mercoledì 29 maggio 2013

Viareggio-Lucca

info a cura Rete Nazionale sicurezza e salute sui posti di lavoro e territorio
bastamortesullavoro@gmail.com

3 giugno Torino - ultima udienza e sentenza processo eternit

3 e il 4 giugno a Lucca

e appello per il 29 giugno (4° anniversario) a Viareggio


Il 27 maggio si è conclusa la prima parte dell’udienza preliminare sulla strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009 per i 33 imputati e le 9 Società coinvolte. Proprio nei giorni scorsi, la Procura aveva individuato
ed aggiunto il 33° imputato.
La Procura chiede il rinvio a giudizio per i vertici di Fs (Mauro Moretti, Vincenzo Soprano, Michele Elia, Gilberto Galloni, Mario Castaldo, Calogero Di Venuta, Angelo Pezzati, Emilio Maestrini …), di Gatx, della Jungenthal, della Cima Riparazioni. A capo del Gruppo Fs c’è l’Amministratore delegato, cav. Mauro Moretti.
Oltre alle 32 Vittime della strage di Viareggio, dal 2007 (sui binari) hanno perso la vita 37 lavoratori, decine i viaggiatori stritolati nelle ‘porte killer’ e morti in incidenti ferroviari.
Nelle udienze del 4 e 29 aprile e del 27 maggio sono state ammesse per la costituzione di parte civile 117 parti offese: familiari delle Vittime,
Rappresentanti per i lavoratori alla sicurezza (Rls) delle ferrovie, Comitato Matteo Valenti, Organizzazioni sindacali (Cgil, Filt, Orsa, Cub), Medicina democratica, ecc.
L’udienza preliminare riprende lunedì 3 giugno alle ore 09.00 al Polo fieristico a Lucca per le decisioni sul rinvio a giudizio dei 33 imputati e delle 9 società.

Martedì 4 giugno al Tribunale di Lucca, v. Galli Tassi 61,quinta udienza per la reintegrazione di Riccardo Antonini.

Dalle ore 09.30 presidio di fronte al Tribunale


Dopo 4 udienze (5 luglio, 2 ottobre 2012 e 22 gennaio, 11 marzo 2013), il prossimo 4 giugno la sentenza definitiva. Riccardo è stato licenziato il 7 novembre ‘11 per il suo impegno a fianco dei familiari nella strage
ferroviaria di Viareggio del 29 giugno ‘09 e per aver partecipato alla manifestazione del Pd a Genova il 9 settembre ‘11 conclusasi con la contestazione a Moretti.
Riccardo è stato licenziato, Moretti invece, nonostante le accuse per le 32 vittime e i numerosi feriti del disastro ferroviario, è al suo posto. Il licenziamento di Riccardo è stato la conseguenza di una permanente e
straordinaria mobilitazione finalizzata ad accertare responsabilità e verità sulla strage ferroviaria.
Riccardo è uno dei numerosi ferrovieri che in questi anni sono stati pesantemente sanzionati con multe, sospensioni, licenziamenti, per l’impegno concreto e coerente su sicurezza e salute in ferrovia. Le 32 Vittime ed i feriti del 29 giugno, fanno parte di una tragedia permanente che avviene sui binari. Il problema “sicurezza” in ferrovia è un dramma all’ordine del giorno del quale si continua a far finta di niente.
Per il 3 ed il 4 giugno a Lucca, appello alla più ampia mobilitazione, senza la quale non è possibile strappare alcun risultato. Tutti/e sono invitati a partecipare con la consapevolezza che chi lotta può anche perdere, ma chi non lotta ha già perso.

Il 29 giugno, in occasione del 4° anniversario della strage ferroviaria, dalle ore 20.45 manifestazione e corteo fino al luogo dell’esplosione. Vi aspettiamo in tanti/e.


28 Maggio 2013     - Associazione “Il Mondo che vorrei”    - Assemblea 29 giugno
- Medicina democratica - Sez. Viareggio

per contatti e informazioni: - assemblea29giugno@gmail.com  - 
danielarombi6@gmail.com

PROCESSO MARLANE MARZOTTO: PROSSIMA UDIENZA IL 31 MAGGIO



Unica teste presente in aula stamattina Mara Malavenda dello Slai cobas (sui 
sette convocati quali persone informate dei fatti), ma la sua testimonianza 
non viene accolta.

Trambusto stamattina nell’aula del Tribunale di Paola (dove era in corso l’ennesima 
udienza del processo alla “fabbrica della morte” di Praia a Mare, la Marlane 
Marzotto oggi dismessa) quando Mara Malavenda, interrompendo l’udienza, 
prova a farsi ascoltare ricevendo dal giudice la sola messa a verbale della 
sua presenza...


ALLA MARLANE DI PRAIA COME ALL’ILVA DI TARANTO: FINANZIAMENTI PUBBLICI E 
OMERTA’ DI STATO  A COPRIRE DECENNI DI MORTI COSIDDETTE BIANCHE E L’AVVELENAMENTO 
DEL TERRITORIO

Tra i testi convocati per domani figurano anche Antonio Praticò ex 
sindacalista CISL poi sindaco di Praia a Mare, Nichi Vendola Presidente 
Regione Puglia, Biagio Maiorana segretario UIL, Mara Malavenda esecutivo 
nazionale Slai cobas e all’epoca dei fatti deputato indipendente nel 1° 
governo Prodi. Autrice quest’ultima di una interrogazione sulla inquietante 
vicenda Marzotto presentata il 19  febbraio 1997 al Ministro del lavoro.


Marzotto ex Marlane di Praia a Mare - INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 
4.07657 presentata da MALAVENDA ASSUNTA (MISTO) in data 02.19.1997  

Venerdì 24 Maggio 2013 16:12
XIII Legislatura della repubblica italiana
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4.07657 presentata da MALAVENDA ASSUNTA 
(MISTO) in data 02.19.1997

Concluso, risposta ricevuta:
Dal MINISTRO MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE il 16 aprile 
1998

Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro del lavoro e della 
previdenza sociale. - Per sapere - premesso che: il 3 aprile è stato 
firmato, presso la sede della confindustria di Roma, un accordo sindacale 
relativo allo stabilimento tessile della Marzotto - ex Marlane - di Praia a 
Mare (Cosenza), istitutivo di un nuovo reparto di filatura, con assunzioni a 
contratto formazione lavoro e contestuale riduzione del personale in 
servizio; in precedenza, presso lo stesso stabilimento, sono stati 
licenziati (a partire dagli accordi del 1984) diversi lavoratori, ora 
disoccupati o mobilitati (tra questi ultimi, alcuni prossimi alla 
disoccupazione), tra l'altro con criteri del tutto arbitrari, anche per il 
trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinari (applicato senza 
rotazione nonostante lo previsioni d'intesa)...

