lunedì 18 giugno 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS ! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 17/06/12




INDICE

Fabio Mangone fabio74_1@libero.it
RETE DEI COMITATI PER LA DIFESA DEL TERRITORIO

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
IMPRESSIONANTE SEQUENZA DI MORTI SUL LAVORO: 15 NEGLI ULTIMI 4 GIORNI

Dante De Angelis
SICUREZZA SUL LAVORO: LA GUERRA DELLE COMPETENZE SULLA VIGILANZA

Coordinatore nazionale Slai Cobas coordinamento.nazionale@slaicobas.it
PROCESSO PER LA STRAGE DEGLI OPERAI ALLA MARLANE-MARZOTTO_AMMESSO LO SLAI COBAS COME PARTE CIVILE. INIZIA FINALMENTE IL PROCESSO

Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it
NAPOLITANO RAPPRESENTA BUFFON

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From: Fabio Mangone fabio74_1@libero.it
To:
Sent: Friday, June 08, 2012 8:50 PM
Subject: RETE DEI COMITATI PER LA DIFESA DEL TERRITORIO

Ti chiederei di diffonderla a tutto l'indirizzario


RETE DEI COMITATI PER LA DIFESA DEL TERRITORIO

A tutti i Comitati
Alla Giunta
Al Consiglio scientifico
Care Amiche e Cari Amici,
la Giunta della Rete, riunitasi il 26 maggio, ha convocato l'Assemblea dei Comitati per la formulazione della Piattaforma Toscana per il giorno 7 luglio p.v. r particolari della convocazione vi saranno comunicati a breve.
Vi trasmetto, insieme con la Convocazione, il Documento preparatorio, che fa il punto delle elaborazioni e discussioni già avvenute e prepara l'Assemblea. E' frutto del lavoro della Giunta, che ha utilizzato i contributi di Asor Rosa, Baldeschi e Greppi.
Come vi abbiamo già più volte comunicato, e come ribadiamo ora nelle conclusioni del Documento preparatorio, per la buona riuscita dell'Assemblea è necessario il contributo critico e attivo di ognuno di voi.
Datevi da fare!
Molto cordialmente.
A. A. R.
Rete dei Comitati per la difesa del Territorio
Sede segreteria Via Lorenzoni, 34 - 50012-Bagno a Ripoli (FI)
RETE DEI COMITATI PER LA DIFESA DEL TERRITORIO
www.territorialmente.it

LA RETE DEI COMITATI PER LA DIFESA DEL TERRITORIO E IL NEOAMBIENTALISMO ITALIANO

I
Fra il marzo e il giugno del 2012 la Rete dei Comitati per la difesa del territorio ha messo, e metterà, in campo due fra le più importanti iniziative ambientaliste svoltesi in Italia nel corso di quest' anno: Il Convegno dalla parte del territorio; Firenze, 24 marzo 2012, dedicato prevalentemente alla discussione di proposte che, a partire dalle vertenze in atto, indicassero strade alternative rispetto al modello corrente di appropriazione privatistica delle risorse in territoriale (nella seconda parte di questo testo ne viene data circostanziata notizia); e l'Assemblea dei Comitati fissata per il 7 luglio p.v., da cui dovrà uscire la
Piattaforma toscana, insieme organico di vertenze, proposte e progetti, su cui impiantare una vera battaglia nei confronti delle forze politiche e delle istituzioni di questa Regione italiana, contraddistinta nel bene come nel male come da peculiari caratteristiche ambientali, territoriali e politiche.
Ne esce così confermato, e definitivamente consolidato, il tratto più caratterizzante del “Neoambientalismo italiano", di cui la Rete dei Comitati per la difesa del territorio è stata sostenitrice e finora principale sostenitrice.
La Rete nasce dal basso: i Comitati ne sono i principali e autonomi soggetti. La Rete anticipando anche in questo molti discorsi e proposte p1u recenti, e nata per collegare un disegno strategicamente credibile le spinte, le richieste, le metodologie dei Comitati. Conferisce perciò loro la forza che può venire dall'unione di molte forze consimili insieme, senza tuttavia esercitare in alcun modo una funzione costrittiva e dirigistica nei loro confronti.
Questo è il nostro modo di pensare e di praticare la linea strategica dei beni comuni. Esistono realtà, che riguardano il nostro modo d'essere e le nostre possibilità di sopravvivenza, - acqua, aria, uso e consumo del territorio, governo dell'ambiente -, che vanno interamente sottratte alle logiche privatistiche e restituite ad un uso sociale, collettivo e di democrazia altamente partecipata da parte dei cittadini. La Rete è schierata senza esitazioni su questo fronte e ne difende la legittimità e le potenzialità.
Il Convegno del 24 marzo e l'Assemblea del 7 luglio sono unificati e messi in coerenza esattamente da tale logica.
Il primo ha definito tendenze, problematiche di alto valore scientifico e intellettuale oltre che politico; il secondo farà emergere con forza la geografia concreta e reale del movimento, la mappa delle richieste, delle vertenze, dei progetti alternativi.
Le due iniziative della Rete sono state pensate insieme e vanno viste insieme: sono il frutto della medesima logica.
Il "NEOAMBIENTALISMO 1TALIANO" nasce dalla pratica seria e continuata di questa logica. La crisi della politica, indubbiamente in atto in Italia, esprime fra le altre cose anche l'incapacità degli organismi politici tradizionali di collocare i problemi dell’ambiente e del territorio (e dunque della salute, del benessere, della sopravvivenza, per noi, ma soprattutto per i nostri figli e nipoti) nel quadro di un'idea profondamente diversa dello sviluppo. Insieme con il disagio e l' insoddisfazione crescono perciò lo smarrimento e la confusione: non solo la critica, per quanto spesso giusta, sbocca spesso nell'antipolitica, che invece è micidiale; ma la tentazione d’imboccare scorciatoie apparentemente facili si diffonde e aumenta.
Perciò la Rete ci tiene tanto alla propria identità e autonomia. Nei limiti del suo raggio d'azione, infatti, essa esercita un metodo che tiene rigorosamente insieme la critica e il progetto, le forze intellettuali e le espressioni più autentiche della cittadinanza attiva italiana. Le due iniziative suddette ne sono una testimonianza.
Occorre che l'Assemblea del 7 luglio assuma una rilevanza e un'evidenza di carattere non solo regionale ma nazionale.
Perché questo accada, c'è bisogno di uno sforzo ulteriore, anzi massimo delle forze raccolte nei Comitati e nella Rete medesima.
Non c’è motivo di dubitare che il movimento sia in grado perfettamente di fare questo sforzo e di raggiungere il risultato anche mediatico, che ci aspettiamo.

