E’ nota ormai a tutti l’ importantissima sentenza della Corte di Assise di Torino per il primo grado di processo per l’ eccidio della Thysenn Krupp.
Per l’ incidente della notte del 6 dicembre 2007 sulla linea 5 dello stabilimento Thysenn Krupp di Torino che costò la vita a 7 operai, la condanna è stata esemplare.
L’ amministratore delegato della Thysenn Krupp Herald Espenhahn è stato infatti condannato a 16 anni e mezzo di reclusione per il reato di omicidio volontario con dolo eventuale, mentre altri cinque dirigenti (Marco Pucci, Cosimo Cafueri, Giuseppe Salerno, Gerald Priegnitz e Daniele Moroni) sono stati condannati a pene detentive comprese tra i 10 e i 13 anni per il reato di omicidio colposo.
E’ sicuramente una sentenza molto importante per vari motivi, ma al di là di un primo momento di soddisfazione, occorre analizzare non solo i risvolti positivi che essa potrà fornire nella lotta per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, ma anche che cosa ancora rimane da fare.
Partiamo dalla consistenza della pena per l’ Amministratore Delegato e per i dirigenti della Thyssen Krupp. Per la prima volta in Italia viene comminata una pena detentiva superiore ai dieci anni per un infortunio mortale sul lavoro e questo è sicuramente un enorme passo in avanti rispetto a pene di pochi anni di reclusione. Per le pene comminate inoltre non si può applicare la sospensione condizionale e quindi esse dovrebbero essere effettive.
Ma l’ aspetto più importante è che per la prima volta in Italia un omicidio sul lavoro è stato rubricato, almeno per l’ amministratore delegato, come “volontario” e con dolo e non come semplice “colposo”.
Questo costituisce una novità epocale che potrebbe dare vita a un nuovo corso nel giudizio di datori di lavoro colpevoli di omicidio o lesioni sui luoghi di lavoro.
Ma al di là di questi dati sicuramente positivi, occorre avere il coraggio di esaminare anche i limiti e l’ ambito di questa sentenza.
Innanzitutto, al contrario di quanto scritto da qualcuno, questa sentenza non fa giurisprudenza. Per poterlo fare occorrerà attendere tutti i gradi del processo fino alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione. E conoscendo la giustizia italiana, non dobbiamo meravigliarci se fino ad allora non succederà qualcosa che permetta ai padroni della Thyssen di pararsi il culo.
Ma anche se le condanne venissero confermate fino alla Cassazione, siamo sicuri che faranno veramente scuola in tutti i processi relativi a infortuni sul lavoro ?
Non dimentichiamoci che la strage della Thyssen Krupp, per il numero di morti e per le modalità stesse dell’ incidente, ha avuto un enorme risvolto mediatico, come assolutamente non hanno gli altri infortuni che comportano la morte di quattro lavoratori ogni giorno.
Sull’ aula della Corte di Assise di Torino erano puntati gli occhi di tutta Italia, grazie anche alla forte presenza delle associazioni che si battono per la salvaguardia dei lavoratori.
Non dimentichiamoci ancora che il PM titolare è stato il dottor Raffaele Guariniello, da sempre in primo piano nella lotta per la tutela della giustizia.
Purtroppo però per le migliaia di altri processi in corso non ci saranno le telecamere presenti a Torino, non ci saranno come PM persone come Guariniello, non ci saranno per motivi oggettivi le associazioni che lottano per la tutela dei lavoratori.
Non solo, il progetto destabilizzante del governo, volto a salvare il presidente del Consiglio da possibili condanne per i procedimenti penali in cui è e sarà coinvolto, stravolgerà l’ andamento di tantissimi processi per infortuni sul lavoro, col rischio di prescrizione degli indagati.
Ma, oltre a quanto sopra, il vero problema è un altro.
E’ giusto e sacrosanto che chi, per la ricerca del proprio interesse, si macchia di delitti contro i lavoratori paghi con il massimo possibile della pena. Ma qualunque pena venga comminata, essa non ridarà la vita o la salute ai lavoratori infortunati o ammalati.
Non si può agire solo sulla pesantezza della pena a seguito dell’ incidente mortale o lesivo.
Occorre preventivamente impedire agli imprenditori di fare lavorare in condizioni che potenzialmente comportano un elevato rischio di infortuni e di malattie professionali.
Le leggi per fare questo ci sono. Il D.Lgs.81/08, nonostante i peggioramenti introdotti dal correttivo del governo Berlusconi, se applicato con rigore permetterebbe veramente di fare prevenzione e ridurre alla fonte le situazioni di rischio.
Il problema è che sull’ osservanza di tale testo normativo i controlli sono scarsissimi per la endemica carenza degli organici degli enti pubblici di controllo.
I padroni sono liberi di disattendere la normativa nella certezza che la probabilità di incappare in un controllo e in una sanzione è bassissima (oggi solo il 3% delle aziende viene controllato dalle ASL).
Ma anche in caso di controllo e di contestazione, il reato penale viene estinto a seguito del pagamento di una sanzione che, in proporzione al rischio potenziale, è irrisoria.
Oggi in Italia si contano ogni giorno 4 infortuni mortali e migliaia di infortuni spesso pesantemente invalidanti.
Solo l’ incremento dei controlli e l’ inasprimento delle pene in caso di inadempienza al Testo Unico possono scoraggiare veramente l’ attività delinquenziale dei datori di lavoro che omettono le misure di prevenzione e protezione dei lavoratori.
Assistiamo invece da un lato a una riduzione dell’ apparato sanzionatorio (vedi il D.Lgs.106/09 del governo Berlusconi che ha ridotto in maniera generalizzata le sanzioni previste inizialmente dal D.Lgs.81/08 a carico di datori di lavoro e dirigenti) da un altro a un mancato potenziamento degli organi ispettivi.
E proprio a commento della sentenza Thyssen Krupp, il Ministro del Lavoro Sacconi ha ipotizzato l’ accentramento delle attività di vigilanza, affermando che “dovremo in ogni caso riflettere, a fini di maggiore omogeneità ed efficacia, sull' opportunità di riportare alle funzioni centrali tutta la competenza in materia di salute e sicurezza nel lavoro e la relativa attività di controllo come era disposto dalla riforma costituzionale che non superò l' esame referendario”.
Il che vorrebbe dire un controllo diretto del Ministero di Sacconi sulle attività ispettive con le conseguenze facilmente immaginabili.
In conclusione se da un lato dobbiamo considerare positivamente la sentenza Thyssen Krupp che per i contenuti potrebbe diventare una svolta epocale nel giudizio di reati conto la salute e la sicurezza dei lavoratori, dall’ altro dobbiamo essere convinti che tale sentenza non può essere il punto di arrivo della battaglia contro gli infortuni e le malattie professionale.
Deve essere al contrario un punto di partenza per intensificare tale battaglia !
Marco Spezia
rete nazionale sicurezza sui posti di lavoro
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