mercoledì 30 novembre 2011

Bologna, schiacciato da lastre di marmo gravissimo un operaio

Schiacciato da lastre di marmo
gravissimo un operaio
L'uomo stava scaricando materiale da un camion: ora è in rianimazione al Maggiore. L'incidente è avvenuto in zona Corticella

Un operaio di 39 anni è rimasto schiacciato sotto alcune pesanti lastre di marmo, che gli sono cadute addosso mentre le stava scaricando da un camion.
Il grave incidente sul lavoro è avvenuto poco prima delle 10 in via Andrea da Faenza, in zona Corticella. N.D.G., originario di Montecchio Maggiore
(Vicenza) e dipendente di un'impresa di marmi, è stato soccorso dai medici del 118 e portato in 'codice 3', il più grave, all'ospedale Maggiore, dove è stato ricoverato in sala rianimazione, con prognosi riservata.

In base alla prima ricostruzione dei carabinieri, intervenuti per i rilievi, a provocare l'incidente potrebbe essere stato il cedimento di uno dei ganci che trattenevano le lastre di marmo sul mezzo pesante. Gli accertamenti sono ancora in corso.(fonte Ansa) (30 novembre 2011) © Riproduzione riservata

Arrestato anche il titolare della Locatelli

Dalle ultime notizie apprendiamo che è stato arrestato anche il titolare della Locatelli, azienda che noi per primi e da tempo abbiamo indicato come pericolosamente infiltrabile dalla malavita organizzata. Ricordiamo che la Locatelli ha sede a Bergamo e aveva rilevato il 100% delle quote associative della Cavenord, intestataria della domanda di autorizzazione della discarica di amianto di Cappella Cantone. Pare che il titolare della Locatelli pagasse tangenti persino ai proprietari dei terreni limitrofi all’ex cava Retorto perché riducessero l’irrigazione dei campi, in modo da tenere bassa la falda acquifera. (vedi il nostro comunicato dettagliato in http://cittadinicontroamianto.blogspot.com/2010/08/la-discarica-non-sha-da-fare-cappella.html)



Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona

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La discarica di amianto di Cappella Cantone non si farà più!

Comunicato stampa
Cremona, 30 novembre 2011
Oggetto: la discarica di amianto di Cappella Cantone non si farà più!
Arrestato il titolare della Locatelli
Sequestrata la discarica di amianto di Cappella Cantone (CR). Verità e giustizia, questo chiedevamo, questo abbiamo ottenuto. La nostra tenacia e la nostra determinazione hanno vinto. Ricordiamo che domani 1 dicembre a Cremona presso il CISVOL via S. Bernardo, 2 alle ore 17.30 faremo una conferenza stampa in cui oltre a presentare l’iniziativa del 20 dicembre a Bruxelles affronteremo in modo più approfondito alcuni aspetti di queste ultime vicende.
L’ex cava Retorto di Cappella Cantone (Cr), che la Regione Lombardia aveva da poco autorizzato ad essere adibita a discarica di rifiuti di amianto, è stata messa sotto sequestro nell’ambito di un’indagine che sapevamo era in corso da tempo e che ha portato all’arresto, tra gli altri, del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani (PdL) e di Giuseppe Rotondaro, coordinatore degli staff della direzione generale dell’ARPA Lombardia con l’accusa di traffico di rifiuti illeciti e corruzione Altri clamorosi sviluppi si attendono nelle prossime ore e potrebbero essere coinvolti altri politici anche locali. Tra gli arrestati pare ci sia anche l’imprenditore marito dell’ex ministro Gelmini. Dalle ultime notizie apprendiamo che è stato arrestato anche il titolare della Locatelli, azienda che noi per primi e da tempo abbiamo indicato come pericolosamente infiltrabile dalla malavita organizzata. Ricordiamo che la Locatelli ha sede a Bergamo e aveva rilevato il 100% delle quote associative della Cavenord, intestataria della domanda di autorizzazione della discarica di amianto di Cappella Cantone. Pare che il titolare della Locatelli pagasse tangenti persino ai proprietari dei terreni limitrofi all’ex cava Retorto perché riducessero l’irrigazione dei campi, in modo da tenere bassa la falda acquifera. (vedi il nostro comunicato dettagliato in
http://cittadinicontroamianto.blogspot.com/2010/08/la-discarica-non-sha-da-fare-cappella.html)

Abbiamo sempre denunciato l’intreccio tra malaffare e politica nella nostra battaglia contro la discarica in questi quattro anni, lo abbiamo sostenuto nell’esposto che abbiamo presentato alla Procura di Cremona nel 2009, lo abbiamo ribadito agli inquirenti che ci hanno ascoltato e con cui abbiamo collaborato.
Non ci siamo mai rassegnati, abbiamo continuato a combattere con ogni mezzo e ora abbiamo raggiunto un importante risultato nonostante che avevamo come avversari non solo i pochi favorevoli alla discarica, ma anche coloro i quali diffondevano a piene mani, fino a ieri, rassegnazione e sfiducia per rendere ininfluente la nostra battaglia, oltre all’assessore regionale alla partita, Daniele Belotti (Lega), che voleva tapparci la bocca con una querela per diffamazione, perché avevamo denunciato pericoli di infiltrazione della n’drangheta.
La battaglia contro il malaffare e l’intreccio politica-n’drangheta per noi non è affatto conclusa e continuerà finché non sarà fatta giustizia a tutti i livelli e finché non avremo ottenuto la moratoria degli iter autorizzativi di tutte le discariche di amianto e l’annullamento delle autorizzazioni già concesse. Noi vogliamo che lo smaltimento dell’amianto sia pianificato e programmato insieme ai cittadini delle aree interessate e che non sia più fonte di profitti più o meno leciti. Questo sarà possibile solo quando avremo la garanzia che i controlli ambientali non siano più fatti dall’ARPA che è un’emanazione diretta della giunta della Regione Lombardia, ma da un organismo terzo, indipendente dai partiti.
Le nostre posizioni saranno ribadite a Bruxelles il prossimo 20 dicembre quando presenteremo la nostra petizione al Parlamento Europeo in occasione della consegna delle migliaia di firme che abbiamo raccolto in questo ultimo mese contro la discarica di amianto di Cappella Cantone (CR).
Per comprendere ancor meglio la vicenda di Cappella Cantone ricordiamo brevemente ruoli e funzioni svolti in questi ultimi 15 anni da Franco Nicoli Cristiani e da Giuseppe Rotondaro.
Franco Nicoli Cristiani è stato assessore regionale in Lombardia all’ambiente e poi al commercio, consigliere regionale dal 1995. E’ stato condannato in appello per abuso di ufficio nell’inchiesta della discarica di Cerro Maggiore, poi scagionato nel 2008 in Cassazione per insussistenza del fatto Quando è in pieno svolgimento la vicenda della discarica di Cappella Cantone, il 13 gennaio 2009 diventa vice coordinatore regionale e responsabile della macroarea di Bergamo-Brescia-Mantova-Cremona per il PdL.
Giuseppe Rotondaro, geologo, è stato sempre all’interno di strutture regionali della Lombardia che si occupavano di ambiente. Dal 1997 è dirigente dell’ufficio e poi del servizio Protezione Ambientale e Sicurezza Industriale della Direzione Generale Tutela Ambientale della Regione Lombardia e dal 2001 direttore generale vicario di questa stessa direzione generale. Dal 2008 è direttore centrale dell’ARPA Lombardia e poi coordinatore delle funzioni di staff della direzione generale dell’ARPA Lombardia. In base alla nuova normativa regionale le nomine dei vertici dell’ARPA sono fatte direttamente dalla Giunta regionale e non c’è più il passaggio in Consiglio.
Ricordiamo di seguito i punti oscuri della vicenda che da sempre abbiamo denunciato nel nostro dossier, nei nostri comunicati e nei nostri volantini distribuiti a migliaia nei numerosi presidi di questi anni e nei nostri banchetti di questo ultimo mese per raccogliere le firme per la petizione al Parlamento Europeo. e ricordiamo anche che la ditta che voleva gestire la discarica, la Locatelli, aveva dato in passato lavori in subappalto a ditte risultate poi infiltrate dalla n’drangheta (vedi il nostro comunicato dettagliato in
http://cittadinicontroamianto.blogspot.com/2010/08/la-discarica-non-sha-da-fare-cappella.html)

Cronaca di un disastro annunciato. Fatti e misfatti della storia della discarica di amianto di Cappella Cantone (Cremona)

Antefatto
Nel novembre 2005 la ditta Seraco presenta in comune di Cappella Cantone la richiesta relativa alla discarica di amianto, ma l’Opera Pia Robbiani, proprietaria del terreno si oppone alla vendita
I14 giugno 2007 Cavenord, che intanto ha acquistato la Seraco, firma un contratto di acquisto con un privato per il terreno adiacente a quello della Fondazione Pia Robbiani per 2 milioni e mezzo di euro, circa sei volte il valore di mercato e il 21 agosto fa domanda alla Regione Lombardia per realizzare la discarica in località Cascina Retorto

La strana storia del piano rifiuti
Nell’ottobre 2007 il Piano rifiuti della provincia di Cremona viene inviato in Regione. Non prevede discariche di amianto ma impone un vincolo di 5 km tra impianti di discarica. La Regione impone la cancellazione di questo vincolo (può avere qualche attinenza che tra il progetto di discarica di amianto nella ex cava Retorto e la discarica chiusa di rifiuti solidi urbani di Corte Madama ci sono solo 500 metri di distanza?). Questo è un fatto curioso perché è la stessa normativa regionale che lo prescrive! Nelle linee guida che la Regione Lombardia dà alle Province per la predisposizione dei piani rifiuti, pubblicate sul BURL il 15 febbraio 2008, vi è l’indicazione di stabilire alcuni limiti da rispettare nella localizzazione di nuovi impianti a discarica, in particolare una distanza minima dagli impianti già in esercizio esauriti o da bonificare. Vi è anche una specifica circolare del 6 agosto 2007 di Raffaele Tiscar, direttore generale Reti e servizi pubblica utilità e sviluppo sostenibile della Regione Lombardia, in cui invita le Province a prevedere nei loro Piani distanze minime fra discariche, esaurite o da bonificare.

Le delibere mai scritte o scritte “ad hoc”
Nel settembre 2009 la commissione ambiente regionale approva i criteri da applicare nella localizzazione dei siti che dovranno ospitare le discariche per rifiuti speciali. Il limite minimo di profondità della falda é fissato a
5 metri . Ma la commissione é solo consultiva, l’assessore competente per l’autorizzazione della discarica ignora questi criteri e l’argomento non verrà neppure trattato dal consiglio regionale (eh già, la falda nell’ex cava Retorto è a 50 centimetri!).
Avevamo sperato che il progetto della discarica di amianto si fermasse perché vi erano delle incongruenze con il piano cave. Ma ecco che arriva una nuova delibera, n.1594 del 20/11/2011, con cui la Giunta regionale, di fatto, esautora la provincia sul piano cave, esercitando un atto di indirizzo verso quest’ultima su argomenti di competenza delle singole provincie. E’ stata approvata in corso d’opera, pensando di creare un nuovo quadro normativo senza più ostacoli per la realizzazione della discarica, anzi delle discariche, nelle ex-cave. Traducendo: per coprire atti esplicitamente fuori dalle norme, si approvano delibere per annullare la illegalità!
La ‘fantasia al potere’. Il caso dell’ARPA di Cremona A metà novembre dell’anno scorso tutti noi, quelli contrari alla discarica di amianto di Cappella Cantone, avevamo cantato vittoria. Le misurazioni dell’altezza della falda acquifera fatte dall’ARPA di Cremona avevano stabilito che non venivano rispettati i famosi due metri di altezza fra il fondo della discarica e la falda per cui la Regione Lombardia aveva scritto a Cavenord che se non modificava il suo progetto entro dieci giorni questo sarebbe stato respinto. Evviva! Passano dieci giorni, passa un mese, due mesi. Tutto tace. Si scopre poi, PER CASO, solo perché un sindaco ha sollecitato la Regione, che sono state presentate in tempo utile (?) le modifiche, che queste consistono nell’aggiungere uno strato di m 1,40 di materiale isolante e che l’ARPA prosegue tranquillamente le misurazioni della falda “facendo finta” che esista questo strato aggiuntivo di terreno.
Domanda alla giunta: perché non è stato subito reso noto che le modifiche erano state presentate? La normativa sulla trasparenza lo prevede.
Che esistano falde affioranti in quella zona lo sanno tutti senza scomodare i tecnici. Basta un semplice temporale per allagare l’ex cava Retorto e i torrenti e le rogge della zona facilmente esondano. Lo abbiamo documentato con foto più di una volta, nel settembre 2007 e nel febbraio 2009. Nel giugno 2010 si è verificato addirittura un ulteriore innalzamento della falda. Infatti dopo circa due mesi di forte siccità, in meno di sei ore di pioggia consecutiva l’area si è quasi completamente allagata. Ma per i tecnici dell’ARPA non è un problema, anzi per il dirigente dell’ARPA di Cremona che, guarda caso, è anche consigliere comunale di Cremona per il PdL, lo stesso partito di Formigoni, Rossoni ecc..
Il comportamento “schizofrenico” della giunta provinciale di Salini Nel corso dei procedimenti per la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) la giunta Salini (PdL-Lega) esprime parere negativo al progetto di discarica di amianto di Cingia de’ Botti e positivo per quella di Cappella Cantone. Le sue motivazioni per respingere il progetto di Cingia de’ Botti: presenza di acqua effimera superficiale, situazione viabilistica (Strada statale
Giuseppina) critica in termini di incidentalità, zona inserita nel piano faunistico e venatorio come zona di ripopolamento e cattura, presenza di aree circostanti individuate come DOP e IGP, sono in previsione due grandi progetti (un insediamento industriale e un circuito auto motociclistico).
Il sito di Cingia de Botti respinto e il sito di Cappella Cantone approvato dalla medesima giunta? Eppure a Cappella Cantone vi è un’ instabilità idrogeologica ben più grave di quella paventata a Cingia de’ Botti e vi è anche la presenza di fontanili; la situazione viabilistica è critica (strada statale Paullese), nelle vicinanze vi sono due stabilimenti agro-alimentari tra i più importanti in Italia, a 500 metri vi è una discarica di rifiuti solidi urbani in fase di post chiusura.
Da notare che il peso della giunta provinciale in un procedimento di autorizzazione ambientale è notevole e, difatti, la Regione respinge, giustamente, il progetto di Cingia de’ Botti e approva quello di Cappella Cantone.

Tadi, sindaco di Cappella Cantone, un uomo per tutte le stagioni.
Il sindaco Tadi, fino ad un certo punto, si è sempre dichiarato pubblicamente contro la discarica ma si è guardato bene, soprattutto prima delle scorse elezioni amministrative del giugno 2009, di rendere noto che già il 18 maggio 2009 aveva inviato agli uffici regionali della valutazione di impatto ambientale il suo parere tecnico non escludente con prescrizioni E ancora: il comune di Cappella Cantone ha stipulato una convenzione con Cavenord nell’agosto 2009, molto prima che fossero rilasciate le autorizzazioni. Tadi sostiene che questo atto è stato firmato per il bene della sua comunità, peccato che non lo ha dichiarato subito, quando ancora gli altri sindaci lo ritenevano contro la discarica, ma solo quando il fatto è stato reso noto sulla stampa locale.

