giovedì 28 giugno 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS ! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 27/06/12




INDICE

Beppe Tampanella bodyguard@bastardi.net
COMUNICATO A SOSTEGNO DEL COMITATO VALLE OLONA RESPIRA

Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
INCHIESTA L'ESPRESSO: MORTI SUL LAVORO, LE CIFRE VERE

Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com
VIAREGGIO: VOLANTINO PER IL 29 GIUGNO

Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
NAPOLITANO: "TROPPE MORTI SUL LAVORO, SERVONO PIU' CONTROLLI"

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEL 2011 SONO AUMENTATI RISPETTO AL 2010

Fabio Gambone fabio74_1@libero.it
FESTA DELLA RISCOSSA POPOLARE 1-11 AGOSTO MASSA

A.I.E.A. Paderno Dugnano a.i.e.a.padernodugnano@fastwebnet.it
COMUNICATO STAMPA PRIMA DVD EURECO

Nicoletta Fabbroni nifrabbo@alice.it
ECCO LA PORCATA MASSIMA VOLUTA DALL'EUROPA, DA MONTI, FORNERO, PD E PDL PER COLPIRE CHI LAVORA CHI E' PRECARIO

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Da: Beppe Tampanella bodyguard@bastardi.net
A:
Data: Lun 25 Giu 2012 7:25 am
Oggetto: COMUNICATO A SOSTEGNO DEL COMITATO VALLE OLONA RESPIRA

A seguire seguito il comunicato a sostegno della lotta contro l'insediamento dell'impianto Econ a Castellanza.
Da far circolare ed affiggere in bacheca.
Beppe Tampanella
Legnano, 25 giugno 2012

NO AI VELENI DELLA ELCON! SI AI POSTI DI LAVORO!
BONIFICA SUBITO DEL POLO CHIMICO DI CASTELLANZA !!!

Il progetto di impianto di incenerimento rifiuti tossici che la società ELCON vorrebbe istallare a Castellanza, nell'ex polo chimico Montedison, oggi sito chimico Perstorp spa e Chemisol Italia srl, si dimostra l'ennesimo nocivo attacco, da parte degli speculatori dello “smaltimento rifiuti tossici”, al territorio ed alla salute di chi ci vive e lavora.
Già oggi senza la presenza della ELCON Recycling, il sito chimico di Castellanza rappresenta un reale rischio ambientale infatti, a causa dell'attività svolta nei decenni di produzione chimica industriale, l'intera area è in realtà inquinata ed inquinante di sostanze tossiche nocive e cancerogene a danno dei territori circostanti, nonostante la cosiddetta “messa in sicurezza”. L'area circostante è densamente abitata ed interseca vari comuni tra le provincie di Varese e Milano.
Questi territori pagano ancora oggi le conseguenze delle politiche industriali del passato, sia grazie al polo chimico che alle sostanze ancora presenti nel fiume Olona, conseguenze mefitiche di decenni di scarichi industriali. Il livello degli inquinanti, sia atmosferici che sedimentati o disciolti nelle falde, è a livelli critici perenni nonostante la parziale dismissione delle produttività che storicamente hanno inquinato il territorio.
Oggi la valle Olona è un museo tardo deindustriale fatto di capannoni vuoti, amianto, macchinari in disuso, ultimi testimoni dello sfruttamento indiscriminato, di lavoratrici, lavoratori e ambiente.
Il progetto ELCON prevede di essere un impianto a pieno regime di smaltimento rifiuti nocivi e tossici chimici e farmaceutici, con la potenzialità di trattamento di minimo 30/40 autocisterne giornaliere in entrata ed uscita, a cui si sommano i trasporti di reagenti (tossici) essenziali alla produzione e i carichi dei residui della lavorazione.
Oltre all'insostenibile aumento di traffico pesante in aree densamente abitate, l'attivazione dell'impianto, stando a quanto dichiarato da ELCON nel progetto già bocciato a Casalpusterlengo nel 2011, porterebbe emissioni nocive sommate all'inquinamento già presente. Il tutto mentre l'intera area prevista dal progetto è valutata dalla stessa Regione Lombardia come RIR (area a rilevante rischio incidente) e fa parte dei siti da bonificare.
E’ indispensabile spingere la società a scelte verso la riconversione produttiva e nella valorizzazione dell'ambiente, la sterile polemica letta sui giornali in cui si dice che i lavoratori sono a favore dell'impianto ELCON è una becera strumentalizzazione sulle spalle di chi sta veramente pagando la crisi di posti di lavoro, creata dagli speculatori. Il posto di lavoro è importantissimo, come il reddito adeguato ai bisogni comuni per una vita dignitosa, ciò che accadde al polo petrolchimico Montedison/Enichem di Marghera, all'Eternit di Casale Monferrato, alle raffinerie di Porto Torres e Gela, alle acciaierie di Taranto, devono essere ricordati per non essere ripetuti. La vera forza per ridare produttività e ricchezza al territorio, con nuovi posti di lavoro, utili ed importanti per il futuro, deve essere pretesa da subito, i lavoratori devono essere formati ed utilizzati con reali investimenti nella bonifica, accollando i costi sui veri e ricchi responsabili.
Tutti, lavoratrici e lavoratori sono invitati ad aderire alle iniziative che continuerà ad organizzare il comitato “Valle Olona Respira”, per solidarizzare con la lotta contro la continua speculazione di chi fa profitto a danno dell'ambiente, della salute e della qualità della vita di tutti i cittadini. Come nella lotta della Valle di Susa, allo stesso modo la lotta dei cittadini è anche quella dei lavoratori. Non accettiamo strumentalizzazioni da “Divide et impera”.

