sabato 28 aprile 2012

SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS ! - NEWSLETTER N.109 DEL 27/04/12


la newsletter n.109 del 27/04/12 di "Sicurezza sul lavoro ! - Know Your rights !".



In questo numero:

-         Controllo e manutenzione dei mezzi di estinzione antincendio
(seconda parte)

-         Sicurezza sul lavoro, nessuna buona notizia

-         Il difficile ruolo del RLS

-         Amianto: confermata la condanna all'ex ad della Fibronit "fabbrica
della morte"

-         Formigoni va cacciato con la sua cricca di Comunione e Liberazione



Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste
notizie a diffonderle in tutti i modi.



La diffusione è gradita e necessaria. L' obiettivo è quello di diffondere il
più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei
lavoratori a tale proposito.



L' unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la
fonte:

"Marco Spezia - sp-mail@libero.it"

DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !



Marco Spezia

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO



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CONTROLLO E MANUTENZIONE DEI MEZZI DI ESTINZIONE ANTINCENDIO (SECONDA PARTE)

LE CONSULENZE DI SICUREZZA - KNOW YOUR RIGHTS ! - N.23 - 2



Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA - KNOW YOUR RIGHTS !
è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno
richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che
per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a
fare chiarezza sui diritti del lavoratori.

Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di
leggere le mie newsletters, queste consulenze.

Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un'utile
fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili
o analoghi.

Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle
persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.

In questo caso, vista la lunghezza e la complessità dell' argomento
(attività di controllo e manutenzione dei mezzi di estinzione antincendio:
estintori portatili, idranti e naspi) ho diviso il documento in due parti.

La prima (pubblicata nella precedente newsletter) è relativa a:

-         obblighi legislativi ai sensi del D.Lgs.81/08;

-         obblighi legislativi ai sensi del D.M.10/03/98.

La seconda (questa) sarà relativa a:

-         norme tecniche per controlli e verifiche su estintori;

-         norme tecniche per controlli e verifiche su idranti e naspi;

-         requisiti delle ditte incaricate dei controlli e delle
manutenzioni.



Marco Spezia





QUESITO

Ciao Marco,

ho bisogno di delucidazioni in merito a controllo e revisioni su estintori e
idranti.

Quali sono gli obblighi a carico del datore di lavoro secondo il Testo Unico
?

Ci sono delle norme tecniche che definiscono in dettaglio i controlli da
fare ?

Grazie



RISPOSTA

Ciao,

a seguire mia relazione tecnica sugli obblighi a carico del datore di lavoro
relativamente alle attività di controllo e revisione finalizzate alla
verifica del mantenimento in efficienza dei mezzi di estinzione incendio
presenti in azienda.

La trattazione è abbastanza complessa, perché tali attività sono regolate da
normativa generale di tutela della sicurezza (D.Lgs.81/08), da normativa
specifica relativa alla tutela antincendio (D.M.10/03/98), da norme tecniche
specifiche.

Marco



ATTIVITA' DI CONTROLLO E MANUTENZIONE DEI MEZZI DI ESTINZIONE ANTINCENDIO
(ESTINTORI PORTATILI, IDRANTI E NASPI)



NORME TECNICHE PER DEFINIRE I CONTENUTI DI SORVEGLIANZA E CONTROLLO



Come visto in precedenza l' articolo 4 del D.M.10/03/98 specifica che:

"Gli interventi di manutenzione ed i controlli sugli impianti e sulle
attrezzature di protezione antincendio sono effettuati nel rispetto delle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle norme di buona
tecnica emanate dagli organismi di normalizzazione nazionali o europei".

Ciò significa che tali attività non possono essere eseguite a discrezione
del datore di lavoro dell' azienda o dei tecnici delle ditte incaricate
della manutenzione, ma devono seguire rigidi protocolli definite da norme
tecniche.



ESTINTORI

Per gli estintori la norma tecnica di riferimento italiana è la norma UNI
9994:2003 "Apparecchiature per estinzione incendi - Estintori di incendio -
Manutenzione".

Tale norma prevede 4 distinte fasi di manutenzione:

-         sorveglianza (punto 5.1 della norma);

-         controllo (punto 5.2 della norma);

-         revisione (punto 5.3 della norma);

-         collaudo (punto 5.3 della norma).

Sorveglianza degli estintori

Tale attività, secondo la norma, non ha una periodicità obbligatoria. Per
alcuni aspetti (presenza e visibilità dell' estintore) si potrebbe
considerare continua, nel senso che ogni anomalia di questo tipo dovrebbe
essere segnalata. Si consiglia comunque una periodicità della sorveglianza
almeno mensile.

La sorveglianza deve essere eseguita da personale interno all'azienda,
possibilmente con competenza e ruoli di responsabilità (dirigenti, preposti
e/o addetti al servizio antincendio) e i suoi risultati devono essere
annotati nel Registro antincendio.

Secondo la norma, occorre verificare, per ogni estintore presente in
azienda, che:

-         l'estintore sia presente e segnalato con apposito cartello;

-         l'estintore sia chiaramente visibile, immediatamente utilizzabile
e l'accesso allo stesso sia libero da ostacoli;

-         l'estintore non sia manomesso;

-         i contrassegni distintivi siano esposti a vista e siano ben
leggibili;

-         l'indicatore di pressione (se presente) indichi un valore di
pressione compreso all'interno del campo verde

-         l'estintore non presenti anomalie (ugelli ostruiti, perdite,
tracce di corrosione, sconnessioni, ecc.);

-         l'estintore sia esente da danni alle strutture di supporto ed alla
maniglia di trasporto e se carrellato abbia le ruote funzionanti;

-         il cartellino di manutenzione sia presente sull'apparecchio e
correttamente compilato.

Tutte le eventuali anomalie riscontrate devono essere subito eliminate da
parte della persona che effettua il controllo, del servizio di manutenzione
o se necessario da ditta esterna abilitata.

Controllo degli estintori

Tale attività, secondo la norma, ha una periodicità obbligatoria di 6 mesi.

Il controllo deve essere eseguito da ditta esterna abilitata e i suoi
risultati devono essere annotati nel Registro antincendio (in alternativa si
può allegare al Registro il rapporto di lavoro rilasciato dalla ditta
esterna).

Secondo la norma, per ogni estintore presente in azienda occorre eseguire i
seguenti interventi:

-         verifica (ed eventuale ripristino) delle pressioni di carica;

-         verifica dello stato generale (ammaccature, corrosione, efficienza
carrello, presenza spinotto

-         sicurezza, stato delle tubazioni, ecc);

-         verifica della identificazione e dell' accessibilità;

-         verifica che gli ugelli siano liberi.

Revisione degli estintori

Tale attività, secondo la norma, prevede la sostituzione completa della
carica estinguente e ha una periodicità obbligatoria variabile in funzione
del tipo di carica.

La revisione deve essere eseguita da ditta esterna abilitata e i suoi
risultati devono essere annotati nel Registro antincendio (in alternativa si
può allegare al Registro il rapporto di lavoro rilasciato dalla ditta
esterna).

