sabato 30 marzo 2013

Strage di minatori: 111 morti nelle miniere di Cina e Tibet





 E' di 28 morti e 13 feriti il bilancio dell'incidente avvenuto in una miniera di carbone nel Nordest della Cina, dove si e' verificata un'esplosione provocata da una fuga di gas, il grisou. L'incidente e' avvenuto ieri nella miniera di Babao, a Baishan, nella provincia di Jilin. La tragedia e' accaduta nello stesso giorno in cui in Tibet 83 minatori sono rimasti sepolti da una gigantesca frana, un costone di terra di tre chilometri rotolato lungo un pendio in una zona aurifera; oltre 24 ore dopo non e' stato trovato ancora alcun superstite.
La miniera di Baishan e' proprieta' del governo cinese e amministrata dal gruppo minerario Tonghua. Le miniere di carbone cinesi sono le piu' pericolose al mondo, con quasi 3mila morti ogni anno causati dalla mancanza di misure di sicurezza e l'eccesso di sfruttamento. Il carbone e' ancora la principale fonte energetica in Cina (tra il 60 e il 70 per cento del totale dell'energia della seconda economia mondiale).

15 aprile 2013 ASSEMBLEA PUBBLICA SU IN-sicurezza nelle ferrovie, RISCHI PER CHI VIAGGIA E PER CHI LAVORA ORE 16.30 VIA GIOLITTI 231 ROMA (vicino Stazione Termini) con dibattito promuove COMITATO 5 APRILE

COMUNICATO – AVVISO PER DIVULGAZIONE – AFFISSIONE (ex art. 25 L. 300/70)  
INVITO A PARTECIPARE 

LUNEDI’ 15 APRILE 2013 DALLE ORE 16.30 A VIA GIOLITTI 231
  c/o CONSIGLIO METROPOLITANO DI ROMA (vicino Stazione Termini)

ASSEMBLEA PUBBLICA (con dibattito e interventi)  

IN-SICUREZZA NELLE FERROVIE
 rischi per chi viaggia e per chi ci lavora 

Promuove il COMITATO 5 APRILE DI ROMA – snodo romano della RETE NAZIONALE SALUTE E SICUREZZA
SUL LAVORO E SUI TERRITORI

Interventi di DANTE DE ANGELIS (detto Dante, RLS plurilicenziato e plurireintegrato, ferroviere)
RICCARDO ANTONINI (ferroviere, licenziato per aver prestato a titolo gratuito la sua consulenza tecnica all’Assemblea 29 giugno e ai familiari della strage di Viareggio)
Contributo di SANDRO GIULIANI (capotreno, licenziato per aver chiesto l’applicazione di regole a tutela di chi lavora e di chi viaggia sui treni regionali)
ROSALBA RIZZUTO (Comitato pendolari FR8)
ROBERTO TESTA (Usb Trasporti)
Un rappresentante dell’ORSA Trasporti
Coordinano l’iniziativa pubblica DANIELA CORTESE (Comitato 5 Aprile) e
ROBERTO MARTELLI (USI – Comitato 5 aprile)
                                                               
Interventi dal pubblico e dibattito 

Si ricorda che dal mese di Aprile 2013, il Comitato 5 Aprile di Roma svolgerà presso lo spazio di Via Giolitti 231, dalle ore 19 alle ore 20.30 ogni 15 giorni (anche previo appuntamento) uno SPORTELLO INFORMATIVO, DI CONSULENZA E DI SOSTEGNO SULLE TEMATICHE DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO.
Riferimenti e mail per contatti e info: comitato5aprilelavorosicuro@gmail.com
circolotlc@hotmail.com, usiait1@virgilio.it,
e mail nazionale della Rete nazionale: bastamortesullavoro@gmailcom
Comitato 5 aprile di Roma c/o Usicons Largo G. Veratti 25 00146 Roma

Il costo della vita. Storia di una tragedia operaia



Ciao, volevo segnalarti che il mio libro sulla storia della Mecnavi esce nelle librerie in 12 Maggio.
Questo il link di Wuz: http://www.wuz.it/libro-inarrivo/1398055/ferracuti-angelo/costo-della-vita-storia-una-tragedia-operaiahtml


Un caro saluto

af

Mentre alcuni operai stavano ripulendo le stive della Elisabetta Montanari, nei cantieri navali Mecnavi di Ravenna, e altri colleghi tagliavano e saldavano lamiere, una scintilla provocò un incendio: le fiamme si propagarono rapidamente e tredici lavoratori morirono asfissiati dalle esalazioni. Dopo venticinque anni, Angelo Ferracuti torna sul luogo della tragedia per ricostruirne gli eventi, senza limitarsi a parlare con i vigili del fuoco che portarono fuori i cadaveri, con i medici del 118, con gli infermieri, i sindacalisti, con il cardinale Tonini che pronunciò l'omelia funebre, ma avvicinandosi davvero a chi è rimasto, incontrando le famiglie delle vittime, per conoscerle e per capire come si può sopravvivere al "dopo". Angelo Ferracuti ci consegna cosi un'inchiesta forte e lucida, scritta con tatto e partecipazione, che riflette su un tema - quello delle morti sul lavoro - che è ancora di preoccupante attualità.

venerdì 29 marzo 2013

PROCESSO SOLVAY: UDIENZA DEL 27 MARZO



L'udienza odierna, che deciderà se il processo continuerà nella sua sede naturale o verrà spostato a Milano a causa di un problema di incompetenza funzionale, ha un gustoso antipasto; sono le ore 9:05 quando - in un'aula ancora pressocché deserta, dove sono presenti soltanto chi scrive e quattro avvocati - una parte dell'asta di sostegno del microfono utilizzato nell'ultima occasione dall'avvocato Massimo Di Noia per il suo lungo sproloquio, schizza via dalla sua sede naturale, probabilmente a causa della rottura di una molla, e va ad adagiarsi a pochi centimetri dalla scrivania utilizzata dal cancelliere, in quel momento assente.
La reazione immediata dei presenti è di sconcerto, seguito da una domanda che un po' tutti gli addetti ai lavori del processo si pongono: "Che sia un segno premonitore di quanto accadrà tra poco?".
Passano circa cinquanta minuti e, poco prima delle dieci, la Corte entra in aula: la presidente, Sandra Casacci - dopo aver ripreso un avvocato difensore perché non è munito di toga - legge l'ordinanza con la quale respinge le pretestuose ed assurde eccezioni presentate delle difese; a seguire dichiara aperto il dibattimento e dà la parola al pm Riccardo Ghio.
Questi preliminarmente chiede che la Giuria acquisisca le trascrizioni delle intercettazioni disposte con perizia dal gip in sede di incidente probatorio; nel momento in cui la Corte dà il suo assenso, prosegue illustrando i capitoli di prova di cui richiede poter sviscerare nel corso del procedimento: ammissione dei propri testimoni, controesame di tutte le parti, esame degli imputati, ammissione delle perizie tecniche di parte, acquisizione della produzione documentale.
Dopo una breve pausa, è la volta delle parti civili e delle difese di esporre in quale maniera intendono far valere le proprie ragioni; inoltre, tutti gli avvocati presenti chiedono alla Corte di avere un termine congruo per analizzare - ed eventualmente opporsi alla loro acquisizione - i documenti prodotti da tutte le parti.
Di conseguenza, la presidente sospende la seduta e la aggiorna a mercoledì diciassette aprile per le eventuali obiezioni e, se il caso, per la lettura della decisione in merito.
Alessandria, 27 marzo 2013

Stefano Ghio - Rete sicurezza Al/Ge
http://pennatagliente.wordpress.com

Moretti: “In questo momento le nostre ferrovie sono sicure”



