giovedì 23 gennaio 2014

Solvay: ma quale "bonifica"......

Solvay annuncia in pompa magna un secondo "piano di bonifica" ma non di bonifica definitiva si tratta, al più di una provvisoria messa in sicurezza.
L’elefante Solvay ha partorito il topolino, ma giornali hanno abboccato e dedicato titoloni al presunto “piano”. Invece il colosso belga assolutamente non ha convinto Medicina democratica con il suo progetto tutto teorico di presunta bonifica del cromo esavalente innaffiando qua e là sui terreni
ditionito di sodio a sua volta peraltro tossico. Tanto meno soddisfa la fantomatica bonifica del cocktail di altri 20 veleni tossici e cancerogeni che da un’area vastissima colano in falda: solventi clorurati, cloroformio, tetrafluoretilene, arsenico, nichel, clorofluorocarburi, solfati, ddt, cobalto, mercurio, selenio, vanadio, piombo, cadmio, solventi aromatici eccetera. Per questi inquinanti Solvay osa definire “bonifica” una già fallimentare cosiddetta “barriera idraulica”. In realtà succhiare tramite pozzi e lavare una immensa falda sotterranea sarebbe una pretesa folle ed è una truffa chiamarla bonifica. Fa ridere poi la presunta bonifica dei metalli pesanti tramite felci che li assorbirebbero dalle radici per trasferirli nel fogliame, poi sfalciato ed inviato a smaltimento. Dunque tutti gli interventi di Solvay si alternano all’insegna della precarietà, definita bonifica. Così è anche per le discariche tossico cancerogene che
vengono definite bonificate perché riammucchiate e ricoperte con teloni.
Ridicolo. Dubitiamo che un professore ordinario di chimica all’università di Alessandria, Domenico Osella, si esponga a definire tutto ciò come “bonifica” piuttosto che provvisoria “messa in sicurezza”. Infine va rimarcato che Solvay per questi parziali e discutibili tentativi di messa in sicurezza chiede autorizzazione delle autorità, come fosse una certificazione di bonifica. A questa assurda pretesa la risposta degli Enti non può che essere sempre la stessa: Solvay non ha bisogno di autorizzazioni
preventive, faccia ciò che ritiene di suo dovere, gli Enti valuteranno a posteriori i risultati. Ma già ora essi possono leggere che abbiamo già scientificamente smontato pezzo per pezzo il presunto “piano di bonifica”. Noi dimostriamo che la vera bonifica si può fare solo eliminando i veleni dai terreni che percolano in falda: così si salva la salute, l’ambiente e l’occupazione.

Le storie parallele delle bombe ecologiche Solvay di Pescara e Alessandria.
Al pari di Spinetta Marengo, Bussi è una delle aree più inquinate d’Europa.
La bonifica, che dovrebbe pagare Solvay, è lontana e anche la messa in
sicurezza è inesistente o inefficace.
Costa troppo migliorare l'impianto a biomasse
Il Comitato “Vivere a Predosa” non ha ancora ricevuto risposta dalla
ditta Cavanna alla richiesta di modifiche all’impianto biomasse per ridurre
le emissioni inquinanti (ossido di azoto) e i rumori. Resta dunque attivo il
ricorso al Tar che sarà discusso l’8 maggio.

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