venerdì 28 ottobre 2011

PRENDERA' IL VIA DOMANI IL PROCESSO MARLANE?

Giovedì 27 Ottobre 2011

Altro appuntamento domani 28 ottobre presso il Tribunale paolano, con quello che si avvia a diventare un processo farsa se non verrà meno il censurabile "modus operandi" di qualche noto avvocato dell'offesa. E proprio a questi "Carneide" vogliamo rammendare l'inconsistenza del loro percorso professionale, sottolineando che se qualche successo si è registrato il merito esclusivo è del sindacato SLAI Cobas e non di chi per circa un decennio ha remato contro nonostante i proclami e il millantato credito. E la storia continua, nella quasi generale indifferenza. L'udienza di domani dovrebbe dare il "La" ad un procedimento penale difficilmente comparabile nel nostro paese, e per numero di decessi e per numero di ammalati, volendo trascurare il reato di truffa pur considerato durante la fase istruttoria propedeutica all' incidente probatorio. La triste sequela di vittime Marlane potrebbe non aver fine, con buona pace di coloro che invocano il silenzio in nome di un opinabile turismo già compromesso in questa parte di Calabria La magistratura deve far luce anche sul destino degl'innumerevoli finanziamenti pubblici erogati all'azienda praiese e alle eventuali complicità politiche o d'altro genere che hanno consentito alla proprietà di operare per anni nella quasi assoluta impunità. Ma bisogna far presto, perché su molti ricorrenti incombe la mannaia della prescrizione. Gli errori procedurali non hanno consentito finora l'avvio della fase dibattimentale e ciò non dovrebbe far dormire sonni tranquilli a chi ha determinato le ulteriori lungaggini. Domani sapremo anche se ci saranno ancora defezioni e legittimi impedimenti tra le fila della difesa e se verrà incrementato ulteriormente il "generoso parterre" dell'offesa.

Alberto Cunto
Coord. SLAI Cobas Cosenza
Praia a Mare,27.10. 011

Altra morte operaia in Toscana

Incidente sul lavoro
muore operaio a Scarperia. Stava scaricando da un tir un apparecchio per la lavorazione del cemento, quando il braccio meccanico del camion ha ceduto all'improvviso, facendo piombare il macchinario su di luidi
LUCA SERRANO'

Stava scaricando da un tir un apparecchio per la lavorazione del cemento, quando il braccio meccanico del camion ha ceduto all'improvviso, facendo piombare il macchinario su di lui. E' morto così, questo pomeriggio, un operaio di 47 anni, Giuseppe Montenera, schiacciato mentre lavorava nel piazzale della ditta Capital Ferro di Scarperia. Sul fatto sono ora in corso accertamenti da parte dei carabinieri, impegnati a ricostruire nei dettagli la dinamica dell'incidente per stabilire eventuali responsabilità.
In particolare, gli investigatori sono al lavoro per chiarire chi fosse il committente del lavoro. L'uomo, residente in provincia di Napoli, risulta infatti dipendente di una ditta di Marcianise che non avrebbe ricevuto nessuna commessa dalla Capital Ferro. Il magistrato di turno, intanto, ha disposto l'autopsia. Per aiutare i rilievi, il giudice ha fatto anche mettere sotto sequestro l'intera area e lo stesso apparecchio che ha provocato l'incidente.

Reparto confino anche nelle Ferrovie? Ferroviere muore nel gabbiotto dove lavorava e dormiva

Da zic.it

“Emarginato dalle Fs, ferroviere muore nel gabbiotto dove lavorava e dormiva”

La morte a causa di un malore. C.M., 51 anni, non aveva neanche il telefono per chiamare aiuto. Era senza casa e spesso dormiva nel gabbiotto di servizio. “L’azienda sapeva”.

26 ottobre 2011

Una situazione personale molto difficile. Senza una casa, tanto da essere costretto a dormire sulle panchine della stazione o nel gabbiotto di servizio. “Emarginato” dall’azienda, cioè le Ferrovie dello Stato, “in una condizione lavorativa ai limiti dell’umanità”. Alla fine la morte, a 51 anni, in quello stesso gabbiotto ed in ”completa solitudine”, senza neanche un telefono per chiedere soccorso. E’ la drammatica storia di C.M., ferroviere di Rfi alla stazione di Bologna, raccontata oggi dai sindacati.

Il 51enne è stato trovato morto la mattina del 24 ottobre. “A quanto abbiamo capito si e’ trattato di un malore”, spiegano i sindacati, ma C.M. “non ha potuto neanche dare l’allarme perchè gli avevano tolto anche il telefono di servizio, per risparmiare sulla manutenzione”.

Vista la situazione in cui si era venuto a trovare, il ferroviere aveva chiesto più volte a Rfi di poter accedere al Ferrhotel o ad un alloggio di servizio, senza mai ricevere risposta. Di questo caso “erano a conoscenza tutti i responsabili aziendali- assicura il sindacato- che, anziche’ agevolare un suo reintegro ed una proficua utilizzazione, lo avevano relegato ad un’attivita’ marginale ed in completa solitudine”, cioè la gestione di un passo carraio all’ingresso del piazzale Ovest della stazione.

Secondo i sindacati, con la concessione di un alloggio la morte di C.M. si sarebbe potuta evitare. Una mancata concessione “figlia della politica del risparmio di questa classe dirigente- attacca il sindacato- una politica che non trova coerenza nel fatto che a loro e’ concessa la permanenza fissa in alberghi a cinque stelle”.

Vale la pena sottolineare, infine, che il sindacato ha deciso di segnalare questo episodio “quando abbiamo capito che le Fs volevano tenere tutto sotto silenzio per non portare quanto successo alla conoscenza di nessuno, neanche delle organizzazioni sindacali”.

Morte alla Thyssenkrupp appalto a Terni

COMUNICATO
Le Segreterie territoriali di FIM-FIOM-UILM-FISMIC-UGL e le OO.SS.
dei trasporti congiuntamente alla R.S.U. del Gruppo TKL-AST e DITTE operanti all'interno del SITO, a fronte della tragedia determinatasi il giorno 26 ottobre 2011 che ha visto la morte dell'operatore della ditta ECOTER promuovono
2 ore di sciopero
per il giorno 27 ottobre 2011
su tutti i turni nell'intero Sito
Le scriventi organizzazioni esprimono sentite e partecipate condoglianze alla famiglia del lavoratore.
Le stesse ritengono inaccettabili i comportamenti determinatisi dopo l'incidente in cui sono mancate tempestive informazioni violando quanto previsto nel protocollo di sicurezza siglato nella Prefettura di Terni.
Preoccupazione si esprime nella mancata sensibilità da parte delle aziende nei confronti della famiglia.
Lo sciopero sarà così articolato:
1° Turno dalle ore 12,00 alle ore 14,00
2° Turno dalle ore 20,00 alle ore 22,00
3° Turno dalle ore 22,00 alle ore 24,00
Turno Unico
ed Impiegati 2 ore fine Turno
Terni 27 Ottobre 2011 Segreterie Provinciali FIM-FIOM-UILM-FISMIC-UGL OO.SS. Trasporti ed R.S.U. del SITO

mercoledì 26 ottobre 2011

COMUNICATO A.I.E.A. sul " FONDO PER LE VITTIME DELL' AMIANTO"


In seguito alla vertenza nei confronti del Governo e dell' INAIL da parte della nostra associazione e con le altre Associazioni che ne condividono con noi i contenuti, il ministro dell' economia con il decreto ministeriale n.30 del 12 gennaio 2011 con la finanziaria del 2008 l' INAIL ha provveduto ha erogare con 60milioni di euro il beneficio finanziato per tre quarti dallo stato e per un quarto dalle imprese denominato " Fondo per le vittime dell' amianto". Hanno diritto al beneficio i lavoratori titolari di rendita diretta ai quali sia stata riconosciuta una patologia asbesto-correlata con la percentuale di invalidità al 16%, i famigliari delle vittime dell' amianto già titolari della rendita superstiti. Da parte delle vittime non deve essere presentata nessuna domanda.

Attualmente vengono liquidati in arretrato li anni 2008 e 2009 nella misura del 20% della rendita percepita entro il 31 dicembre 2011, e del 15% il 2010 erogata in misura fissa percentuale fissa in un' unica soluzione. In seguito il pagamento verrà effettuato entro il trenta giugno dell' anno successivo a quello di riferimento es: per l' anno 2011 entro il 30 giugno 2012.

Come associazione pur dichiarandoci soddisfatti per l' obiettivo raggiunto, con le altre Associazioni critichiamo negativamente l' entità del fondo e diciamo che la somma di 60milioni di euro per la liquidazione in arretrato per gli anni 2008/'09 è insufficiente al pagamento del danno subito, perchè la somma erogata da parte dello Stato ai lavoratori per la perdita della salute e alle famiglie per la perdita dei loro cari riteniamo che sia assolutamente inadeguata. Le somme in liquidazione oscillano dai 3mila ai 5mila euro per questo chiederemo al governo possibilmente con la collaborazione di CGIL CISL UIL che il fondo venga aumentato.

Avevamo anche chiesto che nel fondo venissero prese in considerazione anche le vittime dell' amianto non professionali, ovvero i cittadini che nella loro vita non hanno mai usato l' amianto professionalmente compreso tutti coloro, lavoratori e non, che sono vittime di malattie asbesto-correlate, e per quanto fossero alte le nostre proteste con parecchie manifestazioni ed incontri a Roma con il ministro dell' economia dell' attuale governo supportati anche da parlamentari dell' opposizione ai sindacati, non siamo stati ascoltati. Il nostro obiettivo è quello di fare in modo che il "fondo per le vittime dell' amianto" venga istituito come in Francia, perchè riteniamo che tutte le vittime vadano risarcite dallo Stato compreso le vittime non professionali poichè come risulta dal registro nazionale dei mesoteliomi dal 2009 al 2010 i decessi di questi cittadini sono aumentati dal 12 al 30%.

L' A.I.E.A. con le altre associazioni, con i cittadini che finora hanno aderito alle nostre iniziative continuerà ha dare battaglia perchè vengano riconosciuti i diritti degli esposti al'amianto in ogni sede a partire dai tribunali per avere giustizia,dalle province per lo smaltimento del cemento amianto, alle regioni per la sorveglianza sanitaria, perchè venga istituito il registro degli esposti, per i diritti dei militari, che hanno lavorato su mezzi navali, aerei e di terra sui quali hanno contratto malattie asbesto-correlate compreso il mesotelioma, con il governo per il raggiungimento degli obiettivi generali raggruppati nella proposta di legge

173 per la quale come A.I.E.A. abbiamo avuto un' audizione presso la Commissione Lavoro.