II
TEMI E PROPOSTE EMERSI NEL CONVEGNO “DALLA PARTE DEL TERRITORIO”
Il convegno del 24 marzo 2012 organizzato dalla Rete dei Comitati per la difesa del territorio e intitolato significativamente “Dalla parte del territorio”, è stato dedicato prevalentemente alla discussione di proposte che, a partire dalle vertenze in atto, indicassero strade alternative rispetto al modello corrente di appropriazione privatistica delle risorse territoriali.
E’ ovvio che tutto il dibattito e le proposte debbano essere inquadrate nella attuale crisi strutturale prodotta a livello mondiale dal capitalismo finanziario, con l’aggravante italiana di uno sviluppo, particolarmente asfittico – anche in un’ottica capitalistica – per il peso sull’economia di rendite parassitarie, in primis quella della “casta”. Argomenti questi ampiamente dibattuti e su cui non occorre tornare, ma che devono essere tenuti presenti per contestualizzare le proposte in un quadro politico più ampio e con una serie di iniziative dal basso che condividono la critica di un modello che produce contemporaneamente insostenibilità sociale, economica e ambientale. Non si può non accennare in quest’ottica a una caratteristica precipua dell’economia post-fordista (v. intervento di Mauro Chessa) che «slega la produzione dal contesto nella quale questa si realizza; il passaggio al post-fordismo ha segnato il definitivo abbandono del “patto sociale” che legava lo sfruttamento del territorio alla comunità locale. Segnatamente in Toscana, si hanno eclatanti manifestazioni di come questa logica sia stata trasposta nella gestione del territorio».
A questo quadro generale si aggiunge la tendenza, più volta denunciata nei documenti della Rete, che ha visto nell’ultimo decennio molti imprenditori toscani operanti in settori soggetti alla concorrenza globale – come tessile e moda – riconvertire le loro attività dalla manifatturiera all’edilizia residenziale e turistica.
Tuttavia, poiché la domanda di abitazioni negli ultimi venti anni è stata molto più legata a opzioni di investimento che al bisogno della casa, anche questa “riconversione” non ha prospettive se non per alcuni settori di eccellenza (si veda ad esempio porti turistici di alto livello, strutture alberghiere di lusso come a Rimigliano, ecc.). Lo “sviluppo” (presunto tale) dipende, quindi, sempre più dalle grandi opere concesse in project financing, ma in realtà pagate dallo stato, di cui il caso emblematico, ma non certo unico, e l’alta velocità (si vedano a questo proposito gli interventi di Maria Rosa Vittadini e di Ornella De Zordo).
In questo quadro il consumo di suolo nell’ultimo decennio è ovviamente diminuito rispetto agli anni del boom economico e delle grandi migrazioni interne, ma, secondo dati più aggiornati e precisi, molto meno di quanto dall’assessore Riccardo Conti conclamava nel 2008 (titoli su Repubblica: Suolo e cemento: è in Toscana la terra promessa, oppure Qui si costruisce meno che nel resto d’Italia. E meglio). Secondo i nuovi dati, negli anni che vanno dal 1996 al 2010 in Toscana si è verificato un incremento delle superfici urbanizzate pari al 18%, minore di quello registrato nei decenni precedenti, ma ben lontano da quel 4% sbandierato a suo tempo da Conti. Si è trattato, oltretutto, di consumo del suolo più pregiato da un punto di vista qualitativo: i comitati che si oppongono al consumo di territorio e di paesaggio, ovviamente partendo da situazioni locali, non soffrono perciò di sindrome nimby, ma piuttosto fanno parte di un movimento “niaby” (not in any backyard). E allora, sostiene Greppi: «viviamo forse in quello che in inglese suona come un “cortile” (backyard)? Stare dalla parte del territorio significa difendere un interesse privato? Sembra piuttosto che sia l’interesse collettivo ad essere minacciato da progetti che rappresentano solo interessi privati per giunta estranei al territorio».
Centralità quindi di territorio come soggetto dotato di profondità storica, nella cui individualità stanno inscritte le regole delle possibili trasformazioni e come patrimonio da tutelare non solo come risorsa collettiva, ma per il suo valore culturale. Salvatore Settis ha ricordato il ruolo della tutela del paesaggio nella Costituzione, nella formulazione dell’art.9: un paesaggio che è costituito da beni materiali (peculiarità dell’ambiente, dei bacini idrografici, dei suoli, dei boschi, dei paesaggi rurali, dei sistemi urbani e infrastrutturali); e immateriali: delle culture, dei saperi produttivi scientifici, artistici, degli stili di vita. Un progetto “grandioso e irrealizzato”, e ancora da usare “come un’arma” contro coloro che accettano la realtà così com’è. La Costituzione tutta, e non solo l’art.9, non è un ferro vecchio, ma un argine contro un modello che si fonda sul predominio degli affari, sporchi o puliti che siano: locali, nazionali, europei.
In questa linea si muove anche l’intervento di Maria Rosa Vittadini sulle grandi infrastrutture di trasporto – un tema su cui la Rete ha sempre denunciato la subalternità dello Stato al project financing “garantito” del capitalismo nostrano e la collusione di interessi fra politici e industriali per moltiplicare i costi di costruzione, a prescindere dall’efficienza e l’economicità della gestione delle opere. L’intervento ha sottolineato la necessità di un rovesciamento della strategia portata avanti con continuità da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi due decenni: non è il territorio che deve adattarsi alla “grande opera” (l’esempio più eclatante è la Tav in val di Susa), ricevendone eventualmente una qualche compensazione, ma è piuttosto l’alta velocità e le infrastrutture in genere che devono adattarsi alle caratteristiche e alla domanda del territorio, fatti salvi i requisiti tecnologici di efficienza che non sono certamente quelli del “modello francese” (lunghe tratte percorse ad altissima ed inutile velocità, linee dedicate, conflitto con le linee locali) adottato dall’Italia. Particolarmente preoccupante, quindi, è la proposta del viceministro Ciaccia di modificare l’art. 5 della Costituzione per riportare tutte le decisioni sulle opere definite strategiche in mano allo Stato, e quindi eliminare ogni opposizione “locale” rispetto a scelte prese e governate dall’ alto.
Centralità del territorio significa, innanzitutto, ha sostenuto Guido Viale, ri-territorializzazione dei processi economici, vale a dire: il territorio (nella sua dimensione statutaria, patrimoniale e locale) deve essere la chiave di volta della riorganizzazione di un’economia che acquisisca progressivamente indipendenza dalle fonti di energia fossile; cha a loro volta implicano grandi impianti, grandi investimenti, grandi capitali e concentrazione finanziaria, un modello che è entrato in una profonda crisi strutturale per l’insostenibilità sociale e ambientale. In questa linea anche gli interventi di Piero Bevilacqua, di Ornella De Zordo e di Alberto Magnaghi, quest’ultimo con precise indicazioni progettuali (dalle vertenze al progetto).
