sabato 19 maggio 2012

Call center - malattia professionale


Ha perso la voce nei call center
"E' una malattia professionale"Troppe telefonate, senza interruzioni:
un'operatrice non riesce più a parlare e secondo i medici si tratta di disfonia. Dopo il responso delle Molinette, il pm Guariniello apre un'indagine
di FEDERICA CRAVERO



Ha parlato fino a perdere la voce: l'ultima "vittima" dei call center è una torinese di 41 anni, che per gli ultimi 9 ha lavorato rispondendo alle chiamate delle persone che telefonavano all'89.24.24 o al 12.40 cercando  - come ben illustrato da massicce campagne pubblicitarie  -  un ristorante, un fioraio, un agriturismo o qualsiasi altro indirizzo che si trovi sulle Pagine Gialle o sulle Pagine Bianche.

Una telefonata dopo l'altra, senza interruzioni. "Disfonia" è stato il responso dei medici delle Molinette che l'hanno visitata e che hanno inviato una segnalazione alla procura di Torino. Della vicenda si sta occupando Raffaele Guariniello, magistrato da sempre impegnato sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, che ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti.
Solitamente quelli legati alla voce sono problemi che riguardano gli insegnanti. Non era ancora accaduto che a fare le spese del troppo parlare fosse un'operatrice di un call center. La donna ha iniziato a lavorare nei call center nel 2003, in forze a Telegate Italia, poi diventata Voice Care, la società con 400 lavoratori che ha la base operativa al Lingotto, acquistata alcuni anni fa dal gruppo Contacta, di cui è amministratore delegato Gabriele Moretti, consigliere comunale eletto tra le fila dei Moderati per Fassino.
Spetterà ora alla magistratura verificare se i problemi riportati dalla lavoratrice, tanto gravi da arrivare fino all'esaurimento della voce, possano essere considerati una malattia professionale. E, in quel caso, occorrerà stabilire quali siano le soluzioni da attuare. Uso di strumenti di lavoro migliori? Regolamentazione dei tempi di lavoro? Obbligo di intervalli tra una telefonata e l'altra? Ha l'aria di essere una vera rivoluzione quella che potrebbe scaturire da questa inchiesta, se verrà dimostrato il legame causa tra il tipo di lavoro eseguito e i problemi accusati a livello vocale dalla telefonista.

Finora il lavoro nei call center (che in tutta Italia coinvolge 400 mila
persone) era stato preso in considerazione soprattutto il cosiddetto "burn out" ovvero lo stress lavorativo che provocava negli operatori, costretti a stare per ore con le cuffiette nelle orecchie, rispondendo a chiamate a raffica (o facendo telefonate, nel caso del telemarketing), avendo a che fare con interlocutori spesso a loro volta stressati per mille ragioni.
Tutto per paghe che di solito si aggirano tra i 5 e i 7 euro all'ora. Tre su quattro sono donne, il più delle volte sono madri o studenti che lavorano part time e che non guadagnano più di 600 euro al mese. Moltissimi sono precari. In molti casi si tratta di call center in outsourcing che lavorano per grosse aziende.



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