Beppe Tampanella USB

Unione Sindacale di Base – Unità di Base
Sede di zona: Legnano – via Amendola angolo via Cadorna
Tel. 0331 54 61 19 Fax 0331 17 70 892 – e mail - legnano@usb.it

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Da: Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
Data: 25/06/2012 13.48
A:
Ogg: INCHIESTA L'ESPRESSO: MORTI SUL LAVORO, LE CIFRE VERE
 
Inchiesta: Morti sul lavoro, le cifre vere
di Michele Azzu
L’ Espresso

L'INAIL continua a fornire numeri molto riduttivi sulle vittime degli “incidenti”.
La durissima denuncia dell'Osservatorio di Bologna: "I numeri ufficiali dei decessi sono sottostimati del 25 per cento. E gli infortuni non denunciati sono almeno 250.000" (22 giugno 2012). 

“Non chiamatele morti bianche”, dice Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico di Firenze, riferendosi alle morti sul lavoro. “Fa pensare che non ci siano colpevoli, che sia una cosa pulita, e non è mai così”.
Marco, come Carlo Soricelli che ha creato l'Osservatorio Indipendente morti sul lavoro, ha lottato tutta la vita per la sicurezza sul lavoro. Entrambi, fino a un mese fa, erano considerati due teste calde. Due persone che insistevano sui numeri delle morti, mentre i dati ufficiali INAIL dicono una cosa diversa: le morti sono in diminuzione, anno dopo anno.
Il 20 maggio è cambiato tutto: da quella domenica mattina in cui il terremoto ha fatto crollare i capannoni in Emilia uccidendo quattro operai. A giugno le morti sul lavoro sono già 45, e tra l'otto e l'undici del mese sono morte 17 persone in quattro giorni. L'allarme scatta in tutta Italia: il 15 giugno un'interrogazione in regione Abruzzo, a Brescia il primato italiano con 10 decessi dall'inizio dell'anno. La Cgil di Alessandria lancia l'allarme per nove morti nel 2012 nella sola provincia, mentre a Salerno la Cisl segnala tre morti in otto giorni. Nel Lazio i morti sono 12, e la regione propone una legge per la sicurezza sui cantieri. In Puglia, invece, il direttore regionale dell'INAIL spiega che il calo dei decessi va letto alla luce della diminuzione della forza lavoro.
Insomma, non si muore meno sul lavoro ma si lavora meno, o in nero. E anche i dati dell'INAIL sarebbero sbagliati: “Secondo i dati del mio Osservatorio nel 2011 le vittime sono aumentate dell'11 per cento” spiega Carlo Soricelli. La discrepanza è dovuta a categorie intere che non vengono conteggiate dall'ente, perché non assicurate. Agricoltori pensionati che muoiono sotto i trattori, militari, forze dell'ordine, pendolari, persone che si spostano per raggiungere il luogo lavoro.

NON CI SONO SOLO I DATI
C'è un legame fra queste vicende, una sottile linea rossa che unisce le morti bianche: gli incidenti mortali si ripetono, a distanza di mesi. E' successo alla metro di Roma, alla Saras dei Moratti. E' successo nei capannoni del terremoto. Perché la legge non tutela a dovere, e le sanzioni sui responsabili non sono adeguate. La pensa così l'Unione Europea: pochi mesi fa proprio Marco Bazzoni ha scritto una petizione alla Commissione, per denunciare le inefficienze italiane sulle morti nel lavoro. Bruxelles ha risposto: l'Italia non ha ancora recepito le normative comunitarie per la sicurezza sul lavoro, e ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia.

I DATI SULLE MORTI NON CORRISPONDONO
I dati dell'Osservatorio di Soricelli, che è diventato oggi un punto di riferimento, non coincidono con quelli dell'INAIL. Secondo i dati INAIL, nel 2011 ci sono stati 930 morti sul lavoro, con un calo del 4,4 % rispetto al 2010. Secondo l'Osservatorio le morti nel 2011 sono state invece 1170. “I dati INAIL sono sottostimati di circa il 20% ogni anno perché monitorano solo i propri assicurati”, spiega Soricelli. Sono tante le categorie che rimangono fuori dal conteggio: gli agricoltori pensionati, i militari, le forze dell'ordine. Sono morti sul lavoro quelle che avvengono nel tragitto da casa al lavoro (e viceversa), ma in questo caso: “i processi durano anni”. Sommando queste categorie si stima, invece della diminuzione registrata dall'INAIL, un aumento dell'11 per cento rispetto ai dati del 2011.
Per Alessandro Salvati, che coordina la banca dati infortuni dell'INAIL la domanda andrebbe ribaltata: “Dovreste chiedervi perché i dati dell'Osservatorio non coincidono coi nostri, anziché il contrario” Per Salvati l'attività di Soricelli è meritoria, ma: “Fanno un conteggio di morti presumibili, che potremo fare anche io e lei. Un istituto nazionale statistico rispetta certe regole, e ha il compito di controllare caso per caso”. Sulle morti in nero, ci spiega sempre Salvati, è difficile che l'ISTAT non le rilevi, perché essendo casi eclatanti ne viene a conoscenza.

