Le morti sul lavoro non sono tragedie, ma hanno dei responsabili con nome e cognome sono il sistema dei padroni sono la nocivita' del capitale che non vede altro che il profitto……
è così che solo per fortuna degli operai
tra cui anch'io siamo scampati per culo al crollo di un paranco di una
gru con portata 7tonnellate venerdì 20 dicembre alla Tenaris Dalmine….
i sindacati come la cisl sono parte di questo sistema che ha
mantenuto il silenzio prima durante e dopo l'esposizione al rischio
amianto avvenuta in maniera massiccia nelle fabbriche e sempre tenuta
nascosta con il silenzio sindacale e anche con l'avvallo degli enti
statali come l'inail …..
solo la lotta dei lavoratori organizzati nei cobas a partire
dall'ilva di taranto alla dalmine ha permesso di scoperchiare questo
aspetto delle morti sul lavoro e ottenere dei risultati dal punto di
vista dei riconoscimenti pensionistici…..
ma sarà solo una rivoluzione dei lavoratori che potrà mettere fine alle morti per i profitti della borghesia.
dalL’INCHIESTA corriere della sera bergamo
Amianto killer nel tessile
Pronto un nuovo esposto
Ex operaia contro azienda dell’Isola. E la condanna di una ditta in Val Seriana viene confermata in secondo grado. La Cisl: una tragedia passata sotto silenzio
Lavoro con vecchio telaioUn
dramma rimasto nel silenzio, per troppo tempo. Il nesso tra il lavoro
nelle aziende tessili e le diagnosi di mesotelioma pleurico - tumoredovuto all’inalazione delle polveri d’amianto -
era già stato messo a fuoco nel 2005 in uno studio dell’Università di
Milano. I freni dei telai, dei filatoi o dei ritorcitoi, realizzati in
amianto almeno fino al 1992, erano soggetti a usura e quindi
disperdevano fibra cancerogena nell’aria, a diretto contatto con i
lavoratori. Solo di recente, però, c’è stata una presa di coscienza da
parte di operai e operaie, colpiti dal mesotelioma anche venti o
trent’anni dopo la fine della loro esperienza lavorativa. Troppo spesso
sono i loro figli a chiedere un parere medico, o una consulenza legale: i
genitori non ci sono più, divorati da quel male che nell’immaginario
collettivo è stato collegato quasi esclusivamente alla produzione
dell’eternit nel Monferrato e nel Pavese, o al contatto diretto con la
materia prima da fondere, come nel caso della Dalmine. A rompere il
silenzio è stata una famiglia di Gorno: i figli di Erminia Abbadini,
detta Giuseppina, dipendente dal 1941 al 1979 della Cantoni Itc
Tessiture Spa di Ponte Nossa, morta a marzo del 2008 di mesotelioma,
l’anno scorso hanno ottenuto dal giudice del Lavoro di Bergamo Monica
Bertoncini un risarcimento per «danno morale e biologico subìto in vita
dalla mamma e poi da loro ereditato», come è stato scritto nella
sentenza. L’azienda aveva presentato ricorso in appello, ma anche in
quella sede i giudici hanno dato ragione ai figli dell’operaia. Quel
caso sta smuovendo le coscienze: l’ufficio vertenze della Cisl e
l’avvocato Pierluigi Boiocchi, che già avevano assistito la famiglia
Abbadini, presenteranno a giorni un nuovo esposto. L’ex dipendente di
un’azienda tessile di Chignolo d’Isola, al lavoro per anni su un
ritorcitoio, è affetta da mesotelioma.
La diagnosi, come è accaduto in molti altri casi, è arrivata più di dieci anni dopo aver smesso di lavorare.
Informata dai medici, e dall’Asl, delle possibili cause della
neoplasia, la donna ha deciso di rivolgersi al sindacato, all’avvocato, e
quindi al tribunale. «Il caso che stiamo per portare in tribunale è
molto simile al precedente, per il quale i giudici hanno riconosciuto le
responsabilità dell’azienda - commenta Salvatore Catalano, responsabile
dell’ufficio vertenze della Cisl -. Al momento, però, la diretta
interessata preferisce non scendere nello specifico della sua vicenda.
Più in generale va detto che, per quanto riguarda il tessile e quindi
l’usura dei freni dei macchinari, si è arrivati molto tardi ad una presa
di coscienza del problema. È ormai certo che all’interno di molti
stabilimenti ci fossero macchinari con componenti in amianto. Ed è
altrettanto fuor di dubbio, come ci hanno raccontato molti operai, che
proprio dopo il 1992 (anno in cui la legge vietò l’utilizzo
dell’asbesto, ndr ) i responsabili delle aziende sostituirono gli
impianti. Prima di quell’anno i dipendenti, mentre lavoravano, notavano a
vista d’occhio la polvere grigia dispersa dall’usura dei freni dei
macchinari. Spesso la si ripuliva semplicemente utilizzando una scopa,
altre volte si usavano i compressori. La si rimuoveva, ma restava sul
posto. Accadeva così in molti luoghi di lavoro: l’impressione è che si
sia consumata una tragedia silenziosa». Una tragedia o più tragedie che
possono essere risarcite (solo in parte, solo per l’aspetto economico)
anche quando le vittime non ci sono più.
Scriveva infatti il giudice Bertoncini nella sentenza di primo grado: «Non
si può concordare con le argomentazioni della convenuta (ovvero con la
Cantoni Itc Tessiture), secondo cui, essendo intervenuta la morte della
Abbadini, non vi sarebbe spazio per una liquidazione del danno biologico
permanente». I danni, biologico e morale, sono anzi soggetti ad un
diritto ereditario, vengono trasmessi ai figli e alle figlie, che
possono farli valere in tribunale. Quello del tessile è l’ultimo fronte
che si sta aprendo in relazione a quel prodotto naturale omicida,
chiamato asbesto, o amianto, utilizzato con continuità per almeno
trent’anni in decine di aziende italiane.L’anno scorso la ricercatrice
dell’Università di Bergamo Isabella Seghezzi, in occasione di un
convegno, aveva riassunto le vicende giudiziarie bergamasche: quelle
della Dalmine, della Siad e della Sacelit, per le quali si è arrivati ad
una serie di condanne di alcuni dirigenti. Oppure le assoluzioni per la
Manifattura Colombo di Sarnico e per il Sacchificio Vezzoli di Calcio.
Adesso un altro settore produttivo, il tessile, che la crisi sembra aver
fiaccato in modo irreparabile, sembra pronto a raccontare una sua
pesante eredità.
17 dicembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento