venerdì 14 dicembre 2012
Ilva - niente dissequestro e grave reazione aziendale
Il gip del tribunale di Taranto, che ha respinto l'istanza dell'Ilva di reimmissione nel possesso dei prodotti finiti e semilavorati sequestrati il 26 novembre scorso. L'istanza era stata presentata una settimana fa dall'Ilva alla procura sulla base del decreto legge varato il 3 dicembre.
Secondo il gip che ha recepito il parere negativo dei pm il provvedimento governativo non ha effetto retroattivo: "Il divieto di retroattività della legge - scrive il gip - è fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento". La dottoressa Todisco, citando l'articolo 3 del decreto legislativo, rileva che "la norma impone di escludere radicalmente che si sia voluto attribuire efficacia retroattiva alla disposizione". Per questo motivo il giudice non ha concesso il dissequestro: sotto chiave rimangono 1 milione e 700mila tonnelate di coils, tubi e bramme per un valore stimato in quasi 1 miliardo di euro. Il sequestro è scattato perchè quell'acciaio era ritenuto provento dell'attività degli impianti dell'area a caldo dopo i sigilli scattati lo scorso 26 novembre per l'emissione di veleni industriali.
La decisione ha scatenato l'immediata reazione delll'Ilva, con una nota, annuncia: andranno a casa con effetto immediato quasi 4000 operai. "A seguito del rigetto odierno da parte del Gip della richiesta di Ilva dell'applicazione del decreto legge 207 del 3 12 2012, Ilva comunica le drammatiche conseguenze che tale decisione comporta per i livelli occupazionali e per la situazione economica dell'azienda - scrive l'azienda del gruppo Riva - Da ora e a cascata per le prossime settimane circa 1.400 dipendenti, appartenenti prevalentemente alle aree della laminazione a freddo, tubifici e servizi correlati, rimarranno senza lavoro. Il numero di questi lavoratori si andrà a sommare ai 1.200 dipendenti già attualmente in cassa Integrazione per le cause già note quali la situazione di mercato e le conseguenze del tornado che ha investito lo stabilimento di Taranto lo scorso 28 novembre". Il riferimento immediato, dunque,
è a 2600 dipendenti.
"Ma si fermeranno - prosegue la nota dell'Ilva - poi a catena gli impianti Ilva di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell'Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia, nonchè tutti i centri di servizio Ilva, quali Torino, Milano e Padova, nonchè gli impianti marittimi di Marghera e Genova. Tutto ciò comporterà, in attesa di ricostituire la scorta minima per la ripresa dei processi produttivi, una ricaduta occupazionale che coinvolgerà un totale di circa 2500 addetti. Le ripercussioni maggiori si avranno a Genova e Novi Ligure dove nell'arco di pochi giorni da oggi, saranno coinvolte circa 1.500 persone (1.000 su Genova e 500 su Novi Ligure)". E' così che la minaccia si allunga su un totale di circa 4000 addetti.
"Naturalmente - conclude l'Ilva - l'azienda ricorrerà al Tribunale del Riesame confidando cha la situazione possa essere sbloccata al più presto, per evitare oltre al danno derivante dalla mancata consegna dei prodotti già ordinati e non rimpiazzabili in alcun modo, anche il danno relativo all'eventuale smaltimento di tali prodotti che, l'azienda ricorda, sono prodotti deteriorabili".
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lo Slai cobas per il sindacato di classe fa appello agli operai di tutti gli stabilimenti Ilva a respingere la decisione dell'azienda e a riaffermare
che lavoro e salute si difendono e si impongono con la lotta per la messa a norma dell'ilva di Taranto con gli operai in fabbrica e i padroni in galera
vanno respinti i tentativi dell'azienda di mettere gli operai contro le esigenze di salute dei cittadini di Taranto, ma anche quelli in corso di mettere i cittadini contro gli operai che lottano per il posto di lavoro
slai cobas per il sindacato di classe
slaicobasta@libero.it
347-5301704
15 dicembre
lo slai -Cobas Ilva e provinciale Taranto appoggiano i cittadini e i lavoratori che manifestano sabato contro il decreto Monti-Clini .
Un decreto dittatoriale che riconsegna la fabbrica a padron Riva, imponendo il lavoro forzato sotto padronRiva , per fargli fare ancora profitti, invece che il 'lavoro sicuro', che vogliono operai e cittadini di Taranto ma non vi aderisce perchè questa lotta per essere vincente richiede -in fabbrica l'unità operaia per il sindacato di classe nelle mani degli operai, alternativo ai sindacati confederali filoRiva -nei quartieri, a partire dai tamburi, l'unità operai-masse popolari in una lotta continua e generale contro tutti i padroni, tutti i governi e lo Stato dei padroni
- per una fabbrica aperta, senza morti sul lavoro e messa a norma e per una città, risanata da tumori e inquinamento con bonifiche che diano il lavoro ai disoccupati slai cobas per il sindacato di classe taranto
347-5301704
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