giovedì 16 agosto 2012

Slai cobas e 17 agosto




in occasione della venuta dei ministri a taranto
lo slai cobas sarà a piazza castello alle 8.30 dietro lo striscione
'contro padron riva e lo stato dei padroni, difendiamo con la lotta
lavoro e salute'
 presidio sotto la prefettura in orario compreso tra le 10 e le 13

l'ilva non si chiude, ma si risana con gli operai in fabbrica
 Non aderiamo a mobilitazioni organizzate dall'azienda, né a scioperi ambigui che non abbiano l'azienda e il governo come controparte.
 ma promuove due presidi alle 6 port d e port a ilva  
La scesa a Taranto il 17 dei tre ministri ha tutto il segno di una venuta in soccorso a Riva, e non di un effettivo impegno del governo per salvaguardare i posti di lavoro, imporre all’azienda effettivi interventi di risanamento degli impianti, finanziare realmente la bonifica sul territorio; l’azienda interpreta il riesame come una sostanziale continuità dell'esistente e all'interno delle decisioni che consideriamo assolutamente insufficienti, quelle già prese al Tavolo regionale, quelle contenute nel decreto governativo e quelle scaturenti dagli impegni, anche finanziari, inadeguati della proprietà Ilva
La posizione dello Slai cobas è netta e chiara, sintetizzata da “operai in fabbrica padroni in galera” - questa fabbrica si risana solo con gli operai dentro e con la lotta operaia e che questa lotta in fabbrica permette di sviluppare la battaglia unitaria e popolare per affrontare e combattere i gravi effetti che la politica dei padroni, pubblici prima e con Riva dopo, hanno prodotto sulla vita e la salute della popolazione di Taranto, in particolare di quella dei quartieri contigui alla grande fabbrica.


17.8.12
SLAI COBAS per il sindacato di classe ilva - 3475301704 – cobasta@libero.it


La lotta a Taranto e le forze in campo




Lo slai cobas per il sindacato di classe Ilva e cittadino, da sempre attivo e a volte protagonista riconosciuto della lotta per la salute e sicurezza in fabbrica, in città e a livello nazionale viene oscurato dai mass media, attenti come sono a fenomeni importanti più appariscenti, ma basterebbe essere in fabbrica - e anche nei quartieri come tamburi, di cui parleremo in altre occasioni - per capire che le cose non stanno affatto come appaiono e non tarderanno a emergere in forma diversa.
La grande maggioranza operaia non vuole chiudere la fabbrica non solo perchè essa è fonte di lavoro e reddito ma perchè gli  gli operai quelli veri preferiranno sempre lavorare per avere un reddito e non vivere di reddito, come piccola borghesia e sottoproletariato a volte pensano, sostengono e tramite forme organizzate ambigue scrivono.
La grande maggioranza degli operai Ilva vuole organizzarsi e lottare per difendere salute e sicurezza e ha sempre cercato di farlo, non riuscendo ad avere nelle proprie mani gli strumenti di organizzazione, programma e linea per farlo. Chi descrive la fabbrica come massa di operai che hanno accettato di tutto per un tozzo di pane è solo un reazionario antioperaio, pieno di disprezzo per la classe operaia all'ilva come ovunque.
La grande maggioranza degli operai considera che dopo aver pagato il prezzo più alto, rispetto anche ai quartieri e alla città alla produzione per il profitto dell'acciaio di stato prima e di padron riva dopo, ora sarebbe unire il danno alla beffa se a tutto questo corrispondesse non miglioramento della sicurezza salute in fabbrica, ma anche la perdita del lavoro.
La grande maggioranza degli operai non pensa affatto che prima del siderurgico, Taranto fosse la città delle cozze e calamari e del mare pulito, chi dice queste cose o a quel tempo non viveva a taranto o è preda di quel nostalgismo reazionario, lo stesso che fa dire a tanti anziani che... ai tempi di mussolini si che si stava bene ecc.
La grande maggioranza degli operai  non accetta che vengano messi in contrapposizione lotta per il lavoro, i diritti, la salute in fabbrica e il movimento di lotta contro morti inquinamento devastazione ambientale e ritiene che questo movimento debba continuare ad avere la classe e la fabbrica come centro di lotta e parte del movimento cittadino
La grande maggioranza degli operai per esperienza diretta non ha fiducia nella Magistratura che nella maggioranza dei casi si è schierata con Riva e ora appare come quella che vuole realmente fare piazza pulita di Riva: una visione grottesca e caricaturale - alla saviano ecc.- della realtà della magistratura e della realtà in generale.
Ora si tratta di organizzare in forme sindacali e politiche alternative al sindacalismo confederale dentro e fuori la fabbrica la lotta contro padroni e governo, come unica soluzione  per affrontare ora le cose e sviluppare una adeguata mobilitazione in grado di cambiarla.
Ora bisogna fronteggiare l'aggressivo e strumentale sindacalismo aziendale che identifica la lotta per la difesa del lavoro con la difesa di Riva e dell'azienda così com'è oggi. Questa vera trincea di lotta in fabbrica, difficile e complessa, viene ora disertata anche da avanguardie operaie che in questi hanno lottato e non sono riuscite a vincere, cambiare le cose e in alcuni casi neanche a resistere e ora hanno la massima sfiducia nelle masse operaie dell'ilva e pensano che in fabbrica non si possa fare più niente, perchè Riva è troppo forte, i sindacati confederali venduti e dominanti, gli operai incapaci di lottare e tutelare diritti dignità salute lavoro pulito e quindi si trasformano in cittadini che ne hanno abbastanza e chiamano i cittadini a mobilitarsi per la chiusura dell'ilva con fiducia nella magistratura e illusioni circa la costruzione di una città risanata senza la fabbrica e gli operai.  Questa linea è illusoria e perdente e se pur nutrita di denunce giuste e spirito di ribellione e lotta  non è in grado di tutelare realmente lavoro e salute nè in fabbrica, nè in città.

Questa è la battaglia in corso che sostiene lo slai cobas per il sindacato di classe all'ilva e in città e questa battaglia e linea si imporranno contro aziendalismo e illusioni ecologiste, per affermare sindacato di classe e comitati popolari  come armi necessarie in questa lotta di lunga durata che è in corso.

in occasione della venutà dei tre ministri a taranto il 17 agosto
lo slai cobas per il sindacato di classe organizza
presidio ilva port.a e d ore 6
presidio prefettura ore 10-13
sit- in itinerante quartiere tamburi nella giornata



il governo e i suoi tre ministri vengano a taranto con le mani pieni come i
tre re magi per imporre a Riva messa a norma, bonifica e salvaguardia di
tutti i posti di lavoro in fabbrica

SI, ALLA MOBILITAZIONE PER MANTENERE TUTTI GLI OPERAI IN FABBRICA PER
DIFENDERE LAVORO E SALUTE CONTRO RIVA E IL GOVERNO

La scesa a Taranto il 17 dei tre ministri ha tutto il segno di una venuta in
soccorso a Riva, e non di un effettivo impegno del governo per salvaguardare
i posti di lavoro, imporre all'azienda effettivi interventi di risanamento
degli impianti, finanziare realmente la bonifica sul territorio; l'azienda
interpreta il riesame come una sostanziale continuità dell'esistente e
all'interno delle decisioni assolutamente insufficienti già prese al Tavolo
regionale, del decreto governativo e degli impegni, anche finanziari,
inadeguati

La posizione dello Slai cobas è netta e chiara, sintetizzata da "operai in
fabbrica padroni in galera" - questa fabbrica si risana solo con gli operai
dentro e con la lotta operaia e che questa lotta in fabbrica permette di
sviluppare la battaglia unitaria e popolare per affrontare e combattere i
gravi effetti che la politica dei padroni, pubblici prima e con Riva dopo,
hanno prodotto sulla vita e la salute della popolazione di Taranto, in
particolare di quella dei quartieri contigui alla grande fabbrica.
 Abbiamo bisogno un sindacato di classe e di massa nelle mani degli operai,
che all'Ilva si chiama slai-Cobas per il sindacato di classe.
Siamo per la mobilitazione degli operai ma su queste posizioni. Non aderiamo
a mobilitazioni organizzate dall'azienda, né a scioperi ambigui che non
abbiano l'azienda e il governo come controparte.

13.8.12
SLAI COBAS per il sindacato di classe  ilva - 3475301704 - cobasta@libero.it

giovedì 9 agosto 2012

Sicurezza: disgerminoma da cromo è malattia professionale


In sei anni di lavoro in un'azienda meccanica della Vallesina, fra il 1999 al 2005, un operaio di 36 anni di Jesi ha respirato varie sostanze nocive tra cui il cromo. All'uomo, ora affetto da disgerminoma, una forma rara di tumore ai testicoli, il giudice Andrea De Sabbata della Sezione lavoro del Tribunale di Ancona ha riconosciuto la malattia professionale, una patologia che ad oggi non figura nelle tabelle dell'Inail.

La sentenza crea cosi' un precedente giurisprudenziale. L'operaio, assistito dall'avv. Alessandra Moneta, aveva assorbito nel tempo le sostanze nocive sprigionate nell'aria in particelle, senza che l'azienda fornisse adeguate protezioni ai propri addetti. Nella stessa fabbrica si sono registrati ben tre casi di una patologia altrimenti rara: uno dei colleghi dell'operaio, colpito anche da neoplasia polmonare, successivamente e' deceduto. Il lavoratore che ha fatto causa, reso invalido al 40%, ha già subito tre interventi per rimuovere il carcinoma. E' tutt'ora sotto terapia, e non lavora più in quella fabbrica.

Operaio muore in cantiere a Catania


Repubblica

 Incidente sul lavoro a Catania
cade dall'impalcatura e muore
L'operaio edile aveva 26 anni e lavorava nel cantiere di una palazzina di tre piani. E' precipitato da oltre dieci metri. A quanto emerge dalle prime indagini, ha ceduto una pedana di legno

Un operaio è morto stamattina a Catania in un incidente sul lavoro. La vittima, Orazio Savoca, 26 anni, è precipitata dall'impalcatura sulla quale stava lavorando ed è rimasta uccisa nell'impatto al suolo. Sul fatto, avvenuto in via fratelli D'Antona, nel quartiere San Cristoforo, indagano i carabinieri.

Savoca è precipitato da un'altezza di oltre dieci metri. Secondo quanto si apprende, a causare la caduta sarebbe stato un cedimento della pedana in legno posta su un'impalcatura per la costruzione di un palazzetto di tre piani nei pressi del Fortino. I carabinieri nel cantiere hanno trovato un solo operaio. L'indagine è coordinata dal sostituto procuratore Angelo Busacca.

SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS ! – NEWSLETTER N.113 DEL 08/08/12




In allegato e a seguire la newsletter n.113 del 08/08/12 di “Sicurezza sul lavoro ! - Know Your rights !”.

In questo numero:
-         Intervista a Samanta di Persio (autrice di “Morti bianche”)
-         ILVA di Taranto, 1982-2012: 30 anni di sentenze su polveri e diossina
-         Le nuove regole che disciplinano la trasmissione dei dati sanitari e di rischio dei lavoratori e delle lavoratrici
-         Accordi formazione: chiarimenti per lavorare meglio e bene
-         Il radon uccide
-         Alte temperature e lavoro
-         I rischi delle radiazioni ottiche naturali

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’ obiettivo è quello di diffondere il più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’ unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte:
“Marco Spezia - sp-mail@libero.it”
DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !

Marco Spezia
RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO
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INTERVISTA A SAMANTA DI PERSIO (AUTRICE DI “MORTI BIANCHE”)

Da Cobas Pisa
7 agosto 2012 13:45

SICUREZZA SUL LAVORO: INTERVISTA A SAMANTA DI PERSIO
4 DOMANDE SU SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO E INADEGUATEZZA DEL SINDACATO…
L’INDIGNAZIONE NON BASTA. RACCONTIAMO LE STORIE DELLE VITTIME DI INFORTUNI SUL LAVORO

