mercoledì 30 ottobre 2013

Oggi all'Ilva: inalano fumi, intossicati 15 operai



TARANTO – Quindici operai dell’Ilva questa mattina sono stati portati in
infermeria dopo aver avvertito sintomi di intossicazione per aver inalato
fumi che si sono sprigionati dalla Siviera di emergenza della Colata a caldo
dell’Acciaieria 1, probabilmente a causa di un incendio....«grave l’atteggiamento
di alcuni responsabili di reparto che hanno chiesto ai lavoratori di
continuare a lavorare nonostante l’accaduto e senza aver effettuato le
opportune verifiche».

Dopo essere stati sottoposti ad accertamenti in infermeria, i 15 operai del
reparto CCO1 dell’Acciaieria 1 dell’Ilva sono rientrati al lavoro. Hanno
avuto difficoltà di respirazione dopo aver inalato i fumi che si sono
sprigionati dalla siviera.


sabato scorso Sei operai intossicati in acciaieria 1 all'Ilva


TARANTO – Sei operai dell’Ilva sono rimasti intossicati sabato sera mentre
lavoravano nel reparto CCO1 (Colata Continua) dell’Acciaieria 1 dello
stabilimento di Taranto...intossicazione sarebbe dovuta all’inalazione "di
monossido di carbonio e chissà quali altre sostanze, sprigionate nel
capannone senza che nessun tipo di allarme abbia avvertito le maestranze".

Gli operai sono stati soccorsi nella infermeria e non hanno riportato gravi
conseguenze. "certo che tali sostanze invece di finire in qualche cappa di
aspirazione, sicuramente in avaria, sono finite nei polmoni dei lavoratori".

Muoiono tre operai

Tre morti in tre località diverse. A Positano un uomo precipita su una
scogliera, a Castellaneta un lavoratore viene schiacciato da un muletto, a
Pescina un operaio cade da un capannone


30 ottobre 2013
ROMA - Tre morti in tre incidenti diversi. La piaga delle vittime sul
lavoro non dà tregua. A Pescina, vicino l'Aquila, un uomo è caduto dal tetto
di un capannone su cui stava lavorando. A Castellaneta, in provincia di
Taranto, un operaio è morto schiacciato da un muletto in un'azienda
agricola. A Positano un uomo che stava lavorando in un albergo è precipitato
sugli scogli da un'altezza di trenta metri.

Cade da una tettoia a Pescina, L'Aquila. Un operaio di 38 anni è morto
cadendo da una tettoia su cui stava lavorando nella frazione Venere di
Pescina, vicino L'Aquila. Francesco Trabalsi, questo il nome dell'operaio,
era sul tetto di un capannone dell'azienda Cerone Calcestruzzi per cui
lavorava, quando è caduto accidentalmente. All'arrivo del 118 l'uomo era già
morto.

Travolto da un muletto a Taranto. Stava raccogliendo l'uva all'interno di
un'azienda agricola quando è stato travolto da un muletto. È morto così a
Castellaneta, in provincia di Taranto, un operaio albanese. L'uomo stava
effettuando le operazioni di carico-scarico dell'uva quando è caduto da
un'altezza di un metro e mezzo rimanendo schiacciato da un muletto. Soccorso
da personale del 118, il 37enne è morto poco dopo per le gravi lesioni
riportate. Sul posto sono intervenuti anche vigili del fuoco e carabinieri,
che hanno posto sotto sequestro il mezzo e hanno avviato le indagini per
accertare l'esatta dinamica dell'accaduto e verificare il rispetto delle
norme di sicurezza.

Cade da un'altezza di 30 metri a Positano. Un uomo è morto mentre lavorava
vicino un costone roccioso a Positano, nel salernitano. L'operaio, Giovanni
Celentano, 55 anni, stava smontando una tenda in un albergo della zona
quando la scala sulla quale era salito si è ribaltata finendo su di un
muretto, facendolo precipitare sugli scogli da un'altezza di 30 metri. Per
l'uomo non c'è stato nulla da fare.  Il corpo, finito sugli scogli, è stato
recuperato grazie all'impiego di un elicottero dei vigili del fuoco

Crollo al liceo Darwin di Rivoli, 6 condanne e un'assoluzione

Nel novembre 2008 perse la vita lo studente Vito Scafidi

La tragedia in provicnia di Torino 5 anni fa. In primo grado era stato condannato soltanto uno dei sette imputati. Il sostituto procuratore di Torino, Raffaele Guariniello: questa sentenza è tappa fondamentale per la sicurezza nelle scuole

Torino, 28 Ottobre 2013

Sei condanne e una assoluzione. E' il verdetto del processo d'Appello a Torino per il crollo al liceo Darwin di Rivoli. Qui nel novembre del 2008 perse la vita lo studente Vito Scafidi. In primo grado era stato condannato soltanto uno dei sette imputati. Le pene inflitte vanno da un minimo di 2 anni e 2 mesi a un massimo di 4 anni.

L'unico assolto, per non avere commesso il fatto, è stato il funzionario della provincia di Torino, Massimo Masino. Confermata la condanna a 4 anni per Michele Del Mastro, sono stati condannati anche gli altri due funzionari della Provincia di Torino: 3 anni e 4 mesi per Sergio Moro e 3 anni per Enrico Marzilli. Condannati anche i tre insegnanti che erano responsabili della sicurezza della scuola, ovvero Paolo Pieri (2 anni e 6 mesi), Diego Sigot (2 anni e 2 mesi) e Fulvio Trucano (2 anni e 9 mesi). Decise anche provvisionali per 400 mila euro, 300 mila euro dei quali alla mamma di Vito Scafidi, Cinzia Caggiano. Alla lettura della sentenza la donna è scoppiata a piangere.

Guariniello: sentenza tappa fondamentale per la sicurezza nelle scuole

Il sostituto procuratore Raffaele Guariniello che con i pm Laura Longo e Francesca Traverso ha rappresentato l'accusa al processo del liceo Darwin a Torino ha affermato che "dopo Thyssen ed Eternit questa sentenza è una tappa fondamentale per la sicurezza nelle scuole". "Le scuole - ha aggiunto il magistrato - non devono essere luoghi pericolosi. Spero che questa sentenza faccia capire a tutti, compresi Comuni, enti e le scuole stesse, che la sicurezza è fondamentale per i nostri figli e nipoti".

Video "50° Anniversario Tragedia del Vajont" Paderno Dugnano ricorda

Buongiornovi invio i link del video che Massimo Azzolini dell'Associazione  "Circolo Culturale La Meridiana",ha girato durante la nostra partecipazione agli eventi sulla frana del Vajont
http://www.youtube.com/watch?v=5pzQbGAW9-4http://www.youtube.com/watch?v=l9m4eC7wWrwSaluti
 

Lorena Tacco

operaio muore schiacciato da una gru

Operaio di Torre muore a Milano dopo un volo di dieci metri



TORRE SANTA SUSANNA  brindisi- A distanza di poche ore dai funerali di Piero
Miccoli, l’operaio torrese morto schiacciato da una gru mentre era al
lavoro, a Torre Santa Susanna si torna a parlare di morti bianche, si torna
a piangere per la tragica scomparsa di un altro padre di famiglia. Un’altra
vittima caduta sul lavoro che colpisce inesorabilmente una famiglia di
onesti lavoratori torresi emigrati a Busto Carolgo, in provincia di Milano.

Emanuele Pungente, 43 anni, originario di Torre Santa Susanna ma residente
in Lombardia da tempo, è morto ieri precipitando da un cestello elevatore
mentre stava installando un telone pubblicitario. È successo poco dopo le
21, a Milano, in via Cenisio, in corrispondenza del cantiere della
metropolitana 5 adiacente al Cimitero Monumentale, praticamente di fronte
all’incrocio con via Messina.

La dinamica dell’incidente, su cui sono in corso gli accertamenti di polizia
e Asl, è ancora da chiarire nei dettagli. Alcune circostanze tuttavia
sembrano già ricostruite. L’uomo era all’opera, con l’aiuto di un collega,
per sistemare un grande telone pubblicitario sul supporto metallico alto una
quindicina di metri che, in quel punto, si affaccia sulla strada, con il
cantiere alle spalle. Entrambi si trovavano al lavoro sul cestello alle
prese con la fatica, compiuta chissà quante volte, di assicurare il pesante
telone alla parte più alta del supporto per poi srotolarvelo sopra.

Al momento della caduta il compagno della vittima era concentrato sul
proprio compito e pare che non abbia fatto in tempo ad accorgersi di nulla:
un grido e un attimo dopo il collega giaceva esanime sul basamento in
cemento armato. Dopo un volo di dieci metri. Immediato l’arrivo del 118 e il
tentativo di salvare la vita ad Emanuele Pungente, per il quale purtroppo
non c’è stato nulla da fare. Stando alle primissime e ancora parziali
verifiche sembra che le attrezzature di sicurezza previste per questo genere
di lavoro, dai caschi alle imbragature, fossero regolarmente in dotazione di
entrambi i lavoratori. Gli accertamenti riguarderebbero a questo punto il
loro effettivo utilizzo.