Ieri mattina, il locomotore del treno regionale 3024 (Siena-Firenze) prende fuoco a Lastra a Signa (Fi): 450 passeggeri evacuati e 11 corse cancellate (se fosse successo nella galleria che aveva appena attraversato, possiamo immaginare le conseguenze!).
Lunedì 25 marzo è iniziata l’udienza preliminare per la strage ferroviaria del 29 giugno 2009 che provocò 32 Vittime e numerosi feriti dei quali alcuni gravissimi.
La procura di Lucca ha chiesto il rinvio a giudizio per 32 imputati e 9 società come responsabili dell’immane tragedia di Viareggio.
Martedì 26 marzo l’Ad di Fs, Mauro Moretti, alla presentazione del nuovo Frecciarossa a Pistoia, sulla sua assenza all’udienza preliminare di cui è imputato, ha detto: “Faccio quello che mi dicono gli avvocati”. Ma quando sarà necessario si presenterà al processo? “Sì, certo, voglio solo dire che in questo momento le nostre ferrovie sono sicure, sono a posto con tutte le norme nazionali e europee, nonostante ci chiedano delle cose che non stanno né in Europa né in altri Paesi”.
A poche ore dalla strage di Viareggio, Moretti dichiarò che le Fs erano le più sicure d’Europa, che non avevano alcuna responsabilità e che non avrebbero attivato le assicurazioni. Poi si è dovuto ricredere, a causa della mobilitazione e del mancato silenzio sulla strage, attivando le assicurazioni e servendosi anche di mezzucci per non affrontare il processo. Ma su questo vedremo se riuscirà ad intimidire i giudici con minacce e ricatti come ha tentato con familiari, ferrovieri, consulenti, giornalisti. E’ certo che la nostra battaglia e la mobilitazione continueranno affinché questa immane tragedia non sia né dimenticata, né impunita, né si ripeta mai più.
Ora Moretti dichiara perentoriamente: “ … in questo momento le nostre ferrovie sono sicure …”. Affermazione presuntuosa, irreale e sconcertante con la quale sottintende il fatto che prima non erano così sicure smentendo le affermazioni di questi anni e stravolgendo la realtà: l’incendio di ieri (ultimo di una lunga serie), i 35 lavoratori morti sui binari (dal 2007 ad oggi), i feriti gravissimi, le vittime delle porte killer (l’ultima a gennaio).
Le sue sono esplicite affermazioni che confermano la strage annunciata del 29 giungo 2009; una strage che poteva (e doveva) essere evitata ed ammette proprie responsabilità in quanto Ad dal 2006 del Gruppo delle ferrovie dello Stato e di Rfi (Rete ferroviaria italiana) prima.
In ‘questo momento’ significa che dopo “Viareggio” sono state adottate misure di sicurezza che prima non vi erano o che, addirittura, erano state disattese e rimosse?
E conclude: “ … nonostante ci chiedano cose che non stanno né in Europa, né in altri paesi”.
Conosciamo bene la filosofia dei “costi/benefici” che per salvaguardare l’interesse privato penalizza e cancella l’interesse generale e collettivo di sicurezza e salute. L’abbiamo sentita più volte anche a Bruxelles, dove siamo stati per spiegare (a chi di dovere) che a Viareggio vi è stata una strage annunciata e che con determinate, precise e circostanziate normative e provvedimenti sarebbe stata evitata.
Se in altri paesi non si vuole garantire la sicurezza, le ferrovie italiane intendono omologarsi a quei livelli minimi?! Le tesi di Moretti sono note: “liberalizzazioni e sicurezza non stanno assieme …”, “… con buone assicurazioni si può ovviare …”, “ ... esiste un rischio accettabile e sostenibile …”. Accettabile per i familiari delle Vittime? Sostenibile con buone assicurazioni?
Cav. Moretti, faccia l’unica cosa seria e responsabile: si dimetta!

Viareggio, 28 marzo 2013            

- Associazione “Il mondo che vorrei”      
- Assemblea 29 giugno 
- Medicina Democratica Sez. Viareggio    

BREVE RESOCONTO DELL’UDIENZA PRELIMINARE DEL 25 MARZO A LUCCA




La prossima udienza è convocata per martedì 2 aprile alle ore 09.00 al Polo fieristico di Lucca.
Venerdì 29 marzo ci ritroviamo alla Casina dei ricordi alle ore 23.30.
Proposta prossima riunione: martedì 2 aprile ore 21.00 al DLF. 

REPORT 25 MARZO, UDIENZA PRELIMINARE DISASTRO FERROVIARIO 29 GIUGNO 2009
All’interno dell’aula, presenti circa 80 parti offese, soprattutto familiari e rappresentanti di Associazioni che intendono costituirsi parte civile. Inoltre, presenti assessori in rappresentanza dei Comuni della Versilia e di Lucca, nessuna rappresentanza del Comune di Viareggio.
Nessuno dei 32 imputati presente, solo i loro avvocati.
L’inizio dell’udienza, previsto per le ore 9.30, ha inizio dopo quasi due ore e trenta di attesa, alle 11.50 circa.
Il giudice A. Dal Torrione procede con l’appello, prima degli avvocati, poi delle parti offese.
Dopodiché chiede se ci siano contestazioni o problematiche rispetto alle notifiche.
Sollevano obiezione i legali di Trenitalia, Fs Logistica, RFI e Pacchioni (Cima Riparazioni) come persona fisica, ma specifica che, anche se l’azienda Cima ha ricevuto la notifica, il fatto che il referente Pacchioni non l’abbia ricevuta, travolge in questa “posizione” anche la Cima impresa.
Tutte e quattro le società chiedono la “nullità del rinvio a giudizio ex art. 415 bis del c.c.p.”. In sostanza chiedono l’annullamento del procedimento che deve ricominciare con l’invio e il ricevimento da parte dei 4 dell’avviso chiusura indagini (art. 415 bis) che dovevano aver ricevuto a giugno 2012.
L’avviso, chiarisce il procuratore Aldo Cicala, era stato inviata tramite messaggio di posta elettronica ordinaria; infatti le 4 avevano dichiarato di non essere in possesso di indirizzo di posta elettronica certificata, anche se sarebbe obbligatorio nel loro ruolo possederla, ed avevano loro stessi fornito l’indirizzo al quale la Procura ha provveduto a inoltrare.
Fra i familiari, le parti offese non pochi si sono chiesti come fosse possibile che la Procura, oltre alla posta elettronica ordinaria, non avesse utilizzato innanzitutto una raccomandata AR, soprattutto per chi aveva fornito un semplice indirizzo di posta ordinaria che lasciava ogni possibilità per le controparti di affermare di non aver mai ricevuto niente! Di fronte ad un procedimento così importante e per il ruolo della Procura!
Si temeva, fra le parti offese e i loro avvocati, che tutto fosse interrotto, come poteva succedere. Invece il giudice ha scelto “lo stralcio” delle posizioni delle 4, che è meno grave, ma comporta grossi rischi di slittamento. Infatti immediatamente verrebbero inviate le notifiche di chiusura delle indagini, ma difficilmente si potrà riunire il procedimento per tutti per l’udienza prevista il 22 maggio, che può slittare anche non poco se le 4 chiedono le stesse opportunità degli altri, di essere interrogati, ecc. ecc.
Quindi il giudice Dal Torrione ha provveduto a ricevere le richieste di costituzione di parte civile (circa 100) da parte dei familiari, di persone che hanno ricevuto danni patrimoniali e non, da parte di sindacati, associazioni, ecc. Fra i sindacati, la Cgil nazionale e quella di Lucca, l’Orsa nazionale, regionale e provinciale, la Cub Trasporti nazionale, inoltre 12 Rappresentanti alla sicurezza (alcuni anche presenti). Fra le associazioni, naturalmente “Il mondo che vorrei”, il Comitato “Matteo Valenti”, il DLF di Viareggio, Medicina Democratica, la redazione di “Ancora in marcia”.
L’avvocato del Comune di Viareggio, presentando la costituzione, sottolinea che è assente la rappresentanza del Comune e che la parte civile del comune ha le limitazioni (che conosciamo). Così l’avvocato della Croce Verde si costituisce solo verso la Cima, perché con gli altri esiste la transazione.
Al termine il giudice ha comunicato la sospensione delle udienze già fissate dal 26 al 28 marzo, e ha deciso la ripresa per martedì 2 aprile, dando tempo alle controparti di analizzare le costituzioni di parte civile e poter avanzare proprie obiezioni, opposizioni e motivazioni.




martedì 26 marzo 2013

COMUNICATO STAMPA PROCESSO EURECO: 6 ANNI e MEZZO SARANNO SUFFICIENTI PER UN PENTIMENTO ?