Armando Vanotto A.I.E.A. Savigliano

Amianto: c'era una volta la Materit

C'era una volta la Materit
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Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona

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manda una mail a cittadinicontroamianto-subscribe@yahoogroups.com

Roma- comitato 5 aprile: sicurezza nelle scuole

Dopo aver terminato, nella riunione, la parte relativa all'insicurezza nelle ferrovie, i compagni dell'Usicons pongono il problema evidenziatosi sin dall'inizio dell'anno scolastico della insicurezza nelle scuole sia per quanto relativo all'affollamento delle classi che della situazione sempre più "esplosiva" dell'edilizia scolastica con disfunzioni e rischi veri e propri alla salute (presenza dell'amianto), problemi sollevati dai comitati di genitori e dagli studenti, anche in occasione dello sciopero del 7 ottobre proclamato dall'UNICOBAS e dall'USI al quale hanno aderito varie strutture di base.
Per organizzare una assemblea pubblica si pensa di elaborare un questionario, in modo da distribuirlo ai lavoratori, ai genitori, agli studenti anche a livello nazionale.
La discussione nel comitato pone il problema di organizzare una prima assemblea di prova in una zona determinata (qualcuno propone Marconi) entro il mese di dicembre prima di quella cittadina che si può prevedere per fine gennaio o febbraio.
E' proposta la realizzazione di un dossier con la normativa relativa ed una locandina da affiggere nelle scuole, anche utilizzando il mese di novembre e le possibili autogestioni nelle scuole superiori per intervenire su questo aspetto.
Per incominciare a raccogliere segnalazioni di disfunzioni, disservizi, inadempienze e violazioni delle norme, a partire dal sovraffollamento della classi, dovuti ai tagli ai finanziamenti e alle scelte del Ministero, si ritiene utili utilizzare, dandone la massima diffusione, l'email predisposta
dall'USICONS:
segnala.scuola@gmail.com
Si informa inoltre che dai contatti presi si può già predisporre un elenco di oratori provvisorio:
Roberto M. (RLS USI), Barbara (USB scuola), Emilio (SISA), Massimo (CPS), un rappresentante dell'Unicobas, un rappresentante del coordinamento genitori ed un paio di studenti, un rappresentante degli ATA Il tutto verrà coordinato per il Comitato da GIUSEPPE M. (presidente USICONS).
Il comitato da mandato a Giuseppe M. per organizzare quanto deciso, anche in base alla collaborazione di cui potrà disporre dalle altre strutture.
La prima assemblea dovrebbe effettuarsi il 16 dicembre dalle ore 17.

Il comitato 5 aprile - rete nazionale sicurezza e salute sui luoghi di lavoro

martedì 25 ottobre 2011

Il 25% di tutti i morti sul lavoro ha più di 60 anni

Grafico dell' età dei 540 lavoratori morti in Italia sui luoghi di lavoro nel 2011 al 24/10



Il 25% di tutti i morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni

OSSERVATORIO INDIPENDENTE DI BOLOGNA SULLE MORTI PER INFORTUNI SUL LAVORO




http://cadutisullavoro.blogspot.com/

I rifiuti scomparsi dell'ex Sisas di Pioltello

24/10/2011

I rifiuti scomparsi dell'ex Sisas di Pioltello

Da pacereport

280mila tonnellate di nerofumo, di cui 7.800 altamente inquinanti. Che fine hanno fatto? La Regione 'monitora' e l'Arpa assicura che in Lombardia non c'è pericolo ma i cittadini hanno paura

Sopra gli impianti fotovoltaici attorno a Inzago, un paese nel nord della provincia di Milano, si è depositata una strana polvere nera. Qualche mese fa, intorno a luglio, in città si sentiva un odore fastidioso, poi scomparso. I cittadini, però, non son tranquilli e hanno chiesto a Fabio Pizzul, consigliere regionale Pd al Pirellone, di fare un'interrogazione all'assessore regionale al territorio, Daniele Bellotti, per capire cosa sta succedendo. Bellotti, ha risposto il 18 ottobre, dicendo che la Regione monitora, per quanto può, e che resta all'erta. Niente di più.

Tutto è cominciato quando, nel marzo del 2011, dall'area ex Sisas di Pioltello, 300mila metri quadri di impianti chimici ormai in disuso, arrivano svariate tonnellate di nerofumo, una forma particolare di rifiuto industriale. Dall'area dovevano sparire 280mila tonnellate di scorie in tempi brevissimi, dato che la Corte di giustizia europea aveva minacciato di multare l'azienda per non aver rispettato la direttiva che prevede l'obbligo di bonifica dei siti d'interesse nazionale (Sin). Così, lo svuotamento delle discariche di Pioltello avviene in fretta e furia. Ma il nerofumo sepolto nell'ex area Sisal ha diversi gradi d'inquinamento: si passa dalla "fuliggine" agli scarti solidi con codice 19.13.03.01, considerati materiale pericoloso. E alcune delle pratiche per mettere in sicurezza la scoria non vengono espletate come dovrebbero.

L'azienda che se ne occupa, la Daneco impianti, rassicura, però, che a Inzago si tratta di scorie di tipo 19.13.02, materiali solidi non inquinanti, che deve solo essere triturati e miscelati nel terreno. "Io mi sono preoccupato lo stesso quando ci hanno detto che portavano il nerofumo anche qui", dice Silvano Calvi, assessore all'ambiente di Pozzo d'Adda, un comune che dista poche centinaia di metri dalla discarica. Calvi, infatti, aveva letto i giornali, che raccontavano di un fascicolo d'inchiesta aperto dalla magistratura di Milano su segnalazione di Greenpeace.

Qualcosa non torna ai pm Paola Pirotta e Paolo Filippini. Secondo gli inquirenti sulla scrivania di Luigi Pelaggi, capo della segreteria tecnica del ministero dell'Ambiente, è arrivata una tangente da 700mila euro, mandata dalla Daneco con lo scopo di rendere più veloci le pratiche per la bonifica dell'ex Sisas. Inoltre, i pm di Milano pensano che ci sia stato un declassamento di parte dei rifiuti, in modo che risultassero meno pericolosi: da 19.13.01, scorie speciali pericolose industriali, a 19.12.12, semplici rifiuti urbani. Infatti, il numero di aziende attrezzate per lo smaltimento dei pericolosi in Europa sono poche e molto costose. "In Italia si trovano in tre impianti: parte alla Valle sabbia servizi di Brescia, parte alla Xela di Cortaccia, in provincia di Bolzano e parte residuale all'Ecoenrgy di Noventa di Piave, in provincia di Venezia. Nessuna di queste, però, ci risulta attrezzata per smaltire rifiuti pericolosi", spiega Federica Ferrario, autrice del report Il mistero dei rifiuti scomparsi per Greenpeace. Inzago, quindi, sembrerebbe esclusa da questo giro, ma i cittadini ancora non sono sicuri di cosa ci sia interrato a pochi passi dalle loro case. "Che cosa succede sotto? Ora non sentiamo più odori ma non capiamo se i rifiuti stanno inquinando la falda o i terreni", continua Silvano Calvi.

L'Arpa, l'agenzia regionale per la protezione all'ambiente, assicura che i controlli sono stati fatti il 19 maggio e che non sono state riscontrate irregolarità.

Eppure questa storia convince poco l'ong ambientalista. Molti sono ancora i dubbi lasciati irrisolti dalla Daneco e a cui le istituzioni lombarde non hanno ancora risposto. Per esempio, non si sa ancora dove siano finite25mila tonnelate di materiale pericoloso, con un'altissima concentrazione di mercurio al suo interno. Al contrario, Greenpeace ha le prove che buona parte delle 280mila tonnellate di rifiuti bonificate sono finite alla Befesa, un'azienda spagnola che sta a Nerva, nella regione di Huelva. "Sappiamo per certo che in questo caso non c'è stato alcun trattamento dei rifiuti pericolosi", dice Ferrario. Nulla vieta che questo sia accaduto anche nelle discariche italiane. In luglio e in aprile, inoltre, ci sono stati "degli incendi sospetti proprio nelle aree in cui si trovano stoccate le scorie italiane", precisa Ferrario.

Per altro, la bonifica dell'area ex Sisas non è ancora completa. La Daneco ha provveduto a svuotare la discarica A e B, giusto il minimo indispensabile per evitare la multa della Corte europea. Manca ancora una discarica, la C, oltre al lembo di terra attorno alla zona di scarica, considerato pericoloso. A luglio, l'ultimo bando è stato vinto dalla General smontaggi di Novara, ma i tempi, ora che non pende più la sentenza della Corte europea, rischiano di essere infiniti.

lunedì 24 ottobre 2011

PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 24 OTTOBRE


Quella odierna - unitamente a quella di domani, alla quale mi scuso per non poter essere presente a causa di motivi familiari - è l'ultima delle udienze dedicate alle arringhe difensive degli imputati genocidi.
In particolare sono in programma la terza ed ultima parte della discussione affidata alla sapiente lingua dell'avvocato Di Amato senior, al quale succederà l'avvocato Alleva, una delle persone più indisponenti tra i protagonisti del processo: ha l'abitudine, sintomo di maleducazione e strafottenza estreme, di masticare gomma americana durante tutto il tempo di durata delle sedute.
L'avvocato romano occupa lo spazio ulteriore concessogli dal presidente Giuseppe Casalbore affrontando, con riferimento ala persona di Stephan Schmidheiny, i medesimi temi - la solidariertà del suo assistito in merito alla responsabilità civile - già discussi da suo figlio (che egli gratifica anche con un "non avrei saputo fare di meglio") per conto della difesa Becon: come tutti i suoi sgradevoli colleghi di collegio, ha il coraggio di respingere ogni addebito.
A seguire prende la parola il legale piemontese Alleva, il quale straparla di quello a cui stiamo assistendo come di un momento storico - lo è, ma non tocca certamente a lui dirlo - per sostenere che i fatti oggetto del processo vanno esaminati alla luce di quelle che erano le condizioni dell'epoca: scarse conoscenze rispetto alla pericolosità dell'amianto, organizzazione del gruppo (attraverso la cui esposizione cerca di scaricare le colpe sui dirigenti italiani), e quant'altro possa servire a costruire una difesa dall'accusa, il disastro esterno agli stabilimenti, oggetto del suo intervento.
L'avvocato quasi si scusa per il dovere che è "costretto ad assolvere, nonostante questo processo mi tocchi da vicino"; è appena il caso di far notare come nessuno lo ha obbligato - puntandogli una pistola alla tempia - ad assumere la difesa del magnate svizzero: pertanto il mangiagomma non può autoassolversi in nessun modo, tanto meno ove si consideri che lui stesso, in un'occasione, ha confessato di aver perso un amico a causa del comportamento criminale del suo assistito.
Domani si concluderà lo sproloquio dell'Alleva, che chiederà l'assoluzione dello Schmidheiny per non aver commesso il fatto: secondo lui il padrone genocida non aveva alcun potere decisionale sugli stabilimenti italiani.
Il prossimo sette novembre la parola tornerà al pm per la replica; successivamente nuovamente le parti civili e le difese.

