, di 39 anni, operaio che lavorava nel reparto officina centrale di manutenzione-carpenteria dell'Ilva, morto giovedì notte per un carcinoma alla tiroide.  risurrezione. Anche il nostro quartiere deve risorgere".


Un altro operaio Ilva morto di tumore, ma per Bondi non c'è nulla da bonificare

L'altra notte è morto l'operaio dell'Ilva Nicola Darcante. Lavorava all'ex Pla1, l'officina dove almeno 13 sono ammalati di tumore. Aveva 39 anni.
Per questo operaio, come per Stefano Delliponti, gli operai avevano firmato per dare una parte del loro salario a Nicola per curarsi.
Ma come è successo per Stefano, anche per Nicola purtroppo la solidarietà operaianon è servita a farli continuare a vivere.
Ora altri 13 operai dello stesso reparto - quelli accertati... - rischiano di morire.
Nel rivolgere le condoglianze alla famiglia e ai compagni di lavoro, dobbiamo dire che purtroppo, per quanto lodevoli sono le iniziative, non è una grande raccolta di firme e soldi che può contrastare questo rischio.
All'Ilva continua, nonostante parole e promesse la morte, il pericolo di malattia, morte,e di infortuni.
A questo il rimedio è l'opposizione costante agli impianti e reparti nocivi, denunciareogni minimo rischio; pretendere dagli Enti che i controllori controllino, andarli a "strappare"dai loro comodi uffici; come andare a prendere e trascinare nei reparti quegli Rsu e Rls Ilvache col loro immobilismo (o, a volte, anche complicità) favoriscono lo stato di cose esistenti...
Che dire di fronte a questa altra vita strappata ai familiari del cinismo arrogante di Bondi e dei suoi legali
che hanno chiesto che Taranto non sia considerata zona da bonificare!?
Una cosa vergognosa! che appare logica da chi quando si è insediato ha dettoche la colpa dei tumori a Taranto sono le sigarette...!
Ma questi è l'amministratoredelegato di RIVA, divenuto per iniziativa del governo e del parlamento commissario governativo!
Abbiamo chiesto subito che Bondi non fosse insediato, abbiamo chiamato inutilmente operai e cittadini a protestare contro questo.
Bondi, sta usando i ricatti di cui è esperto, non per fare bonifiche - che dalle dichiarazioni dei suoi legali è evidente che non vuole fare perchè ritiene non necessario fare, ma per una ristrutturazione e ammodernamento con esuberi, per riconsegnare la fabbrica ai RIVA o altri padroni che continueranno a fare profitti sulla pelle dei lavoratori e della città!

Facciamo appello a una immediata mobilitazione della fabbrica e della città!
Facciamo sì una grande catena di solidarietà operaia, ma per unire tutti i reparti, per fermarsi!
E una catena che unisca fabbrica e città per imporre la tutela della vita, della salute e del lavoro

16.5.14
SLAI COBAS per il sindacato di classe Ilva - Taranto
v. Rintone, 22 Taranto - slaicobasta@gmail.com -
 3475301704 - T/F 0994792086

venerdì 9 maggio 2014

Ravenna la Rete a processo: “Da processare è la precarietà che uccide, non chi la combatte”.

Oggi si è tenuta la seconda udienza del processo a Ravenna contro la Rete con la testimonianza di un agente digos e quella di Casadio, legale rappresentante della Cooperativa portuale, già condannato per la morte sul lavoro dell'operaio Vertullo a un anno di reclusione, 30 giorni di arresto (che non ha mai fatto) e mille euro, ma il teste non si è presentato e non ha nemmeno ritenuto necessario fornire una giustificazione per l'assenza. Dopo solo tre quarti d'ora l'udienza era già finita.
Fuori il Tribunale il presidio della Rete con striscioni  “Basta morti sul lavoro” e “Da processare è la precarietà che uccide, non chi la combatte”, "Basta stragi sul lavoro, lavoriamo per vivere, non per
morire", quest'ultimo è stato portato anche a Roma in occasione del presidio davanti alla Cassazione
per la sentenza Thyssenkrupp.




I Tribunali dei padroni sono un terreno di lotta di classe per affermare il primato della vita degli operai contro il profitto che invece li uccide nei luoghi di lavoro, linea che stiamo tenendo nei processi a livello nazionale, dalla Thyssen, all'Eternit a quello che si aprirà a giugno a Taranto contro tutto il sistema Riva.
A Ravenna, tra le altre lotte, la Rete ha mantenuto i riflettori accesi sulla morte sul lavoro del giovane operaio Luca Vertullo, mandato a morire dall'agenzia interinale Intempo, schiacciato da un rimorchio al suo primo giorno di lavoro, denunciando un processo-farsa che non ha fatto giustizia, l'abbandono dei famigliari da parte delle istituzioni (il fratello di Luca è ancora disoccupato), la presenza all'interno del Porto di una agenzia della morte mentre, invece, si doveva creare una postazione fissa dell'ispettorato del lavoro, il ruolo dei confederali come nuovi caporali, i controlli inesistenti.
La strage dei 13 operai della Mecnavi al Porto nell'87 non ha proprio insegnato nulla: anzi, quello che era illegale, il caporalato, è diventato legale per legge! Invece che più sicurezza per gli operai è scattata la rappresaglia padronale contro la Rete!
Inoltre ogni governo non ha fatto altro che estendere e rafforzare la precarietà che espone sempre più
al rischio sicurezza.
Riportiamo stralci dal Bollettino della Rete n°3 che riporta gli interventi al Convegno nazionale della Rete contro la precarietà che uccide organizzato a Ravenna nel 2010:
"Luca era stato assunto da un'agenzia di lavoro interinale, l'Intempo, che ha la sua sede al Porto di
Ravenna. Intempo è partecipata al 51% dalla Comport, società che è stata fondata dalle Compagnie e delle imprese portuali più importanti d'Italia. Gli altri soci sono Meliorbanca (14%), il
Gruppo Gorla (10%) ed Obiettivo Lavoro (25%). Tra i membri del cda di Intempo anche Roberto Rubboli, presidente della Compagnia portuale, con lui tra gli altri anche Mario Sommariva, ex segretario nazionale della Filt Cgil . A Ravenna, invece, nella Intempo lavora l'ex segretario provinciale dello stesso sindacato. Dalla dichiarazione al processo di un sindacalista CGIL: i giovani neoassunti sono stati addestrati con metodi all’avanguardia in Italia. A MARGHERA è morto anche Dennis Zanon dell'Intempo.
Ci sembra veramente alta la responsabilità di questa agenzia interinale che, invece che essere chiusa per legge già dopo la morte di Luca, ha continuato e continua ad affittare lavoratori.
Prendiamo dall'articolo di Micromega (“Camalli a rischio vita”) a firma del giornalista Marco Preve,
uscito dopo la morte sul lavoro di Luca: «Vertullo», dice la direttrice dell'Intempo, Valori,
«aveva ricevuto una formazione adeguata.
L’investimento sulla sicurezza è anche uno dei principali input che provengono dalla parte di
proprietà che fa capo alla Compagnia». La direttrice di Intempo tiene poi a rimarcare che «per le norme che regolano la nostra attività, ahimè, noi non possiamo assumere alcuna responsabilità se non farci attestare dall’azienda che rispetta le norme di sicurezza. Come agenzia non possiamo essere responsabili di quanto avviene sulla sicurezza, lo dicono le leggi. La responsabilità non può che essere della società utilizzatrice, io devo verificare che esista un piano antinfortuni e me lo faccio mettere per iscritto, devo controllare che i lavoratori abbiano le dotazioni, ma poi non posso interferire».
Il fatto è che il cliente cui Intempo ha chiesto di poter verificare il rispetto delle norme è anche uno
dei suoi padroni: la Compagnia Portuale. Chi vende e chi compra la manodopera è la stessa persona. “Intempo nacque per sbarrare il passo alla possibile concorrenza delle cooperative”- dice Bruno Rossi del direttivo nazionale della Filt, uno dei leader della Compagnia Portuale di Genova. Un tempo si diceva che il portuale che non lavorava, che non era chiamato, veniva pagato "dalla merce", cioè dagli armatori che versavano un extra. Con la riforma però è cambiato tutto, e adesso questo costo è sostenuto dallo Stato attraverso la cassa integrazione. Ma è un meccanismo che blocca il turnover nelle Compagnie che, se assumono, come qualsiasi altra impresa rischiano di perdere il diritto agli ammortizzatori». La cura, secondo Rossi non può che essere radicale: «Cancellare le Compagnie. Adottare il modello spagnolo e del Nord Europa, con un albo dei lavoratori portuali, riuniti in sindacato, ma gestiti dall'Autorità portuale senza intermediazioni, senza, lo ripeto, il caporalato camuffato da interinale».
...Un morto sul lavoro e nessun colpevole?
Eppure dalle motivazioni della sentenza si deduce chiaramente la catena di comando e di responsabilità che hanno portato a quella morte. "Una cosa "assurda", dice un giovane collega di Luca che ha testimoniato al processo. Assurdo significa del tutto incomprensibile, in realtà una spiegazione, purtroppo, esiste -riprendendo la sentenza del GUP e la requisitoria del PM-:
" la vera e principale causa dell'evento mortale in esame è riferibile a regole economiche non scritte, ma pur cogenti, che costringevano (e purtroppo costringono) i portuali a lavorare con ritmi velocissimi (da qui il soprannumero degli operai, la contemporanea gestione di due incarichi, la velocità di esecuzione, l'omessa verifica dei carichi o il mancato rispetto delle regole cautelari). Sono tuttavia proprio l'imprudenza e lo scarso rispetto di regole generati da tale ottica meramente intesa a
un aumento di produttività ad assumere rilievo penale, laddove la situazione, oggettivamente molto pericolosa e prevedibilmente rischiosa, avrebbe imposto sia un maggiore controllo e più precise
disposizioni concrete...mandare 9 stivatori, di cui 4 al primo giorno di lavoro in quel luogo, comportava una ridotta capacità di controllo delle disposizioni di sicurezza che
per contro dovevano essere ben più attentamente e scrupolosamente applicate".
In altri termini: quando la logica del profitto annienta la vita umana. In senso tecnico-giuridico
luca e' stato ucciso.

Nelle motivazioni dell'ultima sentenza: “su questo evento hanno inciso condotte umane gravemente colpose, ascrivibili a diversi soggetti”.
Questa è la situazione che ha determinato l’ultimo omicidio bianco! L’orribile omicidio bianco rivela
che per i padroni del Porto la sicurezza è un ostacolo a finire il lavoro nei tempi richiesti.....
La lotta continua e verranno realizzate nuove iniziative per fare noi un vero processo popolare ai padroni assassini.
L'udienza sarà aggiornata al 26 settembre alle 11.


Rete nazionale sicurezza sul lavoro e nei territori-nodo di Ravenna

sabato 3 maggio 2014

Matera: manifestazione studentesca, "STORIE DI LAVORO E DI MORTE – DIALOGHI D’AMIANTO"”

WORLD DAY AMYANT 2014

Sabato 3 maggio alle ore 18,30 – in piazza Vittorio Veneto a Matera
Si terrà la manifestazione con gli studenti delle Scuole Medie Superiori


“STORIE DI LAVORO E DI MORTE – DIALOGHI D’AMIANTO”





In occasione della IX Giornata Mondiale delle vittime dell’amianto, la Sezione Val Basento – Basilicata dell'A.I.E.A. - Associazione Italiana Esposti Amianto in collaborazione con il Circolo di Matera di Legambiente, il comitato “No Inceneritore Matera - Mento sul cemento”, “Profumo di svolta” e con la partecipazione degli studenti della Scuola secondaria di secondo grado della Provincia di Matera, organizza la manifestazione “STORIE DI LAVORO E DI MORTE – DIALOGHI D’AMIANTO”.


L’iniziativa che ha ottenuto il gratuito patrocinio della Regione Basilicata, della Provincia di Matera, dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Matera si svolgerà con la partecipazione degli studenti dei Licei e degli Istituti tecnico – professionali della provincia di Matera.


La manifestazione, “STORIE DI LAVORO E DI MORTE – DIALOGHI D’AMIANTO”, si pone l’obiettivo di offrire una maggiore consapevolezza dei danni arrecati al Territorio  regionale dalle sostanze tossiche, nocive e cancerogene come le fibre Killer dell’amianto.


In piazza Vittorio Veneto, sabato 3 maggio 2014 alle ore 18,30 a Matera, gli studenti porteranno all’attenzione della cittadinanza presente, rappresentando in forma scenica, le storie di alcuni lavoratori dell’area industriale della Val Basento che sono deceduti a seguito dell’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro. Saranno altresì rese note le storie delle consorti e dei figli di questi lavoratori, ammalatisi di cancro o deceduti anch’essi per esposizione indiretta all’amianto.


La manifestazione in memoria delle Vittime dell’amianto e che vuole offrire sostegno morale ai loro familiari, vuole essere un momento costruttivo e di dialogo per diffondere informazioni sulla pericolosità della presenza dell’amianto nell’ambiente.


All’iniziativa è legato un concorso destinato agli studenti della Scuola secondaria di secondo grado della provincia di Matera, che prevede l’assegnazione di due premi in buoni acquisto (che potranno essere spesi per l’acquisto di libri, articoli sportivi, o anche in negozi specializzati di musica ed arte): il primo premio consiste in un buono acquisto da 250 euro e il secondo consiste in un buono acquisto da 150 euro.


Il bando del concorso e il modulo di adesione, si possono scaricare sia dal sito di AIEA VBA che dal sito AIEA nazionale:


http://www.associazioneespostiamiantovalbasento.it/

http://www.associazioneitalianaespostiamianto.org/


Sabato 3 maggio
alle ore 18,30 – in piazza Vittorio Veneto


Vi attendiamo per testimoniare la vicinanza nostra e della Scuola alle famiglie delle vittime dell’amianto

mario

mercoledì 30 aprile 2014

1 Maggio con il lutto al braccio

http://cadutisullavoro.blogspot.it/
Dall'inizio dell'anno sono morti 176 lavoratori sui luoghi di lavoro e oltre 350 se si aggiungono i lavoratori morti sulle strade e in itinere. Oggi 28 aprile siamo a +16% di morti sui luoghi di lavoro in più rispetto allo stesso giorno del 2013