Cittadini contro l’amianto
d.ssa Mariella Megna
Giorgio Riboldi


Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona

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Ilva-exnuovasiet grande vittoria dello slai cobas s.c in cassazione

comunicato stampa

la cassazione ieri ha dato nuovamente ragione allo slai cobas per il sindacato di classe di taranto e ai lavoratori della ex- nuova siet condannando in via definitiva claudio ed emilio riva per truffa ed estorsione ai danni dei lavoratori della nuova siet cancellando l'assurda sentenza di assoluzione in appello, dopo la condanna nel primo grado.
lo slai cobas per il sindacato di classe di taranto dalla cui iniziativa è scaturito il processo e che ha visto la massiccia partecipazione a tutte le fasi dei lavoratori ex-nuova siet esprime il massimo ringraziamento all'avvocato Soggia, che ne a tutelato le parti e ai lavoratori che con pazienza e sacrifici hanno seguito tutta la vicenda

ricostruiamo la vicenda e ricordiamo lo scandaloso atteggiamento dei dirigenti sindacali fim-fiom-uilm che sono stati chiamati a testimoniare a favore di riva e l'attuale segretario nazionale della UILM Palombella lo aveva effettivamente fatto ora si dimostra che Riva si può battere e che i diritti dei lavoratori possono essere tutelati


slai cobas per il sindacato di classe
cobasta @libero.it
tel.347-1102638
30 novembre 2011

i fatti
La Nuova Siet, ex consociata dell'Ilva, ha operato per anni nello stabilimento siderurgico tarantino; sin dal 1971, i lavoratori dell'azienda si sono occupati degli appalti per i trasporti, del trattamento delle scorie liquide, loppe, minerali, calcari, materiali ferrosi, dimostrando grandi capacità tecniche ed organizzative.
L'azienda arrivò ad occupare circa 600 dipendenti con alta specializzazione nei trasporti collegati al ciclo integrato per la produzione dell'acciaio e derivati; alla fine degli anni '90 tuttavia l'Ilva, guidata dalla famiglia Riva, decise di non rinnovare la commessa e di disdire tutti gli appalti con la Nuova Siet, costringendola a cedere tutti i beni aziendali. Dunque l'Ilva assorbì le attività svolte dalla consociata e mise in mobilità tutto il personale; ai lavoratori fu poi proposto di rientrare in azienda sulla base di un nuovo contratto. Molti accettarono, costretti dalla morsa della disoccupazione. In tal modo l'Ilva attinse ai benefici contributivi per il personale in mobilità; conseguentemente i lavoratori tornarono a svolgere la medesima attività, con gli stessi mezzi e procedure, ma non alle stesse condizioni. Infatti risulta che i nuovi contratti non riconoscevano le anzianità né quanto maturato in anni e anni di lavoro dai dipendenti, che peraltro subirono decurtazioni salariali (circa un milione di lire gli operai e due milioni gli impiegati).
Tutto ciò in violazione di ogni accordo sindacale; grazie all'esposto depositato da Slai Cobas, la vicenda fu oggetto di una approfondita indagine da parte della procura di Taranto, che ascoltò i lavoratori, l'ufficio provinciale del lavoro e sequestrò molta documentazione, tra cui un accordo transattivo, che a quanto risulta, sarebbe stato fatto firmare in bianco. Sia le famiglie dei lavoratori che l'INPS si costituirono parte civile per i danni subiti; la magistratura accertò l'ipotesi del ricatto e la violazione dei princìpi sul trasferimento di azienda. Secondo quanto rilevato dal pubblico ministero l'azienda avrebbe agito con animo speculativo, e sarebbe incorsa nei reati di estorsione e di tentata estorsione ai danni dei lavoratori che si sarebbero rifiutati di sottoscrivere il nuovo contratto; il 20 settembre 2007 il giudice di primo grado ha emesso la sentenza di condanna a carico degli imputati. Il presidente Emilio Riva, il figlio Claudio e il capo del personale dell'acciaieria, Italo Biagiotti, sono stati condannati a quattroanni di reclusione per truffa ai danni dell'INPS ed estorsione, mentre il rappresentante della Nuova Siet, Giovanni Perona, è stato condannato ad un anno e due mesi per truffa; secondo la magistratura l'Ilva avrebbe internalizzato illegalmente l'azienda e avrebbe violato le leggi che tutelano i lavoratori

martedì 29 novembre 2011

Invito conferenza stampa 1 dicembre 2011 ore 17.30 a Cremona presso CISVOL sui prossimi passaggi della nostra lotta contro la discarica di amianto

Cittadini contro l'amianto vi invita alla conferenza stampa che si terrà il giorno 1 dicembre a Cremona alle ore 17.30 presso il CISVOL, via S. Bernardo 2, con il seguente ordine del giorno:
1. presentazione alla stampa delle firme raccolte per la Petizione al Parlamento Europeo sulla discarica di amianto di Cappella Cantone
2. esposizione delle procedure per la consegna a Bruxelles delle firme
3. programma incontri con la presidente della commissione petizioni e con i parlamentari della commissione ambiente per la relativa interrogazione
4. varie
Cordiali saluti
d.ss Mariella Megna
cell 3389875898
Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona

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Cittadini contro l’amianto: campagna di sostegno, adesione e finanziamento 2012

Campagna di sostegno, adesione e finanziamento 2012
L’associazione “Cittadini contro l’amianto” della provincia di Cremona opera dal 2008, quando si è posta in evidenza drammatica l’intenzione di realizzare a Cappella Cantone (nell’ex Cava Retorto) una megadiscarica di amianto in un'area destinate ad uso agricolo, adiacente ad abitati urbani ed in prossimità di falde acquifere affioranti.
Abbiamo svolto un’attività capillare di informazione sul pericolo dell’amianto e sui metodi di smaltimento alternativi all’interramento dell’amianto con tutti gli strumenti di comunicazione possibili.
Abbiamo realizzato quattro convegni di studio: nel settembre 2008 a San Bassano, nel maggio 2009 a Soresina, nel settembre 2009 a San Daniele Po e nel novembre 2010 ancora a San Bassano.
Il 10 novembre 2009 abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Cremona per sollecitare un indagine giudiziaria sull’imminente pericolo per l’incolumità pubblica e per disastro ambientale.
Abbiamo prodotto un giornalino stampato in migliaia di copie e diffuso capillarmente sul territorio attraverso presidi, assemblee e volantinaggi.
Il 21 marzo 2009 abbiamo organizzato una manifestazione contro la discarica che è partita da Corte Madama, la frazione più vicina al sito dove vorrebbero realizzare la discarica, e percorrendo la statale Paullese è arrivata fino all’ex cava Retorto.
Il 17 settembre 2011 abbiamo invitato i comitati NO TAV della Valsusa a parlare della loro lotta
Abbiamo realizzato un blog http://cittadinicontroamianto.blogspot.com che è uno strumento essenziale per condividere notizie e fornire supporto. E’ diventato anche con il tempo un punto di riferimento per altre realtà italiane che stanno affrontando lo stesso tipo di problema. Si è creata in questo modo una rete tra i vari comitati contro le discariche di amianto affinché il problema dello smaltimento non corretto dell’amianto assuma una valenza nazionale e non sia visto solo come il problema locale di una comunità che ha la sindrome di Nimby (not in my back yard – non nel mio giardino).
Per costruire questa rete abbiamo partecipato in questi anni a numerosi convegni a Broni (PV), Verona, Treviglio (BG), Torino, Ortona (CH). Abbiamo partecipato anche al Convegno mondiale sull’amianto a Taormina.
Numerosi sono gli articoli apparsi su di noi sulla carta stampata locale e nazionale, oltre ad interviste alle radio e siti internet nonché servizi sulla RAI e sulle emittenti locali.
Abbiamo un profilo su Facebook che in poco tempo ha raggiunto i 5000 contatti ed una pagina pubblica.
La nostra lotta contro la discarica di Cappella Cantone è nella fase cruciale perché il pericolo della realizzazione di questa discarica si sta sempre più avvicinando, ma non molliamo mai.
La nostra ultima iniziativa è stata quella di raccogliere le firme dei cittadini per presentare una petizione al Parlamento Europeo chiedendo l’intervento della Commissione Europea affinché verifichi l’osservanza da parte della Regione Lombardia delle normative europee sui rifiuti.
Tra ottobre e novembre 2011 siamo andati nelle piazze di Cappella Cantone, San Bassano, Soresina, Castelleone e Romanengo e la risposta dei cittadini è stata straordinaria.
Il 20 dicembre prossimo saremo a Bruxelles a consegnare questa petizione direttamente al Presidente della Commissione Petizioni, on Erminia Mazzoni, e saremo anche ricevuti da alcuni Parlamentari membri della Commissione Ambiente.
E’ chiaro che per svolgere tutte le attività che vi abbiamo illustrato occorrono fondi. Per sostenerci economicamente abbiamo scritto un dossier su smaltimento e amianto (leggi la presentazione sul nostro bloghttp://cittadinicontroamianto.blogspot.com/2010/06/dossier-amianto-e-smaltimento.html).
Se volete aiutarci concretamente a continuare la nostra attività potete versare i vostri contributi sul c/c postale 57426959 intestato a Francesca Rodella, specificando nella causale di versamento “Sostegno a Cittadini contro l’amianto”. Un versamento minimo di 15 euro corrisponde all’adesione formale all’associazione e dà diritto all’invio della tessera e del dossier.
A breve ci sarà la possibilità sul blog di fare le vostre donazioni con Paypal
Aiutateci e sosteneteci

Cittadini contro l'amianto

http://cittadinicontroamianto.blogspot.com/2011/11/campagna-di-sostegno-adesione-e.html

Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona

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In carcere il padrone della Eureco di Paderno

Paderno, arrestato il titolare nella fabbrica della tragedia

In carcere il proprietario della Eureco, lo stabilimento in cui per l'incendio del novembre 2010 morirono quattro operai. E' accusato di omicidio colposo e traffico illecito di rifiuti

E' stato arrestato questa mattina dai carabinieri il titolare della Eureco, la società di smaltimento rifiuti di Paderno Dugnano (Milano) dove per l'incendio divampato il 5 novembre 2010 morirono quattro operai e tre rimasero gravemente ustionati. I militari del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Milano e della compagnia di Desio hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti per i reati di omicidio colposo, traffico illecito di rifiuti e violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

I parenti dei quattro morti: "Siamo le vittime dimenticate" Le quattro vittime Il reportage dei vigili del fuoco I soccorsi dopo l'esplosione

Secondo le risultanze investigative del Noe, il titolare dell'azienda sarebbe stato pienamente consapevole delle gravi carenze di sicurezza nel suo impianto, aggravate da un'opera di smaltimento illecito di rifiuti a fini di lucro. In sostanza, l'inchiesta delle procure di Milano e Monza ha portato alla luce uno scenario in cui l'uomo ritirava rifiuti da aziende che gli pagavano regolarmente lo smaltimento, e spesso quello più costoso, per i cosiddetti rifiuti speciali e pericolosi.

Lui dopo il ritiro non conferiva quelli pericolosi nelle discariche autorizzate, ma faceva aprire i contenitori sigillati e trattare i rifiuti pericolosi dai suoi operai, pur non avendo alcuna autorizzazione in merito, allo scopo di mischiarli ad altri e quindi trasformarli in rifiuti comuni, che poi venivano portati in discariche normali, pagando meno e aumentando di conseguenza i ricavi. Tutto questo senza le più elementari norme di sicurezza. Una frode fiscale che riguardava altre società collegate all'attività dell'Eureco ha già portato nell'agosto scorso a tre arresti da parte della guardia di finanza.

L'inchiesta ha portato anche a individuare le cause tecniche dell'incendio che provocò il grave bilancio di morti e feriti. Si tratta dell'operazione di miscelazione dei rifiuti pericolosi, detta 'setaccio molecolare', che sprigiona gas pericolosi e infiammabili. "Rifiuti - si legge in una nota del Noe - che venivano manipolati dagli operai in violazione della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro".

(la Repubblica 29 novembre 2011)

lunedì 28 novembre 2011

Il registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni

Salute Pubblica e Medicina Democratica PROMUOVONO

a Brindisi,
Venerdì 2 Dicembre 2011 ore 17,30

una Tavola Rotonda con dibattito
nel Salone della “Brindisi Multiservizi”
Via Provinciale San Vito , 187

con
Dott. Giuseppe De Nozza, Sostituto Procuratore della Repubblica di Brindisi Dott. Vinicio Pagano Dirigente medico Centro medico legale INAIL Brindisi Dott. Bruno Totaro Dirigente medico SPESAL ASL Brindisi Dott. Gabriele D'Ettorre Dirigente medico SPP ASL Brindisi

Moderatore
Dott. Maurizio Portaluri

sul tema

IL REGISTRO DEI LAVORATORI ESPOSTI AD AGENTI CANCEROGENI

I tumori professionali o da lavoro secondo alcune stime di qualche decennio addietro rappresentano il 4% di tutti i tumori. Stime più recenti parlano del 10-15%. La consapevolezza sulla possibilità che in ambienti di lavoro si venga a contatto con sostanze cancerogene è cresciuta negli anni e questo permette di difendersi dal pericolo. Quindi, a differenza dei tumori nella popolazione non lavorativa, specifiche attività di prevenzione impiantistica e di sorveglianza ambientale e sanitaria possono ridurre gli eventi futuri.
Il Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni (previsto dall'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, e successive modificazioni) deve essere istituito dal datore di lavoro e inviato agli organi preposti alla prevenzione e alla sicurezza.
Questo prevede il comma 3 dell’articolo 2 del DM 155/07 che istituisce il Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni: “Il datore di lavoro invia in busta chiusa, siglata dal medico competente, la copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) e all'organo di vigilanza competente per territorio entro trenta giorni dalla sua istituzione”.
L'ISPESL, è stato recentemente sciolto e incorporato nell'INAIL, e tuttavia il DM 155/07 andava e va attuato.
La Regione Puglia ha introdotto uno strumento per la ricerca attiva dei tumori professionali che incrocia i dati ospedalieri con quelli INAIL ed INPS (OCCAM: OCcupational Cancer Monitoring). Le ASL sono state chiamate a realizzare questa attività.
La Procura della Repubblica di Torino dal 1992 ha attivato un osservatorio sui tumori professionali ed ha individuato aziende in cui era necessario intervenire per ridurre il rischio cancerogeno.
I dati epidemiologici disponibili a Brindisi ci dicono che gli eccessi di alcuni tumori, come il polmone, la vescica ed i linfomi, sono soprattutto a carico del sesso maschile e gli esperti spiegano questo fenomeno con una componente occupazionale.
L'attivazione dei registri dei lavoratori esposti ai cancerogeni permetterebbe anche di verificare eventuali eccessi in situazioni non adeguatamente protette e faciliterebbe i riconoscimenti previdenziali che oggi costringono i lavoratori malati e le loro famiglie ad autentici “tour de force” dagli esiti incerti.

