Iniziative Da Articolo 21
Appello al nuovo Parlamento per la sicurezza sui luoghi di lavoro
di Carlo Soricelli
Avremo finalmente un nuovo parlamento che avrà altri parlamentari, i quali, speriamo, dimostrino maggiore sensibilità verso le tragedie delle morti per infortuni sul lavoro. Non esiste una maggioranza al senato, ma credo che su temi come le morti sul lavoro si possa trovare un’ampia maggioranza. Grillo aveva detto poco tempo fa in un suo intervento che la lotta in parlamento contro queste tragedie sarebbe stata prioritaria. Ci auguriamo che questa promessa venga mantenuta, e nelle poche cose che si potranno fare prima di tornare alle elezioni, se non si troverà un accordo, ci siano anche interventi legislativi per queste tragedie che con un po’ di buona volontà si possono dimezzare, anche Sel e lo stesso PD non sono insensibili sulle morti sul lavoro. Si può trovare un accordo almeno su questo?
L’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, da oltre 5 anni, da quando ci fu la tragedia della ThyssenKrupp di Torino, si occupa di fare il monitoraggio dei morti sul lavoro. Tutti gli anni, analizzando i dati accuratamente e separando le morti sui luoghi di lavoro da quelli in itinere e sulle strade, che l’INAIL considera giustamente morti sul lavoro, ci si accorge che non c’è stato nessun miglioramento anzi, la situazione peggiora di anno in anno e questo nonostante la crisi pesantissima che ha creato milioni di disoccupati. Tutto ciò è dovuto anche al peggioramento delle normative sulla Sicurezza che il Governo Berlusconi ha introdotto attraverso il pessimo ministro del lavoro Sacconi, che ha cercato in tutti i modi di smantellare gli “impedimenti burocratici” che le aziende indicavano, senza mai consultare i Sindacati.
Ricordiamo che dove i sindacati sono presenti, soprattutto con un rappresentante sulla Sicurezza, i morti sono praticamente inesistenti. Anche gli ispettori addetti ai controlli sono diminuiti drasticamente in questa ultima legislatura che per fortuna è finita. Tra l’altro l’Europa vuole entro due mesi l’adeguamento delle normative ai parametri europei, pena multe giornaliere salatissime allo Stato Italiano. Gli innumerevoli appelli dell’Osservatorio susseguitesi nel corso degli anni per una maggiore sensibilità della politica verso queste tragedie sono sempre rimasti inascoltati. Basterebbero pochi accorgimenti e leggi dai costi quasi nulli per i contribuenti, per dimezzare queste morti che ci vedono primi in Europa tra i grandi paesi. Anche la legge del Ministro Fornero che ha allungato indistintamente l’età della pensione, anche per chi svolge lavori pericolosi, creerà moltissimi morti in più: i morti sui luoghi di lavoro che hanno più di 60 anni sono tutti gli anni oltre il 20%, e questo per la salute spesso malferma e i riflessi poco pronti degli anziani lavoratori. Ad oggi 25 febbraio sono già 54 i morti sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno e se si aggiungono i morti sulle strade si arriva a superare le 100 vittime in totale.
Cari Deputati, Cari Senatori, questo è un appello affinché il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro sia prioritario nelle vostre agende. Le morti sul lavoro sono tragedie immense che portano il lutto in oltre mille famiglie l’anno. Basta leggere le due lettere qui sotto: di una madre e di un figlio che perdono i propri cari per un infortunio sul lavoro per commuoversi e indignarsi. Speriamo davvero saprete impegnarvi a fondo per alleviare questo triste e incivile fenomeno.
L’Osservatorio con la sua enorme massa di dati sulle “morti sul lavoro” è a disposizione di tutti per farvi comprendere meglio queste tragedie e per aiutarvi a cercare le soluzioni migliori per ridurre drasticamente questi infortuni mortali.
*metalmeccanico in pensione e curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro. Per approfondimenti httt://cadutisullavoro.blogspot.com
Di Graziella Marota, mamma di Andrea Gagliardoni
Andrea aveva 23 anni quando, il 20 giugno 2006, è rimasto con il cranio schiacciato da una macchina tampografica non a norma. Andrea voleva imparare a suonare la tromba, come se la chitarra da sola gli andasse stretta. Perché a quell’età la taglia dei desideri si allarga e non stai più nei tuoi panni dalla voglia di metterti alla prova, conoscere, guardare avanti. Da li a quattro giorni pure la metratura della sua vita sarebbe lievitata di colpo: dalla sua camera da ragazzo, in casa dei genitori,a un mini appartamento, acquistato dai suoi con un mutuo, a metà strada tra Porto Sant’Elpidio e la fabbrica Asoplast di Ortezzano, dove aveva trovato lavoro come precario per 900 euro al mese. Andrea voleva imparare a suonare la tromba, ma non ha fatto in tempo: una tromba che, rimasta la dov’era in camera sua, suona un silenzio assordante. E neppure l’appartamento è riuscito ad abitare: doveva entrare nella nuova casa sabato 24 giugno 2006, se ne è andato il 20 giugno di 4 anni fa. Oggi Andrea avrebbe 28 anni ma è morto in fabbrica alle sei e dieci dell’ultimo mattino di primavera. E suonerebbe ancora la chitarra con i Nervous Breakdwn e non darebbe il suo nome a una borsa di studio. Sarebbe la gioia di sua mamma Graziella e non la ragione della sua battaglia da neo cavaliere della Repubblica, per cultura sulla sicurezza. Una battaglia finita con una sconfitta dolorosa: nel nome del figlio e a nome dei tanti caduti sul lavoro, senza giustizia: Umbria-Olii, Molfetta, Thyssenkrupp, Mineo….Sono solo le stazioni più raccontate di una via Crucis quotidiana, che per un po’ chiama a raccolta l’indignazione italiana, che poi guarda altrove. Le morti si fanno sentire, ma le sentenze molto meno, quando passano sotto silenzio anche per una sorta di disagio nell’accettarle e comunicarle. I responsabili di questa orrenda morte sono stati condannati a otto mesi di condizionale con la sospensione della pena, anche se il Procuratore generale del tribunale di Fermo aveva parlato «di un chiaro segnale perché questi reati vengano repressi con la massima severità». Andrea è stato ucciso per la seconda volta. La tragedia è finita nel dimenticatoio, con alcune frasi fatte e disfatte, tipo non deve più accadere, basta con queste stragi, lavoreremo per migliorare la sicurezza.
Parole piene di buone intenzioni, che lo spillo della smemoratezza buca in un momento. Parole al vento! Alla fine anche Andrea si è perso tra i morti da stabilimento e da cantiere: martiri del lavoro che fanno notizia il tempo di commuovere, che non promuovono ronde per la sicurezza, spesso rimossi pure nei processi. Tragedie quotidianamente dimenticate da un Paese ignavo e incurante. Questo è quanto accade a tutti i morti sul lavoro; di loro restano solo dolore e angoscia dei familiari ma giustamente questo non fa notizia: una mamma che piange tutti i giorni, che guarda sempre la porta di casa aspettando che il suo Andrea rientri perché spera che tutta la sofferenza che sta vivendo sia solo un brutto sogno… Ma tutto ciò non importa a nessuno!!! Questa è la tragica realtà, di chi rimane e si rende conto di essere emarginato e dimenticato da tutti. Forse ciò che gli altri non conoscono è la realtà del “dopo” di queste tragedie…La vita per i familiari viene stravolta dal dolore e dalla mancanza della persona cara, ti ritrovi a lottare giorno per giorno per sopravvivere e se sei forte riesci in qualche modo a risollevare la testa da quel baratro di depressione in cui sei caduta, altrimenti sprofondi sempre di più!!! Ti accorgi che sei lasciato solo a te stesso….manca il sostegno psicologico, sono assenti tutte le istituzioni e nessuno è disposto ad ascoltare il tuo dolore perché il dolore fa paura a tutti!!! Speri nella giustizia ma questa si prende beffa di te perché otto mesi e sospensione della pena per chi ha ucciso tuo figlio mi sembra una vergogna per un paese che si definisce civile… Vogliamo parlare dell’Inail, questo ente che ogni anno incassa milioni di euro? Ebbene la morte di Andrea è stata calcolata 1.600 euro e cioè rimborso spese funerarie, allora mi chiedo ma la vita di mio figlio che è stato ucciso a soli 23 anni, per la società non valeva nulla? Eppure io quel figlio l’ho partorito, l’ho amato, curato e protetto per 23 anni, era il mio orgoglio e la mia felicità e quindi tutto diventa assurdo e inaccettabile!!! Nemmeno l’assicurazione vuole pagare il risarcimento e a distanza di 4 anni e mezzo dovrò subire ancora violenze psicologiche tornando di nuovo in tribunale e ripercorrere ancora una volta questa tragedia… descrivere come è morto Andrea, come lo hanno trovato i colleghi di lavoro, come ho vissuto dopo e come continuo a vivere oggi… Credetemi una pressione che non riesco a sopportare più. Per terminare, anche l’amministrazione comunale di Porto Sant’Elpidio si rifiuta di dare una definitiva sepoltura al mio angelo!!!
Allora mi chiedo e lo chiedo a voi che state leggendo questa lettera: la vita di un operaio vale così poco? E’ un essere umano come tutti e se per i soldati morti in “missione di pace” si fanno funerali di Stato, per i 1300 operai che muoiono ogni anno per la mancanza di sicurezza, cosa viene fatto? Nulla perché non sappiamo nemmeno nome e cognome… sono solo numeri che fanno parte di una statistica. Termino questa lettera con un appello disperato: fermiamo questa strage che serve solo a far arricchire gli imprenditori e a distruggere le famiglie!!! Ogni essere umano ha diritto alla propria vita e non si può perderla per 900 euro al mese!
Andrea aveva 23 anni quando, il 20 giugno 2006, è rimasto con il cranio schiacciato da una macchina tampografica non a norma. Andrea voleva imparare a suonare la tromba, come se la chitarra da sola gli andasse stretta. Perché a quell’età la taglia dei desideri si allarga e non stai più nei tuoi panni dalla voglia di metterti alla prova, conoscere, guardare avanti. Da li a quattro giorni pure la metratura della sua vita sarebbe lievitata di colpo: dalla sua camera da ragazzo, in casa dei genitori,a un mini appartamento, acquistato dai suoi con un mutuo, a metà strada tra Porto Sant’Elpidio e la fabbrica Asoplast di Ortezzano, dove aveva trovato lavoro come precario per 900 euro al mese. Andrea voleva imparare a suonare la tromba, ma non ha fatto in tempo: una tromba che, rimasta la dov’era in camera sua, suona un silenzio assordante. E neppure l’appartamento è riuscito ad abitare: doveva entrare nella nuova casa sabato 24 giugno 2006, se ne è andato il 20 giugno di 4 anni fa. Oggi Andrea avrebbe 28 anni ma è morto in fabbrica alle sei e dieci dell’ultimo mattino di primavera. E suonerebbe ancora la chitarra con i Nervous Breakdwn e non darebbe il suo nome a una borsa di studio. Sarebbe la gioia di sua mamma Graziella e non la ragione della sua battaglia da neo cavaliere della Repubblica, per cultura sulla sicurezza. Una battaglia finita con una sconfitta dolorosa: nel nome del figlio e a nome dei tanti caduti sul lavoro, senza giustizia: Umbria-Olii, Molfetta, Thyssenkrupp, Mineo….Sono solo le stazioni più raccontate di una via Crucis quotidiana, che per un po’ chiama a raccolta l’indignazione italiana, che poi guarda altrove. Le morti si fanno sentire, ma le sentenze molto meno, quando passano sotto silenzio anche per una sorta di disagio nell’accettarle e comunicarle. I responsabili di questa orrenda morte sono stati condannati a otto mesi di condizionale con la sospensione della pena, anche se il Procuratore generale del tribunale di Fermo aveva parlato «di un chiaro segnale perché questi reati vengano repressi con la massima severità». Andrea è stato ucciso per la seconda volta. La tragedia è finita nel dimenticatoio, con alcune frasi fatte e disfatte, tipo non deve più accadere, basta con queste stragi, lavoreremo per migliorare la sicurezza.