Noi il 1° maggio porteremo il lutto al braccio contro le morti sul lavoro


martedì 29 aprile 2014

La Rete-nodo di Milano a Sesto S.Giovanni



Comunicato
La Rete Nazionale per la Sicurezza e Salute sui posti di Lavoro e Territorio Nodo/Milano alla Manifestazione di Sesto San Giovanni contro le Vittime d’Amianto, indetta dal Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e Territorio, a sostegno di questa battaglia e ribadire le proposte emerse dall’infame sentenza della Cassazione sulla Strage della ThyssenKrupp.
Come ogni anno ieri si è svolta la manifestazione in occasione della Giornata Mondiale, 28 aprile, Vittime Amianto, che quest’anno è la prima di una tre giorni che prosegue oggi con una notte bianca sotto la sede della Regione Lombardia e si concluderà lunedì sempre sotto la sede regionale.
A precedere la manifestazione vi è stata in mattinata un intervento di un rappresentante del Comitato di Sesto davanti la Scala di Milano dove vi era un presidio/sciopero dei lavoratori dello spettacolo, indetto dalla CUB,  per denunciare la presenza e i danni dell’amianto presenti nel teatro milanese. Una delegazione dei lavoratori del teatro, militanti della Banda degl’Ottoni, ha partecipato al corteo suonando canzoni di lotta dall’Internazionale a Bella Ciao passando per Malarazza, dando un impronta di Classe Resistenza e Lotta.
Il corteo partito dal CIP “Tagarelli” ha percorso le vie della ex Stalingrado d’Italia per raggiungere il Monumento dedicato a tutte le vittime dell’amianto. Tante le presenze di associazioni, operai e familiari vittime amianto: dagli organizzatori all’AIEA di Paderno Dugnano; dal Comitato di Broni all’Osservatorio esposti Amianto; dagli operai della Breda Fucine alla Falk, tutti quanti a testimoniare e denunciare la strage continua causata dalla sete di profitto capitalista, che miete 4000 persone l’anno –da operai alle loro mogli che lavavano le tute, a tutta la popolazione che è stata “beneficiata” dalla dispersione della polvere d’amianto-.
Ma con la loro presenza, dalla delegazione della Rete al Comitato Operai e Familiari Vittime Eureco e l’Associazione 29 Giugno di Viareggio, hanno posto una visione più generale su salute e sicurezza, dicendo che se è necessario squarciare il velo di silenzio sulla strage silenziosa dell’amianto, la logica assassina dei padroni colpisce a 360° e quindi la Battaglia è Una sola.
Il corteo giunto al monumento ha osservato un minuto di silenzio per i nostri morti –Eroi loro malgrado del Popolo e del Proletariato, e sulle note di Bella Ciao ha rilanciato la parola d’ordine di una nuova Resistenza.
Tornati da dove era partito, il corteo si è concluso con un’assemblea popolare, dove si sono posti una serie di proposte e denunce: 1) la necessità di unire le varie lotte dei comitati per una più incisiva azione; 2) sostegno ai familiari lasciati da soli dalla politica e dalle istituzioni e dai sindacati confederali; 3) la denuncia e indignazione per il verdetto della Cassazione sulla Thyssen; 4) l’impunità e la promozione per i dirigenti, come nel caso di Moretti e della Marcegaglia; 4) l’infame situazione a cui sono costretti gli operai scampati al rogo dell’Eureco, che sono senza lavoro e sfrattati, mentre il criminale Merlino è libero e sotto altra veste continua a fare quello che ha sempre fatto –arrichhirsi sulla pelle e il sangue degli operai-; 5) la fine dell’impunità di questi assassini e l’istituzione del reato di “crimine contro l’umanità” –visto che le cifre di questa strage sono cifre di una guerra-.
Nelle conclusione è emersa forte la prospettiva che per avere Giustizia per gli operai, le loro famiglie, per la popolazione, per i giovani è l’abbattimento di questo sistema.
Come Rete condividiamo quete proposte, ma come abbiamo ribadito nel nostro intervento, questo va costruito da subito portando nelle varie iniziative o presidi a venire, a partire dal processo a Riva, un assedio a chi calpesta i nostri diritti dentro e fuori i tribunali. Sottolineamo anche un pensiero che, oltre la rabbia,  arroventa le menti di alcuni familiari, che abbiamo sentito a Roma il 24 e anche ieri: “ma per avere giustizia, forse dobbiamo sparagli a questi padroni”. Forse la risposta potrebbe venire da una canzone di Pietrangeli degli anni 70 –Mio caro padrone domani…..”.

Rete Sicurezza e Salute sui Posti di Lavoro e Territorio, Nodo/Milano
27-04-2014

Thyssenkrupp: la Rete e gli altri



Noi non dimentichiamo!

Non accettiamo colpi di spugna! Nessuna impunità per i padroni assassini
della Thyssenkrupp!

Con queste parole gridate al microfono di fronte alla Cassazione di Piazza
Cavour a Roma, si è aperto stamattina il presidio indetto in occasione della
sentenza del processo Thyssenkrupp.

Un presidio indetto dalla Rete Nazionale per la sicurezza e la salute sui
posti di lavoro e territori che ha raccolto l'appello di familiari e operai
della Thyssen, portando delegazionialtre delegazioni da Taranto, Milano,
Ravenna, L'Aquila. e del comitato 5 aprile di Roma,  Erano presenti
delegazioni di associazioni di familiari e altri comitati di vittime da
lavoro e nocività venute da Torino, Casale Monferrato, Viareggio, Taranto,
organizzazioni sindacali di base, USB, SLAI COBAS per il sindacato di
classe, USI, della Cgil di Torino, e l'Associazione Esposti Amianto.

Udienza dopo udienza, la Rete ha seguito questa udienza come tutto lo
svolgimento dei processi come parte della guerra di classe tra operai e
padroni, presenziando e dando sistematica controinformazione delle varie
udienze in primo grado e in appello, organizzato manifestazioni e presidi.

La mobilitazione permanente ai processi aveva portato a ottenere una
condanna senza precedenti, fino ad oggi, per i responsabili della strage dei
sette operai bruciati vivi nell'incendio alla linea 5 dello stabilimento
Thyssenkrupp di Torino il 7 dicembre 2007. Senza precedenti era stata anche
l'imputazione per padroni e dirigenti della fabbrica, omicidio volontario,
per la deliberata e dolosa inosservanza delle procedure e norme di sicurezza
in uno stabilimento che ormai avevano già deciso chiudere e che è costata la
vita degli operai.

L'imputazione però era poi stata derubricata in appello a omicidio colposo,
con sensibile riduzione delle pene. Oggi la Cassazione  si è pronunciata sui
ricorsi sia della procura di Torino che della difesa.  e si è pronunciata
come peggio non poteva
checchè se ne dice ha ridemensionato le risultanze effettive del processo di
primo grado e ha riportato il processo ai processi ordinari che non hanno
mai realmente punito i padroni assassini per i loro crimini I padroni
assassini della Thissenkrupp non pagheranno realmente per le loro colpe
Le parole di rabbia e proteste dei familiari  -anche verso le infami
deformazioni e provocazioni degli avvocati dei padroni - il quotidiano on
line La Repubblica preoccupato di finire in galera e non potere così vedere
crescere la propria nipotina!-sono ben giustificate, non altrettanto le loro
speranze stante i tempi della giustizia, la natura della giustizia borghese.
Così le parole del procuratore Guariniello sono solo purtroppo di continuità
di un impegno giudiziario ma che non porterà alle effettive condanne che il
processo richiedeva.
Ora - senza se e senza ma - si deve levare alta la protesta - la rete
nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio
farà la sua parte come referente  collettivo, unitario e trasversale di
questa battaglia, - ma dobbiamo rilevare che siamo i soli a farla
coerentemente -  sindacati confederali da sempre con i padroni non si sono
mai impegnati realmente in questo e le bandiere della CGILpresenti al
presidio avrebbero innanzitutto da familiari e associazioni essere tolte e
respinte al mittente -ma anche i sindacati di base fanno poco - i familiari
e associazioni realmente impegnate da torino a viareggio, eureco ecc, sono
sempre lasciate sole nella lotta , ma ci mettono anche troppi formalismi e
troppo autorappresentatività, utile nella denuncia ma non a cambiare le cose
e il tipo di mobilitazione.
Ci vuole una più ampia mobilitazione di massa, ma  anche chiarezza!
Non accettare che i tribunali siano solo  testimonianza di presidi piccoli e
rispettosi delle regole
I padroni assassini hanno calpestato tutte le regole e hanno fatto morti e
stragi, oltre che disastri ambientali e non hanno pagato niente finora.
Questo non va accettato e vanno costruite altri tipi di mobilitazione e
azioni. Così come tutti devono far propria la prospettiva della Rete che non
lavora solo per processi e leggi più giuste, ma per una rivoluzione di massa
politica e sociale che metta fine al sistema che afferma il primato del
profitto sulla vita degli operai e delle popolazioni.
Al presidio sono stati annunciati i prossimi passi della lotta  della RETE
contro i padroni assassini. Primi fra tutti una nuova mobilitazione speriamo
più ampia ma anche più aggressiva alla Cassazione per la prossima pronuncia
della Cassazione per il processo Eternit, già calendarizzata in maggio, e,
ancora più importante, la campagna contro il processo a padron RIVA che
inizia a Taranto il prossimo 19 giugno, che prevede anche la  costituzione
di operai lavoratori del cimitero e cittadini dei tamburi autorganizzati
pcome di parte civile al processo
Su questo c'è da registrare l'interesse a prendere parte in qualche modo
alla mobilitazione di alcuni familiari degli operai Thyssen e
dell'associazione
esposti amianto di Casale Monferrato.