PER L'EUROPA L'ITALIA E’ COLPEVOLE
Marco Bazzoni, come Carlo Soricelli è un operaio metalmeccanico che ha deciso di impegnarsi per la causa. Per lui il problema non sono i dati dell'INAIL ma il fatto che questi vengano considerati dati statistici: “I sindacati vanno dietro all'INAIL, sono loro il problema”, ci spiega.
E per Bazzoni i dati non sono sottostimati solo nelle morti, ma anche sugli infortuni: “Ci sono almeno 200.000 infortuni non denunciati, questa era la valutazione dell'Inca, il patronato della Cgil” afferma. L'ultimo anno in cui l'INAIL ha parlato di aumento delle morti sul lavoro è stato il 2006, con 1341 decessi: “Aggiornarono i dati quattro volte fino ad arrivare a gennaio 2008”, ricorda l'operaio fiorentino. “Poi scrissero un comunicato sconcertante: l'impennata di morti era da considerarsi esclusivamente come un fatto accidentale”.
Marco Bazzoni, come Soricelli non si è mai arreso: nel 2009 ha scritto una petizione-denuncia alla Commissione Europea sulla conformità del recepimento in Italia (D.Lgs.106/09) della Direttiva Europea 89/391/CEE, volta a promuovere la sicurezza e la salute dei lavoratori sul posto di lavoro. Lo scorso 13 ottobre la Commissione ha risposto che il progetto di “costituirsi in mora” contro lo Stato italiano è stato approvato il 29 settembre. L'Italia ha risposto con una relazione ora in esame a Bruxelles. I punti di rilievo del procedimento europeo sono: deresponsabilizzazione del datore di lavoro, obbligo di valutazione del rischio di stress dovuto al lavoro, tempistiche per redigere il documento sulla valutazione dei rischi di una nuova impresa.

DALLA THYSSEN A NOVI LIGURE
Deresponsabilizzazione del datore di lavoro, l'Europa non sa che è un costume tutto italiano. E' dell'aprile 2009 la polemica sulla norma "salva manager" contenuta nel decreto al Testo unico sulla sicurezza del lavoro, del governo Berlusconi. L'articolo 10 bis rischiava di portare all'assoluzione i dirigenti Thyssenkrupp di Torino, che verranno poi condannati (aprile 2011) a 16 anni e mezzo per omicidio volontario. Come ora, una norma italiana entrava in contrasto con le normative europee, secondo la Commissione parlamentare lavoro: la direttiva CEE 391 del 1989, proprio sulla responsabilità del datore di lavoro.
I lavoratori Thyssen, ora in mobilità, erano in presidio davanti al comune di Torino lo scorso 14 giugno, per incalzare il sindaco Fassino che un anno fa aveva promesso di occuparsi del loro ricollocamento. Ma c'è un altro particolare: “Su 14 rimasti senza lavoro, otto eravamo parte civile al processo Thyssen”, spiega Mirko Pusceddu, portavoce degli operai. Continua: “Crediamo di essere stati discriminati per questo, perché su 34 operai ricollocati all'Amiat e altri 35 all'Alenia sono solo due le persone che come noi erano parte civile”.
Spostandoci all'Ilva di Novi Ligure, il 7 giugno Pasquale La Rocca è morto schiacciato da un muletto. L'azienda, nonostante la morte, non ha fermato l'impianto: “Quando siamo arrivati un'ora dopo, comunque, i due reparti a ridosso dell'incidente erano fermi”, dice Massimo Repetto della Fiom. Ma anche se gli operai hanno scioperato l'azienda non ha fermato l'impianto, come conferma Repetto. Nella stessa Ilva di Novi Ligure era morto un operaio delle ditte appaltatrici nel 2005, precipitando da tre metri di altezza, come ricorda Bruno Motta, sindacalista all'Ilva fino al 2006. “Ci ho lavorato 32 anni a Novi Ligure, è una realtà molto diversa dall'Ilva di Taranto”.
Nessuna legge obbliga quindi l'azienda a fermare gli impianti in caso di incidenti mortali, e nessuna legge potrà trovare dei responsabili per i 17 lavoratori morti sotto i crolli dei capannoni industriali in Emilia, quelli dovuti ai terremoti del 20 e 29 maggio. La normativa antisismica del 2005, infatti, non obbliga costruttori ed aziende a mettere a norma i prefabbricati costruiti in epoca precedente, come abbiamo svelato nella nostra inchiesta “Perché sono morti gli operai”. I prefabbricati sono a rischio, ma agibili e in regola, e questo è solo l'ennesimo caso in cui la legge italiana diventa complice delle morti sul lavoro.
“Non chiamatele morti bianche” dice Bazzoni. Perché i colpevoli ci sono.

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Da:
Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com
Data: 25/06/2012 15.23
A:
Ogg: VIAREGGIO: VOLANTINO PER IL 29 GIUGNO

Con invito alla partecipazione e alla diffusione.
Grazie

VENERDI’ 29 GIUGNO: 3° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI VIAREGGIO: MANIFESTAZIONE

PROGRAMMA DELLA GIORNATA
Ore 17.30 alla Croce Verde. In ricordo delle 309 vittime del terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009, presentazione del libro “Macerie dentro e fuori”. Partecipa Sergio Bianchi, padre di Nicola, studente universitario, deceduto nel terremoto. Al dibattito pubblico sono presenti familiari di Associazioni e Comitati di altre stragi.
Ore 20.00 alla Croce Verde. Buffet sociale.
Ore 21.00. Concentramento nel piazzale della stazione FS.
Ore 21.15. Partenza della manifestazione.
Ore 21.45. Sosta in piazza Mazzini (lungomare) per brevi interventi.
Ore 22.15. Ripresa della manifestazione.
Ore 23.15. Conclusione nel parcheggio della Pam. Lettura di poesia da parte di bambini/e.
Ore 23.49 - 23.52. attesa dell’ora della strage e lettura dei nomi delle 32 vittime

Viareggio, 23 giugno 2012
Associazione “Il mondo che vorrei” danielarombi6@gmail.com
Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com