martedì 28 maggio 2013

Casale Monferrato, Processo Eternit

Casale MonferratoProcesso Eternit, la difesa di Schmidheiny al
contrattacco
Intanto Bruno Pesce e Nicola Pondrano (Afeva) si preparano ad
una trasferta in Brasile. Lunedì prossimo la sentenza  - La penultima
udienza del processo Eternit ha visto, ieri, la consegna
da parte dell'avvocato Zaccone, difensore di Louis De Cartier De
Marchienne di un certificato, scritto in fiammingo, nel quale venniva
attestata la morte del suo assistito.  La Corted'Appelo lo ha acquisito e
nominato un perito per accertarne l'autenticità. Si tratta di un passo
formale ma obbligatorio.  Poi l'udienza è entrata nel vivo con gli
interventi degli avvocati Di Amato ed Alleva, difensori dell'unico
imputato rimasto nel processo (la posizione del barone belga si
concluderà con la pronuncia del Collegio sul non doversi procedere per
morte dello stesso) Stephan Schmidheiny che hanno riproposto le loro
ragioni difensive, a partire dalla richiesta di nullità dell'intero
procedimento.

Il 3 giugno è confermato che sarà l'ultima udienza:
dopo un brevissimo passaggio in aula, la Corte d'Appello si chiuderà in
camera di consiglio e il verdetto dovrebbe arrivare dopo le 15. Si
tratta di un momento molto atteso. L'Afeva a Casale sta organizzando,
analogamente a quanto era avvenuto nel processo di primo grado nel
febbraio del 2012, la trasferta a Torino e sinora si parla di circa 400
persone, delle quali una settantina provenienti dalla Francia, dove la
vicenda Eternit è seguita con molto interesse dall'Andeva,
l'associazione transalpina delle vittime.

Nel dopo processo è prevista per Bruno Pesce e Nicola Pondrano dell'Afeva
una trasferta brasiliana: saranno entrambi relatori, portando
l'esperienza casalese ad un convegno che si terrà l'11 e 12 giugno nello
stato brasiliano del Paranà, organizzato dalla procura di quello
Stato,  e ad un altro, nello Stato di San Paolo il 13 giugno, dove ci
sarà anche Fernanda Giannasi, leader dell'Abrea,  l'associazione
brasiliana che da anni si batte per l'eliminazione dell'amianto dalle
lavorazioni in Brasile.

“Amianto, una storia operaia”, incontro con l'autore Alberto Prunetti

LA BELLA SERATA CON ALBERTO PRUNETTI

Car* Tutt*,
Anche se a ranghi ridotti per impegni pregressi o per la concomitanza di iniziative da noi supportate (vedi incontro al Gabrio di Torino il 19 sera), il manipolo di Voci che ha messo su la serata di “Amianto, una storia operaia” grazie ad Alberto Prunetti, alla Libreria Labirinto e all’Afeva, non ha potuto che registrare che la serata del 20 non è andata bene, ma benissimo.
Portandovi i saluti di Alberto che è salito sul treno ad Alessandria dicendo, dopo la due giorni fra Torino e Casale, di sentirsi un po’ più casalese, riportiamo a seguire il bell’articolo uscito stamane sul Piccolo di Alessandria.
A presto, il cammino continua.

Associazione Voci della Memoria

“AMIANTO”: COSCIENZA DEL DRAMMA
Alberto Prunetti nel suo libro sta contribuendo alla diffusione di un problema non solo casalese.
““Mio padre ha sempre fatto il trasfertista. E’ morto per tumore, ma era già mancato da tre anni”
L’INTERVISTA
Per una questione puramente socioculturale, potrebbero benissimo candidarlo a ricevere la cittadinanza onoraria a Casale. Perche Alberto Prunetti, con il suo libro “Amianto. Una storia operaia”, sta portando il lato oscuro della fibra killer in giro per le librerie italiane, contribuendo alla diffusione di un problema che non è “solo del”, ma e certamente “soprattutto del” Monferrato casalese.
La città lunedì ha accolto fra le sue braccia l’autore. Prima dell’incontro pubblico al Labirinto alle 21, al mattino Prunetti ha voluto partecipare all’udienza del processo Eternit in corso a Torino. Lo abbiamo incontrato a metà giornata, sospeso fra i due appuntamenti e le mille emozioni di questa sua “trasferta” che forse tanto trasferta non è.
D: Prunetti, dopo “Amianto” si sente anche un po’ casalese?
R: Assolutamente sì. Fra l’altro, nelle ricerche compiute per questo libro sulla carriera di mio padre, ho scoperto che sono stato concepito proprio qui, prima di nascere a Piombino.
D: Nel suo libro “Amianto. Una storia operaia”, racconta la parabola di suo padre, che nella sua vita da operaio ha respirato di tutto: zinco e piombo e come scrive lei “una buona parte della tavola degli elementi di Mendeleev”.
R: Mio padre ha sempre fatto il trasfertista. E’ morto per tumore polmonare, ma all’epoca non era dimostrabile che fosse malato di mesotelioma. Nel 1993 e stata riconosciuta l’esposizione all’amianto, con una sentenza che autorizzava il pensionamento anticipato: ma mio padre era già mancato da tre anni...
D: Piombino, Taranto, Casale fra le tappe della sua vita raccontate nel libro: città ferite mortalmente, eppure non e facile diffondere la culture della sicurezza sul lavoro.
R: E’ vero. Non è facile fare comunità, e far passare un messaggio comune. Non lo e stato neanche per me, pensando al fatto che queste esperienze lavorative erano parte della vita di un uomo che ha vissuto in pieno il nomadismo industriale.
D: A Casale l’amianto è una ferita aperta: nonostante ciò, due associazioni come Voci della Memoria e Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto hanno il loro bel daffare per far sentire la propria voce.
R: E’ un problema che riscontro dappertutto. Anzi, qui la coscienza del dramma, per ovvi motivi di lutto e per lo sforzo delle associazioni, e nettamente più viva che altrove. Prendiamo l’amianto: spesso viene percepito come un veleno che basta non usare per non correre rischi. E invece, come sapete bene a Casale, e qualcosa che è già intorno a noi.
D: Come si spiega il successo di pubblico oltre che di critica del suo libro?
R: Mi ha fatto piacere vedere come si è inserito in un meccanismo di passaparola virtuoso. E’ stato pubblicato da una piccola casa editrice, senza l’ausilio di un ufficio stampa. Eppure mi sono accorto di diversi passaggi di testimone: il giovane lo ha letto e l’ha consigliato alla persona adulta, ma anche il contrario.
D: Che aria si respira a Casale, al di là dell’associazione mentale con il polverino?
R: Tutti conoscono Casale come una comunità che resiste nel dolore e che piange i suoi cari. lo però, fin da stamattina all’udienza del processo Eternit a Torino, ho visto anche tantissima vitalità. Una voglia di vivere e un umorismo che ho ritrovato in questi mesi in tante storie operaie.
Alessandro Spinoglio


Da: Voci della Memoria info@vocidellamemoria.org
Data: 22/05/2013 20.20
A:
Ogg: GLI OPERAI E L’AMIANTO MORIRE COME STEVE MCQUEEN

Car* Tutti*,
Siccome molti di voi ce l’hanno chiesto, Alberto ci ha mandato il link dell’articolo da lui scritto per la Repubblica il 28 aprile, giornata Mondiale delle Vittime dell’amianto, che ha letto l’altra sera a Casale e noi ve lo linkiamo volentieri.