La periodicità richiesta dalla norma per la sostituzione della carica degli
estintori è la seguente:

-         18 mesi per estintori idrici a schiuma;

-         36 mesi per estintori a polvere;

-         60 mesi per estintori a CO2 e ad azoto.

Collaudo estintori

Tale attività, secondo la norma, consiste in una prova idraulica in
pressione atta a verificare, la stabilità dell'involucro.

In pratica il collaudo riguarda il solo involucro metallico esterno dell'
estintore ("bombola") per verificarne la resistenza allo scoppio e consiste
nel mantenere in pressione l' involucro per un certo tempo e una certa
pressione (variabile in funzione del tipo e delle dimensioni dell'
estintore), controllandone infine l' integrità strutturale.

Il collaudo deve essere eseguito da ditta esterna abilitato e i suoi
risultati devono essere annotati nel Registro antincendio (in alternativa si
può allegare al Registro il rapporto di lavoro rilasciato dalla ditta
esterna).

La periodicità richiesta dalla norma per il collaudo è:

-         estintori a CO2: frequenza stabilita dalla legislazione vigente in
materia di gas compressi e liquefatti: 10 anni;

-         altri estintori non conformi alla Direttiva "Recipienti in
pressione" 97/23/CE (cioè estintori non marcati CE): 6 anni

-         altri estintori conformi alla Direttiva "Recipienti in pressione"
97/23/CE (cioè estintori marcati CE): 12 anni

La data di collaudo e la pressione di prova devono essere riportate
sull'estintore in modo ben leggibile, indelebile e duraturo.



NASPI E IDRANTI

Per i naspi e gli idranti la norma tecnica di riferimento italiana è la
norma UNI 10779:2007 "Impianti di estinzione incendi - Reti di idranti -
Progettazione, installazione ed esercizio", che al punto 10 descrive le
attività da svolgere per l' esercizio e verifica, cioè per la sorveglianza,
manutenzione e verifica periodica degli impianti a reti di idranti.

Tale punto richiama a sua volta le seguenti norme:

-         UNI EN 671-1:2003 "Sistemi fissi di estinzione incendi - Sistemi
equipaggiati con tubazioni - Naspi antincendio con tubazioni semirigide";

-         UNI EN 671-2:2004 "Sistemi fissi di estinzione incendi - Sistemi
equipaggiati con tubazioni - Parte 2: Idranti a muro con tubazioni
flessibili";

-         UNI EN 671-3:2009 "Sistemi fissi di estinzione incendi - Sistemi
equipaggiati con tubazioni - Parte 3: Manutenzione dei naspi antincendio con
tubazioni semirigide e idranti a muro con tubazioni flessibili".

Sorveglianza di naspi e idranti

Tale attività, secondo la norma, consiste nella verifica delle
apparecchiature quanto ad integrità,completezza dell'equipaggiamento e
possibilità di accesso, nei periodi che intercorrono fra due manutenzioni
periodiche.

La sorveglianza non ha una periodicità obbligatoria. Per alcuni aspetti
(presenza e visibilità di idranti e naspi) si potrebbe considerare continua,
nel senso che ogni anomalia di questo tipo dovrebbe essere segnalata. Si
consiglia comunque una periodicità della sorveglianza almeno mensile.

La sorveglianza deve essere eseguita da personale interno all'azienda,
possibilmente con competenza e ruoli di responsabilità (dirigenti, preposti
e/o addetti al servizio antincendio) e i suoi risultati devono essere
annotati nel Registro antincendio.

La norma non specifica in dettaglio quali controlli eseguire. In analogia
con quanto previsto per gli estintori si ritiene comunque necessario almeno
verificare, per ogni idrante o naspo presente in azienda, che:

-         l'idrante o naspo sia presente e segnalato con apposito cartello;

-         l'idrante o naspo sia chiaramente visibile, immediatamente
utilizzabile e l'accesso allo stesso sia libero da ostacoli;

-         l'idrante o naspo non sia manomesso;

-         i contrassegni distintivi siano esposti a vista e siano ben
leggibili;

-         l'idrante o naspo non presenti evidenti anomalie o mancanze della
dotazione (tubazione flessibile, lancia, chiavi di manovra);

-         il cartellino di manutenzione sia presente e correttamente
compilato.

Tutte le eventuali anomalie riscontrate devono essere subito eliminate da
parte della persona che effettua il controllo, del servizio di manutenzione
o se necessario da ditta esterna abilitata.

Manutenzione di naspi e idranti

Tale attività, secondo la norma, ha una periodicità obbligatoria di 6 mesi.

La manutenzione deve essere eseguita da ditta esterna abilitata e i suoi
risultati devono essere annotati nel Registro antincendio (in alternativa si
può allegare al Registro il rapporto di lavoro rilasciato dalla ditta
esterna).

Secondo la norma, occorre diversificare gli interventi a seconda del
semestre.

Nel primo semestre, per ogni idrante o naspo presente in azienda, occorre
eseguire i seguenti interventi:

-         stendere il tubo e controllare che i dispositivi non siano
ostruiti e non presentino danni o corrosioni;

-         verificare che la collocazione sia marcata in modo chiaro
(presenza cartello segnalatore);

-         verificare che le staffe per il montaggio a parete siano fisse e
stabili;

-         verificare la pressione statica con apposito strumento di misura;

-         verificare che il manometro (se esistente) si trovi nella gamma
operativa;

-         verificare che l'avvolgitore o l'impianto per tubi, compresi i
tubi, non sia danneggiato;

-         verificare che le fascette stringi tubi o i legamenti siano
fissati in modo sicuro;

-         verificare che gli avvolgitori o i sistemi pilotanti girino
liberamente;

-         verificare che le valvole manuali o automatiche di chiusura
funzionino regolarmente;

-         verificare che le valvole di chiusura siano in posizione chiusa;

-         verificare che l'armadio non sia danneggiato e i suoi sportelli si
aprano facilmente;

-         verificare che le lance non siano danneggiate e siano facilmente
utilizzabili;

Nel secondo semestre, per ogni idrante o naspo presente in azienda, occorre
eseguire i seguenti interventi:

-         tutti quelli previsti per il primo semestre;

-         testare le tubazioni alla pressione di rete (il tubo deve essere
steso e pressurizzato), controllando eventuali perdite in ogni punto
dell'avvolgitore per tubi o dell'impianto per tubi;

-         sostituire la tubazione se il rivestimento del tubo o la copertura
presenta segni di incrinature;

-         testare i tubi e le connessioni flessibili all'ingresso alla
pressione di rete.

Collaudo di naspi e idranti

Tale attività, secondo la norma, ha una periodicità obbligatoria di 5 anni.

Il collaudo deve essere eseguito da ditta esterna abilitata e i suoi
risultati devono essere annotati nel Registro antincendio (in alternativa si
può allegare al Registro il rapporto di lavoro rilasciato dalla ditta
esterna).