SONO TRASCORSI ALCUNI ANNI DALLA PUBBLICAZIONE DI “MORTI BIANCHE” (PROPOSTO E RIFIUTATO DA VARIE CASE EDITRICI ED INFINE EDITO DA CASALEGGIO ASSOCIATI) COSA E’ CAMBIATO IN QUESTI ANNI?
Ho iniziato a scrivere “Morti Bianche” nel 2007 perché mi sono chiesta cosa accadesse ad una famiglia dopo aver perso un familiare o dopo un incidente invalidante. Iniziai a raccogliere testimonianze prima dell’infortunio della Thyssen Krupp.
Forse questa tragedia segna un confine: dopo la morte dei sette operai i mass media per occuparsi di infortuni sul lavoro attendono che ci siano delle vere e proprie stragi. Basta ricordare le donne di Barletta, in questo caso ci fu anche l’indignazione perché lavoravano a nero e per 4 euro l’ora.
Ebbene sì, in questo Paese è la norma soprattutto in tempi di crisi. Capii in fretta che dietro un infortunio c’è il peggio dell’Italia. Assunzioni fatte il giorno dell’incidente, ma il lavoratore era impiegato da mesi in azienda. Sistemi di sicurezza tolti per velocizzare la produzione e poi quando ci scappa il morto nessuno viene punito, anzi a volte viene condannato il capro espiatorio.
Altre volte i reati si prescrivono perché gli avvocati spesso sono attratti dai soldi come nel caso di Franca Mulas che ha perso a distanza di quindici mesi prima il figlio e poi il marito, lavoravano entrambi per la stessa azienda e non è stato condannato nessuno per via della prescrizione.
Altre volte i sindacati non svolgono il loro compito, non tutelano i lavoratori, non li informano dei loro diritti. Si è innescato un processo individualista e questo ha portato alla disgregazione sociale e di fatto non importa a nessuno se ogni anno muoiono oltre mille persone sul lavoro, di conseguenza è difficile farsi pubblicare un libro che tratti un argomento così scomodo.
In realtà in quattro anni è cambiato poco, questa è una materia che non interessa a chi governa, del resto le campagne elettorali vengono finanziate dalle grandi imprese.
Il legislatore come potrebbe pensare una legge che vada a ledere il suo sponsor?
In più abbiamo avuto al governo un imprenditore che non ha mai chiarito come sia diventato un grande, però abbiamo perfettamente capito che lui, il suo staff e l’opposizione silente, hanno divorato questo Paese.
IN “MORTI BIANCHE” RACCOGLI VARIE TESTIMONIANZE DI MORTI SUL LAVORO. CI FAI ALCUNI ESEMPI?
Il libro è un vero e proprio diario dal mondo del lavoro, lascio parlare i protagonisti.
Raccontano dell’Ilva che uccide perché nell’esecuzione dei lavori oggi c’è una grande fretta e lavorano insieme varie ditte in subappalto, ognuna di loro ha un compito, ma non comunicano fra di loro questo genere una situazione dove è facile che avvengano degli infortuni.
Raccontano delle Ferrovie, treni pericolosi per chi ci lavora ma anche per i passeggeri: ad esempio le “porte killer” che si chiudono ed hanno procurato molte invalidità.
Raccontano di imprenditori che hanno messo ragazzi a lavorare senza un minimo di formazione: Matteo Valenti è morto bruciato in un laboratorio di cere; Anthony Forsythe è morto perché aveva un contratto in scadenza e non poteva dire di no; Andrea Gagliardoni è morto perché erano stati tolti dal macchinario 3 dei 3 sistemi di sicurezza; Luca Cardinale è morto a 15 anni e la madre non si è mai rassegnata all’ingiustizia.
Il proprietario della Umbria Oli, Giorgio Del Papa ha chiesto il risarcimento di 35 milioni di euro (la mancata produzione) ai familiari delle 4 vittime.
1.200 MORTI L’ANNO PER INCIDENTI SUL LAVORO, I SINDACATI SONO IN PERENNE RITARDO SULLE TEMATICHE INERENTI LA SALUTE E LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO.
I sindacati non sono in ritardo, semplicemente la loro presenza si avverte poco.
Oggi i lavoratori si sentono soli, spesso sono stati traditi dagli stessi operai sindacalizzati.
Ruggero Toffolutti, Mirko Fiorona avevano paura di alcuni macchinari, si sono rivolti ai loro colleghi e quando c’è stato l’infortunio mortale questi hanno taciuto.
Il vero problema è l’omertà. Il vero problema è il ricatto a cui tutti i lavoratori sono sottoposti perché chi chiede il rispetto dei propri diritti oggi viene licenziato senza giri di parole ed il sindacato fa poco, anzi spesso sono loro a far desistere i lavoratori da una vertenza.
Se ognuno adempiesse al proprio compito le cose potrebbero andare diversamente.
CHE COSA FARE IN CONCRETO A TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO?
Oggi l’indignazione è poca ed a volte ci si accontenta di un discorso del Presidente della Repubblica chiaramente non risolutivo.
Si sta arrivando a toccare il fondo. Ormai i piccoli imprenditori, gli artigiani si stanno suicidando perché lo stato non lascia alternative alla chiusura.
I grandi se ne sono andati da un pezzo perché nessuno ha fatto opposizione, anzi poi gli fanno vendere i prodotti ai disoccupati italiani.
I lavoratori rimangono senza lavoro e in questo modo si incentiva il sommerso.
I sindacati hanno grandi responsabilità, le contrattazioni le hanno portate a casa loro, perché non hanno mai chiesto il conto alle grandi imprese su come utilizzassero i finanziamenti pubblici?
Ad esempio la Fiat è un’impresa che nel corso del tempo ha sempre minacciato chiusura per mancanza di competitività, perché gli operai costano troppo, questa ha sempre ricevuto finanziamenti.
I vari manager prendono 5/6/7 milioni l’anno di stipendio, com’è possibile se l’azienda urla crisi da decenni?
Perché lo stato non ha mai verificato come venisse speso il proprio denaro?
Parlando con lavoratori e con imprenditori molti mi dicono che l’unica via d’uscita non è pacifica, questo dovrebbe far riflettere la nostra classe dirigente (politica, sindacale) che dovrebbe rendersi conto che è ora di cambiare mestiere.

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ILVA DI TARANTO, 1982-2012: 30 ANNI DI SENTENZE SU POLVERI E DIOSSINA


“La prima sentenza di condanna dell’Ilva per lo spargimento di polveri minerali sulla città é del 1982. La emise un pretore di Taranto, Franco Sebastio, ora a capo della Procura ionica. Ma i 32 anni trascorsi da quella prima sentenza sino al sequestro degli impianti dell’area a caldo del Siderurgico, il 26 luglio scorso, sono costellati da pronunciamenti e disposizioni della magistratura che lanciano allarmi o puniscono i presunti responsabili dell’inquinamento di Taranto”. Così esordisce il dettagliato focus dell’agenzia Ansa pubblicato ieri.
La stessa inchiesta che ha portato al sequestro, senza facoltà d’uso, degli impianti e all’arresto di una parte dei vertici Ilva, indagine nata alla fine del 2009, riunisce tre procedimenti penali che si sono incrociati negli ultimi anni: quello sull’abbattimento di animali risultati contaminati dalla diossina, un altro contenente relazioni dell’Arpa e alcuni esposti, e infine un terzo basato sulle denunce di oltre un centinaio di famiglie del rione Tamburi, a ridosso del Siderurgico, che lamentavano problemi di salute e il danneggiamento delle loro case per colpa delle polveri minerali che si depositavano su muri e balconi.
Ma già in una sentenza del 19 gennaio 1998 la Corte di Cassazione scriveva che é stata raggiunta “la prova certa del nesso di causalità materiale tra le modalità di svolgimento dell’attività produttiva e il fenomeno dello spolverio”, nonché “del consapevole mancato apprestamento di misure effettivamente idonee ad evitare la situazione di pericolo per l’incolumità pubblica”.
In quel pronunciamento l’Ilva era stata citata in giudizio dal titolare di una serra di fiori situata a 500 metri dal Siderurgico e danneggiata irrimediabilmente dalla quantità eccessiva di polveri minerali fuoriuscite dallo stabilimento siderurgico.
Il 7 dicembre 2000, in una lettera inviata a governo, prefetto, Regione Puglia, presidente della Provincia e sindaco di Taranto, la Procura ionica lanciò un allarme indicando che dalle inchieste in corso emergeva “una grave situazione di inquinamento atmosferico” in città e nei territori limitrofi.
La Procura sottolineò in quella lettera un drammatico paradosso: le polveri minerali rilevate nel quartiere Tamburi di Taranto “risultano maggiori di quelle rilevate all’interno di una zona industriale quale quella del parco materiali del cementificio Cementir”; dunque, un quartiere cittadino risultava più inquinato di un grande sito industriale. Nella lettera si aggiungeva che “l’esigenza di tutelare posti di lavoro in una terra che vive ancora drammaticamente fenomeni di sottoccupazione e disoccupazione é ben nota a chi scrive che se ne fa anche carico”, ma si ricordava anche ai destinatari che “la tutela dei posti di lavoro non può prescindere dal rispetto della salute degli operai e degli abitanti della città di Taranto e dei comuni limitrofi e dell’ambiente”.
E nel 2007 l’allora giudice monocratico del tribunale, Martino Rosati, condannò, tra gli altri, Emilio Riva a tre anni di reclusione e l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso a due anni e otto mesi, “per aver omesso di adottare le misure idonee ad evitare che le batterie delle cokerie, ormai obsolete, disperdessero nei luoghi di lavoro e nelle aree circostanti fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione in modo da ‘prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie consequenziali”.
Le batterie 3-4-5-6 delle cokerie erano state sequestrate nel 2001 su disposizione della magistratura, alcune di queste vennero completamente ricostruite. Ma il primo allarme era stato lanciato nel 1996, un anno dopo l’avvento del gruppo Riva al Siderurgico: il dipartimento di prevenzione della ASL TA 1 scriveva, dopo un’ispezione nelle cokerie, che c’era “rilevante presenza di idrocarburi policiclici aromatici, sostanze cancerogene derivanti dai processi di distillazione del carbon fossile”.
All’epoca, precisava la ASL, erano 629 i lavoratori, tra dipendenti Ilva e delle ditte d’appalto, ad essere “particolarmente esposti” e quindi a rischiare di contrarre malattie gravi.

