mercoledì 24 ottobre 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 23/10/12



INDICE

Antonio Muscolino ant.muscolino@tiscali.it
POSIZIONE DI MEDICINA DEMOCRATICA IN MERITO ALL'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA) PER L'ILVA DI TARANTO

ANCORA IN MARCIA ! redazione@ancorainmarcia.it
“...UN TRENO CARICO DI STRESS”: RICERCA PSICOFISIOLOGICA SU MACCHINISTI E CAPITRENO, CONVEGNO PRESENTAZIONE RISULTATI. ROMA, 21-11-2012. 1° AVVISO.

USB Perugia perugia@usb.it
INQUINAMENTO A SPOLETO

CUB Sanità della Provincia di Torino
ASL TO 1 A RISCHIO ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO E LA CHIAMANO SANITA'

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MATTIA PASCAI IL GIOVANE MORTO SUL LAVORO LAVORAVA IN NERO E NON E’ NEPPURE CONSIDERATO UN MORTO SUL LAVORO NON DISPONENDO DELL’ASSICURAZIONE

DA FREE ITALIA DIECI VALIDI CONSIGLI PER PROTEGGERSI DAL CELLULARE

Senzapatria News anarres56@tiscali.it
ILVA DI TARANTO: NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA

COBAS Ravenna cobasravenna@libero.it
TARANTO: DRAMMATICI DATI - L'APPELLO DELLA RETE NAZIONALE

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Da: Antonio Muscolino ant.muscolino@tiscali.it
Data: 18/10/2012 10.58
A:
Ogg: POSIZIONE DI MEDICINA DEMOCRATICA IN MERITO ALL'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA) PER L'ILVA DI TARANTO

POSIZIONE DI MEDICINA DEMOCRATICA IN MERITO ALL'AIA PER L'ILVA DI TARANTO.
http://www.medicinademocratica.org/article.php3?id_article=432
Con queste note si intendono portare all’attenzione alcuni aspetti relativi al documento in questione sia in merito al suo scopo che ai contenuti. Si premettono alcune considerazioni generali fondate sui seguenti tre aspetti.
Da quanto riportato nelle premesse dell’atto lo stesso si basa essenzialmente su un documento (un “piano complessivo di adeguamento”) “presentato dall’azienda con nota DIR 175/2012 del 25.09.2012” , i contenuti dello stesso vengono “accettati” o meglio si “ritiene che l’esercizio dell’impianto potrà avvenire nel rispetto da parte dell’Azienda del piano di adeguamento presentato e del relativo crono programma come modificato dalla Commissione IPPC”.
Nelle pagine precedenti si afferma anche che il gruppo di lavoro di revisione della AIA rilasciata il 4.08.2011 era incaricato anche di “concludere il parere tecnico per i profili concernenti : a) l’integrazione nella documentazione istruttoria dell’ordinanza del GIP del Tribunale di Taranto, nella parte riguardante la disposizione per il risanamento ambientale degli impianti” nonché di applicare le BAT del settore siderurgico licenziate dalla Commissione Europea con decisione 2012/135.
Il parere istruttorio in questione è intermedio ovvero si riferisce ad aspetti considerati prioritari e vanno a sostituire parzialmente le prescrizioni della AIA vigente “che riguardano le aree oggetto di sequestro”.
Appare stridente l’esito della comparazione tra due diverse premesse dell’atto : da un lato la presa d’atto dell’emersione delle emergenze ambientali connesse con l’esercizio degli impianti e dall’altro l’affermazione che le modifiche dell’AIA vengono definite accettando integralmente le proposte dell’Azienda (con qualche ritocco sul cronoprogramma). Sembra che venga affermato, implicitamente, un ruolo “subordinato” del gruppo istruttore chiamato ad una semplice valutazione della congruità delle proposte aziendali.
Per una valutazione congrua di tali aspetti occorrerebbe disporre dell’intera corrispondenza tra Gruppo istruttore (e gruppo di lavoro) e gestore, richiamata nelle premesse del parere in esame, ma dagli elementi a disposizione tale conclusione appare avere un fondamento.
Dalle notizie stampa inoltre il parere istruttorio intermedio in esame non riguarderebbe solo le “aree sottoposte a sequestro” ma costituirebbe anche una “risposta” alle questioni oggetto del provvedimento di sequestro preventivo del 25.07.2012 emesso dal GIP Dr.ssa Patrizia Todisco quasi che le prescrizioni e le autorizzazioni ivi contenute fossero finalizzate alla modifica del decreto stesso se non al dissequestro delle aree interessate. E’ evidente che ciò è incongruo in quanto è pacifica la differenza (le competenze e gli atti connessi) tra un procedimento giudiziario per reati penali contro l’ambiente e la salute collettiva (si rimanda alle imputazioni richiamate nella ordinanza del Giudice del riesame del 7.08.2012) ed eventuali inadempienze di un gestore nella attuazione delle prescrizioni di una AIA (nei casi previsti e puniti dall’art. 29 quaterdecies del Dlgs 152/06).
Tenendo conto della forma del documento in esame si seguirà l’ordine ivi previsto e, per ogni prescrizione o per gruppi di prescrizioni, verranno fornite osservazioni e/o evidenziate le criticità che si ritiene opportuno evidenziare. Sul piano di monitoraggio ci si limita ad alcune considerazioni generali non avendo potuto approfondire adeguatamente il tema per il tempo limitato a disposizione dall’invio del parere.
Ci si riserva comunque, su tutti i temi del parere in questione, la presentazione di ulteriori note e osservazioni. Il parere inizia (e si conclude - v. punto 3.10) con il rinvio di ulteriori momenti di riesame : al completamento del “documento per la valutazione del danno sanitario”; alla valutazione della fattibilità del progetto “installazione filtri a maniche a valle del MEEP” progetto di copertura dei parchi primari (che costituisce anche la prescrizione 1, presentazione entro 60 giorni di progetto e sua realizzazione entro 36 mesi).
La indicazioni relative alla (possibile) installazione di filtri a maniche nella fase di agglomerazione (non è chiaro se ci si riferisca alla emissione E312) fa emergere un aspetto procedurale non secondario. La commissione istruttoria e il gruppo di lavoro in questo caso (come in diversi altri che emergono dall’esame delle prescrizioni contenute nel parere) non sono state in grado di definire quali siano le caratteristiche tecnologiche che il gestore deve adottare per l’esercizio dell’impianto in grado di soddisfare i principi previsti dalla normativa IPPC. In particolare l’adozione delle migliori tecniche disponibili. Si ammenta che sancire che una tecnica disponibile non sia applicabile a un impianto esistente non può che determinare una AIA che definisca i termini e i tempi di dismissione di quel dato impianto. Considerato che il parere in questione (come pure la precedente AIA) non determina la cessazione di nessun impianto (eccezion fatta di quegli impianti ed attività che che l’impresa stessa ha definito di voler cessare, come l’esercizio dell’altoforno AFO/3 e l’attività di recupero di zolfo da rifiuti) occorre ritenere che il gruppo istruttore ha considerato tutti gli altri impianti e attività adeguati o adeguabili alle BAT.
Se tale considerazione è corretta il parere contiene diversi passaggi in contrasto con tale conclusione, per la parte relativa alla “adeguabilità” alle BAT, ogni qualvolta si prescrive al gestore di presentare “valutazioni di fattibilità” e non progetti esecutivi finalizzati alla realizzazione di specifici interventi (semmai prospettando diverse alternative tecnologiche di equivalente risultato).
Non si può lasciare al gestore la “valutazione” della fattibilità o meno di applicazione di una BAT, questo è (dovrebbe essere) compito del Gruppo istruttore. Le prescrizioni dalla 2 alla 4 riguardano interventi di riduzione delle emissioni diffuse dai cumuli dei materiali nei diversi parchi/depositi (Riduzione giacenze stoccaggi parchi primari del 30 % rispetto al valore medio del 2011 e diminuzione altezza massima dei cumuli; riallocazione dei cumuli del parco minerali - entro 30 giorni ; realizzazione di edifici chiusi per le aree di deposito di materiali polverulenti diversi dai parchi primari (entro 1 anno). Dalla prescrizione 7 alla 12 vengono indicate come prescrizioni gli “impegni del gestore” concernenti attività gestionali finalizzate alla riduzione delle emissioni diffuse dai cumuli e dalla movimentazione dei materiali.
Analogamente, le prescrizioni da 13 a 15 indicano le prescrizioni gestionali relative alle giornate ventose (wind day ovvero presenza per un intero giorno di velocità del vento superiori a 5 m/s, per un periodo di almeno 3 ore di provenienza dal IV quadrante e assenza di precipitazioni). Tali aspetti verrebbero risolti (o quasi) definitivamente con la prescrizione 1, ovvero con presentazione entro 60 giorni di progetto e realizzazione entro 36 mesi della copertura integrale (?) dei parchi primari.
Se la prescrizione della copertura è certamente condivisa, i tempi di realizzazione e la non precisa individuazione (e quindi completezza) delle aree interessate ne riducono fortemente la valenza (anche tenendo conto che questo tema è sollevato da anni dalle popolazioni residenti e anche oggetto di sentenze di condanne precedenti al procedimento in corso).
Prescrizione 20 - divieto di utilizzo di petcoke e catrame. Si concorda con il divieto, si sottolinea che l’AIA vigente consentiva l’utilizzo di tali materiali, pur essendo caratterizzati da concentrazioni maggiori di elementi problematici (zolfo ma non solo), sul presupposto che i sistemi di abbattimento esistenti sarebbero bastati a rendere “non significativo” l’impatto aggiuntivo ipotizzabile.
Prescrizione 21 - utilizzo di sottoprodotti (qualificati come tali dall’azienda). Pur non disponendo della documentazione aziendale in materia si ritiene che quanto indicato nella AIA sia comunque inadeguato. La prescrizione subordina l’utilizzo dei (presunti) sottoprodotti alla presentazione di documentazione attestante il rispetto delle condizioni di cui all’art. 184 bis comma 1 DLgs 152/06. Considerato che l’attività suddetta viene svolta nell’ambito di una attività di AIA è opportuno, all’inverso, che sia l’autorità competente a fissare le specifiche condizioni (caratteristiche, fasi e modalità di utilizzo dei “sottoprodotti”) in virtù delle quali viene riconosciuto e consentito l’utilizzo di “sottoprodotti”.
Inoltre, nonostante, si faccia riferimento alle BAT della Decisione UE 28.02.2012 non si è trovata traccia di verifiche ovvero di prescrizioni specifiche sul tema dei sottoprodotti (v. punto 1.1.4 della Decisione suddetta).
Prescrizione 22 - l’utilizzo (recupero) di rifiuti quali rottami ferrosi e scaglie di laminazione. Le attività previste e indicate nella AIA vigente (9.6.4.5 e 9.6.4.7) riguardano sia l’attività di messa in riserva per la produzione di materia prima secondaria (o EOW) - R13 che quella di recupero (riciclo) R4. La prescrizione introdotta riguarda la “preventiva evidenza” che le caratteristiche emissive (si suppone riferite alla attività R4) siano conformi all’allegato 1, sub allegato 2 del DM 5.02.1998. In realtà tale condizione andava verificata in sede di valutazione della domanda di AIA anche in quanto - all’atto della domanda - l’azienda aveva in essere una comunicazione in procedura semplificata per il recupero dei rifiuti e in itinere la trasformazione della stessa in autorizzazione ordinaria. Pertanto l’AIA deve definire nel dettaglio, tenendo conto delle modalità effettive del recupero dei rifiuti, le prescrizioni (anche) emissive (a partire ad esempio dalla definizione dei parametri per l’applicazione della formula di definizione dei limiti prevista dal sub allegato citato).
Inoltre, nonostante, come già detto, si faccia riferimento alle BAT della Decisione UE 28.02.2012 non si è trovata traccia di verifiche ovvero di prescrizioni specifiche sul tema
Prescrizione 23 - si prende atto dell’intenzione dell’azienda di disattivare l’attività di recupero dello zolfo dai rifiuti che lo contengono (CER 060603).
Prescrizione 24 - si dichiara che le tabelle relative ai limiti emissivi dell’AIA vigente si riferiscono a portate normalizzate secche (e non tal quali). Si tratta pertanto solo di una specificazione relativa alle modalità di espressione dei dati emergenti dal monitoraggio (sorprende che tale specificazione fosse assente nella AIA vigente che era pertanto viziata da una indeterminatezza non secondaria nelle modalità di espressione e valutazione dei risultati dei sistemi di monitoraggio delle emissioni in atmosfera).
Prescrizione 25 - si prescrive che i filtri a tessuto, per l’abbattimento delle polveri, siano dotati di sistema di registrazione della pressione differenziale
Prescrizione 26 - riguarda un crono programma relativo alle misure in corso e programmate per evitare l’insorgere di rischi di inquinamento ambientale conseguente alla cessazione definitiva delle attività esercitate o di parte di esse. Si tratta di una prescrizione che presenta stranezze considerato che, per impianti che (in toto o in parte) vengono chiusi definitivamente esiste già una prescrizione generale della redazione del piano di ripristino ambientale che comprende le attività di tutela ambientale.
Prescrizione 28 -sempre nei giorni ventosi viene prescritta una riduzione del 10 % nei punti di emissione più significativi di benzopirene (con portata superiore a 100.000 Nmc/h e superiori a un flusso di massa di 0,5 g/h). Al di là della valutazione sulla significatività di tale obiettivo di riduzione non è chiaro rispetto a quale valore “standard” si applicherebbe la riduzione suddetta.
Considerato che si fa riferimento a una bolla emissiva dovremmo dedurre che il confronto va fatto con tanti flussi quanti sono quelli composti da uno o più “blocchi” da 100.000 Nmc/h ovvero, considerando un limite emissivo (DLgs 152/06) di 0,1 mg/Nmc, rispetto a un numero imprecisato di flussi di 10 g/h (che andrebbero pertanto ridotti o meglio mantenuti non oltre 9 g/h).