Dopo 23 anni gli operai portano in tribunale Ferrovie dello Stato

Dopo 23 anni gli operai portano in tribunale Ferrovie dello Stato

Isochimica, tra amianto e silenzi

Trecento operai lavoravano nella fabbrica di Elio Graziano con 20mila tonnellate di asbesto sotterrate nel quartiere dei ferrovieri, mai rimosse
Ventitrè anni di silenzio. Ogni tentativo di far luce sulla storia dell’Isochimica e dell’amianto con cui 300 operai sono venuti a contatto fino al 1991, anno di chiusura dello stabilimento, è stato messo a tacere. Ma oggi non è più possibile: gli operai si sono ammalati, qualcuno nel corso di questi anni è già morto. Ci sono le analisi dell’Università di Siena a dirlo: nei loro polmoni ci sono fino a 9mila fibre di asbesto.
Ma andiamo con ordine. Siamo nell’Irpinia post terremoto, una provincia che ha fame di lavoro, di ritorno alla normalità, di soldi. Ferrovie dello Stato decide di mandare qui le proprie carrozze che vanno scoibentate dall’amianto: ad aprire la fabbrica è un signorotto salernitano, Elio Graziano, che, con le dovute autorizzazioni di Comune di Avellino e enti preposti, apre la Isochimica spa nel cuore del popoloso quartiere dei ferrovieri, a due passi dalle case che hanno resistito alla scossa del 23 novembre 1980, da un asilo e una scuola elementare e dalla stazione dei treni.
Sono 300 gli operai che Graziano assume, provengono da Salerno, Avellino e Benevento, c’è anche qualche napoletano che si trasferisce con tutta la famiglia. E’ ruggine, non amianto, quello che gli operai con dei semplici guanti in lattice toccano. Questa la versione ufficiale, che all’inizio sembra andare bene a tutti, sindacati compresi. Graziano è ’premuroso’: dota i suoi dipendenti di mascherine di cartone e tute di TNT (tessuto non tessuto), cioè carta, che lui stesso produce a Fisciano, nel salernitano.
Lì per lì gli operai si sentono al sicuro, non si preoccupano quando le tute queste si strappano e pensano che basti scrollarsi di dosso quella polvere fastidiosa, prima di portarle a casa dove le mogli premurose le laveranno. Gli operai dell’Isochimica di Avellino non conoscono ancora le sorti delle mogli dei loro colleghi di Casale Monferrato, sede della Eternit. Almeno non fino al 1985, due anni dopo l’apertura della fabbrica, quando gli stessi operai cominciano ad insospettirsi e, grazie all’aiuto dei militanti di Democrazia Proletaria, si mettono in contatto con L’Università Cattolica di Roma a cui commissionano di analizzare quella polvere. “Il responso dei ricercatori fu lapidario: in seguito alle analisi fatte, decretarono che non c’erano le condizioni minime di sicurezza per entrare in quella fabbrica”. A ricordarlo è Carlo, uno degli ex operai Isochimica, che come altri suoi colleghi ha scoperto di essere affetto da patologie correlate da asbesto.
Iniziammo a chiedere spiegazioni e Graziano ci diceva che dovevamo stare tranquilli, che faceva più male la coca cola dell’amianto. Eravamo solo in trenta a portare avanti una battaglia per la salvaguardia della salute di tutti. Molti furono zittiti con promesse di straordinari, di pagamenti extra. Anche io, che ero poco più che ventenne, fui oggetto di un tentativo di corruzione. Rifiutai e di tutta riposta fui bersagliato da ben 7 avvisi di sospensione perché ero accusato di diffondere notizie false e di sobillare i lavoratori”.
Assenti tutti: comune, Asl, sindacati. Ieri come oggi. In 49 decidono, non contenti delle analisi effettuate qui in Irpinia, di rivolgersi al laboratorio di sanità pubblica dell’area vasta Toscana Sud Est, con sede a Siena. E qui comincia l’Odissea postuma: quella tosse, quelle difficoltà respiratorie, quel catarro, quella febbre continua, erano tutti sintomi di patologie gravi legate al contatto diretto e all’inalazione di fibre di amianto. Vere e proprie menomazioni dell’integrità psicofisica: è il caso di dirlo, oltre il danno la beffa. La beffa dell’Inail: solo 6.718,59 euro, per un’invalidità calcolata dal 6 al 9%. Uno ’scherzo’ non da poco, considerando che questi operai hanno lavorato per lo Stato, lo stesso che oggi non gli dà sufficienti strumenti previdenziali, e non solo in termini monetari, ma anche di tempo a disposizione per curarsi.
Avrebbero bisogno di un prepensionamento - molti di loro infatti lavorano attualmente in altre fabbriche - ma questo significherebbe, senza un abbuono degli anni che mancano alla pensione effettiva, ridurli alla fame. Non si arrendono, se la prendono con quanti per 23 anni hanno continuato a ripetergli di stare tranquilli. Non hanno intenzione di mollare: Isochimica non è diversa da Eternit e Marlane e si rivolgono al meglio che c’è per presentare una denuncia per lesioni personali e disastro ambientale. Scelgono l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’osservatorio Nazionale Amianto e si rivolgono alla Procura di Firenze, competente perché da lì partivano le carrozze killer e perché fu il pretore Deidda, del capoluogo toscano a decretare la chiusura dello stabilimento, colmando il vuoto lasciato dalla magistratura locale.
Disastro ambientale perché furono 20mila i quintali di amianto estratto e sotterrato all’interno dello stabilimento, nel cuore di Borgo Ferrovia. Quell’amianto è ancora lì: la bonifica del sito iniziata dal Comune due anni fa infatti ha riguardato solo i capannoni: ciò che c’è sotto terra per il momento lì resta.

Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona

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Operaio muore in una cartiera ad Avezzano

Lunedì, 28 Novembre 2011
L'incidente causato probabilmente da uno scoppio nel reparto.

Un operaio è morto la mattina del 28 novembre all'interno di una cartiera ad Avezzano, in provincia di L'Aquila. Secondo le prime informazioni, l'incidente sarebbe stato causato da uno scoppio.

sabato 26 novembre 2011

E' ora di chiudere le agenzie interinali!

25 NOVEMBRE ORISTANO – Era una precaria la vittima dell’ incidente sul lavoro avvenuto questo pomeriggio a Oristano. Il lavoro nella rivendita di detersivi alla spina dove è morta, Maria Cristina Allegretti, 36 anni, lo aveva trovato infatti la primavera scorsa grazie a una agenzia interinale. L’incidente è avvenuto poco dopo le 13, nel piazzale privato del punto vendita «Fior di Bolle», all’angolo tra via Loffredo e via della Conciliazione nella zona artigianale di Cualbu. La donna era impegnata nelle operazioni di scarico di una fornitura di detersivi. A ucciderla, senza lasciarle scampo, è stata una cisterna piena di detersivo che stava spostando assieme a una collega. Inutile ogni tentativo di soccorrerla. Le indagini della Polizia e degli altri organi interessati dovranno ora accertare eventuali responsabilità. Per quanto si è potuto vedere, il ribaltamento potrebbe essere stato provocato o comunque favorito da una irregolarità del terreno, ma probabilmente, vista la sua particolare conformazione, dovrà essere valutata anche la stabilità della cisterna.

Lallio, esplode cartiera: un morto e danni ingenti

Alle 4.20 un boato ha squarciato il cielo sopra il paese dell'hinterland. Nell'incidente causato dall'esplosione della caldaia alla cartiera Ca.Ma, ha perso la vita un operaio di 50 anni, Rosario Spampinato, sposato e padre di due figli.



Un boato violento. Tanto da far pensare ad un terremoto o allo schianto a terra di un aeroplano. Sono state queste le prime sensazioni degli abitanti di Lallio, alle porte di Bergamo, poco prima delle 4.30 di venerdì 25 novembre.

Il boato proveniva dall'esplosione della caldaia della cariera Ca.Ma di via Pascoletto, proprio al confine con la città. Detriti, pezzi di lamiera, calcinacci, sono volati almeno fino a 500 metri di distanza dall'azienda, investendo case, auto, strade. Ma all'interno dei locali caldaia dell'azienda c'è stata anche una vittima: è Rosario Spampinato, operaio di 50 anni di origini siciliane, residente da tempo a Treviolo, dipendente da almeno 19 anni della Ca.ma, dove era anche delegato della Cisl. Spampinato, lascia la moglie e due figli.Al momento dell'esplosione insieme alla vittima lavoravano altre 7 persone, che si trovavano però in altri reparti della cartiera. Incredibilmente nessuno di loro è rimasto ferito. Il corpo di Rosario Spampinato, invece, è rimasto semi carbonizzato dall'esplosione ed è stato ritrovato sotto le macerie della cartiera. Sul posto sono intervenuti in forze i vigili del fuoco di Bergamo e Dalmine, i carabinieri della compagnia di Bergamo e della stazione di Curno, la polizia, con più dirigenti della questura presenti, l'Asl e l'Arpa, per i primi rilievi dell'accaduto. La causa dell'esplosione della caldaia non è stata ancora accertata. Gli operai che avevano lavorato al secondo turno di giovedì, fino alle 22, non avevano notato nessuna stranezza. Durante gli interventi dei vigili del fuoco e dei carabinieri, mentre la zona veniva presidiata dalla polizia locale e dalla protezione civile, la moglie di Rosario Spampinato è stata chiamata all'azienda: ha dovuto riconoscere il corpo del marito. E' uscita in lacrime.

Lallio si è svegliata improvvisamente: fin dalle 4,20 del mattino centinaia di persone si sono affacciate ai propri balconi, alle proprie finestre spesso divelte dall'onda d'urto. Tapparelle, infissi, saracinesche dei garage, risultano inutilizzabili. Il sindaco Massimo Mastromattei ha parlato di almeno 15 palazzine investite dall'onda d'urto e dai calcinacci. Scene da terremoto a Lallio, dove è iniziata la conta dei danni.I carabinieri hanno chiesto all'Asl e all'Arpa di avviare anche accertamenti sulla staticità della fornace dell'azienda, che potrebbe essere pericolante. Alcuni appartamenti contigui all'azienda sono stati evacuati.


Denunciati per omicidio colposo il titolare e il direttore della cartiera Ca-Ma. In corso gli accertamenti dell'Asl: "Servirà tempo, forse in sovrapressione un generatore di vapore".

Il titolare della Cartiera Ca.Ma di Lallio e il direttore dello stabilimento sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo, in seguito allo scoppio della caldaia e alla morte di un operaio d’esperienza, che lavorava in azienda da 19 anni: Rosario Spampinato, padre di due figli.Un atto dovuto quello della procura della Repubblica, dopo i rilievi dei carabinieri e gli accertamenti dei vigili del fuoco, fin dalla notte tra il 24 e il 25 novembre. Oltre a quei rilievi hanno avviato analisi e accertamenti approfonditi anche l’Asl e l’Arpa di Bergamo.Un lavoro non certo facile, come spiega anche il responsabile del Dipartimento di prevenzione dell’Asl, Bruno Pesenti: “Devono ancora essere fatti tutti gli accertamenti ma lo scoppio della caldaia dell’azienda è stato probabilmente provocato dal mancato sfogo di un generatore di vapore, forse in sovrapressione. Resta quindi da capire se le valvole di sicurezza, o meglio di sfogo del generatore, funzionassero a dovere o meno. E’ plausibile che ci fosse qualche problema, ma in questo momento non posso assolutamente sbilanciarmi. Saranno solo tecnici specializzati a potersi esprimere - conclude Pesenti . Capire perché una valvola di sicurezza non ha funzionato e se non ha funzionato non è una cosa facile”.Il responsabile dell’Asl parla della necessità, sicuramente, di una perizia. Ma scatteranno sicuramente perizie di parte e valutazioni di diverso tipo. Seguiranno altre valutazioni, inoltre, sulla staticità della fornace della cartiera, un vecchio manufatto che in via Pascoletto, a Lallio, esiste da anni. I primi test sono stati effettuati dai vigili del fuoco e da periti chiamati con urgenza sul posto nella mattinata del 25 novembre

venerdì 25 novembre 2011

Operaio rumeno muore in cantiere a Roma

La vittima è Ioan Tohanean, romeno di 53 anni


Un operaio rumeno di 53 anni, Ioan Tohanean, ha perso la vita stamattina (25 novembre) in un cantiere della società B&B costruzioni in zona Anagnina (Via del Fosso Centroni), a Roma. L'uomo stava accatastando pannelli di legno per il getto del calcestruzzo quando è rimasto schiacciato sotto il peso dei pannelli che improvvisamente hanno ceduto, crollandogli addosso. Agenti di polizia e personale della Asl sono al lavoro per chiarire la dinamica esatta dell'incidente. Ne dà notizia la Fillea Cgil di Roma e Lazio in una nota.

Lavoro notturno, nel 2010 +7,2% di infortuni

I dati Inail. Tra l'una e le due del mattino e tra le cinque e le sei si concentrano circa la metà degli infortuni. Quasi 20mila casi nel 2010. In aumento gli infortuni tra le donne

di rassegna.it



I pericoli maggiori per la sicurezza dei lavoratori vengono dagli orari notturni. Tra l'una e le due del mattino e tra le cinque e le sei si concentrano circa la metà degli infortuni che riguardano i lavoratori impegnati nel turno di notte, e il dato resta costante negli ultimi cinque anni presi in considerazione, dal 2006 al 2010. Le stime sono contenute nell'ultimo numero del mensile Dati Inail.

“Nel 2010 – ricorda la pubblicazione dell'Inail - si sono registrati 19.565 casi, in aumento rispetto al 2009 del 7,2% e in controtendenza rispetto alle variazioni dei due anni precedenti”. Secondo l'istituto l’incremento delle denunce nell’ultimo anno fa seguito alla lenta ripresa delle attività notturne del settore industriale.

Nel 2010, secondo i dati Istat, i lavoratori notturni sono stati 1,9 milioni, l'8,5% del totale degli occupati. Le donne rappresentano il 28,6%, quota inferiore rispetto al 40,3% registrato per tutti i lavoratori. Fra gli occupati il 30% e' impiegato esclusivamente in orario notturno, mentre il 70% e' turnista (di questi i tre quarti hanno lavorato di notte una sola volta nel corso del mese).


Gli infortuni notturni sono il 2,5% del totale. Le denunce si distribuiscono sul territorio nazionale per oltre il 57% nel Nord industrializzato, mentre la restante quota si ripartisce uniformemente tra Centro e Mezzogiorno. Le donne infortunate sono il 23%. Il fenomeno degli infortuni femminili è in crescita: nel 2010 l’incremento registrato è stato pari all’8,6% rispetto all’anno precedente.

Riguardo all’età, poco meno della metà degli infortuni (47,1%) colpisce la fascia compresa tra i 35 e i 49 anni, a seguire i giovani fino a 34 anni (33,3%) e gli ultracinquantenni (19,6%). Infine – scrive sempre il mensile dell'Inail -, in termini percentuali, le professioni più soggette ad infortunio sono proprio quelle svolte prevalentemente di notte come gli autisti (6,4%), gli infermieri/inservienti (5,2%), le guardie giurate (4,8%) e gli operatori ecologici (4,2%). Per i soli lavoratori stranieri, invece, le frequenze di infortunio più elevate si osservano tra i facchini (9,8%), i magazzinieri (6,6%) e gli addetti alle attività di pulizia (inservienti, pulitori delle industrie, camerieri ai piani).

Il lavoro notturno è da tempo riconosciuto come “antibiologico” e quindi va considerato un fattore di rischio che ha delle conseguenze sulla probabilità di infortunio.

mercoledì 23 novembre 2011

Perizia sulle polveri Ilva. Comunicato di Legambiente Taranto

Perizia sulle polveri Ilva. Comunicato di Legambiente Taranto

Legambiente su parchi minerali Ilva
La perizia presentata dall’ing. Giambattista De Tommasi, CTU nominato dal giudice che ha in carico il contenzioso tra un condominio del quartiere Tamburi e l’Ilva in merito ai presunti danni subiti dall’edificio condominiale a causa delle polveri stoccate nei parchi materie prime, sebbene sia da aspettare il giudizio che il tribunale emetterà in merito, è comunque un documento di grande interesse.
Il CTU, infatti, conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che la polvere dicolor rosso-bruno che imbratta strade, aiuole ed edifici dei Tamburi proviene inconfutabilmente dai parchi minerali del siderurgico e si accumula velocemente in quantità così ragguardevoli da superare nettamente i valori previsti della normativa tedesca in materia, non essendovi in Italia specifiche norme sulle polveri grossolane (sono invece normati i limiti per le polveri sottili PM10, PM 2,5, PM1).
La stessa perizia sostiene ciò che Legambiente ha ribadito in mille occasioni e cioè che l’irrorazione con acqua e la filmatura con prodotti che creino una crosta sulla superficie dei cumuli di minerale non sono assolutamente in grado di evitare il diffondersi delle polveri nell’ambiente e il loro trasporto per mezzo dei venti fuori dal perimetro del siderurgico.
La perizia fotografa inoltre una movimentazione dei minerali da e per l’area parchi effettuata su nastri trasportatori a cielo aperto. Il che, evidentemente, peggiora ulteriormente la situazione della dispersione delle polveri.
Le conclusioni cui giunge il CTU, al di là di quelle che saranno le risultanze del processo, sono peraltro evidenti a chiunque conosca il quartiere Tamburi e la posizione dei parchi minerali posti a pochi metri dagli stabili e coincidono con quanto Legambiente aveva empiricamente dimostrato nella sua iniziativa Mal’aria industriale del 2009: 1000 lenzuoli bianchi esposti per circa un mese e mezzo ai balconi e alle finestre dei Tamburi e poi consegnati all’allora ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo tutti dello stesso color rosso-bruno menzionato più volte nella perizia.
La perizia dunque ci conferma nella nostra reiterata richiesta di una soluzione definitiva e radicale per i parchi minerali che non può che essere la loro copertura.
Legambiente Taranto

e-mail: legambiente.taranto@legambiente.it
sito web: www.legambientetaranto.eu
www.peacelink.it




ancora
IN MARCIA !
GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908
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FS: A CATANZARO CROLLA PONTE E DERAGLIA TRENO. A ROMA NUOVA STAZIONE ALTA VELOCITA'

MA DOVE SONO I PARLAMENTARI ELETTI AL SUD ?



