lunedì 2 settembre 2013

Lettera al Secolo XIX. Negli incidenti sul lavoro non c'è mai "tragica fatalità"

Il 13 agosto è avvenuto un infortunio mortale sul lavoro a Beverino, in val di Vara: Luca Pellegrini, un operaio di 23 anni è morto schiacciato dalla ruspa che manovrava durante le operazioni di scavo per la realizzazione di un parcheggio.
Non è ancora stata chiarita la dinamica dell’incidente: pare che la ruspa si sia pericolosamente inclinata mentre operava in una zona scoscesa e che, avvertendo il pericolo, Pellegrini abbia tentato di uscire dall’abitacolo, restando però schiacciato, al momento del ribaltamento, dal braccio della ruspa.
Sul Secolo XIX del giorno successivo è apparso un articolo sull’infortunio, in cui, come al solito, si attribuiscono tutte le colpe alla “tragica fatalità”.
Imbestialito per il solito modo ruffiano con cui i giornalisti parlano di morti sul lavoro, nascondendo la testa sotto la sabbia per non vedere le reali responsabilità degli infortuni, ho scritto al Secolo XIX, quanto segue.
Marco Spezia

* * * * *

In merito all’articolo a firma Tiziano Ivani apparso a pagina 14 de Il Secolo XIX del 31/08/13, relativo all’incidente sul lavoro in cui ha perso la vita Luca Pellegrini, mi permetto di fare alcune osservazioni.
Ivani, come fanno troppo spesso altri giornalisti quando scrivono di infortuni sul lavoro, usa i soliti luoghi comuni, definendo l’incidente “una fatalità terribile” ed esprimendo il giudizio, del tutto personale e peraltro ancora  da confermare visto che le indagini della Procura sono ancora in corso, che “Si è trattato di una fatalità, non si ravvedono evidenti responsabilità da parte di altri”. 
Da tecnico della sicurezza sul lavoro da più di quindici anni, posso affermare che negli infortuni sul lavoro non esiste mai la “tragica fatalità”, ma sempre un preciso rapporto causa/effetto tra inadempimenti alla normativa vigente di tutela della sicurezza e l’incidente.
Nel caso in particolare non posso ovviamente dare giudizi, in quanto dell’accaduto conosco solo quanto riportato dalla cronaca.
Mi permetto però di porre delle domande, le cui risposte forse potranno dimostrare che le responsabilità nell’incidente invece ci sono state.
Innanzitutto, Luca Pellegrini era stato adeguatamente formato e addestrato sull’uso dell’escavatore (obbligo ai sensi degli articoli 37 e 73, comma 4 del D.Lgs.81/08)? Il fatto che lo utilizzasse da anni non comporta automaticamente una sua piena conoscenza delle cautele da adottare per prevenire incidenti come quello occorso.
Inoltre, trattandosi di attività configurabile come Cantiere temporaneo e mobile, sono stati ottemperati tutti gli obblighi previsti dal Titolo IV del D.Lgs.81/08 (nomina del responsabile dei lavori, del coordinatore della progettazione, del coordinatore della esecuzione, redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento e dei Piani Operativi di Sicurezza delle singole ditte)? Una corretta progettazione delle fasi lavorative, sopralluoghi sul cantiere e una perizia geostatica avrebbero forse permesso di prevedere il cedimento del terreno sotto il peso dell’escavatore e quindi di evitarlo.
Infine è stato ottemperato all’obbligo di cui all’articolo 118, comma 2 del D.Lgs.81/08 che recita “Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al consolidamento del terreno”? Se si fosse provveduto ad adeguati armatura e consolidamento del terreno, probabilmente non sarebbe avvenuto il ribaltamento dell’escavatore.
Come vedete la causa dell’incidente potrebbe quindi essere attribuita al mancato adempimento degli obblighi citati e non alla sorte o alla fatalità
Vi consiglio pertanto nel futuro, prima di parlare di “tragica fatalità” in caso di incidenti sul lavoro, di far valutare ai tecnici del settore (ispettori ASL) come sono andate realmente le cose.
In caso contrario farete soltanto disinformazione nei confronti dei lettori, tra l’altro in merito a una piaga della società italiana, quella delle morti sul lavoro.
Distinti saluti.
ing. Marco Spezia
Sarzana (SP)
 

Nessun commento: