lunedì 31 marzo 2014

8 APRILE 2014 ORE 18 RIUNIONE PUBBLICA COMITATO 5 APRILE DI ROMA - RETE NAZ. SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E SUI TERRITORI

8 APRILE 2014 ORE 18 RIUNIONE PUBBLICA COMITATO 5 APRILE DI ROMA - RETE NAZ. SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E SUI TERRITORI PRESSO ASS. USICONS LARGO VERATTI 25 (metro B fermata Marconi, bus 170, 791, 23)






COMUNICATO E AVVISO - per pubblicazione, divulgazione, diffusione, grazie

IL GIORNO 8 APRILE 2014, ALLE ORE 18, E' CONVOCATA UNA RIUNIONE PUBBLICA DEL
"COMITATO 5 APRILE" DI ROMA, NODO LOCALE DELLA RETE NAZIONALE SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E SUI TERRITORI, PRESSO LA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE USICONS, LARGO G. VERATTI 25 (metro B fermata Marconi, bus 170 da stazione Trastevere, bus 791 da Eur o da Metro A Cornelia, bus 23 da Ostiense).
ORDINDE DEL GIORNO: PREPARAZIONE E PARTECIPAZIONE A MANIFESTAZIONE DEL 24 APRILE A ROMA, IN CONCOMITANZA CON SENTENZA DI CASSAZIONE SUL CASO THYSSENKRUPP (24 aprile Piazza Cavour) e INIZIATIVA LANCIATA DA EX OPERAI
THYSSENKRUPP, RETE NAZIONALE SALUTE E SICUREZZA;
PROSECUZIONE INIZIATIVE DI INFORMAZIONE E INTERVENTO SU: IN-SICUREZZA NELLE SCUOLE E IN-SICUREZZA NEL COMPARTO FERROVIARIO,
INIZIATIVE DI SENSIBILIZZAZIONE A SOSTEGNO DELL'ASSOCIAZIONE 29 GIUGNO E DELL'ASSOCIAZIONE IL MONDO CHE VORREI
FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI VIAREGGIO, SOSTEGNO AI LICENZIAMENTI NELLE FERROVIE...
SI RICHIEDE LA PARTECIPAZIONE E LA PRESENZA ALLA RIUNIONE, GRAZIE.

Trasmette COMITATO 5 APRILE DI ROMA
per info e contatti e mail circolotlc@hotmail.com, usicons.roma@gmail.com, usiait1@virgilio.it

e mail nazionale della Rete naz. salute e sicurezza sul lavoro e sui territori bastamortesullavoro@gmail.com    

martedì 25 marzo 2014

COMUNICATO IN RISPOSTA A MORETTI SU STIPENDIO E RINVIO A GIUDIZIO



L’Amministratoredelegato delle ferrovie, cavalier Mauro Moretti, ha dichiarato che se viene“ritoccato” il suo stipendio (873.000 €, quello che percepisce solo dalleFerrovie), se ne va.
Siè, come suo solito, messo alla testa di quei manager pagati centinaia ecentinaia di migliaia di euro con la “singolarità” che, quando si trovano difronte a “spiacevoli episodi” (definita così, dal Moretti, la strageferroviaria di Viareggio) non hanno più alcuna responsabilità.
Ilcoraggio non è proprio il loro forte...senza dimenticare la loro incoscienza,amoralità e disumanità.
Inqueste ore, molti sono rimasti sbigottiti e increduli dalla “rivendicazione” diMoretti, ma nessuno ha ricordato che Moretti, tanto coccolato dai poteri forti,è rinviato a giudizio per la strage del 29 giugno 2009.
A24 ore dall’immane tragedia, quando ancora il fuoco “bruciava” la vita di 32persone, si permise di affermare che nessuna responsabilità era delle Ferrovie,che non c’entravano niente con un treno esploso in casa loro, sulle loroinfrastrutture, sui loro binari!
Alle13.15 del 30 giugno ‘09, di fronte all’assile marcio, disse ad un suocollaboratore: “D’ora in avanti, dobbiamo controllare tutto quanto vienedall’estero”. Come dire, fino ad oggi ce ne siamo fregati.
Insolitaed arrogante fu la sua “sicurezza” (non certo quella ferroviaria)nell’anticipare gli esiti di un’inchiesta che va avanti da anni e che lo vedetra i massimi imputati con accuse pesantissime. Tra l’altro, con l’inizio delprocesso (13 novembre 2013), i capi d’accusa nei suoi confronti sono statiappesantiti.
Ilsuo avvocato, signor D’Apote, viene a dire che il suo cliente non si occupa ditreni e binari?! E di cosa si occupa allora, di biciclette o di balocchi?Inoltre, in aula questo stesso avvocato ha tuonato che “non chiederà il ritoabbreviato”, vuole il processo subito (per poi far di tutto per rallentarel’iter), lo vuole vincere a Lucca.
Conle pesanti accuse a Moretti, questa eccessiva e tracotante “sicurezza” fapensare male e a pensar male troppo spesso ci si azzecca. Che il cavalierMoretti riceva protezione sconfinata è assodato. Nominato cavaliere erinominato AD delle Ferrovie a un anno dalla strage, ancora rinominato AD il 9agosto 2013 (20 giorni dopo il rinvio a giudizio). Senza dimenticare leesternazioni provocatorie, offensive e ricattatorie, nei confronti delleVittime, dei familiari e di ferrovieri.
E“dulcis in fundo”, il governo precedente ha rinunciato a costituirsi partecivile nel processo.
Piùsubalterni di così?! Questi atti inauditi rappresentano un’assoluzione perMoretti, ancor prima della sentenza del Tribunale!
Unamministratore delegato rinviato a giudizio per la morte di 32 vite umane nonpuò e non deve rimanere al suo posto, è un’offesa per tutti. Moretti deveessere immediatamente dimesso per la politica di abbandono sulla sicurezza, perle 32 Vittime di Viareggio, per i 43 lavoratori morti sui binari in questianni, per la devastazione del trasporto pubblico e pendolare.
QuestoMoretti, dovunque vada è: inutile, costoso e dannoso.
Auspichiamocoraggio e responsabilità da parte di chi può e deve rimuoverlo dal suoincarico.
Nonè mai troppo tardi...ma adesso la misura della nostra pazienza è colma.

Il mondo che vorrei Onlus
Associazionefamiliari vittime 29 giugno Viareggio
Il presidente Daniela Rombi
cellulare:338 68 85 950     

AMIANTO: QUALE GIUSTIZIA PER LE VITTIME



COORDINAMENTONAZIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DELLE VITTIME E DEGLI EX ESPOSTI ALL’AMIANTO (CNA)
Milano,via dei Carracci, 2
telefono:02 49 84 678
cellulare:339 25 16 050
fax:1782 27 59 93
mail:cna2013@tiscali.it
COMUNICATOSTAMPA
AMIANTO:QUALE GIUSTIZIA PER LE VITTIME
13marzo 2014
Senatodella Repubblica
SantaMaria in Aquiro piazza Capranica, 72 Roma