Torino,, 24 ottobre 2011


Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

c/o Slai Cobas per il sindacato di classe To/Mi/Bg/Ge

http://pennatagliente.wordpress.com

domenica 23 ottobre 2011

Muore in fabbrica schiacciato da una lastra di cemento

L'incidente sul lavoro a Noale, in provincia di Venezia

Sarebbe rimasto schiacciato da un pesante pannello di cemento. La vittima è un uomo di 60 anni, G.G., morto in un incidente di lavoro accaduto oggi (21 ottobre) alla Noalmarmi di Noale (Venezia).

Inutili i soccorsi immediati, anche con l'ausilio di sanitari giunti con l'elicottero dall'ospedale di Treviso. Sul luogo, per ricostruire la dinamica esatta dell'incidente, oltre ai carabinieri di Noale anche i tecnici dello Spisal. Ne dà notizia l'Ansa.

Ravenna Amianto. Altre 11 morti sospette



La denuncia dell'Associazione Esposti che indaga sui decessi tra ex dipendenti Sarom



22/10/2011 11:07



RAVENNA - Ben dodici casi sospetti, dodici lavoratori - tutti impiegati presso i comparti 'laboratorio' e 'compressoristi' dell'ex Sarom. Di questi dodici ex dipendenti solo uno è ancora in vita. Gli altri sono tutti deceduti negli ultimi anni a causa di forme tumorali. A denunciarlo - in conferenza stampa - è l'Associazione Esposti Amianto (AEA) ravennate che - dopo aver istituito con il suo presidente nazionale Vito Totire la 'pratica'
della centrale termoelettrica Enichem, oggetto di un dettagliato esposto nelle mani della procura ormai da più di un anno - tenta di portare alla luce questa nuova vicenda legata all'esposizione all'amianto e ad altri fattori di rischio. "Come riscontrato per la coorte dei lavoratori Enichem,
31 casi di soggetti deceduti dei quali abbiamo già informato la procura - afferma Totire - anche nel caso Sarom c'è un nucleo di dipendenti e di morti sospette, a nostro avviso chiaramente ascrivibili a patologie professionali".



DODICI I CASI NEL MIRINO DELL'AEA: "Di questi ex dipendenti - spiega Totire
- abbiamo intercettato l'unico ancora in vita e al momento stiamo cercando di raccogliere quante più informazioni possibili per ricostruire l'accaduto e avviare le pratiche per il riconoscimento Inail. Per questo - aggiunge il presidente AeA lanciando una sorta di appello - sarebbe importante l'apporto di medici di base e famigliari dei lavoratori deceduti". L'obiettivo dell'Associazione - che da anni si batte per l'istituzione dell'anagrafe degli ex esposti ad amianto - è avviare sul caso Sarom un'indagine epidemiologica completa e sistematica. "Questo - spiega Totire - per contrastare il gravissimo fenomeno del disconoscimento delle patologie professionali, fenomeno purtroppo presente anche qui". L'Aea, infatti, punta al riconoscimento Inail per tutti i casi Sarom: "E ad ottenerlo in tempi brevi - aggiunge Totire - perché quanto avvenuto per uno degli ex lavoratori Enichem, deceduto nel lontano 2001 dopo essere stato colpito da tre tumori - e per il quale siamo ancora in contenzioso con l'Inail - è inaccettabile".



L'AFFAIRE SAROM. Le cose sembrano andare più spedite per l'affaire Sarom:
"Il primo caso segnalato è stato già riconosciuto dall'Inail - afferma Totire - il secondo lo presenteremo la prossima settimana". Da ultimo, il presidente si rivolge al sindaco Matteucci: "Bene il convegno e la pubblicazione degli atti ma - conclude Totire - a nostro avviso il problema 'esposti amianto' necessità di essere affrontato con continuità, per questo invochiamo l'istituzione di una commissione permanente".

Sicurezza-Il ministero: un errore mettere in mora l'Italia




Finalmente qualcuno del Ministero del Lavoro parla, tramite una lunga intervista concessa all'Inail da Lorenzo Fantini, dopo che la mia denuncia alla Commissione Europea ha fatto aprire una procedura d'infrazione contro l'Italia E ovviamente cosa vuoi che dicessero: si tratta di un errore della Commissione Europea che li ha messi in mora.
Questa procedura d'infrazione gli deve avere dato parecchia noia!!!
Saluti.
Marco Bazzoni







Sicurezza. Il ministero: "Un errore mettere in mora l'Italia"



19 ottobre 2011. Intervista a Lorenzo Fantini: "Sbagliato il presupposto di fondo delle contestazioni dell'Ue al Testo unico". Giudizio positivo sull'incorporazione nell'INAIL degli ex Ispesl e Ipsema. Risorse, sanità e tagli al personale: "Condividiamo le richieste dell'Istituto: essenziale trovare insieme il modo migliore per intervenire"

ROMA - Mentre è in corso di preparazione la replica ai sei punti contestati al Testo unico in base ai quali la Commissione europea ha messo il 30 settembre scorso in mora l'Italia e il governo, il ministero del Lavoro - per voce di Lorenzo Fantini, responsabile della direzione generale delle Relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, Divisioni III e VI - anticipa al portale dell'INAIL perché il dicastero considera un errore sostanziale la procedura attivata da Bruxelles. Un atto - è la valutazione del dicastero - che, da una parte, peccherebbe di una visione eccessivamente 'burocratica' delle politiche di sicurezza e, dall'altra, di una visione troppo semplicista dell'assetto giuridico italiano, tutt'altro che assolutorio nei confronti delle responsabilità degli imprenditori sul fronte delle tutele alla salute dei lavoratori. Particolarmente positivo, invece, il giudizio sulla fase di start-up del processo di incorporazione nell'INAIL dell'ex Ispesl e dell'ex Ipsema: un progetto complesso che darà vita a un soggetto di rilevanza strategica in materia di prevenzione. Condivisione forte anche delle richieste dell'Istituto: dalla semplificazione delle procedure per accelerare gli investimenti alla definizione precisa delle competenze nella riabilitazione degli infortunati. "Essenziale", sottolinea Fantini, "trovare insieme al ministero il modo migliore per intervenire".

Avvocato Fantini, la Commissione europea ha attivato nei confronti della Repubblica Italiana e del governo una procedura di messa in mora su alcune parti del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro. Qual è la replica del ministero?
"Riteniamo che si tratti di un insieme di censure fondato su un presupposto di fondo sbagliato: ovvero il ritenere che le parti del dlgs 81/2008 eccepite - con particolare riferimento alle modifiche introdotte dal correttivo 106/2009 - siano volte a deresponsabilizzare il datore di lavoro Quello che forse a Bruxelles non si valuta con la dovuta attenzione è quanto l'assetto giuridico italiano sia complesso e, semmai, fortemente stringente in senso contrario a quanto contestato. A partire dall'articolo 2087 del codice civile fino ai tanti passaggi normativi del sistema penale, infatti, il nostro è un assetto che impone in maniera molto rigorosa agli imprenditori di tutelare la salute e della sicurezza dei lavoratori. A parere del ministero, quindi, la normativa italiana - inclusi i due decreti legislativi citati - opera all'opposto rispetto a quanto obiettato dalla Commissione, considerando il datore di lavoro sempre responsabile di tutto ciò che accade in azienda. Questo è l'aspetto di fondo che cercheremo di spiegare all'Unione europea".

I punti contestati, però, non sono pochi: sei per l'esattezza...
"Si tratta di censure di dettaglio che, a livello generale, si correlano a questa impostazione generale erronea. Una, per esempio, riguarda lo stress lavoro-correlato, la cui valutazione sarebbe stata prorogata - è la critica - attraverso le indicazioni metodologiche della Commissione consultiva. In questo caso si tratta di una censura superata dallo stesso passare del tempo: nel senso che - se anche tale proroga fosse stata concessa - in ogni caso sarebbe ormai scaduta. Potrebbe, in tal caso, esserci una sanzione, anche se personalmente non ne vedo neanche gli estremi perché il documento indica un percorso metodologico da seguire per chi vuole conseguire il livello minimo di attuazione degli obblighi di legge. Queste considerazioni valgono per contestazioni analoghe avanzate dalla Commissione in settori particolari come i volontari della Protezione civile o le società
cooperative: anche in tali casi il decreto è stato già fatto. Un motivo che ci spinge a ritenere il problema ormai superato".

Un aspetto particolarmente delicato è quello relativo alla possibile violazione dell'obbligo di valutazione dei rischi per la sicurezza per i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori: una realtà che interesserebbe una platea assai ampia di aziende italiane...
"Per quanto riguarda la valutazione dei rischi, la Commissione fa leva su una vecchia sentenza nei confronti della Germania, dove si sostiene che tale documento è necessario e non può essere sostituito da un'altra dichiarazione, come succede ancora in Italia. Ebbene, innanzi tutto va evidenziato come l'autodichiarazione scomparirà nel 2012 e, quindi, un eventuale provvedimento in tal senso avrebbe un arco temporale di rilevanza molto limitato. Altro aspetto fondamentale: ciò che il datore di lavoro afferma con l'autodichiarazione è semplicemente di avere svolto un'attività di prevenzione. E i nostri ispettori, per l'appunto, - anche in quell'area dove la documentazione può essere sostituita da un'autodichiarazione - vanno a verificare se quest'ultima sia corrispondente a verità. Le sanzioni, in breve, sono fatte sulla base dell'attività non svolta e non sul documento esibito e, a dimostrazione di questo, ne invieremo numerosi esempi a Bruxelles comminati a soggetti che pure avevano auto-dichiarato la valutazione del rischio. In definitiva - e voglio dirlo con chiarezza - credo che questo tipo di visione della Commissione europea sia fortemente burocratica perché, nel momento in cui si identifica la sicurezza con un pezzo di carta che formalizza le misure di prevenzione, a mio parere si dimostra di privilegiare un approccio più 'fiscale' che operativo".