6 agosto 2012

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DELEGA DI FUNZIONI E RESPONSABILITA’ DEL DATORE IN MATERIA DI SICUREZZA

Da Cobas Pisa
30 luglio 2012 09:02

Con sentenza n. 25359/2012, la III Sezione penale della Cassazione ha affermato che l’accettazione documentabile da parte del delegato è un requisito indispensabile per la delega, a quest’ultimo, di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro.
La Suprema Corte ha specificato che il datore di lavoro non si può considerare esente da responsabilità qualora non dimostri la presenza di questo elemento che renda valido il trasferimento di funzioni in capo al delegato.
A seguire il testo della sentenza, pubblicato sul sito della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Ciro – Presidente
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. MARINI Luigi – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. (OMISSIS), del (OMISSIS);
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA
RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di (OMISSIS).
RITENUTO IN FATTO
1. A seguito di opposizione a decreto penale di condanna per il delitto di cui all’articolo 590 c.p. e connessi reati contravvenzionali, proposta da (OMISSIS), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, inaudita attera parte, ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione che, con sentenza del 16 gennaio 2009, é stata annullata dalla Quarta Sezione penale di questa Corte.
Giudicando in sede di rinvio, il Tribunale di Roma, ritenendo che dagli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, acquisito al fascicolo processuale unitamente alla documentazione prodotta dal difensore, non emergesse l’estraneità dell’imputato ai reati contestati ed evidenziata, in particolare, la inefficacia delle deleghe di funzioni rilasciate dall’imputato ad altri soggetti, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dello stesso, ai sensi dell’articolo 531 c.p.p., per prescrizione dei reati contestati.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione alla ritenuta inefficacia delle deleghe di funzioni, richiamando i requisiti di validità individuati dalla giurisprudenza ed osservando che, tra questi, non sarebbe compreso quello dell’accettazione da parte del soggetto delegato.
3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta, invece, l’omessa valutazione, ai sensi dell’articolo 192 c.p.p., della documentazione prodotta e, segnatamente, dell’organigramma della società di cui l’imputato era amministratore delegato all’epoca dei fatti, trattandosi di prove che, se adeguatamente considerate, avrebbero dimostrato l’assenza di responsabilità per i fatti addebitatigli. Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso é inammissibile.
Occorre in primo luogo rilevare come il giudice del merito abbia correttamente richiamato una pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (SS.UU. n.35490, 15 settembre 2009) la quale, dirimendo un precedente contrasto giurisprudenziale; ha tra l’altro affermato che la pronuncia assolutoria a norma dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, é consentita al giudice solo quando emergano dagli atti, in modo assolutamente non contestabile, le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e a sua rilevanza penale, in modo tale che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo sia incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento ed appartenga, pertanto, più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento”.
Precisano ulteriormente le Sezioni Unite che l’”evidenza” richiesta dal menzionato articolo 129 c.p.p., comma 2, “presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi così addirittura in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia”.
A tale condivisibile principio si é dunque adeguato il giudice del merito dopo aver rilevato, con accertamento in fatto, che, dall’esame dei contenuti del fascicolo del Pubblico Ministero, acquisito agli atti e della documentazione prodotta dalla difesa, non vi era spazio per una pronuncia assolutoria con formula piena.
5. La soluzione adottata appare dunque del tutto corretta, perché conforme all’indirizzo interpretativo suggerito dal massimo organo nomofilattico.
Il giudice, oltre ad esprimere un giudizio complessivo sulla rilevanza dell’intero corredo probatorio, ha poi ritenuto di specificare come, in modo particolare, dall’esame degli atti risultasse dubbia l’efficacia delle deleghe rilasciate dall’imputato a terzi con riferimento alle funzioni concernenti i fatti oggetto di imputazione.
Viene così stigmatizzata l’unilateralità che contraddistingue detti atti e la mancanza di qualsivoglia forma d accettazione da parte dei soggetti delegati, rilevando che tale situazione impedisce di escludere la responsabilità dell’imputato.
Tale assunto viene contestato in ricorso, ravvisando l’errore di diritto conseguente ad una errata considerazione dei requisiti richiesti per la validità della delega di funzioni, ma non coglie nel segno.
6. Come é noto, la particolarità della delega di funzioni é data dalla mancanza di una specifica previsione normativa e dalla rilevanza che essa assume con riferimento alle attività delle imprese, specie se di notevoli dimensioni.
Ciò ha determinato la necessità di individuare la possibilità, per il titolare dell’impresa, di trasferire ad altri soggetti alcuni obblighi dall’inosservanza dei quali potrebbe derivare una responsabilità penale ed ai quali egli potrebbe essere impossibilitato ad adempiere personalmente. A tale esigenza si contrappone, altresì, quella di evitare che, attraverso lo strumento della delega, anche il soggetto che possa soddisfare l’obbligo giuridico impostogli dalla legge abbia la possibilità di non adempiervi, sfuggendo le conseguenti responsabilità attraverso un indebito trasferimento delle sue funzioni a terzi.
La necessità di impedire un improprio utilizzo della delega di funzioni ha indotto la giurisprudenza ad elaborare, nel tempo, un accurata ricognizione dei requisiti richiesti per la validità della stessa e tra questi, contrariamente a quanto affermato in ricorso, vi é senz’altro anche l’accettazione da parte del delegato.
Si é infatti ripetutamente affermato, proprio con riferimento alla materia antinfortunistica, che l’atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (così Sez. 4, n.38425, 22 novembre 2006. V. anche Sez. 4, n.37470, 2 ottobre 2003, citata anche in ricorso; Sez. 4, n.9343, 25 agosto 2000; Sez. 4, n. 12413, 30 ottobre 1999; Sez. 2, n.9994, 20 settembre 1994; Sez. 4, n.1760, 23 febbraio 1993; Sez. 4, n.104, 11 gennaio 1990).
7. La correttezza della decisione impugnata non viene intaccata neppure dalle argomentazioni svolte nel secondo motivo di ricorso.
Come si é già detto, il giudice del merito, peraltro dando atto del fatto che l’imputato non ha comunque rinunciato alla prescrizione, ha operato una valutazione globale del compendio probatorio, comprensivo quindi anche della documentazione prodotta dalla difesa, espressamente menzionata.
Nell’ambito di tale apprezzamento, correttamente effettuato entro il contenuto ambito definito dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite, il giudice ha quindi dato sufficientemente atto di aver considerato il valore probatorio individuale di ciascun elemento offerto alla sua attenzione e non aveva alcun obbligo di addentrarsi in ulteriori verifiche in assenza di una prova evidente e incontrovertibile dell’innocenza dell’imputato che consentisse al proscioglimento nel merito di prevalere sulla causa di estinzione del reato.
8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro1,000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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LE NUOVE REGOLE CHE DISCIPLINANO LA TRASMISSIONE DEI DATI SANITARI E DI RISCHIO DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI

Da Cobas Pisa
28 luglio 2012 00:30

Il Ministero della Salute, congiuntamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, hanno pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26 luglio 2012, il Decreto 9 luglio 2012.
Questa nuova legge regola e disciplina le modalità di trasmissione delle informazioni inerenti a dati sanitari e di rischio dei lavoratori, proprio come previsto dall’articolo 40 del “Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” (D.Lgs.81/08) .
Il Decreto contiene i dati della cartella sanitaria e di rischio, tenuta sia su supporto cartaceo che informatico, che va a modificare l’Allegato 3A del D.Lgs.81/08.
Ecco il testo tratto dal sito della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena:

MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 9 luglio 2012
Contenuti e modalità di trasmissione delle informazioni relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
IL MINISTRO DELLA SALUTE
di concerto con
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Visto il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni ed integrazioni, recante: "Attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n.123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro";
Visto, in particolare, l'art. 40 del predetto decreto legislativo n. 81 del 2008 il quale prevede:
al comma 1 che entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B;
al comma 2 che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie locali, all'ISPESL;
al comma 2-bis che con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti, secondo criteri di semplicità e certezza, i contenuti degli allegati 3A e 3B e le modalità di trasmissione delle informazioni di cui al comma 1. Gli obblighi di redazione e trasmissione relativi alle informazioni di cui al comma 1 decorrono dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo;
Vista la legge 13 novembre 2009, n. 172, recante: "Istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di Stato", ed, in particolare, l'art. 1, comma 3, il quale ha trasferito al Ministero della salute, tra l'altro, le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro, già attribuite al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ai sensi del decreto legge 16 maggio 2008, n. 85;
Visto il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, recante: "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ed, in particolare, l'art. 7, comma 1, il quale prevede la soppressione dell'ISPESL e la contestuale attribuzione delle relative funzioni all'INAIL sotto la vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute;
Considerata la necessità di individuare, secondo quanto previsto dal predetto art. 40, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008, i contenuti degli allegati 3A e 3B e le modalità di trasmissione dei dati di cui al comma 1 del citato art. 40, nel rispetto dei criteri di semplicità e certezza;
Acquisita l'Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 15 marzo 2012 (Rep. Atti n.64/CSR);
DECRETA
Art. 1 - Finalità del decreto
1. Il presente decreto definisce i nuovi contenuti degli allegati 3A e 3B e le modalità di trasmissione delle informazioni di cui al comma 1 dell'art. 40 del Decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81.
Art. 2 - Contenuti della cartella sanitaria e di rischio
1. I contenuti della cartella sanitaria e di rischio, tenuta sia su supporto cartaceo che informatico, sono specificati nell'allegato I del presente decreto recante la modifica dell' Allegato 3A del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81.
2. I contenuti previsti nell'allegato I sopra richiamato sono da considerarsi come informazioni minime della cartella sanitaria e di rischio.
3. Il medico competente risponde della raccolta, dell'aggiornamento e della custodia delle informazioni di cui al periodo che precede. Per la mancata fornitura da parte del datore di lavoro delle informazioni di propria esclusiva pertinenza non può essere imputata alcuna responsabilità al medico competente che le abbia richieste.
Art. 3 - Contenuti e modalità di trasmissione dei dati aggregati e di rischio dei lavoratori
1. I contenuti delle informazioni da comunicare ai sensi del comma 1 dell'art. 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, sono specificati nell'allegato II del presente decreto, recante le modifiche dell'allegato 3B del richiamato decreto legislativo.
2. La trasmissione dei dati utilizzabili a fini epidemiologici, di cui al comma che precede deve essere effettuata dal medico competente entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento, salvo quanto previsto dal successivo art. 4.
3. La trasmissione dei dati di cui ai commi 1 e 2 che precedono deve essere effettuata unicamente in via telematica.
Art. 4 - Disposizioni transitorie e entrata in vigore
1. Al fine di consentire una valutazione approfondita della rispondenza delle previsioni del presente decreto a criteri di semplicità e certezza nella raccolta e delle modalità di trasmissione delle informazioni, e' individuato un periodo transitorio di mesi 12 a far data dall'entrata in vigore del presente decreto per la sperimentazione delle disposizioni previste.
2. Unicamente con riferimento al periodo di sperimentazione di cui al precedente comma, il termine per la trasmissione delle informazioni di cui all'allegato 3B, così come modificato nell'allegato II del presente decreto, scade il 30 giugno 2013.
3. Al termine del periodo di sperimentazione di cui precedente comma, sentite le associazioni scientifiche del settore, potranno essere adottate con successivi decreti modifiche relative ai contenuti degli allegati 3A e 3B e alle modalità di trasmissione dei dati di cui al comma I dell'art. 40, comma 1.
4. Per la durata del periodo transitorio di sperimentazione, con riferimento a possibili difficoltà di raccolta e trasmissione telematica delle informazioni di cui al comma 1 dell'art. 40, la sanzione di cui all'art. 58, comma 1, lettera e), e' sospesa sino al termine della sperimentazione di cui al comma che precede.
5. Il presente decreto entra in vigore 30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Roma, 9 luglio 2012
Il Ministro della salute
Balduzzi
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Fornero

Il Testo completo del Decreto Ministeriale, comprensivo dell’ Allegato I del Decreto stesso è scaricabile all’ indirizzo:

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ACCORDI FORMAZIONE: CHIARIMENTI PER LAVORARE MEGLIO E BENE

Da PuntoSicuro
Anno 14 - numero 2913 di giovedì 02 agosto 2012

Accordo Stato Regioni del 25 luglio 2012: le linee applicative degli accordi del 21 dicembre 2011 sulla formazione dei lavoratori, dirigenti, preposti e datori di lavoro.
A cura di Rocco Vitale.
Dopo sette mesi, finalmente, la conferenza Stato Regioni del 25 luglio 2012 ha approvato le linee guida di adeguamento degli accordi del 21 dicembre dello scorso anno.
Ogni chiarimento è utile per evitare confusioni tanto più che, in questo caso, viene evidenziato come queste linee guida sono utili, non solo agli operatori ma, anche agli organi di vigilanza con le indicazioni essenziali per l’organizzazione, la realizzazione e la verifica di attività formative pienamente coerenti con la vigente normativa.
Un passo in avanti con velocità ridotta. Oltre 200 giorni sono passati per approvare un documento semplice, utile e senza conflitti tra le parti. Significa che i meccanismi di formulazione e di approvazione e condivisione di testi e documenti presentano, sicuramente, problemi di non funzionamento e di macchinosità amministrativa non più corrispondenti alla realtà dei tempi. La necessità di operare con serietà, semplicità (che non vuol dire semplicismo), agevolando i processi e non burocratizzandoli ancora di più non sono ancora entrati nell’ottica di chi opera nel campo della sicurezza sul lavoro.
Vogliano leggere questi ulteriori adeguamenti nel quadro della semplificazione e tali li consideriamo e non come un ulteriore fardello di adempimenti amministrativi che poco e nulla hanno a che vedere con una buona e corretta formazione.
Semplificazione dovrebbe essere la chiave di lettura di queste linee guida: ovvero contribuendo a risolvere dubbi ed incertezze gli operatori, a tutti i livelli, ne dovrebbero trarre elementi utili a svolgere azioni concrete di sicurezza e non solo meri adempimenti amministrativi.
Purtroppo, la realtà, non è cosi. Prendiamo ad esempio l’irrisolvibile questione della cosiddetta “collaborazione” con gli Organismi paritetici. Fin dall’Accordo Stato Regioni e poi in queste recenti linee guida viene sottolineato come gli organizzatori dei corsi per attuare la collaborazione possano semplicemente inviare una mail agli organismi paritetici. Orbene si assiste che al posto di sviluppare queste indicazioni, alcuni organismi, ne hanno burocratizzato all’inverosimile questo aspetto invitando a compilare formulare di 4 o 5 pagine (alla faccia della semplificazione!) chiedendo ogni volta sempre gli stessi dati anagrafici, litanie e liturgie da vecchio catasto!
Vediamo le novità interpretative più salienti delle linee guida.
ENTRATA IN VIGORE
Al fine di dissipare la confusione creatasi negli Accordi del 21 dicembre 2011 laddove si indicava per un verso “data di approvazione” ed in altra parte “data di pubblicazione”, ricordando che, da sempre, tutte le leggi o norme pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica (salvo diversa disposizione) entrano in vigore 15 giorni dopo la loro pubblicazione, il nuovo Accordo prevede che la data  di entrata in vigore è quella dell’11 gennaio 2012.
Tale indicazione è importante poiché da questa data ne discendono scadenze ed adempimenti:
-         l’aggiornamento quinquennale deve essere svolto entro l’11 gennaio 2012;
-         il termine per lo svolgimento dei corsi per Dirigenti e Preposti è il 11 luglio 2013;
-         i termini per lo svolgimento dei corsi, applicando le norme prima dell’entrata in vigore dell’Accordo del 21 dicembre 2011 sono scadute l’11 luglio 2012 per i Datori di Lavoro (RSPP) mentre per lavoratori, dirigenti e preposti scadono l’11 gennaio 2013.
COLLABORAZIONE DEGLI ORGANISMI PARITETICI ALLA FORMAZIONE
Dal complesso della esposizione, che richiama con chiarezza le precedenti circolari ministeriali e la semplice indicazione prevista dall’Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 se ne ricava una lettura che, ancora una volta, riguarda aspetti meramente formali che poco o nulla hanno a che vedere con la sostanzialità effettiva della formazione.
Del resto non poteva essere altrimenti visto che la “non collaborazione” non comporta nessuna sanzione e le Linee Guida  ricordano come la legge “non impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con gli organismi paritetici quanto, piuttosto, di mettere i medesimi a conoscenza della volontà di svolgere una attività formativa; ciò in modo che essi possano, se del caso, svolgere efficacemente la funzione che il “testo unico” attribuisce loro, attraverso proprie proposte al riguardo.
Queste condizioni, ovvero la “collaborazione” funziona unicamente quando siano presenti alcune condizioni:
-         gli Organismi paritetici, per essere reali, devono essere costituiti da associazioni sindacali di datori di lavoro e lavoratori che siano comparativamente più rappresentative a livello nazionale ed essere presenti nel territorio e settore;
-         il territorio di riferimento è quello provinciale; se non è prevista la struttura a livello provinciale si può individuare a livello regionale e nel caso in cui manchi la struttura sia a livello provinciale che a livello regionale ci si può rivolgere, solo per coloro che intendano farlo, senza obbligo, al livello nazionale, ma, in questo caso,  non ha nessun valore la “collaborazione”;
-         gli Organismi paritetici devono svolgere una vera e propria attività di “supporto” alle aziende (e non siano quindi semplici sedi di ricevimento di mail);
-         se l’azienda ha più sedi il territorio da considerare è quello della sede legale dell’azienda;
-         gli Organismi paritetici possono svolgere, di fatto, una duplice funzione: essere soggetti organizzatori di corsi di formazione ed allo stesso tempo soggetti della cosiddetta “collaborazione” (prima o poi se gli stessi Organismi non ne daranno una chiara e limpida applicazione saranno loro stessi ad essere palesemente in “conflitto di interesse”);
-         le Linee Guida ricordano come la formazione deve essere fatta necessariamente con o da un Organismo paritetico in quanto il datore di lavoro può decidere in completa autonomia scegliendo il soggetto formatore a suo piacimento;
-         anche nei casi in cui l’Organismo paritetico dia delle informazioni resta nelle facoltà del datore di lavoro se eseguirle, applicarle o procedere direttamente: si ribadisce che in più punti le Linee interpretative prevedono indicazioni operative per gli Organi di Vigilanza, che, dunque, non potranno più contestare attestati senza indicazioni inerenti i Paritetici;
-         gli Organismi paritetici, che pure sono autorizzati a svolgere corsi di formazione, non possono procedere ad alcun “accreditamento” della formazione svolta da altri enti di formazione; pertanto, sono assolutamente validi gli attestati senza timbro/firma di “paritetici”: qualora gli stessi Organismi Paritetici sostengono di dover validare e/o accreditare attesati e corsi commettono un’azione illecita;
-         il datore di lavoro può delegare l’ente di formazione a contattare direttamente l’Organismo paritetico;
-         la richiesta di collaborazione può essere inviata anche tramite semplice posta elettronica.
Da ultimo si puntualizza come il Ministero del Lavoro non provvede ad alcun “accreditamento” degli Organismi paritetici, né riconosce alcuna capacità di rappresentanza.
Allo stesso tempo, è chiaro come, in più punti, le Linee interpretative prevedono indicazioni operative per gli Organi di Vigilanza, che, dunque, non potranno più contestare attestati senza indicazioni inerenti i Paritetici.
FORMAZIONE IN MODALITÀ E-LEARNING
L’Allegato I degli Accordi non presenta difficoltà di applicazione. Utili sono i chiarimenti riguardano iltutor che non si configura in una sua costante presenza quanto, piuttosto, la sua disponibilità a intervenire, con modalità e tempi predefiniti che devono essere chiari e visibili nella piattaforma.
DISCIPLINA TRANSITORIA E RICONOSCIMENTO DELLA FORMAZIONE PREGRESSA
Le linee guida non contengono nessuna novità ma puntuali precisazioni su come valutare e calcolare tempi e ore della formazione svolta.
Viene in particolar modo chiarito che i Dirigenti che hanno già svolto una formazione con i contenuti previsti all’articolo 3 del D.M.16/01/97 o con i contenuti del Modulo A per ASPP/RSPP, anche se di durata inferiore, non è tenuto a frequentare il corso di formazione di cui all’Accordo.
In ogni caso dirigenti e preposti possono completare il percorso formativo entro l’11 luglio 2013.
AGGIORNAMENTO DELLA FORMAZIONE
Nel ribadire che l’obbligo di aggiornamento può essere ottemperato in una unica occasione o preferibilmente distribuito nel quinquennio, che per i soggetti già formati alla data di pubblicazione degli accordi, cadrà sempre l’11 gennaio 2017.
Le linee guida indicano che per Lavoratori, Preposti e Dirigenti con l’obbligo di 6 ore di aggiornamento quinquennali che una parte non superiore ad 1/3 del percorso di aggiornamento (pari a 2 ore) possa essere validamente svolta anche per mezzo della partecipazione a convegni o seminari e che prevedano una verifica finale di apprendimento. In relazione alla restante parte del percorso di aggiornamento, pari a 4 ore, essa dovrà comunque essere svolta con un numero massimo di partecipanti pari a 35 unità per ogni corso.
Per quanto riguarda, invece, gli RSPP valgono le regole dell’Accordo per gli RSPP/ASPP (26 gennaio 2006) e pertanto non è ammessa nessuna tipologia formativa per mezzo di partecipazione a convegni o seminari.
Anche per quanto riguarda l’Accordo relativo ai Datori di Lavoro per lo svolgimento diretto del Servizio di Prevenzione valgono le medesime regole dell’Accordo per gli RSPP/ASPP (26 gennaio 2006) e pertanto, come per gli RSPP/ASPP, non è ammessa nessuna tipologia formativa per mezzo di partecipazione a convegni o seminari.
LA FORMAZIONE DEL RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Le Linee guida prevedono una prossima revisione dell’ Accordo del 26 gennaio 2006 al fine di non creare disparità di trattamento per situazioni analoghe.