Il13 marzo si è svolto il convegno organizzato dal Coordinamento NazionaleAmianto (CNA) in collaborazione con il senatore Felice Casson, vice presidentedella Commissione Giustizia del Senato.
Alconvegno hanno partecipato, insieme ai rappresentanti di quasi tutte leassociazioni delle vittime e degli ex esposti all’amianto, i rappresentanti deisindacati confederali esperti del diritto (28 avvocati), delle bonificheambientali, dell’epidemiologia descrittiva.
Sono interventi portando i loro importanti contributi: il dottor Roberto Riverso,giudice del lavoro a Ravenna; la dottoressa Sara Panelli e il dottor Gianfranco Colace (Pubblici Ministeri a Torino). Ha introdotto il senatore Felice Casson.E’ intervenuta, mostrando la sua più ampia disponibilità ad affrontarel’argomento l’onorevole Franca Biondelli, recentemente nominata sottosegretariaal Lavoro.
Successivamentesi è sviluppata un’ampia discussione fra i rappresentanti delle vittime e degliex esposti (essi stessi vittime ed ex esposti all’amianto) con gli espertigiuristi e tecnici, che ha portato a prendere le seguenti decisioni.
1.Chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri l’approvazione, entro la finedel mese di maggio, del Piano Nazionale Amianto (PNA), predisposto dal governoMonti al seguito della Conferenza Nazionale del novembre 2012 a Venezia. TalePiano è rimasto sulla carta per mancanza di adeguato finanziamento, quindi nonapprovato dalla Conferenza delle Regioni. Fondi che ora si possono trovareconsiderando che si possono spalmare su tre anni.
2.Chiedere al Presidente del Consiglio e al Ministero del Lavoro l’adeguamentodel Fondo per le vittime dell’amianto, già istituito, ma limitato ai lavoratoriex esposti e non alle vittime da esposizione casalinga e ambientale.
3.Chiedere al Presidente del Consiglio e ai Ministeri competenti la messa insicurezza dei siti pubblici contaminati da amianto: il piano di edilizia e dimessa in sicurezza delle scuole (già annunciato dal Presidente del Consiglio)deve prevedere anche la rimozione dell’amianto nelle ancora 116 scuolecontaminate. Alla stessa stregua devono essere messi in sicurezza esuccessivamente bonificati, 37 ospedali, case di cura, case di riposo, 86uffici della pubblica amministrazione, 27 impianti sportivi, 8 biblioteche ealmeno 4 grandi siti industriali dismessi.
4.Chiedere ai Presidenti del Senato e della Camera di interporre i propri ufficiaffinché le proposte di legge sull’amianto, a partire dal Disegno di Legge 8/11(Casson e altri) inizino il loro iter con la discussione nelle commissionicompetenti.
5.Predisporre un documento sul principale oggetto della discussione del convegnopresso il Senato, quello della relazione amianto-giustizia tramite il qualeSenatore Felice Casson assume il compito di presentare un disegno di legge e/odi proporre emendamenti a leggi esistenti a riguardo di alcuni essenzialiproblemi che devono essere celermente affrontati e risolti:
a)la Prescrizione che deve essere interrotta a partire dall’inizio deiprocedimenti davanti al giudice dell’udienza preliminare;
b)la eliminazione dei termini di decadenza;
c)il divieto della restituzione dell’indebito;
d)l’accentramento delle competenze processuali al medesimo giudice;
e)la possibilità di scegliere, per magistrati inquirenti, di restare ad altroufficio anche quando scade il proprio mandato;
f)l’istituzione della Procura Nazionale sulla salute e sicurezza del lavoro edell’ambiente o, in subordine, la istituzione di un apposito ufficio dimagistrati competenti ed esperti a livello distrettuale.
Infinele associazioni ed sindacati nella giornata del 28 aprile, dedicata a livellointernazionale alle vittime dell’amianto, organizzeranno presidi,manifestazioni e incontri a livello regionale per l’attuazione del PianoRegionale Amianto e di quanto richiesto.
Roma13 marzo 2014

AMIANTO ALL’EX ENICHEM DI PISTICCI, FELICE CASSON E ALTRI 13 SENATORI SCRIVONO AL MINISTRO



DaIl Quotidiano della Calabria
www.ilquotidianoweb.it
Domenica16 marzo 2014

AMIANTOALL’EX ENICHEM, FELICE CASSON E ALTRI 13 SENATORI SCRIVONO AL MINISTRO“RIAPRITE I FASCICOLI DORMIENTI”
Enichemdi Pisticci: Casson chiede al Ministro lumi sui morti di amianto
“Matera non tutela i lavoratori”
L’ultimoesposto-denuncia alla Procura di Matera dell’AIEA risale a un anno fa

Pisticci
Insieme ad altri 13 senatori (Albano, Amati, Chiti, Favero, Fedeli, Filippi, Gatti,Ghedini, Granaiola, Lepri, Pagliari, Pegorer, Scalia) ha presentato unainterrogazione al Ministro della Giustizia sul caso dello stabilimentoAnic/Enichem di Pisticci scalo. L’ex giudice Felice Casson chiede che venganofinalmente sbloccati e esaminati i fascicoli “Dormienti in materia di soggettiesposti alle fibre killer di amianto e delle altre sostanze tossiche e nocivepresenti nello stabilimento”. II vice presidente della II commissione giustiziadel Senato, ripercorre la vicenda ripartendo dal più recente esposto,presentato alla Procura di Matera il 15 aprile dello scorso anno da MarioMurgia, vice presidente dell’AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto).
“Adistanza di quasi un anno dall’esposto-denuncia, non risulta alcun serio attod’indagine compiuto dal PM assegnatario del fascicolo”. Nella denuncia diMurgia si faceva riferimento alle “Decine di morti che solo nell’ultimodecennio si sono verificate tra i dipendenti dello stabilimento Anic/EniChemSpA, sito presso l’area industriale di Pisticci Scalo, per varie letali patologie,in larghissima maggioranza di natura tumorale, addebitabili, con altissimogrado di probabilità logica e credibilità razionale, a sostanze cancerogene cuiquesti lavoratori sono stati esposti per lunghi periodi di tempo sul posto dilavoro; a partire dall’amianto”.
Nell’interrogazionedi Casson si legge tra l’altro che l’associazione AIEA aveva già inoltratoaltre denunce tutte indubitabilmente costituenti macroscopiche eplausibilissime notizie di reato, senza mai aver avuto notizia di alcunprovvedimento adottato o richiesto.
“Lasensazione concreta” - sostengono i firmatari dell’interrogazione al ministro –“che traspare da queste non azioni e omissione, è che nella città di Matera nonesista o sia stata abrogata ogni forma di tutela penale della salute deilavoratori”.
“Numerose”- si legge ancora – “le consulenze tecniche d’ufficio ambientali, espletatepresso i tribunali di Matera e Potenza, che attestano l’esposizioneall’amianto. In esse risulta che la presenza dell’amianto è superiore ai limitiprevenzionali previsti dalla legge”.
Aconferma di un fenomeno che ha creato indiscutibili ricadute, l’interrogazioneaggiunge che nell’ospedale di Matera è da tempo attiva la sorveglianzasanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto, una struttura sanitaria cheregistra e monitora lo stato di salute dei lavoratori a suo tempo espostiall’amianto e garantisce la denuncia di malattie professionali.
“Ildato più allarmante” - prosegue il testo dell’interrogazione – “è rappresentatodal consistente numero di ex dipendenti deceduti per patologie maligneasbesto-correlate che purtroppo continuano a manifestarsi con sempre crescenteinsorgenza”.
AntonellaCiervo