Quindi, secondo il ministero, i rischi evidenziati da Bruxelles - a partire dalla indiretta reintroduzione della "salva-manager" - non ci sono?
"Mi pare che le sentenze successive alla modifica del Testo unico tramite il decreto 106/2009 vadano esattamente in senso contrario, allargando addirittura la responsabilità del datore di lavoro. Probabilmente non sarà facile spiegarlo all'Ue - che parte da una visione del nostro sistema giuridico assai molto più semplicistica di quanto esso sia, e questo pur a fronte di altri stati dove esistono oggettivamente situazioni molto meno complesse della nostra - ma speriamo che ci stiano a sentire".

Veniamo adesso all'INAIL, impegnato - a seguito della legge 122/2010 - nel processo di incorporazione dell'ex Ipsema e dell'ex Ispesl. Che valutazione dà del cammino svolto fino a ora?
"Ritengo in generale che la scelta di promuovere un unico Polo della salute e sicurezza sia stata molto saggia e sottolineo come particolarmente apprezzabile la scelta operata dai vertici di conferire una reale autonomia a un settore importante come quello della ricerca. In questa prima fase di realizzazione stiamo assistendo, dunque, all'attuazione di un progetto complesso, ma necessario, dal momento che la diversificazione delle competenze tra INAIL, Ipsema e Ispesl non aveva per molti aspetti un'autentica ragione di essere.

Esistono delle criticità, a suo giudizio, da evidenziare?
"Non sostanziali. Ricordiamo che il traguardo finale da raggiungere non è facile, e questo anche per ragioni strettamente giuridiche, non essendo i regimi dei soggetti interessati del tutto coincidenti. So che esiste anche una certa 'tensione' sul fronte della tempistica, ma credo che sia una preoccupazione ingiustificata, non solo perché si tratta di un percorso articolato che naturalmente non può interessare un arco temporale breve, ma soprattutto perché l'obiettivo di fondo è garantito da un'integrazione reale ed efficace tra le diverse attività coinvolte. A parere del ministero l'integrazione sta procedendo bene e l'eventualità di possibili 'disagi'
resta comunque secondaria in vista della realizzazione di un Ente unico - con un unico indirizzo politico in materia di prevenzione - e, dunque, più capace di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori".

Proprio in virtù di questo riconoscimento non trova contraddittorio il permanere - rimarcato ormai in numerose occasioni da tutti i vertici dell'INAIL - di un apparato normativo spesso farraginoso e che rischia di limitare l'operatività dell'Istituto?
"Partiamo da un presupposto di fondo: introdurre elementi di cambiamento in attività complesse come quelle che interessano anche l'INAIL e che sono legate alla lotta agli infortuni, alla prevenzione e alla sanità richiede necessariamente del tempo. E' chiaro che tutti vorremmo risultati immediati, ma in certi contesti l'attesa è inevitabile. Questo, ci tengo a sottolinearlo, lo dico in riferimento a tutto il Testo unico, che ha circa 30 provvedimenti di attuazione: alcuni già emanati, altri in fase di preparazione. Sono interventi che richiedono numerosi passaggi istituzionali e un confronto stretto con le parti sociali e che, pertanto, non si possono esaurire nello stretto giro di qualche mese".

Entrando nel dettaglio: in materia di sanità la definizione delle competenze tra i vari soggetti che agiscono nel territorio - rimarca il presidente del Civ INAIL Lotito - è legata all'ancora mancante definizione dell'accordo quadro della Conferenza Stato/Regioni...
"Credo sia opportuno fare uno sforzo di realismo e capire che alcuni tempi lunghi sono 'obbligatori'. Però credo anche che il processo di INAIL relativo alla definizione di un nuovo concetto di riabilitazione del soggetto infortunato - che abbiamo voluto esplicitare in modo preciso nel decreto legislativo 106 - è una finalità che l'Istituto stia già perseguendo. Spesso le previsioni ottimistiche delle norme di legge non possono essere rigidamente rispettate, ma questo per la semplice ragione che i passaggi istituzionali da adempiere sono tanti, soprattutto in un paese dalla forte rappresentanza sindacale come il nostro. Questo, naturalmente, non significa che non si debba richiamare, quando è il caso - come spesso fanno i politici - le amministrazioni a una maggiore celerità".

Altro fronte "caldo" per l'Istituto: la possibilità di disporre in modo autentico dei due miliardi di risorse stanziate dalla determina 98 del 13 ottobre 2010 del presidente Sartori e destinate, per metà, agli investimenti di ricostruzione in Abruzzo...
"In tal caso posso dare una risposta solo a titolo personale perché la struttura che si interfaccia con l'INAIL in tale ambito non è quella in cui lavoro. Ritengo senza dubbio che una semplificazione delle procedure decisionali e di impegno di spesa sia necessaria, e anzi rappresenti una delle priorità da realizzare per consentire all'Istituto di utilizzare con rapidità le proprie risorse. Un intervento del genere - lo ricordo - è stato già fatto per alcuni investimenti in materia di salute e sicurezza, riuscendo a rendere le procedure più celeri: un esempio è rappresentato dai 60 milioni di stanziamenti relativi al primo "Click day" e - a nome del ministero del Lavoro - non posso che essere molto contento che altri 180 milioni vengano messi a disposizione nel prossimo bando. A mio parere si tratta di un bel segnale".

Quindi intervenire si può?
"A mio parere, mi sembra che in questa direzione ci stiamo già muovendo.
Però bisogna anche essere chiari. La 'semplificazione' - ma qui non faccio assolutamente riferimento alle richieste avanzate dai vertici dell'Istituto - non può andare a scapito delle regole che un soggetto pubblico deve comunque rispettare. Sollecitare il ministero del Lavoro a snellire la burocrazia è opportuno, e di certo rappresenta una richiesta che trova nel dicastero un interlocutore disponibile, ma questo non potrà mai tradursi in una 'deregolamentazione' di procedure che, per essere attuata, dovrebbe andare necessariamente a favore di tutto il settore pubblico, e non di un solo soggetto. Ciò non toglie che, nel caso dell'INAIL, possiamo impegnarci - come stiamo facendo - per rendere più agevoli alcuni passaggi e più rapidi i collegamenti tra noi e l'Istituto. Ma, per quanto più snelli, i processi amministrativi alla fine rimangono tali. Per essere ancora più chiaro, attraverso un esempio: il ministero può essere d'accordo su un dato investimento, ma non potrebbe comunque mai saltare il passaggio della Corte dei Conti".

Lo stesso discorso vale per la legge Brunetta in relazione ai tagli del personale dell'Istituto, secondo il presidente Sartori e il direttore generale Lucibello ormai alla soglia limite?
"Certo, perché anche la riforma Brunetta coinvolge tutto il sistema pubblico. Mi rendo conto che il momento storico ed economico non è semplice, ma credo che in generale - almeno per quanto riguarda il ministero del Lavoro - sia possibile trovare spazio per potere favorire l'attività alla quale è chiamato l'INAIL per rendere alcuni passaggi più rapidi. Anche perché, alla fine, operiamo per uno stesso obiettivo comune: arrivare a sostenere quanto più possibile l'attività di prevenzione, attività che è sinonimo di più salute e sicurezza a favore dei lavoratori. Le richieste dell'INAIL sono condivise: quello che è essenziale è trovare insieme il modo migliore per intervenire".

(ls/roma)


http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SALASTAMPA&nextPage=Prodotti/News/2011/INAIL/info465225479.jsp




sabato 22 ottobre 2011

Viareggio: perché siamo qui anche oggi

Perché siamo qui anche oggi
a fianco dei familiari delle vittime della strage di Viareggio?

Innanzitutto, perché abbiamo il dovere di sostenerli in questa difficile, complessa, lunga e sofferta battaglia.
Poi perché abbiamo il diritto di esprimere il nostro punto di vista come cittadini/e, lavoratori e lavoratrici.
I familiari hanno diritto ad arrivare quanto prima alla fine di questa vicenda, tanto tragica quanto annunciata. Arrivare alla fine quanto prima e bene.
Prima perché non si assista a volgari spettacoli (lungaggini, ostacoli .), o addirittura ad infami spettacoli con leggine su processi brevi, lunghi, prescrizioni, ecc. Bene perché non può concludersi come tante altre stragi rimaste impunite (vedi ad esempio la Moby Prince a Livorno). Bene anche nel senso che non è pensabile che ad essere rinviati a giudizio siano, ancora una volta, solamente e soltanto le ultime ruote del carro. Questo fatto rappresenterebbe un'altra grave offesa ai familiari.
Debbono, legittimamente e giustamente, essere rinviati a giudizio e "pagare"
il loro conto ( possibilmente salato) i veri e principali responsabili dell'immane tragedia del 29 giugno 2009.
In questi mesi abbiamo assistito, tra l'altro, anche ad ogni sorta di intimidazione, pressione, minaccia, ricatto da parte di indagati, di società coinvolte, di assicurazioni.
E questo è semplicemente i-na-cce-tta-bi-le!
Spostamento del processo, rallentamento della "legge Viareggio", pressioni delle assicurazioni, rappresaglie sanzionatorie . .
Dei due ferrovieri/consulenti uno è stato costretto ad abbandonare, l'altro ha subìto una pesante sanzione all'insegna del "colpiscine uno per educarne 100".
Per non aver alzato bandiera bianca ora è di fronte ad una nuova contestazione disciplinare. Dopo la sospensione vi è il licenziamento.
Auspichiamo che le intimidazioni prima, la sanzione poi e una ulteriore rappresaglia domani (in senso stretto) non debbano rappresentare un avvertimento (per l'oggi e per un domani) nei confronti degli altri impegnati nell'iter processuale in corso (a cominciare dalle conclusioni dell'incidente probatorio) nella ricerca di verità e giustizia. A buon intenditor poche parole .
Vigileremo affinché qualsiasi provocazione sia respinta al mittente.
La denuncia, la solidarietà, l'unità e la mobilitazione sono state, sono e saranno le nostre "armi" di autodifesa e di "offesa" in questa battaglia per la sicurezza, la verità, la giustizia.