A Torre, dove vivono la mamma, due sorelle entrambe sposate ed altri
parenti, la notizia è arrivata come un macigno. È stata la moglie di
Emanuele a fare la telefonata che non avrebbe mai voluto fare, ma le due
sorelle non hanno ancora fatto sapere alla loro madre della disgrazia.
Emanuele Pungente è uno dei tanti figli di questa terra che per il pane ha
dovuto emigrare al nord in cerca di lavoro ed ora, come riferiscono alcuni
amici più intimi di Torre ed alcuni familiari, aveva raggiunto una certa
tranquillità economica. Con la moglie e i due figli di 16 e 4 anni ogni anno
in estate tornava al suo paese per riabbracciare i suoi, e spesso con gli
amici coltivava la sua grande passione per la musica, esibendosi per gli
amici in Piazza Matteotti con le tastiere in tandem con il suo amico tenore
Piero Giustini. Già ieri mattina, i familiari della vittima sono partiti
alla volta di Milano dove la salma di Emanuele si trova a disposizione del
magistrato nell’obitorio del cimitero cittadino. Forse oggi stesso,
completate le formalità burocratiche, lo stesso magistrato darà l’autorizzazione
alla moglie ed ai familiari per il trasferimento a Torre Santa Susanna dove,
per loro espressa volontà, si svolgeranno i funerali e si procederà alla
tumulazione nel cimitero.

sabato 26 ottobre 2013

APPELLO: MAI PIÙ MORTI SOTTO I PALCHI!



Ciao,
sono Paola, madre di Matteo, rigger morto durante il montaggio del mega palco per il concerto di Laura Pausini.
Dopo un anno e mezzo dalla morte di mio figlio niente è cambiato. Abbiamo raccolto più di ottantamila firme, e vi ringrazio di cuore per aver firmato, ma poi è tornato il silenzio. 
Chiediamo di nuovo insieme che le norme sulla sicurezza del lavoro e le norme sulle costruzioni attualmente in vigore siano integrate con proposte a tutela degli operai dello spettacolo. E’ ora di dire basta ai morti sotto i palchi!
Vi chiedo di fare un ulteriore sforzo, ve ne sarò grata:
1) Condividete su Facebook
2) Inviate un tweet
Grazie,
Paola Armellini via Change.org

A seguire l’appello che potete firmare su Change.org, all’indirizzo:

APPELLO
A:
Enrico Giovannini, Ministero del Lavoro
Enrico Letta, Presidenza del consiglio
Laura Boldrini, Presidenza della Camera
Pietro Grasso, Presidenza del Senato
Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica
Ministero del Lavoro, Ufficio stampa
MAI PIÙ MORTI SOTTO I PALCHI!
SICUREZZA PER GLI OPERAI DEGLI SPETTACOLI LIVE
A seguito degli incidenti avvenuti negli ultimi 18 mesi nel settore degli spettacoli live il problema della sicurezza sul lavoro è diventato imprescindibile.
Paola Armellini, madre di Matteo, rigger morto il 5 marzo 2012 a Reggio Calabria, chiede alla Presidenza del Consiglio, ai Presidenti di Camera e Senato e al Ministro del Lavoro, di intervenire affinché siano finalmente emanate leggi adeguate a tutela degli operai costretti a svolgere il loro lavoro in condizioni di scarsa sicurezza o, addirittura, in assenza completa di idonee misure preventive.
“Dopo un anno e mezzo dalla morte di mio figlio, durante il montaggio del mega palco per il concerto di Laura Pausini, niente è cambiato. Lo dimostra l’ennesima recente tragedia: solo un mese fa Khaled Farouk Abdel Hamid ha perso la vita durante lo smontaggio del concerto dei Kiss, così come era accaduto a Francesco Pinna durante i lavori d’allestimento del palco di Jovanotti, tre mesi prima della morte di Matteo.”
Rigger, scaffolder, facchini, sono tutti “lavoratori invisibili”!
Operai specializzati adibiti a costruire e gestire le strutture per i grandi eventi live, come i concerti con turni di lavoro illimitati, esasperati dalla necessità di rispettare le consegne programmate, e con personale insufficiente. Condizioni rese ancor più “ad alto rischio” dalla mancanza di revisione dei materiali assemblati e da un’ organizzazione dei cantieri basata più sulla consuetudine che sulle regole e sulle leggi; una prassi che non rispetta la gerarchia formale e sostanziale dei ruoli operativi .
Quello dei concerti è un business milionario, l’unico nel mercato della musica in grado di assicurare, ancora oggi, i massicci guadagni di una volta. Una “spettacolarità” ottenuta grazie a strutture che possono superare i 50 metri d’altezza e le 70 tonnellate di peso. È un “gigantismo” che, in mancanza delle necessarie attenzioni progettuali e di una adeguata organizzazione dei cantieri, garantisce certo agli organizzatori un grande risparmio, ma a spese della sicurezza dei lavoratori!
E’ ora di dire basta ai morti sotto i palchi!
Chiediamo che le norme sulla sicurezza del lavoro e le norme sulle costruzioni attualmente in vigore (D.Lgs.81/08 e D.M.14/01/08 “Infrastrutture”), siano integrate con le seguenti proposte:
-         normativa contrattuale specifica per i Lavoratori dello Spettacolo Live, che tenga conto delle diverse mansioni e riconosca il lavoro ad alto rischio;
-         istituzione di un ufficio tecnico nazionale che esamini preventivamente i progetti strutturali e i progetti della sicurezza dei cantieri per gli spettacoli live;
-         sospensione immediata e sequestro delle attrezzature per gli spettacoli organizzati in mancanza dell’autorizzazione dell’ufficio tecnico di cui al punto precedente;
-         copertura assicurativa a carico del committente o datore di lavoro;
-         verifica dell’idoneità delle location che accolgono le strutture da montare;
-         programmazione degli eventi stabilita in base a turni e giornata lavorativa adeguati;
-         obbligo di registrazione dei nominativi dei lavoratori presenti;
-         reperibilità h 24 degli organi competenti preposti (Asl, Ispettorato del lavoro);
-         regolamentazione del sistema di scatole cinesi (appalti e sub-appalti) che lega società di produzione, promoter, service e cooperative nella gestione di tour e spettacoli live.
Le morti sul lavoro sono una piaga sociale che non risparmia alcun settore e che ci riguarda tutti!
E’ probabile che queste proposte non siano sufficienti ad evitare in futuro tragedie come quella di Matteo, Khaled o Francesco. Ma una maggiore attenzione da parte delle istituzioni costituirebbe almeno un primo segnale positivo a tutela di giovani “dimenticati”, e un passo concreto affinché questi operai non rimangano “fantasmi del palcoscenico”.
Cordiali saluti.

Tutti i governi sono a difesa dei padroni assassini. Legge di stabilità: "Soldi alle aziende, briciole alle vittime di infortunio sul lavoro"



La denuncia di Franco Bettoni, presidente Anmil: "Nelle logiche di chi ha scritto la legge di stabilità ha prevalso e vinto la lobby delle aziende". 

Ridotti premi e contributi per l'assicuazione contro gli infortuni

26 ottobre 2013

ROMA - I mancati stanziamenti previsti dalla legge di stabilità riducono premi e contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. La denuncia viene da Franco Bettoni, presidente nazionale dell'Anmil, l'associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro.

"E’ innegabile che ha prevalso e vinto la lobby delle aziende nelle logiche di chi ha scritto la legge di stabilità, disponendo in favore delle imprese (art. 6 co. 2) la riduzione dei premi e contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nel limite complessivo di 1.000 milioni di euro per il 2014, 1.100 milioni per il 2015 e 1.200 milioni per il 2016 - dice Bettoni - E per tali minori entrate verrà riconosciuto all’Inail un trasferimento da parte del bilancio dello Stato pari a 400 milioni di euro per il 2014, 500 milioni per il 2015 e 600 milioni per il 2016. Eppure, a fronte di questa ipotesi praticabile grazie all’avanzo di bilancio dell’Inail non si è riflettuto che quel bilancio è frutto di mancati riconoscimenti o di rendite inique a danno delle vittime del lavoro perché non si provvede a rivedere integralmente la normativa del 1965 né ad adeguare le prestazioni per la quota di danno biologico inserito dal 2000 e che da allora sono rimaste cristallizzate!".

"La perdita economica subita dagli infortunati si può valutare sulla base del mancato adeguamento annuale delle vigenti tabelle di indennizzo al costo della vita. Pertanto la quantificazione complessiva della mancata rivalutazione al 31 dicembre 2012, tenendo conto della natura moltiplicativa dei relativi indici, ammonta al 20,2%; e applicando un ulteriore incremento medio (stimato) per l’anno 2013, si perviene ad un indice pari a 21,25% che, in pratica, vuol dire che gli indennizzi in 13 anni hanno perso un quinto del loro valore".

"A titolo esemplificativo si può calcolare che un infortunato di 40 anni con un grado di menomazione pari al 15%, in base alla tabella attualmente vigente, percepisce un indennizzo pari a 20.200 euro mentre, se la stessa tabella fosse stata adeguatamente rivalutata, avrebbe percepito un indennizzo di 24.600 euro, dunque una perdita secca di 4.400 euro".

La situazione risulta "ancora più penalizzante per i casi di infortunio (o malattia professionale) di maggiore gravità. Un infortunato titolare di rendita di inabilità permanente del 50%, che percepisce per l’indennizzo del danno biologico una quota di rendita pari a 6.700 euro annui, avrebbe dovuto percepire 8.200 euro, vale a dire 1.500 euro in più ogni anno. Invece, per un infortunato con inabilità permanente assoluta (100%) il divario è ancora più pesante: attualmente, a titolo di indennizzo per la quota di danno biologico, percepisce una rendita di 16.000 euro l’anno, con l’adeguamento completo della tabella percepirebbe 19.500 euro, rimanendo cioè penalizzato di ben 3.500 euro ogni anno". 

"Appare evidente l’assoluta necessità ed urgenza di procedere ad una revisione integrale e migliorativa di tutto il sistema di indennizzo del danno biologico – conclude il presidente Bettoni – e poiché la partita è ancora aperta, chiediamo alle forze politiche sensibili e interessate al problema e ai sindacati di schierarsi al nostro fianco, in quanto, se con la riduzione dei premi continuerà a consumarsi l’avanzo dell’Inail, quando potranno essere adeguate le nostre rendite?"



giovedì 24 ottobre 2013

"Incidenti sul lavoro, lo strano conteggio dell'Inail sui cui vanno riaccesi i riflettori". Intervento di Marco Bazzoni





C’è un tema molto importante, di cui si discute mai, forse perché è un tema scomodo, spinoso, indigesto: le morti sul lavoro. Un dramma che nel 2012 (dati Osservatorio Indipendente di Bologna diretto da Carlo Soricelli, ex operaio metalmeccanico in pensione) ha causato oltre 1180 morti, anche se l’Inail da anni, ci va ripetendo che le morti sul lavoro (e anche gli infortuni) sono in calo, tanto che secondo i dati Inail, nel 2012 ci sono state 790 morti sul lavoro. Un dato tutt’altro che esatto, dal momento che 790 morti, sono solo quelli riconosciuti dall’Inail ma le denunce per infortunio mortale sono state 1296 nel 2012.
Sembra pertanto ci sia un evidente problema di riconoscimento della natura degli infortuni mortali sul lavoro, visto che 481 denunce, nel 2012, non sono state classificate come morti sul lavoro!
E voglio essere anche più chiaro, visto che negli ultimi anni l’Inail ci va parlando di un costante calo delle morti sul lavoro.
A questo link scopriamo, che:

- 2008, le denunce per infortunio mortale sul lavoro sono state 1624, ma l’Inail ne ha riconosciute solo 1110, 514 lavoratori non sono stati considerati morti sul lavoro
- 2009, le denunce per infortunio mortale sul lavoro sono state 1534, ma l’Inail ne ha riconosciute solo 1011, 521 lavoratori non sono stati considerati morti sul lavoro
2010, le denunce per infortunio mortale sul lavoro sono state 1483, ma l’Inail ne ha riconosciute solo 983 , 500 lavoratori non sono stati considerati morti sul lavoro
2011, le denunce per infortunio mortale sul lavoro sono state 1367, ma l’Inail ne ha riconosciute solo 866 , 496 lavoratori non sono stati considerati morti sul lavoro
2012, le denunce per infortunio mortale sul lavoro sono state 1296, ma l’Inail ne ha riconosciute solo 790, 481 lavoratori non sono stati considerati morti sul lavoro

Le denunce per infortunio mortale saranno anche calate in questi anni (molto probabilmente a causa della crisi e della crescente disoccupazione), ciò che è strano è che in tutti questi anni il numero di lavoratori che non sono stati considerati morti sul lavoro dall’Inail ammonta, ogni anno, a circa 500. Se prendiamo in esame l’intervallo di tempo dal 2008 al 2012, la cifra complessiva, incredibile è di 2512 unità.
A questo punto la domanda sorge spontanea: con quali criteri l’Inail considera che un lavoratore è morto sul lavoro e un altro no? 500 denunce annue per infortunio mortale sul lavoro non vengono classificate come morti sul lavoro. Perché? Possibile che non ci sia un giornalista in Italia che si è fatto questa domanda?

Il dramma delle morti sul lavoro, deve essere centrale in un Paese che si definisce democratico, poiché un Paese civile non si può permettere tutte queste morti sul lavoro.
E anche se l’Inail, da anni, continua a dire, che le morti sul lavoro sono in calo, non bisogna assolutamente abbassare la guardia sul tema della salute e sicurezza sul lavoro, cosa che purtroppo in questi anni è accaduta!
Basterebbe citare il Dlgs 106/09 voluto dall’ex Governo Berlusconi, di cui non basterebbe un articolo per elencare tutte le norme negative in esso contenute. Un decreto che all’inizio fu definito “correttivo”, ma che di correttivo non aveva un bel niente ma che si configurava semplicemente uno stravolgimento del testo unico per la sicurezza sul lavoro voluto dal Governo Prodi (Dlgs 81 del 9 Aprile 2008).
Tanto per citare alcune modifiche negative: sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti e preposti, autocertificazione dvr per le aziende fino a 10 dipendenti, proroga di 90 giorni per le nuove imprese o modifiche sostanziali apportate a imprese esistenti.
Ma non finisce qui, in tutti questi anni poco o nulla è stato fatto per aumentare i controlli per la sicurezza sul lavoro.
A ciò si unisce ill blocco dell’assunzione dei tecnici della prevenzione dell’Asl, che sono gli unici titolati a fare i controlli per la sicurezza e salute sul lavoro, gli ispettori sul lavoro hanno solo una piccola deroga per la sicurezza nei cantieri, ma devono sempre preavvisare le Asl territorialmente competenti.
In questi anni molti tecnici Asl sono andati in pensione e non sono stati rimpiazzati, quindi va da se che ogni anno che passa ci sono sempre meno controlli per la sicurezza sul lavoro, perché il personale è scarso ed è ridotto all’osso e non si sta facendo nulla per aumentarlo, tanto che che qualche anno fa in tutta Italia c’erano circa 1850 tecnici della prevenzione dell’Asl, ma ad oggi sono sicuramente molti meno (di sicuro molto meno di 1850).
In Italia ci sono 3-4 milioni di aziende, se dovessero controllarle tutte, ogni azienda riceverebbe un controllo ogni 33 anni, praticamente mai!
Non c’è un programma di attualità, che abbia la forza, il coraggio di parlare di un dramma che affligge questo Paese, che è quello delle morti sul lavoro, si parla di tutto nei programmi di attualità in prima serata, di tutto, ma non dei lavoratori che muoiono sul lavoro: che tristezza!
Rivolgo un forte appello al mondo dell’informazione, riaccendete, come si suol dire, i riflettori, sul dramma, troppo spesso dimenticato delle morti sul lavoro.
Una dramma che non fa solo morti, ma rovina famiglie e rende tanti giovani orfani e soli!

Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza-Firenze
Email: bazzoni_m@tin.it

Ancora sangue sui binari!

Luciano Serrani, operaio di 61anni, dipendente della Cooperativa Facchini e Portabagagli di Bologna, è
morto sabato 19 ottobre nella stazione di Ancona, schiacciato dall'idropulitrice utilizzata per pulire
esternamente i treni.
Non è posssibile assistere passivamente a questi omicidi come è inaccettabile che si debba perdere la
vita per pulire un treno.
Queste morti sono il frutto degli appalti al massimo ribasso tanto cari all'AD Moretti e che comportano
condizioni di lavoro disumane, inesistenti livelli di sicurezza e paghe - quando arrivano - da fame. Che
questo avvenga all'interno delle cooperative la dice lunga sulla natura di queste vere e proprie
imprese che con la scusante del socio-lavoratore impongono condizioni di lavoro inaccettabili.
Vergognoso che di fronte a questa tragica morte i sindacati di regime non siano andati oltre il generico comunicato di condoglianze indirizzato alla famiglia e che non sia stato effettuato neanche un minuto di sciopero, quasi che le morti di e sul lavoro siano da attribuire al fato.
Questi professionisti della complicità si ricordano dei lavoratori degli appalti solo in occasione dei referendum sul contratto, quando tornano utili per approvare, sotto il ricatto del posto di
lavoro, le porcate sottoscritte.
Sui social network abbiamo letto questo scritto di un lavoratore del settore che condividiamo appieno e che facciamo nostro: "Cari Sindacati tutti , nazionali e loro lavapiedi , prima o poi doveva succedere ,ce lo aspettavamo che ci scappava il morto e non sara' nemmeno l'ultimo. Queste sono le inevitabili conseguenze delle privatizzazzioni, dei tagli selvaggi del personale che voi continuate a permettere alle ditte appaltatrici anche tramite contratti di solidarieta' falsi, in quanto il personale non e' in eccesso, ma e' sotto unita' . Voi, vi dichiarate coloro che sostengono la classe operaia, ma ormai da 20 anni non lo state piu' facendo, noi continuiamo a pagarvi la tessera; ma voi ci avete abbandonato, questo si chiama tradimento...!!! Ci avete abbandonato, lasciandoci morire tra gli artigli della comunità europea. Al primo posto, ora non avete piu', la tutela degli operai italiani, ma lo avete sostituito con cio' che desidera " la commissione europea " cioe' far tornare la classe operaia nella poverta' medioevale. Vergogna!! Siete diventati anche voi, come tutta la classe
politica schiavi della "troica" siete complici di tutti i trattati di Maastricht, di Lisbona, F.M.I., Fiscal compact, ecc..ecc... Mentre i politici dietro il potente ordine del " Bilderberg" hanno firmato questi trattati condannando a morte l'Italia intera , voi siete rimasti in un criminale silenzio , per lo squallido compenso della
salvaguardia delle vostre poltrone . VERGOGNA..!!"
Oltre alla giusta indignazione e alla denuncia, la piena riuscita dello sciopero generale promosso da usb e dal sindacalismo di base il 18 ottobre, le manifestazioni di fine settimana, a cui i ferrovieri hanno contribuito, hanno dimostrato che è possibile opporsi e reagire a questa situazione. Contro le poltiche delle larghe intese, dell'austerity e delle complicità sindacali è possibile lottare.
Facciamolo assieme!