Associazione Voci della Memoria

GLI OPERAI E L’AMIANTO MORIRE COME STEVE MCQUEEN
A Steve McQueen è bastato qualche mese e non era un uomo normale. Era uno dei magnifici sette, era L’ultimo buscadero. Era bello come un dio. Eppure a metterlo KO sono bastati tre mesi accanto all’amianto, a contatto con le coibentazioni dei mercantili, quando era un giovane dannato e sbandato. Oppure sarà successo quando non aveva una lira in tasca. Forse quando stava pensando di scegliere se fare l’attore o il piastrellista. O forse è stato quando ha indossato quella tuta bianco sporco, per evitare ustioni in caso d’incendio, mentre sfrecciava su un bolide nel circuito delle 24 ore di Le Mans. Un sospiro, un respiro profondo e una microfibra sfonda la barriera di filtri che abbiamo nel naso, scivola nell’esofago e si apre la strada verso i polmoni.
Poi passano vent’anni, diventi l’attore più pagato del mondo, eppure mentre giri una scena in un film western, ovviamente senza controfigura, ti rendi conto che non sei più il bastardo di sempre: ti manca il fiato, il respiro non ha profondità. Allora ti guardi allo specchio e devi ammettere che Steve McQueen ha la pelle di un vecchio e solo gli occhi sono un’esplosione di metallo azzurro. Il resto è cuoio, pelle coriacea, unghie annerite per lo scarso ricambio di ossigeno. E i polmoni che si fanno neri.
E quando si spengono i riflettori, il vecchio Steve torna a essere quel bambino abbandonato, malnutrito, nato nel 1930, vissuto in un pezzo dell’America di “Furore” di Steinbeck, un frammento di una foto di Dorothea Lange. Allora ti ricordi che sei solo un povero sfigato con gli occhi troppo belli, che da piccolo dormivi per terra e che nella vita non hai mai smesso di scappare. Come Papillon, come ne “La grande fuga”, come in “Getaway”. Come Steve McQueen.
Se poi non sei neanche Steve McQueen e magari vivi nella Toscana della crisi, allora è davvero un disastro. Perché le fibre d’amianto le hai respirate per trentacinque anni e la vita che hai fatto è stata un passaggio da un mutuo alla cassa integrazione. Hai rincorso la pace ma la vecchiaia ti ha fatto l’anticipo e il cancro è intervenuto a gamba tesa e sei rimasto a mani vuote sulla soglia della bara. Senza nemmeno un “ciak, motore”, senza neanche andartene in moto a torso nudo fino alle spiagge della Florida con una bionda che ti abbraccia da dietro. Magari sei uno della Cooperativa Vapordotti, quelli che nell’Alta Maremma, nella zona boracifera di Larderello e Pomarance, rivestivano di amianto il sistema linfatico di tubi che trasferiva il vapore estratto dalle viscere della terra. Facevano un “cappottino” alle condotte con l’amianto, il cemento e il fil di ferro. Erano venti e ne sono morti sedici. Uno a uno, li operano ai polmoni, li imbottiscono di cortisone, perdono la vista e poi se ne vanno via e se ancora li ricordiamo è solo perché uno di loro, Franco Berti, che con la pasta d’amianto stuccava i tubi rovinati, continua a chiedere giustizia, con voce sempre più placida, ora che le loro vite sono state cantate in una splendida ballata, semplice, ingenua e toccante, che ti fa ribollire le viscere, dal cantautore Marco Chiavistrelli.
Altro che Vasco, altro che vite spericolate, quelli il metallo lo fasciavano d’amianto friabile, lo spruzzavano, lo respiravano. E nel tempo libero mica andavano sulla Harley-Davidson. Facevano l’orto, qualcuno andava a caccia, parlavano di Baggio e Batistuta al circolo Arci. Eppure sono morti, come Steve McQueen.
Io i film di Steve me li guardavo con mio padre. Tutti, ce li siamo visti, i western e quelli di azione. Mamma diceva quant’era bello, io e babbo, quant’era bastardo.
“Nevada Smith”, “Quelli della San Pablo”, tutti ce li siamo visti. A casa, in tv e in qualche cinema estivo sotto le stelle che cadevano nelle notti d’agosto sopra i paesi minerari delle Colline Metallifere, da dove veniva un pezzo della nostra famiglia, da quei colli pieni di vapori geotermici, dove le forze del sottosuolo andavano imbrigliate con un minerale potente e malefico, fibroso: l’amianto.
Che ne sapeva, mio padre, che sarebbe finito anche lui come Steve McQueen? Io la storia di mio padre l’ho raccontata in un libro e dicevo che la ferita si era ricucita nella scrittura. Ogni tanto mi grattavo la cicatrice, quando incontravo un ferroviere con la leucemia in una presentazione o quando un vecchio operaio piombinese, che ha lavorato trentacinque anni negli altiforni delle acciaierie ed è diventato cieco, mi ha messo in mano un CD e mi ha detto che il libro era in una nastroteca della Biblioteca Nazionale di Firenze, nel Centro nazionale del libro parlato, perché un’attrice l’aveva letto e così avevano inciso la sua voce e adesso anche gli operai ciechi per il cortisone potevano ascoltare quella storia, che è la loro storia.
Ero contento quel giorno, neanche troppo tempo fa, quasi ieri, perché mi sembrava di aver fatto una cosa utile e di aver chiuso i conti con le mie ferite. Ma è durata poco. Perché dopo un po’ mi ha chiamato mia madre da Follonica e io avevo un sesto senso che mi diceva di non rispondere. Però ho risposto e lei mi ha detto che si è ammalato anche un operaio che ha lavorato con mio padre spalla contro spalla, respirando la stessa aria in mille cantieri per quindici anni, uno con cui ho guardato le partite della Nazionale nel Mondiale del 1982, uno che con mio padre ha costruito il sistema di tubi per le serre di fiori più grandi d’Europa, sul Monte Amiata, uno che ci divideva mentre ci prendevano a cazzotti tra bambini figli d’operai, ma non subito perché prima qualche colpo dovevamo scambiarcelo, che la prepotenza è un buon segno, quando sei il figlio d’un operaio e ti aspetta un futuro di debolezza e di diritti incancreniti, come c’insegnava Steve McQueen.
Dove sono i saldatori, dove i manutentori, dove i carpentieri in ferro e i tubisti? Dove sono gli operai della Cooperativa Vapordotti? Erano venti, ne sono morti sedici. Dormono sulla collina? Sarebbe comodo immaginarseli così: rigidi, zitti e muti, in uno Spoon River operaio. E invece no. Sono scappati, sono in fuga dal mostro che li ha fatti ammalare. Getaway, in fuga. La grande fuga. Come Papillon, come “L’ultimo buscadero”.
Ma torneranno. Li stiamo aspettando e un giorno si rifaranno vivi almeno in uno schermo di un cinema estivo di provincia, sotto le stelle cadenti, per regolare i conti alla maniera di una pellicola americana di Peckinpah, come ne “Il mucchio selvaggio”. Cammineranno lungo le strade delle nostre città, col cappello texano abbassato sulla fronte, l’uno accanto all’altro, mio padre e quelli della Vapordotti e tutti gli altri metal cowboy. Anche Steve. Torneranno con gli occhi di ghiaccio e le tube blu e le tute verdi che ancora portano il loro odore, un sentore di ferro tagliato che respiro ancora in quella tuta che mia madre si ostina a stirare facendole la piega in fondo, nello stesso punto di una volta, come ha fatto per trent’anni, anche se io sono qualche centimetro più lungo di mio padre. Tracanneranno un gotto al circolino e sistemeranno le cose a modo loro e non basteranno i soldi a ripagarli delle loro vite, perché non accetteranno rimborsi, neanche “Un dollaro d’onore”.
Lo sanno bene loro che i soldi non sono tutto, loro che - esposti a ogni pericolo, tra lavori esageratamente nocivi, usuranti, letali, pericolosi- hanno lavorato una vita. Una vita a rischio, piena di guai. Una vita spericolata.
Una vita come Steve McQueen