Secondo la norma, per ogni idrante o naspo presente in azienda, occorre
eseguire i seguenti interventi:

-         tutti gli interventi previsti per la manutenzione semestrale;

-         esame generale dell'intero impianto comprese le alimentazioni,
avente come particolare oggetto la capacità e tipologia delle alimentazioni,
le caratteristiche delle pompe (se previste), i diametri delle tubazioni, la
spaziatura degli idranti/naspi, i sostegni delle tubazioni;

-         prova idrostatica delle tubazioni ad una pressione di almeno 1,5
volte la pressione di esercizio dell'impianto con un minimo di 1,4 MPa per 2
ore;

-         collaudo delle alimentazioni;

-         verifica del regolare flusso nei collettori di alimentazione,
aprendo completamente un idrante/naspo terminale per ogni ramo principale
della rete a servizio di due o più idranti/naspi;

-         verifica delle prestazioni di progetto con riferimento alle
portate e pressioni minime da garantire, alla contemporaneità delle
erogazioni, e alla durata delle alimentazioni.



REQUISITI / ABILITAZIONI PER LE DITTE DI MANUTENZIONE / COLLAUDO ESTERNE

L' ultimo capoverso del Punto 6.4 dell' Allegato VI del D.M.10/03/98
specifica che:

"L'attività di controllo periodica e la manutenzione deve essere eseguita da
personale competente e qualificato".

Attualmente per le attività di verifica periodica e di manutenzione di
estintori e idranti non sono definiti criteri per abilitare le ditte esterne
a tale tipo di attività, né i requisiti formativi per attestare che il
personale delle ditte sia competente e qualificato.

E' pertanto sufficiente che tali ditte indichino nella visura camerale
depositata presso la Camera di Commercio Industria, Artigianato, Agricoltura
(CCIAA) tra le attività svolte, anche quella di manutenzione e collaudo
estintori.

Ovviamente è obbligo del datore di lavoro che affida a ditte esterne le
attività di verifica periodica e di manutenzione, verificare che esse siano
effettivamente in grado di eseguire tali attività secondo le norme tecniche
richiamate, mediante, ad esempio, verifica di:

-         dimensioni e organizzazione della ditta;

-         possesso di attrezzature adeguate all' esecuzione delle attività;

-         portfolio clienti;

-         certificazione ISO 9001.





CONCLUSIONI

Ai fini del mantenimento in efficienza dei mezzi di estinzione incendi quali
estintori, idranti e naspi il datore di lavoro è obbligato, ai sensi del
D.Lgs.81/08 e del D.M.10/03/98 a:

-         fare eseguire da propri dipendenti (adeguatamente informati e
formati) attività di sorveglianza continua o con frequenza almeno mensile
sullo stato dei mezzi di estinzione (presenza, accessibilità, danni
evidenti);

-         fare eseguire da ditte abilitate semestralmente attività di
controllo e di minuta manutenzione dei mezzi di estinzione;

-         fare eseguire da ditte abilitate con periodicità maggiori attività
di collaudo e di manutenzione radicale / sostituzione dei mezzi di
estinzione;

-         fare eseguire le attività di sorveglianza, controllo e
manutenzione dei mezzi di estinzione secondo norme di buona tecnica (UNI
9994:2003 per gli estintori e UNI 10779:2007 per idranti e naspi);

-         fare annotare tutte le attività di sorveglianza, controllo e
manutenzione sul Registro antincendio della azienda;

-         verificare l' idoneità della ditta esterna incaricata del
controllo e della manutenzione dei mezzi di estinzione relativamente al
rispetto di quanto stabilito dal D.M.10/03/98 e dalle norme di buona tecnica
relative.



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SICUREZZA SUL LAVORO, NESSUNA BUONA NOTIZIA



Da: http://www.articolo21.org



di Carlo Soricelli

Metalmeccanico in pensione e curatore dell'Osservatorio Indipendente di
Bologna morti sul lavoro.



Il giorno 28 aprile sarà la giornata mondiale della Sicurezza sul Lavoro, un
giorno sui cui riflettere e cercare di comprendere, nella sua complessità,
il triste fenomeno delle morti per infortunio sul lavoro in Italia.

Dal 1 gennaio 2008, dopo la tragedia della Thyssenkrupp di Torino in cui
morirono bruciati vivi sette operai, ho dedicato buona parte del mio tempo
libero all'Osservatorio Indipendente di Bologna per monitorare i morti sul
lavoro in Italia.

In poco tempo di raccolta dei dati delle vittime come la loro attività, età,
luogo dell'evento, mi sono accorto della disinformazione e del
pressapochismo con i quali vengono affrontate queste tragedie da parte di
tutti gli organi competenti e dell'informazione.

Sul fenomeno ci sono molti luoghi comuni e purtroppo anche tanti interessi
economici.

Dal mio osservatorio privilegiato posso affermare, documenti alla mano, che
non è affatto vero che i morti sul lavoro stanno calando, solo tra il 2008 e
il 2009 abbiamo registrato un leggero calo mentre nel 2011 l'aumento è stato
dell'11,5% rispetto al 2010 e l'anno scorso sono stati superati sui luoghi
di lavoro addirittura i morti del 2008. Nel 2011 sono morti sui luoghi di
lavoro oltre 650 lavoratori, più di 1100 aggiungendo quelli deceduti sulle
strade e in itinere; 139 agricoltori sono morti schiacciati dal trattore e
in questa categoria si supera il 30% di tutti i morti sul lavoro se si
considerano anche altre cause di decesso per infortunio.

Quando penso a queste morti mi viene una grande rabbia. Basterebbero pochi
lavori mirati sulla cabina dei vecchi trattori senza protezioni, che
impediscono al guidatore di essere sbalzato fuori in caso di manovra errata,
per salvare la maggior parte degli agricoltori. Purtroppo il nostro
Parlamento è impegnato in cose ben più importanti della tutela dei propri
cittadini. Occorrerebbe anche sottoporre ad una visita medica d'idoneità chi
si mette alla guida ad una certa età: i trattori sono "mostri" che non
perdonano il più piccolo errore e il territorio in gran parte collinare del
nostro paese con i riflessi poco pronti sono componenti micidiali.

Un'altra categoria che paga un prezzo elevatissimo di sangue è l'edilizia
La maggior parte degli edili muore cadendo dall'alto ed a morire sono quasi
tutti stranieri o meridionali, anche nei cantieri del centro-nord. Le
vittime lavorano in piccole e piccolissime aziende dove è difficile vedere
indossare anche il casco. Gli stranieri morti per infortuni sul lavoro sono
oltre il 13% del totale. Questi  lavoratori spesso non parlano l'italiano e
non conoscono neppure le più semplici norme di autotutela. In questo caso
occorrerebbe l'obbligo di frequenza a corsi sulla sicurezza e un esame
d'idoneità prima di impiegarli in lavori pericolosi. Qualche volta è
l'artigiano proprietario dell'impresa a morire per infortunio. Noto spesso,
da parte di chi ha altri interessi, il tentativo di scaricare sui lavoratori
la responsabilità delle tragedia. Ma il proprietario o il superiore che
spesso lavora con la vittima è responsabile della sua integrità fisica ed ha
l'obbligo di far indossare le protezioni, pena anche il licenziamento degli
inadempienti. Ma ciò, oltre ad avere un costo, rallenta i lavori e quindi si
preferisce trascurare l'aspetto della sicurezza per accelerare i lavori e
aumentare il margine di guadagno.