MENTRE A ROMA SONO IN CORSO I PREPARATIVI PER INAUGURARE LA NUOVA STAZIONE
(O CENTRO COMMERCIALE) TIBURTINA, PER LE FORTI PIOGGE, IN SICILIA E' INTERROTTA LA MESSINA
PALERMO, IN CALABRIA CROLLA UN PONTE FERROVIARIO E DERAGLIA UN TRENO REGIONALE

LA TRAGEDIA SI E' SFIORATA NEI PRESSI DI
CATANZARO TRA FEROLETO E MARCELLINARA

IL TRENO REGIONALE 3793, LAMEZIA TERME-CATANZARO LIDO E' DERAGLIATO
INTORNO ALLE 18,00 A SEGUITO I UNA FRANA CHE AVREBBE INVASO I BINARI

ADDIRITTURA SEMBRA SIA CROLLATO IL
PONTE SU CUI ERA APPENA TRANSITATO IL TRENO

AL MOMENTO IL FORTE MALTEMPO OSTACOLA I SOCCORSI
DEI VIGILI DEL FUOCO; I VIAGGIATORI
ALCUNI DEI QUALI
SONO RIMASTI CONTUSI
SONO RIFUGIATI IN UNA GALLERIA

NON E' GIUSTO CHE LA GRAN PARTE DELLE RISORSE E
DELLE ATTENZIONI SIANO DEDICATE ALL'ALTA VELOCITA'
MENTRE IL RESTO DELLA RETE FS FRANI SOTTO LA PIOGGIA

NON E' SOLO UNA QUESTIONE DI EQUITA' NELLA DISTRIBUZIONE DEI
SERVIZI TRA NORD E SUD, TRA VIAGGIATORI DI SERIE 'A' E DI
SERIE 'B' MA E' DIVENTATA ANCHE UNA QUESTIONE DI SICUREZZA

DOVE SONO I PARLAMENTARI ELETTI AL SUD ?
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Muore operaio, ma in azienda si continua a lavorare

La dura lettera aperta del segretario della Flai Cgil di Foggia all'azienda Sfirlog di Cesena dove un lavoratore ha perso la vita il 21 novembre 2011. Nonostante la tragedia, la direzione ha deciso di non sospendere l'attività

"Con rammarico apprendo delle vostre disposizioni di continuare l'attività lavorativa, in una bruttissima giornata come questa che ha visto la morte di un povero innocente ed onesto e ligio lavoratore nello stabilimento del vostro Gruppo di Foggia, atroce evento che ha scosso ed emotivamente e distrutto una famiglia, tutte le maestranze, il sindacato e tutta l'opinione pubblica di questo territorio". Lo scrive Daniele Calamita, segretario generale territoriale dei lavoratori dell'agroindustria dell Cgil di Foggia in una lettera aperta al presidente della Sfirlog di Cesena, a proposito dell'incidente sul lavoro verificatosi ieri nello zuccherificio del capoluogo dauno.

"Non so se questi eventi sono la norma per il vostro Gruppo - aggiunge - ma ritengo doveroso avere rispetto per le persone e per i lavoratori che da anni prestano la loro opera per voi, ritengo che in questa società, cosiddetta civile, serva rispetto per la vita umana ed altrettanto vada dimostrato per il dolore, sentimento quest'ultimo che tutte le maestranze insieme al sindacato tutto, stiamo vivendo".

"Cassinese Marcello, aveva 42 anni e lascia una moglie, straziata dal dolore - prosegue la nota del sindacato - lo dice uno dei tanti che questa mattina alle 9.00 ha avuto la notizia, e dalle 9.15 è stato in azienda ed ha visto con i proprio occhi l'arrivo dei familiari ed il dramma frammisto ad incredulità di sentirsi dire che un proprio caro non è più in vita. Ritenevo scontato e logico che da parte vostra vi fosse rispetto e compassione per una vita che si spezza brutalmente, ritenevo che fosse scontato sospendere l'attività lavorativa in questa brutta e dolorosa giornata, ritenevo che le lacrime ed il dolore dei lavoratori immediatamente arrivati nei primi minuti dopo l'accaduto, e quelle del sottoscritto, fossero condivise anche da parte della direzione aziendale e del Gruppo, ma evidentemente visto l'ordine di andare avanti, mi sbagliavo, per voi evidentemente parliamo di robot o di soli numeri di matricola, e forse per voi la morte di un collega è una cosa normale'.

'Ritengo che questa vostra disposizione - conclude Calamita - sia un'offesa per tutti lavoratori d'Italia e per l'intero territorio di Capitanata, e ritengo a questi lavoratori e a questo Territorio voi dobbiate rispetto, ma prima di tutto a Cassinese Marcello ed alle sua famiglia'.

martedì 22 novembre 2011

Padroni assassini: quattro morti in un giorno


Strage sul lavoro: quattro morti in un giorno
Giornata nera, due operai muoiono nel Lazio: uno vicino Frosinone, l'altro a Viterbo. Nel comasco un edile viene colpito alla testa da una pietra. A Trieste schiacciato dallo sperone di roccia in una cava. Il 21 novembre un'altra vittima a Spoleto

di rassegna.it



E’ stata un’altra giornata di sangue sui luoghi di lavoro: oggi (22 novembre) quattro operai sono morti in poche ore, due solo nel Lazio a breve distanza tra loro. Le altre tragedie sono avvenute a Trieste e in un cantiere del comasco. Le quattro vittime si aggiungono all’operaio edile morto ieri pomeriggio in un cantiere di Spoleto, nei pressi di Perugia.


Un operaio ucraino di 28 anni è morto stamani a Supino, in provincia di Frosinone. Il giovane è caduto da un'altezza di circa 10 metri mentre stava lavorando su un'impalcatura per la riparazione del tetto di una fabbrica. Poche ore dopo, l’altro incidente nel Lazio: a Soriano nel Cimino (Viterbo) un lavoratore italiano di 58 anni è rimasto schiacciato da due lastre di peperino, la pietra locale, ognuna dal peso di alcuni quintali. Per lui non c’è stato nulla da fare.

A Montano Lucino, nel comasco, ha perso la vita un operaio edile di 56 anni. Durante le operazioni di scavo in un cantiere, l'uomo, di cui ancora non è stato reso noto il nome, è stato colpito alla testa da una pietra ed è morto sul colpo.

La mappa dei morti ci porta quindi nelle cave di Aurisina, in provincia di Trieste. Qui un operaio stava lavorando con una macchina escavatrice, quando è rimasto schiacciato dalla caduta di uno sperone di roccia.

Un'altra tragedia era avvenuta ieri pomeriggio. Un edile ha subito un infortunio mortale mentre era impegnato in un cantiere per la costruzione di un'abitazione, nei pressi di Spoleto (Pg). A pochi chilomentri da Campello sul Clitunno, dove proprio venerdì si celebrerà la ricorrenza dei 5 anni dalla tragedia della Umbria Olii, in cui persero la vita 4 lavoratori, il 25 novembre 2006.


PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 21 NOVEMBRE


La seduta odierna - che è anche l'ultima in attesa della pronuncia della sentenza - si apre alle ore 9:30, davanti ad un pubblico formato in maggioranza dagli oltre duecento ragazzi delle sei scolaresche di Casale Monferrato che avrebbero dovuto partecipare all'udienza del sette novembre scorso, ma è stato loro impedito dalle avverse condizioni climatiche.
Per oggi sono previste le repliche dei responsabili civili (gli avvocati Fornari, Mangia, e Di Amato junior, in rappresentanza delle società: Etex, Amintus e Becon), seguite da quelle dei difensori degli imputati genocidi (gli avvocati Di Amato senior, Alleva e Zaccone, in rappresentanza dello svizzero Stephan Schmidheiny e del belga Jean Louis Marie Ghislain de cartier de Marchienne).
Tutti, nessuno escluso, ribadiscono la tesi secondo la quale i due spacciatori di morte da amianto non sarebbero responsabili di alcunché - e pertanto dovrebbero essere assolti per non aver commesso il fatto - perché i gestori dell'Eternit Italia S.p.A. sarebbero stati i dirigenti italiani.
E' vero esattamente il contrario: i dirigenti italiani, come ampiamente dimostrato dal pm Raffaele Guariniello, erano soltanto dei meri esecutori degli ordini che arrivavano dai due imputati: erano soltanto loro i veri datori di lavoro, essendo gli unici che prendevano le decisioni ed avevano potere di spesa, anche per quanto concerneva gli stabilimenti italiani.
La prossima udienza, che è stata fissata per lunedì tredici febbraio, si concluderà la replica dell'avvocato Zaccone, e successivamente - parole del presidente Giuseppe Casalbore - "seguirà una rapida Camera di consiglio e la lettura del dispositivo della sentenza".

Torino, 21 novembre 2011


Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

c/o Slai Cobas per il sindacato di classe To/Mi/Bg/Ge

http://pennatagliente.wordpress.com

lunedì 21 novembre 2011

LICENZIAMENTO ANTONINI: GIUSTIZIA PER RICCARDO, GIUSTIZIA PER VIAREGGIO, ASSEMBLEA PUBBLICA. FIRENZE 26-11-2011

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IN MARCIA !

GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908

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LICENZIAMENTO ANTONINI: GIUSTIZIA PER RICCARDO, GIUSTIZIA PER VIAREGGIO, ASSEMBLEA PUBBLICA. FIRENZE 26-11-2011



RICEVIAMO E VOLENTIERI INOLTRIAMO IL MESSAGGIO DELLA 'CASSA' CON
L'INVITO AI FERROVIERI, AI LAVORATORI, AI COMITATI ED A TUTTI I CITTADINI
A PARTECIPARE ALL'ASSEMBLEA PUBBLICA

ANCORA IN MARCIA ADERISCE E SARA' PRESENTE CON UNA PROPRIA DELEGAZIONE
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Giustizia per Riccardo, Giustizia per Viareggio
FERROVIERI, ASSEMBLEA NAZIONALE APERTA A TUTTI
CONTRO IL LICENZIAMENTO DI RICCARDO ANTONINI
Firenze, 26 novembre 2011 ore 10,30
“Circolo dei Lavoratori di Porta al Prato”
Firenze, Via della Porte Nuove 33


La Cassa di Solidarietà tra ferrovieri esprime la propria vicinanza a Riccardo Antonini e la
condivisione del suo operato, denuncia il conflitto di interessi dei dirigenti FS e fa appello ai colleghi, ed
a quanti vogliano sostenerlo assieme a noi, a partecipare all'assemblea pubblica per individuare le
iniziative economiche, politiche, sindacali e di informazione più adeguate per la riassunzione di Riccardo.

Riccardo Antonini è ferroviere, dipendente di RFI che vive e lavora a Viareggio.
La notte della strage del 29 giugno 2011, dopo pochi minuti era sul posto (.... leggi tutto)

Vai al sito della 'cassa di solidarieta' E SCARICA LA LOCANDINA

VIAREGGIO: OCCUPAZIONE LAMPO STAZIONE CONTRO LICENZIAMENTO RICCARDO ANTONINI

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VIAREGGIO: OCCUPAZIONE LAMPO STAZIONE CONTRO LICENZIAMENTO RICCARDO ANTONINI



STRAGE DI VIAREGGIO: SI E' APERTA IERI LA VERTENZA NAZIONALE CONTRO IL LICENZIAMENTO
DI RICCARDO ANTONINI, FERROVIERE LICENZIATO DALLE FS, PER IL CONTRIBUTO CHE STA
GENEROSAMENTE OFFRENDO AI FAMILIARI DELLE VITTIME ED ALLA RICERCA DELLA VERITA'

IERI POMERIGGIO A VIAREGGIO MANIFESTAZIONE E CORTEO PER LA RIASSUNZIONE DI RICCARDO


OLTRE 500 PERSONE HANNO SFILATO PER LA CITTÀ FINO ALLA STAZIONE FERROVIARIA
DOVE SI È SVOLTA UN'ASSEMBLEA PUBBLICA ED È STATO SIMBOLICAMENTE
FERMATO, PER POCHI MINUTI, L'INTERCITY, GROSSETO MILANO


Per saperne di più: www.inmarcia.it

Foggia, operaio muore schiacciato. Foggia: operaio muore schiacciato. "Nello zuccherificio si lavora senza alcuna misura di sicurezza"

Muore schiacciato dallo zucchero

tragedia nello stabilimento di Foggia

Il nastro trasportatore si è inceppato facendo cadere il carico sull'operaio Marcello Cassinese, 43 anni. La Cgil: "Nello zuccherificio si lavora senza alcuna misura di sicurezza"

di PIERO RUSSO

Lo stabilimento teatro della tragedia

FOGGIA - Un operaio di 43 anni, Marcello Cassinese, di Lucera (Foggia), è morto schiacciato da una pedana carica di zucchero all'interno dello zuccherificio SfirLog (gruppo Sfir). La vittima, a quanto si è appreso, si trovava su un nastro trasportatore che si sarebbe inceppato causando la caduta del bancale carico di confezioni di zucchero che lo ha travolto. Sul posto sono intervenuti la polizia, che ha avviato indagini, e sanitari del 118 che ne hanno diagnosticato la morte.



In un comunicato la Flai-Cgil lancia pesanti accuse: "Da quel che ci dicono i compagni di Marcello erano al lavoro senza alcuna misura di sicurezza e garanzia. Se questa è la riconversione del sito industriale, se il prezzo da pagare è la vita stessa degli operai, allora la Sfir può anche andar via. Non è questo lavoro che serve al Mezzogiorno e alla Capitanata". (21 novembre 2011)

venerdì 18 novembre 2011

Roma-Invito a partecipare all'Assemblea del 25 novembre 2011

*25 novembre 2011 - ore 17:30
presso l' Associazione "Esquilino Domani" via Galileo Galilei, 53 - Roma ASSEMBLEA PUBBLICA
*
*"INSICUREZZA NELLE FERROVIE TRENITALIA IMPEDISCE L'APPLICAZIONE DELLE NORME SULLA SICUREZZA IL CASO SANDRO GIULIANI, CAPOTRENO INGIUSTAMENTE
LICENZIATO"*

L'obiettivo sarà quello di parlare della in/sicurezza nelle ferrovie attraverso il caso ultimo del licenziamento del capotreno Sandro Giuliani senza dimenticare quella che definiamo ormai una persecuzione nei confronti del macchinista Dante De Angelis, entrambi vittime di gravissimi provvedimenti disciplinari per avere svolto il proprio dovere, ai quali va innanzitutto la nostra solidarietà. Purtroppo dobbiamo già aggiungere la notizia di pochi giorni fa del licenziamento del ferroviere Riccardo Antonini (v. ns. comunicato allegato), appena licenziato da RFI perchè consulente di parte nel processo sulla strage di Viareggio di due anni fa, e secondo l'azienda avrebbe pregiudicato il rapporto fiduciario...Gli interventi previsti ci aiuteranno a mettere in relazione la sicurezza dei ferrovieri con quella degli utenti/pendolari, passando per una riflessione sulle disposizioni legislative vigenti e sui diritti dei lavoratori e delle lavoratrici compreso il ruolo degli RLS, non senza immaginare concretamente di disegnare una società con meno traffico privato e più mezzi pubblici, sicuri ed efficienti.