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Da: Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
Data: 25/06/2012 23.16
A:
Ogg: NAPOLITANO: "TROPPE MORTI SUL LAVORO, SERVONO PIU' CONTROLLI"

Mi fa piacere che anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dica che contro le morti sul lavoro, "ci vogliono più controlli e sanzioni".
Io lo vado dicendo da ANNI, ma nessuno mi ascolta, forse ora che l'ha ricordato lui, qualcuno lo ascolterà?
Staremo a vedere!
Intanto andrebbe ricordato al Presidente della Repubblica, che prima dell'entrata in vigore del D.Lgs.106/09 (Decreto correttivo al Testo Unico per la sicurezza sul lavoro), c'erano più sanzioni.
Con questo Decreto, la stragrande maggioranza della sanzioni ai datori di lavoro, dirigenti preposti sono state dimezzate.
E abbiamo ancora, anche la norma “salva-manager”, tanto cara all'ex Ministro del Lavoro Sacconi.
La "salva-manager, quella che era uscita dalla porta (facendoci credere che era stata cancellata), ed è rientrata dalla finestra.
Inoltre, sempre grazie al D.Lgs.106/09, abbiamo un procedura d'infrazione in corso, per violazione di alcuni punti della Direttiva europea quadro 89/391/CEE sulla sicurezza sul lavoro.

Saluti
Marco Bazzoni
Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
Firenze


AGI 12:26 25 giugno 2012
Roma, 25 giugno
Denunciando "gravissime crepe e contraddizioni" nell'impegno sulla sicurezza sul posto di lavoro, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha auspicato un maggiore impegno "nel sistema dei controlli e delle sanzioni" per combattere la piaga delle morti bianche.
Dopo aver assistito questa mattina alla "Giornata nazionale di studio sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro", il Capo dello Stato ha sottolineato che nel "quadro di quanto è stato fatto vi sono anche risultati apprezzabili".
Al tempo stesso, però, è "molto importante" quanto sottolineato dal Sostituto Procuratore generale di Torino, Raffaele Guariniello, il quale "ha dimostrato come esistano gravissime crepe e contraddizioni anche nell'impegno a costruire la sicurezza sul posto di lavoro, che è un fondamentale valore costituzionale".
Oltre a ciò, ha concluso Napolitano, "c'è molto da fare anche dal punto di vista del sistema dei controlli e delle sanzioni".

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A margine della lettera del caro Marco Bazzoni, mi permetto di dire la mia.
Da quando è in carica, il presidente Napolitano ha espresso tantissime volte stupore, cordoglio, esecrazione, ecc. per la tragedia delle morti sul lavoro.
Da quando è in carica, il presidente Napolitano però non ha mai fatto niente di concreto per migliorare le condizioni di lavoro e la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Anzi, proprio Napolitano è corresponsabile, in quanto lo ha firmato avvallandolo, del D.Lgs.106/09 (citato giustamente da Bazzoni) del governo Berlusconi. Tale Decreto ha del tutto stravolto il D.Lgs.81/08 (il Testo Unico sulla sicurezza), tra le altre cose diminuendo (più che dimezzando) le sanzioni a carico di datore di lavoro e dirigenti inizialmente previste.
Così come è corresponsabile della cancellazione dell’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro), così come è ancora corresponsabile della progressiva cancellazione dei diritti fondamentali dei lavoratori (tra cui quelli di lavorare sicuri) in atto da parte di Monti e Fornero.
Anche questa volta, al di là dei soliti “fiumi di parole” il presidente Napolitano continuerà a non fare niente di concreto!
Anzi, quello che è peggio, le cose concrete che Napolitano farà saranno, come ha fatto finora, del tutto contrarie alla tutela dei lavoratori.
Avesse almeno l’etica e la morale di starsene zitto !
Marco Spezia

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Da: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
Data: 26/06/2012 14.57
A:
Ogg: I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEL 2011 SONO AUMENTATI RISPETTO AL 2010

Nonostante qualcuno cerchi di trascinarci in polemiche che non hanno nessuna utilità per la comprensione del fenomeno delle "morti sul lavoro" l'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro conferma nel 2011 un aumento delle morti sui luoghi di lavoro di oltre l'11% rispetto al 2010.
Purtroppo si gioca sui numeri per coprire la mancanza di una qualsiasi strategia della nostra classe dirigente e soprattutto della politica che renda meno drammatiche le dimensioni di queste tragedie. Gli altri paesi europei hanno tutti situazioni migliori delle nostre.
Nel 2011 ci sono stati più di 1.170 morti, di cui 663 sui luoghi di lavoro + 11,6% sul 2010.
Anche nel 2012 si sta riproponendo una situazione drammatica, nonostante un leggero calo rispetto al 2011. Ad oggi 26 giugno alle ore 14 ci sono stati dall'inizio dell'anno 296 morti sui luoghi di lavoro contro i 315 dello stesso giorno del 2011.
Per approfondimenti sui lavoratori morti per infortuni sul lavoro nel 2011 andare nella pagina dell'1 -1 e 3- 1 del 2011 del'Osservatorio. Ci sono cartine geografiche con il numero di morti per ciascuna provincia italiana e grafici inerenti all'età, professione e nazionalità dei lavoratori vittime d'infortuni mortali.