I morti nelle fabbriche sono intorno al 10% sul totale: anche
nell'industria, come nei cantieri, a morire sono soprattutto lavoratori di
aziende artigiane, dove il sindacato non è presente. Nei grandi cantieri e
nelle fabbriche dove c'è un responsabile della Sicurezza le morti per
infortuni si contano sulle dita di una mano, nonostante gli addetti siano
milioni. Numerosi sono anche i morti nei servizi all'impresa. Spesso si ha
un controllo molto efficace sulla sicurezza tra i dipendenti, ma nessuno tra
i lavoratori esterni e gli artigiani chiamati a svolgere lavori di
manutenzione.

Purtroppo anche quest'anno assistiamo ad un numero elevatissimo di morti,
siamo già ad oltre 150 dall'inizio dell'anno solo sui luoghi di lavoro, e
oltre 300 contando i decessi sulle strade e in itinere.

Le statistiche ufficiali ci dicono che anche il 2011 è stato "migliore" del
2010, con un calo dei morti sul lavoro rispetto al 2010 di oltre il 4%, cosa
non vera, anche sui morti sul lavoro si tira la coperta dove fa più comodo.
C'è da chiedersi come mai l'Osservatorio Indipendente di Bologna registra
molti morti in più, mentre le statistiche ufficiali mediamente il 15% in
meno tutti gli anni. Su questo punto occorre fare la massima chiarezza.  Il
calo dei morti per infortuni sul lavoro registrato dalle statistiche
ufficiali, ma non dall'Osservatorio è sulle strade e in itinere, ma non sui
luoghi di lavoro, e questo non per una migliore prevenzione, ma per merito
di automobili tecnologicamente più sicure che per fortuna vengono comprate
anche dai lavoratori una volta rottamate le vecchie. Questo significa che in
realtà i controlli sui posti di lavoro sono diminuiti e i morti aumentati, e
che nessuno può esultare per un risultato positivo che non esiste.

L'Osservatorio Indipendente di Bologna segnala come morti sul lavoro tutti i
lavoratori che muoiono mentre lavorano, indipendentemente da chi sono, dal
lavoro che svolgono e dalla loro posizione assicurativa. L'INAIL
probabilmente considera morti sul lavoro solo i suoi assicurati: non sono
assicurati all'INAIL i tantissimi agricoltori che muoiono in tarda età e già
pensionati che rimangono schiacciati dal trattore, chi lavora in nero, i
militari ecc. Non sono inseriti tra le vittime i contenziosi, fino alla
conclusione del processo che quasi sempre dura anni.  In pratica noi
registriamo tutti gli anni oltre un centinaio di morti sui luoghi di lavoro
in più.

I morti sul lavoro in "nero" meritano un approfondimento particolare, spesso
sono lavoratori sfruttati da terzi. Qualche volta ci sono anche tentativi di
far passare l'infortunio mortale come una disgrazia avvenuta altrove. Ma in
diversi casi sono la faciloneria e l'improvvisazione le causa della morte di
tanti che lavorano in "nero". Ad esempio spesso accade che si chiamino
parenti, amici e conoscenti "esperti" per fare lavori di potatura di alberi
che poi travolgono i malcapitati, oppure ci si improvvisa muratori e si cade
dai tetti, oppure guidando trattori come già evidenziato in precedenza, e si
potrebbe continuare con innumerevoli altre situazioni. Chi commissiona
questi lavori non si rende conto delle gravissime conseguenze a cui va
incontro in caso d'infortunio mortale.

Come si evince il fenomeno è molto complesso e con molte sfaccettature.

Tra pochi giorni ci sarà il 1° maggio, il giorno di festa dei Lavoratori, ma
credo che ci sia poco da festeggiare. Un governo classista, non eletto dai
cittadini, appoggiato da partiti di destra, di centro e di sinistra, ha
preso misure a senso unico per risanare il paese: è stata bloccata la
contingenza sulle pensioni superiori a 100 euro, stravolta la normativa
sull'Articolo 18 che rende più facili i licenziamenti senza giusta causa,
reintrodotta una tassa sulla prima casa e triplicata quella per le seconde,
una tassa che non distingue tra chi possiede una casetta di montagna
ereditata dai genitori e chi ha decine d'appartamenti in affitto e che
scaricherà l'aumento sugli inquilini.

Per il 10% degli italiani che hanno visto aumentare la ricchezza a dismisura
in questi ultimi anni non è stata introdotta nessuna patrimoniale. Ma la
misura che più fa arrabbiare è il notevole allungamento dell'età per avere i
requisiti per andare in pensione, non facendo nessuna distinzione tra chi
svolge lavori faticosi e pericolosi e chi lavora con un computer. Lavorare
fino a 65 anni ed oltre, con riflessi poco pronti e non in perfetto stato di
salute, nelle fonderie, nelle officine, sui tetti o alla guida di un
trattore provocherà un forte aumento delle morti sul lavoro e questo accadrà
con la colpevole complicità di quasi tutti i nostri parlamentari.


Per approfondimenti:

http://cadutisullavoro.blogspot.com



26 aprile 2012



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IL DIFFICILE RUOLO DEL RLS



Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it



La partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti all'opera di
prevenzione all'interno delle aziende.



Pubblichiamo l'intervento del Dr. Beniamino Deidda procuratore generale di
Firenze all'assemblea degli RLS della Filcams CGIL tenuta a Firenze il 29
Novembre 2011



Credo che questa giornata costituisca una buona occasione per fare il punto
sull'efficacia della partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
all'opera di prevenzione all'interno delle aziende. Voglio ricordare che
fino a non molto tempo fa i settori del commercio del turismo e dei servizi
veniva tradizionalmente ritenuto privo di grossi rischi per i lavoratori.
Non so se ci sia mai stato un tempo nel quale questa convinzione trovava
riscontro nella realtà. Certo è che oggi le condizioni di lavoro e lo
sviluppo del settore impongono un grande impegno e una grande attenzione
alla prevenzione per i rischi della salute. Insieme alla tecnologia e ai
modi di produzione sono anche cambiate le norme. Da tre anni vige in Italia
il Testo Unico D.Lgs.81/08. Si possono muovere molte critiche al nostro
apparato legislativo, ma è importante rilevare che il Testo Unico,
nonostante alcune carenze, ha definitivamente introdotto in Italia, un
modello di prevenzione in materia di salute dei lavoratori profondamente
innovativo sul piano dell'organizzazione della sicurezza nei luoghi di
lavoro.

