martedì 21 gennaio 2014

PROCESSO AI DIRIGENTI DELLA FRANCO TOSI




Questo e' stato possibile anche con l'iniziativa di Medicina Democratica e del Centro per la Salute “Giulio Maccacaro” di Castellanza come ricorda il Manifesto di oggi.
Saluti
Marco Caldiroli

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A seguire la notizia riportata da Il Manifesto relative al processo dei dirigenti della Franco Tosi storica azienda di Legnano ora in crisi, che produceva turbine.
Otto dirigenti sono stati rinviati a giudizio con le accuse di omicidio colposo e lesioni colpose in relazione ad oltre 30 casi di operai morti per mesotelioma o che si sono ammalati dopo aver lavorato tra gli anni Settanta e i primi anni Novanta nella storica fabbrica dell'hinterland milanese in cui, secondo l'accusa, hanno respirato fibre di amianto senza adeguate misure di sicurezza.
Lo ha stabilito il GUP di Milano Luigi Gargiulo, accogliendo la richiesta del PM Maurizio Ascione.
Tra gli imputati figura Giampiero Pesenti, attuale presidente del gruppo Italcementi, ma imputato nella veste di componente del comitato esecutivo dell'azienda dal marzo '73 all'aprile '80.
Il processo si aprirà il prossimo 20 marzo davanti ai giudici della quinta sezione penale. Gli ex dirigenti della Tosi sono accusati di avere violato le norme per la "prevenzione di infortuni sul lavoro e malattie professionali".
Silvia Cortesi sylvyacort@gmail.com
Associazione Italiana Esposti Amianto Paderno Dugnano

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STRAGE BIANCA. DALLA PHILIPS ALLA FIAT, DALLA PIRELLI ALL’ILVA: LA GRANDE INDUSTRIA SOTTO ACCUSA PER LE MORTI OPERAIE
Mentre a Torino i giudici d’appello confermano le responsabilità di due ex dirigenti della Philips per le morti nello stabilimento di Alpignano, a Milano otto ex manager della Franco Tosi vanno a processo per i 33 operai uccisi dal mesotelioma pleurico, lo spietato tumore provocato dalle fibre di amianto. La decisione del GUP Luigi Gargiulo chiude una inchiesta che ha riguardato quasi vent’anni di lavoro quotidiano nella storica fabbrica di turbine, dai ’70 fino al 1992, quando, con criminale ritardo rispetto alle già comprovate evidenze ascientifiche, l’amianto fu messo al bando.
Gli ex dirigenti della Franco Tosi, accusa il PM Maurizio Ascione, hanno violato le norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro e malattie processionali. Gli imputati, fra i quali l’attuale numero uno di Italcementi, Giampiero Pesenti, si difendono: “Il materiale c’era solo nei disposi-tivi di protezione personale per i lavoratori impegnati nei processi di fusione metallurgica”. Al di là di quanto emergerà al dibattimento, la Franco Tosi si aggiunge a una lunga lista di aziende. Nomi di rilievo come Ilva, Pirelli, Fiat-Alfa Romeo, Anic-Enichem, Olivetti e Philips. Tutte sotto inchiesta, o già a processo, per non aver messo in pratica adeguati dispositivi di sicurezza con-tro il rischio mortale provocato dalle fibre e dalla polvere di amianto. Spesso senza neppure informare i lavoratori.
Solo la determinazione di associazioni come Medicina Democratica, in parallelo al gran lavoro di magistrati come Beniamino Deidda e Raffaele Guariniello, ha permesso di fare luce su una “strage bianca” di dimensioni terribili. A causa dell’amianto muoiono duemila persone l’anno, stima ricavata dall’Inail sulla base dei dati del Registro nazionale dei mesoteliomi. Nel periodo 1993–2008 sono stati diagnosticati 15.845 casi, con altrettante diagnosi di tumore polmonare e prognosi infausta. Per giunta il numero delle patologie è andato crescendo negli ultimi cinque anni, e si stabilizzerà solo dal 2015.
I PM allievi di Deidda e Guariniello fanno del loro meglio. A dicembre si è chiuso a Torino, con quattro condanne, il processo per i 14 morti e le malattie operaie nelle storiche Ferriere: “A loro va il nostro pensiero” - li ha ricordati Federico Bellomo della Fiom - “viste le ragioni, riconosciute dal tribunale, di quanti hanno lottato per la salute e la sicurezza in quel luogo, a iniziare da chi vi lavorava e che in molti casi ha pagato con la vita”. A Milano è in corso un processo contro la Pirelli (e un altro è in arrivo) per la contaminazione di 24 operai, in stabilimenti dove l’amianto era anche nel talco usato in alcune lavorazioni e nella mensa. Delle 24 “parti lese” solo quattro sono ancora vive. “Non abbiamo mai usato mascherine” – ha raccontato al giudice Antonio Dinetta — “e nessuno ci ha mai parlato dei pericoli derivanti dall’amianto”.
Un altro processo si sta svolgendo a Taranto per le vittime all’Italsider-Ilva (31 morti da mesote-lioma e altri tumori da sostanze tossiche), e a Ravenna sono prossimi al rinvio a giudizio una ventina di ex dirigenti del polo chimicoo Anic-Enichem (75 fra lavoratori e loro familiari morti per amianto). Sempre a Milano è stato chiesto il processo dell’ex AD Paolo Cantarella e altri sei manager Fiat dell’epoca per 21 vittime da amianto all’Alfa Romeo di Arese, e nel torinese si sta indagando anche sulla Olivetti nel periodo 1978–92, quando era guidata da Carlo De Benedetti.
Secondo una stima del CNR, nella penisola esistono ancora 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture realizzate con materiali contenenti amianto, circa 32 milioni di tonnellate.
E le prime vittime già segnalate nel settore delle ristrutturazioni edilizie non finiscono ancora nella cartina del Registro dei mesoteliomi, dove compaiono solo i disastri più eclatanti. Perfino la magistratura fa fatica: all’indomani del vittorioso processo per la strage all’Eternit di Casale Monferrato, Raffaele Guariniello ricordava a La Stampa: “Di indagini e processi se ne fanno pochini. Un collega di una delle aree più martoriate mi ha confidato: non ci segnalano i casi. Poi ha aggiunto: per fortuna, se lo facessero non sapremmo come fare”.
Riccardo Chiari - il manifesto

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