         
Paderno Dugnano, 25/03/2013



Tribunale di Milano, 25 marzo 2013, sesta udienza del processo Eureco!
Udienza imperniata sulla requisitoria del Pubblico Ministero e degli avvocati di Parte Civile.
Il “Comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori Eureco” ha molto apprezzato la puntualità e la precisione con cui il P.M.: D.ssa Manuela Massenz ha elencato i fatti accaduti e la descrizione della personalità dell'imputato Giovanni Merlino.
Ha sottolineato innanzitutto la recidività del Merlino (nel 2005 aveva patteggiato un anno e quattro mesi di reclusione per i reati di omicidio colposo, incendio colposo e violazioni delle norme riguardanti la sicurezza sui luoghi di lavoro). Ha elencato le numerose inosservanze relativamente al mancato rispetto delle minime norme di sicurezza, la falsificazione dei documenti tecnici e del loro mancato aggiornamento ed inoltre ha descritto puntualmente la modalità allucinante e medioevale in cui i lavoratori operavano in fabbrica, ed ha evidenziato la protervia con cui gestiva i rapporti con i dipendenti e le forme contrattuali precarie per speculazioni economiche.
Il capitolo della personalità dell'imputato è stata quanto mai puntuale, un individuo/imprenditore particolarmente pericoloso per la società perché, nel tempo, ha usato qualsiasi modalità e metodo  irregolare per massimizzare i propri profitti a scapito di tutto e di tutti. Ha rivelato che da una intercettazione telefonica l'imputato desiderava incolpare e perseguire i sui dipendenti addossando loro le responsabilità dell'accaduto.
Riteniamo molto indulgente la richiesta di pena di 6 anni, 5 mesi e 20 giorni per una persona che non si è minimamente ravveduta e pentita e che continua a preoccuparci per danni che ancora potrebbe provocare con le relazioni in essere.
Non ci sembra comunque un buon esempio per tutti coloro che continuano ad operare nel mondo del lavoro senza rispettare le regole.
Nuovo appuntamento l'8 aprile per la replica della difesa e le controdeduzione dei PM, prima della sentenza definitiva.
“Comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori Eureco”

Comunicato: come è andata l’udienza Eureco.



In una uggiosa mattinata milanese si è tenuta l’udienza, sempre a porte chiuse, del processo Eureco. Nonostante il tempo un po inclemente la Rete e il Comitato di sostegno agli operai e familiari vittime Eureco hanno animato il presidio davanti il Tribunale di Milano riempiendo di striscioni e cartelli l’esterno e distribuendo volantino. Nonostante la presenza di giornalisti e fotoreporter, presenti sempre in massa vista la concomitanza delle udienze per il processo Ruby, nessuno di questi si è sentito in dovere di venire al presidio e intervistare familiari-operai-rappresentanti della Rete e del Comitato. Cosa non nuova ma che denunciamo per l’ennesima volta, che mostra da che parte sta la cosiddetta “libera informazione”. Allo stesso tempo però sottolineamo la latitanza di organismi, realtà del sindacalismo di base, associazioni, organizzazioni politiche, realtà di movimento, tutte quante “unite” nel disertare la solidarietà e l’impegno in questo campo. Come è prassi sia della Rete che del Comitato la battaglia contro gli omicidi sul e da lavoro e contro la devastazione ambientale, è una lotta disinteressata e con l’obiettivo di unire lavoratori e popolazione e tutte le energie disponibili, per vincere questa Sfida: tra la Civiltà del lavoro e la barbarie del Profitto padronale-della connivenza dello Stato, delle Istituzioni, del governo, dei sindacati confederali. E tutto questo 365 giorni l’anno,, dalla Thyssen all’Ilva, da Viareggio all’Eureco, da Casale a Marghera.
Nonostante questo penoso scenario il presidio/volantinaggio ha suscitato interesse tra coloro che passavano, sia che dovessero entrare in Tribunale o di passaggio, con alcuni che fotografano gli striscioni e che ci dicevano che avrebbero messo in rete le foto o chi sosteneva l’iniziativa e augurandoci di ottenere dei risultati. Ma anche la concomitanza di udienza al Tribunale del Lavoro del ricorso contro l’ingiusto licenziamento degli operai ex Alfa di Arese, che ha permesso di discutere di altri casi, come quello della Marlane di Praia a Mare, e della connivenza della cosiddetta sinistra istituzionale, come Pisapia, che proprio in questo processo mette a disposizione dei padroni assassini i servigi del proprio studio legale al fianco dello studio di Ghedini. Anche in questa occasione ha fatto capolino il M5S, con la neo eletta alla Regione S. Carcano. Con quale obiettivo? Come abbiamo detto alla precedente udienza Eureco, che cadeva in piena campagna elettorale, ribadiamo a questi signori e signore: i lavoratori-i familiari non hanno amici tra questi politici che dicono di rappresentare il nuovo, ma poi non sono al loro fianco tutti i santi giorni. Anche la Rete sicurezza utilizza internet, ma questa battaglia la conduce mettendoci la faccia davanti i Tribunali – davanti le fabbriche (come all’Ilva anziché l’Eureco) – con presidi - manifestazioni e quant’altro. Perché i morti sul lavoro e da inquinamento sono cose materiali e non virtuali, e la battaglia per ottenere Giustizia è un’azione materiale e non relegata nell’universo del web.
Chiaramente saremo presenti alla prossima udienza (protrebbe essere quella del verdetto) dell’8 aprile e rilanciamo da subito l’appello a tutti ad esserci. Questo è prima di tutto un dovere verso gli operai morti e i loro familiari.
Gaglio Giuseppe
Rete nazionale salute e sicurezza sul lavoro e territorio Nodo/Milano
26-3-2013

Amianto nelle scuole a Milano scatta l'inchiesta della Procura



La città è ancora piena di questa sostanza, secondo gli uffici giudiziari. Che puntano il dito sulla lentezza delle bonifiche. Palazzo Marino ha già impegnato 12 milioni di euro: "Stiamo rispettando la tabella di marcia"
di DAVIDE CARLUCCI
La Procura  indaga sull’amianto nelle scuole materne e nei nidi di Milano. Due pm — Alessandra Cecchelli e Maria Ripamonti, coordinate dal procuratore aggiunto Nicola Cerrato — hanno affidato alla Asl una delega di indagine per capire quanto sia diffusa la presenza della sostanza killer negli asili della città e se esista un pericolo per i bambini. E lo hanno fatto dopo che l’Ona, l’Osservatorio nazionale sull’amianto, ha presentato un esposto raccogliendo le preoccupazioni dei genitori. La denuncia si basa sia su notizie di stampa sia su mozioni e interpellanze, come quelle presentate da Marco Cormio (Pd) e da Matteo Salvini (Lega). E sulle risposte del Comune, come la nota tecnica di ottobre sull’appalto per la bonifica del nido di viale Suzzani, che per l’associazione sarebbe «confessorio delle responsabilità» di Palazzo Marino: in sostanza, per gli avvocati Ezio Bonanni e Simonetta Macor, la rimozione dell’asbesto procederebbe a rilento.

«Questo è grave — dice Bonanni — perché i più piccoli sono molto più esposti degli adulti ai rischi per la salute». L’Ona parla di 22 casi e cita anche una relazione tecnica e varie testimonianze su un condominio confinante in una scuola materna, in via Dionigi Bussola, dove la pericolosa fibra è stata usata in modo massiccio per le coperture. Sul tavolo dei pm sta per arrivare la relazione firmata da Susanna Cantoni, dirigente dell'Asl. Dati alla mano, l’allarme potrebbe in
parte rientrare. Il Comune è pronto a dimostrare alla Procura che sta facendo quanto gli compete. Un primo monitoraggio, risalente a primavera del 2011 — fino ad allora non ce ne sono mai stati — ha portato a individuare su un totale di 275 materne e nidi 47 strutture con amianto. Ma in molti casi la presenza è minima, circoscritta in zone non frequentate né dai bambini né dagli educatori.

In altri casi, inoltre, l’amianto è «catturato» nei pavimenti di linoleum e non dovrebbe disperdersi. Ci sono però dieci edifici per i quali è programmata una bonifica: nelle vie Borsa 6, Padova 25, Oglio 21/23, Ojetti 15, Cretese 15, Imbriani 21, Venini 80, Quinto Romano 26, Thomas Mann 9, Narcisi 2. Sono stati già bonificate, invece, altre sette strutture: oltre al nido di viale Suzzani, gli asili di via Benedetto Marcello, Palermo 17, San Bernardo da Chiaravalle 19, Beroldo 8, Cilea 52, Monte Rotondo 10. Per gli interventi già previsti, la giunta di Giuliano Pisapia ha stanziato 6 milioni di euro. E altri 6,2 sono per appalti da aggiudicare. «Stiamo rispettando la tabella di marcia — fanno sapere dall’assessorato ai Lavori pubblici — e l’obiettivo è intervenire su tutti i casi, progressivamente».

È in dirittura d’arrivo il monitoraggio sulle elementari e medie, 230 istituti frequentati da 30mila studenti. Spunteranno come funghi, si prevede, tracce, sia pure minime, di eternit. Perché «Milano è ancora piena di amianto», assicurano in Procura. Ma fino a quando il problema era dimenticato, la polvere restava sotto il tappeto. Ora i genitori chiedono soluzioni rapide. «È un’emergenza non solo sociale e sanitaria — scrive l’Ona — ma anche giudiziaria». 
(26 marzo 2013) 

lunedì 25 marzo 2013

Il profitto del capitale uccide ancora! morta sul lavoro un'operaia tessile


Il profitto del capitale uccide ancora! Ancora una vita, quella di una operaia, spezzata dalla sete inarrestabile dei padroni di accumulare ricchezza sempre e solo sulla pelle degli operai sfruttati

Basta! Contro le morti e gli infortuni sul lavoro per mano padronale, a morte il sistema del capitale!
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Morta un'operaia sul lavoro - In un'azienda tessile. Aveva 39 anni, madre di due figli

25 marzo,  (ANSA) - BIELLA, 25 MAR - Incidente mortale sul lavoro in un'azienda tessile biellese. Questa mattina, durante il primo turno, un'operaia e' rimasta ghermita da una macchina mentre stava lavorando e ha perso la vita.
Secondo le prime ricostruzioni, sarebbe rimasta impigliata in un orditore a causa di una maglia larga. E' stato un collega che si trovava nello stesso reparto, a sentirla urlare. Sul luogo sono interventi i soccorsi ma per la donna, 39 anni, madre di due figli, non c'e' stato nulla da fare.

Comunicato dell’ Assemblea 29 giugno, Associazione “Il mondo che vorrei”, Medicina Democratica - Sez. Viareggio


Troppo importanti per essere processati ?




Il 25 marzo ha inizio l’udienza preliminare per i 32 imputati e le 9 Società coinvolte.  La Procura chiede il rinvio a giudizio per i vertici di Fs (Mauro Moretti, Vincenzo Soprano, Michele Elia, Gilberto Galloni, Mario Castaldo, Calogero Di Venuta, Angelo Pezzati, Emilio Maestrini …), di Gatx, della Jungenthal, della Cima Riparazioni. A capo del Gruppo Fs c’è l’Amministratore delegato, Moretti.

TROPPO IMPORTANTI PER ESSERE PROCESSATI?

Un’intera classe dirigente del mondo dei trasporti sotto processo. Ma per Moretti & C., è inammissibile essere sotto processo, e così intervengono a tutto campo per sovvertire una situazione che, per la posizione sociale che ricoprono, per il proprio ruolo di potere, non possono permettersi.

Conducono con ogni mezzo la loro lotta, sono imputati per 32 Vittime e non si fermano: anche in queste settimane continuano a perseguire quei lavoratori che “osano” parlare di sicurezza, delle responsabilità sulla strage, dei licenziamenti. A Dante De Angelis ancora 10 giorni di sospensione (!) per questo.

L’Ad di Ferrovie, in questi 4 anni, ha: – intimorito i familiari con la minaccia dello spostamento del processo ad altra sede; – avanzato forme subdole di intimidazione nei confronti di giornalisti e consulenti di parte; – avuto sul libro paga di Rfi l’ing. Licciardello, perito del Gip nell’incidente probatorio, denunciato dai familiari assieme all’altro perito prof. Vangi; – diffidato i due ferrovieri che partecipavano all’incidente probatorio, facendo sì che uno abbandonasse l’incarico; – sospeso prima e licenziato poi Riccardo, che ha respinto al mittente intimidazioni, ricatti e minacce; – utilizzato buone assicurazioni per tentare di liberarsi della spina nel fianco rappresentata dai familiari.

Eppure, Moretti, in questi anni, ha continuato ad accumulare conferme e nuovi incarichi, premi e riconoscimenti. L’ultimo, di qualche giorno fa: premio manager infrastrutture 2012 da Mui, la rivista leader in Italia nel settore dei servizi di pubblica utilità!

TROPPO IMPORTANTE PER ESSERE PROCESSATO!

I potenti non si toccano! Nonostante l’evidenza e le responsabilità. Crevalcore, Piacenza e pochi giorni fa la Thyssen, hanno dimostrato che le condizioni storico-politiche sono tali per cui anche le sentenze si “piegano” ai potenti … Come? Facendo fuori le parti civili, risarcendo subito i familiari; poi, prima del processo di Appello, favorendo il ritiro dell’Amministrazione comunale in cambio di un lauto risarcimento; infine con la ricollocazione di decine di lavoratori Thyssen nelle municipalizzate del Comune in cambio della rinuncia alla costituzione di parte civile. Conducono la loro lotta anche con questi mezzi. La modifica della pena e le attenuanti vengono strappate attraverso la neutralizzazione di chi rappresenta il conflitto dentro le aule e per la debolezza della mobilitazione popolare. Solo la presenza, la partecipazione, la denuncia, la mobilitazione costringono alla verità.

Chi sostiene oggi i ferrovieri sanzionati, e chi si mobilita per il processo di Viareggio, ha capito tutto questo. Sappiamo che la sicurezza non c’è, che la vita dei lavoratori, della gente senza potere vale meno di zero. Sappiamo che in questa società è Moretti che salvaguarda la “pubblica utilità”, l’ambiente, gli interessi economico-politici del paese. Non i lavoratori e i delegati che si battono per la sicurezza. “Lui” riceve i premi, i lavoratori ricevono provvedimenti disciplinari e licenziamenti. Chi è chiamato a decidere oggi su Riccardo, sappia che solo apparentemente decide di un (singolo) caso, perché in realtà sta prendendo posizione nel conflitto fra l’interesse generale e collettivo alla salute e alla sicurezza ed i profitti privati dell’impresa.

Sappia il Giudice dell’Udienza Preliminare del 25 marzo, sappiano i giudici del futuro processo per la strage, che gli A.D. hanno dalla loro parte, e se ne avvarranno, la filosofia “costi/benefici” che pervade tutta la società. E’ questa logica, deliberatamente accettata e costantemente applicata, che espone la popolazione e l’ambiente ad ogni crimine, come la strage ferroviaria di Viareggio.

20 marzo 2013

Lunedì 25 marzo h. 09.30 a Lucca udienza preliminare per la  strage ferroviaria di Viareggio  c/o Fiere e congressi loc. Sorbano del Giudice, v. della Chiesa XXXII, trav. I, n.237 da Viareggio appuntamento ore 08.00 nel piazzale della Pam dalla stazione Fs di Lucca bus navetta n.19 ogni 20 m.

Strage di Viareggio, parte l'udienza preliminare. I familiari delle vittime fuori dal tribunale






Fuori dal polo fieristico le foto delle vittime con la scritta: «Niente sarà più come prima». Assente il Comune: è polemica

LUCCA - Ci sono i volti di tutte e 32 le vittime innocenti della strage di Viareggio. Campeggiano davanti al polo fieristico di Lucca dove è partita l'udienza preliminare per il procedimento della strage del 29 giugno 2009. Il tribunale si è «trasferito» in una sede più «capiente» per ospitare le numerose parti civili, difensori e consulenti dei 32 indagati. I familiari delle vittime hanno fatto ingresso all'area del polo fieristico improvvisando un mini corteo.