USB Lavoro Privato Emilia Romagna
Via dei Mille,12 40121 Bologna Tel 0516390732 - fax 0514213337
e-mail: emiliaromagna@usb.it - usbferrovieri@gmail.com

mercoledì 23 ottobre 2013

Palermo .. morte sul lavoro di un giovane immigrato

COMUNICATO STAMPA

Esprimiamo la nostra rabbia e ci uniamo al dolore della famiglia  e della
comunità senegalese per la morte di Ousmane  Diallo, il ragazzo senegalese
morto domenica all'ospedale Civico di Palermo dove era ricoverato per
ustioni gravissime provocate da un fornello da campo esploso tra le sue mani
mentre si trovava nelle campagne siciliane per lavorare. E' morto per
guadagnare pochi euro al giorno, come altre migliaia di persone che ogni
giorno rischiano la vita per sopravvivere in questo paese lavorando.
Denunciamo le ignobili condizioni di vita dei lavoratori africani a
Campobello di Mazara per la raccolta delle olive, accampati in un ghetto
invivibile. Più di 25.000 donne e uomini migranti lavorano nell'agricoltura
siciliana, permettendo a questo settore della nostra economia di reggersi in
piedi anche in tempo di crisi. Le loro condizioni di sfruttamento sono però
inaccettabili e troppo spesso, dietro la frutta e la verdura che consumiamo,
si nascondono storie di violenza e di morte, di violazione dei diritti
fondamentali, di esistenze condotte in condizioni disumane e degradanti.
Anche queste morti ci appartengono, anche questo è "sangue nostrum", perché
le forme di neoschiavismo cui assistiamo sono permesse dalla Legge
Bossi-Fini, che produce "clandestinità" e riduce i lavoratori a non-persone
senza diritti, che non possono alzare la testa per il rischio di venire
detenuti ed espulsi.
Chiediamo che si prendano finalmente adeguate misure contro lo sfruttamento
dei migranti e per il rispetto dei diritti umani inviolabili, a cominciare
dall'abrogazione delle leggi vigenti in materia di immigrazione, leggi che
mentre dichiarano di combattere l'illegalità, non fanno altro che produrla
incessantemente.

Cobas Palermo, Osservatorio Noureddine Adnane, Laici Comboniani, Laboratorio
Zeta, CISS, Pietro Milazzo CGIL Sicilia, Salesiani S.Chiara Palermo

A pochi giorni dal terzo anniversario della strage Eureco

Paderno Dugnano, 15/10/2013
COMUNICATO STAMPA SULLE NOVITA' EURECO:
A pochi giorni dal terzo anniversario della strage dell'Eureco, ci giunge la notizia che la società Eureco si è data un volto nuovo, costituendosi come S.I.m.A.S. Srl con amministratore Elena Merlino e continua l'attività produttiva.
Dopo aver ucciso 4 persone e ferito gravemente 2 operai ed altri 2 traumatizzati, i Merlino continuano
a realizzare i loro profitti incuranti delle sentenze della Magistratura.
Nella sentenza del 23 aprile 2013, oltre ai 5 anni di carcere al Merlino per aver pervicacemente voluto, non rispettando le norme di sicurezza e le regole tecniche ed amministrative, mettere a rischio la vita dei propri operai ed inquinare l'ambiente, ha imposto un risarcimento provvisionale per i gravi danni provocati, che i Merlino, indifferenti, si rifiutano di pagare con manovre fuorvianti e dilatorie.
Come Comitato chiediamo all'Amministazione Comunale, alla ASL, all'ARPA e a tutte le Istituzioni preposte alla tutela della salute delle persone e dell'ambiente se questa nuova attività dei Merlino è in possesso delle regolari autorizzazioni ed è rispettosa delle norme di sicurezza dei lavoratori, specie nella manipolazione di sostanze pericolose.
Chiediamo inoltre alla Magistratura di far rispettare la sentenza di primo grado in cui si stabilivano dei
risarcimenti a persone che non hanno ancora, a tre anni di distanza, lavoro e dignità e che soffrono
enormi disagi fisici ed economici al punto che alcuni hanno perso casa o sono sotto sfratto.
Il Comitato vigilerà costantemente su questa allucinante storia di prevaricazione, impunità e sopraffazione di chi per proprie speculazioni e per personale profitto nuoce agli individui ed alla società, rimanendo a fianco delle famiglie degli ex lavoratori cercando di alleviare le loro sofferenze.
“Comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori Eureco”

COMITATO A SOSTEGNO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME E DEI LAVORATORI EURECO
http://cveureco.altervista.org - comitatovittime.eureco@gmail.com - Tel: 335.6863489
per solidarietà: IBAN IT71P0760101600000009791656 - causale “PRO LAVORATORI EURECO”
Comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori Eureco

UN NUOVO PROCESSO PER MORTI DA AMIANTO

COMUNICATO STAMPA

UN NUOVO PROCESSO PER MORTI DA AMIANTO



IN DATA ODIERNA MEDICINA DEMOCRATICA (MD) E ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI
AMIANTO (AIEA), DAVANTI AL TRIBUNALE DI PADOVA (GIUDICE DOTT.SSA DE NARDUS)
SONO STATI AMMESSI QUALI PARTI CIVILI NEL PROCEDIMENTO CONTRO AMUNDUNI E
GRESELE TITOLARI DELLA  FONDERIA VALBRUNA (PIOVE DI SACCO) PER LA MORTE DI
DUE LAVORATORI PER MESOTELIOMA PLEURICO, CAUSA L'ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO
GRANDEMENTE UTILIZZATO NELLE LAVORAZIONI.

L'udienza è stata rinviata al 20.02.2014 ore 12,00 per consentire la
citazione del Responsabile Civile come richiesto da  Medicina Democratica.

MEDICINA DEMOCRATICA è difesa dall'avv. Laura Mara del foro di Busto A. (VA)

L'AIEA dall'avv. Edoardo Bortolotto del Foro di Vicenza.

L'azienda è invece difesa dall'Avv. Tommaso Pisapia del FOro di Milano.



I processi intentati per le morti di lavoratrici e lavoratori esposti a
sostanze tossiche e cancerogene come l'amianto  hanno avuto un certo impulso
e si stanno celebrando in varie parti del nostro paese a partire dal
processo contro ENICHEM-MONTEDISON  di Marghera e alcuni anni dopo contro
ThyssenKrupp di Torino e contro ETERNIT di Casale Monferrato.

Solo in Veneto MD è stata parte civile in un processo contro TRICOM di Tezze
sul Brenta (morti per esposizione a cromo esavalente), arrivato in
Cassazione con condanna definitiva dei responsabili, è parte civile in un
altro processo contro ANSELMI di Campo San Piero (due lavoratori deceduti
per infortunio sul lavoro); MD e AIEA sono parti civili in un altro processo
contro la Marina Militare (due operatori della Marina morti per amianto),  e
AIEA è pure parte civile contro la spa TURBO MAN  di Belluno sempre per
esposizione all'amianto, ed in più sono stati presentati dalle due
associazioni vari esposti alla Magistratura per inquinamento ambientale  e
per morti sul lavoro.



Il Coordinamento Nazionale Amianto (CNA) , formato da diverse associazioni
delle vittime dell'amianto insieme ad associazioni scientifiche pochi giorni
fa l'8 di ottobre ha manifestato davanti al Parlamento perché venga
approvato, inserendo adeguati finanziamenti  nella legge di stabilità: solo
con le bonifiche e con l'eliminazione totale dell'amianto cesseranno i
malati e i morti da amianto



Milano 17 ottobre 2013

Armando Vanotto per AIEA

Fulvio Aurora per MD

martedì 22 ottobre 2013

L'ennesima ingiustizia di questo Stato per cui la vita degli operai e dei loro famigliari non vale niente

Muore sul lavoro, il rimborso dell'Inail arriva dopo 60 anni: 444 euro
Severino Busacchini morì nell’acciaieria dove lavorava il 30 marzo 1954. Oggi l'Inail ha rimborso i suoi eredi con 444,76 euro, senza tener conto dell‘inflazione: 60 anni fa, quella cifra corrispondeva a oltre venti mensilità.
Muore sul lavoro, il rimborso dell'Inail arriva dopo 60 anni: 444 euro.

