mercoledì 3 ottobre 2012

Quanto vale la vita sul lavoro


da L'Espresso

Quanto vale la loro vita di MIchele AzzuNicola Cavicchi, Andrea Gagliardoni, Leonardo Ansaloni, Matteo Armellini e tanti altri come loro: morti in fabbrica, nei cantieri, nei capannoni, nei campi. L'Inail ha risarcito le loro famiglie con poche centinaia di euro. Colpa di una legge vecchia50 anni che nessuno ha ancora modificato(01 ottobre 2012)«Più giovane muori sul lavoro, meno vale la tua vita», è questa la conclusione di Graziella Marota sul dramma italiano delle morti sul lavoro. Graziella nel 2006 ha ricevuto al Quirinale l'onoreficenza di "Cavaliere del lavoro". Suo figlio Andrea Gagliardoni aveva 23 anni quando morì in fabbrica a causa di un macchinario non a norma. Da una parte la medaglia, dall'altra quell'assegno dell'Inail. 1.600 euro di rimborso delle spese funerarie: è tutto ciò che spetta a Graziella secondo legge, perché Andrea non aveva moglie e figli, e non contribuiva al mantenimento dei genitori.

E' successo ancora e succede tutti i giorni. Lo scorso 19 settembre i genitori di Nicola Cavicchi, che il 20 maggio era morto assieme a Leonardo Ansaloni sotto il crollo del capannone della Ceramica Sant'Agostino in Emilia, hanno ricevuto un assegno dall'Inail. 1.936,80 euro, non un rimborso, come tengono a specificare i funzionari dell'ente assicurativo, ma un assegno per le spese del funerale. Pochi mesi prima, il 24 luglio, era capitato lo stesso alla famiglia di Matteo Armellini, morto sotto il crollo del palco dove avrebbe dovuto suonare Laura Pausini, a Reggio Calabria. Le morti di Matteo e Nicola hanno portato a galla due pesanti realtà: quella della sicurezza dei montatori di palchi, quella dell'agibilità dei capannoni industriali in Emilia.

Ma dietro queste vicende così diverse esiste una realtà ben più grave, quella degli assegni Inail alle famiglie delle vittime. Assegni che ti portano a pensare che la vita di tuo figlio valesse davvero meno di duemila euro, perché: «Più giovane muori sul lavoro, meno vale la tua vita» Nicola aveva 35 anni, Matteo 32. Due assegni di 1936,80 euro. «Una cosa scandalosa, una vergogna», commenta Marco Bazzoni, operaio fiorentino da anni attivista per la sicurezza sul lavoro. Opinione condivisa da Carlo Soricelli, autore dell'Osservatorio morti sul lavoro di Bologna, che aggiunge: «La legge è quella, però. Che cosa deve fare l'Inail, mica può violare la legge».

La legge 1124 che regola le assicurazioni per infortuni e morti sul lavoro risale al 1965. Ed è la stessa Inail, con una nota stampa successiva al rimborso di Cavicchi, che scrive di quali fattori non terrebbe conto quella norma vecchia quasi 50 anni: «Di cambiamenti significativi intervenuti sia nel lavoro sia nella famiglia: dalle diffuse condizioni contrattuali iniziali e flessibili, che si traducono in rendite molto basse per i familiari dei superstiti, alle convivenze di fatto di molte coppie non sposate». Funzionari dell'Inail, sindacalisti, familiari delle vittime: sono tutti d'accordo che la legge andrebbe modificata. Eppure nulla cambia. Perché?

I familiari. Dove lo stato latita la società civile si mobilita. Sono molte le associazioni nate dai familiari dei morti sul lavoro, persone che da anni lottano per un processo e che cercano di aiutare chi come loro ha subito la più grande delle ingiustizie. Roberto e Valeria Toffolutti hanno creato la Associazione nazionale per la sicurezza sul lavoro "Ruggero Toffolutti", da cui hanno dato vita alla mostra "Non numeri ma persone". «Volevamo che si vedessero i volti delle persone che muoiono sul lavoro», spiega Valeria. Anche la famiglia Toffolutti ha vissuto una perdita e la beffa dell'assegno funerario Inail: «Che sia una legge vergognosa mi sembra abbastanza normale, no? Non è mai stata adeguata», spiega Valeria. Loro figlio Ruggero morì nel 1998 e: «Ci siamo sentiti dire che facevamo l'associazione per alzare il prezzo del rimborso», racconta Valeria.

A Graziella Marota, dopo la morte del figlio Andrea Gagliardoni, è andata molto peggio. «Venne una persona dell'Inail a casa mia. Poi fui convocata all'Inail del mio paese, Fermo, a firmare moduli su moduli», racconta. Graziella, come molte delle persone che vivono situazioni simili, nei giorni successivi la tragedia è disorientata. Non sta certo pensando ad un rimborso. Eppure si trova a vivere una vicenda che sembra scritta da Kafka: «Mi dissero che dovevo dimostrare come Andrea contribuiva al mantenimento dei genitori, ma non potevo dimostrarlo», continua Graziella. «Dopo alcuni mesi ricevetti l'assegno funerario di 1.600 euro. Fossi stata lucida, e non sotto sedativi, l'avrei riportato indietro». Anche Graziella, come i coniugi Toffolutti, ha creato un'associazione. E i 1.600 euro sono stati poi rimborsati all'Inail dai colpevoli della morte di Andrea, poiché l'ente si era costituito parte civile al processo.


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