info e adesioni
rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul
territorio
bastamortesullavoro@gmail
347-102638

mercoledì 9 aprile 2014

Comunicato Comitato 5 Aprile di Roma per presidio a piazza cavour il 24 aprile ore 10 sentenza cassazione Thyssenkrupp

Comitato 5 Aprile di Roma – nodo locale della RETE nazionale salute e sicurezza sul lavoro e sui territori

Riferimento
Comitato 5 aprile circolotlc@hotmail.com, usicons.roma@gmail.com, sede presso Associazione Usicons onlus Largo G. Veratti 25 Roma fax 06 77201444
Email riferimento RETE NAZIONALE bastamortesullavoro@gmail.com,
sito bastamortesullavoro@domeus.it

Roma, 9 aprile 2014

Comunicato
radio stampa – per pubblicazione, diffusione e divulgazione, grazie


24 APRILE DALLE ORE 10, A ROMA PRESIDIO A PIAZZA CAVOUR
(davanti alla Corte di Cassazione) IN CONCOMITANZA CON LA SENTENZA SUL CASO
THYSSENKRUPP, promosso da RETE NAZIONALE SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E SUI
TERRITORI, dal COMITATO 5 APRILE di Roma e da ex lavoratori Thyssenkrupp.
APPELLO A DELEGATI-E DI POSTO DI LAVORO, RLS,
ASSOCIAZIONI DI GIURISTI, ASSOCIAZIONI E ORGANIZZAZIONI SINDACALI, FORZE
POLITICHE E MOVIMENTI DI LOTTA A PARTECIPARE AL PRESIDIO - ASSEMBLEA E A
SOSTENERE LE MOBILITAZIONI SU SALUTE E SICUREZZA.


Noi non dimentichiamo nulla, giustizia per le vittime della strage operaia della Thyssenkrupp di Torino e le loro famiglie.


Il Comitato 5 Aprile di Roma, nodo locale della Rete nazionale per la salute e la sicurezza sui posti di lavoro e sui territori, fa propria la necessità di un momento di presenza con un presidio pubblico, con riunione e “microfono aperto” per interventi e testimonianze, in occasione della sentenza della Corte di Cassazione sul caso della strage operaia con 7 morti della Thyssen di Torino, soprattutto per segnalare il forte rischio di un “colpo di spugna” degli neffetti della sentenza di primo grado, già ridotta in appello, che potrebbe portare a conclusioni di parziale impunità per i reali responsabili di questa ennesima e grave strage sul lavoro e del lavoro

Il Comitato 5 aprile e la stessa Rete nazionale sostengono e fanno proprie gli appelli alla MOBILITAZIONE IL 24 APRILE A ROMA, lanciato dal comitato ex lavoratori della Thyssenkrupp, che in molte occasioni assieme all’Associazione “Legami d’Acciaio” dei familiari  della strage di Torino, hanno fermamente denunciato che in caso di ulteriore riduzione dei capi di imputazione nei gradi di merito di giudizio e di sentenza favorevole in Cassazione agli imputati, si creerebbe un pessimo precedente non solo giudiziario, ma un rischio per altre sentenze rilevanti, come quella sempre in Cassazione sul caso ETERNIT di Casale Monferrato o come nei processi in corso per la strage ferroviaria di VIAREGGIO o dell’ILVA di TARANTO…


PRETENDIAMO VERITA’ E GIUSTIZIA ANCHE NEI PROCESSI, NESSUNA IMPUNITA’ PER I PADRONI ASSASSINI e chi protegge il profitto, sulla pelle di chi lavora e sulle loro famiglie.


La Rete nazionale e il Comitato 5 Aprile di Roma, continuano a battersi per ottenere la piena applicazione di tutte le disposizioni di tutela della salute e della sicurezza sui posti di lavoro e sui territori “inquinati”, per la corretta applicazione delle disposizioni comunitarie di miglior favore rispetto alle tante e troppe deroghe e modifiche in materia, con lo svuotamento progressivo del decreto legislativo 81 del 2008 nei suoi effetti sostanziali di tutela e di deterrente da condotte e atti di inadempienza dei datori di lavoro pubblici e privati, per potenziare le agibilità, funzioni e ruolo dei rappresentanti dei lavoratori (e delle lavoratrici) per la sicurezza RLS, la cui attività è sempre più limitata e circoscritta rispetto
alla sua funzione originaria.


Il comitato 5 Aprile, esprime la sua piena solidarietà ai ferrovieri oggetto di continue contestazioni e sanzioni disciplinari (Testa, Dante de Angelis tra i casi più eclatanti), ai licenziamenti effettuati dalle Ferrovie (Riccardo Antonini, Sandro Giuliani), la Rete nazionale prosegue la sua attività di informazione e segnalazione sulla IN-SICUREZZA NELLE SCUOLE e nei posti di lavoro, anche a seguito delle altre
2 morti sul lavoro a Molfetta e a Ravenna dei giorni scorsi.

Marcegaglia - padroni assassini, sindacati confederali complici! Dalla Rete di Ravenna


ANCORA UN OPERAIO MORTO SUL LAVORO ALLA MARCEGAGLIA

Ennesimo infortunio mortale nello stabilimento Marcegaglia in cui e’ morto sul lavoro, schiacciato da un coils, l’operaio Lorenzo Petronici dalla cooperativa di facchinaggio Co.Fa.Ri.
Ci stringiamo al dolore della sua famiglia e vogliamo giustizia.
Le morti sul lavoro non sono una tragica fatalità. La morte di Lorenzo è stata preannunciata dagli ultimi infortuni che si sono verificati nello stabilimento negli ultimi giorni. I continui infortuni sono dovuti dal continuo ricorso di appalti al ribasso, dove per poter sfruttare e fare profitti, le aziende appaltanti non si fanno scrupolo delle condizioni in cui gli operai sono costretti a lavorare.
Da anni come SLAI COBAS per il sindacato di classe chiediamo l'istituzione di presidi permanenti dell'Ispettorato del lavoro, sia in questa fabbrica che al Porto.
Non abbiamo bisogno delle lacrime di coccodrillo dei politicanti istituzionali di turno e dei sindacati che hanno cogestito lo sfruttamento in questa fabbrica, sempre “vicini” nelle disgrazie alle famiglie e ai colleghi delle vittime, ma sempre più coesi e ben pronti a difendere gli interessi padronali con le deregolamentazioni ed il precariato “per legge”, gli accordi al massimo ribasso.
Il pacchetto Treu, la legge Biagi, il jobs act renziano hanno dato come risultato più precarietà e più morti sul lavoro. Tutto ciò è avvenuto nell'arco degli ultimi anni, e l'unica certezza che abbiamo è che i luoghi di lavoro sono più insicuri.
A TUTTO QUESTO DICIAMO BASTA

CHIEDIAMO
Istituzione delle postazioni fisse dell'ispettorato del lavoro
Elezione degli rls svincolata dai mandati sindacali confederali
L'abolizione totale degli appalti al ribasso
Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e territorio 
nodo di Ravenna

Ancora morti operaie per gli stadi in Brasile




un altro operaio , che lavorava all'installazione delle tribune provvisorie dello stadio di Itaquerao di San paolo è morto dopo essere caduto da una altezza di 10 metri.
E' l'ottava vittima 'ufficiale' tra gli operai dei cantieri mondiali in Brasile 

Si sviluppa una forte protesta anche su questo
La rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio - in contatto con i compagni brasiliani della LIGA OPERARIA - stà approntando una iniziativa a roma anche su questo

info bastamortesullavoro@gmail.com

Giustizia per gli operai della Thyssenkrupp- Presidio in Cassazione a Roma il 24 aprile


Alla Marcegaglia di Ravenna, operaio muore travolto da un coil - padroni assassini!


Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e territorio -nodo di ravenna

Tragedia nella notte alla Marcegaglia, operaio muore travolto da un coil


La tragedia si è consumata intorno alle 3. Soccorso dai sanitari del "118", intervenuti con un'ambulanza e l'auto col medico a bordo, è stato rianimatoa lungo sul posto ...
manifestazione degli operai

Dramma nel cuore della nottata tra lunedì e martedì allo stabilimento della Marcegaglia di via Baiona, a Ravenna. Lorenzo Petronici, un operaio di 58 anni dell'impresa di facchinaggio Cofari ha perso la vita dopo esser travolto da un coil. La tragedia si è consumata intorno alle 3. Soccorso dai sanitari del "118", intervenuti con un'ambulanza e l'auto col medico a bordo, è stato rianimato a lungo sul posto. Ma il cuore del paziente si è spento durante la disperata corsa all'ospedale.

La dinamica dell'incidente mortale è al vaglio alla Polizia, che ha proceduto ai rilievi di legge. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la vittima stava movimentando i coils con il carroponte. Improvvisamente uno di questi l'ha colpito in pieno, scaraventandolo con violenza per terra.
Nell'impatto il sessantenne ha riportato numerosi traumi, che si sono rivelati poi mortali. La vittima, che lascia la moglie e due figli, tra un anno sarebbe dovuta andare in pensione. Petronici da anni lavorava per la Cofari e operava da oltre dieci anni all'interno della Marcegaglia. Viene ricordato come "operatore esperto ed attento nello svolgimento della propria mansione".
 "Nella nostra Regione nonostante i proclami trionfalistici della classe politica di governo, in materia di sicurezza sul lavoro non facciamo grandi progressi, anzi. Soltanto nei primi tre mesi del 2014, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, il numero delle morti bianche in Italia ha registrato un aumento del 25%, come riportano i dati raccolti dall'Osservatorio indipendente di Bologna. In Emilia-Romagna siamo già a quota 10 morti sul lavoro dall'inizio dell'anno".
......Tra venti giorni, il 28 aprile, è in programma la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul
lavoro. Sono certo che assisteremmo anche quest'anno ai soliti toni trionfalistici da parte della Giunta"."Spero che almeno questa volta  - conclude Favia - qualcuno in Regione rifletta e prenda in seria considerazione i dati dell'Osservatorio indipendente di Bologna, una voce indipendente che riesce ad elaborare statistiche in tempo praticamente reale sugli incidenti e sulle morti sul lavoro, mentre la Regio ne, nonostante l'imponente piattaforma informatica e statistica, dispone solo di dati a distanza di un anno".


Tragedia nella notte alla Marcegaglia, operaio muore travolto da un coil

La tragedia si è consumata intorno alle 3. Soccorso dai sanitari del "118",
intervenuti con un'ambulanza e l'auto col medico a bordo, è stato rianimato
a lungo sul posto
Redazione 8 aprile 2014

Dramma alla Marcegaglia, manifestazione degli operai: Fiom chiede
maggiore sicurezza

Dramma nel cuore della nottata tra lunedì e martedì allo stabilimento della
Marcegaglia di via Baiona, a Ravenna. Lorenzo Petronici, un operaio di 58
anni dell'impresa di facchinaggio Cofari ha perso la vita dopo esser
travolto da un coil. La tragedia si è consumata intorno alle 3. Soccorso dai
sanitari del "118", intervenuti con un'ambulanza e l'auto col medico a
bordo, è stato rianimato a lungo sul posto. Ma il cuore del paziente si è
spento durante la disperata corsa all'ospedale.

La dinamica dell'incidente mortale è al vaglio alla Polizia, che ha
proceduto ai rilievi di legge. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la
vittima stava movimentando i coils con il carroponte. Improvvisamente uno di
questi l'ha colpito in pieno, scaraventandolo con violenza per terra.
Nell'impatto il sessantenne ha riportato numerosi traumi, che si sono
rivelati poi mortali. La vittima, che lascia la moglie e due figli, tra un
anno sarebbe dovuta andare in pensione. Petronici da anni lavorava per la
Cofari e operava da oltre dieci anni all'interno della Marcegaglia. Viene
ricordato come "operatore esperto ed attento nello svolgimento della propria
mansione".

MATTEUCCI - "Esprimo il dolore di tutta la comunità ravennate per la
tragedia - afferma il sindaco, Fabrizio Matteucci -. I nostri pensieri e la
solidarietà di tutti i ravennati sono rivolti alla famiglia colpita da un
lutto cosi terribile. Chi ne ha la competenza è chiamato a fare luce sulla
dinamica della tragedia. Anche questo nuovo lutto ci impone l'imperativo di
un impegno costante, crescente e corale sulla sicurezza del lavoro, a tutela
delle persone, a tutela della loro vita e della loro salute. Regole,
controlli, formazione e cultura della sicurezza sono i quattro punti
cardinali di un impegno che non consente nessuna tregua".

CASADIO - Il presidente della Provincia di Ravenna, Claudio Casadio, ha
inviato un telegramma di condoglianze e vicinanza alla famiglia
dell'operaio: "Ogni volta che accade un incidente così tragico, di cui chi
di dovere indagherà per ricostruirne la dinamica - dichiara Casadio - il
primo pensiero va ai familiari e ai colleghi delle persone coinvolte, di cui
comprendiamo e condividiamo i sentimenti di sgomento e incredulità. A loro
voglio esprimere tutta la mia vicinanza e solidarietà umana e ribadire
l'impegno delle istituzioni locali, insieme a tutti gli altri enti preposti
alla sicurezza sul lavoro, alla continua vigilanza per il rispetto delle
norme a tutela dei lavoratori, affinché nessuno debba patire un calvario
come quello dei familiari di Petronici".

AUTORITA' PORTUALE - "In attesa che le autorità competenti chiariscano la
dinamica dei fatti che sono costati la vita a Lorenzo Petronici non posso -
dichiara il Presidente dell'Autorità Portuale di Ravenna, Galliano Di
Marco - che esprimere la mia sincera vicinanza a tutta la famiglia di questa
persona, alla moglie ed ai figli di un lavoratore che, mentre svolgeva il
suo lavoro, oggi ha perso la vita. Le indagini, in corso, diranno cosa è
accaduto ma in questo momento mi preme sottolineare la volontà e la
necessità di rafforzare, sempre e con ogni mezzo possibile, tutte le azioni
ed i procedimenti finalizzati ad innalzare strutturalmente i livelli di
sicurezza del lavoro attraverso la formazione, l'informazione, la
prevenzione, l'organizzazione ed il controllo".

FIAMMENGHI - "Alla famiglia del lavoratore morto questa notte alla
Marcegaglia - afferma il consigliere regionale PD, Miro Fiammenghi - va
tutta la mia vicinanza in un momento di così profondo dolore. Nulla
giustifica la perdita di una vita umana Per questo ribadisco ancora una
volta, che la sicurezza sui luoghi di lavoro deve essere una priorità.
Neanche un mese fa abbiamo ricordato la tragedia della Mecnavi. Quel ricordo
ci deve accompagnare ogni giorno, affinché non si abbassi mai la guarda
rispetto alla sicurezza. Investire in sicurezza deve essere una priorità. E
dobbiamo ribadirlo ancora una volta con forza. Per questo motivo sono a
fianco dei lavoratori e dei sindacati che manifestano rivendicando maggiori
tutele".