Interverranno:

Sandro Giuliani, capotreno
Dante De Angelis, macchinista
Ezio Gallori, macchinista in pensione
Roberto Cortese, Esecutivo Nazionale USB Roberto Giordano, Segreteria Regionale CGIL Roma e Lazio Pietro Serbassi, Segr. Naz. FAST Ferrovie Flavio De Battista, Giuristi Democratici Rosalba Rizzuto, Comitato Pendolari FR8 Mauro Puliani, Associazione No Auto

Coordina il dibattito Daniela Cortese per il Comitato 5 Aprile, nodo romano della Rete Nazionale della Sicurezza sul Lavoro

LICENZIAMENTO DE ANGELIS: AZIENDA RICCORRE IN APPELLO. UDIENZA A ROMA IL 21 NOVEMBRE 2011

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LICENZIAMENTO DE ANGELIS: AZIENDA RICCORRE
IN APPELLO. UDIENZA A ROMA IL 21 NOVEMBRE 2011

Il Prof. Piergiovanni Alleva: <
21 della Costituzione non si attenua per i lavoratori
dipendenti>>


TRENITALIA
INSISTE PER ESPELLERE DANTE DE ANGELIS DAL SUO LAVORO
CONFIDIAMO NELLA GIUSTIZIA E NELL'ARTICOLO 18

TORNA DAVANTI AL TRIBUNALE DI ROMA IL
LICENZIAMENTO DI DANTE DE ANGELIS, IL MACCHINISTA
DELEGATO ALLA SICUREZZA, ALLONTANATO
BRUTALMENTECON LA POLIZIA DA TRENITALIA IL GIORNO DI
FERRAGOSTO 2008
ACCUSATO PER LE SUE
DICHIARAZIONI IN MERITO AD ALCUNI INCIDENTI AVVENUTI AI
TRENI EUROSTAR NELLE
SETTIMANE PRECEDENTI: SPEZZAMENTO ETR 500 E PERDITA DI
PARTI MECCANICHE DEGLI ETR SERIE 400.
IL GRUPPO FS HA INFATTI
IMPUGNATO IN APPELLO LA SENTENZA DI REINTEGRA
DELL'OTTOBRE DEL 2009
L'UDIENZA, PRESSO LA QUARTA
SEZIONE DELLA CORTE D'APPELLO DI ROMA, È FISSATA PER
LUNEDÌ 21 NOVEMBRE 2011, RELATRICE LA DOTT.SSA DONATELLA
CASABLANCA
IL GIUDICE
DI PRIMO GRADO NEL 2009 AVEVA ANNULLATO IL LICENZIAMENTO
RICONOSCENDO LA LEGITTIMITÀ DELLE SUE DICHIARAZIONI (...leggi
tutto)



APPUNTAMENTO PER CHI VOLESSE TESTIMONIARE
VICINANZA E
SOLIDARIETA PER LA DIFESA DELLE LIBERTA' DI PAROLA E
DELL'ART 18:
Lunedì 21 novembre
2011 - ore 9,30
L'udienza si terrà presso la Corte d'Appello di
Roma, Sez. IV, Via R. Romei angolo Via V. Varisco.


Per raggiungere la Corte d'Appello: dalla Stazione Termini, metro

A fino Ottaviano, poi autobus per Piazzale Clodio,
linea 32 o 271 per 3 fermate fino V.le ANGELICO/DARDANELLI, poi
a piedi per 300 metri fino Piazzale Clodio, Palazzo di
Giustizia. Entrare dal controllo metal detector obbligatorio,
attraversare l'area del Tribunale penale; la Corte d'Appello si
trova alle sue spalle in un palazzo a pianta tonda.





Resoconto assemblea Paderno Dugnano

resoconto


Assemblea Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e nei territori promossa dal comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori dell'
Eureco.




Il medico del lavoro ha messo in evidenza come questa figura sia stata frutto delle lotte operaie che hanno conquistato il diritto alla salute e sicurezza e dell' involuzione che l'istituzione del medico del lavoro ha
subito: da struttura di "parte"-dalla parte del lavoratore - a struttura burocratica oberata da incarichi da parte della Regione e fortemente limitata dalle riduzioni d'organico. Ha ribadito come spesso si parli di "fattore umano" in occasione di incidenti sul lavoro e ci si dimentica che lavorare in sicurezza è un diritto e deve essere assicurato dai padroni.
Importanza per i medici del lavoro ascoltare i lavoratori in merito all'organizzazione del lavoro.




Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel teritorio: ha messo in evidenza che il diritto al lavoro e alla salute sono subordinati al profitto. Necessità della battaglia per il rischio zero sia nelle aziende che nel territorio. L' Inail negli anni ha stornato soldi da indezzi per destinarlo ad altro.

Riferimento alla sentenza Thyssen e, in particolare, alla condanna per omicidio con dolo di Espenhan.




Medicina Democratica: cosa fare? Occorre organizzarsi con un occhio alla situazione generale. L'indagine sull' Eureco sta per chiudersi. Rinvio a giudizio per Merlino. Citata la sentenza Thyssen in relazione alle dichiarazioni di Guariniello sull'importanza della partecipazione popolare.

Proposta: Mappa del territorio, interlocuzioni con le istituzioni.

All' Eureco situazione peggiore, la Thyssen aveva dato aiuti alle famiglie.
In precedenza c'era stato un altro morto in un'altra azienda dell' Eureco.
Trasformazione del capo di imputazione in omicidio con dolo.




Aiea di Paderno: situazione economica dei familiari e degli operai disastrosa per questo abbiamo promosso il comitato in sostegno.

Il nuovo governo parla non di diritti ma di privilegi. Dove ci sono precari non c'è più unità.

Riferimento a smaltimento amianto e ruolo delle amministrazioni per la mappatura; infine, denunce inascoltate quando si vedono operai che rimuovono l'amianto senza le protezioni.




Rete sicurezza: ripreso il comunicato nazionale sulla sentenza Thyssen e denunciata la lentezza delle indagini. Necessità di continuità delle iniziative sui molteplici fronti.




Cub: possibile costituzione di parte civile. Esempio di "combinazione" di lotta ambientale e lotta per la salute e sicurezza dei lavoratori.




Intervento di due lavoratori dell' Anmil, in riferimento agli incidenti da essi subiti




Possibile iniziativa presso il tribunale di Monza, far valere il comitato da far riconoscere al processo, richiesta della documentazione sulla vicenda.


a cura di
rete nazionale per la sicurezza sul posto di lavoro - nodo di milano

UMBRIA OLII: "VOGLIAMO GIUSTIZIA PER I 4 MORTI"

UMBRIA OLII: "VOGLIAMO GIUSTIZIA PER I 4 MORTI"





Sono Lorena Coletti, mio fratello morì il 25 novembre 2006, nella tragedia delle Umbria Olii.

Quel giorno morirono altre 3 persone che lavoravano con lui nella ditta Manili, la quale effettuava manutenzioni in appalto presso la Umbria Olii.

Il lavoro della ditta Manili, consisteva nel montare delle passerelle sui silos che per l' occasione dovevano essere bonificati, mentre tramite successive perizie, si è scoperto che questi ultimi contenevano un gas potenzialmente esplosivo, l' esano.

Quindi i dipendenti della ditta Manili non sapevano il rischio che correvano nell' effettuare il montaggio delle passerelle e la Umbria Olii non possedeva il certificato antincendio che oltretutto era scaduto da due anni.

Al momento dell' esplosione, il contenuto dei silos, che ammontava a diverse tonnellate di olio si è riversato nel fiume Clitunno e nelle strade di Campello, provocando ingenti danni ambientali.

Nel 2008 iniziò il processo preliminare, durante il quale i legali di Del Papa [titolare della Umbria Olii] avanzarono diverse istanze, tra cui la rimessione per poter spostare il "sito" del processo per ostilità ambientale e addirittura la ricusazione del giudice dell' udienza preliminare, ritenendolo di parte. Tutte istanze che ovviamente non sono mai state accolte, cosi come la richiesta di rito abbreviato da parte dell' imputato e la richiesta di risarcimento di 35 milioni di euro che i familiari e l'
unico superstite si sono visti recapitare.

Al termine del processo preliminare Giorgio Del Papa, amministratore delegato della Umbria Olii, fu rinviato a giudizio e la data del 24 novembre del 2009 vagliava l' inizio del processo penale dove l' amministratore delegato ha, a suo carico, le imputazioni di omicidio colposo plurimo con l'
aggravate della colpa cosciente, disastro ambientale e il mancato rispetto, anche doloso, di alcune norme sulla sicurezza del lavoro.

Durante le varie udienze, la prima linea difensiva adottata dal legale di Giorgio Del Papa, vedeva incolpare i dipendenti della ditta Manili che secondo perizie di parte, avrebbero utilizzato fiamme libere per ancorare le passerelle ai silos, tesi difensiva che poi è stata abbandonata dalla difesa stessa.


Il 18 ottobre 2011 nell' aula del tribunale di Spoleto, dove era attesa la requisitoria del PM Federica Albano, non sono mancati i colpi di scena, poiché stavolta a far discutere l' accusa è stata la sorpresa dell' avvocato La Spina che ha presentato un libro scritto da lui stesso, dal titolo "Non ho colpa".

Un libro dal titolo innocuo ma che contiene il racconto della vicenda processuale, vista dagli occhi della difesa, e raccontata con la voce di "Pippo", dove idealmente Giorgio Del Papa viene ritenuto innocente e assolto dopo profonde analisi e osservazioni nel libro contenute.

Lo stesso giorno nell' aula del tribunale il Procuratore capo Gianfranco Riggio, ha avallato calcando la mano sulle accuse già formulate nella requisitoria del PM e ha specificato che la Procura ha negato a Del Papa il riconoscimento delle attenuanti generiche, vuoi per l' estrema gravità del fatto vuoi per la personalità dell' imputato che tra l' altro non è immune da precedenti.
Il 19 ottobre 2011 è il giorno della difesa, nel quale l' avvocato La Spina ha parlato per ben 5 ore, leggendo anche alcuni passi del libro-arringa che è finito agli atti del processo.

Come prima cosa l' avvocato ha chiesto per Giorgio Del Papa l' assoluzione con formula piena, evidenziando addirittura, che i precedenti di cui aveva parlato il giorno prima il Procuratore Capo Riggio non sarebbero ostativi per la concessione delle attenuanti generiche.

Durante la requisitoria, il libro-arringa non è stata l' unica sorpresa della difesa di Del Papa, in quanto l' avvocato dell' imputato ha chiesto, oserei dire anche in maniera piuttosto inaspettata, al giudice una superperizia. Ossia, La Spina vuole ricorrere all' articolo 507 del C.P.P.
che consente al giudice, in caso di assoluta eccezionalità, quindi anche a processo praticamente concluso vista la sentenza imminente, di disporre di nuovi mezzi di prova.

L' utilità a parere della difesa di questa superperizia, sta nel verificare la tesi difensiva attuale, che vede attribuire all' unico superstite, Klaudio Dimiri, l' intera colpa della catastrofe.

Secondo la difesa quindi la colpa dell' unico superstite sta nell' aver compiuto una manovra errata con la gru, che quel giorno avrebbe sollevato il silos.

Secondo l' accusa, l' ipotesi è fantasiosa avendo già considerato peso del silo e del suo contenuto, il peso e l' inclinazione del braccio della gru.

Un' altra cosa che l' avvocato della difesa vuole verificare, tramite perizia, è l' attendibilità degli esami chimici di laboratorio effettuati durante le indagini.

Il giudice Avenoso, ha sospeso l' udienza dando come prossima data utile il
15 novembre, non escludendo un eventuale sentenza.

Noi familiari delle vittime, come ha già detto il Procuratore Riggio, pretendiamo giustizia per questi 4 morti.

Chiediamo al giudice Avenoso la massima celerità nell' espletare la sentenza.


Lorena Coletti

A COME . . . AMIANTO: DALLO SPETTACOLO UNA PETIZIONE

A COME . . . AMIANTO: DALLO SPETTACOLO UNA PETIZIONE



Da: http://www.articolo21.org



di Redazione (15/11/2011)



Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Gentile Presidente,

alla luce di quanto ho scoperto durante lo studio per scrivere il testo teatrale A come Amianto, unito ai cittadini che hanno sottoscritto l'
appello che segue si chiede:

- la bonifica immediata dei siti "a rischio dispersione amianto"
come previsto dalla Legge 257 del 1992: ricordiamo che sul territorio nazionale sono presenti 32 milioni di tonnellate di amianto che vanno rimosse da scuole (come l' asilo di Villa Gordiani a Roma ecc.), o da fabbriche dismesse (come la Fibronit di Bari, la Breda e la Falk di Sesto San Giovanni ecc.), o da palazzi (come quelli in via Feltrinelli a Milano), o da teatri (quali la Scala di Milano);

- la messa in sicurezza di cave di amianto (come quella di Balangero
in provincia di Torino) e di aree dove l' amianto-tremolite si disperde nell'
aria in maniera naturale come accade a Seluci di Lauria, Castelluccio Superiore e a Viggianello in provincia di Potenza;

- la scelta di sistemi di smaltimento sicuri e risolutivi dell'
amianto tra le tipologie attualmente disponibili, cioè la discarica e l'
inertizzazione, attraverso appositi forni, con la garanzia dell' assenza di inquinamento causato da percolazioni in falda, scorrimento superficiale ed emissione in atmosfera; è inoltre necessario commisurare la grandezza degli impianti alle quantità di materiale presente nell' area per evitare la realizzazione di megadiscariche, come quelle in provincia di Cremona e Brescia, spesso imposte in modo autoritario, in favore d' impianti locali di più modesta portata e più sicuri;

- garantire la massima trasparenza nell' iter di localizzazione e
realizzazione degli impianti di
smaltimento, la sola che consente reale partecipazione del pubblico: senza, è impossibile la realizzazione di forni e discariche;

- che venga emesso il decreto attuativo in grado di sbloccare i 50
milioni di euro approvati e
stanziati dal Governo Prodi che serviranno come Fondo per le vittime dell'
amianto;

- che la Fondazione Teatro alla Scala di Milano faccia richiesta all'
INAIL affinché riconosca i propri lavoratori come "esposti all' amianto"
visto che hanno adoperato attrezzature in cui era presente l' amianto ed hanno lavorato per anni in luoghi caratterizzati dalla presenza della fibra killer (tra i tecnici del suddetto Teatro deceduti a causa dell' amianto vogliamo ricordare il "siparista" Claudio Mantovani);

- visto che il 24 luglio 2008 è stato abbattuto il Velodromo dell'
Eur di Roma, contenente grandi quantitativi di amianto, senza rispettare le dovute misure di sicurezza chiediamo che il Tribunale di Roma cerchi i colpevoli e li indaghi per "disastro colposo".



Ulderico Pesce

Thyssenkrupp - Legami d'acciaio

16 Novembre 2011



Come afferma il Dott. Guariniello, e non possiamo che essere d' accordo, "preziosa è stata la partecipazione popolare nell' amministrazione della giustizia", così come altrettanto lo è stata la mobilitazione popolare dentro e fuori dall' aula, sostenuta da familiari, operai e cittadini solidali, decisivi nel creare un meccanismo di identificazione solidale con la giuria, anch' essa "popolare", e quindi ottenere questo importante risultato.

Prova che solo con il protagonismo, la mobilitazione e la partecipazione popolare possiamo affermare i diritti sanciti dalla nostra Costituzione:
questo risulta dalla nostra esperienza diretta, nel processo e per la ancora irrisolta "questione lavoro" per gli ultimi ex operai Thyssenkrupp ancora in mobilità.

Per quanto riguarda la ricollocazione lavorativa ancora nulla di fatto nonostante incontri, telefonate, promesse e rassicurazioni da parte del Sindaco Fassino e dei suoi collaboratori.

Siamo stanchi di promesse: vogliamo, così come per altre migliaia di persone nella nostra stessa situazione a Torino, non "elemosine" sociali ma un posto di lavoro sicuro e dignitoso in una città in cui non mancano certo le occasioni per creare posti di lavoro: potenziando e prolungando il trasporto pubblico, la pulizia della città, del verde pubblico e degli alvei di fiumi e torrenti (e questo vale per tutta l' Italia, dopo le stragi annunciate in Liguria e in Toscana dei giorni scorsi), prolungando l' orario dei musei, valorizzando le bellezze artistiche della nostra città, impedendo alle aziende di chiudere, favorendo piuttosto la riconversione ad altre produzioni utili e non inquinanti, risanando luoghi ed edifici fatiscenti dalle nocività per adibirli a scopi abitativi o di utilità sociale, anziché disfarsene per pochi soldi a scapito dei soliti speculatori.
Il lavoro da fare non manca: è quindi una questione di volontà politica !