   
In testa c'era uno striscione con le foto delle vittime e la scritta «Viareggio 29.6.2009. Niente sarà più come prima». Al loro fianco, il presidente della Provincia Stefano Baccelli e rappresentanti delle amministrazioni di Lucca, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Seravezza e Massarosa. Non è passata inosservata, invece, l'assenza di rappresentanti del Comune di Viareggio, che ha deciso di non inviare alcuna figura ufficiale. «Per Viareggio, la città dove è avvenuta la strage, non c'è nessuno - spiega Daniela Rombi, rappresentante di una delle associazioni tra i familiari delle vittime - nemmeno un vigile con la fascia tricolore. Siamo tanti arrabbiati, ci siamo rimasti male». Il comune di Viareggio è guidato da un commissario, Domenico Mannino. «Mi ha inviato una mail - ha spiegato Daniela Rombi - per dirmi che per rispetto della corte non sarebbe stato presente fisicamente, e aggiungendo che ci è vicino con il cuore. Io capisco il rispetto della corte, ma ci siamo anche noi». All'esterno dell'aula dove è in corso l'udienza ci sono decine di striscioni e tutte le foto delle vittime del rogo sono accompagnate dalla scritta in rosso «ucciso». Assieme ai familiari delle vittime, le associazioni «Il Mondo che vorrei» e «Assemblea 29 giugno». Diverse le scritte contro l'ad delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, il principale forse, almeno per fama, dei 32 indagati e assente all'udienza come previsto. Familiari e associazioni hanno esposto, appoggiandolo sull'asfalto, anche un enorme lenzuolo con disegni dei loro bambini, molti dei quali rimasti orfani di almeno un genitore morto nel rogo provocato dall'esplosione di oltre tre anni e mezzo fa.

Per un difetto di notifica il gup di Lucca ha deciso di stralciare le posizioni di Trenitalia, Fs Logistica Rfi, della ditta di revisioni Cima, e del suo titolare. Le difese hanno sostenuto di non aver ricevuto la mail con cui la procura avrebbe dovuto notificare l'avviso di chiusura delle indagini. Il giudice ha comunque deciso di non interrompere il procedimento per le altre parti: con ogni probabilità le cinque posizioni stralciate saranno riunificate alle altre nell'udienza in programma per il 22 maggio. L'udienza preliminare si è aperta con le eccezioni delle difese, fra cui quelle sui difetti di notifica. Secondo la procura ci sarebbe stato un accordo con i difensori in base a cui quelli privi di posta certificata avrebbero ricevuto semplici mail accompagnate da una lettera cartacea. La questione è stata oggetto di dibattito, con la decisione del gup di stralciare le cinque posizioni. Per queste adesso la procura dovrà di nuovo procedere con la notifica dell'avviso chiusura indagini, con l'inoltro delle richieste del rinvio a giudizio e con la fissazione da parte del gup dell'udienza, che con ogni probabilità sarà quella del 22 maggio, già in calendario da tempo. A seguire c'è stata la richiesta di costituzione di parte civile avanzata da un centinaio fra familiari delle vittime ed enti. Fra questi anche la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Regione Toscana, la Provincia di Lucca e il Comune di Viareggio, oltre ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di diverse regioni e alla Cgil nella persona del segretario Susanna Camusso. In aula non era presente alcun imputato.

«Una seconda consulenza del professor Paolo Toni ha ribadito punto su punto» che fu un picchetto a provocare lo squarcio nella cisterna da cui, il 29 giugno del 2009, fuoriuscì il gas che esplodendo uccise 32 persone, ricorda il procuratore di Lucca Aldo Cicala, parlando con i giornalisti durante una pausa dell'udienza preliminare. Proprio sulla causa dello squarcio si concentra una parte della battaglia legale fra accusa e difesa. Secondo i consulenti di Ferrovie dello Stato, a provocarlo fu la «deviata zampa di lepre», un elemento indispensabile dello scambio. Per i periti dell'accusa, invece, fu un picchetto (serve ad indicare le curve) la cui pericolosità - sostengono i pm - venne sottovalutata dalle Ferrovie. Una terza perizia, chiesta dal gip durante l'incidente probatorio, ha sposato sostanzialmente la tesi dei periti di Fs. Proprio rispondendo ad una domanda su quest'ultima relazione, Cicala ha ricordato la nuova e successiva consulenza svolta dal professor Toni per la procura, secondo cui la 'responsabilità è del picchettò. L'udienza non è ancora iniziata, è ancora in corso l'appello delle parti civili: «L'atmosfera è serena e tranquilla», ha commentato Cicala.

Simone Dinelli
25 marzo 2013


DIFENDIAMO IL SAN RAFFAELE E LA SANITÀ

Dopo mesi di lotta contro i 244 licenziamenti, con un presidio permanente delle lavoratrici e dei lavoratori che dura ormai da quattro mesi, la vicenda del San Raffaele – ospedale privato ma che vive di soldi pubblici ed eroga per il 90% prestazioni pubbliche – è sempre più emblematica del disastroso governo della sanità nel nostro paese.

Strage Eureco: Lunedì 25 Marzo h. 8.30 Presidio davanti al Tribunale di Milano



Lunedì 25 Marzo h. 8.30
Presidio davanti al Tribunale di Milano


VOGLIAMO GIUSTIZIA PER: SERGIO-ARUN-SALVATORE-LEONARD!
Sono passati 2 anni-4 mesi-21 giorni dal quel tragico 4 novembre 2010. Uno scoppio e 4 vite operaie sono state bruciate sull’altare del profitto padronale: Sergio Scapolan – Arun Zeqiri – Salvatore Catalano – Leonard Shehu. Altri 3 operai sono rimasti gravemente feriti e per tutti gli altri una ferita dentro che non si rimerginerà mai. Come sempre governo, istituzioni, mass media li definiscono Morti Bianche – Tragiche Fatalità, e, con lacrime di coccodrillo, dicono Mai Più. Ma questi morti sono veri e propri ASSASSINI in nome del Profitto padronale. Sono Rosse del Sangue Operaio, sono Nere di “gente” senza scrupoli come Merlino: bramosi del profitto - di criminali che disattendono le regole per la sicurezza – arroganti perché si sentono coperti da un potere politico compiacente o Istituzioni che dovrebbero controllare e che invece non controllano. Una situazione uguale a tutte le altre: dalla Thyssen alla Eternit, da Viareggio all’Ilva, dalle fabbriche ai cantieri.
E nonostante il Merlino sia stato condannato per omicidio colposo-incendio colposo e violazioni delle norme relative alla sicurezzasul lavoro- ad 1 anno con la condizionale (sic!), per la morte di un operaio nel 2005 a Santangelo dei Burgundi (Pavia); e dopo aver subito altre due condanne per gestione illecita di rifiuti –spesso pericolosi, come l’amianto-: una nel novembre 2009 (6 mesi e 3mila euro di multa); l’altra nel febbraio 2010 (15mesi e 15mila euro d’ammenda), nonostante questi precedenti, prima è stato libero di continuare impunemente a fare profitti e poi ha causato la morte di altri 4 operai. Infine oggi un Giudice, Bertoja, l’ha rinviato a giudizio per omicidio colposo. La quale Giudice si è anche prodigata, nelle fasi preliminari, perché si giungesse ad un risarcimento economico e deciso per il rito abbreviato. Tutto questo potrebbe tradursi nel fatto che il Merlino non si farà 1 giorno di carcere. INGIUSTIZIA E’ FATTA!
Ma noi non ci stiamo e ci batteremo sino in fondo. Come i famigliari delle vittime della Thyssen arrabbiati-sgomenti della decisione dei Giudici del processo d’Appello; come e con gli operai dell’Ilva di Taranto e gli abitanti dei Tamburi; come i famigliari e gli operai dell’Eternit; ovunque.
Come loro vogliamo una sola GIUSTIZIA: PADRONI IN GALERA E BUTTIAMO LA CHIAVE!