“Gentili signori si è preso atto che l’assicurato indicato in oggetto, è deceduto”. Di solito cominciano così le lettere raccomandata con cui l'istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro informa gli eredi del malcapitato sulle modalità di pagamento del conguaglio a loro dovute. Ebbene nei giorni scorsi la signora Annalisa Lonati di Nave si è vista recapitare un rimborso da parte dell’Inail proprio per una “morte bianca”. Eppure, la donna deve aver avuto qualche momento di confusione quando ha letto quelle righe. Perché proprio a me? Avrà pensato. Poi quando ha letto il nome di Severino Busacchini,ha capito sicuramente. La tragedia, infatti, avvenne il 30 marzo 1954. Oggi l'Inps ha deciso di saldare il conto.  444,76 euro di rimborso su cui pesano sicuramente quei quasi 60 anni di ritardo e l'inflazione: nel 1954 infatti la cifra corrispondeva a oltre 1 anno e mezzo di stipendio. Almeno 20 mensilità dunque, erogate solo oggi come conguaglio di una “prestazione economica – recita l’oggetto – maturata prima del decesso”.

La storia è raccontata sul Corriere della Sera dalla signora Lonati, che per poter incassare l’assegno dovrà inoltre fornire una serie di documenti che comprovino il grado di parentela con Busacchini: “Quasi certamente quella pratica sarà rimasta sepolta in qualche cassetto – commenta al telefono la signora Annalisa -. Ma mi chiedo come mai decidere di portarla a termine dopo 60 anni. Sarebbe stato forse più dignitoso per tutti cestinarla”. Ma 60 anni quei soldi sarebbero serviti eccome alla vedova del signor Severino, “rimasta sola dopo soli tre mesi di matrimonio – spiega Annalisa – visto che si era sposata prima del Natale 1953 ed il 30 marzo suo marito è morto in fabbrica, a trent’anni”.

Straziante pagine di una madre che ha perso la figlia per infortunio sul lavoro. Lisa era un'ingegnere ed è morta 3 anni fa lontana oltre 1000 km da casa sua

1 marzo 2013

e urlo, urlo, urlo come una pazza ... perfino i morti, che mi guardano dalle loro gelide fotografie di ceramica sulle tombe, credo siano terrorizzati dal mio quotidiano appuntamento nella loro dimora e si domandino con quale diritto vengo a violare in quel modo il loro diritto alla quiete eterna.
e, forse, anche tu, amore mio,  temi che possa disturbare le anime, sei un po' preoccupata della mia irruenza, del mio non essere capace di un comportamento silente e pacato, del mio metterci l'anima in tutto quello che dico e che faccio, rispondendo a un moto che non so controllare ... come quando assistevo alle tue partite di pallavolo e discutevo con veemenza con il pubblico avversario, o quando inveivo contro gli arbitri, e tu, dal campo di gioco, con lo sguardo e un dito sulla bocca, mi imploravi "mamma, stai zitta" ... questa mamma, così presente, così poco incline al quieto vivere, così insofferente... così uguale a te nei tratti fisici e nell'anima, ma così diversa da te nei suoi comportamenti.
Sono fatta così, lo sai, l'hai sempre detto tu che sono iperbolica, che ho reazioni sempre esagerate, nel bene e nel male. Non posso certo cambiare adesso, ora che ho una ragione più forte per gridare al mondo la mia disperazione, con la violenza di un corpo e di una mente che si ribellano a un sopruso del destino, che va ben oltre la loro possibilità di accettarlo.
E, intanto, continuo a chiedermi, a chiederti, come hai potuto farmi questo ... abbandonarmi così, all'improvviso, rispondendo a chissà quale ordine, di chissà quale padrone e svuotando la mia vita di ogni senso per riempirla di angoscia, di sgomento, di niente.
Sì che ce l'ho il diritto per fare tutto questo ...
ho il diritto di chi non ha perso una cosa qualunque, ma ha perso se stessa e non sa più ritrovarsi nello spazio vitale, ogni giorno più angusto, dentro il quale si muove ...
il diritto di chi è stato privato dei colori dell'arcobaleno e non può più dipingere sogni, speranze, futuro ...
il diritto di chi non potrà mai accarezzare biondi capelli di teneri Amori, con gli occhi più azzurri del più azzurro dei cieli ...
il diritto di un sangue che non scorre più nelle vene, un sangue buono e generoso, tante volte donato, che urla il suo sdegno nel più assordante silenzio, lasciato per terra sul grigio, desolante cemento di un capannone vestito di morte ... un sangue che esce dai muri bianchi di Puglia e lascia il colore su leggi violate, coscienze assopite e increduli
cuori ...
era il tuo sangue, il mio sangue ...

Ho un diritto che non si trova tra le pagine di un Codice, è un diritto che vive, non scritto, tra le pieghe del cuore ...
sei tu il mio diritto, il mio diritto di Amore










28 marzo 2013

sai, amore,
c'è una signora che abita con noi da qualche tempo. Si muove per casa come fosse qui da sempre ... sa dove trovare ciò che le serve, cucina, lava e pulisce, entra ed esce di casa quando vuole, come fosse lei la padrona.
Senza chiedere il permesso, entra in tutte le stanze, compresa la tua, indossa i tuoi abiti e le tue scarpe, occupa il nostro bagno, quello coi pesciolini azzurri che usavi solo tu ... entra anche nei miei pensieri, senza poterli capire ...
E' una donna senza volto e senza contorni, ne sento solo i lamenti ... laceranti, disumani, come di chi ha un dolore che va oltre la comprensione umana. Cammina così velocemente che resta spesso impigliata nelle maniglie delle porte, si lacera i gomiti passando accanto agli stipiti, si ferisce con ogni cosa che tocca, anche la più innocua, non conosce più l'equilibrio, sbatte contro ogni cosa, picchia la testa ovunque, offre mani e caviglie a ogni spigolo vivo ..... anche il cuore non è indenne da queste ferite, ma è altro quello che le procura.

sai amore, questa donna assomiglia tanto alla tua mamma, ma non è vitale e divertente come lei, i suoi occhi sono persi nel vuoto o inondati di lacrime ...
a volte, vorrei che mi parlasse e mi dicesse chi, che cosa, perché le ha fatto tanto mal; perché non sorride mai; perché, a tratti, non vede più niente e comincia a salire un calvario che le toglie le forze; perché resta in piedi fino a tardi, la notte, come aspettasse qualcuno che non vuole arrivare ... la disperazione le ferma il respiro ed è costretta a soffocare i  lamenti che, impietosi,  si depositano sul cuore ...
Questa donna, forse, ha perso l'anima, è questa che va cercando, annaspando a tentoni e lasciando dietro di sé una spirale di angoscia che contagia ogni cosa.
E' forte e fragile, disperata e senza speranza, oppressa da una solitudine che le si è incollata addosso e sta permeando ogni attimo del tempo che non sa più vivere.
Questa donna è una specie di viaggio interrotto, bloccata in una landa deserta tra una stazione e l'altra; sa da dove è partita, ma dubita di poter raggiungere una meta; è un'attesa infinita di un miracolo che possa di nuovo farla vibrare.
E' una passeggiata lenta sulla linea monotona e incolore di un encefalogramma piatto e una corsa frenetica e segmentata sul tracciato di un cuore in tumulto.
Io la osservo, questa donna,  e quando avverto che sta per deragliare, le tendo la mano ... ma lei non la vede, forse non la vuole, persa com'è nell'inseguire il ricordo di un dialogo di sguardi incantati tra una una bambina e la sua mamma che, perdendo ciascuna la propria identità, hanno costruito un legame d'amore, che la vita ha spezzato, ma che l'amore tiene ben saldo.
In questo cammino, attraversa le cose senza vederle, calpesta il suo dolore per sentirlo presente, perché sa che il dolore è la traccia indelebile di quello che ha perso e va inutilmente cercando.
Questa donna abita in me ... io sono la sua ragione ... lei è il mo cuore.
e tu, bimba mia, sei tutto il mio amore.

***









Non serve a niente ...
non serve a niente aprire gli occhi la mattina ... non ti potrò vedere né abbracciare
non serve a niente cercare in me la voglia di fare una qualsiasi cosa ... è solo per te che farei qualsiasi cosa
non serve a niente parlarti come se tu fossi attorno a me o nella famosa stanza accanto ... non sento mai la tua voce che mi risponde
non serve a niente immaginare che sei partita per un lungo viaggio ... mi avresti mandato una fotografia al giorno
non serve a niente sperare che presto, prestissimo torni ... la tua ultima meta non ha ritorno
non serve a niente asciugare le lacrime ... solo tu le potresti fermare
non serve a niente ascoltare il mio cuore, se tu non puoi accarezzarlo con il tuo amore.
Non serve a niente vivere una vita che, senza di te, non serve a niente!

***


Sono un cane perduto senza collare e senza occhiali da sole, e, per chi vive di buio e nel buio, gli occhiali sono più importanti di un collare che possa riportarlo a un incosciente o sbadato padrone.
Brancolo su strade assolate, mentre un bagliore accecante mi fa perdere l'orientamento e mi impedisce di vedere contro chi e contro cosa sto per andare a sbattere, certa che qualunque cosa sia mi farà male.
Ho bisogno di acqua, non perché ho sete, bensì per cercare di sciogliere quella patina di desolazione che mi si è incollata addosso, mi blocca il respiro e mi offusca la vista.
Credo che si senta così un animale abbandonato da un padrone crudele sul bordo di un'autostrada, frastornato, incredulo, inerme.
Ma capita spesso che qualcuno di buon cuore, trovandosi di fronte due occhi smarriti e imploranti, accompagnati da flebili guaiti, si prenda cura di quell'animale, sempre che sia riuscito a scansare i pericoli dei motori in agguato.
E anch'io là, al bordo della strada, con lo sguardo smarrito sul mio corpo ferito, scossa dai gemiti del mio insistente dolore, potrei avere chi si prenda cura di me, ma non è questo che mi serve ... ho bisogno di un viso che potrei, come un cieco, riconoscere al tatto; sono in cerca di un cuore, che era mio per diritto di sangue e conferme di amore; mi manca una voce che ripeta il mio nome; ho perso quel filo di premurosa, costante attenzione, perché niente e nessuno potesse farmi del male.
Ho solo bisogno di quello che avevo ... per questo sto là, in mezzo a una strada, senza occhiali da sole e senza collare, in attesa di quello che non potrò mai riavere.