Rifiuti tossici: oltre al danno la beffa. Napoli risarcisce chi ha inquinato




Cornuti e mazziati. Non solo hanno interrato rifiuti tossici, inquinato terreni, avvelenato un quartiere, esportato in giro per l’Italia un know-how criminale che ha contribuito a creare l’Italia dei fuochi – come raccontano i verbali desecretati della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo di rifiuti - adesso passano anche all’incasso.
La grande discarica di Pianura sembra essere stata risucchiata dal tempo. Nessuno ricorda nulla. Sembra come non fosse mai esistita a Napoli. Il grande mostro c’è. Aperta negli anni ’50 e collocata nel cratere del vulcano degli Astroni, nei suoi 43 anni di attività può bene rappresentare l’evoluzione degli affari intorno alla gestione dei rifiuti fino alla fine degli anni ’90. Per ora dorme e nasconde nel suo ventre i miasmi e le reazioni chimiche tossiche di anni e anni di sversamenti illegali. Dal libro nero del passato piomba sul Comune di Napoli, guidato dal sindaco anomalo Luigi De Magistris, un macigno che veste i panni di una sentenza del Consiglio di Stato che sancisce e ordina a Palazzo San Giacomo il pagamento sull’unghia della somma di 18 milioni di euro. Una batosta. Un colpo sferrato sotto la cintola dell’Amministrazione e che vale un “ko”. La sentenza è del 2011, dopo una lunghissima contesa giudiziaria. Con la delibera n. 966/2013 la Giunta propone di inserire la voce di spesa nel piano di riequilibrio, riconosce il debito fuori bilancio, articola una rateizzazione riassunta in un programma di pagamenti dal 2004 (10 milioni) al 2005 (8 milioni). Così si chiude il contenzioso con la Elektrica, impresa in liquidazione volontaria, colpita – tra l’altro – da interdittiva antimafia e figlia di quella Di. Fra. Bi di Francesco La Marca, Giorgio Di Francia, Salvatore Di Francia, Domenico La Marca, Pietro Gaeta che affonda le radici della propria storia nella storia dello sversatoio di Pianura. La verità è che i “Signorotti della munnezza” non sono mai andati via da Napoli. Inchieste, indagini dell’antimafia, vicinanze pericolose ai clan, non sono bastati. Il contenzioso risale agli anni in cui la gestione dei rifiuti solidi urbani era affidata alla direzione della Nu del Municipio partenopeo. E’ la storia degli anni dei commissariamenti, privatizzazioni, esternalizzazioni dei servizi fino alle finte emergenze. Disastri su disastri che oltre ad essere ambientali sono anche amministrativi. La Elektrica ha gestito l’ultimo periodo di attività della discarica di Pianura occupandosi dello smaltimento dei rifiuti dal 1987 al 1994. Nel 1997, a fronte di un contratto di appalto, affidato in sede commissariale, viene avanzata, dalla società Elektrica, un’istanza di variazione che assommerà complessivamente a 22 miliardi di lire, il che comporta una variazione, sull’ammontare dell’intero appalto, pari a più del 20% del suo valore. Dalla resistenza del Comune di Napoli viene ad oggi la delibera di riconoscere il credito per una vicenda che, nei vari gradi di giudizio fino al Consiglio di Stato, si è svolta nell’ambito tecnico-amministrativo e non sul terreno politico. Il denaro dei partenopei sarà incassato dalla Ubi Factor, società che ha acquistato – nel frattempo - il credito dalla Elektrica. Un papocchio che puzza da lontano. Poco c’entrano i rifiuti. Una “dote” milionaria accumulatasi con le precedenti Giunte comunali a partire da Antonio Bassolino fino a Rosa Russo Iervolino. All’epoca si decise di non decidere. Tanto è vero che nel 2004 il Consiglio di Stato censura l’operato del Comune e delega a Luigi Nocera (in quota Udeur) - all’epoca dei fatti – assessore all’Ambiente della Giunta Regionale campana diretta dallo stesso Bassolino (l’allora sindaco che non decise e censurato dal Consiglio di Stato) alla nomina di un commissario. Una scelta giusta ma inappropriata visto che l’avvocato della società Elektrica era ed è Andrea Abbamonte, contemporaneamente membro (in quota Udeur) con delega al personale e alla sicurezza delle città della stessa Giunta regionale. Non è proprio un conflitto d’interesse ma una questione di opportunità e buon andamento della cosa pubblica. Se fai l’assessore non dovresti fare il legale di una società che ha rapporti e un contenzioso con la pubblica amministrazione. Di lì a poco, comunque, nel 2004, l’assessore all’Ambiente individua, fra il personale della Regione, un funzionario che si occuperà dell’esecuzione della sentenza. Il funzionario incaricato consegnerà due relazioni, in qualità di commissario ad acta, confermando il debito del Comune di Napoli nella cifra di 18 milioni di euro. Nel 2006 il funzionario e commissario ad acta sarà nominato “Responsabile amministrativo” pro tempore “dell’Ente Parco Regionale del Bacino idrogeografico del fiume Sarno” con atto congiunto a firma dell’assessore all’Ambiente e dell’assessore al personale della Giunta Regionale Campana (entrambi si dimetteranno per vicende giudiziarie). Una storia che è contemporaneamente un paradosso visto che la sola bonifica di una parte della discarica, dove insieme ai rifiuti urbani finivano anche seppelliti veleni industriali e fanghi tossici provenienti dal Nord-Italia e dall’Acna di Cengio, costerà almeno oltre i tre milioni di euro. Nei fatti non è possibile nemmeno ipotizzare che l’esborso parziale o totale sia a carico di chi impunemente ha inquinato per anni cioè la società di gestione ovvero chi per suo conto ora incassa il credito dal Comune. Verrebbe da ridere, invece no, da piangere. E pensare che nel 1995 il Prefetto ordinò che la stessa Di.Bi.Fra. disponesse un progetto di sistemazione ambientale dell’intera discarica. Lavori eseguiti ma significativamente difformi rispetto al progetto e non idonei. La relazione della Commissione parlamentare della XIII Legislatura è chiara: a pagina 25 spiega con chiarezza che tutti i rifiuti sversati illegalmente nella discarica di Pianura sono della società, Di.Bi.Fra o Elektrica, alla quale il Consiglio di Stato ha riconosciuto il cospicuo credito. Oltre al danno, la beffa. Appunto: Cornuti e mazziati. Domani questa grana sarà all’ordine del giorno del Consiglio comunale, saggezza imporrebbe al Municipio di sottrarsi al pagamento del credito, di impugnare la sentenza e battagliare presentando un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
Un dovere farlo per rispetto di chi a Pianura si è visto sterminare l’intera famiglia e per chi continua a morire.

Processo per Santa Giulia in aula arrivano i residenti: noi parte civile al processo




Udienza preliminare il 26. "Chiederemo i danni"
Milano, 23 marzo 2014 - Processo Santa Giulia, finalmente ci siamo. Mercoledì è in programma l’udienza preliminare: il gup Roberta Nunnari dovrà decidere se rinviare a giudizio gli undici indagati dell’inchiesta sulle mancate bonifiche dell’area ex Montecity-Rogoredo. Con ogni probabilità, quel giorno in Tribunale ci saranno pure i residenti del comitato di quartiere per presentare, attraverso l’avvocato Luisa Bontempi, l’atto di costituzione di parte civile: «Abbiamo intenzione di chiedere un risarcimento danni per tutto quello che abbiamo passato in questi anni». Ancora da definire il numero di persone che alla fine aderiranno all’iniziativa giudiziaria: la lista verrà compilata domani sera, al termine della riunione ad hoc convocata dai vertici dell’associazione; in quella sede, verrà pure deciso se presentarsi come singoli cittadini piuttosto che investire ufficialmente il comitato Milano Santa Giulia del compito di rappresentare l’intero quartiere tristemente salito alla ribalta mediatica il 20 luglio 2010.

Cioè il giorno in cui la Guardia di Finanza, su mandato della Procura, sequestrò una fetta consistente dell’area: secondo i pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, gli indagati, tra cui figura l’ex dominus di Risanamento, Luigi Zunino, avrebbero utilizzato quei terreni per smaltirci «rilevanti quantità di rifiuti senza la prescritta autorizzazione», costituendo «discariche abusive nelle corrispondenti zone di smaltimento» e creando «un cumulo dell’ordine di grandezza di 30mila metri cubi». Un vero e proprio disastro ecologico, così devastante da contaminare «le acque della falda sospesa e della prima falda con sostanze tossiche gravemente nocive per la salute e l’ambiente». Lunga la lista dei materiali «cancerogeni» sversati illegalmente: metalli, antiparassitari, Ddt, tricloroetilene, tetracloroetilene, tricolorometano, dicloroetilene. Tra i destinatari degli avvisi di chiusura indagini, notificati dagli inquirenti nel dicembre scorso, ci sono pure Annalisa Gussoni, ex capo dell’ufficio Bonifiche del Comune, e Paolo Perfumi, all’epoca responsabile dell’Arpa Milano.
nicola.palma@ilgiorno.net

Genova dopo anni di inquinamento da cromo sulla Stoppani indagano i magistrati




La prima vicenda giudiziaria si chiuse nel 2010 senza risultati. Ora un nuovo fascicolo sulle gare d'appalto per l'adeguamento della discarica che dovrebbe ospitare il materiale cancerogeno prodotto fino al 2003 dall'azienda. I cui manager hanno ripreso la produzione in Uruguay
Sulla Stoppani, l’azienda che per un secolo ha prodotto il micidiale cromo esavalente a due passi dal mare di Cogoleto (cittadina alla frontiera ovest di Genova), esplode l’ennesima “bomba”. A scoppio ritardato, perché la Stoppani dal 2003 ha cessato la produzione. Eppure non ha smesso di rappresentare una minaccia serissima per la salute e l’ambiente, terrestre e marino. Il sito industriale dismesso infatti è zeppo di scorie di cromo esavalente, una sostanza altamente tossica e cangerogena. Non si è riusciti a disfarsene perché – spiegano all’assessorato regionale all’ambiente – la discarica di Molinetto era stata chiusa perché non rispondeva agli standard di sicurezza. Il procuratore della Repubblica di Genova, Michele Di Lecce, conferma a ilfattoquotidiano.it l’esistenza dell’inchiesta: “Gli accertamenti sono in corso già da tempo. No, non ci sono indagati”. L’Europa aveva aperto una procedura di infrazione. Proprio sul sito di Molinetto si sono accesi i riflettori della Procura genovese che ha aperto un fascicolo contro ignoti. L’ipotesi investigativa è che la gara di appalto sia stata ritagliata su misura per favorire qualcuno. E non si esclude che il favore sia stato ripagato a suon di tangenti.
L’antefatto. La Regione Liguria ha stanziato 2,7 milioni di euro per mettere in sicurezza il sito di Molinetto, per decenni utilizzato dalla Stoppani come pattumiera di rifiuti tossici e abbandonato nel 2007. Il denaro stanziato dalla Regione Liguria è molto meno di quello che occorre per la messa in sicurezza del sito sulle alture di Cogoleto. Si autorizza allora, oltre alla discarica di 54mila metri cubi provenienti dall’ex fabbrica Stoppani (18mila dei quali di materiale pericoloso frammisto alla terra del’arenile), lo sversamento di 50mila metri cubi di materiale contenente amianto, proveniente da scavi ferroviari. L’escamotage consentirà a chi si aggiudicherà l’appalto di fare cassa, colmando la differenza tra il finanziamento regionale (2,7 milioni di euro) e i costi dell’intervento complessivo (8,6 milioni di euro), che comprendono la demolizione di alcuni manufatti sull’area della ex fabbrica. Cecilia Brescianini, vicecommissario per la Stoppani precisa che chi si aggiudicherà l’appalto avrà 30 mesi di tempo per colmare la discarica che dovrà essere coperta da un involucro (capping) per evitare il filtraggio dei percolati. Il caso Molinetto scatena la bagarre politica. Interrogazioni piovono dovunque, in Regione, al Parlamento di Roma a quello di Strasburgo. E la procura genovese, in silenzio, indaga.
“Sono stata un’ingenua – ammette parlando a ilfattoquotidiano.it l’assessore all’ambiente, Renata Briano, piddina di orientamento civatiano – Ho citato gli scavi in galleria per la realizzazione del Terzo Valico. Ma era soltanto un esempio. E comunque quei materiali sono innocui perché l’amianto non è in forma di fibre libere, si trova all’interno della roccia”. Il Cociv, il consorzio che realizza i lavori per il Terzo Valico ferroviario tra Liguria e Piemonte, aveva immediatamente reagito alle dichiarazioni di Briano, puntualizzando che l’utilizzo del sito di Molinetto non è mai stato preso in esame per lo smaltimento dello smarino prodotto dalle trivellazioni per le gallerie e non fa parte della convenzione firmata dalla Regione. Una excusatio non petita?
Dall’inchiesta penale, condotta dal sostituto procuratore Francesco Cardona Albini, l’assessore Briano prende le distanze: “Non ne so nulla. Il bando di gara è stato pubblicato dalla Regione, ma non è farina del nostro sacco”. In effetti l’appalto è stato lanciato dall’ente commissariale che era subentrato nel 2007 alla Stoppani. Il commissario, il prefetto di Genova Giovanni Balsamo, in una lettera pubblicata dal Secolo XIX, ricapitola gli eventi dopo il fallimento della Immobiliare Val Lerone, la scatola vuota con la quale la Stoppani riuscì ad evitare di pagare i danni provocati nei decenni. Riversando sullo Stato gli onori della costosissima bonifica dei siti inquinati dal cromo esavalente. Lo Stato finora ha speso 52 milioni di euro per ridurre l’inquinamento delle acque di falda, dove la presenza di cromo è scesa – certifica Balsamo – da 35.000 gr/l a 10.000 gr/l nel 2013. E’ qualcosa, ma assai poco. Sgomberato il relitto della fabbrica dalle scorie che ancora lo deturpano, l’area resterà gravemente inquinata e quindi inutilizzabile. Serve un miliardo di euro per la bonifica radicale e quei soldi non ci sono. La famiglia Stoppani in compenso non ci ha rimesso un euro.
Il management della Stoppani era finito a processo per disastro ambientale. L’accusa era retta dallo stesso pm che indaga su Molinetto. La vicenda giudiziaria si era chiusa nel 2010 con un nulla di fatto. Due dirigenti condannati, ma salvi grazie alla prescrizione. Uno di loro, l’uomo di fiducia della famiglia Stoppani, Giuseppe Bruzzone – ha scoperto Il Secolo XIX – oggi è amministratore unico della Dirox Italia srl, la branca italiana dalla multinazionale con la quale il gruppo Stoppani ha ripreso la produzione del cromo in Uruguay. Intervistato, il giudice uruguayano Enrique Viana ha raccontato di aver chiesto al tribunale di Montevideo già nel 2008 di chiudere la fabbrica che sorge alle porte dalla Capitale. Richiesta negata e giudice bollato come “allarmista”. Risultato: la Dirox continua a produrre ed inquinare e – conclude Viana – “tutto avviene con la tolleranza delle autorità. E’ un disastro che dovremo pagare di tasca nostra quando Dirox deciderà, se deciderà, di andarsene”. La storia uruguaiana ricalca quella della Stoppani di Cogoleto. I cittadini di Arenzano e Colgoleto e gli ambientalisti in lotta per decenni contro l’azienda, autorizzata a sversare in mare i fanghi al cromo. E la politica a ballonzolare sul filo senza assumere decisioni nette. 

Ilva il 19 giugno udienza dal gup. Possibile richiesta di trasferimento del processo




Fissata la data della prima udienza del procedimento nel quale sono coinvolti 3 società e 50 imputati, tra cui Emilio, Nicola e Fabio Riva, il governatore di Puglia Nichi Vendola, l'ex presidente della Provincia Gianni Florido e il primo cittadino Ippazio Stefano. Alcuni membri del collegio difensivo sarebbero pronti a richiedere il passaggio ad un'altra città per incompatibilità ambientale
Potrebbe arrivare il prossimo 19 giugno l’istanza di rimessione del processo contro l’Ilva di Taranto nel quale sono coinvolti 3 società e 50 imputati tra i quali Emilio, Nicola e Fabio Riva, il governatore di Puglia Nichi Vendola, l’ex presidente della provincia Gianni Florido e il primo cittadino in carica Ippazio Stefano. Il giudice per udienze preliminari Vilma Gilli, infatti, ha stabilito la data per la prima udienza nella quale, secondo indiscrezioni, alcuni membri del folto collegio difensivo sarebbero pronti a depositare la richiesta per chiedere il trasferimento del processo in un’altra città. Fuggire da Taranto, insomma, per incompatibilità ambientale vista la pressione mediatica e popolare intorno alla vicenda che, secondo gli avvocati degli industriali lombardi, impedirebbe ai magistrati di poter condurre serenamente il processo.
Se le indiscrezioni dovessero essere confermate, quindi, il gup Gilli sarà tenuta a interrompere l’udienza preliminare – sospendendo di conseguenza anche i termini di prescrizione e di decorrenza dei termini di eventuali custodie cautelari – e inviare tutto alla Corte di Cassazione. Toccherà quindi ai giudici della Suprema corte valutare le argomentazioni sostenute dalla difesa e dal procuratore generale e poi decidere se confermare Taranto come sede in cui giudicare i Riva e gli altri oppure individuare un altro palazzo di giustizia per celebrare il processo. Proprio a Taranto, come difensore di Sabrina Misseri accusata dell’omicidio di Sarah Scazzi, qualche anno fa l’avvocato Franco Coppi aveva presentato la stessa istanza che la Corte di Cassazione – nonostante la richiesta analoga del procuratore generale – aveva, però, rigettato qualche mese dopo. Secondo quanto trapelato in questi giorni, tuttavia, non sarebbe Coppi – che difende una delle società dei Riva – ad aver preparato l’atto per chiedere lo spostamento del processo.
Un maxiprocesso che, anche nei numeri, è un evento epocale per la città eternamente divisa tra lavoro e salute. A testimoniarlo c’è anche il numero mastodontico di parti offese individuate dalla Procura: tra abitanti del quartiere Tamburi, allevatori, mitilicoltori, operai, parenti dei lavoratori morti in fabbrica come Francesco Zaccaria e Claudio Marsella, associazioni ed enti istituzionali il numero di persone, fisiche o giuridiche, danneggiate dalle emissioni nocive della fabbrica. L’attuale Palazzo di giustizia di Taranto non ha aule in grado di accogliere un numero così elevato di persone e quindi dopo il vano tentativo di utilizzare l’ex aula bunker che ospitò i maxi processi alla mafia di Taranto a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, il tribunale ionico ha dovuto cambiare strada individuando nella palestra che si trova nella caserma dei Vigili del fuoco, come luogo idoneo per celebrare le udienze.