PD - Anche Michele de Pascale e Gianandrea Baroncini hanno espresso il
cordoglio di tutto il Partito Democratico. "Gli infortuni e le morti sul
lavoro - hanno dichiarato il segretario provinciale e il segretario comunale
del PD - rappresentano una tragica e insopportabile realtà. Anche se non
esistono parole che possono alleviare il dolore dei familiari e dei colleghi
di lavoro, riteniamo doveroso, anche in questi momenti così drammatici in
cui prevale lo sconcerto per la tragica perdita di una vita umana,
manifestare la nostra solidarietà"

Sono giunte anche dall'onorevole Alberto Pagani le condoglianze alla
famiglia dell'operaio. " E' una tragedia terribile che ci richiama al
massimo impegno nella difesa della sicurezza sul lavoro. Dobbiamo respingere
con forza la logica della assuefazione agli incidenti e alle morti sul
lavoro come elemento fisiologico. Alla sua famiglia e ai suoi cari - ha
affermato Pagani - esprimo il mio profondo cordoglio. Le parole ora non
devono rimanere pura retorica ma lasciare spazio a riflessioni serie ed
approfondite sull'efficacia dei sistemi che devono garantire sicurezza."

PRI - Il PRI di Ravenna, attraverso il segretario Eugenio Fusignani,
"esprime cordoglio per il tragico incidente sul lavoro. Al di là della
dinamica che lascia aperte ipotesi riconducibili ad un errore umano o ad un
malore, quello che colpisce è che ancora una volta il lavoro, che per sua
natura dovrebbe essere fonte di vita, troppo spesso diviene fonte di
tragedia. Quello della sicurezza sul lavoro resta un tema drammaticamente
sempre presente e nei confronti del quale non bisogna mai abbassare la
guardia. Auspico che le autorità competenti riescano quanto prima a far luce
su questo dramma. Il pensiero mio personale e quello di tutti i repubblicani
ravennati va alla famiglia così duramente colpita e alla quale va tutto il
nostro più profondo cordoglio".

FAVIA - Sulla vicenda sono arrivate le condoglianze anche del consigliere
regionale indipendente Giovanni Favia: "Ogni incidente sul lavoro, ogni
morte bianca, rappresenta una sconfitta per tutti i soggetti impegnati a
prevenire, a controllare e diffondere la cultura della sicurezza sui luoghi
di lavoro". "Nella nostra Regione - spiega Favia - nonostante i proclami
trionfalistici della classe politica di governo, in materia di sicurezza sul
lavoro non facciamo grandi progressi, anzi. Soltanto nei primi tre mesi del
2014, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, il numero delle morti
bianche in Italia ha registrato un aumento del 25%, come riportano i dati
raccolti dall'Osservatorio indipendente di Bologna. In Emilia-Romagna siamo
già a quota 10 morti sul lavoro dall'inizio dell'anno".

"Sono ormai anni che mi batto affinché la Regione prenda coscienza di questo
trend negativo e che decida seriamente di mettere in campo azioni,
strategie, provvedimenti che possano in qualche modo limitarlo - aggiunge il
consigliere regionale -. Quella stessa Regione che dal 2010 risponde
costantemente ai miei appelli con toni rassicuranti che non corrispondono
però mai alla realtà con la quale ci confrontiamo. Tra venti giorni, il 28
aprile, è in programma la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul
lavoro. Sono certo che assisteremmo anche quest'anno ai soliti toni
trionfalistici da parte della Giunta".

"Spero che almeno questa volta  - conclude Favia - qualcuno in Regione
rifletta e prenda in seria considerazione i dati dell'Osservatorio
indipendente di Bologna, una voce indipendente che riesce ad elaborare
statistiche in tempo praticamente reale sugli incidenti e sulle morti sul
lavoro, mentre la Regio ne, nonostante l'imponente piattaforma informatica e
statistica, dispone solo di dati a distanza di un anno".

A Molfetta ancora morte nelle cisterne assassine dopo la strage della Truck center... le cui responsabilità tenute al riparo erano di una catena che faceva capo all'ENI di Taranto.. per questa chi sono i veri responsabili?

Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio  Taranto-Puglia

Molfetta due morti come nella strage del 3 marzo 2008 alla Truck center


Incidenti sul lavoro: padre e figlio morti a Molfetta, pulivano una cisterna Due operai sono morti stamane, probabilmente annegati, all'interno di una vasca per la raccolta dei liquami in Puglia. Una terza persona, fratello e figlio delle vittime, è ricoverata in ospedale.
Le vittime sono Nicola Rizzi, di 50 anni, e suo figlio Vincenzo, di 28. Un secondo fratello, Alessio, 21 anni, è sopravvissuto ed è ora ricoverato a
Corato con riserva di prognosi.

Stando ad una prima ricostruzione dei fatti i tre, titolari della ditta 'Ecologia Rizzi' di Bitonto (Bari) dovevano svuotare con il loro camion-autospurgo un tombino per la raccolta della acque reflue dell'azienda
ittica 'Di Dio' in via Olivetti nella zona industriale di Molfetta. Alessio ha sollevato il coperchio del tombino che è precipitato all'interno della cisterna sottostante profonda circa tre metri. Nel tentativo di recuperare
il pesante coperchio Alessio è caduto nella cisterna. Il padre, per tirare fuori il figlio è quindi caduto a sua volta, e così anche Vincenzo nel disperato tentativo di salvare il padre e il fratello. Nicola e Vincenzo
Rizzi - stando a questa ricostruzione al vaglio dei carabinieri - sono probabilmente morti per annegamento, mentre Alessio è riuscito ad uscire dal tombino e si è quindi salvato.
Il sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio, ha proclamato il lutto cittadino per la morte dei due operai.  "Ci sentiamo addosso l'orrore della TruckCenter - ha detto - sgomento, senso di ingiustizia, fragilita'".

L'incidente ricorda - come sottolineato dalla Natalicchio - un altro infortunio mortale avvenuto sempre a Molfetta sei anni fa. Era il tre marzo 2008 quando cinque operai dell'azienda "Truck center" morirono soffocatidall'acido solfidrico che inalarono all'interno di una cisterna in cui si calarono per tentare di salvare i colleghi rimasti vittime dello stesso acido.

venerdì 4 aprile 2014

SPAVENTOSA SEQUENZA DI MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO, 9 MORTI IN 48 ORE

Con i 9 morti sui luoghi di lavoro nelle ultime 48 ore siamo a + 27%

rispetto al 4 aprile del 2013

SINDACATI FATE SENTIRE LA VOSTRA VOCE ALLA POLITICA CHE NON S'INTERESSA DI QUESTE TRAGEDIE

MORTI SUL LAVORO IN ITALIA NEL 2014.

4 aprile

Sono 132 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro dall'inizio dell'anno. Se si aggiungono i morti sulle strade, in itinere e di categorie con assicurazioni proprie pensiamo si superino già i 260 morti complessivi (stima minima), ma per molte ragioni è impossibile avere un numero certo di vittime, soprattutto di lavoratori con Partita IVA individuale che muoiono sulle strade e che sono classificati come "morti per incidenti stradali" mentre invece stanno lavorando o sono in itinere. Ma le morti sui luoghi di lavoro che segnaliamo sono tutte documentate.

Dal 9 di marzo aspettiamo gli interventi del Primo Ministro Renzi e dei Ministri Poletti e Martina

Come tutti gli anni con l’arrivo del bel tempo ricomincia la strage di agricoltori schiacciati dal trattore e di edili che cadono dall’alto. Non ci risultano interventi mirati da parte di nessuna istituzione. Aspettiamo dal Primo Ministro Renzi, dai Ministri del Lavoro Poletti e delle Politiche Agricole Martina, d'intervenire immediatamente per far cessare questa carneficina dovuta all'indifferenza. Non abbiamo ottenuto nessuna risposta. Da quell'appello del 9 marzo sono morti 22 agricoltori schiacciati dal trattore.