***
















Dopo una notte insonne, abitata da fantasmi e attraversata da anime vere (qualcuno ha posato lievemente la sua mano sulla mia spalla ... eri tu, amore mio? io l'ho sperato ...), stamattina ho raccolto il cuore in fondo alla scala ... mi ha chiesto di farlo, di non lasciarlo lì, anche lui aveva bisogno di caffè.
L'ho raccattato svogliatamente e, ago e filo alla mano, l'ho ricucito alla meglio, perchè purtroppo devo sopravvivere.
Ed ecco un nuovo giorno.
Quanti nemici in agguato, primi fra tutti i pensieri, ormai inchiodati attorno a una sagoma che un lanciatore di coltelli di provata capacità colpisce, ad uno ad uno, provocando la deflagrazione della mia mente, già sconnessa da altri circuiti neuronali che non siano quelli che, in qualche modo, mi conducono a te.
E poi i suoni, quelli che si sprigionano nell'aria, come i miagolii dei gatti randagi della nostra colonia, l'allegro vociare dei bimbi che giocano nel prato, il ronzio di qualche aereo alto nel cielo, e quelli che restano sospesi in un mondo a parte, le cui porte di accesso sono precluse a chi ancora non ha avuto in dotazione le ali.
Suoni che mi arrivano con violenza, nel più assoluto silenzio, dalle pareti di casa, dalla rassicurante atmosfera di una chiesa, dalle tue parole scritte ovunque, sulla rubrica telefonica, sui fogli appesi in ogni spazio libero, nella tua camera, sulle antine del bagno. dietro le ante dei pensili della cucina e dei tuoi armadi, ciascuno con un pensiero per me o una riflessione per te.
E poi ... poi ci sono i colori, primi fra tutti gli azzurri, che i miei occhi non riescono più a trattenere, perché un azzurro diverso, lasciato da Giotto in qualche angolo di paradiso, perché una pennellata lo depositasse, settecento anni dopo, nei tuoi occhi, li respinge, quasi volesse difendere il suo diritto ad essere l'unico colore amato e protetto da quella mamma di cui talvolta rivendicavi la proprietà, sbottando: "chissenefrega dei tuoi figli web (perché ero la mamy dei ragazzi nella chat di rossifumi, li ascoltavo, raccoglievo le loro confidenze, davo loro consigli), tu sei la mia mamma, mia e di nessun altro" ... eri gelosa e, se te lo facevo notare, mi rispondevi con un perentorio "sì!". In quel momento, il mio cuore prendeva il volo, in un'esplosione di felicità, mentre mi abbracciavi forte.
Volevi davvero tanto bene alla tua mammina, e ti piaceva così, con le sue stranezze, la sua irruenza, le sue fragilità ... perché tu vedevi solo la sua anima e il suo grande amore per te, quello che tu sapevi essere solo tuo, perché nessuno aveva il diritto di insidiarlo.
Ti amo sempre tanto, troppo per riuscire ad andare avanti senza di te.
la tua mammina per sempre

***




               Sono disperata, amore, mi sento male per quanto mi manchi e mi mancherai. Odio la nostra casa perché è senza di te, ma non riesco ad allontanarmi troppo perché questa casa ti ha visto nascere, crescere, giocare, piangere, ridere, studiare, ballare, cucinare, impastare i tuoi famosi biscottini ... io ti vedo mentre fai tutte queste cose e mi si chiude la gola, il cuore si ferma, il pensiero corre là, sempre là. ti vedo salire velocemente una scala a pioli, vedo che posi il tuo zainetto, un'altra scaletta, e poi un un balzo ... ecco, hai raggiunto la superficie dell'edificio, osservi l'esposizione solare, prendi misure e appunti, fai fotografie e poi ... e poi non saprò mai qual è stato il tuo ultimo pensiero, la tua ultima parola, ma so per certo quale sarà la mia ... Amore mio!


Amore mio,
è stato un brusco risveglio quello di stamani, la scia naturale di un brusco momento che ha reso la mia notte un tormento.
Barriere del cuore spalancate, difese della ragione azzerate, pensieri in libertà in una gara a chi salta gli ostacoli più alti ... e, ad ogni salto, un'istantanea del dolore, tanto per non perdere le tracce del filo spinato su cui cammino, che non so quando avrà fine.
Scendo un cucina a farmi il caffè e ... lui è lì, mi guarda e, come ogni cosa che ho attorno e nella mente, mi dice silenziosamente che è inutile rincorrere un miracolo che non potrà mai accadere ... tu non torni più.
La disperazione porta a una tale follia dei sentimenti, che riesce ad alimentare l'assurda speranza di cancellare gli eventi.
E' una follia intermittente, che alterna il sogno impossibile all'inequivocabile realtà.
E a niente serve mantenere intatto l'ambiente ... tutto come allora, come in quell'ultimo giorno nella tua casa ... ogni cosa nello stesso posto in cui tu l'hai vista, quel mattino, prima di aprire la porta per andare incontro a una giornata che avrebbe dovuto essere come tante altre e che, invece, nascondeva un insidia mortale ... un appuntamento col destino che non potevi conoscere e di cui non avresti potuto scorgere la maschera ... un carnefice subdolo e silenzioso, sotto il cielo terso del Salento, fatto di incoscienza, di incuria, di disonestà, nascoste ai tuoi occhi da una apparente regolarità.
Chissà se saresti rimasta a casa, se solo avessi potuto immaginarlo ...
Si dice che siamo noi gli artefici del nostro destino (quante volte l'ho scritto e tradotto in immagini nei miei lavori), ma è così solo per ciò che dipende dalla nostra volontà ... non vale, però, per le fatalità, non vale soprattutto per la morte!
La morte non può essere presa in contropiede, non cede a nessuno il suo unico diritto, quello di fermare la vita ...
E, così, quella mattina, hai varcato la soglia di casa, lasciando inconsapevolmente dietro di te solo il tuo splendente ricordo, e portando con te tutta la tua vita ... lo zainetto con gli strumenti di lavoro, quel lavoro per cui tanto hai studiato e ti sei sacrificata, la borsa azzurra che ti avevo regalato, dove erano protetti i tuoi affetti, il borsone della pallavolo, per l'allenamento a cui saresti mancata, pesante di venti tre anni di amore e fatica per il tuo sport, di tenacia, di sudore, di traguardi vittoriosi e di dolorose sconfitte, di ossa rotte e muscoli strappati, di chilometri e chilometri macinati, di allegria e di amarezze ...
insieme a tutto questo, l'ultimo gesto d'amore tangibile della tua mamma ... quel vaso di vetro col passato di verdura che avevo preparato per te, la sera prima, perché tu non faticassi, al tuo rientro nella notte, per prepararti qualcosa di caldo per la cena.
Quel vaso ... l'ho preso disperata dalla tua macchina sabato 2 ottobre 2010 ... l'ho accarezzato, baciato, stretto al mio cuore, prima di posarlo in cucina, accanto ai fornelli.
Oggi è sabato 2 febbraio 2013, sono passati ventotto mesi da quel sabato ... il tuo passato è ancora lì ... e continua a dirmi, silenziosamente, che tu non puoi tornare.
Il mio immenso amore per te continua a trascinarmi in una dimensione surreale, dove l'unica realtà è la tua assenza ... e mi fa tanto, tanto male.

***











luglio

E mentre la gente si muove, si prepara per il primo appuntamento, d'amore o di lavoro,
si diverte, acquista una casa, si sta imbarcando per una vacanza, si sdraia sulla sabbia davanti al mare, va a ballare, si incontra per un aperitivo o una pizza, si allena in palestra, a piedi o in bicicletta, inizia una partita di pallavolo o una faticosa salita, fa un test di gravidanza, gioisce per un figlio appena nato, porta in gita i bambini, progetta il domani ... io respiro, ma non vivo.
Eri tu il mio primo appuntamento, che faceva battere forte il cuore; eri tu la mia casa, che mi faceva sentire protetta e amata; eri tu la mia vacanza, che dava ristoro al mio corpo
e al mio cuore stanchi per i quotidiani affanni; eri tu il mio tango, che ballavamo all'unisono, muovendo i nostri passi al di sopra di schemi abituali; eri tu il mio aperitivo e
la mia pizza, che mi permettevano, per una sera, di non cucinare; eri tu la sabbia davanti al mare, dove passeggiavo per riempirmi il cuore di azzurro, l'azzurro dei tuoi occhi e della tua anima;
eri tu le mie partite da vincere, con tanta fatica, ma con la soddisfazione di averti regalato una medaglia; eri tu le mie salite da affrontare, con la gioia di arrivare a un traguardo che illuminava il tuo viso; sei stata tu il mio test di gravidanza, con tutti quei salti che non riuscivo a trattenere quando un puntino mi ha annunciato che non ero più "solo io";
eri tu la mia prima e unica figlia, il mio respiro, il mio domani, la mia vita ...
eri tu tutto quello che avevo.
tu eri tutto per me, amore mio.