Rete nazionale salute e sicurezza sui posti di lavoro e nei territori Nodo di Milano retesicurezzamilano@gmail.com tel. 338-7211377 fip 25-3-13

RESOCONTO DELLA GIORNATA - SFIDA DEL 22 MARZO 2013 ALL'ILVA DI TARANTO, a cura della RETE NAZ. SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E SUI TERRITORI


La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e territori ha lanciato la sua sfida, l'ha fatto il 22 marzo all'Ilva di Taranto, una sfida innanzitutto nazionale, perchè l'Ilva è la più grande fabbrica di
questo paese, perno decisivo dell'intera struttura industriale e quindi di interesse per tutta la classe operaia del nostro paese. E all'Ilva gli operai devono vincere, padroni, Stato, governo e loro complici devono perdere. Questo è stato affermato dalla Rete con un presidio di compagni provenienti da Torino, Milano, Bergamo, Marghera, Ravenna, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Sicilia.
L'Ilva ha fatto trovare sbarrata la sua Direzione protetta da un imponente schieramento di polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia provinciale, temevano l'iniziativa della Rete e si sono messi al sicuro
qualunque fossero i numeri di essa.
I rappresentanti che sono venuti rappresentavano tanti compagni e compagne, organismi che contro le morti sul lavoro e da lavoro la battaglia la stanno facendo realmente e quotidianamente; non si limitano ai comunicati, al chiacchiericcio da internet, ma ci mettono l'impegno in ogni occasione. E la Rete è la realtà che lotta su questo più conosciuta in tutto il nostro paese. La Rete è una rete militante, di combattimento che lavora dall'alto e dal basso per costruire la forza materiale, unitaria e di massa, per far pagare ben oltre le condanne nei tribunali, che noi vogliamo pesanti, ai padroni assassini il costo dei loro crimini, allo Stato e al governo il costo politico, contribuendo così alla battaglia generale per mettere fine all'orrore senza fine della produzione per il profitto del capitale sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari.

Davanti alla Direzione, assediata da striscioni e bandiere 


– ognuno con la sua faccia e la sua bandiera, perchè chi non mette faccia e bandiera si nasconde dietro i numeri per non fare realmente in prima persona la battaglia, per non costruire realmente organizzazione in fabbrica e sul territorio capace di condurre una guerra lunga, legale e non, su questo fronte - ogni realtà ha portato il suo contributo, sapendo benissimo che ogni parola detta è una parola data nell'impegno per proseguire in questa lotta. La delegazione era formata da operai, ma anche da precari, disoccupati, studenti dei collettivi universitari provenienti da Napoli estudenti di Palermo, organizzazioni sindacali, Usi da Roma e da Milano, Slai cobas per il sindacato di classe, FMLU Borsch da Bari - mentre l'USB di Taranto ha partecipato ad uno dei presidi alla fabbrica e all'assemblea ai Tamburi - che hanno portato un contributo anche specifico alla battaglia generale, i compagni ambientalisti di Statte hanno portato con decisione la battaglia in corso anche a Statte, seconda zona inquinata dopo il quartiere tamburi e hanno fatto appello alla lotta operaia e popolare, dopo una forte denuncia delle connivenze della politica con padron Riva.


Al presidio sotto la Direzione ha fatto seguito, dopo un breve corteo, l'incontro con gli operai alla portineria 





A cuore in tutti questi ultimi tempi della lotta alla fabbrica, dove proprio in materia di sicurezza dopo
la morte dell'operaio del Mof Claudio Marsella si è verificato lo sciopero prolungato dei suoi compagni di lavoro e il presidio per circa 15 giorni, ma anche dove si è sfondata la portineria per entrare in fabbrica in massa il 27 di novembre, dove vi è stato un duro raffronto con la fabbrica militarizzata in occasione della visita di Clini, e anche dove i cassintegrati hanno fatto iniziative e presidi di lotta per dire No alla cassintegrazione.
Qui l'iniziativa della Rete si è fatta partecipata, convulsa, combattiva.
Operai della Dalmine e Technimont di Bergamo e studenti dei collettivi di napoli hanno tenuto dei veri e propri comizi ascoltati e applauditi da consistenti gruppi di operai, così molto importanti è stato l'intervento del rappresentante dell'Istituto Tumori di Milano che ha denunciato come siano molti gli operai e cittadini che vengono a Milano perchè colpiti dalla malattia e questo li fa molto sensibili alla battaglia all'Ilva di Taranto -
non è mancato chi ha contestato a difesa di padroni e sindacati l'iniziativa in corso, restando però isolato. Gli operai dell'Ilva hanno visto per la prima volta realmente che ci sono realtà organizzate in tutt'Italia che
sostengono la loro lotta, e non per sentito dire, per atto dovuto, ma venendo all'Ilva a confrontarsi con loro. Nello stesso tempo i compagni e gli organismi partecipanti hanno potuto toccare con mano la grandezza,
durezza, difficoltà della situazione per gli operai dell'Ilva oppressi dal ricatto occupazionale, spesso assediati mediaticamente dall'ambientalismo che li vede solo come vittime o fantasmi.
Anche a questa portineria polizia e forze dell'ordine sono stati presenti in numero esorbitante, pronti in qualche maniera ad intervenire ove la situazione si scaldasse ulteriormente.
Tutto questo mentre si è entrati anche dentro la portineria con il megafono e si moltiplicavano le discussione delle compagne, degli operai, studenti della Rete con gli operai, aumentando la conoscenza reciproca e fornendo ad ognuno una visione più esatta e reale della situazione.
E' stata un'iniziativa senza precedenti per l'Ilva di Taranto, i cui segnali e indicazioni dovranno essere misurati nelle prossime settimane.

Di qui l'iniziativa si è spostata al quartiere Tamburi e prima di tutto al cuore nero di esso, il cimitero 



dove non solo chiaramente si è consumata in questi anni la tragedia dei morti operai e dei morti da tumore da
inquinamento dei cittadini, ma dove sta il luogo di maggiore inquinamento della città, con i lavoratori cimiteriali che pagano essi stessi un duro costo di questo lavoro all'aperto, a cento metri dai parchi minerali che ha visto due loro compagni di lavoro morire di tumore, mentre tutti sono sotto la costante minaccia di malattie.
Qui in un silenzio rotto solo dall'intervento del rappresentante della Rete si sono uniti ai manifestanti tutti i lavoratori del cimitero e alcuni familiari di operai morti all'Ilva guidati dal Comitato vittime del lavoro
12 Giugno. Poi una delegazione nazionale con il Comitato 12 giugno ha raggiunto all'interno del Cimitero la stele che ricorda le vittime del lavoro, imposta alle istituzioni locali dalla lotta e pressioni del
Comitato, dei familiari; qui il presidente del Comitato ha raccontato la storia della loro mobilitazione e l'impegno costante a mantenere viva la memoria dei lavoratori morti in una situazione difficile, in cui spesso dopo i primi periodi si è lasciati soli in questa battaglia; una rappresentante nazionale e locale della Rete ha ricordato i tre operai morti all'Ilva negli ultimi 4 mesi, le cui foto avevano campeggiato davanti alla Direzione e a tutte le portinerie durante tutta l'iniziativa.
Odioso e vergognoso è stato l'attitudine dello Stato e delle forze dell'ordine in questa situazione, anche il cimitero è stato assediato dai blindati dei carabinieri, ma non solo questo, sin dal mattino gli uomini
della Digos avevano cercato di intimidire i lavoratori del Cimitero, detto loro che non avrebbero dovuto far entrare le persone partecipanti alla manifestazionedella Rete, e anche nel momento in cui la delegazione è
entrata hanno cercato arrogantemente ma inutilmente di impedirlo.



Infine ci si è ritrovati in circa 120 persone nell'assemblea ai Tamburi.