Parole piene di buone intenzioni, che lo spillo della smemoratezza buca in un momento. Parole al vento! Alla fine anche Andrea si è perso tra i morti da stabilimento e da cantiere: martiri del lavoro che fanno notizia il tempo di commuovere, che non promuovono ronde per la sicurezza, spesso rimossi pure nei processi. Tragedie quotidianamente dimenticate da un Paese ignavo e incurante. Questo è quanto accade a tutti i morti sul lavoro; di loro restano solo dolore e angoscia dei familiari ma giustamente questo non fa notizia: una mamma che piange tutti i giorni, che guarda sempre la porta di casa aspettando che il suo Andrea rientri perché spera che tutta la sofferenza che sta vivendo sia solo un brutto sogno… Ma tutto ciò non importa a nessuno!!! Questa è la tragica realtà, di chi rimane e si rende conto di essere emarginato e dimenticato da tutti. Forse ciò che gli altri non conoscono è la realtà del “dopo” di queste tragedie…La vita per i familiari viene stravolta dal dolore e dalla mancanza della persona cara, ti ritrovi a lottare giorno per giorno per sopravvivere e se sei forte riesci in qualche modo a risollevare la testa da quel baratro di depressione in cui sei caduta, altrimenti sprofondi sempre di più!!! Ti accorgi che sei lasciato solo a te stesso….manca il sostegno psicologico, sono assenti tutte le istituzioni e nessuno è disposto ad ascoltare il tuo dolore perché il dolore fa paura a tutti!!! Speri nella giustizia ma questa si prende beffa di te perché otto mesi e sospensione della pena per chi ha ucciso tuo figlio mi sembra una vergogna per un paese che si definisce civile… Vogliamo parlare dell’Inail, questo ente che ogni anno incassa milioni di euro? Ebbene la morte di Andrea è stata calcolata 1.600 euro e cioè rimborso spese funerarie, allora mi chiedo ma la vita di mio figlio che è stato ucciso a soli 23 anni, per la società non valeva nulla? Eppure io quel figlio l’ho partorito, l’ho amato, curato e protetto per 23 anni, era il mio orgoglio e la mia felicità e quindi tutto diventa assurdo e inaccettabile!!! Nemmeno l’assicurazione vuole pagare il risarcimento e a distanza di 4 anni e mezzo dovrò subire ancora violenze psicologiche tornando di nuovo in tribunale e ripercorrere ancora una volta questa tragedia… descrivere come è morto Andrea, come lo hanno trovato i colleghi di lavoro, come ho vissuto dopo e come continuo a vivere oggi… Credetemi una pressione che non riesco a sopportare più. Per terminare, anche l’amministrazione comunale di Porto Sant’Elpidio si rifiuta di dare una definitiva sepoltura al mio angelo!!!
Allora mi chiedo e lo chiedo a voi che state leggendo questa lettera: la vita di un operaio vale così poco? E’ un essere umano come tutti e se per i soldati morti in “missione di pace” si fanno funerali di Stato, per i 1300 operai che muoiono ogni anno per la mancanza di sicurezza, cosa viene fatto? Nulla perché non sappiamo nemmeno nome e cognome… sono solo numeri che fanno parte di una statistica. Termino questa lettera con un appello disperato: fermiamo questa strage che serve solo a far arricchire gli imprenditori e a distruggere le famiglie!!! Ogni essere umano ha diritto alla propria vita e non si può perderla per 900 euro al mese!
Di Giuseppe marchese
Lettera di un figlio distrutto dal dolore….