Tenuto conto del riferimento contenuto nella prescrizione ai punti di emissione E422, E423, E424 (cokefazione), E312 (agglomerazione), E134, E137, E138 (altoforni 1, 4 e 5)ci si confronterebbe con un flusso complessivo (“bolla emissiva”) di quasi 5.160.000 Nmc/h pari a 515 g/h alla concentrazione limite del Dlgs 152/2006 (con una riduzione pertanto a 463,5 g/h). Quanto sopra a fronte di emissioni dichiarate di IPA da parte del gestore (riportate nella AIA vigente) di due o tre ordini di grandezza inferiori a quelle previste nel DLgs 152/06 e di un limite prescritto nella AIA vigente per gli IPA pari a 0,08 mg/Nmc. Per quanto sopra si ritiene indispensabile una riduzione significativa del limite del benzoapirene rispetto a quello stabilito in AIA nonché, ove si individuino valori percentuali di riduzione correlati a diversi punti di emissione, oltre alla fissazione di un limite di concentrazione anche un definito limite di flusso di massa (come fatto, per esempio, nella prescrizione 41).
Verrebbero escluse comunque punti di emissioni significativi (es. E426-E427 della cokeria, 94.000 Nmc/h ognuna in quanto di poco inferiori alla soglia di massa indicata e considerata pari a 100.000 Nmc/h) come pure le emissioni dal raffreddamento agglomerato ed in particolare l’E325 (portata circa 400.000 Nmc/h) per la quale, nella AIA, è stato fissato un limite per gli IPA; ma anche l’AFO/2 che non risulta in dismissione né con revoca della autorizzazione come l’AFO/3.
Prescrizioni 29÷31 prescrizioni generali relative alla cokeria La prescrizione 30 indirettamente approva la nota dell’azienda (DIR 33 del 23.02.2012) relativa al monitoraggio delle emissioni diffuse di polveri, IPA e benzene. Si considera, in primo luogo, improprio che in una AIA anziché indicare prescrizioni e condizioni autorizzative si “rimandi” a un documento del gestore. Inoltre si segnala che la suddetta prescrizione rimanda ad accordi tra il gestore e l’ente di controllo la definizione delle metodiche di campionamento. Tale aspetto invece dovrebbe essere incluso nel piano di monitoraggio ed è inopportuno rinviarlo a successivi atti esterni alla AIA.
Una modifica di tali indicazioni risultano ancora più necessarie quando (come nella prescrizione 32) si riportano obiettivi di riduzione (del 10 % nei wind day) delle emissioni diffuse di IPA; non chiarendo rispetto a quale valore e con quale modalità validata di misurazione e stima.
Nella prescrizione 31 vengono fissati dei limiti di flussi di massa di polveri dall’insieme dei punti di emissione dell’area di cokeria nonché dalle torri di spegnimento. Tali flussi vengono stimati sulla base di concentrazione delle emissioni (post-adeguamento, non vengono specificati tempi nel parere) pari a 10 mg/Nmc e 25 g/t per le torri di spegnimento (v. anche prescrizione 48).
In questo caso le concentrazione delle emissioni di polveri per i punti di emissione suddetti sono stati rivisti rispetto a quanto indicato nella AIA vigente (v. prescrizioni 38, 41, 45 e 50). Il limite del benzopirene (0,08 mg/Nmc) andrebbe rivisto (ridotto) anche per questa area.
Prescrizioni 33-37 - riduzione emissioni diffuse cokeria Diverse tra queste prescrizioni rimandano (senza alcuna specificazione di dettaglio relativa agli impianti in questione) a misure BAT definite dalle UE (BAT 43, 45, 47, 59).
Alle suddette BAT sono infatti associati dei livelli di emissione di polveri (in sostanza < 10 mg/Nmc) che sono stati “riversati” nelle prescrizioni sulle concentrazioni emissive di alcuni ben definiti punti (v. prescrizioni 38, 41, 45 e 50) ma non è chiaro invece come la richiesta di attuazione delle BAT citate sulle emissioni diffuse si applichi; per l’esattezza come si riduca l’esistenza stessa di emissioni diffuse in questa fase lavorativa.
La risposta contenuta nella prescrizione 36 appare inadeguata. La prescrizione 36 richiede uno studio, entro 6 mesi, per valutare il “convogliamento delle emissioni diffuse oggi non convogliate” connesse ad alcune fasi di trasferimento del coke dallo sfornamento allo spegnimento. Tale prescrizione appare impropria e indice di un approfondimento inidoneo del parere in esame (e ancor più della AIA vigente rilasciata). Non va anche dimenticato che con la prescrizione 27 (di carattere generale) viene richiesto un aggiornamento della valutazione delle emissioni diffuse. In altri termini il Gruppo istruttore non ha ancora una visione completa di tale problematica sollevata più volte (e particolarmente sottolineata per l’entità delle emissioni correlate, nel caso della cokeria, nella ordinanza del Tribunale del riesame di Taranto, sulla scorta delle relazioni dei CTU).
La emissione diffusa, per definizione normativa, è l’emissione tecnicamente non convogliabile. Il Dlgs 152/06 definisce la emissione tecnicamente convogliabile come la “ emissione diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela”. Risulta pertanto pacifico che, nell’ambito di una procedura di AIA, occorre valutare la presenza di emissioni diffuse al fine di verificare se le stesse siano o meno convogliabili e, in caso affermativo, imporne il convogliamento all’esterno (previo trattamento di abbattimento) e non chiedere al soggetto controllato di “valutare” la convogli abilità delle emissioni diffuse.
La prescrizione 39, ad esempio, anche se parzialmente va proprio in questa direzione nel disporre di completare la chiusura degli edifici della preparazione miscela del coke e “conseguentemente captazione e convogliamento dell’aria degli ambienti confinati” con un limite all’emissione di polveri pari a 10 mg/Nmc; analogamente le prescrizioni 51, 57, 63 relative rispettivamente agli edifici trattamento coke, di agglomerazione/sinterizzazione e altoforni..
Anche la prescrizione 40 appare maggiormente “corretta” ovvero coerente con il richiamo alla BAT corrispondente (44) relativa alla riduzione della durata delle emissioni visibili in fase di caricamento della miscela. In tal caso si dispongono (ancorchè richiamando i metodi contenuti nella BAT 46) le modalità di verifica del rispetto della prescrizione stessa.
Prescrizione 41 - limiti emissione cokefazione, vengono sostituiti, riducendoli, i limiti previgenti con due step (“da subito” e “post adeguamento”). All’adeguamento effettuato i limiti indicati sono quelli corrispondenti alla soglia inferiore della BAT 49 ad eccezione delle polveri per le quali viene indicato un valore intermedio del range indicato nel documento UE. L’aspetto non condivisibile rimane quello dei termini di adeguamento che vengono fissati “comunque non oltre il termine dell’8 marzo 2016” ovvero quello previsto dal documento UE sulle BAT del comparto siderurgico.
Le prescrizioni 42 e 44 hanno lo scopo di attuare, rispettivamente, le BAT 46 (riduzione percentuale emissioni visibili) e 48 (riduzione emissioni di acido solfidrico ovvero tenore di zolfo nel gas di cokeria).
Analogamente la prescrizione 46 (BAT 54 sullo spegnimento delle scorie), la prescrizione 48 (BAT 51 sul fattore di emissione di polveri per tonnellata di coke prodotto).
La prescrizione 53 prescrive una riduzione delle emissioni di polveri soprattutto della emissione E312 (agglomerazione) che si rammenta ha una portata di ben 3.400.000 Nmc/h. La riduzione viene espressa in flusso di massa “parametrato per il camino E312 a 10 mg/Nmc” , la modifica della tabella 293 della AIA vigente (prescrizione 55 - tabella 6) per la concentrazione limite è però pari a 20 mg/Nmc (e non 10 mg/Nmc) ed è riferita a “campioni casuali raccolti in un arco di tempo minimo di mezz’ora”, prescrizione non chiara visto che (prescrizione 89) per questo punto di emissione viene prevista la realizzazione di un monitoraggio in continuo con SME).
Più corretta risulta essere la prescrizione 67 ove il limite di 10 mg/Nmc per le polveri (emissioni altoforni, fase colaggio ghisa e loppa) è riferito ad una media giornaliera.
Sui tempi di attuazione (post adeguamento) rimane l’incognita (prescrizione 56 e 60 per le polveri, prescrizione 64 per NOx e SOx) di un arco di tempo indefinito rispetto al termine del 8.03.2016.
La prescrizione 68 (acciaieria) definisce obblighi di captazione e abbattimento di fumi in diversi punti e fasi della lavorazione nonché di chiusura di parti degli edifici (entro il 31.12.2013).
Al di là di valutazioni di congruenza sulla tempistica si evidenzia la stranezza per cui nel parere alcuni interventi sono più definiti di altri (anche se afferiscono a problematiche analoghe) e con tempistiche maggiormente precise e ridotte rispetto ad altre, pur apparentemente simili.
Quanto già detto in merito alla tempistica (al 2016) vale anche per le prescrizioni 69, 71, 72, 73 (emissioni acciaieria individuate nelle tabelle 299, 300, 301 della AIA vigente) relative al limite di emissione delle polveri.
La prescrizione 81 (emissioni torce) rimandano a successivi valori di soglia in tonnellate/giorno (di portata dei gas avviati in torcia, si suppone) oltre i quali l’azienda dovrà effettuare comunicazioni all’ente di controllo.
Il tema delle emissioni di gas in torcia viene correttamente indicato come oggetto di interventi di riduzione (prescrizione 82) ma il parere rimanda a uno “studio di fattibilità tecnico-economica” da parte del gestore (entro 6 mesi) senza che emergano delle indicazioni (ed eventualmente delle prescrizioni ancorchè parziali) riferite ad interventi possibili per la riduzione di tale sistema di “smaltimento” dei gas avviati in torcia dai diversi impianti. Per l’emissione di PCDD/F i punti di emissione considerati (in primis l’E312 - impianto di sinterizzazione - agglomerazione) è stato fissato un limite in AIA di 0,4 nanog/Nmc sulla base della L.R. 44/2008.
Per i punti di emissione dell’acciaieria (v. pescrizione 69) è stato fissato un limite per le diossine (0,1 ng/Nmc di PCDD/F ITEQ) corrispondente a quello stabilito dal Regolamento CE 850/2004 come modificato dal Regolamento CE 304/2009 (allegato V parte 1). Si ritiene che tale parametro, con i limiti indicati per l’acciaieria, sia da adottarsi anche per l’emissione E312 (sinterizzazione) come pure per i punti di emissione corrispondenti agli altoforni.
Sono state previste modifiche del piano di monitoraggio ed in particolare sono stati prescritti dei sistemi di monitoraggio esterni: “rete di monitoraggio in continuo della qualità dell’aria attraverso l’adozione di sei centraline” perimetrali - prescrizione 84; monitoraggio “ad alta risoluzione temporale lungo tutto il perimetro dello stabilimento” nonché sistema di monitoraggio in continuo IPA, BTEX e polveri su macchine caricatrici e sfornatrici delle cokerie - prescrizione 87; rete di biomonitoraggio (prescrizione 91). Il contenuto di tali monitoraggi viene in parte rinviato al contenuto di un verbale ARPA (24.08.2012) e in parte a modalità da definire con “l’ente di controllo”.
L’indefinitezza della funzione di tali misure, in particolare nel caso in esame, non è condivisibile. Il rischio concreto è la produzione di “dati conoscitivi” slegate da azioni di adeguamento nel caso di sforamento di soglie definite.
Per inciso, tali soglie non potranno essere semplicemente limiti stabiliti da norme - ad esempio di qualità dell’aria - ma dovranno essere definite (e vanno già definite in AIA) considerando che la fonte principale di contaminazione è rappresentata dagli impianti in esame e pertanto le soglie dovranno essere tali da “attivare” un risposta ben prima che possano essere superati i livelli limite normati nelle zone abitate.
Pertanto il parere di AIA è carente sia della precisa definizione di contaminanti da considerare e di soglie di “allarme” sia di identificazione degli interventi prescritti o prescrivibili dall’ente di controllo al raggiungimento di tali soglie. Con riserva di presentazione di ulteriori note e memorie anche in relazione alla messa a disposizione di ulteriore documentazione del gestore allo stato non disponibile per vincoli di segretezza apposti nell’ambito della procedura di AIA.

Distinti saluti.
Per il Direttivo di Medicina Democratica Onlus
Il Vicepresidente - Marco Caldiroli

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From: ANCORA IN MARCIA ! redazione@ancorainmarcia.it
Data: 19/10/2012 0.52
A:
Ogg: “...UN TRENO CARICO DI STRESS”: RICERCA PSICOFISIOLOGICA SU MACCHINISTI E CAPITRENO, CONVEGNO PRESENTAZIONE RISULTATI. ROMA, 21-11-2012. 1° AVVISO.

ancora IN MARCIA !
GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908

"...UN TRENO CARICO DI STRESS”

STRESS LAVORO CORRELATO: UNA RICERCA PSICOFISIOLOGICA SU MACCHINISTI E CAPITRENO, UN METODO A DISPOSIZIONE DI TUTTI
CONVEGNO: Roma, 21 novembre 2012, ore 8,30 – 17,30 Sala Congressi, Facoltà di Sociologia, Via Salaria. 113
1° Avviso
Si è conclusa la ricerca sullo stress lavoro correlato per i macchinisti ed i capitreno, effettuata nei mesi scorsi tra i lavoratori che prestano servizio sui treni.
Il progetto, realizzato su scala nazionale, si è svolto sotto la direzione scientifica del prof. Vezio Ruggieri, titolare della Cattedra di Psicofisiologia clinica della Facoltà di medicina e psicologia dell'Università “la Sapienza” di Roma.
La ricerca è stata condotta con la partecipazione attiva dei lavoratori mediante il confronto in “'gruppi omogenei”.
Durante la giornata saranno illustrati i dati ottenuti ed il metodo utilizzato per l'individuazione dei fattori di stress cui sono soggetti i lavoratori addetti a mansioni così atipiche
Metodo partecipativo e questionario multischeda, elaborati in questa occasione con i ferrovieri, si prestano – con gli opportuni adattamenti – ad essere estesi anche ad altri settori.
Per i partecipanti all'iniziativa e' previsto il rilascio di crediti ECM.