All'assemblea si sono aggiunti diversi cittadini e lavoratori del quartiere, massicciamente presenti i lavoratori cimiteriali, i disoccupati e precari organizzati nello slai cobas per il sindacato di classe e quella parte delle
forze ambientaliste, sindacali e politiche che rompendo il silenzio e il tentativo di isolare la manifestazione hanno aderito e portato il proprio contributo.
L'assemblea ha visto decine e decine di interventi, in cui rappresentanti nazionali della Rete e di altre realtà nazionali, operai, cittadini e realtà locali si sono alternate in un sostegno e dialogo che mirava a rendere forte
questo legame di lotta. Un'assemblea niente affatto rituale e niente affatto
ripiegata sul locale.
Essa infatti si è aperta con l'intervento dell'avvocato Bonetto del foro di Torino, appena giunto dall'ultima udienza del processo di appello della Eternit, dopo la recente sciagurata conclusione del processo di appello
Thyssen - dove però nel primo grado si era raggiunto un grande risultato – processi che la Rete sostiene e a acui partecipa da sempre. L'Avv. Bonetto ha fornito il quadro di quello che è successo e sta succedendo nei processi Thyssen ed Eternit e di come operai e familiari stanno affrontando, partecipando in prima persona a questi processi. E qui ha lanciato il suo allarme: padron Riva non è come la Thyssen ed Eternit che erano fabbriche in chiusura o già chiuse; qui la fabbrica è aperta, il padrone è potente e ha dietro l'insieme del sistema dei padroni, ben deciso a contrastare in tutti i modi l'inchiesta, il processo e pronto a mettere forza economica, politica e istituzionale per non dare giustizia e risarcimenti a operai e familiari e
per salvaguardare proprietà e profitti. Ma questa battaglia pur essendo più dura deve essere combattuta anche nei processi, e l'arma principale è la partecipazione di massa a sostegno di un esito di giustizia vera. L'avvocato ha messo a disposizione la sua esperienza in questa lotta e il suo impegno legale nel processo contro l'Ilva di Taranto, ed è stato molto apprezzato dai lavoratori e cittadini presenti.
Sono stati il rappresentante degli operai del Mof e un operaio dell'Ilva che è anche abitante attivo del quartiere Tamburi ad aprire poi la parte più pienamente assembleare dell'iniziativa.
Si è tratta di quella parte degli operai che considera centrale la lotta in fabbrica e si unisce in prima fila alla lotta del quartiere e dei cittadini, contro chi invece attivamente usa in questa città ragioni giuste di lotta
per la salute per negare la lotta in fabbrica e l'unità operai-masse popolari, che poi è unità tra lavoro e salute.
Gli operai hanno duramente attaccato i sindacati confederali complici di padron Riva, che firmano
accordi come quello del MOF che sono concausa della morte in fabbrica dell'operaio Claudio Marsella e riaffermato che bisogna organizzare la lotta e il sindacato di classe in fabbrica come strumenti indispensabili per vincere.
E' difficile riassumere in un resoconto tutti gli interventi. Nelle prossime settimane nessuna delle cose dette in questa assemblea saranno trascurate perchè da ognuno di questi interventi sono venuti contributi e indicazioni.
Segnaliamo, in particolare, gli operai di Marghera che hanno raccontato che quando a Marghera vi è stata una situazione simile a quella di Taranto e hanno chiuso la fabbrica, sono stati gli operai a pagare e basta e che chi vuole chiudere le fabbriche non vuole salvaguardare nessuna salute ma solo colpire la classe operaia. Gli studenti di Napoli del collettivo policlinico che hanno raccontato del loro studio per dimostrare come anche del non lavoro ci si ammala e si muore, e che hanno demistificato l'uso tendenzioso dei dati; a questo si è aggiunto l'intervento del compagno di Clash City Workers che ha parlato dell'esperienza di Bagnoli dove alla chiusura della fabbrica ha corrisposto un ulteriore disastro ambientale, disoccupazione, speculazione e camorra e che ha portato la necessità di unire le lotte come arma dei proletari per rafforzarsi e vincere.
Ogni realtà della Rete, dalla Sicilia a Bergamo, da Ravenna a Milano, ha raccontato le battaglie in corso nelle loro realtà sugli stessi temi; è stato letto i messaggi dei familiari dell'Eureco, di Paderno Dugnano ed è stato raccontato ciò che avviene a Gela o al porto di Ravenna o nella altre fabbriche siderurgiche.
La Lega ambiente di Taranto ha analizzato le ultima fasi della vicenda dell'Aia denunciando con dovizia di particolari che pur essendo essa insufficiente i padroni dell'Ilva non la stanno applicando, stanno cercando
ancora una volta di fare i furbi e di ingannare operai e cittadini. Per Taranto Futura ha parlato il magistrato Nicola Russo, promotore del referendum del 14 aprile, spiegandone il suo carattere consultivo, il suo
non voler porre come obiettivo la chiusura dell'Ilva ma essere uno strumento in mano ad operai e cittadini per fare pressione su proprietà, Stato e governo per cercare le soluzioni necessari alla tutela del lavoro e della
salute.
Un ex operaio, quadro storico dell'Ilva di Sinistra critica ha fatto un vibrante intervento, dicendo basta alle false soluzioni, perchè questa battaglia anche con l'utilizzo massimo delle nuove tecnologie si può vincere, ma ci vuole una lotta, una grande e vera lotta, che nonostante le grosse mobilitazioni che si sono tenute fatica a realizzarsi.
Operai e cittadini hanno ascoltato, applaudendo, con estrema attenzione tutti gli interventi per prenderne il massimo che possa servire all'organizzazione e alla lotta, cogliendo il senso dell'azione della Rete che è quella di dare più strumenti agli operai e cittadini autorganizzati per fare la battaglia, e di metterli in relazione con tante altre realtà simili di fabbriche dove si muore, di siti inquinanti, per fare questa battaglia a livello nazionale, perchè massiccia in questa lotta è l'azione che nazionalmente gli avversari stanno facendo, con il decreto salva-Ilva del governo, con la militarizzazione della fabbrica, con i vertici associati di Roma di Confindustria, Federacciaio, ministri e sindacati confederali, il cui unico scopo non è di dare lavoro sicuro, sicurezza e salute agli operai e ai cittadini, non è di mettere fine alla Taranto in emergenza ambientale e
sanitaria, ma quella di studiare palliativi per salvaguardare il sistema del profitto.
La Rete con il suo documento finale, approvato dall'assemblea, ha tradotto la sfida lanciata in una piattaforma semplice e lineare che possa essere di sostegno, di unità e riferimento a chi sulla questione Ilva, dalla fabbrica alla città, a livello nazionale si sta impegnando, legando questa piattaforma alle battaglie storiche che la Rete sta facendo sin da quando è nata e che ha portato nelle fabbriche, sul territorio con iniziative, manifestazioni verso tribunali, istituzioni per armare di obiettivi precisi la lotta per la sicurezza sul lavoro, chiave della stessa lotta per la salute in fabbrica e sul territorio.
Ed è stato il rappresentante del Comitato per le vittime del lavoro 12 giugno che ha concluso l'assemblea gridando indignazione e rabbia per gli operai uccisi due volte in fabbrica e nei tribunali, dalle istituzioni, una
rabbia ed indignazione condivisa da tutta l'assemblea che ha raccolto il messaggio di impegno militante che deve divenire di massa contro i padroni assassini per difendere realmente salute e lavoro degli operai in fabbrica come delle donne e dei bambini dei quartieri.

rete nazionale per la sicurezza e salute in fabbrica e sul territorio
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da Taranto 22 marzo 2013

Il caso ILVA - La madre delle battaglie


http://www.segnourbano.it/il-caso-ilva.html

Il caso ILVA. La madre delle battaglie
Taranto crocevia nazionale, la vertenza Ilva madre di tutte le battaglie. La “Rete nazionale e di organismi sindacali, studenteschi e popolari” sbarca nuovamente tra i due mari dopo la famosa manifestazione del 2009. Allora, lo spartiacque segnato dalla magistratura non era ancora solcato.Ieri una cinquantina di rappresentanti provenienti da tutta Italia hanno fatto tappa nel capoluogo ionico, divenuto “simbolo delle prevaricazioni”, “per esprimere la loro protesta e la denuncia nazionale contro le responsabilità di padron Riva e Stato per le morti sul lavoro e da inquinamento”.Da Torino a Bari, da Marghera a Palermo.
Tante realtà si sono armate di megafono e striscioni per solidarizzare con gli operai. “Dall’Ilva alla città, Padron Riva non Passerà” su un lenzuolo bianco. “La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione” su un altro striscione. Un operaio non gradisce la protesta ma la tensione si smorza subito.«Far passare determinati messaggi non è facile, qui a Taranto si sono compiuti passi avanti dall’estate scorsa – spiega Enzo Diano, della Rete nazionale nodo Ravenna – la lotta che si sta conducendo non è contro il lavoro ma in opposizione a profitto e criminali. Per fronteggiare le morti occorre nazionalizzare questa battaglia».Una battaglia che ieri ha toccato diversi luoghi. Il corteo si è radunato di fronte alla direzione Ilva per poi recarsi davanti alle portinerie A e D. A metà pomeriggio, le delegazioni si sono trasferite al cimitero San Brunone per incontrare i lavoratori cimiteriali in lotta contro l’inquinamento. Infine, alle 17.30, l’assemblea conclusiva al centro polivalente Giovanni Paolo II nel quartiere Tamburi con operai, cittadini e associazioni.«In questo momento, Taranto rappresenta tutte le vertenze – racconta Rosario Sciortino, rappresentante del coordinamento Slai Cobas Palermo – ce ne sono diverse in tutta Italia ma i piccoli risultati non vengono a galla. Serve perciò unità e collaborazione.
Noi abbiamo deciso di organizzare questa marcia di venerdì pur sapendo che nei giorni feriali si raggiungono altri numeri. Il nostro intento, però, è quello di incontrare fisicamente gli operai, parlare, discutere, far comprendere che non sono soli».Si riducono le distanze, i chilometri.
Contesti differenti e situazioni altrettanto diverse ma tra Palermo e Taranto sembrano esserci dei punti di contatto.«Per anni siamo stati in strada di fronte agli stabilimenti di Termini Imerese – prosegue Sciortino – abbiamo provato a dettagliare su cosa stava succedendo. Quella fabbrica è chiusa per la poca lungimiranza dei confederali e perché non tutti gli operai hanno avuto la percezione di ciò che accadeva. Venivano in gruppi di dieci e provavamo a dire che la valanga di ammortizzatori sociali può stordire. Sono due storie diverse, padroni e contesti non paragonabili ma conta la coscienza degli operai. Non vogliamo che i lavoratori dell’Ilva facciano la stessa fine: bisogna ritrovare una propria identità per vincere questa battaglia di vita e lavoro».