A te, padre, morto per non farci mancare un pezzo di pane; a te, che hai preferito sin da fanciullo la strada del lavoro a quella del malaffare; a te, che hai costruito una famiglia ed hai permesso che noi fossimo; a te, che sei partito da casa stretto dal dovere, che hai svolto con onestà e dedizione totale il lavoro in cui credevi e sei tornato nella stessa… casa in una fredda bara; a te, dotato di una forza leonina nel servire alla buona causa della professione e ridotto a corpo esanime; a te, che non hai risparmiato sacrifici per la tua azienda anche nei giorni festivi; a te, vittima sacrificale dell’altare dell’insicurezza, di un sistema perverso che ha adorato il denaro; a te, che avrai digrignato i denti in una espressione di dolore estremo e così hai salutato la terra; a te, spesso maltrattato da coloro ai quali hai donato tutto e non gratificato per le tue fatiche; a te, vittima di colpevoli distrazioni e valutazioni superficiali; a te, caduto nella trappola della disonestà troppo giovane e reso schiavo di preoccupazioni per un tetto; a te, che piangevi perché non arrivavamo a fine mese; a te, padre che ha garantito la sua presenza a costo di viaggi defatiganti; a te, marito che ci ha dato l’esempio della fedeltà coniugale; a te, che hai rinunziato ad ogni divertimento per il necessario; a te, capace di salutare ogni piccola gioia come una grande sorpresa della vita; a te, che hai preferito alla piazza ed alle sue chiacchiere il lettone di casa e un po’ di musica folk con i tuoi figli; a te che hai fatto coincidere la tua felicità con la realizzazione scolastica ed umana dei tuoi figli; a te, che hai condiviso con noi la tua insoddisfazione con lacrime di sincera amarezza; a te, che ci hai insegnato a superare le offese ricevute per riconciliarci con noi stessi; a te, capace di coltivare amicizie genuine e disinteressate; a te, vissuto nell’ombra della quotidianità e sconosciuto ai più; a te, esempio luminoso per i giovani di paternità, intessuta di gesti feriali; a te, che hai praticato la giustizia le cui ossa, forse, non otterranno mai una vera giustizia; a te, che quest’anno non hai potuto festeggiare con noi il tuo cinquantesimo compleanno: GRAZIE!
26 febbraio 2013Lettera di un figlio distrutto dal dolore….
A te, padre, morto per non farci mancare un pezzo di pane; a te, che hai preferito sin da fanciullo la strada del lavoro a quella del malaffare; a te, che hai costruito una famiglia ed hai permesso che noi fossimo; a te, che sei partito da casa stretto dal dovere, che hai svolto con onestà e dedizione totale il lavoro in cui credevi e sei tornato nella stessa… casa in una fredda bara; a te, dotato di una forza leonina nel servire alla buona causa della professione e ridotto a corpo esanime; a te, che non hai risparmiato sacrifici per la tua azienda anche nei giorni festivi; a te, vittima sacrificale dell’altare dell’insicurezza, di un sistema perverso che ha adorato il denaro; a te, che avrai digrignato i denti in una espressione di dolore estremo e così hai salutato la terra; a te, spesso maltrattato da coloro ai quali hai donato tutto e non gratificato per le tue fatiche; a te, vittima di colpevoli distrazioni e valutazioni superficiali; a te, caduto nella trappola della disonestà troppo giovane e reso schiavo di preoccupazioni per un tetto; a te, che piangevi perché non arrivavamo a fine mese; a te, padre che ha garantito la sua presenza a costo di viaggi defatiganti; a te, marito che ci ha dato l’esempio della fedeltà coniugale; a te, che hai rinunziato ad ogni divertimento per il necessario; a te, capace di salutare ogni piccola gioia come una grande sorpresa della vita; a te, che hai preferito alla piazza ed alle sue chiacchiere il lettone di casa e un po’ di musica folk con i tuoi figli; a te che hai fatto coincidere la tua felicità con la realizzazione scolastica ed umana dei tuoi figli; a te, che hai condiviso con noi la tua insoddisfazione con lacrime di sincera amarezza; a te, che ci hai insegnato a superare le offese ricevute per riconciliarci con noi stessi; a te, capace di coltivare amicizie genuine e disinteressate; a te, vissuto nell’ombra della quotidianità e sconosciuto ai più; a te, esempio luminoso per i giovani di paternità, intessuta di gesti feriali; a te, che hai praticato la giustizia le cui ossa, forse, non otterranno mai una vera giustizia; a te, che quest’anno non hai potuto festeggiare con noi il tuo cinquantesimo compleanno: GRAZIE!
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