19 ottobre 2011
Assemblea 29 giugno

venerdì 21 ottobre 2011

FS: SICUREZZA GALLERIE AV FIRENZE-BOLOGNA, SEGNALATE CARENZE EQUIPAGGI TRENI FRECCIA ARGENTO

ancora
IN MARCIA !
GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908
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I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA (RLS) DI MACCHINISTI E
CAPITRENO HANNO SOLLEVANO ANCORA UNA VOLTA LA QUESTIONE DELLA
SICUREZZA IN GALLERIA IN RELAZIONE ALLA CORRETTA E COMPLETA COMPOSIZIONE
DEGLI EQUIPAGGI DEI TRENI CHE CIRCOLANO NELLE GALLERIE A.V. TRA FIRENZE E BOLOGNA

LA RICHIESTA RIGUARDA LE SETTIMANE SCORSE - ED IN PARTICOLARE LE GIORNATE DELLO SCIOPERO
NAZIONALE DEL 17 E 18 SETTEMBRE SCORSO - QUANDO PER TENTARE DI ARGINARE GLI EFFETTI
DALL'ELEVATO NUMERO DI ADESIONI, I TRENI POTREBBERO AVER VIAGGIATO CON "EQUIPAGGI NON COMPLETI
E/O NON COMPLETAMENTE FORMATI SULLE LINEE DA PERCORRERE, ED IN PARTICOLARE SULLE
PROCEDURE DI SICUREZZA PER LE LINEE E LE GALLERIE ALTA VELOCITÀ", TRA FIRENZE E BOLOGNA

ANALOGA SEGNALAZIONE ALL'AGENZIA NAZIONALE PER LA SICUREZZA FERROVIARIA ERA STATA EFFETTUATA
DAL SINDACATO ORSA, PER IL QUALE "L'EVENTUALE CONFERMA DELLE IRREGOLARITÀ SEGNALATE
COMPORTEREBBE UN PREOCCUPANTE DEGRADO DELLA SICUREZZA FERROVIARIA"

I DELEGATI HANNO SOTTOLINEATO L'OBBLIGO DEL DATORE DI LAVORO AD UTILIZZARE SOLO
FERROVIERI APPOSITAMENTAMENTE INFORMATI, FORMATI ED ADDESTRATI AL PRIMO SOCCORSO ED ALLA
PREVENZIONE INCENDI, SECONDO IL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE RISCHI (DVR), IL PIANO DI EMERGENZA
INTERNA (PEI) DELLE GALLERIE E I SISTEMI DI GESTIONE DELLA SICUREZZA (SGS) ... leggi tutto
leggi le lettere degli RLS

Per il processo Truck Sistem contro Eni Molfetta del 24

Invitiamo tutte le realtà del territorio a partecipare a questa assemblea
La Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro- polo di Taranto proporrà in questa sede una campagna e una iniziativa regionale per il processo di Molfetta e per la strage di Barletta

info. 347-1102638
Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro bastamortesullavoro@gmail.it
sede c/o Slai cobas per il sindacato di classe Taranto via Rintone 22
cobasta@libero.it - 347 -1102638

giovedì 20 ottobre 2011

Strage di Viareggio. I familiari accusano le Ferrovie: «Corresponsabili»

Giovedì 20 Ottobre 2011 07:54

Strage di Viareggio. I familiari accusano le Ferrovie: «Corresponsabili»

di Riccardo Chiari *

Hanno denunciato la nuova contestazione disciplinare al ferroviere-consulente Riccardo Antonini che ha continuato a seguire, in loro difesa, l'incidente probatorio sulla strage di Viareggio. Inoltre,

alla vigilia del deposito della perizia dei professori Vangi e Licciardello incaricati dal Tribunale di Lucca, di fronte al montare delle indiscrezioni «innocentiste» almeno per quanto riguarda il gruppo Fs, hanno voluto organizzare una conferenza stampa. Per dire che loro, i familiari delle vittime, si sono fatti un'idea precisa sulla rottura della sala montata, sulle verniciature dell'assile e sulla foratura della cisterna. Insomma sulle concause del disastro ferroviario che il 29 giugno 2009 uccise 32 persone e ne segnò indelebilmente decine e decine. Un giudizio che collima con l'analitica relazione di oltre 450 pagine depositata nei giorni scorsi dall'ingegner Paolo Toni, consulente tecnico della procura lucchese. Una relazione che conferma in toto l'ipotesi accusatoria del procuratore Aldo Cicala e dei sostituti Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino:

tutte le società coinvolte nel disastro, dalla multinazionale Gatx proprietaria dei vagoni merci alla Jungenthal che avrebbe dovuto controllarne lo stato, fino al gruppo Fs sulle cui rotaie avvenne il deragliamento, sono da ritenersi corresponsabili di quanto accadde quella terribile, interminabile notte di fuoco e di morte.

La conferenza stampa dei familiari delle vittime, riuniti nell'associazione «Il mondo che vorrei» e guidati da Daniela Rombi, si è svolta in palazzo Comunale a Viareggio. Appuntamento istituzionale quindi, con il sindaco Luca Lunardini e il presidente provinciale Stefano Baccelli. Dal quale sono arrivate parole chiare: «Secondo la Provincia di Lucca, che è parte civile al processo, la relazione dell'ingegner Toni è coerente con quanto rilevato dal nostro consulente Fabrizio Derrico. Inoltre è impeccabile sia dal punto di vista metodologico che per i criteri scientifici adottati. Offre tutte le risposte alle nostre domande sui perché dei disastro. Comprovando la corrosione dell'assile del carro cisterna deragliato, la sua mancata manutenzione, e la determinante presenza del picchetto di regolazione delle curve che, sia per Toni che per Derrico, ha provocato lo squarcio nella cisterna carica di gas propano liquido».

da "il manifesto" del 20 ottobre 2011

Umbria Olii, chiesti 12 anni per Del Papa

Il processo

Umbria Olii, chiesti 12 anni per Del Papa

L'ex ad accusato di omicidio colposo plurimo e altri reati, fra cui il procurato incendio, per la morte di quattro operai a Campello sul Clitunno. Dopo l'incidente chiese un risarcimento milionario ai familari delle vittime. La sentenza fra due o tre mesi

di rassegna.it

La procura di Spoleto (Perugia) ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione per l'ex amministratore delegato della Umbria Olii, Giorgio del Papa, accusato di omicidio colposo plurimo e altri reati, fra cui il procurato incendio. Ne dà notizia l'Ansa. L'imprenditore deve rispondere dell'incidente avvenuto il 25 novembre del 2006 nel quale morirono quattro operai di una ditta esterna nello stabilimento di Campello sul Clitunno.

Del Papa, che ha sempre rivendicato la correttezza del proprio comportamento, dopo l'incidente chiese un risarcimento milionario ai familiari delle vittime.

I magistrati hanno chiesto per lui anche un'ammenda di 600 euro per il mancato rispetto delle norme antinfortunistiche e il riversamento di rifiuti nell'ambiente circostante la fabbrica che raffinava olio di sansa.

La tragedia avvenne nel piazzale dello stabilimento. Durante la sistemazione di una passerella metallica alla sommità di uno dei silo ci fu un'esplosione, seguita da un violento incendio, che provocò la morte di Maurizio Manili, 43 anni, Giuseppe Coletti, 43, Tullio Mottini, 46, e Vladimir Todhe, 44, albanese. Unico sopravvissuto, l'operaio impegnato alla gru.

Al di là di prove e valutazioni tecniche, nell'intervento del procuratore capo Gianfranco Riggio sono emerse considerazioni sulla condotta dell'imputato e dei suoi difensori. “È inammissibile anche sotto il profilo umano - ha detto Riggio - che si possa chiedere un risarcimento milionario alle famiglie delle vittime. Mi auguro che un simile esempio non venga seguito da nessun altro in episodi simili a questo: sarebbe come se un automobilista, dopo avere investito e ucciso un passante, chiedesse subito alla famiglia delle vittima i danni per riparare l'auto”.

L'azienda aveva infatti chiesto ai familiari delle vittime e all'unico sopravvissuto un risarcimento di 35 milioni di euro, sostenendo la tesi dell'errore nell'uso della fiamma ossidrica utilizzata per i lavori. Istanza poi respinta dalla magistratura spoletina.

Dopo le richieste della procura hanno parlato i legali che rappresentano i parenti delle vittime come parti civili. Gli avvocati, oltre a ribadire l'esigenza di una “condanna esemplare”, hanno chiesto un risarcimento che complessivamente si aggira sui cinque milioni di euro.

Venerdì la parola passerà alla difesa di Del Papa. La sentenza dovrebbe arrivare fra due-tre mesi.

mercoledì 19 ottobre 2011

PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 17 OTTOBRE

La seduta odierna, che inizia alle ore 9:20 - e vede la gradita presenza di una giornalista e di un operatore della Rsi (Radiotelevisione della Svizzera Italiana) - prevede la seconda parte dell'arringa dell'imputato genocida svizzero, Stephan Schmidheiny, affidata alla sapiente lingua dell'avvocato romano Di Amato senior.
Prima però intervengono due avvocati di parte civile che annunciano la revoca totale della costituzione in giudizio di tre loro assistiti - nonché di quella parziale di un altro - poiché sono state risarcite in questi giorni.
Subito appresso prende la parola l'avvocato Di Amato senior che annuncia - con la sua terribile voce, che oggi risulta ancora più fastidiosa dell'udienza scorsa - di essere intenzionato ad "esaminare i fatti oggetto del processo senza nessun intento di venir meno al doveroso rispetto per le vittime".
E' appena il caso di far notare come - se quello fosse il suo reale intento - egli dovrebbe rinunciare al diritto di difesa, rimettendosi alla clemenza della Corte, data la quantità di prove raccolte dalla Procura della Repubblica.
I fatti sono le oltre tremila morti in Italia, causati dal comportamento, incontestabilmente criminale, tenuto dal suo cliente nella qualità di datore di lavoro, ossia di colui che aveva il potere di impartire direttive imperative ai suoi sottoposti in Italia.
Questi erano direttamente controllati dal gruppo svizzero, guidato dall'imputato spacciatore di morte da asbesto - dovuta all'omissione dolosa di cautele antinfortunistiche - e a nulla può valere la ricostruzione, suggestiva ma fantasiosa, di uno Schmidheiny molto attento alla salute sul luogo di lavoro.
Le prossime udienze, che avranno luogo lunedì ventiquattro e martedì venticinque prossimi, vedranno la conclusione delle arringhe difensive ed il deposito del testo scritto delle stesse: anche quello dell'avvocata Romani, oggi assente.
Torino, 17 ottobre 2011
Stefano Ghio - Rete sicrurezza Torino c/o Slai Cobas per il sindacato di classe To/Mi/Bg/Gehttp://pennatagliente.wordpress.com

giovedì 13 ottobre 2011

Muore travolto da schiacciasassi


La tragedia a Villa Guardia, nel comasco

Travolto da uno schiacciasassi che si è improvvisamente ribaltato su un prato in leggera pendenza. Inutili i soccorsi: Alessandro Giaquinta, operaio di 42 anni residente a Rozzano (Milano), è morto sul colpo. L'incidente sul lavoro è avvenuto questa mattina (13 ottobre) alle 9.30 a Villa Guardia (Como). L'uomo era dipendente di un'impresa milanese impegnata in lavori per la fognatura. Ne dà notizia l'Ansa.

mercoledì 12 ottobre 2011

Barletta, corteo e contraddizioni - Il ruolo improprio della chiesa

Crollo di BarlettaDiecimila in corteoper ricordare vittime

BARLETTA - E' partita come previsto alle 20 la fiaccolata in memoria delle
cinque vittime del crollo della palazzina di Via Roma a Barletta. In testa
al corteo, seguito da migliaia di cittadini, ci sono i famigliari delle
vittime che sostengono uno striscione con i ritagli degli articoli dei
giornali che parlano delle loro donne. Ci sono scritti i nomi delle quattro
operaie e della ragazzina: «Antonella, Giovanna, Matilde, Maria Pina: siete
cinque angeli e vegliate su Barlettà. Resterete per sempre nei nostri
cuori».