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Da: USB Perugia perugia@usb.it
Data: 19/10/2012 12.33
A:
Ogg: INQUINAMENTO A SPOLETO

Questa è la notizia riportata su Umbria 24

SPOLETO, ACQUA CONTAMINATA DA BATTERI FECALI: LA PROCURA INDAGA PER AVVELENAMENTO COLPOSO

I CARABINIERI SI PREPARANO A FAR VISITA AGLI UFFICI DELLA VUS

SANTOCCHIA: “SITUAZIONE MIGLIORATA, OCENELLI ANCORA CONTAMINATA”

LA PROCURA HA APERTO UN FASCICOLO D'INCHIESTA
di Chia.Fa.
Sulla delicata vicenda della contaminazione fecale dell’acquedotto, la procura della Repubblica di Spoleto ha aperto un fascicolo d’inchiesta, ipotizzando a carico di ignoti il reato di avvelenamento colposo delle acque. I carabinieri della Compagnia di Spoleto, in queste ore, faranno visita agli uffici della Vus, gestore del servizio idrico, per acquisire, su mandato del procuratore capo Gianfranco Riggio, diversi faldoni di documenti.
L’INCHIESTA
L’obiettivo è accertare eventuali responsabilità sull’origine dell’inquinamento da Escherichia Coli (E.coli) che da lunedì pomeriggio sta tenendo con il fiato sospeso diverse migliaia di cittadini. I rubinetti, infatti, resteranno chiusi almeno fino a venerdì in attesa che l’Arpa fornisca alla Asl i risultati preliminari delle analisi eseguite giovedì mattina. L’ordinanza con cui è stato vietato l’uso dell’acqua a scopi alimentari, dunque, resta in vigore in tutti i territori inseriti nell’ordinanza firmata dal sindaco Daniele Benedetti.
SANTOCCHIA: “SITUAZIONE MIGLIORATA”
E giovedì mattina sono arrivati i risultati delle analisi eseguite mercoledì. “Gli esami eseguiti – ha dichiarato il dottor Franco Santocchia, direttore del dipartimento Prevenzione dell’Asl 3 – permettono di affermare che la situazione è nettamente migliorata tanto che i livelli di contaminazione si registrano ancora solo in una delle zone dell’ordinanza sindacale, la località Ocenelli, zona all’estremità della rete idrica interessata dall’inquinamento dove gli effetti della disinfezione con cloro operata dalla VUS si registreranno più tardi”.
“Questa mattina – prosegue Santocchi – si è comunque proceduto a ripetere in controlli in località Ocenelli e, a scopo cautelativo, in altri punti della zona interessata nei giorni scorsi dalla contaminazione. L’esito delle analisi su tali prelievi e su quelli eseguiti in altre zone del Comune di Spoleto – ha concluso il dottor Santocchia – saranno comunicati dal laboratorio Arpa domani mattina e pertanto riteniamo opportuno attendere tali dati per sciogliere ogni riserva sulla potabilità dell’acqua”.
POZZI DI SAN NICOLO’
Sull’origine della contaminazione restano sotto stretta osservazione quattro pozzi che dalla crisi idrica della scorsa estate alimentano, insieme alla sorgente Argentina, l’acquedotto dell’Alta Marroggia. Il sospetto, confermato anche dall’Asl 3, è che le recenti piogge abbiano originato delle infiltrazioni ai pozzi di San Nicolò da cui, è evidente, sarebbe scaturita la contaminazione. Vus, invece, ha escluso “categoricamente che l’inquinamento dell’acqua sia causato dalle cisterne, peraltro non utilizzate nella zona in questione”.

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Da: CUB Sanità della Provincia di Torino
Data: 19/10/2012 22.49
A:
Ogg:
ASL TO 1 A RISCHIO ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO E LA CHIAMANO SANITA'

ASL TO 1 A RISCHIO ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO E LA CHIAMANO SANITA'
L'edificio comunale di Via Monte Ortigara 95 che ospita diversi Servizi Sanitari dell'ASL TO1 (Consultorio Famigliare, Consultorio Pediatrico, Neuropsichiatria Infantile e Sert) è interamente costruito con pannelli d'amianto.
Ciò implica, su dichiarazione del Servizio di Prevenzione e Protezione della stessa ASL, un rischio di esposizione ai danni dell'amianto di grado medio alto.
Un rischio che incombe quotidianamente sulla salute e sulla sicurezza degli operatori sanitari che vi lavorano e sui pazienti che lo frequentano: neonati, donne gravide, minori con distrubi psicologi e più in generale cittadini, ignari del rischio che stanno correndo.
Lavoratori e cittadini inermi che rischiano di ammalarsi e morire di mesotelioma pleurico per aver respirato fibre d'amianto: una conseguenza gravissima ed estrema resa più probabile dallo stato di degrado e semi-abbandono in cui versa la struttura.
La CUB Sanità da tempo ha cercato un confronto con la direzione della ASL TO 1 su questi temi trovandosi di fronte ad una chiusura netta. Per di più, in questo come in altri casi, la Direzione dell'ASL TO 1 ha utilizzato la normativa sula cosiddetta “fedeltà aziendale” per rendere difficili le denunce di quanto avviene da parte dei lavoratori.
Per ironia della sorte, al centro del giardino (incolto) che circonda l'edificio si erge, come un lugubre monito, una statua dedicata ai Caduti sul Lavoro.
Ma davvero non è possibile prevenire le morti sul lavoro invece che commemorarne le vittime a posteriori? Noi crediamo che sia possibile e doveroso, specialmente da parte di un'istituzione pubblica che è preposta proprio alla tutela della salute.
CUB Sanità della Provincia di Torino
Torino, 19 ottobre 2012

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Da: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
Data: 20/10/2012 9.27
A:
Ogg: MATTIA PASCAI IL GIOVANE MORTO SUL LAVORO LAVORAVA IN NERO E NON E’ NEPPURE CONSIDERATO UN MORTO SUL LAVORO NON DISPONENDO DELL’ASSICURAZIONE