Ad oggi a guidare questa triste classifica è la Lombardia con 14 morti, seguono Lazio e Piemonte con 13 morti. Veneto 12 morti. Sicilia 11 morti, Toscana 10 morti. Emilia Romagna 9 morti, Puglia 7 morti. Trentino Alto Adige e Marche 6 morti. Campania 5 morti. Friuli Venezia Giulia e Umbria 4 morti. Liguria, Abruzzo e Calabria 3 morti. Sardegna e Molise 1 morto. Non sono segnalati a carico delle province le morti di autotrasportatori sulle autostrade. 
Carlo Soricelli osservatorio indipendente di Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot.com 

Thyssen Cassazione: l'appello dei famigliari

La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio organizza la partecipazione

24 aprile Roma

presidio alle ore 9 davanti al palazzo della Cassazione a piazza Cavour


Thyssen, chiediamo garanzie
Scritto da Familiari vittime Thyssen

Mercoledì 02 Aprile 2014

Sottolineiamo l'inopportunità della designazione del Relatore nel processo che si terrà alla Cassazione a Sezioni Unite, in considerazione delle opinioni apertamente manifestate e delle posizioni assunte in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro

Siamo le madri di cinque operai deceduti a seguito del terribile incendio avvenuto alla Thyssen Krupp di Torino, il 6 dicembre 2007. Abbiamo seguito, pur se ciò rinnovava ogni volta il nostro dolore, tutte le udienze, nessuna esclusa, dei processi di I e di II grado, abbiamo sentito le raccapriccianti deposizioni dei testimoni che hanno visto i corpi in fiamme dei nostri figli, abbiamo assistito alle false e tendenziose deposizioni testimoniali di alcuni dipendenti e dirigenti di Thyssen Krupp, che la stessa Corte d'Assise ha ritenuto tali da richiedere l'apertura di un fascicolo per falsa testimonianza ed abbiamo con soddisfazione accolto la lettura della sentenza di I grado che ha condannato l'Amministratore Delegato di Thyssen Krupp per omicidio volontario con dolo eventuale, e gli altri imputati per omicidio colposo con previsione dell'evento in danno dei nostri figli.


Con dolore abbiamo, poi, accolto la sentenza di II grado che, pur confermando la responsabilità degli imputati, li ha accomunati tutti nella responsabilità per omicidio colposo, riducendo le pene irrogate.

Ora, sui ricorsi proposti dal Procuratore Generale di Torino e dagli imputati, il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha assegnato la decisione alle Sezioni Unite, per la delicatezza del caso in esame, e su questa decisione concordiamo; ma ciò che ci ha preoccupato é stato il fatto che é stato nominato come Relatore del processo un Giudice che più volte, in passato, si era espresso in pubbliche occasioni quali convegni, e con scritti, proprio su alcuni dei temi in discussione, assumendo una posizione, in tema di determinazione dei confini della colpa nei processi per infortunio sul lavoro e per malattie professionali che certamente non garantisce una serena e non prevenuta partecipazione di quel Giudice a un giudizio così delicato, per i risvolti che certamente avrà non solo sul processo in corso, ma anche su future situazioni analoghe, in cui si verterà su identiche questioni.

Preoccupate da una simile scoperta, abbiamo pensato di segnalare la situazione al Presidente della Repubblica ed al Primo Presidente della Corte di Cassazione, sollecitando un loro intervento che evitasse che su quel processo potessero addensarsi delle ombre; il Presidente della Repubblica ci ha onorato della sua risposta, attraverso una lettera del Segretario Generale Dott.  Carbone che, pur spiegando che il Presidente della Repubblica non aveva competenze sulla questione, ci informava di avere anch'egli trasmesso al Primo presidente della Cassazione la nostra richiesta di intervento; viceversa, nessuna risposta ci é pervenuta dal Primo Presidente.

In un estremo tentativo di giungere al processo in condizioni di serenità, senza timori o sensazioni di dubbio, abbiamo pensato di rivolgerci direttamente al Consigliere Relatore, cui abbiamo indirizzato una lettera nella quale nel dare atto delle sue riconosciute doti di professionalità e di correttezza, abbiamo tuttavia sottolineato la nettezza delle posizioni da lui assunte in tema di responsabilità dei datori di lavoro in processi per infortuni sul lavoro e/o per malattie professionali, e proprio per questo, lo abbiamo pregato di volersi astenere dal partecipare a quel giudizio, per di più in un ruolo così importante come quello del Relatore.

Nemmeno in questo caso abbiamo avuto risposta alcuna.

A questo punto, non ci resta che segnalare la situazione agli organi di stampa, perché l'opinione pubblica possa valutare la situazione.

Ci teniamo a fare chiarezza su un punto.

Abbiamo sempre nutrito e continuiamo a nutrire la massima fiducia nella giustizia, nella capacità di giudizio del Collegio e nemmeno contestiamo, ovviamente, la libertà di giudizio del Consigliere Relatore; riteniamo, però, che il Giudice debba essere ed apparire neutrale e trasparente, senza nemmeno un'ombra di possibile sbilanciamento verso una delle parti; viceversa, la lettura di pubblicazioni del Consigliere Relatore e l'esame di suoi interventi in pubblici convegni destano in noi forti  perplessità e preoccupazioni; ricordiamo solo, sul punto, come quel Giudice sia sostenitore di quella tesi detta del "danno consentito", vale a dire di un danno insito in un'attività produttiva, in tutto  o in parte ineliminabile; quel Giudice, poi, ha sostenuto l'esigenza di un atteggiamento meno rigorista, in tema di responsabilità per colpa del datore di lavoro, criticando anche la giurisprudenza prevalente della Suprema Corte di Cassazione accusata di una visione in cui "penetrano le esigenze di tutela, le istanze risarcitorie, il moralismo che per definizione ha tanta parte nel concetto stesso di colpa. Penetra forse la voglia dei giudici di condannare".

Ripetiamo: Non è in discussione, ovviamente, il diritto del Consigliere Relatore di sostenere le proprie posizioni e di battersi perché le stesse si affermino; ciò che vogliamo, con forza, sottolineare è l'inopportunità della sua designazione a Relatore nel processo che si terrà avanti la Corte di Cassazione a Sezioni Unite e di futuro estensore della sentenza, e ciò in considerazione delle opinioni apertamente manifestate e delle posizioni costantemente assunte in materia di responsabilità nella specifica materia della sicurezza sui luoghi di lavoro; proprio la delicatezza del processo, segnalata dallo stesso Primo Presidente della Corte di Cassazione sconsigliava e sconsiglia, a nostro modesto, ma convinto, parere, una simile scelta che appare contraria a quei principi di neutralità, terzietà e trasparenza dei giudici che devono caratterizzare lo svolgimento dei processi.

Noi abbiamo la massima fiducia nella giustizia e proprio per questo chiediamo un processo equo, celebrato da Giudici che siano ed appaiano imparziali anche nei confronti delle vittime.

Delle nostre perplessità e preoccupazioni desideriamo che sia informata l'opinione pubblica.

giovedì 3 aprile 2014

Ferrovie Moretti via! Testa resta!

la rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro e sul territorio si unisce alla solidarietà
LA SOLIDARIEITA' DELL'UNIONE SINDACALE ITALIANA A DOMENICO TESTA, RUS E RLS
FERROVIE COLPITO DA ATTACCO DISCIPLINARE DALLE FERROVIE...



La nostra solidarietà attiva al compagno e RSU E RLS Domenico Testa, colpito per le sue legittime critiche al sistema Moretti  e fatto oggetto, come già Dante De Angelis, di attacco sotto forma di contestazioni disciplinari...la solita storia di utilizzo dello strumento disciplinare per tenete sotto tensione chi si batte dalla parte giusta, con coerenza e rispetto di diritti e materiali condizioni di lavoro nelle ferrovie, per le condizioni su salute e sicurezza e quella degli utenti e passeggeri.
ORA E SEMPRE RESISTENZA
(ricordiamo che il Comitato 5 aprile di Roma, si vede l'8 aprile alle 18 a largo veratti 25 presso sede Usicons, per preparare iniziativa del 24 aprile sentenza cassazione su thyssenkrupp e per prosecuzione
inizitive su IN-SICUREZZA NELLE SCUOLE E IN-SICUREZZA NELLE FERROVIE).