Attraverso il recepimento delle Direttive Europee l'ordinamento italiano è
passato da una concezione in cui il datore di lavoro era semplicemente un
debitore di sicurezza tenuto ad attuare obbligatoriamente alcuni precetti di
prevenzione, ad una concezione che richiede un sistema di prevenzione della
salute e della sicurezza fondato sulla partecipazione dei lavoratori quali
soggetti attivi che, attraverso i loro rappresentanti, intervengono nella
predisposizione e nell'attuazione delle misure di sicurezza. In sostanza il
nuovo Testo Unico dà vita ad un sistema di relazioni tra diversi soggetti
(datore di lavoro, dirigenti, preposti, medico competente, responsabile del
servizio di prevenzione, ecc) e, per quanto riguarda i lavoratori, ad una
serie di interrelazioni: consultazioni dei RLS, informazione, formazione e
addestramento dei lavoratori, accesso al documento di valutazione dei rischi
e ai luoghi di lavoro da parte dei RLS, riunione periodica di prevenzione,
rapporti con il medico competente, controlli sulla conformazione degli
ambienti di lavoro, verifica dell'osservanza delle norme da parte dei
soggetti obbligati, ecc.

Una previsione normativa, dunque, che configura un vero e proprio sistema
organizzato di prevenzione. In questo quadro normativo il dato più saliente
è la sistematicità degli adempimenti: nessuno più gioca la sua parte in
solitudine, ogni adempimento presuppone il coinvolgimento di più soggetti
senza la cui partecipazione non è possibile raggiungere il risultato voluto
dal legislatore.

Prendiamo ad esempio un obbligo fondamentale: l'obbligo della valutazione
dei rischi che grava sul datore di lavoro: ma egli non può correttamente
adempiere se non coinvolge il RSPP, il MC e se non consulta il RLS. Questo
modello di prevenzione partecipata è reso obbligatorio per legge, attraverso
il meccanismo sanzionatorio che colpisce il datore di lavoro colpevole di
non avere coinvolto gli altri soggetti.

Ci si è illusi che questo sistema avrebbe fatto fare un salto nella qualità
della prevenzione e protezione della salute dei lavoratori. Non è stato così
per due ragioni fondamentali: la diffusa trasgressione delle norme di
prevenzione da parte delle aziende e il rifiuto di coinvolgere
sistematicamente i rappresentanti dei lavoratori nelle scelte fondamentali
che riguardano la sicurezza sul lavoro.

Il nuovo TU ha posto a carico dei datori di lavoro una serie di obblighi che
non hanno precedenti nella passata legislazione:

-         l'obbligatoria definizione della politica aziendale di sicurezza;

-         l'organizzazione del conseguente sistema aziendale della
prevenzione;

-         la valutazione di tutti i rischi per la salute;

-         la definizione di un piano di intervento fondato sulle priorità
della salute dei lavoratori;

-         la condivisione del piano d'intervento da parte dei lavoratori.

Ma raramente questo complesso piano della sicurezza ha avuto attuazione
nelle nostre aziende; anzi, i lavoratori e i loro rappresentanti sono
trattati come estranei ficcanaso da tenere a bada. Si è cominciato col
negargli la consultazione in materia di valutazione dei rischi; poi si è
cercato di non fargli avere il documento di valutazione dei rischi,
accampando improbabili esigenze di segretezza industriale; poi si è cercato
di ostacolare l'esercizio dei compiti di rappresentanza, negando il diritto
di accesso e, infine, si è cercato di ostacolare e rendere la vita difficile
ai RLS più rigorosi o troppo intraprendenti.

Eppure si era partiti dal lodevole proposito, contenuto nella legge di
delega 123/07 di rafforzare il ruolo del rappresentate dei lavoratori per la
sicurezza. Non solo: l'espressione usata dall'articolo 47 del D.Lgs.81/08
"il RLS è istituito" a livello territoriale, ecc. confermava senza alcun
dubbio la scelta legislativa di un modello di prevenzione a carattere
partecipativo obbligatorio, cioè la indispensabilità della presenza in ogni
contesto lavorativo dei RLS.

Si aggiunga che il TU ha definito con molta precisione le attribuzioni del
RLS, riconducendole a quattro aspetti fondamentali: diritto di informazione,
formazione, consultazione ed accesso. Queste attribuzioni costituiscono
sulla carta un notevole complesso di diritti e di facoltà che possono essere
fatte valere, anche coattivamente.

Nella previsione normativa del sistema di prevenzione spicca dunque il
profilo fondamentale della figura del RLS, il quale, mentre nelle aziende
che hanno fino a 15 lavoratori è eletto liberamente dai lavoratori al loro
interno, nelle aziende con più di 15 lavoratori è eletto nell'ambito delle
rappresentanze sindacali in azienda. Con questa disposizione il legislatore
non ha voluto limitare la libertà e l'autonomia dei lavoratori di eleggere
chi gli pare, ma ha voluto evitare che i RLS fossero figure deboli
sostanzialmente in balia dei datori di lavoro ed ha stabilito che fossero
radicati e sostenuti nelle organizzazioni sindacali. Ciò nonostante i
rappresentanti continuano generalmente ad essere soggetti deboli, non sempre
in grado di discutere le scelte penalizzanti del datore di lavoro in materia
di sicurezza. E qui non possiamo evitare di domandarci: a chi spetta il
rafforzamento e il sostegno dell'azione dei RLS, chi dovrebbe evitarne
l'isolamento, chi dovrebbe farsi carico della efficacia della loro azione,
chi dovrebbe provvedere alla loro formazione, chi dovrebbe convincere i
lavoratori che la sicurezza e la salute non sono meno importanti del
salario, perché si tratta di diritti fondamentali? Sta nella risposta a
queste domande il senso e il significato della battaglia che si combatte
giornalmente per l'attuazione nelle aziende di condizioni di lavoro che
rispettino la salute e la dignità dei lavoratori.

Va sottolineato che non mancano nel nuovo Testo Unico gli strumenti che, se
bene utilizzati, possono rendere penetrante l'azione dei RLS.

A cominciare dalla facoltà di accesso che è lo strumento essenziale per
esercitare efficacemente le funzioni di rappresentante. Il RLS ha diritto di
accedere nei luoghi di lavoro con le modalità e con il preavviso stabiliti
dagli accordi collettivi.

Non meno essenziale è il diritto di accedere alla documentazione aziendale
inerente alla valutazione dei rischi, alle misure di prevenzione, alle
sostanze e ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, agli
infortuni e alle malattie professionali.

Una particolare attenzione la legge dedica al diritto di accedere e ottenere
copia della valutazione dei rischi e del DUVRI da parte del RLS. L'unico
limite è che il documento di valutazione deve essere richiesto dal RLS e non
spontaneamente consegnato dal datore di lavoro.

Si tratta di una disciplina particolarmente timida, se si pensa che il RLS è
titolare di un altro diritto fondamentale: quello di essere preventivamente
e tempestivamente consultato in ordine alla valutazione dei rischi e alla
programmazione e alla realizzazione della prevenzione in azienda. Si tratta
di un diritto che viene esercitato poco e male, senza la necessaria energia
e senza la consapevolezza che si tratta di uno strumento decisivo per
ottenere condizioni di lavoro sicure.