Alberto Prunetti

Sentenza Thyssen, "Ecco perché abbiamo condannato i manager"

scrivi alla rete nazionale per sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio
bastamortesullavoro@domeus.it


PROCESSO D'APPELLO
27/05/2013- IL DOCUMENTO DI 346 PAGINE


      Sentenza Thyssen, "Ecco perché abbiamo condannato i manager"



Depositata la sentenza sul rogo che la notte del 7 dicembre 2007 provocò
un disastro immane
ALBERTO GAINO
TORINO

È stata depositata a fine mattinata la sentenza sul rogo alla
ThyssenKrupp di Torino, che la notte del 7 dicembre 2007 provocò un
disastro immane e la conseguente morte di sette operai alla linea 5
dello stabilimento. In 346 pagine il giudice estensore Paola Perrone
documenta il dispositivo che ha mutato profondamente la sentenza di
primo grado, dalla cancellazione del reato di omicidio a titolo di dolo
eventuale per l'allora amministratore delegato di Thyssen Italia, Harald
Espenhahn, con la conseguente riduzione di pena a dieci anni per il
manager tedesco. Di lui si afferma che non può aver agito così
razionalmente.

Il giudice scrive già nell'indice parole significative, soffermandosi
sul «funzionamento patologico» dell'impianto e definendo «gli estintori
né idonei né funzionanti». Scrive poi di «presenza massiva e abituale di
carta e olio sulla linea». Annota che «il telefono per chiamare i
soccorsi è rotto». Registra le numerose «violazioni antinfortunistiche
dello stabilimento» e aggiunge che nel documento di valutazione del
rischio di un anno prima non si contemplava il pericolo di incendio. Un
quadro della situazione drammatico.

La sentenza era stata duramente contestata dai familiari delle vittime,
alla sua lettura del 28 febbraio scorso.

lunedì 27 maggio 2013

Processo Eternit: la Rete nazionale sarà presente a Torino il 3 giugno



Oggi il processo per le morti degli stabilimenti Eternit di Casale
Monferrato e di Cavagnolo vive un altro importante momento. E' il giorno
della replica della difesa. Ed è significativo che si parli al
singolare e non al plurale, in quanto il procedimento ha perso uno dei
suoi protagonisti con la scomparsa avvenuta, appena la scorsa settimana, del 
barone belga Luis De Cartier De Marchienne
alla veneranda età di novantadue anni. Pertanto non si procederà più
nei suoi confronti per decesso dell'imputato (con tutte le conseguenze
giuridiche che questa situazione porterà sotto l'aspetto risarcitorio
disposto dalla sentenza di primo grado) mentre l'attenzione è adesso
puntata su Stephan Schmidheiny e su quanto diranno i suoi avvocati in
sede di replica finale alla requisitoria della procura generale di
Torino ed alle richieste delle numerose parti civili costituite ed
ammesse nel secondo grado. Poi tutta l'attenzione si sposterà alla
giornata di lunedì 3 giugno quando, presumibilmente dopo le ore 15, verrà 
letta la sentenza in aula.
27/05/2013A.Z. - redazione@alessandrianews.i