Nei prossimi mesi il Comune di Torino deciderà della destinazione d' uso della ex area di proprietà della multinazionale tedesca (pagata per altro svariati milioni di euro dal Comune), attraverso la variante 221, che prevede, tra gli altri: l' insediamento di un deposito della GTT (centinaia di pullman di fronte al parco della Pellerina, dall' impatto ambientale decisamente discutibile) e un parco "alla memoria" della strage Thyssenkrupp, ricordando cioè il lavoro nella sua accezione più negativa.
Meglio sarebbe invece quella di riqualificare l' area e ridare dignità al lavoro attraverso un piano, per esempio, di re-insediamento di piccole imprese, piccoli laboratori e botteghe artigiane o di servizi, necessari ai cittadini e che creino quindi posti di lavoro in sicurezza: il modo migliore per ricordare Antonio, Bruno, Roberto, Angelo, Rocco, Rosario e Giuseppe.

Un lavoro utile, dignitoso e in sicurezza per tutti.


Torino, 15 novembre 2011

Associazione Legami d' Acciaio onlus

SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS ! - NEWSLETTER N.98 DEL 17/11/11

newsletter n.98 del 17/11/11 di "Sicurezza sul lavoro ! - Know Your rights !".



In questo numero:

- Thyssenkrupp: depositata la sentenza di condanna dei vertici
aziendali

- Thyssenkrupp: per un lavoro utile, dignitoso e in sicurezza per
tutti

- Umbria Olii: "vogliamo giustizia per i 4 morti"

- Processo Truck Center Molfetta contro ENI

- Cose che accadono agli operai !

- A come . . . amianto: dallo spettacolo una petizione

- Sull' obbligo di documentare informazione e formazione dei
lavoratori

- Regione Piemonte: aggiornata la raccolta di quesiti sul
D.Lgs.81/08



Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste
notizie a diffonderle in tutti i modi.



La diffusione è gradita e necessaria. L' obiettivo è quello di diffondere il
più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei
lavoratori a tale proposito.



L' unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la
fonte:

"Marco Spezia - sp-mail@libero.it"

DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !



Marco Spezia

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO



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THYSSENKRUPP: DEPOSITATA LA SENTENZA DI CONDANNA DEI VERTICI AZIENDALI



Da: http://www.ansa.it/



Thyssen: fu omicidio volontario per scelte sciagurate

Giudici, sette morti per piccolo vantaggio economico

15 novembre, 19:52

di Mauro Barletta

Colpevole di omicidio volontario per la "scelta sciagurata" di "non fare
nulla" in materia di sicurezza, per avere bloccato un investimento nel
tentativo di rispettare "l' interesse economico dell' azienda": ecco perché
Herald Espenhahn, amministratore delegato della Thyssenkrupp, è stato
condannato a 16 anni e sei mesi di reclusione.

Così si legge nella sentenza del processo per i morti causati dall' incendio
che si scatenò il 6 dicembre 2007 nello stabilimento di Torino della
multinazionale dell' acciaio. E' la prima volta che in Italia viene
applicato questo articolo del Codice a una tragedia sul lavoro. La tragedia
di sette operai che, mentre erano in servizio alla linea 5, in piena notte,
cercarono di spegnere uno dei tanti fuocherelli che si attaccavano ai
macchinari ma che all' improvviso furono investiti da una violentissima
vampata: le ustioni erano tali da far pensare, come disse il medico legale
Roberto Testi, che fossero stati "immersi in una nube incandescente".

Certo, ad Espenhahn è stato concesso "il minimo della pena" e gli sono state
riconosciute le attenuanti del buon comportamento processuale e del
risarcimento del danno ai familiari delle vittime. Ma la condanna per
omicidio volontario ("con dolo eventuale") segna ugualmente un punto di
svolta nella giurisprudenza: se la linea della Corte d' Assise di Torino
verrà confermata in appello e in Cassazione, le inchieste e i processi in
materia di sicurezza, di prevenzione e di morti bianche dovranno passare per
una rivoluzione copernicana.

Nelle 465 pagine della sentenza il giudice Paola Dezani divide le
responsabilità dei sei imputati e distingue, in punta di diritto, fra
omicidio colposo "con colpa cosciente" e omicidio volontario "con dolo
eventuale": è la differenza tra chi, alla Thyssenkrupp, era convinto che non
sarebbe successo nulla (come i cinque dirigenti condannati a pene comprese
fra i 10 e i 13 anni e mezzo) e chi, come Espenhahn, ha "accettato il
rischio" di un disastro.

Alla Thyssenkrupp, infatti, sapevano. Sapevano che la filiale di Torino,
ormai prossima alla chiusura, versava in "gravissime carenze strutturali e
organizzative" a fronte degli alti standard di sicurezza degli altri
stabilimenti sparsi fra la Germania e l' Umbria: il personale era ridotto
all' osso, gli estintori erano sempre scarichi, c' erano già stati incendi
suonati come campanelli d' allarme, persino la compagnia assicuratrice aveva
aumentato la franchigia.

Eppure, per "scelta miope", si decise di continuare la produzione come se
niente fosse; e si decise di differire un importante investimento
antincendio sulla linea 5 al trasloco dell' impianto a Terni. L' azienda ne
avrebbe avuto un "contenuto vantaggio economico". Ed è a Espenhahn che i
giudici attribuiscono questa "scelta sciagurata": il quarantacinquenne
tedesco, descritto come un super manager di gran lunga più bravo e
competente dei suoi collaboratori italiani, così attento alla pulizia che si
arrabbiava "se solo vedeva un bicchierino per terra", ha "azzerato" gli
investimenti, "azzerando" anche la "sicurezza, "nell' interesse non suo
personale, ma dell' azienda".



La Corte presieduta dal giudice Maria Iannibelli, nelle motivazioni,
scioglie anche diversi interrogativi rimasti in sospeso. La testimonianza
dell' unico sopravvissuto, Antonio Boccuzzi, oggi deputato PD, è "del tutto
attendibile" nonostante i dubbi della difesa. Il tentativo di condizionare
le testimonianze di alcuni lavoratori è stato "gravissimo" e merita un'
inchiesta della Procura. E i morti non hanno colpe: forse si sono accorti
del focolaio in leggero ritardo rispetto al solito, ma non è vero che
stessero chiacchierando o "guardando la televisione". Quel che c' é di
"anomalo", viste le condizioni di lavoro, è come fossero sempre riusciti, in
precedenza, a "fronteggiare situazioni analoghe".



Il testo completo della sentenza è scaricabile all' indirizzo:

http://dl.dropbox.com/u/4228746/sentenza_thyssen_2011_6ft.it.pdf

(attenzione file di grande formato: 33 MB !)



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THYSSENKRUPP: PER UN LAVORO UTILE, DIGNITOSO E IN SICUREZZA PER TUTTI



Da: http://www.pane-rose.it/

(segnalato da Graziella Menghini di Facebook)



16 Novembre 2011



Inoltriamo questa interessante intervista del Procuratore di Torino Raffaele
Guariniello [vedi dopo] in merito alle motivazioni della sentenza sulla
strage all' acciaieria Thyssenkrupp.

Come afferma il Dott. Guariniello, e non possiamo che essere d' accordo,
"preziosa è stata la partecipazione popolare nell' amministrazione della
giustizia", così come altrettanto lo è stata la mobilitazione popolare
dentro e fuori dall' aula, sostenuta da familiari, operai e cittadini
solidali, decisivi nel creare un meccanismo di identificazione solidale con
la giuria, anch' essa "popolare", e quindi ottenere questo importante
risultato.

Prova che solo con il protagonismo, la mobilitazione e la partecipazione
popolare possiamo affermare i diritti sanciti dalla nostra Costituzione:
questo risulta dalla nostra esperienza diretta, nel processo e per la ancora
irrisolta "questione lavoro" per gli ultimi ex operai Thyssenkrupp ancora in
mobilità.

Per quanto riguarda la ricollocazione lavorativa ancora nulla di fatto
nonostante incontri, telefonate, promesse e rassicurazioni da parte del
Sindaco Fassino e dei suoi collaboratori.

Siamo stanchi di promesse: vogliamo, così come per altre migliaia di persone
nella nostra stessa situazione a Torino, non "elemosine" sociali ma un posto
di lavoro sicuro e dignitoso in una città in cui non mancano certo le
occasioni per creare posti di lavoro: potenziando e prolungando il trasporto
pubblico, la pulizia della città, del verde pubblico e degli alvei di fiumi
e torrenti (e questo vale per tutta l' Italia, dopo le stragi annunciate in
Liguria e in Toscana dei giorni scorsi), prolungando l' orario dei musei,
valorizzando le bellezze artistiche della nostra città, impedendo alle
aziende di chiudere, favorendo piuttosto la riconversione ad altre
produzioni utili e non inquinanti, risanando luoghi ed edifici fatiscenti
dalle nocività per adibirli a scopi abitativi o di utilità sociale, anziché
disfarsene per pochi soldi a scapito dei soliti speculatori.
Il lavoro da fare non manca: è quindi una questione di volontà politica !

Nei prossimi mesi il Comune di Torino deciderà della destinazione d' uso
della ex area di proprietà della multinazionale tedesca (pagata per altro
svariati milioni di euro dal Comune), attraverso la variante 221, che
prevede, tra gli altri: l' insediamento di un deposito della GTT (centinaia
di pullman di fronte al parco della Pellerina, dall' impatto ambientale
decisamente discutibile) e un parco "alla memoria" della strage
Thyssenkrupp, ricordando cioè il lavoro nella sua accezione più negativa.
Meglio sarebbe invece quella di riqualificare l' area e ridare dignità al
lavoro attraverso un piano, per esempio, di re-insediamento di piccole
imprese, piccoli laboratori e botteghe artigiane o di servizi, necessari ai
cittadini e che creino quindi posti di lavoro in sicurezza: il modo migliore
per ricordare Antonio, Bruno, Roberto, Angelo, Rocco, Rosario e Giuseppe.

Un lavoro utile, dignitoso e in sicurezza per tutti.


Torino, 15 novembre 2011

Associazione Legami d' Acciaio onlus



THYSSEN: GUARINIELLO, SENTENZA ECCEZIONALE

Da: http://www.agi.it/

(AGI) Torino, 15 novembre 2011

"La sentenza di oggi è la degna, eccezionale conclusione di uno dei processi
in assoluto più importanti mai celebrati nel nostro Paese": così il
Procuratore aggiunto Raffaele Guariniello commenta le motivazioni della
sentenza Thyssen sull' incendio nello stabilimento di Torino che il 6
dicembre 2007 costò la vita a sette operai.

Per Guariniello, coordinatore dell' inchiesta e pubblico ministero che ha
condotto l' accusa in aula, con i sostituti Laura Longo e Francesca
Traverso, "La sentenza e le sue motivazioni dimostrano cinque fatti
positivi. Primo: la giustizia può dare risposte straordinarie alle istanze
di tutela della dignità dei cittadini; secondo: al centro dell' attenzione è
ormai giunta la politica aziendale della sicurezza: come ci invita a fare la
Corte di Cassazione, dobbiamo entrare nelle stanze dei consigli di
amministrazione, per scoprire le scelte aziendali di fondo che portano agli
infortuni, ai disastri; terzo: è preziosa la partecipazione popolare all'
amministrazione della giustizia; quarto: è indispensabile fare le indagini
con rapidità, per non incorrere nella devastante prescrizione dei reati e, a
questo scopo, è irrinunciabile un' organizzazione specializzata; quinto: è
determinante la scelta fatta dalle nostre leggi, quella di puntare non solo
sulla responsabilità penale degli amministratori, ma anche sulla
responsabilità stessa della società".



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UMBRIA OLII: "VOGLIAMO GIUSTIZIA PER I 4 MORTI"



Da: http://www.articolo21.org



di Redazione (15/11/2011)



Sono Lorena Coletti, mio fratello morì il 25 novembre 2006, nella tragedia
delle Umbria Olii.

Quel giorno morirono altre 3 persone che lavoravano con lui nella ditta
Manili, la quale effettuava manutenzioni in appalto presso la Umbria Olii.

Il lavoro della ditta Manili, consisteva nel montare delle passerelle sui
silos che per l' occasione dovevano essere bonificati, mentre tramite
successive perizie, si è scoperto che questi ultimi contenevano un gas
potenzialmente esplosivo, l' esano.

Quindi i dipendenti della ditta Manili non sapevano il rischio che correvano
nell' effettuare il montaggio delle passerelle e la Umbria Olii non
possedeva il certificato antincendio che oltretutto era scaduto da due anni.

Al momento dell' esplosione, il contenuto dei silos, che ammontava a diverse
tonnellate di olio si è riversato nel fiume Clitunno e nelle strade di
Campello, provocando ingenti danni ambientali.

Nel 2008 iniziò il processo preliminare, durante il quale i legali di Del
Papa [titolare della Umbria Olii] avanzarono diverse istanze, tra cui la
rimessione per poter spostare il "sito" del processo per ostilità ambientale
e addirittura la ricusazione del giudice dell' udienza preliminare,
ritenendolo di parte. Tutte istanze che ovviamente non sono mai state
accolte, cosi come la richiesta di rito abbreviato da parte dell' imputato e
la richiesta di risarcimento di 35 milioni di euro che i familiari e l'
unico superstite si sono visti recapitare.

Al termine del processo preliminare Giorgio Del Papa, amministratore
delegato della Umbria Olii, fu rinviato a giudizio e la data del 24 novembre
del 2009 vagliava l' inizio del processo penale dove l' amministratore
delegato ha, a suo carico, le imputazioni di omicidio colposo plurimo con l'
aggravate della colpa cosciente, disastro ambientale e il mancato rispetto,
anche doloso, di alcune norme sulla sicurezza del lavoro.

Durante le varie udienze, la prima linea difensiva adottata dal legale di
Giorgio Del Papa, vedeva incolpare i dipendenti della ditta Manili che
secondo perizie di parte, avrebbero utilizzato fiamme libere per ancorare le
passerelle ai silos, tesi difensiva che poi è stata abbandonata dalla difesa
stessa.


Il 18 ottobre 2011 nell' aula del tribunale di Spoleto, dove era attesa la
requisitoria del PM Federica Albano, non sono mancati i colpi di scena,
poiché stavolta a far discutere l' accusa è stata la sorpresa dell' avvocato
La Spina che ha presentato un libro scritto da lui stesso, dal titolo "Non
ho colpa".

Un libro dal titolo innocuo ma che contiene il racconto della vicenda
processuale, vista dagli occhi della difesa, e raccontata con la voce di
"Pippo", dove idealmente Giorgio Del Papa viene ritenuto innocente e assolto
dopo profonde analisi e osservazioni nel libro contenute.

Lo stesso giorno nell' aula del tribunale il Procuratore capo Gianfranco
Riggio, ha avallato calcando la mano sulle accuse già formulate nella
requisitoria del PM e ha specificato che la Procura ha negato a Del Papa il
riconoscimento delle attenuanti generiche, vuoi per l' estrema gravità del
fatto vuoi per la personalità dell' imputato che tra l' altro non è immune
da precedenti.
Il 19 ottobre 2011 è il giorno della difesa, nel quale l' avvocato La Spina
ha parlato per ben 5 ore, leggendo anche alcuni passi del libro-arringa che
è finito agli atti del processo.

Come prima cosa l' avvocato ha chiesto per Giorgio Del Papa l' assoluzione
con formula piena, evidenziando addirittura, che i precedenti di cui aveva
parlato il giorno prima il Procuratore Capo Riggio non sarebbero ostativi
per la concessione delle attenuanti generiche.

Durante la requisitoria, il libro-arringa non è stata l' unica sorpresa
della difesa di Del Papa, in quanto l' avvocato dell' imputato ha chiesto,
oserei dire anche in maniera piuttosto inaspettata, al giudice una
superperizia. Ossia, La Spina vuole ricorrere all' articolo 507 del C.P.P.
che consente al giudice, in caso di assoluta eccezionalità, quindi anche a
processo praticamente concluso vista la sentenza imminente, di disporre di
nuovi mezzi di prova.

L' utilità a parere della difesa di questa superperizia, sta nel verificare
la tesi difensiva attuale, che vede attribuire all' unico superstite,
Klaudio Dimiri, l' intera colpa della catastrofe.