Alla partenza del corteo il parroco della chiesa di San Giacomo, don Sabino
Lattanzio ha detto al megafono che «se queste cinque donne sono morte non
c'entra il lavoro nero, ma la superficialità di chi avrebbe dovuto compiere
i controlli». «Non siamo un popolo di incivili così come anche
involontariamente qualcuno ci ha fatto apparire - ha detto ancora - siamo un
popolo onesto che lavora onestamente, viviamo di poco, le famiglie si
aiutano, i genitori mantengono i figli sposati, ma viviamo onestamente».
«Vogliamo sostenere le vittime di questa sciagura - ha detto ancora - lo
testimoniamo facendo questo percorso silenzioso con le torce accese, segno
di speranza». Il servizio d'ordine del corteo è svolto dalla polizia e dalla
tifoseria organizzata della squadra di calcio cittadina.

Il corteo, cui secondo le forze dell'ordine partecipano circa 10.000
persone, è arrivato nella cattedrale che è stracolma tanto che molte persone
sono rimaste sul sagrato e nella piazza antistante. Attorno all'altare è
disposta una ventina di persone, amici e familiari delle cinque vittime che
indossano una maglia nera con la scritta 'verità e giustizià.

I banchi e le navate della chiesa sono colmi e lungo la navata sinistra sono
stati disposti gli striscioni portati in corteo. Alla fiaccolata ha
partecipato, senza la fascia tricolore, anche il sindaco di Barletta, Nicola
Maffei, che nei giorni scorsi, a conclusione del funerale delle cinque
vittime, era stato contestato dai cittadini che accusano l'amministrazione
comunale di non avere preso i provvedimenti necessari ad evitare la strage.

«Vogliamo dare una scossa alla città, farla svegliare perchè - ha detto la
portavoce del comitato 'verità 3 ottobre 2011', Maria Lanotte - come ha
detto un nostro concittadino missionario, è solo il popolo che salva il
popolo». Lanotte ha spiegato poi che si è deciso di unificare il corteo con
la cerimonia religiosa perchè «volevamo - ha detto - che lungo la fiaccolata
ci fosse un sacerdote ad accompagnarci nelle preghiere».

PROCESSO ETERNIT: UDIENZE DEL 10 E 11 OTTOBRE


Quelle delle due giornate indicate in oggetto sono le prime sedute dedicate alle arringhe dei difensori degli imputati genocidi: lo svizzero 64enne Stephan Schmidheiny, ed il 90enne barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne.
Per prima viene analizzata la posizione di quest'ultimo, la cui causa viene perorata dal 'principe del foro' avvocato Zaccone; costui, non appena viene investito della facoltà di parola, annuncia - alla presenza di un ospite di eccezione, l'avvocato Ezio Audisio (già coordinatore del collegio difensivo dei padroni assassini della Thyssenkrupp) che seguirà la maggior parte dello sproloquio - la sua volontà di discutere tre ordini di questioni: inizierà con la posizione del suo assistito rispetto all'intero procedimento (per il quale chiederà l'assoluzione per non avere commesso il fatto), per poi successivamente entrare nello specifico degli articoli di cui ai capi di imputazione (per i quali chiederà la sopravvenuta prescrizione poiché, secondo lui, il pericolo sarebbe cessato nel momento in cui l'Eternit Italia S.p.A. ha cessato la produzione. Assurdo: il pericolo continua fino all'avvenuta totale bonifica dei siti contenenti amianto).
In subordine, il legale chiede che sia revocata l'ordinanza del Tribunale - datata 10 dicembre 2009 - che ha accolto la modifica, richiesta dal pm, del capo di imputazione in modo da circoscrivere la consumazione dei reati contestati al periodo 1966-1972; la domanda è volta a riportare la data di inizio dei crimini alla data del 1952: se venisse accolta questa assurda pretesa, ne deriverebbe l'obbligo della Corte di dichiararsi incompetente territorialmente, con la conseguenza dell'imperativo di trasmettere tutti gli atti del processo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Casale Monferrato.
L'avvocato - che possiede persino il suo 'schiavetto personale' che gli porta in aula la toga, come si è potuto apprezzare nell'udienza dell'undici ottobre - dimentica volutamente che il barone è sotto processo nella sua qualità di amministratore di fatto della Eternit Italia S.p.A., che gli deriva dal fatto di essere ad della Compagnie Financière Etérnit, carica da lui detenuta dal 26 giugno 1966 al 26 ottobre 1972: pertanto è questo il periodo in cui lo si deve ritenere il datore di lavoro, e quindi deve essere condannato alla pena più pesante possibile; sarà comunque sempre troppo poco, rispetto a quanto meriterebbe in relazione alla sua condotta criminale.
Certo è che, anche in questo caso, gli argomenti difensivi devono essere ben blandi, se il Zaccone è costretto - per far apparire il barone come una persona sostanzialmente di animo gentile - a raccontare la clamorosa balla della sua partecipazione alla Resistenza belga.
Il 'principe del foro' asserisce che il suo cliente fu fatto prigioniero dai tedeschi e, portato in un campo di concentramento, riuscì a fuggire; successivamente catturato dai "russi" - mi piacerebbe sapere perché mai i sovietici avrebbero dovuto imprigionare un partigiano - venne da questi inquadrato in una specie di Legione straniera.
Fin qui parrebbe una storia quasi verosimile, se non fosse che il legale vuole strafare, e così finisce con lo scivolare sulla classica buccia di banana; il gran colpitore di testa - nel corso della sua lunghissima esposizione, durata ben più di quattro ore, nella concitazione dei momenti colpisce ben tre volte il microfono - asserisce che il suo assistito avrebbe partecipato alla liberazione di Berlino, il 5 maggio 1945: peccato che la bandiera rossa fu issata sul Reichstag il trenta aprile, e la capitolazione di Berlino sia datata due maggio... se anche fosse vero l'episodio, sarebbe arrivato con tre giorni di ritardo, non partecipando proprio ad un bel niente!
Quando finalmente il Zaccone si degna di concludere, la parola passa all'avvocato Di Amato senior, in rappresentanza della difesa Schmidheiny.
Questi informa preliminarmente la Corte che le difese termineranno le loro arringhe entro martedì venticinque ottobre; le repliche delle parti potranno avere inizio il sette novembre.
A questo proposito, il giudice stabilisce che gli interventi delle parti civili dovranno essere effettuati nel numero di uno per ogni 'nucleo' di legali: in alternativa verrà concessa, ad ogni avvocato, la parola per due minuti.
Subito appresso il Di Amato precisa che il suo intervento porrà particolare attenzione alle eccezioni procedurali - la cui trattazione concluderà la seduta - mentre successivamente si concentrerà sui reati specifici.
Mi scuso sin da ora per la scarsa precisione che avrò nel riportare le argomentazioni del legale romano - la cui voce è assai fastidiosa ed a tratti incomprensibile, scadendo frequentemente in una specie di borbottio al confronto del quale il timbro vocale del noto radiocronista sportivo Sandro Ciotti risulta essere una melodia celestiale - ma tenterò comunque di assolvere il mio dovere informativo.
Per quanto concerne la prima parte della sua discussione, oltre alle osservazioni precedentemente addotte dal Zaccone alle quali si associa, il legale solleva addirittura una questione di legittimità costituzionale di alcuni articoli del cpp e del cp, per i quali chiede che sia la Corte costituzionale ad esprimersi in via preliminare.
E' del tutto evidente che questo rappresenta un tentativo di allungare i tempi del procedimento alle calende greche: se infatti la Corte accogliesse questa tesi, occorrerebbe sospendere il giudizio fino alla sentenza della Corte costituzionale; questo richiederebbe tempi molto lunghi, come dimostra il pregresso dei giudici della suddetta Corte.
Nella prossima udienza si ascolterà la seconda parte della trattazione dell'avvocato Di Amato senior, per poi passare a sentire la prima di Alleva (detto il mangiagomma, a causa della sua abitudine - sintomo di estrema maleducazione e strafottenza - di ruminare gomma americana per tutta la durata delle sedute).

Torino, 11 ottobre 2011


Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

c/o Slai Cobas per il sindacato di classe To/Mi/Bg/Ge

http://pennatagliente.wordpress.com

lunedì 10 ottobre 2011

RIUNIONE Comitato 5 aprile - salute e sicurezza sul lavoro

RIUNIONE Comitato 5 aprile - salute e sicurezza sul lavoro 18 ottobre ore 18
largo veratti 25 (zona marconi Roma)




-->
Il Comitato 5 aprile - snodo romano della rete per la sicurezza e la salute
sul lavoro si riunisce il prossimo
MARTEDI' 18 OTTOBRE ALLE ORE 18 presso lo spazio Usicons di Largo Veratti 25
(slargo tra viale marconi e via pincherle, vicinanze fermata metro B
MARCONI, autobus 170 e 791).


Ordine del giorno dei lavori e della riunione, proseguendo le iniziative già
in cantiere prima dell'estate.
- approfondimento e iniziativa romana da organizzare sulla vicenda del
licenziamento di Sandro Giuliani e sulle continue sanzioni ai ferrovieri,
anche
RLS (come Dante de Angelis), per l'opera di denuncia pubblica e
controinformazione nel loro settore,
si invitano i ferrovieri a garantire la loro presenza per gli aggiornamenti
necessari, nonchè sull'IN-sicurezza nelle ferrovie e servizi collegati.
- iniziativa sulla scarsa sicurezza e condizioni di salute non idonee NELLE
SCUOLE (da asili nido fino alle superiori), alla luce delle
nuove proteste che con fatica stanno collegando le mobilitazioni
studentesche con quelle di precari e precariee lavoratori dei servizi
educativi
e scolastici pubblici.
aggiornamento sul lavoro iniziato in inverno, su intreccio lavoro- salute-
immigrazione-
varie ed eventuali, (se fossero proprio necessarie). La riunione è
pubblica.

COMITATO 5 APRILE - snodo locale della rete nazionale salute e sicurezza sul
lavoro
contatti per Roma e provincia circolotlc@hotmail.com
contatti nazionali: bastamortesullavoro@gmail.com

LA PENISOLA DEL LAVORO, UNA LUNGA LINEA DI SANGUE E INDIFFERENZA

da Marco Spezia
rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro

LA PENISOLA DEL LAVORO, UNA LUNGA LINEA DI SANGUE E INDIFFERENZA

Chi vi scrive è un gruppo di persone (RLS, operai, liberi professionisti,
tecnici della prevenzione ASL, familiari delle vittime del lavoro), che ha
cercato e cerca in tutti i modi e con un impegno quotidiano, di tenere viva
l' attenzione sulla carenza di prevenzione, protezione e sul dramma delle
morti sul lavoro, chiamate ancora ed inaccettabilmente "morti bianche".

L' uso dell' aggettivo "bianco" è fuorviante e sbagliato, perché sono
sporche, di calcinaccio, di nerofumo, di terra e di sangue, inaccettabile
perché allude all' assenza di una responsabilità per l' accaduto: NESSUN
RESPONSABILE, NESSUN COLPEVOLE, NESSUNA GIUSTIZIA!!!

Quello che non si dice in modo chiaro e netto e non si scrive mai abbastanza
è che i morti sul lavoro quasi mai sono dovuti alla fatalità o alla
"leggerezza" delle vittime (quasi che per una leggerezza fosse plausibile
una sorta di "pena di morte" immediata, sul campo e senza processo), ma il
più delle volte sono causati dalla decisione dei responsabili di "tagliare",
sia nelle risorse sia nei tempi di lavorazione, imponendo prestazioni sempre
più elevate e veloci, consapevoli del rischio conseguente sulla prevenzione,
formazione e sicurezza
Andrebbero quindi chiamati col loro nome e molti sarebbe giusto definirli
omicidi, di cui questo governo è corresponsabile, con la sua politica di
risparmi e tagli fatta sulla pelle delle persone.

Quello che non si dice e non si scrive è che esistono da anni leggi, norme
tecniche, procedure, che se applicate correttamente porterebbero il rischio
di infortunio e di malattia professionale a livelli enormemente più bassi
rispetto agli attuali, ma che da parte degli imprenditori non c' è la
volontà di farlo, così come da parte del governo non c' è la volontà di
intensificare le misure di promozione e controllo, aumentando le risorse
delle ASL, affinché queste norme siano rispettate, sia in termini economici,
che di persone e in particolare di tecnici della prevenzione, in barba agli
impegni assunti solennemente in Parlamento (Ordine del Giorno della Legge
123/07 per reinvestimento delle somme delle sanzioni ex D.Lgs.758/94).
C' è bisogno di più risorse, per maggiori verifiche e migliori programmi di
ricerca.

La sicurezza sul lavoro è importante, purtroppo non viene presa molto in
considerazione: molti datori di lavoro la considerano un costo per l'
azienda insopportabile da tagliare, non un valore su cui investire, i mezzi
d' informazione ne parlano raramente e solo quando accadono gravi infortuni
mortali; non c' è (e non viene favorita) cultura della sicurezza nei luoghi
di lavoro e la politica, il governo in particolare, ne parlano solo quando
costretti dagli eventi, con un insopportabile atteggiamento ipocrita, che fa
pensare alle "lacrime di coccodrillo".

Partiamo da qui e quando parliamo e scriviamo di sicurezza è bene chiarire
dove stanno i meriti e le colpe di ciascuno, sapendo (e sottolineando) che
il calo nelle morti registrato dall' INAIL negli ultimi due anni è
certamente un risultato importante, ma non è certo merito del ministro
Sacconi, che in questi tre anni di intenso e silenzioso lavoro ha
smantellato a colpi di decreti il Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs.81/08)
e da ultimo ha banalizzato la sicurezza con la campagna in cui il suo
Ministero dice che "la sicurezza la pretende chi si vuole bene" (come se
fosse un problema di mancanza di amor proprio, ed anzi sottendendo che la
responsabilità della sicurezza è spostata dal datore di lavoro al
lavoratore).

E l' INAIL ci fornisce dei dati sugli infortuni e le morti sul lavoro molto
ottimistici, ma fortemente sottostimati, perché tengono conto solo degli
infortuni denunciati, come è stato sottolineato anche del Presidente dell'
INAIL stesso, visto che gli infortuni che appartengono nel sommerso,
ammontano a circa 200.000 ogni anno: un enormità. Senza contare i morti
ancora nel sommerso che sfuggono ad ogni statistica ufficiale!!!

Oltre a questo, occorre considerare che il calo degli infortuni è in gran
parte dovuto anche alla contrazione del numero di occupati e delle ore
lavorate derivanti dalla crisi economica, alla delocalizzazione dei siti
produttivi, allo spostamento dei lavoratori "regolari" verso settori meno a
rischio.
Peccato che di queste cose l' INAIL non ne tenga conto, anche se standard
tecnici richiedano di analizzare il fenomeno infortunistico non in termini
assoluti, ma proprio in funzione dei parametri di cui sopra.
Se analizziamo tali dati (fonte Carmine Tomeo su Articolo21) scopriamo che
considerando i dati dell' ISTAT su ore lavorate e numero di lavoratori
dipendenti, la fredda statistica racconta che il 2010 ha fatto registrare
25,6 infortuni ogni milione di ore lavorate, praticamente come il 2009
(quando erano stati 25,9) e che i dati infortunistici non migliorano, se
messi in rapporto con il numero di lavoratori, per cui, ogni 100.000
dipendenti si sono infortunati in 41 nel 2010, come nel 2009. E per ogni
100.000 dipendenti, nel 2010 sono morte sul lavoro poco più di 5 persone
(5,5 è il rapporto nel 2009).

L' INAIL ha un "tesoretto", derivante dagli avanzi di bilancio annuale, che
ammonta a circa 15 miliardi di euro, con avanzi di bilancio, che arriva alla
considerevole cifra di circa 2 miliardi di euro l' anno.
Purtroppo questi soldi, non vengono spesi per aumentare le rendite da fame
agli invalidi del lavoro, alle famiglie dei morti sul lavoro, ma sono
depositati in un conto infruttifero della Tesoreria dello Stato, e possono
essere spesi, solo per ripianare i debiti dello Stato e anche questa è una
vergogna!!!

Inoltre, c' è un dramma molto spesso sottovalutato, cioè quello delle
malattie professionali, che ogni anno fanno migliaia di morti.
Per l' anno 2010, c' è un nuovo record delle malattie professionali con un
incremento del 22%, pari a 42.347 denunce: 7.500 circa in più rispetto al
2009 e oltre 15.000 rispetto al 2006: cioè il 58% in più.

Crediamo che sia fondamentale investire in "cultura", in educazione del
lavoro.
In questo Paese manca quel minimo di consapevolezza, di forza, che permetta
a chi lavora di alzare la testa e dire a chi sta in ufficio "NO! Questo non
lo faccio perché è pericoloso!".
Abbiamo trascorso troppo tempo con la testa bassa, piangendo in silenzio le
morti dei colleghi e abbracciando i loro cari, senza reagire.
Investire in cultura significa poter un giorno arrivare a rompere il ricatto
di chi ci dice "O lo fai o te ne vai!".

Come cittadini e "addetti ai lavori" ci auguriamo che almeno in materia di
sicurezza, formazione e prevenzione sul lavoro ci sia il coraggio, la
volontà e il senso di responsabilità da parte di tutti (partiti, parti
sociali, media, associazioni, movimenti), di mettere da parte le discussioni
spesso stucchevoli di questi mesi, perché il continuare a tacere in modo
omertoso su questo argomento in "una Repubblica democratica fondata sul
lavoro" , che però in concreto non tutela proprio i cittadini che con il
loro lavoro ne rappresentano le fondamenta, significa di fatto divenire
complici di questi omicidi, in attesa della prossima Thyssen Krupp ...

E noi questa responsabilità morale non la vogliamo !

FIRMATARI:
Bazzoni Marco: RLS
Coppini Andrea: RLS
De Angelis Dante: RLS
Di Nucci Vincenzo: tecnico prevenzione ASL
Gandolfi Claudio: RLST
Pratelli Massimo: figlio di Pratelli Carlo morto sul lavoro il 26/06/06
Serranti Patrizia: consulente, RSPP e tecnico della sicurezza
Spezia Marco: ingegnere, libero professionista e tecnico della sicurezza

PRIMI ADERENTI:
Barbieri Federica: Associazione Famiglie Esposti Amianto (AFEA)
Benvenuti Esther: Croce Rossa Italiana
Boccuzzi Antonio: ex operaio Thyssen Krupp
Cardellini Luca: RLS / RLST
Carpentiero Gino: Medicina Democratica
Cirio Corrado: tecnico della prevenzione ASL
Ciulli Luigi: RLS Camera dei deputati e ingegnere della sicurezza
Coletti Lorena: sorella di Coletti Giuseppe morto sul lavoro il 25/11/06
Corradino Stefano: giornalista di Articolo21
Cortese Daniela: RLS
Crociati Marco: presidente Cassa di Solidarietà Ferrovieri
Cufari Filippo: RLS
Cuomo Maria Antonietta: vedova di Acampora Nicola, morto sul lavoro il
28/10/10
D' Amico Rosario: figlio di D' Amico Antonio, morto sul lavoro il 06/03/02
De Vincenzi Emanuela: sorella di De Vincenzi Celestino, morto sul lavoro il
09/09/09
Di Persio Samanta: autrice del libro "Morti Bianche"
Federzoni Antonella: mamma di un ragazzo che "non si è voluto bene"
Grillo Giuseppe: RLS
Marota Graziella: mamma di Gagliardoni Andrea morto sul lavoro il 20/06/06
Morisi Leo: ex Responsabile SIRS-RER
Parrini Valeria: Associazione Ruggero Toffolutti per la Sicurezza sul Lavoro
Pileggi Leopoldo: operaio
Pompei Renato: cittadino per la sicurezza sul lavoro e del lavoro
Raimondo Raffaele: libero professionista,
Vitale Anna: moglie di Di Lorenzo Giovanni morto sul lavoro il 26/07/07


domenica 9 ottobre 2011

Morti sul lavoro a Sabbio e ospedale e sulla Tenaris

Sabbio, operai morti per l'amianto
Condannati 3 dirigenti ex Dalmine

7 ottobre 2011
• Cronaca
Tre condanne per omicidio colposo plurimo e
lesioni personali colpose nei confronti di tre dirigenti dell'ex
Dalmine a conclusione della vicenda processuale relativa alla morte per
asbestosi e mesotelioma pleurico - causata da inalazione da amianto -
di 16 operai del reparto di Sabbio dell'ex Dalmine, e della malattia di
un loro collega.