Le grandi opere gestite da gruppi oligopolistici, con una logica omologante e spesso con tecnologie importate (si veda anche tutta la problematica delle energie rinnovabili e del loro abuso contro il territorio) non sono l’unica strada per lo “sviluppo”, anzi spesso pagano un incremento nominale del Pil con una riduzione significativa del patrimonio territoriale. Viceversa, molte piccole opere diffuse, collegate fra loro in una strategia di “simultaneità” – come ha proposto Piero Bevilacqua – possono ottenere il risultato di incrementare il valore aggiunto del paese, sia in termini economici (estendendo al base occupazionale a una platea di giovani esclusi) sia quello territoriale, curando e prevenendo, piuttosto che correndo dietro alle catastrofi in una logica di emergenza (anch’essa affrontata con tecnologie dure, impattanti e costose). In particolare l’Appennino toscano, spopolato ma non ancora desertificato, possiede un patrimonio che può essere trasformato in “risorsa”: i boschi che possono essere di nuovo sfruttati con tagli razionali orientati alla produzione di legni pregiati e impianti di biomassa legati alla domanda locale; i prodotti tipici, la cui eccellenza deriva dal fatto di incorporare le “qualità” dei paesaggi tradizionali; lo sviluppo di un turismo alternativo a quello dei campi da golf, dei residence e dei villaggi turistici estranei al territorio in cui sono localizzati e inseriti esclusivamente in circuiti internazionali. E molte altre iniziative che hanno bisogno di finanziamenti pubblici solo nella fase di start up.
A questo proposito, è perfettamente conforme allo spirito del convegno quanto scritto dal gruppo urbanistico di Altracittà (“Il manifesto”, 10 gennaio 2012) in contrapposizione alle “grandi opere infrastrutturali” che alterano profondamente i luoghi su cui impattano: «per grande opera di risanamento e di promozione del territorio si intende invece un intervento vasto, multifunzionale e multisettoriale, che si esercita o su strutture ecologiche complesse (fiumi, bacini idrici, catene montuose, ecc.) o su un’area antropica di pregio e/o problematica (aree metropolitane). Aspetti ambientali e socioeconomici sono considerati in un’unica dimensione di riqualificazione integrata: le opere di intervento sono diffuse e mirano, dopo una prima fase di avvio, ad una rinascita autonoma».
Rilevantissimo il ruolo che i problemi dell'energia e delle risorse (M. Chessa e altri) rivestono nell'impostazione della Rete. Per territorio intendiamo infatti una realtà complessa, in cui i diversi aspetti, a partire dalla produzione di energie nelle varie forme possibili, entrano in un sistema indissolubile di relazioni (si pensi alla situazione dell'Amiata).
Una sintesi operativa degli interventi è stata proposta dalla relazione di Alberto Magnaghi, di cui riportiamo alcuni stralci significativi: «conversione ecologica e territorialista comporta attivare nuovi rapporti sociali di produzione, avvicinando le figure di produttore/abitante in sistemi economici a base locale, fondati sul lavoro autonomo, su intraprese a valenza etica, microimpresa, forme cooperative, ecc. In questa prospettiva la Toscana può proporre straordinari modelli di produzione della ricchezza futura in forme durevoli; producendo innanzi tutto i mezzi di produzione socio-territoriali di questo nuovo ciclo, in cui molte cose devono decrescere (consumo di suolo, grandi opere, grande distribuzione, grandi apparati industriali, grandi dipendenze dalla finanza globale, grandi metropoli e grandi periferie), altre devono crescere (cittadinanza attiva, reti corte fra produzione e consumo, spazi pubblici, sistemi di economie locali, ripopolamento rurale e montano ecc)».
Sviluppando questi principi in forma operativa, Magnaghi propone alcuni percorsi metaforici.
I percorsi del ritorno ai campi sono:
     tornare a nutrire le città con cinture di agricoltura periurbana (fattorie didattiche, orti, frutteti giardini) e parchi agricoli con cibo sano a km zero); con l’obiettivo fermare i processi di deruralizzazione, riqualificare i margini urbani e avviare il ripopolamento produttivo con forme di “neoruralità” fondate sul modo di produzione contadino;
     ridurre l’impronta ecologica con la chiusura locale dei cicli dell’acqua, dell’energia, dell’alimentazione);
     elevare la qualità ambientale (salvaguardia idrogeologica, qualità delle reti ecologiche e del paesaggio);
     elevare la qualità abitativa delle periferie (standard di verde agricolo “fuori porta fruibile”;
     riqualificazione dei margini urbani; qui finisce la città, là comincia la campagna;
     dai piani di miglioramento agricolo aziendali, a piani territoriali multifunzionali (filiere agro-ambientali, turistiche, culturali);
     restituire un ruolo produttivo ai paesaggi rurali storici: regole sapienti ambientali, idrogeologiche, ecologiche produttive, in grado di dare indicazioni per la riqualificazione della multifunzionalità dell’agricoltura e in particolare per il cambiamento climatico.
«Ma lo stesso può dirsi – continua Magnaghi – per la stessa funzione di produzione industriale, che può essere, in un caso estremo, il risultato dell’azione di una grande agglomerazione di capitale su un territorio, che ne influenza lo sviluppo secondo un modello top-down (e dunque avremo un focus sull’impresa di grande dimensione, a cui corrisponde un modello di politica economica basato sull’attrazione di investimenti cospicui dall’esterno, rispetto ai quali il territorio assume il valore di mero contenitore); o il risultato di una interazione fra le forze attive del territorio stesso, che cooperano per il raggiungimento dei medesimi obiettivi economici, ma con un cambio significativo di approccio e di impostazione delle politiche e dei vincoli dell’attività economica, secondo un modello bottom-up che valorizza lo sviluppo e la crescita dei soggetti stessi del territorio e della loro interazione, puntando alla massimizzazione del benessere locale e delle differenti variabili che lo determinano. Dal distretto mono-colturale ai distretti multisettoriali integrati: integrazione fra agricoltura di qualità, artigianato artistico, recupero dei borghi, archeologia globale, parchi culturali: recupero dei fitti reticoli insediativi di alta qualità (città d’arte) non solo residenziale o turistico, ma per attività economiche di alto livello (ricerca, terziario avanzato, artigianato artistico): un territorio-impresa sociale diffusa, in cui la qualità del paesaggio urbano e rurale diviene il motore del valore aggiunto territoriale».