Le linee applicative del 25 luglio 2012 relative all’ Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 sulla formazione dei lavoratori, dirigenti, preposti e datori di lavoro sono scaricabili all’indirizzo:

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IL RADON UCCIDE

Da Cobas Pisa
25 luglio 2012 17:00

Ogni  anno il radon uccide 3.000 persone in tutta Italia.
La causa? Il cancro polmonare per la cancerogenicità di questo gas incolore, inodore, insapore, presente in tutta la crosta terrestre. Pericoloso quando si deposita all’interno delle abitazioni; anzi letale.
Non solo i cittadini, ma spesso addirittura gli stessi Comuni, possono non essere a conoscenza del fatto che nel proprio territorio sono state effettuate misurazioni per verificare la presenza del radon, un gas cancerogeno, incolore, inodore e insapore.
Ma i vari comuni hanno eseguito un rilevamento e quali sono i valori riscontrati con le misurazioni?
Il radon è un gas radioattivo, può risultare cancerogeno se inalato, in quanto emettitore di particelle alfa. La principale fonte di questo gas risulta essere il terreno (altre fonti possono essere in misura minore i materiali di costruzione, specialmente se di origine vulcanica come il tufo o i graniti e l’acqua), dal quale fuoriesce e si disperde nell’ambiente, accumulandosi in locali chiusi ove diventa pericoloso.
Si stima che sia la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta, ed alcuni studi evidenziano sinergie fra le due cause
Per saperne di più:

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ALTE TEMPERATURE E LAVORO

Da Cobas Pisa
2 agosto 2012 17:21

Programmare il lavoro in modo che le attività particolarmente faticose siano svolte in orari con temperature più favorevoli, garantire acqua e sali minerali nei luoghi di lavoro, mettere a disposizione dei mezzi di protezione individuali, prevedere ripetute pause durante il lavoro.
Dovrebbero essere disposizioni giornaliere da impartire alle aziende/cooperative che operano nell’agricoltura, nell’industria, nel terziario e in qualunque altra attività lavorativa.
Ma queste norme di buon lavoro sono regolarmente disattese e provocano ogni anno infortuni, malattie e morti che costano in termini economici più del profitto perduto con qualche pausa per bere e riposarsi.
Ogni anno è sempre la stessa storia, in agricoltura i migranti sono sprovvisti di cappelli e dispositivi di protezione individuale, l’acqua non è gratuita e a disposizione di tutti/e, ma spesso a pagamento, a prezzi esorbitanti che alleggersicono una paga oraria già bassa, spesso inferiore ai minimi contrattuali, senza copertura previdenziale e infortunistica.
Il datore di lavoro dovrebbe acquistare dell’acqua (chiedere sali minerali oltre all’acqua sarebbe troppo?) o predisporre libero accesso all’ acqua potabile  in ogni capannone, ma queste avvertenze sono il più delle volte non rispettate.
Invitiamo a contattare il nostro sportello sicurezza che rimarrà attivo anche nel mese di agosto:
mail: confcobaspisa@alice.it
cellulare: 349 84 94 727
e invitiamo i lavoratori e le lavoratrici a segnalare i problemi anche in forma anonima al numero verde della ASL.
Nel frattempo alcune avvertenze pratiche e l’invito a svegliare i delegati sindacali che troppe volte dimenticano come la difesa della salute e della sicurezza vanno di pari passo alla tutela del potere di acquisto di salari spinti sempre più in basso.
-         Bere molta acqua (almeno 2 litri al giorno) a temperatura non eccessivamente bassa. La temperatura ideale di una bibita è attorno ai 10 gradi. In particolare gli anziani devono prestare particolare attenzione perché con l´età avanzata diminuisce lo stimolo della sete e concreto diventa il rischio di disidratazione.
-         Evitare di bere alcolici, caffè, bevande gassate o zuccherate. L´assunzione di bevande alcoliche deprime i centri nervosi e stimola la diuresi, condizioni entrambe sfavorevoli alla dispersione di calore.
-         Mangiare molta frutta e verdure; fare pasti leggeri, preferendo pasta e carboidrati a carne e formaggi fermentati.
-         Evitare di uscire tra le 12 e le 17. Queste non solo sono le ore più calde della giornata ma sono anche quelle caratterizzate dai livelli più elevati di ozono, in questa fascia oraria bisogna organizzare il lavoro per evitare le operazioni più gravose e faticose.
-         Vestirsi con abiti leggeri, di colore chiaro, non aderenti, di cotone, lino o comunque fibre naturali. Assicurarsi che i familiari malati o costretti a letto o anziani non siano troppo vestiti.
-         Usare tende o chiudere le imposte nelle ore più calde; limitare l´uso del forno e dei fornelli, che possono contribuire ad aumentare la temperatura in casa.
-         Evitare il flusso diretto di ventilatori o condizionatori e le correnti d’aria.
-         Non lasciare mai nessuno, neanche per brevi periodi, in macchine parcheggiate al sole.
-         Fare bagni o docce con acqua tiepida.
-         Consultare il proprio medico prima di assumere integratori di sali minerali, se si assumono farmaci in maniera regolare.
-         Se la casa è rinfrescata con i climatizzatori, è importante pulirne i filtri periodicamente (sono un ricettacolo di polveri e batteri) e regolare la temperatura a 25-27 ºC, e comunque non troppo più bassa rispetto a quella esterna, in modo da evitare bruschi sbalzi di temperatura, spesso causa di malesseri.
-         Se si è affetti da diabete o ipertensione o da altre patologie che implicano l´assunzione continua di farmaci, consultare il medico per conoscere eventuali reazioni che possono essere provocate dalla combinazione caldo/farmaco o sole/farmaco.
-         Stare il più possibile con altre persone, non lavorare da soli e senza un sistema elettronico che permetta di segnalare eventuali malori.
-         Passare più tempo possibile in ambienti con aria condizionata (negozi, o altri luoghi pubblici climatizzati), impianti che devono essere monitorati e ispezionati per evitare il rischio di inquinamento biologico(spesso dovuto alla mancata pulizia dei filtri e alla diffusione di salmonella).