Carlo Soricelli Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

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Da: Fabio Gambone fabio74_1@libero.it
Data: 26/06/2012 19.20
A:
Ogg: FESTA DELLA RISCOSSA POPOLARE 1-11 AGOSTO MASSA

A tutti gli antifascisti, agli organismi che hanno aderito, sostenuto, partecipato al concerto anti fascista di lotta e solidarietà tenutosi a Massa il 16 giugno.
Con il concerto del 16 giugno abbiamo rilanciato la mobilitazione antifascista per affermare ancora una volta che i covi fascisti devono essere chiusi, per solidarizzare e sostenere economicamente i compagni che sono stati e saranno denunciati per i fatti dell’11 febbraio a Massa [aggressione contro una manifestazione antifascista da parte dei fascisti di Casa Pound, spalleggiati dalle “forze dell’ordine” che alla fine hanno fermato ... gli aggrediti].
L’iniziativa è stata un gran successo, abbiamo ottenuto l’adesione di diverse realtà presenti sul territorio toscano, abbiamo raccolto fondi, abbiamo ricevuto solidarietà concreta da parte dei musicisti che hanno vivacizzato la serata e di tutti coloro che hanno contributo a realizzarla, ma soprattutto si è creato un clima armonioso e unitario nonostante l’impresa richiedesse nel suo complesso un impegno importante e faticoso.
In tutti si è accresciuta la coscienza che l’antifascismo e la solidarietà non possono avere un ruolo di facciata ed esprimersi solo a parole, ma devono attuarsi in azioni concrete che ci mettano nelle condizioni di sviluppare ulteriormente la lotta contro lo sfruttamento, la miseria, per avere tutti un lavoro utile e dignitoso, il diritto allo studio, alla salute, ad un ambiente sano.
L’organizzazione di un concerto ad alcuni potrà esser sembrata un’attività lontana dalle lotte delle masse popolari, un momento di svago: può diventare invece un’occasione per imparare ad organizzarsi, a stabilire e rafforzare relazioni, ad alimentare e rafforzare la conoscenza e la coscienza.
Ora abbiamo davanti un nuova sfida: la festa della Riscossa Popolare.
Per quest’estate, dal 1 all’11 agosto stiamo organizzando una Festa Popolare nel parco della Comasca a Marina di Massa. L’idea è quella di “sfruttare” un periodo di ferie e con meno impegni per sviluppare un’esperienza di aggregazione, cultura, dibattito e perché no anche di lotta: un’occasione per fare insieme un bilancio di questa stagione 2011-2012 segnata dalla crisi e dagli attacchi pesanti al mondo del lavoro e alle condizioni di vita di tutti noi, ma anche un bilancio delle lotte e delle mobilitazioni. È un’occasione per fare proposte, valutare la possibilità di lanciare campagne comuni, elaborare un percorso che dia corpo all’autorganizzazione popolare.
La proposta è rivolta a tutti coloro che sono convinti della necessità di sbarrare la strada al Governo Monti e trovare soluzioni di emergenza a fronte della drammatica situazione che si stanno trovando a vivere i milioni di lavoratori, immigrati, disoccupati, studenti e pensionati del nostro Paese, a tutti coloro che sentono sempre più come una necessità urgente quella di creare le basi per un altro tipo di società.
Proponiamo a tutte le organizzazioni operaie e popolari e ai singoli soggetti (della Toscana e non solo) di partecipare per creare insieme questa festa, a partire dalla stessa ideazione e in ogni altro suo aspetto.
La proposta è legata ad uno spazio fisico già individuato e prenotato: il parco della Comasca a Marina di Massa (zona Ronchi), molto bello e con la possibilità di fare campeggio, con una cucina attrezzata, con un palco per i concerti già predisposto. Si tratta insomma di un’area in cui si può far convivere tranquillamente l’aspetto dell’aggregazione, del divertimento, con quello del dibattito e del confronto politico.
Il senso della proposta è quello di sviluppare, in un contesto più rilassato di quello denso di impegni che caratterizza il resto dell’anno, la reciproca conoscenza e l’approfondimento insieme di tematiche di comune interesse, per il coordinamento di forze e battaglie.
Alcuni temi che proponiamo già da ora sono:
-         un lavoro utile e dignitoso per tutti: difesa dei posti di lavoro, sicurezza sul lavoro;
-         problema abitativo: diritto alla casa, sviluppo e sostegno delle occupazioni delle case sfitte;
-         smantellamento del patrimonio pubblico: sostegno, ampliamento e legame tra le lotte in difesa dei servizi e degli spazi pubblici;
-         diritto allo studio: sviluppo del coordinamento studentesco sugli obbiettivi comuni.
Oggi più che mai è necessario mettere al centro delle nostre rispettive agende il lavoro tenace e determinato per lo sviluppo ed il rafforzamento del coordinamento delle nostre forze, pur nel rispetto di differenze e specificità.
Con questa festa vogliamo dare un contributo in questa direzione, non limitandoci a invitare alcuni soggetti a serate o eventi già costituiti, ma proporre a chi ne ha la possibilità di realizzare questo evento fin dall’inizio.

COSTRUIAMO INSIEME LA FESTA DELLA RISCOSSA POPOLARE !

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Da: A.I.E.A. Paderno Dugnano a.i.e.a.padernodugnano@fastwebnet.it
Data: 26/06/2012 23.00
A:
Ogg: COMUNICATO STAMPA PRIMA DVD EURECO

Buonasera
a seguire il comunicato stampa sulla prima proiezione del film-documentario sull'Eureco.
Partecipate numerosi !
Grazie
Lorena Tacco