domenica 24 marzo 2013

Comunicato finale dell'assemblea a Iva-Tamburi Taranto della Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio




La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro  e sul territorio, a conclusione  dell'iniziativa nazionale di sfida, di indicazione e di lotta realizzata nella giornata del 22 marzo all'Ilva  - con il combattivo e rappresentativo presidio della direzione Ilva, con l'affollato incontro con gli operai ilva alla port.A, la significativa visita al cimitero con i lavoratori cimiteriali e i familiari delle vittime del lavoro 12 giugno, e la molto partecipata e rappresentativa assemblea al quartiere Tamburi di Taranto- decide di proseguire la mobilitazione nazionale in tutti i posti di lavoro e sul territorio, per fare sempre più della questione ILVA e Taranto un paradigma nazionale della battaglia per affermare che salvaguardare salute e lavoro è possibile a condizione che si sviluppi un movimento nazionale di lotta contro padroni, Governo, Stato, che imponga profonde trasformazioni del sistema economico, politico, sociale in cui viviamo, mettendo la sicurezza, la salute in fabbrica e sul territorio al primo posto rispetto alla produzione per il profitto.
Noi siamo per la messa a norma radicale e d'emergenza dell'azienda, da imporre a qualsiasi proprietà Riva, nuovi assetti, Stato, con i fondi necessari prelevati dai profitti dei padroni, con misure anche di esproprio senza indennizzo.
Noi siamo perchè questa messa a norma avvenga con l'utilizzo pieno di tutti gli attuali operai dell'Ilva nei lavori di bonifica, garantendo il salario pieno – questa soluzione va estesa alle ditte dell'indotto.
Noi siamo per dare potere di proposta e di controllo agli operai dell'Ilva sui lavori da fare e sulla tempistica di essi.
Noi siamo per la riduzione dell'orario del lavoro nella siderurgia e negli impianti inquinanti e per il riconoscimento dei benefici pensionistici da lavori usuranti per tutti gli operai operanti nella zona industriale e ai Tamburi, in particolare per i lavoratori cimiteriali.
Noi siamo per lo sviluppo di un piano di bonifica di Taranto e del territorio, a partire dal quartiere Tamburi, con massicci investimenti dello Stato, che sia opportunità di lavoro per i disoccupati di questa città anche tramite un grande piano di corsi di formazione retribuiti e finalizzati al lavoro.
Noi siamo per un piano sanitario d'emergenza per Taranto per monitorare salute dei cittadini, malattie professionali, e prevedere strutture ospedaliere in grado di intervenire con le migliori cure e tecnologie esistenti.
Noi siamo per un processo rapido ai responsabili del disastro ambientale e sanitario secondo il modello realizzato per Thyssen ed Eternit, che utilizzi i reati di omicidio volontario e disastro ambientale.
Noi siamo per la costituzione di parte civile associata di lavoratori e cittadini per giusti risarcimenti nei processi in preparazione.
La Rete sostiene tutte le lotte in fabbrica e sul territorio che assumano questi obiettivi e obiettivi similari e sostiene la necessità di uno sciopero generale e di una manifestazione a Roma.
La Rete lavora per l'unità e la cooperazione tra operai e masse popolari e contrasta fermamente posizioni e iniziative che mettano in contrapposizione operai e cittadini e che mettano in contrapposizione lavoro in fabbrica e salute dei cittadini La Rete sostiene su scala nazionale potenziamento del ruolo degli Rls in fabbrica da eleggere sui posti di lavoro tra tutti i lavoratori indipendentemente dalle sigle sindacali postazione ispettiva in tutti gli impianti industriali come l'Ilva corsie preferenziali per i processi aventi oggetto sicurezza e salute sui posti di lavoro e tutela ambientale sul territorio costituzione automatica di parte civile per tutte le associazioni familiari, sindacali, ambientali fondo di sostegno per i familiari delle vittime del lavoro.

Taranto 22 marzo 2013 rete nazionale bastamortesullavoro@gmail.com info
347-1102638

giovedì 21 marzo 2013

L’Europa dà ragione a Cittadini contro l’amianto e a chi sostiene che le discariche di amianto non sono la soluzione


Comunicato stampa
Cremona, 20 marzo 2013

Oggetto: l’Europa dà ragione a Cittadini contro l’amianto e a chi sostiene che le discariche di amianto non sono la soluzione

Giovedì 14 marzo 2013 a  Strasburgo il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente (leggi il testo integrale http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P7-TA-2013-0093&language=IT&ring=A7-2013-0025). E’ un IMPORTANTE atto del Parlamento Europeo a favore del riciclo del rifiuto amianto. 
Chiediamo ora e subito la MORATORIA per le autorizzazioni in corso in Lombardia  e nel resto d’Italia delle discariche di amianto e l’istituzione di una commissione nazionale di esperti super partes che valuti le migliori tecniche per l’inertizzazione. 

Viene affermato con precisione quanto noi sosteniamo da tempo: il conferimento dei rifiuti di amianto in discarica non é più il sistema più sicuro per eliminare definitivamente il rilascio di fibre di amianto nell'ambiente (in particolare nell'aria e nelle acque di falda). La realizzazione di discariche di rifiuti di amianto è una soluzione solo provvisoria del problema, essendo la fibra di amianto pressoché indistruttibile nel tempo, poiché sarebbe lasciata alle future generazioni. Pertanto risulta di gran lunga preferibile optare per impianti di inertizzazione dell'amianto.

La risoluzione continua sottolineando che devono altresì essere adottate misure – con il consenso dei cittadini interessati – volte a promuovere e sostenere tanto la ricerca nell'ambito delle alternative ecocompatibili, quanto le tecnologie che se ne avvalgono, nonché a garantire procedimenti quali l'inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto, ai fini dell'inattivazione delle fibre e della loro conversione in materiali che non mettono a repentaglio la salute pubblica.


Per quanto riguarda lo smaltimento, la risoluzione invita anche la Commissione e gli Stati membri a garantire che qualsiasi rifiuto contenente amianto, indipendentemente dal contenuto di fibre, sia classificato come rifiuto pericoloso e quindi  smaltito esclusivamente in specifiche discariche per rifiuti pericolosi, in conformità della direttiva 1999/31/CE, o, previa autorizzazione, essere trattati in appositi impianti, testati e sicuri, di trattamento e inertizzazione, e che la popolazione interessata deve essere informata al riguardo.

E’ evidente, quindi, che  tutte le autorizzazioni in corso per i progetti di discariche di amianto dovranno essere bloccate perché non rispettano questi requisiti. Chi praticherà altre vie si porrà contro le direttive europee e ne risponderà sul piano politico e sociale. 

Spetta ora a  tutti cittadini del nostro Paese imporre il rispetto di questa Risoluzione.
Come primo passo coordiniamoci per chiedere la MORATORIA subito per le autorizzazioni in corso in Lombardia  e nel resto d’Italia delle discariche di amianto e l’istituzione di una commissione nazionale di esperti super partes che valuti le migliori tecniche per l’inertizzazione (una richiesta che noi facciamo da anni)

Per info: 
nodiscaricadiamianto@yahoo.it
cell. 3389875898

Mariella Megna per Cittadini contro l’amianto


 
Cittadini contro l'amianto
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