Mattia Pascai il povero giovane morto cadendo dal tetto di un capannone lavorava in nero e senza le protezioni prescritte dalle norme sulla sicurezza.
La cosa surreale è che non è neppure considerato un morto sul lavoro dalle statistiche ufficiali.
La Procura di Cagliari ha aperto un’inchiesta sul tragico infortunio sul lavoro avvenuto il giorno 17 a Mattia Pascai di soli 25 anni, tragedia avvenuta nella zona industriale di Elmas. Secondo gli inquirenti, Mattia Pascai, l’operaio quartese di 25 anni che ha perso la vita cadendo dal tetto di un capannone, lavorava in nero ed era senza l’imbragatura, il casco e le scarpe prescritte dalle norme sulla sicurezza.
Dopo aver colpito il mondo del lavoro con la riforma Fornero, anche questo governo, e chi l'appoggia, come il precedente che aveva come ministro Sacconi, sta contribuendo in modo drammatico anche a far diminuire le normative sulla sicurezza del lavoro.
L'allungamento dell'età della pensione anche per lavori rischiosi, lo svuotamento delle tutele individuali sull'articolo 18 e il calo dei controlli faranno aumentare drammaticamente gli infortuni anche mortali.
Ma la cosa ancora più tragica e surreale è che anche questo povero giovane non è considerato un morto sul lavoro dalle statistiche ufficiali e questo perché non ha nessuna assicurazione.
Carlo Soricelli curatore dell'Osservatorio Indipendente di Bologna Morti sul Lavoro

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From: Erika nilams@alice.it
To:
Sent: Saturday, October 20, 2012 3:28 PM
Subject: DA FREE ITALIA DIECI VALIDI CONSIGLI PER PROTEGGERSI DAL CELLULARE

Vogliamo ora trattare l’argomento sulla pericolosità dei cellulari con nuove evidenze emerse di recente e con una lista di 10 raccomandazioni da tenere sempre ben presente.
Cominciamo dalle evidenze.
Lo Studio Interphone (13 paesi) il cui capo progetto è Lennart Hartell, autorevole scienziato svedese, stima che un’esposizione di più di 27 minuti al giorno alle radiazioni emesse dal cellulare in un arco di 10 anni, aumenta considerevolmente la possibilità di insorgenza del glioma, che è un cancro al cervello.
Anche in seguito al fatto che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha inserito l’utilizzo dei telefoni cellulari come possibile fattore cancerogeno, in Italia il Consiglio Superiore di Sanità il 15 Novembre 2011 ha invitato il Ministero della Salute a promuovere l’utilizzo degli auricolari per limitare i rischi e ha chiesto ai genitori di limitarne l’utilizzo nei bambini, solo in caso di effettiva necessità.
Come riporta il libro di Riccardo Staglianò dal titolo “Toglietevelo dalla testa”, il Tribunale di Brescia che ha stabilito un risarcimento a carico dell’Inail per un ex-manager che è stato purtroppo colpito da un tumore alla testa, mentre lo stesso procuratore di Torino, Guariniello, sta indagando su un caso analogo, come riporta il Corriere della Sera.
Un’altra evidenza importante è il fatto che le compagnie di assicurazione come Swiss Re e Lloyd’s non coprono i rischi delle compagnie telefoniche, dato che hanno ipotizzato uno scenario di insorgenza di tumori al cervello molto forte fra il 2020 e 2030 per chi oggi è forte utilizzatore: in pratica lo danno per certo e non vogliono assumersi il rischio finanziario delle class action che verranno, come già accaduto in precedenza per il fumo.
Fatte queste premesse eccovi i dieci consigli per limitare i rischi dei cellulari:
1.  NON farli usare ai bambini, se non in caso di emergenza. Tollerati gli SMS ma meglio ridurre anche quelli. In Francia non a caso è vietata la pubblicità dei telefoni cellulari rivolta ai minori di 14 anni.
2.  Utilizzare sempre gli auricolari con cavo, non quelli wireless. Anche il vivavoce è comunque meglio.
3.  Se c’è poca rete, poco campo (lo vedete dalla barre sul display) non effettuare chiamate. Sarà necessaria più potenza radiante, quindi più radiazioni.
4.  Usarlo meno possibile in movimento, come in treno ed in auto: meno segnale, più radiazioni.
5.  Non mettetelo vicino alla testa in fase di chiamata dove le radiazioni sono più forti, aspettate la risposta (vivavoce come soluzione possibile).
6.  Non tenete il cellulare in tasca, né nel taschino della camicia o della giacca.
7.  Cambiate orecchio e riducete la durata delle chiamate.
8.  Utilizzate la linea fissa, il vecchio e caro doppino, se potete, o strumenti di instant messaging come ad esempio Skype
9.  NON addormentatevi con il cellulare vicino alla testa, ad esempio usandolo come sveglia.
10. Scegliere un modello che abbia un basso valore di SAR (tasso di assorbimento specifico delle radiazioni).

Cercate poi di seguire queste sagge raccomandazioni.