Il giudice Aurelia Del Gaudio ha sostanzialmente
accolto le richieste del pm Franco Bettini. I tre dirigenti succedutisi
dal 1961 al 1980 sono: Giuseppe D'Antoni, 86 anni di Cenate Sotto,
direttore dello stabilimento di Sabbio dal 1961 al 1965 condannato a 3
anni (8 mesi condonati); Giorgio Lania, 76 anni di Bergamo, membro del
comitato di gestione del reparto di Sabbio dal 1973 al 1975 condannato
a 2 anni e 6 mesi (5 mesi condonati), e Massimo Pugliese, 83 anni, di
Valverde (Pavia), direttore dello stabilimento dal 1976 al 1980 al
quale il giudice ha comminato 2 anni e 4 mesi (3 mesi condonati).

Il
pm aveva chiesto rispettivamente la condanna a due anni e due mesi, due
anni e sei mesi, e due anni e quattro mesi di reclusione. Tra l'altro
si tratta degli stessi tre ex dirigenti condannati in primo grado nel
2005 per fatti analoghi, ma relativi alla morte di altri 18 operai e
alla malattia di tre: in particolare D'Antoni era stato condannato a
due anni, un mese e 15 giorni, Lania e Pugliesea un anno, 9 mesi e 15
giorni, tutti con pena sospesa. La sentenza è ancora pendente in
appello.

Secondo l'accusa, nello stabilimento di Sabbio della Dalmine
si forgiavano tubi speciali che venivano raffreddati con «coperte» che
contenevano amianto: il contatto costante e l'inalazione delle fibre
avrebbe portato alla malattia dei 17 operai. Ai tre ex dirigenti è
stato contestato il fatto di non aver preso tutte le precauzioni
necessarie e tutti gli accorgimenti per evitare l'inalazione e il
contatto con l'amianto, pur in presenza già negli Anni ‘60 di forti
sospetti sulla pericolosità e sul rischio neoplastico. Analogo il
parere delle parti civili: si tratta per i familiari delle vittime
degli awocati Luciano Ongaro, Giovanna Agnelli e Aldo Arena, e per i
sindacati degli avvocati Giuseppe Cattalini e Valentina Ponte.

Il
processo non può comunque dirsi ancora concluso. Il giudice Del Gaudio
ha infatti ravvisato la sussistenza di responsabilità in concorso da
parte dei legali rappresentati della Dalmine del periodo esaminato in
sede giudiziale (anni Sessanta e Settanta), ed ha pertanto rinviato gli
atti al pubblico ministero affinchè approfondisca il caso.


Morto ai
Riuniti, cinque a processo
Rinviati a giudizio per il decesso in
cantiere di Mario Soggiu
05 ottobre 2011 | cronaca

Si
difenderanno a processo, udienza dopo udienza, come deciso dal gup
Patrizia Ingrascì. Sono i cinque imputati, di cui tre bergamaschi, per
la morte di Mario Soggiu, l’operaio sardo che ha perso la vita nel
cantiere del nuovo ospedale di Bergamo, il suo primo giorno di lavoro.
Il giudice dell’udienza preliminare ha rinviato a giudizio tutti e
cinque gli imputati: si tratta del responsabile per la sicurezza della
società Dec, la capofila delle aziende che sta realizzando il Beato
Papa Giovanni; del capo cantiere, dell’assistente capo cantiere, del
coordinatore alla sicurezza per la progettazione e l’esecuzione dei
lavori per conto del nuovo ospedale, e del responsabile dei lavori
degli Ospedali Riuniti di Bergamo.
Sarà quindi a dibattimento che l’
accusa retta dal pm Maria Cristina Rota e le difese degli imputati di
omicidio colposo si confronteranno, approfondendo che cos’è successo
quel 15 luglio del 2009, quando l’operaio fu trovato a terra, caduto
dal quarto piano della terza torre della struttura alla Trucca. Gli
imputati hanno scelto di non chiudere i conti con la giustizia subito,
optando per un rito alternativo che consente la riduzione della pena,
segno che ritengono ci siano margini di discussione relativamente alle
responsabilità attribuite loro dal pm. La prima udienza è stata fissata
per il 5 dicembre prossimo.
«Il giudice per le indagini preliminari ha
ritenuto fondato e solido l'impianto accusatorio rispetto alle indagini
svolte dall'Asl e dirette dalla procura di Bergamo, dopo avere
ascoltato tutte le parti, e ha deciso il rinvio a giudizio di tutti e 5
gli indagati» commenta Mirco Rota, segretario generale della Fiom-Cgil
Lombardia, che ha seguito la vicenda fin dall’inizio. Non solo dal
punto di vista dell’inchiesta penale, ma anche sul fronte del
risarcimento. «Per comprendere la complessità della vicenda è opportuno
ricordare anche quanto accaduto alla vedova Mariangela Stoccoro in
Soggiu, residente ad Alghero, che per due anni non ha ricevuto
l'indennità per la morte del marito a causa del rifiuto dell'Inail di
Sassari - ricorda una nota dell Cgil - . Il mese scorso, grazie anche
all'insistenza dei legali della Fiom Cgil, l'Inps ha fatto marcia
indietro e ha riconosciuto la prestazione». «Dopo aver vinto la causa
di Sassari - indica Rota - è estremamente importante il risultato
ottenuto oggi. A partire dalla prossima udienza faremo in modo di
dimostrare che quello dell'Ospedale di Bergamo non era un cantiere
modello ma un luogo in cui le fondamentali norme di sicurezza non erano
assolutamente rispettate e dove i lavoratori si trovavano in una
situazione pesantemente a rischio. Dimostreremo anche che per quanto
accaduto a Soggiu ci sono delle precise responsabilità». Per rendersene
conto, continua Rota, «basta dire che su tutte le torri dell'ospedale
non erano presenti parapetti e protezioni a norma di legge e in tutto
il cantiere, grande 320mila metri quadri, era pressoché inesistente la
segnaletica per orientarsi».

Per 350 esuberi Tenaris è l’ora della
verità
Mercoledì e giovedì la due-giorni sul piano industriale

08 ottobre 2011 | economia

Come parlare di corda in casa dell’
impiccato, ma 350 esuberi sono una caramella troppo amara per
succhiarla all’infinito e dopo un paio di anni, o la si sputa oppure la
si ingoia. Questo dovrà decidere la Tenaris Dalmine di qui a pochi
giorni, mercoledì e giovedì della settimana prossima, alla trattativa
convocata per aggiornare il piano industriale 2010-2011, quello dei
mille tagli, anche se in corso di trattativa i numeri erano stati
limati di un terzo (741 dipendenti da espellere) e anche se finora l’
esodo è avvenuto nella misura del 50 per cento circa, vuoi per il buon
andamento produttivo, vuoi per le garanzie fissate dall’accordo sugli
esuberi. A oggi, sono rimasti in carico alla multinazionale dell’
acciaio poco meno di 350 addetti (dei 741 di troppo) e la due-giorni
della settimana prossima servirà appunto a definire il loro futuro.
Notizie ufficiali non ne circolano, ma secondo fonti interne gli ultimi
segnali sarebbero abbastanza confortanti, buono il portafoglio clienti,
scarso l’impiego della cigs, tanto che il management guidato dall’ad
Luca Zanotti potrebbe addirittura congelare la materia, posticipandola
in tutto o in parte di un altro anno. Questa è infatti una delle
scappatoie previste dal protocollo firmato nel dicembre del 2009, in
cui sta scritta nero su bianco la possibilità di una ulteriore proroga
della cassa integrazione straordinaria, appunto per gestire in modo
morbido la riduzione del personale. Un altro caposaldo degli accordi è
il divieto di licenziamenti di massa per tutti quei lavoratori che, al
termine del percorso, rimarranno comunque in carico alla Tenaris, con
un impianto di ammortizzatori sociali che arriva in teoria fino al
2015, se calcoliamo anche l’accompagnamento alla pensione. Per questo
zoccolo duro, le ipotesi sono della cassa integrazione in deroga, dei
contratti di solidarietà oppure addirittura di un nuovo accordo che
ridefinisca la materia, magari prevedendo ulteriori forme incentivanti
per le dimissioni volontarie. Non va peraltro nascosto che, secondo il
consueto aggiornamento della Fiom Cgil Bergamo sulla crisi della
metalmeccanica, a settembre risultava la richiesta di cassa
straordinaria per oltre 1.000 dipendenti della Dalmine, rispetto a una
forza lavoro interna di circa 2.200 unità. Dal punto di vista
squisitamente industriale, il piano dei 740 esuberi ne legava una buona
parte alla chiusura del reparto Fapi (piccoli tubi) che dovrebbe essere
trasferito a Zalau, in Romania, una volta terminati gli investimenti e
ottenute le necessarie certificazioni di qualità; a Zalau si è appena
riunito il comitato sindacale mondiale Tenaris che tra l’altro ha anche
visitato lo stabilimento, riferendo poi che i lavori non sono ancora
ultimati, concedendo quindi ulteriore ossigeno ai cassintegrati
bergamaschi. Nella scorsa primavera il gruppo controllato dalla
famiglia Rocca ha rinnovato la piattaforma integrativa attraverso un
«premio ponte» che riguarda i circa 2500 lavoratori dei quattro siti
presenti in Italia (ad Arcore, Piombino, Costa Volpino e Dalmine) e
prevede il versamento di 1.000 euro in tre tranche a copertura dei due
anni in cui si è rimasti senza integrativo. La piattaforma con le
rivendicazioni sindacali era stata presentata nel dicembre 2010, dopo
mesi di preparazione e dopo la chiusura della trattativa sul piano
industriale che ha previsto investimenti (114 milioni di euro), ma
anche cassa integrazione straordinaria per due anni e mobilità
volontaria incentivata per 741 persone.