***



Tu lo sapevi, amore mio,
mi conoscevi bene, lo ripetevi sempre che la tua mamma non avrebbe mai potuto vivere senza di te ... eppure, c'è chi è in grado di interpretare i tuoi attuali desideri, che vanno tutti in direzioni opposte.
Qualcuno ha scritto che io non ti amo perché non ti lascio libera di fare il tuo percorso, che il mio è solo egoismo, disperazione ... qualcun altro mi invita ad avere coraggio, perché è troppo facile gettare la spugna. Qualcosa non mi quadra.
Sarei un'egoista solo perché ho un unico, disperato bisogno, quello di riavere una cosa mi appartiene, che ho fatto io con il mio sangue, il mio amore, il mio impegno, la mia totale dedizione e non sono disposta a trasformare questo bisogno nell'accettazione di un fatto che è, di per sé, un sopruso del destino? Non sono disposta, per natura, a tollerare la più piccola ingiustizia ... figuriamoci la violenza della tua morte!
Dovrei sedare la mia angoscia centellinando attimi di quei ricordi che ti sei portata via col tuo cielo negli occhi, il tuo sorriso, i tuoi lunghi capelli, la tua anima splendente?
L'egoismo è la concezione per cui gli esseri umani sono sempre motivati dai propri interessi legittimi ... tu non eri, per me, un interesse legittimo? E non è legittima la mia disperazione, quella che mi toglie il respiro appena mi sveglio la mattina e mi fa solo venire voglia di non esistere?
L'unico percorso che con forza ti avrei impedito di seguire era quello che si è fermato con te sul filo dell'incoscienza di chi non si è fatto scrupolo di mettere in pericolo la tua vita. Non ce ne sono altri che io ti posso impedire.
E che bisogno ho di essere coraggiosa? Il coraggio serve a lottare per qualcosa, per superare gli ostacoli che intralciano un cammino, un sogno; ne ho avuto tanto di coraggio, ma adesso? non ho più un cammino, hanno calpestato il mio sogno, a cosa dovrebbe servirmi il coraggio? a far contenti quelli che pensano di conoscere quali sono i desideri dell' Aldilà?
Il mio desiderio era quello di poterti sempre tenere vicina al cuore, come quando eri piccina ... non ho comperato né carrozzine né passeggini, ti portavo sempre in braccio, portavo sul cuore la mia felicità.
Il nostro desiderio, semplice e istintivo, era quello di essere sempre sulla stessa lunghezza d'onda, un'onda mossa da un amore che non si può comprare con la carta di credito ... ecco, forse sta proprio qui il busillis ... credere che si possa vivere di un surrogato di Amore.

***



4 maggio in piazza Duomo

lo vedi anche tu, amore mio,
quando l'angoscia sta per travolgermi, sono costretta a scappare e a buttarmi in mezzo alla gente.
Vago per ore, con passo veloce, tra gente, vetrine e frastuono; ogni tanto, mi fermo per riprendere forza con un frullato o un caffè ("te lo offro io, mamma" ... e devo chinarmi a raccogliere il cuore), per fare due chiacchiere con chi mi conosce e vorrebbe aiutarmi ad alleggerire il peso di questo dolore...
poi torno a casa con angosce nuove, con troppi soldi spesi inutilmente, con un buio che mi offusca la mente e mi paralizza il respiro e i pensieri, ma non le lacrime e i sospiri che lascio per strada.
Sono quasi sempre sola nel mio vagare, non sempre perché sono io a volerlo ...
nella mia solitaria via crucis, con una beffarda casualità inciampo in momenti che niente e nessuno potrà cancellare, riportati alla mente da un colore, un profumo, una risata, un sapore.
Dallo scorcio che sbuca da dietro l'angolo di piazza San Babila, mi arriva con un brivido il suono della tua voce: "che bello il nostro duomo" ... e trattengo il respiro perché non mi abbandoni.
Da una vetrina, mi strizzano l'occhio scarpette di bimba "alla bebè", azzurre e rosa, come quelle che ho comprato per te, due paia uguali ... ai tuoi piedini, una di un colore e una dell'altro, in sintonia coi tuoi vestitini, la tua pelle, i tuoi occhi ... "lisa, hai messo le scarpe di colore diverso" osservavano quasi tutti e tu, con un sorriso, spiegavi che non ti eri sbagliata, avevi semplicemente una mamma originale. Tu, però, ci stavi bene in questa originalità, non ti sentivi a disagio, non ti avrei mai costretta a una situazione che potesse metterti in difficoltà, seppur minima.

Piazza Duomo, davanti ai miei occhi, sembra la piazza di Marrakech all'imbrunire: un brulicare di venditori di inutilità e di oggetti improbabili, mendicanti estemporanei e mendicanti di professione, sempre gli stessi da anni, con posto assicurato in un angolo strategico che "guai a chi me lo tocca", artisti di strada e pseudo tali che catalizzano l'attenzione della gente con strane movenze o silenziose immobilità, ritrattisti sconsolati in attesa di volti da tratteggiare. Manca solo il fumo delle carni sui bracieri, la tavolozza variegata delle spezie e dei caftani e la frenesia di una notte con tanto mistero da vivere.
Poi, il cielo si scolora e l'atmosfera si fa più intimista, quando, all'improvviso, ogni rumore è cancellato dalla melodia di un sax che mi scalfisce il cervello.
E' un uomo triste e non più giovane che lo suona tra la freddezza dei passanti. Un uomo che, seduto sul marciapiede accanto alla custodia del suo strumento, divenuta per l'occasione la mano tesa per accogliere la carità della gente, tenta di sciogliere l'indifferenza dei passanti con una foto e un cartello: "Ricordati che la ruota gira." Mi fermo ad osservarlo, percepisco tutta la desolazione che si porta dentro ... che è anche la mia desolazione da quando la mia ruota è girata ... mi pare di sentirti vicina, avresti provato il mio stesso disagio.
Questa immagine e questo suono mi lacerano, mentre una patina di profonda malinconia mi pervade, rendendo ancora più instabile il mio già precario equilibrio.
Lascio due monete sul panno scuro. L'uomo non smette di suonare, ma fa un cenno col capo per ringraziare ... non può sapere  -o forse sì, chissà?- che sto pagando il mio dolore.



16 febbraio

c'è un nemico che aleggia intorno a me e, come un amante, fa una corte serrata al mio cuore, il mio cuore che, giorno dopo giorno, sbiadisce perché oppone resistenza alle sue profferte travestite da amore e devastanti come la punta di diamante che taglia il vetro.
Lo sento ma non lo vedo, è subdolo e spietato, sempre pronto a posare davanti ai miei occhi, alla mia mente, alla mia ragione, se ancora ragione ho, le tessere di un puzzle che non riesco più a comporre, un bisogno viscerale che non posso più soddisfare, un corredo di ricordi che tenta di scalfire.
Si insinua nel mio tempo, intacca la mia volontà, demolisce ogni mia difesa.
E' sempre in agguato, pronto a buttare chiodi, al posto di confetti e fiori, sul viale della vita, davanti ad ogni mio passo perché la vita non cammina più sui tuoi passi ...
Un nemico che inquina l'aria che respiro con la polvere dei miei resti, una polvere che è già presenza viva, prima ancora di essere materia reale.
E' un nemico che non posso combattere, non posso curare con farmaci, non posso affrontare a viso aperto, perché non ha un solo volto, un solo nome.
Lo chiamano dolore ... gli altri lo chiamano così, quelli che, per fortuna, non possono sapere, ma non è questo il suo nome, perché quello che produce è molto peggio e molto di più ...
è qualcosa che ti fa sentire smarrito, frantumato, incapace di reggere l'angoscia che abita dentro di te ... ti fa avvitare su te stesso, legandoti col filo dei tuoi pensieri, come in un mulinello che ti trascina sempre più in fondo, finché ti senti dissolvere in un vuoto inesorabile, dove non incontri nessuno che ti tende una mano, ti offre un sorriso, asciuga le tue lacrime ... perché nessuno è dentro il tuo vuoto, appartiene solo alla tua disperazione.
Non è dolore quello che provo per essere senza di te ... quello che provo lo sappiamo solo io e te.
sempre con il mio amore immenso, mamma


27 gennaio

non so chi ha l'ingrato compito di farmi aprire gli occhi, la mattina (e deve essere davvero ingrato accendere l'interruttore del dolore), ma so per certo cosa apre la finestra della mia mente e si siede sul mio cuore come un macigno: l'angoscia.
I fantasmi dell'abbandono si uniscono in cordata, mi circondano e non mi lasciano scampo ... sta per cominciare un'altra giornata che mi vedrà recitare in un ruolo scomodo, che mai avrei immaginato di dover di interpretare.
Non sono più io ... la persona che abita in me non ha oggi né domani, è persa in un tunnel buio e faticoso e non riesce a scorgere lo spiraglio di una possibile via d'uscita ... anche se tutti le dicono che c'è.
Ma cosa c'è?  dov'è?
Al di là del buio, vedo un mondo estraneo, un puzzle che non riesco a comporre, avverto un unico disperato bisogno, mi annienta un'unica desolante certezza:
sono senza di te ... come posso essere di nuovo io?
Cammino sui miei resti, che non ho alcuna voglia di rimettere insieme, attenta a non calpestare i pensieri, perché quelli sono fatti di te, e a non cancellare i ricordi, perché sono quelli che mi fanno arrivare a sera, per affrontare, domani, una nuova tappa del calvario che mi è stato imposto dal destino.
Avrei bisogno della mia mamma, perché solo l'amore di una mamma potrebbe lenire il dolore devastante di una figlia che ha perso il suo bene più prezioso. Ma la mia mamma non ce l'ho più!
E' rimasta solo la mamma che è in me, una mamma spezzata e fragile, ma con intatto il suo immenso amore per te, che ha un bisogno sempre più disperato di ritrovarti.