24 APRILE SENTENZA DI CASSAZIONE STRAGE THYSSENKRUPP

La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio organizza la partecipazione - info bastamortesullavoro@gmail.com

24 APRILE SENTENZA DI CASSAZIONE STRAGE THYSSENKRUPP

“LIBERIAMOCI” DAI PADRONI


Il prossimo 24 aprile la Corte di Cassazione sarà chiamata a pronunciarsi in merito alla strage ThyssenKrupp del dicembre 2007 in cui persero la vita 7 nostri compagni di lavoro: Antonio, Roberto, Bruno, Angelo, Rocco, Rosario e Giuseppe.
Dopo le condanne inflitte inizialmente in primo grado, definite “storiche” ed esemplari”, sono stati derubricati in secondo grado sia l’omicidio volontario, sia il dolo eventuale, che la Corte d’Appello ha trasformato in “omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente”: ampiamente ridotte le pene per tutti gli imputati. Non è stata la sensibilità dei giudici ma la mobilitazione popolare che ha portato alle condanne di primo grado, lavoro poi vanificato dal passare del tempo e dalla (quasi) totale cappa di silenzio calata dai media sulla vicenda, che ha poi al colpo di spugna in secondo grado.

In un Paese come il nostro, dove Vaticano, massonerie, lobby e grandi famiglie industriali hanno fatto e continuano a fare il bello e il cattivo tempo, vedendo il più che fondato sospetto che in Cassazione vengano alleggerite le posizioni degli imputati, invitiamo lavoratori e cittadini a presidiare il palazzo dove ha sede la Corte di Cassazione a Roma il 24 aprile prossimo.
Per sostenere le famiglie delle vittime e i lavoratori e ricordare a quanti in questi anni - vertici aziendali, Confindustria, A.m.m.a., sindacalisti Uil conniventi con l’Azienda come Maurizio Peverati e Michele Carbonio e operai e quadri che hanno testimoniato il falso, hanno macchinato dietro le quinte con lo scopo di impedire l’accertamento della verità e delle responsabilità degli imputati - che la classe operaia non dimentica la più grande strage di lavoratori degli ultimi 30 anni che ha colpito Torino, culla della tradizione operaia e della Resistenza al nazifascismo.

Una città che, colpita duramente dalla crisi innescata dal capitale finanziario, fatica a trovare un nuovo volto che non sia quello tradizionalmente legato alla Fiat e al design automobilistico ormai al tramonto, complici il benestare politico di vecchi e nuovi amministratori (Chiamparino e Fassino) e l’appoggio finanziario da parte di gruppi bancari (in primis Intesa San Paolo, il cui Presidente Bazoli è notoriamente legato alla formigoniana CL e ancor più al suo braccio finanziario, la potentissima lobby CdO, la Compagnia delle Opere) con l’appoggio possibile a colui che in pochi anni ha distrutto decine migliaia di posti di lavoro, non solo a Torino, delocalizzando la produzione in altri paesi: Sergio Marchionne. Una Città in cui il lavoro, divenuto sempre più precario, insicuro e mal retribuito, sta letteralmente scomparendo, lasciando decine di migliaia di persone senza alcuna prospettiva per il futuro. Una Città in cui il Sindaco P. Fassino appoggia l’inutile quanto costosa opera della Tav e assicura, parlando di Expo 2015, che “è responsabilità di tutti sostenere l’evento”. Inutile dire che, come per la Tav, anche per Expo e i lavori per la sua realizzazione si sono scatenati gli appetiti di immobiliaristi, affaristi e politici legati alle onnipresenti (quando si parla di appalti e contratti pubblici milionari) imprese legate alla Compagnia delle Opere (CL) e per le quali son già partite numerose inchieste da parte della magistratura che hanno portato ad arresti per tangenti e illeciti amministrativi.

Piero Fassino non perde occasione per dare il suo sostegno a gruppi finanziari e industriali che, sperperando centinaia di milioni di euro in opere inutili, stanno affossando Torino (e l’Italia) ed è così responsabile di aver reso il capoluogo piemontese una delle città italiane più colpite dagli effetti della crisi. Proprio di questi giorni è la notizia, che suona come una vera e propria beffa, visti i numeri dei giovani disoccupati torinesi (35 % nel 2013), che proprio la nostra Città, durante il prossimo semestre europeo guidato dall’Italia, è designata ad ospitare il vertice europeo contro la disoccupazione giovanile.

Se non si rilancia il lavoro, utile e dignitoso, come unica misura per contrastare gli effetti più nefasti della crisi, si andrà inevitabilmente ad un aumento della conflittualità sociale. E le soluzioni potrebbero essere molte: aumentare l’orario di apertura dei musei, rilanciare il patrimonio artistico aprendo nuovi siti archeologici e rilanciando quelli già esistenti, potenziando il trasporto pubblico anche nelle fasce notturne, bonificando le ex aree industriali dismesse (compresa l’area ThyssenKrupp) dalle sostanze nocive, potenziando istruzione e sanità.

Cittadini a pieno titolo, non considerati tali solo quando le amministrazioni devono “fare cassa” con tasse, balzelli e rincari di ogni genere.

Nessuna fiducia nelle istituzioni, complici dello stato di crisi in cui versiamo, ma al contrario rompere il meccanismo della delega e della sudditanza alla quale siamo abituati e lottare in prima persona, ognuno secondo le proprie possibilità e le proprie caratteristiche, per cambiare questo sistema produttivo che genera profitti (per la classe dominante) in cambio di lutti (per i proletari) e affermarne uno nuovo che stiamo già creando sulle ceneri del capitalismo ormai in disfacimento: il socialismo. Solo un sistema produttivo in cui siano i lavoratori stessi ad esercitare il controllo dei mezzi di produzione, e sulla sicurezza del lavoro, sarà in grado di eliminare i morti sul lavoro, vittime del profitto dei padroni.

Ci rivolgiamo alla parte sana del Paese, chi lotta contro la devastazione ambientale, per la dignità del lavoro e in difesa dei diritti, a quanti sono già in lotta per una società migliore, perché in vista del 24 aprile prossimo promuovano e partecipino in prima persona al presidio di solidarietà ai familiari di tutte le vittime del profitto davanti alla Corte di Cassazione a Roma, piazza Cavour. Noi non dimentichiamo.


Nessuna giustizia, nessuna pace.



Torino, 25 marzo 2014                                                                               Ex lavoratori

ThyssenKrupp Torino


giovedì 20 marzo 2014

Lombardia: è strage di muratori





37enne stroncato da un infarto
Lascia la moglie incinta e una bimba
17 marzo 2014



Stezzano - 
Un muratore di 37 anni è morto stroncato da infarto a Le Due Torri di Stezzano, dove aveva terminato da poco il suo turno di lavoro. Lascia la moglie, incinta, e una figlia di 3 anni. Il padre della vittima era morto un mese fa.
La tragedia si è consumata domenica 16 marzo nel parcheggio al secondo piano del centro commerciale di Stezzano. Armando Tucci - questo il nome della vittima - residente a Cologno Monzese in mattinata si era recato a Le Due Torri per eseguire alcuni lavori.
Attorno alle 15 finito il lavoro è risalito in auto, ma proprio in quel momento ha accusato un malore. Alcune persone hanno notato l’uomo come svenuto in auto e hanno chiamato il 118. Ma all’arrivo dei soccorritori l’uomo era già deceduto. La moglie con la quale aveva appuntamento proprio a Le Due Torri è stata chiamata dai carabinieri che le hanno dato la tragica notizia in caserma. Solo un mese fa era deceduto il papà di Armando.



Infortunio sul lavoro: un muratore di 49 anni muore nel Varesotto

Data: 17/03/2014

Un muratore di 49 anni è morto nella mattinata di lunedì 17 marzo a Venegono Superiore (in provincia di Varese) per via delle ferite riportate in seguito alla caduta dal tetto di un edificio dov’era impegnato in alcuni lavori di riparazione.
Si trovava a un’altezza di circa sette metri e l’impatto con il suolo è stato molto forte. Soccorso dal personale del 118, è deceduto poco dopo.  Sul posto sono intervenuti i carabinieri, che stanno ricostruendo la dinamica dell’accaduto.

giovedì 6 marzo 2014

L'Ilva, Taranto, la salute. Una lettera che invita a non abbassare la testa



  • Ospitiamo volentieri la lettera di Marco Zaframundo, tarantino e coordinatore della Usb nella città-fabbrica dell'Ilva.
IO… Cittadino Tarantino Coordinatore USB (Unione Sindacale di Base)
Sono passati tre mesi dal grande evento della vittoria sudatissima dell’USB per il rinnovo delle RSU in Ilva, vorrei spiegare tutto quello che in questo lasso di tempo ci è stato negato e di conseguenza è stato negato a tutti quei lavoratori che ci hanno dato fiducia con il voto democratico. A cominciare dalla stanza per coordinare le attività sindacali interne alla fabbrica (ESECUTIVO), i mezzi per poterci spostare sui vari reparti, il monte ore che ancora non si è stabilito a quanto ammonta pur avendo ottenuto il 20% dei voti, superando la FIOM e arrivando a pari merito con la FIM, e per finire ma di certo non meno importante ci viene negata la figura importantissima del RLS che dovrebbe garantire la sicurezza dei lavoratori in fabbrica.
Azienda e sindacati (UILM-FIOM-FIM) hanno cercato di farci capire che se avessimo affievolito le nostre posizioni, il nostro modo di fare, avremmo ottenuto vantaggi e aperture da parte degli stessi.
A questo gioco delle parti, io e i miei amici dell USB abbiamo detto NO!.
Abbiamo assistito a tanti incontri già predisposti a tavolino in direzione dove tutti erano seduti alle proprie poltrone sindacali e aziendali, mentre noi assistevamo in piedi pronti a contestare, non firmando accordi o procedure sfavorevoli per i lavoratori. La nostra impressione è quella che ancora oggi sindacati e azienda vadano a braccetto firmando accordi e accordini senza sentire i lavoratori aggaravando sempre di più la loro posizione già precaria e confusa offendendo la dignità e l’intelligenza di quanti hanno votato USB per una fabbrica migliore che sia eco-compatibile con la SALUTE, il LAVORO e la SICUREZZA.
Vorrei che tutti riflettessero sul proprio futuro e soprattutto dei propri figli. Alla luce del V° decreto salva Ilva ancora qualcuno crede che arriverà un qualsiasi governo che salvaguardi la città di Taranto, o che FIOM-FIM-UILM si decidano finalmente a tutelare i lavoratori della fabbrica?
Non voglio essere profeta e speculare sul momento drammatico che stiamo attraversando ma l’unica alternativa a questo trinomio Azienda – sindacati – Governo siamo solo noi lavoratori e cittadini di Taranto. Come me ci sono tanti altri che vogliono cambiare questo sistema, che ad ogni provocazione cercano una reazione,che non dimenticano, come io non ho dimenticato CLAUDIO,FRANCESCO, CIRO, STEFANO e tutte le altre vittime invisibili che ogni giorno si ammalano, muoiono di Ilva,purtroppo siamo sempre pochi rispetto alla gravità e drammaticità dei fatti.. Concludo il mio pensiero, ringraziando tutti quanti sono impegnati in questa lotta impari,quelli che ci sostengono tutti i giorni con i loro gesti e le loro rassicurazioni mettendoci la faccia e spesso anche altro, invito tutti quelli che hanno voglia di cambiare a non aver paura, a far uscire il proprio coraggio perché ognuno di noi è coraggioso, ho visto troppa gente disperata,abbandonata e umiliata nel suo essere sia come lavoratore della fabbrica sia come cittadino di Taranto, facciamo in modo, tutti assieme che questo stato repressivo che viviamo non diventi uno stato depressivo e di totale sconfitta.Ho voluto condividere questo mio stato d’animo per dire che prima di essere un coordinatore USB sono innanzitutto Padre,marito,e cittadino di Taranto che ama la sua famiglia, la sua città e che difenderà i suoi ideali fino a che avrà le forze per farlo.
USB c’è almeno per me….Taranto è viva per tutti noi!!
* Coordinatore USB Taranto e cittadino di Taranto
Taranto 28.02.2014

Amianto killer all’Ilva, chiesti 4 anni per Emilio Riva, il figlio ed ex direttore




Disastro ambientale e omicidio colposo. Queste le accuse contro i vertici dello stabilimento di Taranto, responsabili, secondo la procura, della morte degli operai per mesotelioma pleurico
Quattro anni e sei mesi di reclusione. È la nuova richiesta di condanna formulata dal pubblico ministero Raffaele Graziano nei confronti di Emilio Riva, 87enne ex patron dell’Ilva di Taranto, del figlio Fabio e dell’ex direttore della fabbrica Luigi Capogrosso. Disastro e omicidio colposo sono i reati contestati dalla procura di Taranto ai tre soggetti già travolti dall’inchiesta “ambiente svenduto” e ad altri 26 imputati (per i quali sono state chieste condanne tra i 2 e i 9 anni di reclusione), tutti ai vertici dello stabilimento siderurgico di Taranto dal 1975 al 1995, cioè dalla gestione statale come Italsider fino a quella privata in mano alla famiglia lombarda. A rischiare la condanna anche Giorgio Zappa, direttore generale dell’ex Italsider poi passato a Finmeccanica, Francesco Chindemi attuale amministratore delegato della Lucchini. La sentenza del processo, prevista per il 23 maggio prossimo, dovrà fare luce sulla morte di 21 operai deceduti tra il 2004 e il 2010 per mesotelioma pleurico dovuto, secondo l’accusa, all’ingente presenza di  fibre d’amianto presenti all’interno della fabbrica. Per la procura di Taranto, gli imputati omettevano “di adottare cautele che secondo l’esperienza e la tecnica sarebbero state necessarie a tutelare l’integrità fisica” dei dipendenti oltre “ad altre adeguate misure di prevenzione ambientali e personali” per ridurre la diffusione di polveri dannose. Gli operai, quindi, sarebbero stati “ripetutamente esposti ad amianto durante lo svolgimento di attività lavorative” tanto, secondo l’accusa, da ammalarsi mortalmente. “Questo lungo dibattimento – ha spiegato il pm Graziano durante la sua requiesitoria – rappresenta uno spaccato della vita della comunità tarantina. È una vicenda che mostra le gravi violazioni avvenute in fabbrica in materia di  sicurezza in fabbrica”. Il magistrato ha ricordato gli esiti delle maxi perizie dell’inchiesta “ambiente svenduto” che hanno certificato la situazione “allarmante” vissuta da operai e cittadini. Le indagini dell’Arpa secondo il pubblico ministero hanno dimostrato la “sostanziale compromissione della salute operai” ed evidenziato come tra nei primi anni ’90 nel capoluogo ionico vi fosse già un tasso di mortalità per mesotelioma pleurico nettamente maggiore rispetto al resto della Puglia. “È possibile pertanto ritenere – si legge nelle conclusioni di un documento a firma di Lucia Bisceglia, dirigente dell’Arpa Puglia – che i soggetti che hanno prestato servizio presso lo stabilimento siderurgico di Taranto e che risultano registrati nell’archivio Inps nel periodo 1974-1997 mostrano un rischio di morire per mesotelioma pleurico pari a più del doppio rispetto a soggetti confrontabili per sesso, classe quinquennali di calendario e di età della regione Puglia”. In aula anche il procuratore capo Franco Sebastio che nella sua breve discussione ha mostrato la prima sentenza di condanna dell’Italsider datata 1982. “È un ciclo che si ripete – ha spiegato Sebastio –, ma a differenza di allora, oggi sento parlare di ‘tenere insieme salute e lavoro’, ma ancora no ho trovato nessuno in grado di spiegare come si fa. La speranza – ha concluso il capo della procura – è che questa sentenza possa rappresentare una risposta a questo interrogativo”.

mercoledì 5 marzo 2014

I 27 morti dimenticati a Potenza

I 27 morti dimenticati della porcilaia di Potenza

POTENZA - Ventisette di loro sono morti e tredici vivono con un'invalidità
permanente. Sono i lavoratori della Cip Zoo di Potenza, la porcilaia zeppa
d'amianto
che ancora oggi costituisce una delle emergenze ambientali. Nessuno di loro
ha mai avuto un soldo, quel risarcimento previsto dall'articolo 29 comma 4
della legge 677/1991. Tutto questo nonostante il sequestro del sito da parte
della magistratura, la certificazione, da parte dell'Azienda sanitaria,
della presenza di fibre d'amianto e il verbale di sopralluogo dell'Arpab,
datato 2006, in cui si parla di amianto aerodisperso.
E rischia di essere dimenticata anche la più volte annunciata operazione di
bonifica del sito: l'impresa Pellicano verde di Muro Lucano si è aggiudicata
da tempo la relativa gara d'appalto (che rientra nell'accordo quadro per
lavori di bonifica e copertura di cemento amianto su immobili di proprietà
della Regione) ma non ha ancora messo mano al sito. Il problema è che al
momento non c'è la copertura finanziaria. Si aspetta l'approvazione del
bilancio regionale.