COMUNICATO STAMPA
Paderno Dugnano, 26 giugno 2012.
E’ disponibile il DVD del documentario sulla tragedia Eureco “Uomini da bruciare” di Giuliano Bugani e Salvo Lucchese prodotto e cofinanziato dal Comitato di sostegno dei famigliari delle vittime e dei lavoratori Eureco, dall’Associazione Italiana Esposti Amianto e da Medicina Democratica Nord Milano, insieme ai cittadini, le associazioni e le forze politiche di Paderno Dugnano più attente ai problemi del lavoro.
Come tristemente noto il 4 novembre 2011 la terribile esplosione dell’Eureco, un’azienda di trattamento rifiuti di Paderno Dugnano (MI), ha provocato numerose vittime, le cui famiglie ed i sopravvissuti alla strage si sono ritrovati senza lavoro e senza sostentamento.
Un’opera in memoria di ciò che è successo ma soprattutto di denuncia contro l’insufficiente attenzione ai problemi della sicurezza sul lavoro e contro l’insufficiente attenzione delle istituzioni per le vittime innocenti.
Il nostro sentito ringraziamento va invece a chi quest’opera ha resa possibile: Giuliano Bugani e Salvo Lucchese, emiliani, maestri del film a tema sociale, noti per “Anno 2018: verrà la morte”, sui danni da esposizione all’amianto, ed il recentissimo “La mia Bandiera. La Resistenza al femminile”, sul ruolo delle donne durante la Liberazione.
Ricordiamo che giovedì 28 giugno alle 21.00 presso l’auditorium Tilane, in piazza della Divina Commedia a Paderno Dugnano, si terrà la prima proiezione pubblica del documento cinematografico.
Il ricavato dei DVD e della proiezione saranno interamente devoluti al sostegno delle famiglie delle vittime Eureco in maggiore difficoltà.
Per maggiori informazioni o per prenotare il DVD comitatovittime.eureco@gmail.com.
Grazie dell’attenzione.

Comitato a sostegno dei famigliari delle vittime e dei lavoratori Eureco
Medicina Democratica Nord Milano
AIEA Associazione Italiana Esposti Amianto di Paderno Dugnano

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Da: Nicoletta Fabbroni nifrabbo@alice.it
Data: 27/06/2012 16.13
A:
Ogg: ECCO LA PORCATA MASSIMA VOLUTA DALL'EUROPA, DA MONTI, FORNERO, PD E PDL PER COLPIRE CHI LAVORA CHI E' PRECARIO

ECCO LA PORCATA MASSIMA VOLUTA DALL'EUROPA, DA MONTI, FORNERO, PD E PDL PER COLPIRE CHI LAVORA CHI E' PRECARIO
SI SALVANO COME AL SOLITO I RICCHI E LA CASTA CON IL BENEPLACITO DI CGIL, CISL, UIL, UGL
DA DIFFONDERE!!!!! SINDACATO COBAS

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il manifesto 2012.06.26
L'ORA DELLA VERITÀ
Piergiovanni Alleva (giuslavorista - www.dirittisocialiecittadinanza.org)

In primo luogo. Con l'approvazione del disegno Fornero di riforma del mercato del lavoro, è giunto per tutti - partiti, sindacati, operatori giuridici, sociali e culturali e per lo stesso Governo - il momento della verità. Infatti, con il sostanziale svuotamento dell'articolo 18 dello Statuto,si chiude una parabola che ha abbracciato quattro decenni all'insegna della garanzia della dignità del lavoro.
Con l'articolo 18 prevedente, in caso di licenziamento arbitrario, la reintegra nel posto di lavoro, il lavoratore poteva esercitare con tranquillità - durante il rapporto - tutti i suoi diritti, legali e contrattuali, perchè la legge imponeva al datore di giustificare lui, a pena di annullamento, l'eventuale licenziamento che volesse intimargli,indipendentemente dalla possibilità del lavoratore di dare la difficilissima prova di una volontà di rappresaglia contro l'esercizio di quei diritti.
Ora l'articolo 18 come norma antiricatto è nella sostanza venuta meno e quindi si realizza il disegno di parte datoriale di poter contare su uno strumento sicuro di dominio, costituito dalla minaccia sempre incombente sul lavoratore di licenziamento,giustificato o meno.
Questo è il cuore del problema, che ormai conoscono tutti.
Di fatto il governo, dopo aver messo alla disperazione decine di migliaia di persone con la manomissione del sistema pensionistico, completa ora il lavoro sporco affidatogli “a tempo” dai ceti dominanti.
Anche i grandi sindacati, che avrebbero potuto, come in altre occasioni, bloccare questa micidiale controriforma con una estesa e convinta mobilitazione e con un forte sciopero generale, questa volta - invece - non l'hanno promosso.
Anche il maggior partito progressista avrebbe potuto, specie dopo i risultati delle elezioni amministrative,semplicemente alzare un dito per bloccare questo sbilanciato provvedimento. Invece ha preferito diventare la nuova spalla su cui poggia l'arma della diseguaglianza e del ricatto occupazionale.
In secondo luogo. Da parte nostra, però, sarebbe ingiusto emettere così drastici e impietosi giudizi, senza darne una spiegazione scientifica e tecnica, corroborata da una esperienza operativa durata quaranta anni.
Per onorare questo obbligo, esponiamo di seguito uno schema di lettura della riforma Fornero, da cui risulta, anche oltre il suddetto “cuore del problema”, una valutazione complessivamente negativa e penalizzante per il lavoro nelle varie forme dipendente.
1. La riforma è idealmente divisibile in tre parti, di cui quella centrale riguarda appunto la “flessibilità in uscita”, ossia la riforma della disciplina dei licenziamenti.
Essa riduce la possibilità di reintegra nel posto di lavoro a ipotesi del tutto marginali e generalizza invece, quale sanzione per i licenziamenti ingiusti, una semplice indennità economica di importo compreso tra 12 e 24 mensilità.
Che si tratti di un pauroso salto all'indietro, in definitiva l'ha riconosciuto anche il governo, che - proprio per questo - ha dichiarato di offrire “compensazioni” costituite dalle altre due parti della legge Fornero,dedicate rispettivamente alla riforma della “flessibilità in entrata”, ossia alla limitazione e messa sotto controllo del precariato e alla riforma degli “ammortizzatori sociali, quali cassa integrazione, indennità di mobilità e di disoccupazione, che - si è detto - la nuova legge avrebbe migliorato, proprio in considerazione della maggior facilità di licenziamento accordata alle parti datoriali.
Ebbene, noi affermiamo - sfidando chiunque a sostenere il contrario - che proprio questa della “compensazione” è la menzogna più odiosa; perché, sia sul versante della “flessibilità in entrata”, sia su quello degli “ammortizzatori sociali”, la legge Fornero è drasticamente peggiorativa rispetto alla normativa attuale.
Non temiamo di affermare, anzi,come non ci sia una sola norma che, al di là dell'apparenza, sia davvero “migliorativa”. Ed è demoralizzante che la maggior forza politica progressista abbia avvallato l'ingannevole interpretazione della “compensazione”.
Vediamo come stanno veramente le cose.
Nella “flessibilità in uscita” la riforma Fornero affronta quattro tipi di licenziamenti.
a) Nel licenziamento “discriminatorio” non cambia nulla, perché ben si sa che trattasi di figura solo teorica per l'eccessiva difficoltà della prova.
b) Nel licenziamento “disciplinare” - vero cuore della tematica - la possibilità di reintegra viene limitata a casi di scuola e ridotta a una sorta di foglia di fico.
In sostanza, per aversi reintegra, occorrerebbe o che il datore si fosse inventato tutto o che avesse letto male il contratto collettivo, applicando il licenziamento dove doveva applicarsi una sanzione più lieve.
c) Nel licenziamento “per motivo oggettivo”, la reintegra è limitata all'ipotesi di “manifesta insussistenza” del fatto addotto come motivo del licenziamento, applicandosi altrimenti la sola sanzione economica.
Torna alla mente, anche qui, l'immagine ipocritamente pudica della foglia di fico.
d) Nel licenziamento “per riduzione di personale” si sancisce il gravissimo arretramento che i vizi riguardanti la procedura sindacale di esubero non danno più luogo a reintegra, ma solo a una indennità economica.
2. Nella “flessibilità in entrata”, il vantato giro di vite normativo sull'abuso dei contratti a progetto e sulle false partite iva con monocommittenza si riduce a riprendere risapute interpretazioni già acquisite in via giurisprudenziale, ma con un grosso arretramento con riguardo ai rapporti di consulenza a partita IVA, perché la monocommittenza viene legata a indici empirici facilmente aggirabili. Ad esempio, l'aggiramento può essere realizzato con la previsione delle fatturazioni non a una sola società, ma a più società tra loro in qualche modo collegate.
Ma è sul contratto a termine e sul contratto di lavoro somministrato che la riforma Fornero ha dato, contrariamente alle promesse, briglia sciolta al precariato, prevedendo che possa essere privo di causale il primo contratto a termine della durata di ben 12 mesi e così anche anche il primo contratto di somministrazione. Contratto che anche in altri casi è stato esentato dall'obbligo della causale.
Basterà dunque assemblare tra loro in maniera accorta i vari tipi contrattuali previsti, per realizzare quel precariato permanente di persone ultra ricattabili,che è il vero risultato - a parer nostro voluto - della riforma Fornero.
3. Nella parte relativa agli “ammortizzatori sociali” viene adottato un criterio di malthusianismo sociale. Infatti, al primo soffio di difficoltà le imprese potranno licenziare perchè non ci sarà più quella “cassa integrazione straordinaria” tradizionale che per la classe operaia italiana ha rappresentato sul piano collettivo una garanzia simile a quella dell'articolo 18 sul piano individuale.
Fosse stata vigente in passato la legge Fornero, non sarebbero oggi ancora aperte fabbriche come Fiat, Breda, Ansaldo, Finmeccanica, che sono riuscite a ristrutturarsi anche grazie alla cigs.
Per fortuna questa follia dovrebbe entrare in vigore solo nel 2016.
Infine. Ci permettiamo solo una considerazione finale, ricordando come l'articolo 8 del D.L.138/2011 fu un “colpo di coda” potenzialmente devastante che il governo Berlusconi riusci a fare passare, disponendo della maggioranza parlamentare.
Le forze di opposizione promisero correttamente l'abrogazione, alla prima occasione possibile, di quella folle previsione che consente di derogare ai contratti collettivi mediante contratti aziendali. Tuttavia la norma è ancora in vigore.
Che dire allora di questa riforma Fornero, tanto grave e pericolosa, che però tra qualche mese non avrà più genitori politici in attività?
Qualcuno adotterà allora come suo figlio il piccolo feroce mostro così rimasto orfano?
Sarebbe il caso già di pensare a una sua abrogazione anche referendaria - magari assieme all'altra mostruosità dell'articolo 8 - per iniziativa di lavoratori, cittadini, associazioni sociali e culturali ancora consapevoli dell'importanza per il nostro Paese di norme di salvaguardia della dignità del lavoro e di garanzia di civile convivenza.

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DA IL MANIFESTO 7 APRILE 2012
“La riforma colpisce anche i licenziamenti collettivi”

Intervista a Pier Giovanni Alleva , giuslavorista

“È vero, il reintegro è ridotto ormai a una ipotesi di scuola, quasi impossibile. Eppure Confindustria si straccia le vesti e il Pd e i sindacati cantano vittoria, ma la loro è una vittoria di Pirro”.
Nanni Alleva, giuslavorista per lunghi anni coordinatore della consulta del lavoro della Cgil, avvocato che ha seguito decine e decine di cause per licenziamento, non ha dubbi: quello sull’articolo 18 è un grande passo indietro. Ma c’è di più, Alleva segnala un aspetto finora trascurato e ugualmente grave: sono stati indeboliti anche i licenziamenti collettivi.