Secondo la difesa quindi la colpa dell' unico superstite sta nell' aver
compiuto una manovra errata con la gru, che quel giorno avrebbe sollevato il
silos.

Secondo l' accusa, l' ipotesi è fantasiosa avendo già considerato peso del
silo e del suo contenuto, il peso e l' inclinazione del braccio della gru.

Un' altra cosa che l' avvocato della difesa vuole verificare, tramite
perizia, è l' attendibilità degli esami chimici di laboratorio effettuati
durante le indagini.

Il giudice Avenoso, ha sospeso l' udienza dando come prossima data utile il
15 novembre, non escludendo un eventuale sentenza.

Noi familiari delle vittime, come ha già detto il Procuratore Riggio,
pretendiamo giustizia per questi 4 morti.

Chiediamo al giudice Avenoso la massima celerità nell' espletare la
sentenza.


Lorena Coletti



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PROCESSO TRUCK CENTER MOLFETTA CONTRO ENI



Da: Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro

bastamortesullavoro@gmail.it



lunedì 14 novembre 2011

Comunicato dei familiari delle vittime della Truck Center di Molfetta



Si e aperto oggi, 8 novembre, il processo con rito abbreviato nei confronti
di sette alti dirigenti della società ENI SpA quali responsabili civili per
i noti fatti delittuosi avvenuti il 3 marzo 2008 e che portarono ai decesso
presso la Truck Center di Molfetta di tre giovani operai della ditta stessa,
dell' autista Sciancalepore Biagio e del titolare dell' azienda Altomare
Vincenzo.

Il processo si è aperto con un "j'accuse" molto forte del P.M. dott.
Giuseppe Maralfa che ha condotto le indagini, che si prodigato in una
requisitoria durata ben oltre le tre ore, senza interruzioni, nel corso
della quale, il dott. Maralfa ha ricostruito minuziosamente tutta la vicenda
che poi ebbe tragico epilogo nei cinque decessi, e le pesanti responsabilità
in capo agli odierni imputati.

Il punto focale della requisitoria verteva sulle complesse e articolate
indagini esperite dalla Procura della Repubblica con l' ausilio dei propri
tecnici incaricati, sia in relazione all' impianto ENI SpA di Taranto, sia
in relazione alle complesse comunicazioni di posta elettronica a vario
titolo interscambiate tra gli odierni imputati ed altri soggetti di cui
alcuni risultano essere indagati (ci riferiamo ai responsabili della società
Nuova Solmine SpA), per i quali ultimi il GUP deciderà se procedere a rinvio
a giudizio.

Sono emerse delle circostanze dalle quali si evince documentalmente, secondo
quanto affermato in maniera decisa dai P.M., che "ENI SpA era a conoscenza
sin dal dicembre 2006, che la raffineria ENI di Taranto produceva e vendeva
alla Nuova Solmine SpA zolfo liquido con una percentuale molto elevata di
acido solfidrico al suo interno. ENI SpA era perfettamente a conoscenza
della buona pratica industriale in forza delta quale la percentuale di acido
solfidrico nello zolfo liquido non avrebbe dovuto superare le 10 parti per
milione, quantità già potenzialmente letale per chi ne fosse venuto a
contatto in un ambiente confinato quali erano le cisterne che vengono usate
per il trasporto dello zolfo liquido dalla ENI SpA di Taranto alla Nuova
Solmine SpA di Scarlino".

E' emerso altresì dalle attività di indagine espletate dal Sostituto
Procuratore della Repubblica che l' impianto di degrassaggio allocato presso
gli stabilimenti di Taranto (che doveva servire ad abbattere la
concentrazione di acido solfidrico nello zolfo liquido), era "fuori fase",
ovvero non funzionante.

In buona sostanza, ENI SpA, secondo le parole del P.M., era perfettamente a
conoscenza, da ben oltre un anno prima dal tragico evento delittuoso, che lo
zolfo liquido che produceva e metteva in commercio, conteneva acido
solfidrico almeno 10 volte superiore alla quantità (già di per se
potenzialmente letale) di 10 parti per milione di acido solfidrico.

Pur in presenza di tali conoscenze, secondo quanto perentoriamente affermato
dal P.M., ENI SpA, e chi per essa, non aveva provveduto a redigere una
scheda di sicurezza (per il trasporto del prodotto), conforme ai rischi del
prodotto stesso. Tali "colpose" condotte, consistite nelle omesse
comunicazioni e informazioni, hanno determinato quei concorso causale che ha
portato poi al compimento della tragica vicenda".

Pensanti le condanne richieste dal P.M., estrinsecate nella richiesta di 5
anni di reclusione per ciascuno degli imputati, ridotti, in forza del rito
abbreviato, a 3 anni e 4 mesi, nonché alla condanna dì sanzioni
amministrative per poco meno di un milione di euro a carico dell' ENI SpA.

Le parti civili hanno depositato le loro conclusioni scritte e il processo è
stato aggiornato all' udienza del 29/11/11, alle ore 9, nel corso della
quale si darà la parola ai difensori degli imputati.



A cura Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro - Taranto



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COSE CHE ACCADONO AGLI OPERAI !



Da: www.operaicontro.it



sab, 12 nov @ 11:01



Antonio ha perso un braccio. O, meglio, la mano e l' avambraccio. Ma non
cambia nulla, è la stessa cosa.

Antonio è un operaio. Da anni lavora in una fabbrica metalmeccanica. È un
uomo tranquillo, guida la macchina, va in bicicletta, va a fare la spesa e
torna a casa con le buste piene, gioca con i figli, abbraccia la moglie.
Cose normali, che ora non potrà fare più. O le farà con estrema difficoltà.

Una pressa gli ha schiacciato la mano e l' avambraccio sinistri. Un dolore
fortissimo, una montagna che ti precipita addosso, uno squalo che ti mangia
vivo. È svenuto. Ha avuto una violenta emorragia, ha rischiato di morire.

In ospedale i medici hanno detto all' esterrefatta moglie che dovevano
amputare, il sangue non circolava più. Anche a lei è caduta una montagna
addosso, una montagna di pianto, in un mare di impotenza.

È finita l' allegria, è morta la spensieratezza, per tutti. I figli hanno
capito, hanno pianto gridando. E dando pugni ai muri.

Antonio l' hanno amputato. E rimproverato. Parenti, amici, qualcuno anche
della fabbrica: "Sarebbe bastata un po' d' attenzione e non succedeva nulla
! Ah, la distrazione dove porta !".

La moglie no, i figli nemmeno, i compagni di lavoro più vicini a lui nemmeno
a pensarci. Sapevano che quella pressa operava senza protezione, sapevano
che era stata chiesta, sapevano che era stata negata. Antonio lo aveva
detto, era uno dei tanti problemi sul lavoro.

"Eh, adesso non torni più in fabbrica ! Non tutti i mali vengono per nuocere
!".

Qualcuno l' ha buttata là, un po' credendoci, un po' per rompere la
mestizia. Antonio non tornerà più in fabbrica, ma non è vero che non gli
dispiace, quella era la sua vita. Sta invece precipitando in un gorgo di
dolore, rabbia, amarezza e povertà.

Sono cose che accadono agli operai, in un duro dolore che troppo spesso
rimane chiuso in casa, in famiglia. Certo non succedono ai padroni che
tagliano sui costi della sicurezza, accorciano i tempi delle mansioni e
intensificano lo sfruttamento. Neanche agli avvocati che difendono i
padroni. E neppure ai giudici che li assolvono. E tanto meno ai
sindacalisti, lontani dalla produzione, compiacenti con i padroni e ai
politici che si impegnano per finanziarne gli affari !

Sono cose che capitano agli operai, e a volte capita anche peggio, di
morire. E per chi alza la voce la repressione, la multa, il licenziamento.

E allora che cosa volete che gliene importi agli operai del debito pubblico
che sale, dello spread che aumenta, del pericolo della bancarotta dello
Stato ? Che vada tutto in malora !

Se il capitalismo gli dà solo miseria, dolore, sofferenza e repressione, che
crolli e travolga padroni, avvocati, giudici, sindacalisti e politici.

Antonio non l' aveva mai pensato, almeno non con questa chiarezza. Ma ora lo
ripete ogni giorno. A tutti.



SALUTI OPERAI DALLA PUGLIA



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A COME . . . AMIANTO: DALLO SPETTACOLO UNA PETIZIONE



Da: http://www.articolo21.org



di Redazione (15/11/2011)



Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Gentile Presidente,

alla luce di quanto ho scoperto durante lo studio per scrivere il testo
teatrale A come Amianto, unito ai cittadini che hanno sottoscritto l'
appello che segue si chiede:

- la bonifica immediata dei siti "a rischio dispersione amianto"
come previsto dalla Legge 257 del 1992: ricordiamo che sul territorio
nazionale sono presenti 32 milioni di tonnellate di amianto che vanno
rimosse da scuole (come l' asilo di Villa Gordiani a Roma ecc.), o da
fabbriche dismesse (come la Fibronit di Bari, la Breda e la Falk di Sesto
San Giovanni ecc.), o da palazzi (come quelli in via Feltrinelli a Milano),
o da teatri (quali la Scala di Milano);

- la messa in sicurezza di cave di amianto (come quella di Balangero
in provincia di Torino) e di aree dove l' amianto-tremolite si disperde
nell' aria in maniera naturale come accade a Seluci di Lauria, Castelluccio
Superiore e a Viggianello in provincia di Potenza;

- la scelta di sistemi di smaltimento sicuri e risolutivi dell'
amianto tra le tipologie attualmente disponibili, cioè la discarica e l'
inertizzazione, attraverso appositi forni, con la garanzia dell' assenza di
inquinamento causato da percolazioni in falda, scorrimento superficiale ed
emissione in atmosfera; è inoltre necessario commisurare la grandezza degli
impianti alle quantità di materiale presente nell' area per evitare la
realizzazione di megadiscariche, come quelle in provincia di Cremona e
Brescia, spesso imposte in modo autoritario, in favore d' impianti locali di
più modesta portata e più sicuri;

- garantire la massima trasparenza nell' iter di localizzazione e
realizzazione degli impianti di
smaltimento, la sola che consente reale partecipazione del pubblico: senza,
è impossibile la
realizzazione di forni e discariche;

- che venga emesso il decreto attuativo in grado di sbloccare i 50
milioni di euro approvati e
stanziati dal Governo Prodi che serviranno come Fondo per le vittime dell'
amianto;

- che la Fondazione Teatro alla Scala di Milano faccia richiesta
all' INAIL affinché riconosca i propri lavoratori come "esposti all'
amianto" visto che hanno adoperato attrezzature in cui era presente l'
amianto ed hanno lavorato per anni in luoghi caratterizzati dalla presenza
della fibra killer (tra i tecnici del suddetto Teatro deceduti a causa dell'
amianto vogliamo ricordare il "siparista" Claudio Mantovani);

- visto che il 24 luglio 2008 è stato abbattuto il Velodromo dell'
Eur di Roma, contenente grandi quantitativi di amianto, senza rispettare le
dovute misure di sicurezza chiediamo che il Tribunale di Roma cerchi i
colpevoli e li indaghi per "disastro colposo".



Ulderico Pesce



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SULL' OBBLIGO DI DOCUMENTARE INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI



Da: http://www.puntosicuro.it

Anno 13 - numero 2735 di lunedì 07 novembre 2011



Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 16087 del 22 aprile 2011.

La formazione ed informazione dei lavoratori vanno impartite
specificatamente e opportunamente documentate. Non è assolutamente
sufficiente che i lavoratori assumano "sul campo" generiche informazioni da
parte di colleghi di lavoro.



Commento a cura di Gerardo Porreca.



E' obbligatorio da parte del datore di lavoro impartire una specifica
formazione ed informazione dei propri lavoratori dipendenti ed è necessario
che le stesse siano opportunamente documentate. Questo è quanto emerge dalla
lettura di questa breve sentenza della Corte di Cassazione la quale ha
altresì ribadito che non è assolutamente sufficiente, per raggiungere tali
scopi, lasciare che gli stessi lavoratori vengano informati "sul campo"
assumendo generiche informazioni da parte di colleghi di lavoro.



IL CASO

Il Tribunale ha dichiarato il datore di lavoro di un' impresa individuale
colpevole del delitto di lesioni colpose gravi commesse, con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (articolo 590,
commi 1, 2 e 3 C.P.), in pregiudizio di un dipendente e lo ha condannato
alla pena di cinque mesi di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in
favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separato giudizio
quanto ai danni biologico e patrimoniale, e liquidando direttamente il danno
morale in euro 11.000,00; somma assegnata a titolo di provvisionale.

L' imputato è stato ritenuto responsabile di aver cagionato al lavoratore,
per colpa generica e specifica, lesioni personali consistite nell'
amputazione del 2 e 3 dito della mano destra, venuta a contatto con la lama
di una sega circolare con la quale il dipendente stava provvedendo a
tagliare alcune assi.

L' infortunio era accaduto in quanto tale attrezzatura, nel mentre il
lavoratore spingeva con la sola mano destra un' asse verso la lama, si era
improvvisamente inclinata verso sinistra per cui si era avuto uno
spostamento dell' asse a seguito del quale la mano destra del lavoratore era
appunto entrata in contatto con la lama che ne aveva reciso due dita.

Il giudice del merito aveva rilevato, nella condotta dell' imputato, precisi
profili di colpa per non avere lo stesso adeguatamente curato la formazione
professionale del dipendente, per non averlo informato sui rischi connessi
alle mansioni allo stesso assegnate e per non avere provveduto a fissare al
suolo la sega circolare per renderla stabile e per ridurre, così, il rischio
di incidenti.

Lo stesso giudice ha sostenuto che l' evento era stato diretta conseguenza
del mancato rispetto da parte dell' imputato di norme cautelari generiche e
specifiche e che la condotta imprudente della vittima non aveva in alcun
senso interrotto il nesso eziologico tra le richiamate inadempienze e l'
evento verificatosi.



La Corte di Appello, su ricorso dell' imputato, ha successivamente
confermata la decisione impugnata.

IL RICORSO E LE DECISIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Avverso la sentenza di condanna della Corte di Appello l' imputato ha
proposto ricorso, per il tramite del difensore, alla Corte di Cassazione
sostenendo che l' infortunio non sarebbe stato causato da un difetto di
formazione o di informazione del lavoratore, in realtà adeguatamente
preparato all' uso della sega circolare, bensì dalla condotta superficiale
ed imprudente dello stesso lavoratore che, benché invitato a porre la
massima attenzione nell' uso della sega e di utilizzare ambedue le mani,
aveva sospinto l' asse da tagliare con la sola mano destra, essendo in tal
guisa rimasto vittima del proprio anomalo comportamento.

Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione la quale ha
osservato che i giudici della Corte territoriale avevano legittimamente
riscontrato nella condotta del ricorrente, alla stregua delle prove
acquisite agli atti, precisi profili di colpa, generica e specifica, da cui
è derivato l' infortunio del quale era rimasto vittima il lavoratore.

Gli stessi giudici, richiamando le dichiarazioni rese dalla vittima, hanno
ricordato come la sega circolare, alla quale la stessa era stata addetta,
non fosse stata adeguatamente posizionata e che tale attrezzo era stato il
giorno prima dell' incidente non fissato, bensì solo appoggiato sul terreno,
e dunque in condizioni di non assoluta stabilità, come avrebbe dovuto essere
proprio al fine di evitare spostamenti e scivolamenti, seppur di modesta
entità, che avrebbero messo a rischio l' incolumità dell' operatore.

L' instabilità dell' attrezzatura era stata confermata del resto non solo da
un teste ascoltato che ha sostenuto che la sega era stata solo "appoggiata"
e non "piantata" sul terreno, ma anche da un ispettore del lavoro che nel
suo rapporto ha sostenuto che all' imprudenza della vittima, che al momento
dell' incidente stava trattenendo l' asse da tagliare con una sola mano, si
era affiancata, quale elemento imprevedibile, l' improvvisa inclinazione del
piano sul quale si trovava la sega rotante che aveva provocato il
trascinamento della mano del lavoratore verso l' attrezzo e quindi il
contatto con lo stesso.