11 gennaio

"Cosa c'è, Amore, qualcosa non va? perché hai questa aria triste?" ...
"Non c'è niente, mamma, a te non capita mai di essere un po' triste?"...
"Non senza una ragione" ti rispondevo e accettavo il tuo silenzio, con l'ansia di una mamma, che avrebbe voluto scorgere sempre la felicità negli occhi di sua figlia, ma rispettava le sue malinconie ...
C'è sempre una ragione per essere tristi e, ora più che mai, la mia tristezza assume una consistenza tale da farmi perdere l'equilibrio e il senso di tutto ...

E poi ..... a volte, capita che avresti bisogno di parole amiche ... parole che restano racchiuse nello sguardo di due occhi silenziosi, che accarezzano il tuo dolore ma non lo violano e, insieme a te, vanno indietro nel tempo per fermare l'immagine dell'attimo prima, della sera prima, del giorno prima, dell'ultima volta prima ... per cercare una ragione che non c'è, né mai potrà esserci.
... ecco, capita che in quel momento non c'è nessuno attorno a te e ti senti perduta... allora urli, affondi i respiri nei singhiozzi, non riconosci il suono della tua voce, né le tue parole sconnesse, sempre uguali, che sempre finiscono con "amore mio" ...
ti aggrappi a tutto ... alla porta della sua stanza che non ha più luce, al letto vuoto dove l'hai baciata per l'ultima volta, dove, per l'ultima volta, hai sentito la sua voce "ciao, mamma", allo zaino con cui è partita quel giorno, intatto come quel giorno, alla sua borsa, da cui fanno capolino mollettine colorate, un lucidalabbra, il portafoglio, l'ultimo che le ho regalato, dentro il quale spicca una bustina in plastica che protegge tante piccolissime fotografie; una della mamma, una del papà, del nonno, del suo adorato nipotino, del suo fidanzato, di Tofraco il suo primo gatto, del suo primo grande amore giovanile, nella pausa di un green volley, una frase di Proust, alcuni teneri bigliettini di due sue care amiche ... insomma, gli ingredienti della sua esistenza, non manca niente ...
e, poi, ti metti ai piedi, non prima di averle strette al cuore e baciate a lungo, un paio delle sue Nike, che sono troppo grandi ma le metti lo stesso, per trattenere un po' del suo calore, perché ti aiutino a passeggiare sui ricordi, che hanno tutti il suo sorriso, a calpestare i sogni, che hanno tutti i suoi occhi, a lasciarti alle spalle le speranze, che avevano tutte il colore e l'intensità della sua anima ...
e ritrovarmi qui, nella mia desolante solitudine che lascia solchi sempre più profondi nel mio cuore, che ha perso il ritmo e viaggia sull'onda di un fruscio .... l'eco del suo nome
che vado ripetendo per non lasciarla andare ... Amore!

AMIANTO: COMUNICATO STAMPA SULLA STORICA SENTENZA DI MONFALCONE CHE CONDANNA 13 DIRIGENTI DEI CANTIERI PER LA MORTE E LESIONI GRAVI DI 85 OPERAI



17 ottobre 2013
Riceviamo e pubblichiamo

Il nostro Comitato e il Coordinamento delle Associazioni (CNA) si associano alla soddisfazione dei famigliari delle vittime e dell’Associazione Esposti amianto di Monfalcone al seguito della sentenza odierna del Tribunale che ha visto la condanna di 13 imputati per 85 operai dei cantieri di Monfalcone con pene da due a sette anni di reclusione.

Come sempre la partecipazione dei cittadini e dei famigliari delle vittime organizzate in Associazioni e Comitati risulta fra i fattori determinanti per ottenere una po’ di giustizia, per quanto tardiva.

Inviamo per conoscenza il comunicato stampa inviato ai giornali.

Per il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Michele Michelino

COMUNICATO STAMPA
Ridurre i morti e malati eliminando l’amianto dal territorio italiano

Il nostro Comitato e il CNA si associa alla soddisfazione dei famigliari delle vittime e dell’Associazione Esposti amianto di Monfalcone al seguito della sentenza odierna del Tribunale che ha visto la condanna di 13 imputati per 85 operai dei cantieri di Monfalcone con pene da due a sette anni di reclusione.
Il CNA che ha indetto una manifestazione davanti alla Camera dei Deputati l’8 ottobre scorso per assicurare un adeguato finanziamento al Piano Nazionale Amianto da inserire nella legge di stabilità. Si vogliono ridurre i 4.000 morti l’anno per malattie da amianto togliendo con un progressivo intervento di bonifica i 30 milioni di amianto stimati su tutto il territorio nazionale.
Lo stesso giorno 8 si sono avuti due incontri importanti uno con la Commissione Ambiente della Camera (presidente on. Ermete Realacci), con il Ministero del Lavoro (sottosegretario on. Jole Santelli); il giorno 14 con il Ministero dell’Ambiente (capo ufficio della segreteria tecnica: consigliere Massimiliano Atelli). In precedenza vi è stato un incontro con il Ministero della Salute.

COSA SI E’ CHIESTO:
-         70 milioni l’anno per 3 anni al fine di bonificare i 380 siti maggiormente contaminati da amianto a partire da 116 scuole di ogni ordine e grado, 37 ospedali, case di cura, case di riposo, 86 uffici della pubblica amministrazione, 27 impianti sportivi, 8 biblioteche e almeno 4 grandi siti industriali dismessi;
-         una campagna nazionale di informazione sui danni e rischi da amianto;
-         la verifica dei 19 siti adibiti a discarica e dei 720 siti adibiti a deposito di amianto l’individuazione di discariche alternative (miniere e gallerie in disuso) e di alternative alle discariche (inertizzatori);
-         l’utilizzo delle incentivazioni previste per sostituire le coperture in amianto con impianti fotovoltaici;
-         60 milioni l’anno per 3 anni per i lavoratori ex esposti all’amianto che si trovano ad avere una riduzione della speranza di vita e maggior rischio di ammalarsi per attuare quanto già previsto dalla legge di messa al bando dell’amianto (L.257/92) consistenti in misure di riapertura delle domande per i risarcimenti previdenziali, riconoscimenti dei medesimi per i pensionati prima del 1992, eliminazione del termine di decadenza, sostegno alle vedove;
-         allargamento della platea degli aventi diritto al Fondo per le vittime dell’amianto a coloro che hanno contratto malattie e morte (loro eredi), per l’amianto diffuso in ambienti di vita, utilizzando fondi INAIL per un importo pari a 40 milioni di euro sempre per tre anni;
-         conferma dei finanziamenti per la sorveglianza sanitaria degli ex esposti, per la ricerca clinica per combattere le malattie più gravi correlate all’amianto; ampliamento delle registrazioni delle morti da amianto (registro dei mesoteliomi e delle altre patologie).

Si richiede quindi ai Ministeri della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro insieme ai Ministeri dell’Economia, dell’Istruzione e della Difesa, di provvedere ad inserire i finanziamenti nella legge di Stabilità.
Il CNA ne seguirà l’iter, presentandosi, se del caso, di nuovo davanti al Parlamento.

Per info: Segreteria organizzativa CNA Michele Michelino 335 78 50 799.
CNA Coordinamento nazionale delle associazioni delle vittime amianto e degli ex esposti :
ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO MONFALCONE, ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO FVG TRIESTE, ASSOCIAZIONE REGIONALE EX ESPOSTI ORISTANO, REGIONALE ASSOCIAZIONE FAMIGLIARI ESPOSTI AMIANTO LA SPEZIA, ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO MILANO, ASSOCIAZIONE VITTIME AMIANTO BRONI, ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUTILATI ED INVALIDI ROMA, BAN ASBESTOS ITALIA, MILANO, COMITATO PER LA DIFESA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO E SUL TERRITORIO SESTO SAN GIOVANNI, COMITATO PERMANENTE EX ESPOSTI MILAZZO, COMITATO PREVENZIONE AMIANTO LOMBARDIA, CAVE ALL’AMIANTO NO GRAZIE PARMA, EUROPEAN ASBESTOS RISK ASSOCIATION TRIESTE, LEGA AMBIENTE ROMA, MEDICINA DEMOCRATICA MILANO, ASSOCIAZIONE MEDICI PER L’AMBIENTE MILANO

Sesto San Giovanni, 15 ottobre 2013
via Magenta 88 20099 Sesto S. Giovanni (MI)
telefono e fax: 02 26 22 40 99
c/o Centro Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”