PROCESSO SOLVAY: UDIENZA DEL 27 MAGGIO


La giornata odierna comincia alle ore 8:45: chi scrive entra in aula e trova, piegato ed abbandonato su un banco, un foglio con una copia di una lettera mail dell'avvocato Santa Maria alla testimone odierna, la dottoressa Cataruzza.
Visto che in quel momento in aula, oltre allo scrivente, c'è solo l'avvocato Panari delle difese, gliela consegno chiedendogli di farla avere al suo collega; a giudicare da quanto rispostomi dal Santa Maria a udienza conclusa, nessuno degli innumerevoli legali delle aziende del polo chimico si è peritato di farlo: pazienza, almeno spero fosse un documento fondamentale per lui!
Pochi minuti dopo, in un'aula semideserta, trilla la campanella che annuncia l'entrata in aula della Corte; si tratta di un falso allarme, purtroppo, visto che la seduta comincerà soltanto alle ore 10:10: questo perché il pm è contemporaneamente impegnato in un altro dibattimento, e ovviamente non si può sdoppiare.
Dopo l'abituale appello delle parti, la prima parte dell'interrogatorio della geologa è incentrata sulla specificazione dei ruoli che la teste ha ricoperto, dal 2000 al 2008, all'interno dell'azienda di cui faceva parte - la Erns, successivamente Hbc - fino al 2010, ed i soggetti delle aziende del polo chimico con i quali lei ha intrattenuto relazioni lavorative.
Si scopre così che la Cataruzza - che nel tempo è passata, in relazione alle vicende processuali, dall'essere tecnico di campo, a diventare direttore tecnico, e successivamente responsabile del progetto - era agli ordini dei coordinatori di progetto, Alemanni e Susanni, mentre intratteneva rapporti con la Ausimont e la Solvay tramite gli imputati: Cogliati, Canti, Lagomarsino, e Carimati.
Le sue mansioni, dal 2000 al 2006, erano quelle di raccogliere i campioni di terreno e gestire i dati risultanti dai sondaggi: tutto questo senza assumere alcuna iniziativa, ma seguendo scrupolosamente le indicazioni dei suoi diretti superiori; successivamente, poi, si confrontava con i committenti per dare luogo a relazioni (false) su quanto rilevato.
Dopo alcuni minuti di confronto tra il pm e la teste, interviene l'avvocato Bolognesi (difesa Carimati) che interrompe la deposizione asserendo che i verbali di sommarie informazioni testimoniali (s.i.t.), in base ai quali il Procuratore sta muovendo le contestazioni alla testimone, non possono essere utilizzati per questo scopo in quanto la Cataruzza avrebbe sin da subito dovuto essere ascoltata come potenziale indagata, per il suo ruolo di correità nella vicenda delle falsificazioni dei verbali; per parte sua, il dottor Riccardo Ghio chiede alla Corte di respingere la richiesta in quanto ritiene che la posizione della teste sia diventata chiara soltanto dopo la redazione - avvenuta il 9 giugno 2008 - del verbale di s.i.t.
La Casacci sospende, sono le ore 11:00, la seduta e si ritira in Camera di Consiglio, da dove esce dopo tre quarti d'ora per leggere l'ordinanza in base alla quale accoglie le istanze rappresentate dal Bolognesi.
A seguire riprende l'audizione in un clima abbastanza surreale, nel quale fanno la loro comparsa continui "non so, non ricordo, mi pare, forse" che sono la diretta conseguenza di quanto appena stabilito dalla Corte; esso rappresenta - nonostante le poche risposte chiare rappresentino un chiaro consolidamento dell'impianto accusatorio - un poderoso depotenziamento della forza di una deposizione che avrebbe inchiodato alle proprie responsabilità i dirigenti assassini dell'Ausimont e della Solvay.
In sostanza, come riconosce anche l'avvocato ferrarese, si tratta di porre la Corte nelle condizioni di dover vagliare a fondo le dichiarazioni della Cataruzza, prima di considerarle realmente attendibili.
Come si sa, infatti, le risposte di un testimone 'puro' si ritengono veritiere fino a prova contraria, e quindi potenzialmente passibili di influenzare pesantemente l'esito del processo; quelle di una possibile indagata possono essere effettuate anche senza i crismi della verità: il raccontare fandonie sarebbe utile per meglio difendersi ed alleggerire la propria posizione.
Alle ore 12:45, concluso l'esame della Cataruzza, la Corte sospende la seduta e la rinvia a lunedì tre giugno; in quell'occasione verranno ascoltati: Alemanni, Susanni, e Colombo.
Alessandria, 27 maggio 2013

Stefano Ghio - Rete sicurezza Al/Ge

venerdì 24 maggio 2013

BIOGAS: LA CORTE COSTITUZIONALE BOCCIA LA REGIONE MARCHE !!!

Riceviamo e volentieri inoltriamo
DIFFONDETE!
Cittadini contro l'amianto
nodiscaricadiamianto@yahoo.it  - 3389875898 -
iscriviti alla nostra mailing list cittadinicontroamianto-subscribe@yahoogroups.com


Se volete aiutarci concretamente a continuare la nostra attività potete versare i vostri contributi con PayPal (vedi il nostro blog http://cittadinicontroamianto.blogspot.com). Un versamento minimo di 15 euro corrisponde all’adesione formale all’associazione e dà diritto all’invio della tessera e del dossier che abbiamo scritto su amianto e smaltimento. Se volete solo il dossier (NUOVA EDIZIONE AGGIORNATA)  
potete fare una donazione con PayPal (minimo 12 euro) e lo invieremo ad un recapito postale che ci indicherete

BIOGAS: LA CORTE COSTITUZIONALE BOCCIA LA REGIONE MARCHE !!!
La famigerata Legge Regionale 3/2012, sulla base della quale la Regione ha autorizzato decine di centrali sui nostri territori, è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta, con sentenza n.93 del 20 maggio 2013 (nelle parti in cui ha escluso questi impianti dalla procedura di Verifica di Assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale e non solo).
Il Coordinamento Regionale di Comitati “Terre Nostre – Marche” sta continuando a lavorare per la chiusura ed il non insediamento di queste inaccettabili centrali, facendo sì che vengano revocate le autorizzazioni concesse sulla base della legge bocciata perché in contrasto con la Costituzione e le normative europee.
Il nostro pool di avvocati è già all’ opera per dare seguito alle istanze di revoca delle autorizzazioni, supportate con i pareri legali GIA’ depositati in Regione lo scorso settembre 2012, in occasione della manifestazione regionale “NO BIOGAS MARCHE”, mentre qualcuno, invece di esigere il rispetto delle leggi vigenti, era indaffarato a proporne inutilmente delle nuove ai nostri politici regionali, rischiando per altro di permettere alla Regione di “farla franca” in Corte  Costituzionale (cosa evitata solo grazie alla accuratezza estrema dei giudici della Consulta, ved. sentenza della Corte Costituzionale 93/2012, pag.7, punti 1.2.1 e 1.2.2 ).
Avevamo inoltre già presentato alla Corte dei Conti una informativa/esposto sui possibili danni che si sarebbero potuti palesare in caso di annullamento da parte della Corte Costituzionale della LR 3/2012.
La sentenza della Consulta ci permette di proseguire anche in questo ambito giudiziario, dopo quanto svolto finora con le azioni dei comitati aderenti al Coordinamento Regionale “Terre Nostre”, ivi incluse quelle che hanno favorito negli ultimi mesi l’intervento dei magistrati della Procura di Ancona.

La sentenza della Corte Costituzionale rafforza ancor più il fronte della battaglia che i comitati del coordinamento stanno tenendo anche in altre Regioni, visto che le prassi autorizzative adottate in molti casi sono paragonabili a quelle tenute in Regione Marche.
  