Fonte:
APPLE - Associazione Per la Prevenzione e Lotta all’ Elettrosmog
PROGETTO EDUCATIVO SULL’ELETTROSMOG CAMPAGNA PER L’USO SICURO DEL CELLULARE
Riviera Mussato, 103
35139 Padova
telefono 049 87 50 240 / 049 87 16 382
fax 049-8750240
APPLE (Associazione Per la Prevenzione e Lotta all’ Elettrosmog) è una Associazione di Promozione Sociale, apartitica e senza fini di lucro, iscritta al Registri del Comune di Padova e della Regione Veneto.
Nata nel 2001 a Padova si occupa di inquinamento elettromagnetico a livello locale, regionale e nazionale; ha funzione di coordinamento e sportello informativo per cittadini, comitati spontanei e associazioni localmente impegnate su questo tema.
L’Associazione, che aderisce alla Rete Nazionale No Elettrosmog ha come obiettivi principali:
-         la divulgazione di informazioni tecniche e scientifiche sulle tecnologie che emettono campi
-         elettromagnetici (C.E.M.) e sugli effetti biologici e sanitari conseguenti;
-         la promozione della tutela della salute dell’uomo e dell’integrità dell’ambiente dalle esposizioni ai C.E.M.
APPLE “PROGETTO SCUOLA” PROGETTO EDUCATIVO SULL’ELETTROSMOG.
Un percorso finalizzato alla conoscenza critica ed all’uso ottimale delle tecnologie che emettono campi elettromagnetici, presenti sia all’interno delle abitazioni sia nell’ambiente esterno. Il progetto, rivolto alle scuole primarie e secondarie, può essere sviluppato durante l’anno scolastico, in relazione alle esigenze dei docenti.
L’elettrosmog, come altre forme di inquinamento, è invisibile all’occhio umano, ma non per questo è “meno pericoloso”.
L’uso del telefono cellulare è oggi molto diffuso: lo utilizza il 98% dei giovani tra i 14 e i 19 anni.
Ormai è diventato uno strumento irrinunciabile per comunicare, ma deve essere utilizzato con precauzione.
Alcuni studi epidemiologici recenti documentano un nesso tra uso prolungato del cellulare (e del cordless) e tumori di vario tipo alla testa.
Tali studi indicano che gli effetti dovuti all’uso del cellulare non sono solo di tipo termico (riscaldamento dei tessuti), ma anche di tipo biologico (effetti neurologici – induzione di tumori).
Per questo motivo, nell’uso del cellulare, è indispensabile seguire il PRICIPIO DI PRECAUZIONE, cioè la MINIMIZZAZIONE dell’ESPOSIZIONE.
I telefoni cellulari sono dispositivi che emettono e ricevono onde radio ad alta frequenza (microonde da 900 MHz a 2200 MHz): queste collegano ogni cellulare ad una rete di stazioni radio base, in modo da permettere agli utenti di fare e ricevere chiamate.
E’ possibile conoscere la quantità di energia da radiofrequenza assorbita da un corpo esposto ad un campo elettromagnetico come quello prodotto dal cellulare (o dal cordless).
Questa quantità è espressa in TAS (inglese SAR), ossia Tasso di Assorbimento Specifico. L’unità di misura del TAS (o SAR) è ilWatt/Kg. Il TAS tiene conto del solo effetto termico sui tessuti. A parità di potenza emessa è maggiore per il bambino rispetto all’adulto.
Più il TAS è ridotto, meno radiazioni emette il cellulare.
Controllate le emissioni dei vostri cellulari al momento dell’acquisto, cioè il livello di TAS (SAR) in Watt/kg.
TELEFONA CON IL CERVELLO! 10 REGOLE PER L’USO CORRETTO DEL TELEFONINO
1.    Usa l’auricolare per diminuire l’effetto delle onde elettromagnetiche sulla tua testa (no blue-tooth) o In auto, per legge, devi usare solo il viva voce Oppure usa il viva voce: l’intensità del campo elettromagnetico diminuisce rapidamente con l’aumentare della distanza!
2.    Evita le lunghe telefonate, alterna spesso l’orecchio durante le conversazioni e limitane drasticamente la durata (alcuni minuti); quando fai una chiamata aspetta che ti rispondano prima di avvicinare il cellulare all’orecchio.
3.    Telefona quando c’è pieno campo (tutte le “tacche”) altrimenti il tuo cellulare aumenta la potenza delle emissioni sul tuo orecchio.
4.    Durante la notte non tenere il cellulare acceso sul comodino o, peggio, sotto il cuscino (le onde elettromagnetiche disturbano il sonno). Non ricaricarlo vicino al letto!
5.    Durante il giorno non tenere il telefonino acceso in tasca o a contatto con il corpo: appena puoi riponilo sul tavolo, negli indumenti appesi, nella borsa o nello zaino.
6.    Non tenere il cellulare acceso negli ospedali o dove sono presenti apparecchiature elettromedicali, sugli aerei ed in presenza di persone con dispositivi quali pacemaker o apparecchi acustici.
7.    Al cinema, a teatro, a SCUOLA tieni il cellulare spento e utilizza l’opzione segreteria. Il cellulare a SCUOLA è VIETATO dalla legge!
8.    L’uso del cellulare da parte dei bambini dovrebbe essere limitato alle sole chiamate di emergenza!
9.    Quando acquisti un cellulare nuovo informati sul livello delle sue emissioni (TAS in Watt/kg, l’intensità di campo elettrico in V/m).
10. All’interno degli edifici il cellulare aumenta la sua potenza di emissione: nei luoghi chiusi cerca di usare la rete telefonica fissa (non il cordless).

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From: Senzapatria News anarres56@tiscali.it
To:
Sent: Sunday, October 21, 2012 7:05 AM

Subject: ILVA DI TARANTO: NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA


ILVA DI TARANTO: NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA

6 ottobre 2012
Da Umanità Nova n.30 del 7 ottobre 2012.

La vicenda dell’Ilva di Taranto è solo la punta di un iceberg che ha portato alla luce, in maniera definitiva e radicale, il grande problema che il mondo del lavoro si porta dietro da qualche decennio ovvero: la totale assenza di un punto di vista di parte o, meglio, di classe che metta la produzione industriale al servizio dei bisogni delle popolazioni e non a quella del capitale e del profitto sempre e a qualunque costo.
Se si entra nello specifico della vicenda Ilva, si può capire come gli intrecci tra politica, industriali, media e sindacati “governativi” sia l’espressione di una cornice di valori e di un progetto sociale che è mefitico per gli abitanti di Taranto come per tutto il resto del paese. Il fatto, poi, che debba essere la magistratura a scoperchiare il malaffare e porre sigilli, andando di fatto a commissariare la politica e l’economia nazionale, è il risultato di una logica economica e sociale perversa che scambia lavoro e salute, qualunque sia il costo sociale che questa rappresenta. Così è avvenuto per alcuni casi più recenti dove a pagare caro il prezzo del rapporto capitale-lavoro sono stati, ancora una volta, i lavoratori e i territori che “ospitano” grandi siti produttivi: Casale Monferrato con l’Eternit, la Thyssenkrupp di Torino con la sua, colpevole e dolosa, negligenza in merito alla sicurezza sul lavoro, ma anche la stessa Val Susa dove si criminalizza un intero territorio accusandolo di voler bloccare posti di lavoro e sviluppo mentre dall’altra parte, pur consapevoli delle quantità d’amianto che si sprigionerebbe nell’aria, si mette in pericolo la salute e l’economia, in prospettiva, di un intera valle. Questi esempi solo per citare i casi più eclatanti e noti, ma non dimentichiamo i numerosi siti produttivi medio-piccoli dove sicurezza e rispetto per la salute e l’ambiente sono messi da parte a discapito del profitto.
Nello specifico tarantino mai come in queste ore stiamo assistendo ad una vera e propria divaricazione sociale – non a caso definita “frattura” in un documento subito stigmatizzato dalla politica tradizionale – che vede contrapposti – in una dinamica sociale nuova per il nostra paese – esigenze e metodi di lotta che, per alcuni versi, ci riportano alle esperienze dell’azione diretta in auge in terra di Puglia fino alla metà degli anni ‘60. Infatti a fronte di un, progressivo, arretramento della Fiom (finora apertamente schierata con Uilm e Fim e … con la proprietà) acquista sempre maggior forza e consapevolezza il movimento che si riconosce nel comitato spontaneo nato il 30 luglio scorso che ha apertamente contestato i vertici confederali nella “storica” giornata del 2 agosto scorso.
Emblematico in questo contesto la posizione assunta dal Comitato di cittadini e lavoratori liberi e pensanti nei confronti delle 44 ore di sciopero proclamate – in queste ore – dalla Fim Cisl e dalla Uilm da cui la Fiom si è dissociata e la USB l’ha bollata di protesta “telecomandata” dal padronato. Di fronte ai blocchi stradali che penalizzano la città immediatamente posti in essere da queste forze il comitato ha risposto bloccando l’ingresso C a tutti i mezzi in entrata ed in uscita con il dichiarato intento di bloccare la produzione (e danneggiare Riva) piuttosto che nuocere alla città.
Ma è chiaro che in questo clima di scontro – creato ad arte da alcune forze sociali che temono di perdere i privilegi fin qui acquisiti – le opinioni e le aspirazioni di chi intende andare fino in fondo nella difesa intransigente del diritto alla salute e di quello al lavoro – anche a costo della chiusura degli impianti con la, conseguente, perdita dell’unica fonte certa di reddito – appaiono un po’ spente e, sicuramente, soffocate dal gran chiasso mediatico che – sulla vicenda Ilva – si sta facendo in queste ore.
Quella che si sta consumando a Taranto, dunque, non è solo la cristallizzazione “plastica” del conflitto tra capitale e vita sociale sostenibile.
Non è solo la denuncia e cacciata dei sindacati filopadronali dalla fabbrica e dalla piazza. Quello che sta accadendo a Taranto è molto di più. E’ la comunità del rione Tamburi, i precari, i disoccupati e in prima battuta gli operai della fabbrica stessa, che rifiutano di farsi schiacciare ancora una volta da un ricatto occupazionale intollerabile e cercano di rovesciarlo. Ricatto che quando l’Ilva si chiamava Italsider e le morti che portava a Taranto avevano il marchio dello Stato, era ordito dal pubblico (lo stessa gestione pubblica che ha segnato i sogni, gli orizzonti, il colore del cielo e persino l’urbanistica di una Taranto che sembra uscita da una cartolina del socialismo reale) e ora invece, dopo la svendita della fabbrica, continua a essere attuato dal privato, una gestione comunque capace di speculare anche sugli aiuti dello Stato, grazie a finanziamenti di bonifiche più volte erogati, ma mai realizzate. E’ la caduta, in ultima istanza, dell’elemento centrale che in Italia ha tenuto in piedi per decenni forza padronale e rappresentanza sindacale e che ha depotenziato i conflitti sociali e le battaglie per la costruzione di un welfare degno di questo nome: l’apologia del lavoro, l’ossessione salariale, la paranoia da piena occupazione. Una caduta pesante, simbolicamente ma anche praticamente. E’ una caduta che innervosisce e fa perdere lucidità alla controparte (in primis ovviamente la controparte più vicina alla linea di frattura sociale) che inizia a dare patenti di “parassitismo sociale” con parole che sembrano formulate dal peggior Emilio Fede su TG4 (cfr. Landini su Repubblica) e arriva, ovviamente e puntualmente, alla repressione (più di quaranta compagni denunciati per aver spostato qualche transenna e urlato qualche slogan nella contestazione del 2 agosto scorso in piazza della Vittoria).
Per questo il messaggio di rottura sociale è arrivato forte e chiaro: reddito e diritti contro il ricatto occupazionale, senza accettare fallimentari elargizioni caritatevoli (vedi qualche misera e becera legge regionale sperimentata in Campania o nel Lazio e che, a quanto pare, si intenderebbe estendere anche alla vicenda Alcoa) o dispositivi mediati dai sindacati di cassa integrazione.
Le prossime ore e giorni saranno cruciali per capire quali strumenti saranno utilizzati nei confronti dei “non allineati” per indurli a più miti consigli ma una cosa si può affermare fin da subito e non è una frase fatta ma la pura realtà: da oggi a Taranto, e non solo, nulla sarà più come prima.