Tutte proposte che sono inquadrabili in un ruolo dei comitati che vada oltre le vertenze e assuma ruoli sempre più progettuali (dall’intervento introduttivo di Claudio Greppi): «Dalla parte del territorio significa che ogni angolo della regione ha le sue specifiche caratteristiche, naturali, storiche, culturali, che vanno salvaguardate come ricchezza collettiva. Ma per poter salvaguardare bisogna conoscere: ed è qui che il ruolo dei comitati è fondamentale. Sappiamo bene che la nostra contestazione si allarga dai temi più ambientali (energia, rifiuti), a quelli più specificamente urbanistici e paesaggistici, e proprio su questo misto di interessi è nata la Rete. A tenere insieme tematiche così diverse, cittadini dalla provenienza più varia, è una comune aspirazione alla più profonda conoscenza del territorio, che sta alla base di qualsiasi ragionamento progettuale. Si può ancora intervenire, e come? (Così si concludeva il nostro dossier del 2008). Intervenire, quattro anni fa, significava essenzialmente lavorare per bloccare uno scempio, una minaccia. Facevamo anche questa osservazione: che la presenza di una Rete di Comitati ha già ottenuto come risultato di mettere in guardia le istituzioni, di costringere i nostri interlocutori a stare molto attenti almeno al rispetto delle procedure, visto che i risultati sono quello che sono. E in molti casi una simile cautela non c’è stata. Forse anche il nuovo corso della politica urbanistica regionale è da attribuire, seppure in minima parte, alle attività di denuncia e di contestazione che molti comitati hanno svolto, e che la Rete ha sostenuto.
Ma oggi questa forma di pressione indiretta non basta più. L’esperienza dei comitati ha la possibilità di crescere se promuove l’acquisizione di una vera e propria cultura del territorio. Un territorio che è molto vario e portatore di qualità diverse, tutte da scoprire. Mi piace segnalare che alcun i comitati si dedicano con impegno, nel proprio tempo libero, all’esplorazione sistematica del proprio territorio. Alla ricerca di quella che Strabone duemila anni fa definiva è arethè tòn tòpon, la virtù dei luoghi. Ed è già questo un progetto non da poco».
In conclusione, le condizioni perché un progetto si possa considerare coerente con la cultura espressa dai comitati possono essere riassunte in alcuni obiettivi principali:
     La manutenzione: siamo in ogni caso favorevoli ad iniziative che abbiano come obiettivo quello della conservazione del patrimonio ambientale e paesistico, non tanto nella forma del vincolo (ormai desueta), ma in quella di progetto di manutenzione: occasione di investimenti, di occupazione ecc.
     L’acquisizione di beni comuni: qualsiasi intervento che estenda la fruizione sociale del patrimonio di beni culturali e ambientali può qualificare ulteriormente il progetto della manutenzione.
     E infine il ri-uso: opere edilizie e infrastrutture nate per determinate funzioni ne possono svolgere altre, senza per questo perdere la propria qualità. La rete dei centri storici, le strutture insediative delle campagne,
gli spazi aperti dell’Appennino e della costa toscana sono pieni di queste opportunità. Il ri-uso delle strutture fisiche, delle relazioni sociali, dei saperi di un territorio. E’ una scelta di parte: dalla parte del territorio.
Una postilla “istituzionale”
Nel convegno vi sono stati due interventi “istituzionali”: Il primo di Paolo Baldeschi, responsabile scientifico degli “studi conoscitivi e metodologici per l’implementazione del piano paesaggistico della Regione Toscana”. Baldeschi ha sintetizzato alcune caratteristiche innovative del nuovo piano paesaggistico, come il ruolo statutario della disciplina paesaggistica (non quindi legata a strategie contingenti), il fatto che questa disciplina sia espressa fondamentalmente come “regole di riproduzione” del patrimonio territoriale e comunicata in modo semplice e chiaro mediante “norme figurate”, ciò che permette una maggiore partecipazione e controllo da parte dei cittadini. Tuttavia il piano sconta una serie di nodi critici che devono essere superati soprattutto a livello politico:
     la difficoltà, dati i tempi estremamente ristretti, di comunicazione con gli enti locali, comitati e cittadini (sono programmate riunioni organizzative e consultazioni di area);
     l’ipersettorializzazione dei vari assessorati che, invece, dovrebbero tutti collaborare alla formulazione del piano;
     la divergenza dei piani di settore, in particolare del piano di sviluppo rurale, rispetto alla filosofia e alle finalità del Piano paesaggistico.
In conclusione: «rimane il fatto che il piano è sostanzialmente impotente (nonostante che sulla carta prevalga su ogni altro tipo di pianificazione – sia territoriale che settoriale) senza una incisiva revisione della legge di governo del territorio. Questa è una parte del problema; l’altra parte riguarda la necessità di formare una cultura del paesaggio, assente o deficitaria nel nostro paese».
In conclusione, una proposta semplice: «una delle attività partecipative che più frequentemente impegnano cittadini e comitati sono le osservazioni agli strumenti urbanistici, formulate collettivamente, approfondite, ben documentate, oltre che del tutto consone e conformi rispetto agli obiettivi di legge e piano regionale.
Queste osservazioni da molti Comuni sono sistematicamente rigettate; in molti casi senza neanche la fatica di “controdedurre” perché sarebbe difficile, limitandosi a bocciare le osservazioni come “non pertinenti”.
Occorre, quindi, ristabilire la “terzietà” del giudizio rispetto a questa forma effettiva di partecipazione; lasciando ai Comuni la facoltà di decidere su tutti gli aspetti che riguardano i diritti soggettivi dei cittadini, ma riassegnando alla Regione la titolarità di decidere laddove le osservazioni mettano in evidenza le difformità e le violazioni rispetto al piano paesaggistico, tutelando così un legittimo interesse collettivo».
Il secondo, e ben più importante intervento da un punto di vista politico, è stato quello del Presidente Enrico Rossi, la cui valutazione può mettere in evidenza luci e ombre. Gli aspetti positivi sono innanzitutto nella stessa presenza a un convegno organizzato dalla Rete, non più vista come “avversario” (come ai tempi della giunta Martini-Conti), bensì come interlocutore, e nella presa d’atto che il “conflitto” è ingrediente essenziale di una democrazia partecipata. Gi aspetti negativi stanno in una sostanziale continuità con la politica della precedente amministrazione, rispetto ad alcune “grandi opere” o rispetto alla strategia dello smaltimento dei rifiuti (puntualmente criticata nell’intervento di De Zordo. Sul pro e il contro di quanto detto Rossi e in generale sulle aperture e chiusure politiche della Regione Toscana, il dibattito è aperto. Ma la Rete non può assolutamente rinunciare al suo ruolo di critica, stimolo, e anche dialogo con le istituzioni per proporsi fughe in avanti gratificanti ideologicamente, ma sterili sul piano pratico.