Alla Cokeria-Ilva un altro grave infortunio - un anno fa nello stesso reparto moriva Ciro Moccia




Un operaio di 28 anni, Gabriele Scialpi, dipendente di una ditta
dell'appalto Ilva, ieri verso la 14,30 è rimasto coinvolto in un
incidente sul lavoro all'interno dello stabilimento di Taranto, subendo
la frattura delle gambe.

Il lavoratore, dipendente della ditta «Semat», secondo fonti sindacali,
è caduto mentre era all'interno di un cestello ed eseguiva nella zona
della 12/a batteria coke un'operazione di stuccaggio ad un'altezza di
circa tre metri.

Probabilmente a causa della rottura di una delle catene di sollevamento,
il cestello si è piegato rimanendo sospeso nel vuoto e determinando la
caduta del lavoratore. Il 28enne è stato soccorso e portato all'ospedale
«Santissima Annunziata», dov'è attualmente ricoverato. Sull'episodio
indagano i funzionari dello Spesal, il Servizio di prevenzione e
sicurezza negli ambienti di lavoro dell'Asl.

Poche settimane fa l'ennesimo incidente al siderurgico: un giovane di 20
anni ha subito l'amputazione di una gamba a seguito del ribaltamento di
un muletto.


Un anno fa, il 28 febbraio, proprio nel reparto cokerie precipitava, e
purtroppo quella volta, moriva l'operaio Ciro Moccia, dipendente diretto
dell'Ilva.


LA DINAMICA DEGLI INFORTUNI MOSTRA CHIARAMENTE CHE NON SI FA LA MESSA IN
SICUREZZA DEGLI IMPIANTI*MA NON SI FA NEANCHE LA MANUTENZIONE
ORDINARIA.*GLI OPERAI RISCHIANO LA VITA ANCHE PER LA "ROTTURA DI UNA
CATENA DI SOLLEVAMENTO"...


L'azienda attiva nuove procedure che sono in realtà più catene per un
intervento immediato (Il SIL deve verificare nella prime 24 ore dalla
denuncia la sua fondatezza, e nelle successive 24 ore il responsabile di
area e il caporeparto devono individuare gli interventi necessari a
rimuovere i fattori di rischio denunciati... e per l'intervento concreto
bisogna ancora spettare...); Bondi scarica tutto sulle ditte
dell'appalto, minacciando l'esclusione dall'assegnazione di appalti se
non rispettano le regole della sicurezza (della serie: il bue dice
cornuto all'asino); ma poi non si cambia una catena di sollevamento... o
non si rimuove una passerella vecchia e improvvisata (come fu per la
morte di Ciro Moccia).

*ANCORA UNA VOLTA SI GIOCA CON LA VITA DEGLI OPERAI!
*

*
Slai cobas per il sindacato di classe- Taranto

Processo Intempo Ravenna: comunicato Rete nazionale sicurezza sul lavoro-nodo di Ravenna


Oggi si è svolta l'udienza del processo contro il nodo di Ravenna della Rete
nazionale per la sicurezza sul lavoro, per l'iniziativa simbolica del 13
marzo del 2008, contro l'agenzia interinale intempo, nella giornata di
commemorazione della strage della mac navi. In tale occasione chiedavamo la
chiusura dell'agenzia interinale suddetta, responsabile della morte di due
operai, Luca Vertullo a Ravenna e un altro, sempre assunto dalla intempo, a
Porto Marghera. Contestualmente avanzammo la richiesta di una postazione
fissa, al porto, dell'ispettorato del lavoro. La risposta che abbiamo avuto
è stata la rappresaglia padronale per cui i veri responsabili delle
condizioni disumane di lavoro al porto, del precariato e delle morti sul
lavoro, ci hanno denunciato. A portare la solidarietà alla rete oggi: la
madre di Luca Vertullo, abbandonata dalle istituzioni dello stato senza mai
aver avuto giustizia, per la morte del figlio, dai tribunali dei padroni;
presenti, numerosi e solidali anche i giovani militanti dello Spartaco ed
altri lavoratori aderenti ad altre forze politiche (PCL Ravenna e
Rifondazione comunista) e non. La solidarietà si è espressa all'esterno del
tribunale con un presidio sotto lo striscione della rete : "da processare è
la precarietà che uccide non chi la combatte", qui si è svolto anche un
volantinaggio. La data della prossima udienza è il 9 maggio alle 9 e 30, in
tale occasione avverrà l'audizione degli imputati e dei testimoni citati
dalla difesa. Invitiamo fin da ora ad essere presenti e a partecipare anche
alla prossima udienza per ribadire che i veri criminali sono le agenzie
interinali e i padroni assassini, sono i confederali complici e tutte le
istituzioni compiacenti.

Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro-nodo di Ravenna

PROCESSO AMIANTO AL PETROLCHIMICO DI RAVENNA


SCATTA LA VERGOGNA DELLA PRESCRIZIONE PER I REATI DI OMICIDIO COLPOSO E
LESIONI COLPOSE  PER ALCUNI DIRIGENTI, RESTA IN PIEDI  PER TUTTI L'ACCUSA DI
DISASTRO COLPOSO.
Oggi si è tenuta a Ravenna la terza udienza preliminare per il processo a carico di 21 dirigenti ENI accusati a vario titolo di omicidio, lesioni e disastro colposi. Erano presenti in aula una sessantina tra operai e parenti dei deceduti, assenti tutti gli imputati. La scorsa udienza (6 febbraio) erano state esposte dal PM Ceroni e dagli avvocati di parte civile, le tesi per cui si sarebbe dovuto procedere con le imputazioni ascritte ai vari dirigenti ENI. Oggi è stata la volta delle arringhe difensive da parte del collegio di difesa composto da vari principi del foro(da segnalare Grosso di Torino; Maspero ,Lucibello e Simoni di Milano e Bolognesi di Ferrara). Le tesi difensive si sono snocciolate su due punti fondamentali: la prescrizione dei reati poiché avvenuti venti e più anni addietro e poi sulla estraneità ai fatti da parte degli imputati, poiché nei vari interventi succedutesi, volevano rimarcare l'assenza  di responsabilità dei dirigenti, che a loro dire non avevano compiti di gestione delle operazioni (che invece
sarebbero toccati ai preposti alla salute e alla sicurezza) ma avevano solo compiti di dirigenza ed organizzazione della produzione. Addirittura secondo l'avvocato Bolognesi, del fatto che nell'organigramma aziendale non ci fossero i preposti per la sicurezza, non è possibile accusare i vertici aziendali, ma eventualmente l'azienda stessa. Però, aggiungiamo noi, probabilmente anzi sicuramente, i dirigenti gestivano loro l'organizzazione del lavoro e delle produzioni, ed in quanto gestori dovevano pur prevedere ed organizzare la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, visto che le norme di tutela esistono già dalla nascita della Repubblica italiana e sono sancite anche nella Costituzione. Quindi se uno è responsabile dello stabilimento, è anche direttamente responsabile di quel che accade al suo interno sia in materia produttiva, organizzativa ed anche del rispetto e della tutela della sicurezza e della salute. Ma a tutto ciò non ci sarà mairisposta dallo stato italiano poiché per alcuni imputati sono già intervenuti i termini di prescrizione per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose e per gli altri maturerà durante l'iter processuale. Per la legge italiana il conteggio per la prescrizione scatta quando viene diagnosticata la malattia e non quando ci sia l'aggravamento o il decesso, quindi si può legittimamente affermare che questo è un bel colpo di spugna sulle responsabilità di chi dovrebbe tutelare la salute e la sicurezza negli
ambienti lavorativi. Il GUP Farinella ha dichiarato il rinvio a giudizio degli imputati. Tale tesi segue l'onda del processo Eternit di Torino che acclara il disastro ancora in atto poiché l'insorgenza delle malattie ed i decessi sono ci sono tutt'oggi . Da notare che una della parti civili (i parenti di un operaio deceduto) si è fatta escludere dalla costituzione di parte civile. Avranno  raggiunto un accordo con l'azienda per un risarcimento? questo è quello che vociferavano gli operai presenti.
L'eventuale condanna per disastro colposo darebbe luogo ai risarcimenti per tutte le parti civili, che probabilmente avranno dei soldi ma sicuramente non avranno giustizia piena a causa della prescrizione che quasi sempre assicura impunità ai potenti. La prossima udienza con l'inizio del dibattimento si svolgerà sempre a Ravenna  il 25 giugno prossimo. Riporteremo l'evolversi del processo sul blog.