La suprema Corte ha quindi messo in evidenza che il lavoratore infortunato
era stato, d' altra parte, assunto da qualche giorno ed era stato addetto
alla sega circolare solo il giorno prima, senza adeguata formazione circa l'
uso dell' attrezzo né informazione circa i rischi connessi con l' utilizzo
dello stesso, circostanza questa che i giudici del merito hanno accertata in
quanto riferita dalla stessa vittima e ribadita dall' ispettore del lavoro
il quale ha sostenuto di non avere rinvenuto documentazione che attestasse
l' attività di formazione svolta nei confronti del lavoratore.

Di qui la specifica contestazione della violazione dell' articolo 22 del
D.Lgs.626/94 il quale impone al datore di lavoro di assicurare al dipendente
una formazione adeguata in materia di sicurezza e di salute con riferimento
alle specifiche mansioni affidate.

Quanto alle osservazioni fatte dall' imputato in merito alle precedenti ed
analoghe esperienze lavorative che l' infortunato aveva avute ed all'
efficacia delle informazioni ricevute sull' uso della sega, sia i giudici
del merito che quelli della Cassazione hanno rilevato "da un lato che nelle
sue precedenti esperienze lavorative la vittima aveva utilizzato attrezzi
diversi da quello adoperato nel caso di specie, attrezzi, peraltro, dotati
di dispositivi di sicurezza non rinvenuti nella sega circolare; dall' altro,
che le sommarie informazioni fornite 'sul campo' dai colleghi di lavoro non
potevano ritenersi idonee a garantire un' adeguata formazione del
lavoratore".






Sentenza 22/4/2011 n. 16087

Udienza Pubblica del 22/12/10

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - rel. Consigliere

Dott. D' ISA Claudio - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) C.G. nato il (omissis);

avverso la sentenza n. (omissis) Corte Appello di T., del (omissis); visti
gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in Pubblica Udienza del (omissis) la relazione fatta dal Consigliere
Dott. Giacomo Foti;

udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galati che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

OSSERVA

1- Con sentenza del (omissis), il giudice monocratico del Tribunale di A.,
sezione distaccata di B., ha dichiarato C.G. colpevole del delitto di
lesioni colpose gravi commesse, con violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro (articolo 590, commi 1, 2 e 3 C.P.),
in pregiudizio del dipendente B.E., e lo ha condannato alla pena di cinque
mesi di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in favore della
costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio quanto ai danni
biologico e patrimoniale, e liquidando direttamente il danno morale in euro
11.000,00; somma assegnata a titolo di provvisionale.

Secondo l' accusa, condivisa dal tribunale, il C.G., nella qualità di
responsabile dell' omonima impresa individuale, per colpa generica e
specifica, ha cagionato al lavoratore lesioni personali consistite nell'
amputazione del 2 e 3 dito della mano destra, venuta a contatto con la lama
della sega circolare con la quale il dipendente stava provvedendo a tagliare
alcune assi.

In particolare, era accaduto che detto attrezzo, mentre il B.E. spingeva,
con la sola mano destra, un' asse verso la lama, si era improvvisamente
inclinato verso sinistra; ciò aveva determinato lo spostamento dell' asse,
di talché la mano destra del lavoratore era entrata in contatto con la lama
che ne aveva reciso due dita.

Il giudice del merito ha rilevato, nella condotta dell' imputato, precisi
profili di colpa per non avere lo stesso adeguatamente curato la formazione
professionale del dipendente, per non averlo informato sui rischi connessi
alle mansioni allo stesso assegnate e per non avere provveduto a fissare al
suolo la sega circolare per renderla stabile e ridurre, così, il rischio di
incidenti.

In punto di nesso causale, lo stesso giudice ha sostenuto che l' evento è
stato diretta conseguenza del mancato rispetto, da parte dell' imputato di
norme cautelari generiche e specifiche e che la condotta imprudente della
vittima non ha in alcun senso interrotto il nesso eziologico tra le
richiamate inadempienze e l' evento determinatosi.

Su appello dell' imputato, la Corte d' Appello di T., con sentenza del
(omissis), ha confermato la decisione impugnata.

Avverso tale sentenza propone ricorso, per il tramite del difensore, il C.G
che, con unico motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione
della sentenza impugnata in punto di affermazione della responsabilità
frutto, a suo dire, di travisamento del fatto e delle prove.

L' infortunio, si sostiene nel ricorso, non sarebbe stato causato da un
difetto di formazione o di informazione del lavoratore, in realtà
adeguatamente preparato all' uso della sega circolare, bensì dalla condotta
superficiale ed imprudente dello stesso lavoratore che, benché invitato a
porre la massima attenzione nell' uso della sega e di utilizzare ambedue le
mani, aveva sospinto l' asse da tagliare con la sola mano destra, essendo in
tal guisa rimasto vittima del proprio anomalo comportamento.

2- Il ricorso è infondato.

I giudici del gravame hanno, invero, legittimamente riscontrato nella
condotta dell' odierno ricorrente, alla stregua delle emergenze probatorie
in atti, precisi profili di colpa, generica e specifica, da cui è
causalmente derivato l' infortunio del quale è rimasto vittima B.E. . In
particolare, richiamando le dichiarazioni rese dalla vittima, i giudici del
merito hanno ricordato come la sega circolare, alla quale la stessa era
stata addetta, non fosse stata adeguatamente posizionata. Tale attrezzo
invero, era stato il giorno prima dell' incidente non fissato, bensì solo
appoggiato sul terreno, e dunque in condizioni di non assoluta stabilità,
come avrebbe dovuto essere proprio al fine di evitare spostamenti e
scivolamenti, seppur di modesta entità, che avrebbero messo a rischio l'
incolumità dell' operatore.

L' imprudente e negligente impianto della sega è stato confermato, non solo
dal teste M.O., che, secondo il giudice di primo grado, pur avendo sostenuto
che la sega era stata in maniera stabile poggiata sul terreno, ha in
dibattimento ammesso che la stessa era stata solo "appoggiata", non
"piantata" sul terreno, ma anche dall' ispettore del lavoro C.P. .

Costui ha, invero, sostenuto che all' imprudenza della vittima, che al
momento dell' incidente stava trattenendo l' asse da tagliare con una sola
mano, si era affiancata, quale elemento imprevedibile, l' improvvisa
inclinazione del piano, sul quale si trovava la sega rotante, che aveva
provocato il trascinamento della mano del lavoratore verso l' attrezzo ed il
contatto con lo stesso.

L' imputato, dunque, aveva, per colpa, consentito che il dipendente
utilizzasse la sega senza essersi previamente assicurato dell' esatto
posizionamento della stessa, così da evitare il rischio di pericolosi
spostamenti anche minimi, concretizzatosi nel caso di specie ai danni del
B.E. .

Quest' ultimo, d' altra parte, assunto da qualche giorno, era stato addetto
alla sega circolare solo il giorno prima, senza adeguata formazione circa l'
uso dell' attrezzo né informazione circa i rischi connessi con l' utilizzo
dello stesso. Circostanze che i giudici del merito hanno ritenuto accertate
in quanto riferite dalla stessa vittima e ribadite dall' ispettore C.P., il
quale ha sostenuto di non avere rinvenuto documentazione che attestasse
attività di formazione svolte nei confronti del lavoratore.

Di qui la specifica contestazione della violazione del Decreto Legge n. 626
del 1994, articolo 22 il quale impone al datore di lavoro di assicurare al
dipendente una formazione adeguata in materia di sicurezza e di salute con
riferimento alle specifiche mansioni affidate.

Quanto alle osservazioni proposte, sul punto, dall' imputato circa le
precedenti ed analoghe esperienze lavorative del B.E. ed all' efficacia
delle informazioni ricevute sull' uso della sega, i giudici del merito hanno
rilevato, in termini di assoluta coerenza logica, da un lato, che nelle sue
precedenti esperienze lavorative la vittima aveva utilizzato attrezzi
diversi da quello adoperato nel caso di specie, attrezzi, peraltro, dotati
di dispositivi di sicurezza non rinvenuti nella sega circolare; dall' altro,
che le sommarie informazioni fornite "sul campo" dai colleghi di lavoro non
potevano ritenersi idonee a garantire un' adeguata formazione del
lavoratore.

A fronte di tali emergenze probatorie, le censure proposte si presentano
infondate, oltre che, per alcuni aspetti, generiche e dirette solo ad una
non consentita rilettura dei fatti.

Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato ed il ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.



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REGIONE PIEMONTE: AGGIORNATA LA RACCOLTA DI QUESITI SUL D.LGS.81/08



Da: http://www.puntosicuro.it

Anno 13 - numero 2708 di martedì 27 settembre 2011


Una raccolta di quesiti sul D.Lgs.81/08: applicazione, macchine, DPI,
cantieri, segnaletica di sicurezza, movimentazione manuale dei carichi,
videoterminali.

La Direzione Sanità, Prevenzione Sanitaria ambienti di vita e di lavoro
della Regione Piemonte ha aggiornato la raccolta di quesiti sul D.Lgs.81/08,
pervenuti al numero verde regionale per la sicurezza sul lavoro (800 580
001).



Pubblichiamo alcuni dei quesiti e le relative risposte.

NEL MIO LAVORO DI CONSULENTE TROVO SOVENTE DIPENDENTI CHE PRESTANO
VOLONTARIATO NEL 118. PER TALI PERSONE E' VALIDO L' ATTESTATO RELATIVO AL
CORSO CHE HANNO FREQUENTATO PRESSO LE VARIE ASSOCIAZIONI PER LO SVOLGIMENTO
DELLA FUNZIONE DI ADDETTI AL PRIMO SOCCORSO AZIENDALE, COME DA D.LGS.81/08 ?

Occorre verificare che i corsi frequentati per il ruolo di volontario siano
equipollenti ai corsi di formazione previsti dal D.M.388/03.

E' POSSIBILE NONCHE' CORRETTO IN UN COMUNE DELEGARE IL RUOLO DI DATORE DI
LAVORO AL SEGRETARIO GENERALE.

Si deve chiarire se si tratta di delega di funzioni (ex articolo 16 del
D.Lgs.81/08) oppure di individuazione (ex articolo 2, comma 1, lettera b)
del D.Lgs.81/08).

Nel primo caso la delega può essere fatta nei confronti di chiunque, purché
la stessa rispetti i seguenti requisiti:

- che essa risulti da atto scritto recante data certa;

- che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed
esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;

- che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione,
gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni
delegate;

- che essa attribuisca al delegato l' autonomia di spesa necessaria
allo svolgimento delle funzioni delegate;

- che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.

Nel secondo caso l' individuazione avviene tra le figure di dirigente al
quale spettano i poteri di gestione (ovvero il funzionario non avente
qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest' ultimo sia preposto ad
un ufficio avente autonomia gestionale) tenendo conto dell' ubicazione e
dell' ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l' attività, e
affidando al soggetto individuato autonomi poteri decisionali e di spesa.

VOLEVO CHIEDERE ALCUNE INFORMAZIONI RIGUARDANTE L' UTILIZZO IN AZIENDA DI UN
CARRELLO ELEVATORE CON MOTORE A COMBUSTIONE INTERNA. NON SONO RIUSCITO A
TROVARE UN RIFERIMENTO NORMATIVO SULL' OBBLIGO A NON UTILIZZARE QUESTA
TIPOLOGIA DI CARRELLO ALL' INTERNO DI UN AZIENDA. ESISTE UNA NORMATIVA IN
MERITO?

Non esiste un divieto assoluto all' utilizzo di attrezzature di lavoro con
motore a combustione interna nei luoghi di lavoro chiusi. Il loro impiego è
consentito stante l' indicazione contenuta all' Allegato VI del D.Lgs.81/08
"Disposizioni concernenti l' uso delle attrezzature di lavoro" al punto 2.4
che indica "Le attrezzature di lavoro mobili dotate di un motore a
combustione possono essere utilizzate nella zona di lavoro soltanto qualora
sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per a sicurezza
e la salute dei lavoratori". Va infine ricordato l' obbligo in capo al
datore di lavoro, oltre che, di valutazione dei rischi e di adozione delle
misure conseguenti di contenimento del rischio stesso anche quello, in
ragione del contenuto indicato al punto 2.1.4 bis dell' allegato IV del
D.Lgs.81/08, di adottare provvedimenti atti ad impedire o a ridurre, per
quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione di gas o vapori irrespirabili
o tossici od infiammabili, odori o fumi di qualunque specie prodotti nello
svolgimento dei lavori. L' emissione di gas di scarico nell' ambiente di
lavoro deve essere abbattuta secondo il punto 2.1.4 bis dell' allegato IV
del D.Lgs.81/08.

A BREVE INIZIERANNO LAVORI PER UNA SEMPLICE RISTRUTTURAZIONE INTERNA DI UN
ALLOGGIO IN PROVINCIA DI SAVONA, DOVE LAVORERA' L' IMPRESA EDILE, L'
IDRAULICO (LIBERO PROFESSIONISTA) E L' ELETTRICISTA (LIBERO PROFESSIONISTA)
IL DUBBIO CHE HO E' CHE CI SIA L' OBBLIGATORIETA' DI REDIGERE UN PSC O SOLO
ACCERTARSI DELLA VERIFICA DELLA IDONEITÀ TECNICO-PROFESSIONALE DELLE DITTE E
DEI LAVORATORI. L' ARTICOLO 90 DEL D.LGS.81/08 DICE CHE IL PSC È
OBBLIGATORIO IN PRESENZA DI PIU' IMPRESE , MA IO MI DOMANDO SE IL LAVORATORE
AUTONOMO È EQUIPARATO A "IMPRESA". EVENTUALMENTE PER NON REDIGERE IL PSC, L'
IMPRESA PUÒ NEL SUO POS INGLOBARE ANCHE I 2 ARTIGIANI ?

La dottrina, sin dal D.Lgs.494/96, ha ritenuto che nell' indicare "imprese"
il legislatore abbia voluto indicare imprese articolate con almeno un
lavoratore (e quindi un datore di lavoro) escludendo dal computo i
lavoratori autonomi.

Attualmente il D.Lgs.81/08 richiede "la presenza di più imprese esecutrici"
che sono definite dall' articolo 89 come "impresa che esegue un' opera o
parte di essa impegnando proprie risorse umane e materiali", mentre la
definizione di lavoratore autonomo è quella di "persona fisica la cui
attività professionale contribuisce alla realizzazione dell' opera senza
vincolo di subordinazione".

Nonostante quindi si debba ritenere che il lavoratore autonomo non debba
essere computato tra le imprese si deve registrare una recente sentenza di
segno contrario (Cassazione Sezione IV, Sentenza n. 1770 del 16 gennaio
2009).

Infine se il lavoratore non è autonomo, ma è subordinato all' impresa deve
essere soggetto alla tutela da parte del datore di lavoro e quindi anche
inserito nel POS.

Si fa ancora rilevare che l' allegato XV "Contenuti minimi dei piani di
sicurezza nei cantieri temporanei o mobili" del D.Lgs.81/08, al punto 3.2.1,
lettera a), numero 7), stabilisce che il POS deve contenere, tra l' altro,
l' indicazione dei lavoratori autonomi operanti in cantiere per conto dell'
impresa esecutrice stessa.

LA MANCATA INDIVIDUAZIONE DEL DIRETTORE TECNICO DI CANTIERE O DEL
CAPOCANTIERE POTREBBE ESSERE SANZIONATA DALL' ARTICOLO 159, COMMA 1 DEL
D.LGS.81/08, STANTE CHE I NOMINATIVI DI TALI FIGURE SONO RICHIESTE DALL'
ALLEGATO XV, PARAGRAFO 3.2.1, PUNTO 6 DEL MEDESIMO DECRETO IN QUANTO
CONSIDERATI CONTENUTI MINIMI DEL POS ?

Sì, l' allegato XV definisce i requisiti minimi del POS e, quindi, ex
articolo 159, l' assenza di uno o più elementi dell' allegato XV integra la
violazione punita con l' ammenda da 2.000 a 4.000 euro.



La raccolta di quesiti sul D.Lgs.81/08 a cura della Direzione Sanità,
Prevenzione Sanitaria ambienti di vita e di lavoro della Regione Piemonte è
scaricabile all' indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/110927_Reg_Piemonte_quesiti_81.pdf