III
L'Assemblea dei Comitati, convocata per il giorno 7 luglio, si svolge seguendo questi cinque fondamentali assi di analisi, descrizione, denuncia e proposta:
a) Problemi dell'energia e delle risorse (Chessa);
b) Urbanistica (Greppi)
c) Ambiente, territorio e paesaggio (Magnaghi);
d) Infrastrutture e Grandi Opere (Vittadini);
e) La Toscana e il resto d'Italia (De Lucia).
Su ogni punto sarà data voce alle posizioni dei Comitati.
Una Commissione paritetica (Giunta + Rappresentanti dei Comitati) stilerà nei giorni successivi il documento finale: la Piattaforma Toscana.
Firenze 6-6-2012
                    
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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Monday, June 11, 2012 8:52 PM
Subject: IMPRESSIONANTE SEQUENZA DI MORTI SUL LAVORO: 15 NEGLI ULTIMI 4 GIORNI

In soli 4 giorni, tra cui un sabato e una domenica, ci sono stati 15 morti sul lavoro, una media impressionante che ci riporta ai peggiori giorni del 2011. Anche con la crisi, che investe tutti i settori le morti sul lavoro rimangono una vergogna per un paese civile. E è urgente che i lavoratori si facciano carico di queste tragedie, che l'attuale classe dirigente e la politica non vuole o non riesce ad affrontare. E' urgente che il mondo del lavoro, i migliori sindacalisti come Landini e Papignani e la FIOM tutta, e l'intera CGIL, se comprende fino in fondo il momento drammatico in cui versano i lavoratori e i pensionati, si facciano carico, assieme ai tanti operai e impiegati che credono ancora a certi valori, di portare nel prossimo parlamento, attraverso liste proprie esclusivamente deputati e senatori che lavorano nelle fabbriche, negli uffici, nei servizi e sindacalisti che siano scelti dai lavoratori. Basta deleghe in bianco a partiti che dopo aver "rubato" il voto di chi lavoro approvano leggi in parlamento che penalizzano esclusivamente chi lavoro e i pensionati. 