Non solo: Il RLS è obbligatoriamente consultato in occasione della
designazione dei membri del SSP, del medico competente e degli addetti ai
servizi di emergenza. E anche qui si deve dire che le aziende non sono
troppo rispettose dell'obbligo.

Voglio infine menzionare due facoltà del RLS che sono assai funzionali
all'esercizio delle loro competenze:

-         il diritto di essere consultato in merito all'organizzazione della
formazione;

-         il diritto di disporre del tempo necessario allo svolgimento
dell'incarico, nonché dei mezzi e degli spazi per l'esercizio della
funzione. Mezzi e strumenti di qualsiasi genere: rientrano nel concetto ad
es. la disponibilità di un computer e di una stampante.

Due parole, infine, sui rapporti tra RLS e organi di vigilanza. L'articolo
50 alla lettera f) ci dice che il RLS riceve le informazioni del servizio di
vigilanza; il che letteralmente significa che l'organo di vigilanza che
interviene ha l'obbligo di informare il RLS dei risultati della sua
attività. E la lett. i) prevede che il RLS formula osservazioni in occasione
di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali di
norma è sentito.

Questa norma, che modifica la disciplina precedente, colloca al centro
dell'azione di controllo la figura del RLS, che la legge vuole interlocutore
abituale dell'azione di verifica e vigilanza.

Si tratta dunque di un considerevole complesso di diritti e di facoltà che
possono essere esercitate a garanzia della salute dei lavoratori.

Eppure la prevenzione nelle aziende non decolla e la partecipazione dei
lavoratori alla prevenzione è largamente insufficiente.

Credo che alla base di questa situazione, come ho già accennato, ci siano
responsabilità di molti soggetti. Le rappresentanze dei lavoratori sono
state spesso lasciate sole, anzi in molte aziende del territorio nazionale
non esistono. Ma se il sindacato non sostiene l'azione di questi organismi,
come possono svolgere quel ruolo essenziale, cui la legge li chiama? Vorrei
dire con tutta l'amicizia che sento per i lavoratori e per i sindacati che,
se si dovesse fare un bilancio oggi, si potrebbe dire senza sbagliare che
finora quella della rappresentanza dei lavoratori per la salute nelle
aziende è stata una scommessa persa e che la responsabilità di questa
sconfitta non possiamo attribuirla solo alla cattiveria dei datori di
lavoro. Forse la partita non è definitivamente persa, ma solo se saremo in
grado di individuare realisticamente dove siamo stati deboli e inadeguati.
Questa analisi e lo spirito autocritico sono le condizioni ineludibili per
riprendere un'azione forte ed incisiva. So, naturalmente, che esistono
realtà fortemente combattive all'interno di molte aziende, ma ancora non
costituiscono la regola nell'intero territorio nazionale e soprattutto non
riescono ad invertire un andamento che finora è stato negativo.

Ma c'è un altro soggetto che porta qualche responsabilità nell'attuale
situazione della prevenzione in Italia e sono i servizi pubblici di
prevenzione delle ASL. Nel momento in cui si doveva far partire un nuovo
modello di prevenzione, più efficace e partecipato, sarebbe stata necessaria
un'opera capillare di controllo e di vigilanza nelle aziende. Questo non è
accaduto. Le aziende controllate dai servizi si sono mantenute negli anni su
percentuali inaccettabili. Si è diffusa la convinzione dell'impunità nella
grande quantità di aziende che non sono mai state visitate dagli organi di
vigilanza. Certo questo non accade a caso. Gli organici sono inferiori alle
necessità, in alcune regioni i servizi non funzionano decentemente. I tagli
lineari colpiscono anche le ASL e impediscono il turn-over.

Ed è così che i servizi delle ASL non riescono a garantire il rispetto di
elementari diritti di sicurezza e meno che mai a garantire la partecipazione
dei lavoratori ai piani di sicurezza aziendali.

Ma c'è un altro ordine di responsabilità che va sottolineato ed è quello che
attiene ai compiti della Magistratura.

In un sistema come quello che abbiamo descritto, fondato su norme la cui
violazione è sanzionata penalmente, se i reati non vengono perseguiti con
efficacia e sanzionati tempestivamente, l'intero sistema perde credibilità.
Ma lo scarso numero dei processi celebrati, la loro lentezza, l'esiguità
delle pene comminate, i numerosi proscioglimenti per prescrizione relativi
alle contravvenzioni elevate in azienda ci dicono con quale scarsa
professionalità la magistratura si accosti a questo tipo di reati. Del resto
quanti sono i magistrati che sono davvero specializzati in questa
delicatissima materia? Pochissimi in tutta Italia, nonostante il numero
altissimo di procedimenti per i delitti contro l'incolumità dei lavoratori
che toccano a ciascun magistrato. C'è una ragione se la gran parte dei
colleghi non si specializza in queste materie. Ed è che la considerazione
sociale di questi fenomeni criminosi è tuttora marginale. C'è voluto il
presidente Napolitano per ricordarci ripetutamente che siamo di fronte ad un
gravissimo fenomeno cui occorre porre rimedio e per chiedere maggiore
impegno alle istituzioni e alla stessa magistratura.

Il compito dei magistrati in questa materia non è secondario. Sarebbe del
resto impensabile che in una moderna democrazia il giudice non fosse in
grado di garantire i diritti essenziali della persona.

Eppure di fronte alla plateale mancata adozione dei più elementari
dispositivi di sicurezza che contraddistingue molte aziende, la tutela
giudiziaria è debole o addirittura inesistente. Si vedono in giro
incredibili archiviazioni nei processi per gravissimi infortuni, anche
mortali; si leggono incomprensibili assoluzioni per vicende in cui è
evidente l'assoluta mancanza di sicurezza nell'organizzazione del lavoro.

E' questa la ragione per la quale i datori di lavoro sentono quella vaga
aria di impunità quando pensano di poter aggirare agevolmente le norme sulla
sicurezza e la salute dei lavoratori. Ed è questa la ragione per la quale,
per converso, i lavoratori si sentono in qualche modo isolati e impotenti
quando vedono che il loro diritto alla salute e alla sicurezza viene tenuto
in scarsa considerazione. Questo senso di impotenza colpisce inevitabilmente
anche i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i quali, troppo
spesso abbandonati a se stessi, agiscono nella sostanziale indifferenza dei
lavoratori, assumendo un peso e un impegno che risulta sproporzionato
rispetto ai risultati ottenuti. In questo senso è mancato finora il sostegno
del servizio di prevenzione delle ASL e della stessa Magistratura a
proposito dei quali va ripetuto che essi sono organismi pubblici il cui
compito istituzionale è quello, rispettivamente, di garantire la salute dei
lavoratori e di fare rispettare la legge.

Sappiamo che ottenere il rispetto delle norme di legge non è facile
soprattutto per l'atteggiamento di certi datori di lavoro che rifiutano di
rispettare i diritti stabiliti dalla legge. Abbiamo visto in passato cose
particolarmente gravi: lavoratori licenziati per avere pubblicamente
denunciato le violazioni in materia di sicurezza e salute; lavoratori
perseguiti disciplinarmente per avere assunto iniziative ritenute lesive del
'buon nome' dell'azienda; lavoratori colpiti per avere messo le proprie
conoscenze tecniche al servizio dei familiari delle vittime di una tremenda
strage ferroviaria.