Jesi, 23 Maggio 2013
Per Terre Nostre  Marche
 (Coordinamento regionale di Comitati a tutela dell’Ambiente, della Salute e del Territorio, aderente al Coordinamento nazionale Terre Nostre)
Il Presidente
MASSIMO GIANANGELI
338.4674945

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA SONO PESANTISSIME PER LA REGIONE MARCHE:

Estratto dalla sentenza n.93/2013 della Corte Costituzionale (sulla famigerata Legge Regionale delle Marche n.3/2012):

"Dalla citata direttiva UE ( 92/2011/CE, ndr) discende un preciso obbligo gravante su tutti gli Stati membri di assoggettare a VIA non solo i progetti indicati nell’allegato I, ma anche i progetti descritti nell’allegato II, qualora si rivelino idonei a generare un impatto ambientale importante, all’esito della procedura di c.d. screening. Tale screening deve essere effettuato avvalendosi degli specifici criteri di selezione definiti nell’allegato III della stessa direttiva e concernenti, non solo la dimensione, ma anche altre caratteristiche dei progetti (il cumulo con altri progetti, l’utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l’inquinamento ed i disturbi ambientali da essi prodotti, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con riferimento, tra l’altro, all’area geografica e alla densità della popolazione interessata). Tali caratteristiche sono, insieme con il criterio della dimensione, determinanti ai fini della corretta individuazione dei progetti da sottoporre a VIA o a verifica di assoggettabilità nell’ottica dell’attuazione dei principi di precauzione e di azione preventiva (considerando n. 2) ed in vista della protezione dell’ambiente e della qualità della vita (considerando n. 4).
13
In attuazione del predetto obbligo comunitario, CHE GRAVA SUL LEGISLATORE REGIONALE COME SU QUELLO STATALE ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost., gli allegati A1, A2, B1 e B2 alla citata legge regionale n. 3 del 2012 identificano le “tipologie progettuali” da sottoporre, rispettivamente, a VIA regionale (allegato A1) e provinciale (allegato A2), nonché a verifica di assoggettabilità regionale (allegato B1) e provinciale (allegato B2). Tuttavia, i predetti allegati contengono elenchi puntuali e tassativi di progetti sottoposti a VIA regionale e provinciale o a verifica di assoggettabilità regionale e provinciale molti dei quali sono individuati in base al solo criterio dimensionale, senza che vi sia alcuna disposizione (come quelle, peraltro, introdotte all’art. 3 ed all’allegato C della medesima legge regionale n. 3 del 2012, solo a seguito della proposizione del ricorso, con la già richiamata legge regionale n. 30 del 2012) che imponga di tener conto, caso per caso, in via sistematica, anche degli altri criteri di selezione dei progetti, tassativamente prescritti negli allegati alla citata direttiva UE, come imposto dall’art. 4, paragrafo 3, della medesima.
La mancata considerazione dei predetti criteri della direttiva UE pone la normativa regionale impugnata in evidente contrasto con le indicazioni comunitarie."

28 maggio Taranto: presentazione analisi su impero Riva


Margherita Calderazzi per il prossimo numero di proletari comunisti  ha 
preparato un quadro aggiornato dell'impero Riva
che presenterà nei prossimi giorni

da repubblica Padron Riva e famiglia - indagati per riciclaggio e truffa, "Il tesoro dell'Ilva sui conti off-shore"

L'indagine riguarda il miliardo e 200 milioni di euro sottratti
indebitamente alle casse dell'azienda. Per la Procura di Milano, i padroni
del siderurgico devono rispondere di una maxievasione messa in atto
sfruttando il meccanismo dello scudo fiscale
di GIULIANO FOSCHINI e MARIO DILIBERTO
Riciclaggio e truffa, indagati i fratelli Riva "Il tesoro dell'Ilva sui
conti off-shore" Il patron Emilio Riva, attualmente ai domiciliari

MILANO - Sequestri per 1,2 miliardi di euro bloccati nei paradisi fiscali e
perquisizioni nelle abitazioni di alcuni componenti della famiglia Riva a
Milano. L'indagine - come ha anticipato il nostro giornale - riguarda una
maxi evasione fiscale con soldi sottratti indebitamente alle casse
dell'azienda. I fratelli Emilio e Adriano, patron del Gruppo cui fa capo
anche il siderurgico di Taranto, sono indagati a Milano per trasferimento
fittizio di beni e truffa ai danni dello Stato. Altri due professionisti
risultano indagati per riciclaggio.

L'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco e
dai pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, nasce da una segnalazione della Gdf
riguardo anomalie sullo scudo fiscale effettuato nel 2009 dalla famiglia
Riva per far rientrare in Italia 1,2 miliardi di euro. Il denaro era
custodito in otto trust, gestiti da una fiduciaria svizzera, nel paradiso
fiscale di Jersey, dopo essere passato per il Lussemburgo e dopo essere
uscito dalle casse dell'Ilva, attraverso operazioni finanziarie -
soprattutto compravendita di titoli e realizzazione di plusvalenze - portate
avanti in un decennio, tra il '96 e il 2006.

In particolare, i Riva, attraverso complesse operazioni societarie su
partecipazioni detenute da società di diritto olandese e lussemburghese,
avrebbero fatto confluire nei trust accesi a Jersey soldi frutto "di
molteplici delitti di appropriazione indebita aggravata - come spiega la
Gdf - in danno delle varie società del Gruppo industriale di riferimento,
frode fiscale, infedeltà patrimoniale e false comunicazioni sociali".

Nell'inchiesta, condotta dal nucleo di polizia tributaria della Gdf di
Milano, Emilio Riva, 86 anni e già agli arresti domiciliari con l'ipotesi di
reato di disastro ambientale contestato dalla procura di Taranto, risponde,
assieme al fratello Adriano, di truffa ai danni dello Stato e intestazione
fittizia di beni, mentre due professionisti sono indagati per riciclaggio (e
verifiche sono in corso su altri soggetti). Secondo l'accusa, i fratelli
Riva avrebbero messo in atto operazioni irregolari per realizzare lo scudo
fiscale e far rientrare i soldi in Italia, ingannando e truffando così lo
Stato.

Emilio Riva, tra l'altro, è già indagato, assieme ad alcuni manager, dalla
Procura di Milano, in un'inchiesta chiusa nei mesi scorsi, per una frode
fiscale da oltre 50 milioni di euro, in relazione una complessa serie di
operazioni con base all'estero, realizzate nel 2007.