4 morti anche oggi
Isola d'Elba 11 giugno 2012 E' morto fulminato un operaio di 49 mentre stava potando un albero nel giardino di una villetta. La vittima era titolare di una ditta individuale di potature, questa mattina era salito su una scala per iniziare la potatura di un albero sopra il quale passano i cavi dell'alta tensione. Per motivi da chiarire è stato folgorato da una scarica elettrica che lo ha ucciso sul colpo. Sul posto è arrivata un'ambulanza con medico a bordo, al quale non è rimasto che constatare la morte. Bolzano E' morto un giovane agricoltore di 26 anni che si è ribaltato col trattore in un pendio. Il giovane è stato travolto ed è finito col mezzo in un canale di irrigazione. Sono anche quest'anno innumerevoli le vittime del trattore killer, ma purtroppo nessuno fa niente per limitare questa autentica carneficina che ogni anno uccide oltre 100 agricoltori Avellino E' morto V.R un operaio di 50 anni. V.R ha perso la vita cadendo da un'impalcatura da una palazzina in ristrutturazione. Stava lavorando sul tetto con un martello pneumatico quando improvvisamente ha perso l'equilibrio ed è precipitato al suolo. Palermo, 11 giugno 2012 E' morto Giuseppe Randazzo di 55 anni a Caccamo. Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri che indagano sulla vicenda, Randazzo mentre si trovava all'interno di un autocarro intento a scaricare del materiale, e' rimasto schiacciato dal mezzo, che si e' ribaltato a causa della mancata apertura della sponda posteriore del cassone. Purtroppo l'incidente gli è stato fatale.

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From: Dante De Angelis
To:
Sent: Tuesday, June 12, 2012 12:40 AM
Subject: SICUREZZA SUL LAVORO: LA GUERRA DELLE COMPETENZE SULLA VIGILANZA

Sicurezza sul lavoro: la guerra delle competenze sulla vigilanza

Oreste Tofani, senatore e presidente della commissione parlamentare d'inchiesta 'sugli infortuni e le morti bianche' propone di cancellare la competenza delle Regioni sulla materia (quindi delle ASL) e riportare tutto sotto l'esclusiva competenza dello Stato (quindi ministero del lavoro e DTL).
Un colpo di mano contro la Costituzione che prevede la salute come materia concorrente, in cui legiferano insieme lo Stato e le Regioni.
Il mio modesto parere: invece di litigarsi la competenza esclusiva , allargassero le competenze a tutti, ASL DTL, vigili del fuoco, carabinieri, polizie minicipali, provinciali ecc. Magari inventandosi una Polizia edilizia (come quella ferroviaria, postale ecc.) oppure una polizia del lavoro.....
Pur con tutti i limiti attuali delle ASL mi pare che il nodo siano le risorse e la volontà politica, le leggi vigenti in materia - non perfette - sarebbero già sufficienti.....
ciao
Dante De Angelis

