Quelle delle due giornate indicate in oggetto sono le prime sedute dedicate alle arringhe dei difensori degli imputati genocidi: lo svizzero 64enne Stephan Schmidheiny, ed il 90enne barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne.
Per prima viene analizzata la posizione di quest'ultimo, la cui causa viene perorata dal 'principe del foro' avvocato Zaccone; costui, non appena viene investito della facoltà di parola, annuncia - alla presenza di un ospite di eccezione, l'avvocato Ezio Audisio (già coordinatore del collegio difensivo dei padroni assassini della Thyssenkrupp) che seguirà la maggior parte dello sproloquio - la sua volontà di discutere tre ordini di questioni: inizierà con la posizione del suo assistito rispetto all'intero procedimento (per il quale chiederà l'assoluzione per non avere commesso il fatto), per poi successivamente entrare nello specifico degli articoli di cui ai capi di imputazione (per i quali chiederà la sopravvenuta prescrizione poiché, secondo lui, il pericolo sarebbe cessato nel momento in cui l'Eternit Italia S.p.A. ha cessato la produzione. Assurdo: il pericolo continua fino all'avvenuta totale bonifica dei siti contenenti amianto).
In subordine, il legale chiede che sia revocata l'ordinanza del Tribunale - datata 10 dicembre 2009 - che ha accolto la modifica, richiesta dal pm, del capo di imputazione in modo da circoscrivere la consumazione dei reati contestati al periodo 1966-1972; la domanda è volta a riportare la data di inizio dei crimini alla data del 1952: se venisse accolta questa assurda pretesa, ne deriverebbe l'obbligo della Corte di dichiararsi incompetente territorialmente, con la conseguenza dell'imperativo di trasmettere tutti gli atti del processo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Casale Monferrato.
L'avvocato - che possiede persino il suo 'schiavetto personale' che gli porta in aula la toga, come si è potuto apprezzare nell'udienza dell'undici ottobre - dimentica volutamente che il barone è sotto processo nella sua qualità di amministratore di fatto della Eternit Italia S.p.A., che gli deriva dal fatto di essere ad della Compagnie Financière Etérnit, carica da lui detenuta dal 26 giugno 1966 al 26 ottobre 1972: pertanto è questo il periodo in cui lo si deve ritenere il datore di lavoro, e quindi deve essere condannato alla pena più pesante possibile; sarà comunque sempre troppo poco, rispetto a quanto meriterebbe in relazione alla sua condotta criminale.
Certo è che, anche in questo caso, gli argomenti difensivi devono essere ben blandi, se il Zaccone è costretto - per far apparire il barone come una persona sostanzialmente di animo gentile - a raccontare la clamorosa balla della sua partecipazione alla Resistenza belga.
Il 'principe del foro' asserisce che il suo cliente fu fatto prigioniero dai tedeschi e, portato in un campo di concentramento, riuscì a fuggire; successivamente catturato dai "russi" - mi piacerebbe sapere perché mai i sovietici avrebbero dovuto imprigionare un partigiano - venne da questi inquadrato in una specie di Legione straniera.
Fin qui parrebbe una storia quasi verosimile, se non fosse che il legale vuole strafare, e così finisce con lo scivolare sulla classica buccia di banana; il gran colpitore di testa - nel corso della sua lunghissima esposizione, durata ben più di quattro ore, nella concitazione dei momenti colpisce ben tre volte il microfono - asserisce che il suo assistito avrebbe partecipato alla liberazione di Berlino, il 5 maggio 1945: peccato che la bandiera rossa fu issata sul Reichstag il trenta aprile, e la capitolazione di Berlino sia datata due maggio... se anche fosse vero l'episodio, sarebbe arrivato con tre giorni di ritardo, non partecipando proprio ad un bel niente!
Quando finalmente il Zaccone si degna di concludere, la parola passa all'avvocato Di Amato senior, in rappresentanza della difesa Schmidheiny.
Questi informa preliminarmente la Corte che le difese termineranno le loro arringhe entro martedì venticinque ottobre; le repliche delle parti potranno avere inizio il sette novembre.
A questo proposito, il giudice stabilisce che gli interventi delle parti civili dovranno essere effettuati nel numero di uno per ogni 'nucleo' di legali: in alternativa verrà concessa, ad ogni avvocato, la parola per due minuti.
Subito appresso il Di Amato precisa che il suo intervento porrà particolare attenzione alle eccezioni procedurali - la cui trattazione concluderà la seduta - mentre successivamente si concentrerà sui reati specifici.
Mi scuso sin da ora per la scarsa precisione che avrò nel riportare le argomentazioni del legale romano - la cui voce è assai fastidiosa ed a tratti incomprensibile, scadendo frequentemente in una specie di borbottio al confronto del quale il timbro vocale del noto radiocronista sportivo Sandro Ciotti risulta essere una melodia celestiale - ma tenterò comunque di assolvere il mio dovere informativo.
Per quanto concerne la prima parte della sua discussione, oltre alle osservazioni precedentemente addotte dal Zaccone alle quali si associa, il legale solleva addirittura una questione di legittimità costituzionale di alcuni articoli del cpp e del cp, per i quali chiede che sia la Corte costituzionale ad esprimersi in via preliminare.
E' del tutto evidente che questo rappresenta un tentativo di allungare i tempi del procedimento alle calende greche: se infatti la Corte accogliesse questa tesi, occorrerebbe sospendere il giudizio fino alla sentenza della Corte costituzionale; questo richiederebbe tempi molto lunghi, come dimostra il pregresso dei giudici della suddetta Corte.
Nella prossima udienza si ascolterà la seconda parte della trattazione dell'avvocato Di Amato senior, per poi passare a sentire la prima di Alleva (detto il mangiagomma, a causa della sua abitudine - sintomo di estrema maleducazione e strafottenza - di ruminare gomma americana per tutta la durata delle sedute).
Torino, 11 ottobre 2011
Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino
c/o Slai Cobas per il sindacato di classe To/Mi/Bg/Ge
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