Di fronte a questi episodi, non infrequenti, mi chiedo: ma i sindacati di
fronte a queste cose non sentono il bisogno di far quadrato, di dire con
fermezza che l'illegalità non può passare, che si tratta di attacchi
gravissimi ai diritti di tutti i lavoratori e non solo di quelli che vengono
colpiti?

Qualcuno obietterà che non sono solo questi gli attacchi ai lavoratori, che
è in corso un tentativo di riduzione dell'occupazione, di colpire le
pensioni e di aumentare le tasse. Lo so bene, ma si tratta di un'unica
battaglia nella quale anche ai lavoratori si chiede di fare la loro parte
per rimediare ai guasti che un governo sciagurato ha provocato negli ultimi
10 anni.

Talvolta in passato è stata praticata la cosiddetta monetizzazione del
rischio. So bene le difficoltà che ha incontrato (e che incontra tuttora) la
lotta per la tutela delle condizioni dei lavoratori e non intendo fare
processi a nessuno.

Ma abbiamo anche imparato che la salute è uno di quei diritti costituzionali
che quando vengono smarriti, non basta un cambio di governo a restituirceli
Tocca perciò dunque a tutti noi fare in modo che chi lavora non venga
privato dei diritti essenziali della persona. Se ci riusciremo non avremo
salvato solo la causa dei lavoratori, ma avremo anche contribuito a rendere
più civile questo sfortunato paese.



Beniamino Deidda



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AMIANTO: CONFERMATA LA CONDANNA ALL'EX AD DELLA FIBRONIT "FABBRICA DELLA
MORTE"



Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it



Anno 14 - numero 2843 di martedì 24 aprile 2012


La Cassazione ha riconosciuto l'87enne Dino Stringa, in passato dirigente
della Fibronit di Bari, responsabile del mesotelioma che uccise l'operaio
Francesco Maggio.



Bari, 24 Aprile

L'esposizione (diretta e indiretta) alle fibre di amianto è causa di
mesotelioma pleurico - letale tipologia di tumore che aggredisce i polmoni -
non solo per i lavoratori delle fabbriche dove viene trattata la
fibra-killer, ma anche per la popolazione residente nelle aree limitrofe
agli stabilimenti. Dopo la storica sentenza che ha condannato a 16 anni i
vertici della Eternit, la giurisprudenza italiana ribadisce il nesso tra
inquinamento ambientale legato all'asbesto e l'insorgenza "ad ampio raggio"
di malattie ad esso correlate. Venerdì scorso la Corte di Cassazione ha
confermato, infatti, la pena a cinque mesi e 15 giorni di reclusione dell'ex
amministratore delegato e legale rappresentante della Fibronit di Bari,
l'87enne Dino Stringa, di Ozzano Monferrato (Alessandria), per l'omicidio
colposo di Francesco Maggio, un operaio deceduto nel febbraio del 2006 e
stroncato dal cancro.

SONO 13 I DIPENDENTI UCCISI DALLA FIBRA-KILLER.

Se in precedenza la Suprema sorte aveva annullato più volte con rinvio la
sentenza perché non si era dimostrata la responsabilità personale, questa
volta - rigettando il ricorso dell'imputato - ha confermato la relazione di
causalità tra la presenza dei capannoni della fabbrica che produceva
cemento-amianto nel popolare quartiere Japigia e il mesotelioma pleurico
all'origine della morte di Maggio (ma anche di quella di una donna che ha
abitato per 39 anni a poche centinaia di metri dalla struttura e di un altro
ex operaio, nonché delle lesioni gravissime riscontrate su un altro ex
dipendente: tre contestazioni per le quali i reati sono già stati
prescritti). I giudici romani, quindi, hanno condiviso la tesi accusatoria
della Procura del capoluogo pugliese, a sua volta ribadita dalla Corte
d'appello di Bari il 22 marzo 2011. La condanna fa seguito a quella del
2009 - sempre in Cassazione - quando allo stesso Stringa venne attribuita la
responsabilità della morte di altri 12 lavoratori della Fibronit.

OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO: "IN REALTÀ IL BILANCIO SUPERA LE 350
VITTIME".

Tredici vittime "ufficializzate", dunque, a fronte di un bilancio in realtà
molto più tragico. Secondo l'Osservatorio nazionale sull'amianto, infatti,
"i decessi causati dalla Fibronit di Bari sono 350, una settantina solo tra
i residenti, ma si tratta di una stima per difetto". La sentenza della
Suprema Corte "è un risultato storico, nell'ambito delle vicende legate alla
produzione e all'utilizzo di materiali di fibrocemento in tutto il paese" e
(...) "segna un punto importante in vista dei procedimenti penali che
riguardano le oltre mille vittime dello stabilimento di Voghera, che vedono
lo stesso Dino Stringa al banco degli imputati".

LA GIURISPRUDENZA RIBADISCE "L'ORIENTAMENTO" ETERNIT.

Riduttivo limitare il parere della Suprema Corte al solo caso pugliese che,
insieme Broni e Casale Monferrato (sede della ex Eternit), sembra invece
rappresentare uno dei vertici di un "triangolo" segnato indelebilmente dalla
fibra assassina. "Per la seconda volta la Cassazione ha riconosciuto un
nesso diretto tra patologie e amianto - commenta il presidente del Comitato
cittadino Fibronit, Nicola Brescia - confermando, come sostiene l'impianto
accusatorio, come i dirigenti sapessero benissimo della pericolosità
dell'impianto. Basta leggersi le carte processuali per capire come fosse
impossibile non sapere. Ormai non ci sono più dubbi riguardo lo stretto
legame tra l'amianto e i mesoteliomi: completando la sentenza di Casale
Monferrato, la Suprema corte ribadisce anche il disastro ambientale".

DOPO LE BONIFICHE PREVISTO UN PARCO CITTADINO.

"Siamo soddisfatti - afferma l'avvocato Ezio Bonanni, che ha rappresentato
tre familiari di Maggio, costituiti come parti civili. Il legale richiama,
così, "l'attenzione sui danni causati dalla fibre killer della fabbrica di
via Caldarola che ha prodotto manufatti di fibrocemento fino al 1985 e che
tutt'oggi attende di essere bonificata". Al posto di quella che è stata
ribattezzata dalla popolazione "la fabbrica della morte" dovrebbe sorgere,
in futuro, un parco cittadino.

IL SINDACO EMILIANO: "LA SENTENZA NON CANCELLA IL DOLORE".

"L'esito finale del processo non lenisce certo il dolore per questa strage
infinita di innocenti che la città ha dovuto subire e subisce tuttora, ma
indiscutibilmente ci consente ora di fondare ogni nostra futura prospettiva
sulla verità processuale che attesta la perpetrazione di tale gravissimo
delitto - ha commentato il sindaco di Bari, Michele Emiliano - Il
ringraziamento va agli Uffici giudiziari che hanno, con tanta determinazione
e pazienza, ricostruito il complesso ordito probatorio che ha retto il
vaglio della Corte di Cassazione, confermando il ruolo insostituibile di
questi uffici nella crescita civile della nostra comunità".