INCIDENTI LAVORO: REGIONI, MATERIA RIMANGA CONCORRENTE DOCUMENTO APPROVATO DA GOVERNATORI NELL'ULTIMA SEDUTA CONFERENZA(ANSA) - ROMA, 11 GIU - Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sono contrarie alla proposta di modifica dell'articolo 117 della Costituzione che vuole attribuire la materia 'Tutela e sicurezza del lavorò alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (oggi la materia è concorrente). La proposta è stata avanzata dalla 'Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette morti bianchè ma vede i governatori decisamente contrari. In un documento approvato nell'ultima seduta della Conferenza delle Regioni, queste evidenziano come sia addirittura necessario prevedere «con apposita legge, l'attribuzione esclusiva alle Regioni e alle Province autonome della funzione di coordinamento degli interventi di vigilanza» e come si debba «invitare formalmente l'Inail ad attivare in tempi brevi il Sistema informativo di prevenzione». I presidenti delle Regioni sollecitano poi la costituzione di un capitolo specifico di spesa a sostegno della attività di prevenzione nei luoghi di lavoro, in sede di ridefinizione del Patto per la salute. Infine, le Regioni, osservando come nel periodo compreso tra il 1978 e il 2010 gli infortuni mortali sul lavoro si sono ridotti passando da 2524 a 980, si impegnano a rendicontare annualmente l'attività di vigilanza svolta sull'intero territorio nazionale. (ANSA).
11-GIU-12 17:57

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Da: Coordinatore nazionale Slai Cobas coordinamento.nazionale@slaicobas.it
Data: 11/06/2012 15.27
A:
Ogg: PROCESSO PER LA STRAGE DEGLI OPERAI ALLA MARLANE-MARZOTTO_AMMESSO LO SLAI COBAS COME PARTE CIVILE. INIZIA FINALMENTE IL PROCESSO

Comunicato stampa SLAI COBAS

Si è svolta oggi a Paola l'ennesima udienza dell'ormai noto processo Marlane Marzotto, utile a fare il punto sulla liceità delle innumerevoli costituzioni avanzate dalle persone offese ed a vario titolo da organizzazioni ed istituzioni.
E' stata ancora una giornata all'insegna delle puntualizzazioni stroncate sul nascere dai giudici pur nel rispetto del codice di procedura penale.
Respinte definitivamente le velleità della controparte sulla competenza territoriale è confermato che il tribunale competente resterà  quello di Paola, venendo meno le attese di quanti speravano di trasferirlo nelle aule del capoluogo vicentino avendo i Marzotto sede in quella provincia dove avrebbero potuto godere  dell'influenza ambientale.
Messi a tacere gli avvocati ancora alle prese con problemi di notifica  definiti dal PM "irrituali", dopo un breve intervallo veniva dichiarata aperta la fase dibattimentale.
Una commovente sfilza di morti e di ammalati, citati uno  ad uno dal giudice con la cruda descrizione della patologia, è stato forse il momento topico di tutta la giornata altrimenti pacata  forse per l'assenza di pubblico a differenza delle altre volte.
I morti, tanti, ch'è difficile persino enumerarli; questo ha indotto la procura a far reiterare gli scavi nel terreno di pertinenza della fabbrica, oltre a commissionare ulteriori perizie alla luce degli elementi probatori più aggiornati e senza far subire ritardi alla complessa fase procedurale in corso.
Pur con le dovute cautele ciò fà ben sperare, essendo anche un palese riconoscimento allo SLAI Cobas tutto, spesosi in oltre quindici anni di lotta senza sconti e senza tregua e accettato oggi ufficialmente in causa  in veste di parte civile.
Alla sbarra come al solito un solo imputato, quel Lomonaco Carlo già sindaco di Praia a Mare, forse il più incolpevole tra i dodici sopravvissuti dei quindici rinviati a giudizio.
Forse questa è stata anche l'ultima occasione per gl'imputati di restare contumaci, avendo il giudice l'intenzione di dare mandato all'arma dei Carabinieri per provvedere al loro "recupero".
Si è imboccata la strada giusta?
E' presto per dirlo dopo le innumerevoli delusioni subite nel corso degli anni.
Tuttavia lo SLAI Cobas non demorde, anche perchè la gente continua ad ammalarsi e a morire, e bene ha fatto il PM rivolgendosi alla difesa ad affermare che questa vicenda è viziata dal "dolo", essendo i dirigenti consapevoli della pericolosità delle sostanze utilizzate in fabbrica  ritenute cancerogene fin dall'esordio degli anni '60, come dimostra anche la distribuzione del latte agli operai erroneamente ritenuti più a rischio.
Prossima udienza il 20 luglio; in tale occasione verranno sentiti i primi testi e primo fra tutti chi scrive, essendo anche il coordinatore locale del sindacato. 