Saluti trasmette Roberto Martelli per segreteria confederale generale Unione
Sindacale Italiana USI fondata nel 1912

Contestazione al congresso della CGIL dei familiari delle vittime della strage di Viareggio


Moretti e Lupi hanno poi scelto di non andare al Congresso della FILT CGIL, la Cgil ha giustificato l'assenza "per evitare di creare tensioni locali"...cioè la presenza dei familiari delle vittime della strage di Viareggio e del ferroviere licenziato e dirigente Filt Riccardo Antonini. Dopo lunghe trattative al presidio, una delegazione di familiari è stata ammessa ai lavori congressuali, si è posta sotto il palco con i cartelli e le foto dei loro cari morti nel disastro ferroviario e due di loro hanno potuto fare un intervento, mentre al compagno ferroviere Riccardo Antonini (che pure è dirigente di quel sindacato e delegato nazionale al congresso CGIL a Maggio...) non è stata permessa la presenza ai lavori congressuali e nemmeno un intervento...Il presidio assemblea fuori dal congresso, si è svolto regolarmente ...senza nessuna "tensione",
se non quella umana ed emotiva, di persone e di lavoratori di fronte all'ennesima strage di cittadini-e e di lavoratori, di chi comunque sta conducendo una dura lotta da annai per la verità, la giustizia, la dignità. 

Perché oggi siamo qui
- Per informare chi non sa niente della strage ferroviaria del 29 giugno 2009 a Viareggio. Strage che ha provocato 32 Vittime e numerosi feriti di cui alcuni gravissimi. Parliamo di bambini, ragazze, donne e uomini, bruciati vivi o morti dopo giorni e mesi di agonia.
- Per mostrare questa realtà a quanti, pur sapendo, continuano a voltarsi dall’altra parte ed a quanti invitano il principale imputato al processo: l’Ad di Fsi, Mauro Moretti. A 5 anni dalla strage, il processo non è ancora entrato nel vivo delle pesanti accuse rivolte a lui, agli altri 32 imputati ed alle 9 società coinvolte.
Moretti ha fatto di tutto per non affrontare il processo, per truccarlo, per rinviarlo, per spostarlo, per sfuggire, per scaricare le responsabilità su altri imputati tra cui gli A.d. di Trenitalia ed Rfi. Dovrebbe vergognarsi fino all’ultimo giorno di vita per l’arroganza, le offese, i ricatti, le minacce, le provocazioni alle Vittime, ai familiari, a ferrovieri.
L’avv. di Moretti, D’Apote, sostiene anche che il suo cliente non si occupa né di treni, né di binari?! Di cosa avrebbe dovuto parlare questo pomeriggio il cavalier Moretti, in coerenza con la sua difesa di balocchi e … babbalocchi?
Ma viene invitato ad un Congresso dove si dovrebbe parlare, invece, anche di sicurezza, di salute, di condizioni di lavoro, di occupazione … Dal 2007 ad oggi, sui binari hanno perso la vita 43 lavoratori, l’ultimo un giovane manovratore di 34 anni, schiacciato dal treno di notte e solo, morto a poche decine di metri da qui, il 12 gennaio scorso. E le vittime delle ‘porte killer’, e i ragazzi travolti dai treni a causa della chiusura e dello smantellamento di stazioni, fermate, annunci, ausiliari, personale di servizio … cioè di “anticorpi” che, in qualche misura, garantivano quella sicurezza che oggi è venuta meno.
Moretti ha esercitato una politica di abbandono della sicurezza, ha devastato il trasporto regionale e pendolare, ha tagliato decine di migliaia di posti di lavoro, ha peggiorato le condizioni di lavoro dei ferrovieri ancora in servizio, ha sospeso e licenziato ferrovieri e delegati Rls/Rsu per la ‘colpa’ di essere impegnati sulla sicurezza o, addirittura, per essersi schierati con i familiari di Viareggio. Cosa altro deve combinare per essere dimesso?
Ed invece, dopo la strage del 29 giugno 2009, è stato rinominato Ad delle Fsi: a luglio 2010 dal governo Berlusconi, ad agosto 2013 dal governo Letta.
A Viareggio sono state raccolte 10.000 firme per le sue dimissioni, ma questa sovranità popolare è stata calpestata.                                                                  
Ieri abbiamo ufficializzato per scritto la richiesta d’intervento di Daniela Rombi, presidente dell'Associazione dei familiari, e di un rappresentante dell’Assemblea 29 giugno.
Siamo qui fuori ad attendere che la richiesta sia accolta.

La nostra protesta, di familiari, lavoratori, cittadini, sindacalisti ..., vi ha “convinto” ad annullare la presenza di Moretti e del ministro Lupi per "evitare possibili tensioni". Ancora non avete capito che il vero problema è Moretti e non i familiari.
Dopo quello che abbiamo subìto dovremmo stare a casa a piangere … NO, rivendichiamo sicurezza, verità e giustizia. Voi dovreste stringervi attorno a noi, accogliere le nostre richieste, solidarizzare con noi, sostenerci, unirvi alla nostra lotta, anziché continuare a corteggiare Moretti & soci.  
Non lo capite che essere impegnati e mobilitati vuol dire “servire” nel migliore modo possibile i nostri cari; vuol dire sentirci utili affinché non siano dimenticati e perché questa immane tragedia, che ha distrutto la nostra vita, non abbia a ripetersi mai più?
Per Moretti quel disastro ferroviario è stato uno “spiacevolissimo episodio”, per noi è stata la fine del mondo …
I nostri bambini, le nostre ragazze, i nostri cari, non hanno avuto il tempo di conoscere il mondo, è nostro compito farli conoscere al mondo. Con immenso dolore e con la dignità e la volontà di essere protagonisti di questa battaglia, vi invitiamo ad unirvi alla nostra lotta per un mondo migliore.
2 aprile 2014                                                          - Associazione “Il mondo che vorrei”
                                                                               - Assemblea 29 giugno

Sul processo Ilva

Processo Riva e soci, inizia il 19 giugno - operai ilva, lavoratori cimiteriali e i cittadini dei Tamburi parte civili .

Il giudice per udienze preliminari Vilma Gilli,  ha stabilito la data per la prima udienza Un maxiprocesso che, anche nei numeri, è un evento epocale per la città eternamente divisa tra lavoro e salute. A testimoniarlo c'è anche il numero mastodontico di parti offese individuate dalla Procura: tra abitanti del quartiere Tamburi, allevatori, mitilicoltori, operai, parenti dei lavoratori morti in fabbrica come Francesco Zaccaria e Claudio Marsella, associazioni ed enti istituzionali il numero di persone, fisiche o
giuridiche, danneggiate dalle emissioni nocive della fabbrica. L'attuale Palazzo di giustizia di Taranto non ha aule in grado di accogliere un numero così elevato di persone e quindi dopo il vano tentativo di utilizzare l'ex aula bunker che ospitò i maxi processi alla mafia di Taranto a cavallo tra gli anni '80 e '90, il tribunale ionico ha dovuto cambiare strada individuando nella palestra che si trova nella caserma dei Vigili del fuoco, come luogo idoneo per celebrare le udienze".

La Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori organizza la costituzione di parte civile di operai ilva-operai ditte appaltoIlva, lavoratori cimiteriali, cittadini dei tamburi in forma
associata - sull'esempio del processo Eternit,
Vogliamo che operai e cittadini pesino durante tutto il processo, perchè Riva e gli altri responsabili paghino e i lavoratori e gli abitanti vengano risarciti.

Vogliamo con la presenza compatta di centinaia di operai Ilva,  lavoratori cimiteriali , gente dei Tamburi, alle udienze che si terranno, far uscire il processo dal chiuso delle aule giudiziarie e dalla delega alla
magistratura(di cui non ci fidiamo) e far sentire in ogni momento il "fiato sul collo" a chi ha fatto ammalare e morire.

:

info rete taranto bastamortesullavoro@gmail.com - 3471102638 - o presso Slai cobas per il sindacato di classe  via Rintone, 22 Taranto