GENOVA, GIOVEDI' 23 MAGGIO: CONVEGNO PER LA SICUREZZA SUL LAVORO


Si tiene a Genova giovedì ventitre maggio - a partire dalle ore 21:00, presso il Circolo dell'Autorità Portuale, in via Albertazzi 3 - un convegno dedicato alla sicurezza sui posti di lavoro; ad organizzarlo è il locale Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, mentre i relatori sono: Patrizia Lazzari, della Cassa di resistenza dei ferrovieri, Riccardo Antonini, macchinista delle Ferrovie dello Stato più volte licenziato, e Giorgio Cremaschi, leader della corrente Rete 28 Aprile della Cgil.
Davanti ad una platea composta da un centinaio di convenuti, tra cui alcuni membri dell'Assemblea 29 Giugno di Viareggio, prende per primo la parola lo scrittore Marco Rovelli: egli introduce la serata presentando gli ospiti, e bacchettando giustamente la stampa borghese che si occupa troppo poco e troppo male del tema delle cosiddette 'morti bianche'.
A seguire tocca a Riccardo Antonini, il quale prende spunto da un omicidio del 2004 - quello del suo collega Matteo Valenti - per denunciare l'aggressione che, ormai da anni, padroni ed istituzioni portano avanti nei confronti di lavoratori, cittadini e ambiente.
Subito dopo è il turno di Patrizia Lazzari che rende note le vicende delle battaglie locali e le inquadra nel contesto di quella generale.
Successivamente interviene Luca - lavoratore portuale membro del Calp - che invita tutti a partecipare attivamente a questa battaglia in modo che in futuro non ci siano più quelli che lui definisce giustamente "non morti bianche, ma ver e propri omicidi premeditati".
Per ultimo, è la volta di giorgio Cremaschi: costui contesta i dati ufficiali degli infortunii sul lavoro - secondo quanto da lui affermato sarebbero almeno cinquemila all'anno soltanto i morti - e conclude dicendo che "non c'è un solo infortunio dovuto al caso: c'è sempre una colpa grave del sistema capitalista".
Per concludere la serata i convenuti danno vita ad un dibattito che porta altri spunti di riflessione; tra questi vi è l'intervento di chi scrive, a nome dello Slai Cobas per il Sindacato di Classe, che ricorda a tutti - invitandoli a partecipare al presidio della Rete nazionale sicurezza - la scadenza del prossimo tre giugno, a Torino, per la sentenza d'appello del processo Eternit.
Genova, 24 maggio 2013

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova

giovedì 23 maggio 2013

PROCESSO SOLVAY: UDIENZA DEL 22 MAGGIO


L'udienza odierna inizia alle ore 9:45 con la produzione di alcuni documenti da parte degli avvocati Di Noia e Lanzavecchia.
Il difensore degli avvelenatori deposita scritti che riguardano: il licenziamento del dipendente - testimone della scorsa udienza - Mancini, la fornitura di acqua potabile alle abitazioni limitrofe allo stabilimento (truffaldino, perché concernente soltanto una parte delle utenze di cui si era parlato in precedenza), e le misurazioni effettuate sui pozzi numero due, due bis, otto, che a suo dire dimostrerebbero che la presenza di elementi tossico-nocivi nelle acque oggetto del procedimento sono sempre rimaste sotto il limite di potabilità; dal canto suo, il legale di molte parti civili produce copia del contratto stipulato da Montecatini il 20 marzo 1946.
A seguire prende la parola l'avvocato Bolognesi, della difesa degli imputati, che chiede che il testimone che dovrebbe essere esaminato nel corso della giornata - la dottoressa Chiara Cataruzza - venga ascoltato come previsto dall'articolo 210 del cpp, ossia con l'assistenza di un avvocato: questo perché la sua posizione sarebbe similare e quindi collegabile a quella degli imputati, a causa della propria firma apposta a documenti cruciali per il dibattimento.
Subito appresso si assiste alla replica del pm Riccardo Ghio: questi prende atto con soddisfazione che - sia pure effettuate per escludere la testimonianza della Cataruzza - dalle richieste delle difese venga a galla il fatto che le aziende del polo chimico fossero a conoscenza di quanto accadeva molto tempo prima che si prendessero provvedimenti giudiziari per evitare ulteriori danni alla salute della popolazione; inoltre chiede che venga respinta la richiesta illustrata da colui che lo ha preceduto in quanto la Cataruzza non è mai stata ai vertici decisionali: ha sempre avuto qualcuno sopra di sé che prendeva decisioni alle quali era obbligata a sottostare.
Dopo una lunghissima pausa, di quasi due ore, la Corte rientra in aula per leggere l'ordinanza in base alla quale accoglie la richiesta del Bolognesi, disponendo l'audizione della dottoressa Cataruzza - assistita dal suo avvocato di fiducia, il legale Weiss di Milano - per il giorno lunedì ventisette maggio; nel caso si avvalesse della facoltà di non rispondere, verranno ascoltati i testimoni: Susanni e Alemanni.
Alessandria, 22 maggio 2013

Stefano Ghio - Rete sicurezza Al/Ge

mercoledì 22 maggio 2013

Processo Eternit, è morto De Cartier

*Processo Eternit, è morto De Cartier. Scoppia il caso dei risarcimenti alle vittime*


      Il barone belga è deceduto la notte scorsa, aveva 91 anni. Era
      stato condannato in primo grado assieme al miliardario svizzero il
      miliardario svizzero Stephan Schmidheiny

//di FEDERICA CRAVERO e SARAH MARTINENGHI//

Cade uno dei tasselli del processo Eternit. È morto infatti la notte
scorsa il barone belga Louis De Cartier, uno dei due imputati del mega
procedimento per le vittime dell'amianto (l'altro è il miliardario
svizzero Stephan Schmidheiny), di cui si sta celebrando il secondo grado
alla corte d'appello di Torino e la cui sentenza è prevista per il 3
giugno. Nel febbraio del 2012 In primo grado il barone era stato
condannato a 16 anni per disastro ambientale doloso. Solo a Casale
Monferrato, dove la multinazionale aveva lo stabilimento italiano più
grande, si contano quasiduemila morti per amianto. Nell'udienza del
processo d'appello dello scorso 13 marzo, il pm Raffaele Guariniello, in
una requisitoria durata tre ore, ne aveva chiesto la condanna a 20 anni
di reclusione.
De Cartier, che aveva 92 anni, ha vissuto l'ultimo periodo della sua
vita in una villa in Belgio. Fu amministratore delegato dal 1966 al 1978
della multinazionale Eternit, che in Italia aveva quattro stabilimenti,
e fu poi presidente del consiglio d'amministrazione fino al 1986.
La notizia del decesso del barone belga Louis De Cartier non è ancora
stata notificata ufficialmente agli uffici giudiziari. E tuttavia questo
fatto non avrà ripercussioni sull'esito del processo penale, giunto alle
ultime battute, e che continuerà per l'altro imputato, mentre verrà
stralciata solamente la posizione di De Cartier. Eppure la morte del
magnate potrebbe sollevare diverse questioni sui risarcimenti alle parti
civili.
"È una notizia che ci colpisce --- commenta Bruno Pesce, coordinatore
dell'Afeva, l'associazione dei familiari delle vittime dell'amianto ---
anche perché arriva a pochi giorni dalla sentenza. Ma noi continueremo
ad andare avanti. Non per accanimento, ma per dovere. Il numero delle
vittime è destinato a salire ancora. Abbiamo cinquanta nuovi malati ogni
anno".

Per quel che riguarda gli indennizzi alle parti civili, continua Pesce,
"i nostri legali per adesso, ritengono che resteranno validi gli
obblighi della società Etex, quella direttamente riconducibile a De
Cartier, anche se forse sarà necessaria una causa civile. Il nostro
messaggio, comunque, è di tenere duro e di continuare su questa strada.
Il problema dell'amianto è di portata mondiale. Miete più vittime degli
infortuni sul lavoro, ma molti Paesi continuano a produrlo ed
impiegarlo. Il processo di Torino è un tentativo del nostro Stato, del
nostro sistema, di creare giustizia anche a costo di scomodare interessi
enormi".