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I RISCHI DELLE RADIAZIONI OTTICHE NATURALI

Da PuntoSicuro
Anno 14 - numero 2813 di lunedì 12 marzo 2012

Informazioni per conoscere e prevenire il rischio relativo all’esposizione alle radiazioni ottiche naturali. Le definizioni, le attività più a rischio, i parametri e i valori per la valutazione, la normativa e i soggetti più sensibili al rischio UV solare
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PuntoSicuro ha presentato in questi mesi informazioni su diversi agenti fisici, informazioni tratte dal portale web “PAF – Portale Agenti Fisici”, realizzato dal Laboratorio Agenti Fisici del Dipartimento di Prevenzione dell' Azienda Sanitaria USL 7 Siena .
Dopo aver parlato di rischio rumore, di rischio vibrazione al sistema mano-braccio e al corpo, dei rischi correlati ai campi elettromagnetici e alle radiazioni ottiche artificiali, ci soffermiamo sui rischi derivanti dall’esposizione a radiazioni ottiche naturali.
Il portale ricorda che le più autorevoli organizzazioni internazionali (ICNIRP, ILO, WHO) e nazionali (Istituto Superiore si Sanità) preposte alla tutela della salute e della sicurezza  e gli  studi epidemiologici condotti in ambito internazionale concordano nel considerare la radiazione ultravioletta solare un rischio di natura professionale per tutti i lavoratori che lavorano all'aperto(lavoratori outdoor). Un rischio da valutare e prevenire  alla stregua di tutti gli altri rischi (chimici, fisici, biologici) presenti nell'ambiente di lavoro. In particolare per tali lavoratori sono da tempo individuate  e caratterizzate molte patologie fotoindotte, i cui organi bersaglio sono pelle ed  occhi. La principale patologia fotoindotta è senz’altro il cancro della pelle.
Sul portale, che vi invitiamo a visionare, sono riportate diverse tabelle con l’elenco delle attivitàche possono comportare rischio di esposizione a radiazione UV solare.
Queste, ad esempio, le attività considerate ad elevato rischio di esposizione:
-         lavorazioni agricolo/forestali;
-         floricoltura e giardinaggio;
-         bagnini;
-         istruttori di sport all'aperto;
-         edilizia e cantieristica stradale/ferroviaria/navale;
-         lavorazioni in cave e miniere a cielo aperto;
-         pesca e lavori a bordo di imbarcazioni, ormeggiatori, attività portuali;
-         addetti alle attività di ricerca e stoccaggio idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio, nel mare e nelle piattaforme continentali”.
Riguardo alla valutazione del Rischio UV Solare e ai parametri di valutazione del rischio e valori limite, il portale indica che la quantità utilizzata ai fini protezionistici per quantificare il rischio di insorgenza di danno per patologie fotoindotte della pelle è l’ “Esposizione radiante efficace” o “Dose efficace” (Heff) ottenuta dall'integrale dell'irradianza spettrale ponderata con uno spettro d'azione relativo al rischio di induzione dell'eritema.
E lo spettro di azione per induzione di eritema è stato standardizzato dalla CIE (Commission International d’Eclairage), e viene correntemente impiegato anche come curva di ponderazione per altre patologie della pelle fotoindotte, quali i tumori cutanei.
In particolare la Dose Minima per l’Eritema (MED) viene impiegata per descrivere le potenzialità della radiazione UV nell’indurre la formazione dell’eritema e 1 MED viene definita come la dose di UV efficace in grado di provocare un arrossamento percettibile della pelle umana non precedentemente esposta al sole. Tuttavia le persone non sono ugualmente sensibili alla radiazione UV a causa delle differenti capacità di autodifesa della pelle (pigmentazione). Nel portale è presente una tabella per consultare i valori di MED per differenti tipi di pelle secondo le norme DIN-5050. 
Il portale ricorda poi che l'Indice UV è un indice che basandosi sulla posizione del sole, sulla nuvolosità prevista, sull'altitudine, sui dati dell'ozono, predice l'intensità della radiazione ultravioletta solare giornalmente. La scala dell'indice UV va da un minimo di 1 ad un massimo di 12, più l'indice è alto, più forte è l'intensità degli UV.
Riguardo agli aspetti normativi della protezione dei lavoratori outdoor nei confronti della radiazione solare,  il portale sottolinea che benché la “radiazione solare” sia classificata dalla IARC nel gruppo 1 di cancerogenesi (sufficiente evidenza di cancerogenicità per l’uomo) e pur costituendo un fattore di rischio per tutte le attività outdoor, essa  non è stata inserita nell’elenco degli Agenti cancerogeni e mutageni del Decreto legislativo 81/2008.
Pur essendo le radiazioni UV solari escluse dal campo di applicazione specifico del titolo VIII capo V del Testo Unico, va comunque sottolineato che l’articolo 181, comma 1 del Testo Unico specifica che la valutazione del rischio di tutti gli agenti fisici deve essere tale da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione facendo particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi.
E il D.Lgs. 81/2008 prevede tra le misure generali di tutela l'eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, la loro riduzione al minimo. Prevede inoltre che datore di lavoro, dirigente e preposto debbano richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei mezzi di protezione collettivi ed individuali messi a loro disposizione (e infatti il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di protezione) e  sancisce l'obbligo da parte dei lavoratori di osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale.
Nel portale si fa anche riferimento al Decreto del 27 Aprile 2004 Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, che inserisce i tumori cutanei nella lista delle malattie professionali con obbligo  di denuncia, e al D.M. 9 aprile 2008 “Nuove Tabelle delle Malattie Professionali nell’Industria e nell’Agricoltura”. 
Riguardo alla prevenzione e protezione dal rischio UV Solare bisogna tener conto che tale rischio è strettamente collegato - oltre che all'esposizione - anche ai fattori individuali, per cui l'attuazione delle misure di tutela conseguenti la valutazione dell'esposizione va effettuata lavoratore per lavoratore in relazione anche ai dati personali (fototipo, farmaci, patologie), e lavorativi (presenza di agenti foto sensibilizzanti) in stretta collaborazione con il medico competente. In particolare i lavoratori outdoor, ad esempio in agricoltura, nel comparto pesca e nella cantieristica, sono spesso esposti ad alcune delle sostanze foto sensibilizzanti (sul portale è presente una tabella relativa a tali sostanze).
Un’altra tabella è relativa al fototipo che mostra come la pelle reagisce all'esposizione al sole (in base al colore della pelle, dei capelli, alla comparsa di eritemi e all'attitudine ad abbronzarsi).
Rimandando ad un futuro articolo l’approfondimento sulle misure di prevenzione e sui dispositivi di protezione, concludiamo questa disamina riportando una lista di soggetti particolarmente sensibili al rischio UV Solare:
-         donne in gravidanza: per quanto disposto agli artt.28 e 183 del DLgs.81/08 nonché all’art.11 del DLgs.151/01, in assenza di sicure informazioni reperibili nella letteratura scientifica, sarà cura del Medico Competente valutare l’eventuale adozione di cautele specifiche; particolare attenzione va riservata alla possibile azione sinergica di condizioni microclimatiche e radiazione UV;
-         albini e individui di fototipo 1-2;
-         i portatori di malattie del collagene (Sclerodermia e Lupus Eritematoso nelle sue varie forme, dermatomiosite, poliartrite nodosa, sindrome di Wegener, sindrome antifosfolipidi, ecc.); tra le dermatosi esacerbate dalla luce è ben noto il comportamento del Lupus eritematoso discoide: il suo peggioramento consequenziale all’esposizione al sole è un fenomeno temibile, anche in funzione di un possibile viraggio verso la forma sistemica indotta dalla foto esposizione;
-         i soggetti in trattamento cronico o ciclico con farmaci fotosensibilizzanti (quali ad esempio: antibiotici come le tetracicline ed i fluorochinolonici; antinfiammatori non steroidei come l’ibuprofene ed il naprossene; diuretici come la furosemide; ipoglicemizzanti come la sulfonilurea; psoraleni; acido retinoico; acido aminolevulinico, neurolettici come le fenotiazine; antiaritmici come l’amiodarone): rimandiamo i nostri lettori alla lettura della tabella sul portale relativa agli agenti foto sensibilizzanti (ICNIRP 2007);
-         i soggetti affetti da alterazioni dell’iride (colobomi, aniridie) e della pupilla (midriasi, pupilla tonica);
-         i soggetti portatori di drusen (corpi colloidi) per esposizioni a luce blu (nel caso di elevata luce visibile riflessa: lavorazioni outdoor a mare o su neve/ghiaccio/marmo);
-         lavoratori che abbiano lesioni cutanee maligne o pre-maligne;
-         lavoratori affetti da patologie cutanee fotoindotte o fotoaggravate, per esposizioni a radiazioni UV: queste patologie comprendono quadri assai rari come lo xeroderma pigmentoso, accanto ad altri molto comuni come la dermatite polimorfa solare.

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