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Da: COBAS Ravenna cobasravenna@libero.it
Data: 23/10/2012 11.56
A:
Ogg: TARANTO: DRAMMATICI DATI - L'APPELLO DELLA RETE NAZIONALE

ILVA, PEGGIORANO I DATI SULLA MORTALITA’ NELLE DONNE MAXI-AUMENTO DEI TUMORI
La mortalità a Taranto è più alta rispetto al resto della regione del 14 per cento per gli uomini e dell'8 per cento per le donne, mentre si ammalano di tumore il 30 per cento in più degli uomini e il 20 per cento in più delle donne rispetto al resto della provincia. Sono i dati contenuti nel Progetto Sentieri dell'Istituto superiore della sanità sui siti inquinati relativi agli anni 2003-2009. Nelle donne l'incidenza dei tumori è più alta con dati che oscillano tra il 24 e il 100 per cento, mentre per gli uomini rispetto alla media della provincia le possibilità di morire di tumore aumentano fino al 419 per cento. E nei bambini crescono le malattie nel primo anno di vita. “Dai risultati presentati emerge con chiarezza uno stato di compromissione della salute della popolazione residente a Taranto”, scrive il ministero della Salute.
Il più 11 per cento si riferisce all'eccesso di mortalità rilevato a Taranto rispetto alle aspettative di morte di tutti i cittadini residenti in Puglia.
Si tratta di un dato ricavato dalla media tra l'eccesso di mortalità del 14 per cento registrato tra gli uomini e quello dell'8 per cento rilevato nelle donne nel periodo tra il 2003 e il 2009.
Per gli uomini l'eccesso di mortalità per tutte le cause nel periodo che va dal 2003 al 2009 rispetto alla media regionale è del 14 per cento. Per tutti i tumori è più 14, per cento malattie circolatorie 14 per cento, malattie respiratorie c'è un eccesso del 17 per cento, per i tumori polmonari si raggiunge il più 33 per cento e c'è un più 419 per cento di mesoteliomi pleurici. Rispetto al resto della provincia, invece, per gli uomini che vivono tra Taranto e Statte si registra un più 30 per cento di tumori. Nel dettaglio c'è un più 50 per cento del tumore maligno del polmone, più 100 per cento per il mesotelioma e per i tumori maligni del rene e delle altre vie urinarie (esclusa la vescica), più 30 per cento per il tumore della vescica e per i tumori della testa e del collo, più 40 per cento per il tumore maligno del fegato, del 60 per cento per il linfoma non Hodgkin, del 20 per cento per il tumore maligno del colon retto e quello della prostata e al 90 per cento per il melanoma cutaneo.
Per le donne a Taranto invece è stato rilevato un eccesso di mortalità rispetto al resto della regione per tutte le cause nel periodo tra il 2003 e il 2009 dell'8 per cento. I decessi legati ai tumori sono più 13 per cento, per le malattie circolatorie più 4 per cento, per i tumori polmonari più 30 per cento e per il mesotelioma pleurico più 211 per cento.
In particolare, rispetto però stavolta ai dati della provincia nel sito di Taranto e Statte si registra un incremento totela dei tumori del 20 per cento e nello specifico dei tumori al fegato (+75%), linfoma non Hodgkin (+43%), corpo utero superiore (+80%), polmoni (+48%), tumori allo stomaco (+100%), tumore alla mammella (+24%).
I bambini si registrano incrementi significativi di contrazione malattie per tutte le cause nel primo anno di vita.

L'APPELLO DELLA RETE NAZIONALE
La Rete ha deciso di organizzare un convegno nazionale a Taranto che definisca anche tramite dibattito, analisi, confronto,tra tutti i partecipanti la piattaforma e data di una possibile manifestazione nazionale nel fuoco della lotta in corso a Taranto e in stretto rapporto con gli operai Ilva-indotto e le realtà territoriali in lotta. Il convegno promosso dalla Rete sarà aperto a tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che vogliano contribuirvi, a Taranto come a livello nazionale.
Il Convegno si terrà ai primi di dicembre.
La Rete si assume le sue responsabilità di ridare a tutti uno strumento nazionale di elaborazione e lotta, a partire - come è già stato per Testo Unico, Thissenkrupp, Ilva, strage di Molfetta, rapporto precarietà/morti sul lavoro, ecc. - dalla questione più calda oggi: l'Ilva di Taranto, dimostrando sul campo, con il convegno nazionale e la possibile manifestazione nazionale, l'indispensabile necessità di questo strumento.

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO
Roma 6 ottobre 2012

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