Il difensore di De Cartier Cesare Zaccone spiega:  "Produrrò un
certificato di morte alla corte - sottoliena l'avvocato - la quale a
quel punto dichiarerà che il reato è estinto per morte del reo, viene
meno tutto anche disposizioni civili, gli eredi però mantengono la
responsabilità nel caso in cui le vittime facciano una causa in civile".
Rimane in piedi anche la responsabilità della sua società, la Etex".
Altro aspetto riguarda l'effettività possibilità da partye delle vittie
di ottenere il becco di un quattrino. Le proprietà delle parti sotto
accusa sono infatti tutte all'estero, praticamente impossibili da
sequestrare

De Cartier era stato condannato a sedici anni di carcere e a versare
circa 80 milioni di provvisionale (ma una quota era a carico di una
delle società della galassia Eternit, la Etex) alle parti civili.
L'avvocato Zaccone ha sempre sostenuto l'estraneità del suo assistito ai
fatti contestati.

*(21 maggio 2013)*

Amianto: a Cremona presentazione moratoria discariche al Consiglio regionale

Venerdì 24 maggio, alle ore 17.30, a Cremona, presso il CISVOL in via S.Bernardo 2, angolo via Brescia, si terrà la conferenza stampa di presentazione della richiesta al Consiglio regionale lombardo di moratoria delle discariche di amianto in corso di approvazione, e di revisione di quelle già concesse. Questa iniziativa è conseguente alla nuova risoluzione del Parlamento Europeo del 14 marzo scorso relativa alle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente.

La d.ssa Mariella Megna, di Cittadini contro l'amianto, illustrerà nel dettaglio la richiesta di moratoria e la risoluzione del Parlamento Europeo in cui si afferma che il conferimento dei rifiuti di amianto in discarica non é il sistema più sicuro per eliminare definitivamente il rilascio di fibre di amianto nell'ambiente e che risulta di gran lunga preferibile optare per impianti di inertizzazione dell'amianto.
Saranno presenti anche i rappresentanti degli altri comitati lombardi che hanno aderito all'iniziativa.
La conferenza stampa é aperta al pubblico.

Cordiali saluti
Francesca Rodella per Cittadini contro l'amianto

Cittadini contro l'amianto
nodiscaricadiamianto@yahoo.it - 3389875898 -

Casale Monferrato Appello Eternit: 3 giugno udienza finale

Casale Monferrato Appello 
Eternit: "no" alla ridiscussione delle parti civili
La decisione è stata è presa con un'ordinanza dopo la camera di consiglio a
seguito della richiesta della difesa. Prossima udienza lunedì 27 maggio.
Intanto è stato presentato alla libreria "Il Labirinto di via Benvenuto
Sangiorgio il libro "Amianto, una storia operaia" di Luigi Prunotti Stampa

CASALE MONFERRATO - E' confermato: il 3 giugno la Corte d'Appello entrerà in
camera di consiglio per pronunciare la sentenza di secondo grado per il
processo Eternit.  Lunedì 20 maggio la difesa delle società civilmente
responsabili in solido con i due condannati in primo grado, lo svizzero
Stephan Schmidheiny (Amindus ed altre) ed il belga De Cartier De
Marchienne, ha chiesto, in sede di replica, di ridiscutere la posizione
delle parti civili. Si trattava di una richiesta, ovviamente,
finalizzata a prendere tempo ed a rimescolare le carte. Ma siccome nella
fase delle conclusioni del processo, in sede di replica si può
intervenire soltanto su argomenti che siano già stati trattati (e questo
la difesa dell'Afeva e di altre parti civili non lo aveva fatto per una
precisa scelta processuale) sia il pubblico ministero Sara Panelli, sia
l'avvocato dell'Afeva Sergio Bonetto hanno sollevato un'eccezione.
La Corte d'Appello è così entrata in camera di consiglio respingendo la
richiesta.

Lunedì prossimo, 27 maggio, tocca invece alla difesa dei due imputati. Poi si
andrà verso la conclusione di un processo comunque complesso che sciverà
la parola fine al secondo grado dopo solo 3 mesi e mezzo di aula.

Nella serata di martedì, invece, alla libreria Il Labirinto di via Benvenuto
San Giorgio a Casale si è tenuta l'annunciata presentazione del libro
"Amianto, una storia operaia" con l'intervento dell'autore Luigi
Prunotti, di Bruno Pesce dell'Afeva e di un esponente dell'associazione
Voci della Memoria.

venerdì 17 maggio 2013

Alessandria, morti sul lavoro

Non sempre tragiche fatalità
Molto spesso gli incidenti sul lavoro vengono classificati
come “tragiche fatalità”. Troppo spesso sulle colonne del nostro giornale
siamo costretti a darvi notizia di un ennesimo incidente sul lavoro,
spesso con esiti mortali come quello accaduto la scorsa settimana a Tassarolo.
Ormai, forse, qualcuno non ci fa neppure pi caso. Ma spesso, forse, questi incidenti possono essere evitati con una corretta applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro.
Spetterà alla magistratura indagare su quanto accaduto, come sempre. Intanto a noi
vengono in mente alcune domande, che giriamo ai nostri lettori.
Come mai la linea elettrica su cui il 45enne Molruz Ruci stava lavorando era
sotto tensione? Si tratta di una prassi abituale oppure si scelto di non
interrompere l’erogazione del servizio elettrico per altri motivi?
Ruci stava lavorando solo, come riportato da alcuni testimoni? consentito
lavorare da soli in cima a una scala senza avere un collega che aiuta a
tenerla in posizione?
Che tipo di intervento stava eseguendo la ditta Cuneese per cui lavorava la vittima dell’incidente? Perchè l’Enel, anzichè fare il lavoro direttamente con le proprie maestranze, ha deciso di affidare ad altra ditta l’intervento?
La ditta aveva le competenze necessarie, ma soprattutto Ruci aveva la formazione sulla sicurezza necessaria per lavorare su di una linea sotto tensione?
Infine, la povera vittima aveva in dotazione tutti i dispositivi di protezione
individuale necessari per il lavoro? Li stava usando?Abbiamo parlato con
alcune persone che sono state testimoni di questo evento, e ci sono
venute in mente queste domande.
Ci piacerebbe che questo caso non venisse catalogato, ancora una volta, come una “tragica fatalità” di cui rimasto vittima l’ennesimo lavoratore straniero nel nostro paese.
L’elettricità da sempre sinonimo di progresso. Nel 2013, mentre
manovriamo robot che esplorano Marte, ci pare anacronistico morire
fulminati in cima a un palo della luce. Ma forse, in questo caso,
necessario “fare luce”, e non elettrica.