PARTIAMO PROPRIO DAI COLLETTIVI: PERDONO ANCHE LORO LE GARANZIE? 
Purtroppo sì. Per questo tipo di licenziamenti si conferma che ci debbano essere due comunicazioni da parte del datore di lavoro: quella in cui annuncia la decisione generale, con il numero dei licenziati, e poi quella finale, grazie alla quale il singolo conosce i criteri per i quali è finito tra i “prescelti”. Ebbene, la prima comunicazione, anche se scorretta, non sarà più impugnabile per errori procedurali, perché si intende “sanata dall’accordo sindacale” (e pensiamo che danno sia, quando i sindacati ad esempio sono venduti). La seconda è impugnabile dal singolo lavoratore, ma l’errore procedurale non darà più luogo al reintegro, ma solo a un indennizzo da 12 a 24 mensilità. Il reintegro c’è solo nella rara eventualità che io riesca a indicare un mio collega che avrebbe dovuto essere licenziato al posto mio: una “guerra tra poveri”, insomma. È un vulnus fortissimo ai diritti: abbiamo vinto decine di cause in passato proprio sugli errori procedurali, e fatto reintegrare lavoratori in aziende come Fiat o Ferrovie.
MI SEMBRA LA STESSA LOGICA DELLA RIFORMA DELL’ARTICOLO 18, CON IL REINTEGRO CHE DIVENTA UN MIRAGGIO. 
Esatto. L’ipotesi in cui si applica il reintegro nel licenziamento economico individuale è fondamentalmente solo di scuola: cioè quando vi sia una “manifesta insussistenza” del fatto addotto da parte del datore di lavoro; per ricascarci, praticamente, quest’ultimo dovrebbe comportarsi da “ubriaco”, cioè dire ti licenzio perché devo chiudere il negozio in Via Condotti quando tu invece hai sempre lavorato in quello di via del Corso.
PERÒ SUSANNA CAMUSSO DICHIARA CHE RESTA L’ “EFFETTO DETERRENTE”, E LE RIMOSTRANZE DI EMMA MARCEGAGLIA DIMOSTREREBBERO CHE LE IMPRESE NON SONO SODDISFATTE. 
Io credo che, viste queste condizioni di quasi irrealizzabilità della dimostrazione di “manifesta insussistenza”, l’effetto deterrente sia una pistola un po’ scarica. Le imprese poi magari ci tengono ad avere ulteriori sconti sulla flessibilità in entrata adesso che la riforma arriva in Parlamento. E poi qualcuno mi deve spiegare quando saranno costrette all’indennizzo, perché anche questo resta un capitolo ambiguo. La legge dice che l’indennità di 12-24 mesi si applica in “tutti gli altri casi” che non siano “manifesti”. Ma quali sono? Vorrei sperare che ci si mettano dentro quelli per motivo economico “speculativo”, cioè quando il datore di lavoro non licenzia perché è in crisi ma per aumentare i profitti. Come quando caccia un anziano per assumere un giovane, o un terzo lavoratore per sfruttare di più gli altri due, o esternalizza gli addetti in una coop per pagarli meno. Segnalo che in Francia questo tipo di licenziamento è illegittimo, e in Italia molto raramente i tribunali finora li hanno ritenuti giustificati.
L’AMBIGUITÀ SU DOVE PIAZZARE QUESTO TIPO DI LICENZIAMENTO, A QUANTO HO CAPITO, SI TRADUCE NEL DIRE CHE SARANNO RITENUTI TOTALMENTE LEGITTIMI O AL PEGGIO SOLO INDENNIZZATI. 
Finché non so dove vanno categorizzati, in effetti non so che succederà. Io credo si dovrebbe impostare il tema dei licenziamenti in modo diverso: gli speculativi vanno in causa, per tutti gli altri – per crisi o ristrutturazione – si obbliga l’impresa a esperire prima tutti gli ammortizzatori sociali possibili, e solo dopo, quando si vede che la soluzione non si trova, si autorizza a licenziare come extrema ratio. Anche in questo caso cito la Francia, dove l’ammortizzatore “preventivo” è obbligatorio per legge.
E IL DISCIPLINARE? LI’ SI APPLICA IL FAMOSO “MODELLO TEDESCO”, ALMENO? 
Manco per idea. Il giudice non ha discrezionalità. Può reintegrare solo per tre tipologie: 1) se il fatto imputato non sussiste; 2) se il lavoratore non lo ha commesso; 3) se il contratto prevede che sia punito con una sanzione minore. Ma questi casi, nella mia esperienza, sono il 10% del totale. Per il restante 90%, nonostante l’ingiustificato motivo, scatterà il solo l’indennizzo. L’unico lato positivo della riforma riguarda la velocizzazione dei processi. Poco infine è stato fatto per i precari: il primo contratto a termine e il primo interinale di 6 mesi sono stati addirittura liberalizzati, è stata tolta la causale. Il cocoprò è stato riportato ai paletti originari, con la necessità di un vero progetto. La partita Iva, se si dimostra che lavora in sede, ha il 75% del reddito da un unico datore o ci lavori per 6 mesi l’anno, viene trasformata in cococò e poi eventualmente in subordinato. Piuttosto, per risolvere il precariato, io istituirei una anagrafe del lavoro, dove i sindacati possono vedere l’uso dei contratti che negli anni si fa nelle aziende per poi denunciare all’Inps, che se trova abusi li potrà sanare.

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