AIEA Oristano: le nostre iniziative

"Ass.ne Ex Esposti Amianto - Giampaolo Lilliu" <amianto.or@gmail.com>


Vi inviamo le iniziative che la nostra Associazione ha portato avanti:


Nell'edizione delle 19.30 del TGR del 24/02/14 in onda su RAITRE, è apparsa
la notizia della presenza di Amianto nel litorale di Abarossa, del quale
chiediamo la bonifica immediata, a causa della massiccia presenza della
fibra killer, per tutelare la salute delle famiglie e, più in generale, dei
cittadini che, specialmente nella stagione estiva, frequentano a migliaia la
spiaggia di Santa Giusta.
Ecco il link:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a72acd3d-67ab-4f65-9f3a-9ed6c8046ea8-tgr.html#p=0

_____________________________________________________________________________________________________________________________

Il Comune di Oristano stanzia fondi per la rimozione dell’amianto grazie
alle pressioni della nostra associazione:
http://lanuovasardegna.gelocal.it/oristano/cronaca/2014/02/16/news/l-areas-bonifica-piu-agevole-grazie-all-amministrazione-1.8683432

http://lanuovasardegna.gelocal.it/oristano/cronaca/2014/02/15/news/in-cassa-266mila-euro-per-cancellare-l-amianto-1.8676428

_____________________________________________________________________________________________________________________________

Le nostre richieste ai candidati alla presidenza della regione:

http://amiantoonlus.altervista.org/le-nostre-sei-domande-ai-candidati-alla-presidenza-della-regione/

La risposta di Michela Murgia e Sardegna Possibile:

http://amiantoonlus.altervista.org/risposte-michela-murgia-degli-assessori-possibili-ai-nostri-quesiti-sullamianto/

La risposta di Francesco Pigliaru:

http://amiantoonlus.altervista.org/incontro-col-candidato-presidente-francesco-pigliaru/

http://amiantoonlus.altervista.org/resoconto-dellincontro-al-caesars-hotel-cagliari-col-candidato-pigliaru/

Abbiamo posto all'attenzione del Presidente Pigliaru, prima che venisse
eletto, alcuni punti importanti per la nostra battaglia di civiltà per la
definitiva sconfitta dell'amianto. siamo molto soddisfatti del fatto che
queste nostre richieste siano state accolte e in particolare che siano state
inserite nel programma del Presidente, come dimostra l'estratto che di
seguito riportiamo:



5. Organizzazione entro il 2014 della Prima Conferenza Regionale sull’amianto,
come stabilito dalla LR 22/2005, mai attuata dall’attuale giunta, e in
quella sede definizione di un piano operativo per le iniziative conseguenti
di monitoraggio e smantellamento dell’amianto dalle strutture pubbliche e
private.

____________________________________________________________________________________________________________________________

Lunedì 24 si è tenuto in Provincia un incontro con l’assessore all’ambiente
Mariella Pani

http://amiantoonlus.altervista.org/incontro-con-lassessore-allambiente-della-provincia-di-oristano-mariella-pani/

Sevel: ancora un incidente sul lavoro!



Chieti - lunedì, 24 febbraio 2014

Dopo un incidente sul lavoro, le parole e le frasi fatte sono sempre troppe rispetto al tempo che si dovrebbe dedicare alla riflessione, non ci si chiede mai il perché degli incidenti e troppo spesso in modo frettoloso lo si attribuisce alla fatalità.

Mercoledì notte alla Sevel di Atessa, fabbrica del gruppo Fiat che produce il "Ducato", è accaduto un incidente sul lavoro, un operaio della logistica è stato investito da un collega durante una manovra, adesso si trova ricoverato in prognosi riservata in neurochirurgia presso l'ospedale di Pescara in gravi condizioni.

In Sevel come spesso accaduto in passato quando si verificano incidenti la fatalità non c'entra nulla, la causa va attribuita ai ritmi frenetici imposte dalla nuova metrica del lavoro, e alla scarsa attenzione dei
preposti che sottovalutano il pericolo.

Nel caso specifico il problema è identico, anche i colleghi della logistica sono sottoposti a ritmi frenetici per poter rifornire tempestivamente le linee di produzione, spesso sottoposti al ricatto di essere rispediti a lavorare sulle linee di produzione del montaggio se non svolgono in tempo il loro lavoro, e tutto questo fa si che l'attenzione sulla sicurezza va a mancare.

Molto spesso accade che molti incidenti di rilevanza minore non vengono neanche denunciati, non c'è cosa più sbagliata non bisogna sottovalutare l'importanza della denuncia di tali episodi in quanto unici strumenti utili per obbligare l'azienda al rispetto delle leggi in materia e alle autorità competenti di effettuare eventuali sopralluoghi.

Processo Solvay

La difesa: "nessuna sostanza cancerogena"
"Nessuna delle sostanze contenute nelle acque ad uso potabile distribuite da Solvay è cancerogena". E' quanto ha sostenuto il consulente della difesa Solvay all'udienza del processo contro otto ex dirigenti e amministratori delle aziende del Polo chimico di Spinetta Marengo. Il Pm ribatte sugli investimenti che l'azienda sostiene di aver fatto: "solo una minima parte è servita a cercare le perdite"
ALESSANDRIA - "Nessuna delle sostanze contenute nelle acque ad uso potabile distribuite da Solvay è cancerogena". Né il cromo esavalente, né i clorurati. E' quanto ha sostenuto il consulente della difesa Solvay all'udienza del processo contro otto ex dirigenti e amministratori delle aziende del Polo chimico di Spinetta Marengo, sotto accusa per omessa bonifica e inquinamento della acque. Il perito Tommaso Dragani, dell'Istituto tumori di Milano tenta di smontare pezzo per pezzo, partendo dalla credibilità, quanto aveva sostenuto invece il consulente dell'accusa professor Gilli nella sua relazione. Un muro contro muro, sempre più alto, tra accusa e difesa. Dragani non solo insiste sulla "non cancerogenicità
delle sostanze", ma mette anche in discussione la metodologia adottata da Gilli nel presentare l'analisi di rischio.
Posto che esistono cinque gruppi di "rischio", dalle sostanze cancerogene a quelle "probabilmente non cancerogene", solo due di quelle presenti nelle acque provenienti dal polo chimico e destinate ad uso umano potrebbero essere classificate come "probabilmente cancerogene" (il livello 2): il cromo esavalente e il tricloroetilene, "presenti in ogni caso in concentrazioni entri i limiti di legge sulla potabilità". I dati che sforavano, secondo il perito della difesa, "si riferivano ad acque ad uso industriale o irriguo. Il cromo esavalente, secondo il perito che cita studi e metodologie sul tema, "risulta cancerogeno solo per inalazione e non per ingestione". Dormiranno sonni più tranquilli gli abitanti di Spinetta? Ai margini della deposizione di Dragani, gli avvocati di parte civile fanno presente che, anche qualora non risultassero cancerogene, per dimostrare l'avvelenamento basta che le sostanze siano "dannose per la salute", e provochino malattie croniche o comunque alterino la salute dei cittadini. E
poi c'è "l'effetto cocktail" di cui aveva parlato sempre in udienza il consulente delle parti civili professor Ugazio per cui una singola sostanza potrebbe non avere effetti gravi, ma più sostanze insieme sì. E nella acque di Spinetta ne sono state rilevate una ventina.

Potrebbe essere questa la carta che tirerà fuori l'accusa durante il controinterrogatorio, previsto per la prossima udienza (il 3 marzo).
Due le componenti che sarebbero alla base della relazioni di Dragani: la concentrazione e l'esposizione prolungata. Fattori che mancherebbero a Spinetta. "Anche il sole, preso indosi eccessive, fa male", è la tesi del consulente.
Nel corso dell'udienza di ieri, intanto, si è tornati anche a parlare degli investimenti che Solvay avrebbe messo in campo per contrastare la contaminazione.
Ma "L'80% dei fondi che Solvay ha affermato di aver impegnato per la ricerca delle perdite della rete idrica (circa 4,5 milioni) è stato speso per manutenzione ordinaria o sostituzioni tecniche e non specificamente per ricercare le perdire dell'impianto che causavano l'alto piezometrico", rileva il pubblico Riccardo Ghio durante il contro interrogatorio al perito della difesa ingegner Messineo
Per Solvay l'azienda avrebbe fatto tutto il possibile, anzi di più, per rimediare ad una situazione di inquinamento pregresso che avrebbe ereditato da Ausimon, inconsapevolmente.
Per la procura, ci fu invece, l'intenzione di "nascondere" sotto il tappeto un bel po' di polvere.
E comunque, sempre secondo la difesa, Solvay non sapeva o venne a conoscenza solo nel 2004 della reale situazione.
27/02/2014