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FORMIGONI VA CACCIATO CON LA SUA CRICCA DI COMUNIONE E LIBERAZIONE



Da: Cittadini contro l'amianto

nodiscaricadiamianto@yahoo.it



Tramite: Basta morte sul lavoro

http://bastamortesullavoro.blogspot.it/



lunedì 23 aprile 2012



FORMIGONI VA CACCIATO CON LA SUA CRICCA DI COMUNIONE E LIBERAZIONE!

IN REGIONE LOMBARDIA MALAFFARE, CORRUZIONE E TOTALITARISMO DILAGANO.

FERMIAMOLI!



Squallide rivelazioni su Formigoni si sono aggiunte ai gravi fatti
giudiziari dei giorni scorsi che hanno coinvolto individui del suo
"entourage".

Da anni in regione Lombardia c'è stata una vera e propria occupazione
"militare" del potere da parte di soggetti nominati o vicini politicamente e
umanamente a Formigoni e a CL.

Basti pensare alla sanità lombarda colonizzata per tre quarti dagli uomini
di Formigoni e per l'altro quarto dalla Lega.

Basti pensare al redditizio settore delle cave, delle discariche di amianto
e di altro materiale, controllate da ditte legate o alla Compagnia delle
opere o infiltrate dalla n'drangheta.

Basti pensare al gigantesco volume d'affari legati a EXPO 2015, di cui
Formigoni è presidente, dopo aver vinto la guerra contro la Moratti ed anche
Pisapia.

Questi sono gli ambiti principali dell'occupazione del potere effettuata in
questi anni da questo individuo che copre il vuoto politico con un mix di
narcisismo e di arroganza dispotica.

Ma le mani di questa giunta regionale sono state messe anche in altri
settori, come l'urbanistica e i trasporti, su cui si dovrà prima o poi
aprire un interessante capitolo fatto di ritardi, omissioni, privilegi e
altro.

Occorre ricordare anche il fatto che Formigoni e il suo partito non
dovrebbero neppure essere al Pirellone in quanto presi con le mani nel sacco
per aver falsificato le firme per poter presentare all'ultimo minuto la
lista alle elezioni regionali del 2010.

Formigoni inoltre non dovrebbe occupare il posto che occupa, perché la
normativa vigente prevede 2 mandati e lui è già al quarto...ma si sa le vie
dell'illegalità sono infinite.

Lui è sostanzialmente un abusivo.

Un altro aspetto di cui la stampa non si occupa quasi mai è il clima da
caserma che si è instaurato in regione Lombardia nei confronti dei
lavoratori.

Vige un clima di paura e di terrore tra funzionari ed impiegati, soprattutto
fra quella minoranza non legata a CL. Alcuni diritti conquistati gli anni
passati sono stati annientati. Le libertà e i diritti sindacali
ridimensionati, anche grazie alla complicità di CISL, UIL e il silenzio
della CGIL.

Con il famigerato sistema premiante si sono messi l'un contro l'altro i
lavoratori e si è esteso a dismisura il potere arbitrario e arrogante dei
dirigenti di area ciellina, cioè quasi tutti.

Negli ultimi 10 anni la struttura dirigenziale della regione Lombardia è
stata praticamente azzerata per far posto con metodi spicci ed arroganti a
dirigenti (o pseudo tali) quasi tutti di area CL e Lega.

Un concorso per dirigenti è stato considerato illegittimo dal TAR e la
sentenza è stata confermata dal Consiglio di stato, ma quei soggetti che
l'avevano "vinto" sono ancora tutti in regione, con carriere fulminanti
(come l'attuale capo del personale , o il segretario di giunta, che sono
solo esempi tra tanti). Da tempo noi l'avevamo fatto rilevare, ora speriamo
che la stampa se ne occupi).

Nel frattempo l'attuale maggioranza formigoniana approvò una modifica di
legge che rese legittimo ciò che il Consiglio di stato aveva dichiarato
illegittimo. La cosa più grave e' che questo provvedimento legislativo ebbe
effetto retroattivo, andando così a sanare la situazione di quella trentina
di dirigenti, che guarda caso sono la maggior parte di CL.

Insomma in Lombardia non se ne può più di questa cricca presente in
Consiglio regionale: 10 consiglieri indagati, di cui 4 dell'ufficio di
presidenza, due ex assessori arrestati e poi c'è la Minetti che costituisce
uno scandalo ambulante ecc.....

Occorre compiere un'operazione di igiene politica per scacciarli con la
mobilitazioni dei lavoratori e dei democratici, visto che Formigoni e la sua
cricca non vogliono andarsene e che le opposizioni sono inefficaci ed
inefficienti.

Altre notizie e dettagli sulla cricca continueremo a darle finché la
Lombardia sarà liberata dalla presenza totalitaria e repressiva di questa
banda che ha esteso e usurpato vari livelli di potere con ogni mezzo,
compresa l'arroganza, i ricatti e la repressione subdola.



VIA FORMIGONI E LA SUA LOBBY.



P.S. 1

Apprendiamo dalla stampa che Formigoni andava ai Caraibi (in un Resort) di
45.000 euro a settimana, a Parigi e in altre città, cenando e pranzando nei
ristoranti più cari con amici che ora sono in carcere: il tutto
evidentemente a sua insaputa.

Lui non sa mai nulla. Lui non sa che cosa facevano i suoi assessori Nicoli,
Cristiani e Ponzoni prima di essere arrestati: ma allora o è un incapace, o
è un disattento. in entrambi i casi non è in grado di governare né in
regione Lombardia né altrove.



P.S. 2

Chi volesse notizie e documentazione su quanto è avvenuto è pregato di
contattarci scrivendo un e-mail a laltralombardia@libero.it.

Stiamo preparando una documentazione sulla situazione nell'ente regione
Lombardia e su chi era e dove è finita la sig.ra Massei dirigente della
regione Lombardia, citata in questi giorni dalla stampa.



ALLA PROSSIMA PUNTATA!



Cittadini contro l'amianto

mail: nodiscaricadiamianto@yahoo.it

cellulare: 338 98 75 898

Iscriviti alla nostra mailing list
cittadinicontroamianto-subscribe@yahoogroups.com

Se volete aiutarci concretamente a continuare la nostra attività potete
versare i vostri contributi con PayPal (vedi il nostro blog
http://cittadinicontroamianto.blogspot.com).

Un versamento minimo di 15 euro corrisponde all'adesione formale
all'associazione e dà diritto all'invio della tessera e del dossier che
abbiamo scritto su amianto e smaltimento.

Se volete solo il dossier potete fare una donazione con PayPal (minimo 7
euro) e lo invieremo ad un recapito postale che ci indicherete (si può fare
anche un versamento in conto corrente postale).





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