Paola, 08/06/12
Alberto Cunto, coordinatore provinciale Slai Cobas Cosenza

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Da:Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it
A: 
Data: martedì 12 giugno 2012 8.17
Oggetto: NAPOLITANO RAPPRESENTA BUFFON

Giorgio Napolitano continua a deludare il popolo della Repubblica che rappresenta. A spese nostre è volato dalla nazionale italiana, ha abbracciato i calciatori (alcuni presunti scorretti per lo scandalo calcio). Riceve la maglia dal portiere. Ormai il suo mandato sta per terminare, quando ha intenzione di andare a trovare gli operai, presenziare il funerale di un morto sul lavoro? Questo Presidente non ha dato un segnale di rottura nei confronti della politica che ha distrutto la nazione. Non ha firmato quando avrebbe dovuto dimostrare la sua contrarietà per il bene dei cittadini, qualche volta ha parlato, ma le parole non costano niente, anzi pure quelle le paghiamo NOI!
La moglie di un operaio Fiat all'assemblea di Acerra.
"Sono veramente orgogliosa di partecipare a questa assemblea, insieme a tante donne che condividono le mie stesse preoccupazioni, e che hanno deciso di non subire, ma di reagire e lottare.
Mi chiamo Maria e sono arrrrrrabbiata si con tante erre quanto è il mio malcontento, vorrei che questa parola scritta cosi con tutte queste erre arrivasse ai nostri politici.
Oggi 2 giugno 2012, festa della repubblica, una repubblica fondata sul lavoro come cita la nostra costituzione, un lavoro negato a molti di noi un lavoro che si può perdere da un momento all’ altro e insieme si porta via anche la dignità di un individuo.
Il presidente NAPOLITANO OGGI FESTEGGIA LA REPUBBLICA ITALIANA, VORREI CHE I GIORNALISTI QUESTA NOSTRA PROTESTA LA SCRIVINO COSI’ AMARA COME LA STIAMO VIVENDO, MA VORREI SAPERE COSA HA DA FESTEGGIARE,
non abbiamo più lavoro, l’unica grande fabbrica italiana sta lasciando l’Italia e lui festeggia,
le medie e piccole imprese chiudono e lui festeggia,
i nostri ragazzi sono sempre più sfiduciati e lui festeggia,
i nostri ricercatori migliori vanno all’estero e lui festeggia,
i nostri anziani piangono, abbandonati e impauriti e lui festeggia
i nostri disabili con le loro famiglie sempre più abbandonate, urlano aiuto e lui festeggia
le nostre terre tremano e lui festeggia,
la nostra Italia sta andando allo scatafascio e lui festeggia
Noi oggi qui non stiamo festeggiando e siamo scesi in piazza per urlare la nostra rabbia per raccogliere le voci di chi come noi sta male, noi chiediamo alle donne di unirsi a noi nella lotta per dire basta a queste violenze che ci fanno subire, si perché la mancanza di lavoro nostra e dei nostri mariti è una violenza per noi e per tutte le nostre famiglie.
La violenza non è solo quella fisica, ma anche psicologica, molto più pericolosa perché ti uccide l’anima e ti fa sentire sempre più sola.
Noi, no non la vogliamo subire ma vogliamo tutte insieme combatterla, se siamo in tante possiamo farcela, la voce grossa di tante fa più rumore di una vocina piccola.
Non abbiate paura, più del male che ci stanno già facendo non ci possono fare, dobbiamo dare fastidio ai nostri politici non possiamo permettergli di continuare a vivere tranquillamente nelle stanze dorate del governo e manipolare la nostra vita.
In tanti ci ricordano quali sono i nostri doveri, ma tutti si dimenticano quali sono i nostri diritti, in primo luogo il diritto di lavorare e di vivere una vita dignitosa, un lavoro vero e non precario, oggi la metà dei lavoratori sono precari, non hanno la sicurezza del domani, non possono arrivare a metà mese e figuriamoci a pensare di farsi un’ avvenire con una famiglia.
Sempre la nostra costituzione dice che come buoni genitori dobbiamo permettere ai nostri figli di vivere in modo dignitoso, ma se non abbiamo lavoro e quindi soldi, come possiamo aiutare i nostri figli.
Il nostro manifesto equipara Monti a Marchionne, i vari governi hanno regalato alla Fiat centinaia di milioni di euro, hanno permesso a Marchionne di distruggere l’apparato industriale, rapinando il popolo, regalando tutto agli azionisti, alle banche, lasciando, con il trasferimento all’estero di una azienda tutta italiana, solo rovine.
Oggi a Pomigliano le organizzazioni sindacali e politiche si sono vendute, accettando nei fatti migliaia di licenziamenti, pensando che dopotutto migliaia di famiglie si potessero sacrificare, ma la verità è che non vi è futuro neppure per coloro che stanno dentro, noi siamo stanche e lo saremo sempre di più, faremo tremare chi ha voluto impoverire il popolo, è per questo che facciamo appello a tutti e vogliamo che a questo movimento aderiscano madri, figlie, donne, ma anche uomini di tutti gli schieramenti politici e sindacali, gente che è stufa di questa politica affaristica che non tiene conto del popolo ma solo del potere, vogliamo far crescere un movimento forte capace di sovvertire lo stato di cose, che riapra una discussione sulla fiat sui lavoratori e ci permetta di vivere in modo dignitoso e poter crescere i nostri figli.
Cosa significa per il nostro territorio la chiusura della Fiat, migliaia di famiglie sul lastrico, è ovvio che si ripercuote su tutti, commercianti imprenditori operai, tutti perderanno, per questo noi oggi siamo qui ad urlare il nostro dolore e rivendicare la necessità di unificare la lotta, per questo diciamo
SE NON ORA QUANDO!!!"
 

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