martedì 17 settembre 2013

Imperdonabile Solvay che non smette di inquinare

Solvay che non smette di inquinare



La multinazionale attende la nuova autorizzazione ambientale, ma è molto in
ritardo con gli impegni. E minaccia di andarsene
Dietro la formula ufficiale delle «valutazioni positive» nel primo incontro
di ieri al ministero dell'Ambiente, il nodo resta ancora tutto da
sciogliere. Del resto il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale
per la Solvay di Rosignano, che è l'unica sodiera italiana ma ha il vizio di
inquinare in lungo e in largo l'ambiente, non poteva arrivare in un momento
peggiore per la multinazionale belga della chimica.
Il caso dell'Ilva di Taranto sta scuotendo l'opinione pubblica, che a furia
di scandali è diventata un po' più sensibile sul tema degli «effetti
collaterali» delle produzioni industriali. In aggiunta il management Solvay
ci ha messo del suo. A luglio la procura di Livorno, dopo quattro anni di
indagini, non ha sequestrato gli impianti solo «per il particolare momento
storico» - parole del procuratore De Leo - ma ha dettato precise
prescrizioni per abbattere entro il 2014 gli scarichi a mare della sodiera.
Quelli che hanno reso le «spiagge bianche» di Rosignano un tradizionale set
di servizi fotografici para-caraibici. Ma anche, secondo il programma Unep
delle Nazioni Unite per l'ambiente, uno dei 15 tratti costieri più inquinati
del Mediterraneo.
Il problema è che la Solvay non ha ancora voglia di venire a patti, anche
con le sue stesse promesse. Un accordo di programma che la multinazionale
aveva sottoscritto nel 2003 con il ministero e gli enti locali, prevedeva di
ridurre progressivamente del 70% lo scarico a mare dei fanghi di
lavorazione. In altre parole si doveva raggiungere nel 2007 la soglia delle
60 mila tonnellate l'anno. Una pia illusione: nel 2008 lo stabilimento ne
versava in mare ancora 120 mila, l'anno scorso poco meno. Per giunta le
indagini della Guardia di finanza hanno anche rilevato la pratica di
«annacquare» i fanghi prima che arrivassero nei punti di scarico. In quel
«fosso bianco» dove questa estate il limite del divieto alla balneazione è
stato raddoppiato, passando da 100 a 200 metri nelle due direzioni.
La risposta della multinazionale, affidata in questi ultimi giorni al nuovo
direttore dello stabilimento Daniele Papavero, ha dello sconcertante.
Secondo Solvay, le direttive Ue sulle «migliori tecniche disponibili» (le
Bat, best avaible tecniques) sarebbero meno stringenti dell'accordo di
programma. Permetterebbero addirittura lo scarico a mare di 200 mila
tonnellate annue di fanghi. Quindi la colpa sarebbe del governo italiano,
che non le ha ancora recepite. Quanto all'accordo di programma, sarebbe
ormai roba vecchia.
Quella firma invece non è per niente sbiadita, ribattono le realtà
ambientaliste e i movimenti sociali dell'area livornese, che insieme a
Medicina democratica denunciano da anni la Solvay. Dati alla mano. Nel mezzo
le istituzioni e i sindacati, stretti fra il muro della realtà e l'uscio che
il colosso della chimica, se a ottobre non arriverà il rinnovo dell'Aia,
minaccia invariabilmente di varcare. Anche se, in realtà, ancora non gli
conviene.

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