Sabbio, operai morti per l'amianto
Condannati 3 dirigenti ex Dalmine
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7 ottobre 2011
• Cronaca
Tre condanne per omicidio colposo plurimo e
lesioni personali colpose nei confronti di tre dirigenti dell'ex
Dalmine a conclusione della vicenda processuale relativa alla morte per
asbestosi e mesotelioma pleurico - causata da inalazione da amianto -
di 16 operai del reparto di Sabbio dell'ex Dalmine, e della malattia di
un loro collega.
Il giudice Aurelia Del Gaudio ha sostanzialmente
accolto le richieste del pm Franco Bettini. I tre dirigenti succedutisi
dal 1961 al 1980 sono: Giuseppe D'Antoni, 86 anni di Cenate Sotto,
direttore dello stabilimento di Sabbio dal 1961 al 1965 condannato a 3
anni (8 mesi condonati); Giorgio Lania, 76 anni di Bergamo, membro del
comitato di gestione del reparto di Sabbio dal 1973 al 1975 condannato
a 2 anni e 6 mesi (5 mesi condonati), e Massimo Pugliese, 83 anni, di
Valverde (Pavia), direttore dello stabilimento dal 1976 al 1980 al
quale il giudice ha comminato 2 anni e 4 mesi (3 mesi condonati).
Il
pm aveva chiesto rispettivamente la condanna a due anni e due mesi, due
anni e sei mesi, e due anni e quattro mesi di reclusione. Tra l'altro
si tratta degli stessi tre ex dirigenti condannati in primo grado nel
2005 per fatti analoghi, ma relativi alla morte di altri 18 operai e
alla malattia di tre: in particolare D'Antoni era stato condannato a
due anni, un mese e 15 giorni, Lania e Pugliesea un anno, 9 mesi e 15
giorni, tutti con pena sospesa. La sentenza è ancora pendente in
appello.
Secondo l'accusa, nello stabilimento di Sabbio della Dalmine
si forgiavano tubi speciali che venivano raffreddati con «coperte» che
contenevano amianto: il contatto costante e l'inalazione delle fibre
avrebbe portato alla malattia dei 17 operai. Ai tre ex dirigenti è
stato contestato il fatto di non aver preso tutte le precauzioni
necessarie e tutti gli accorgimenti per evitare l'inalazione e il
contatto con l'amianto, pur in presenza già negli Anni ‘60 di forti
sospetti sulla pericolosità e sul rischio neoplastico. Analogo il
parere delle parti civili: si tratta per i familiari delle vittime
degli awocati Luciano Ongaro, Giovanna Agnelli e Aldo Arena, e per i
sindacati degli avvocati Giuseppe Cattalini e Valentina Ponte.
Il
processo non può comunque dirsi ancora concluso. Il giudice Del Gaudio
ha infatti ravvisato la sussistenza di responsabilità in concorso da
parte dei legali rappresentati della Dalmine del periodo esaminato in
sede giudiziale (anni Sessanta e Settanta), ed ha pertanto rinviato gli
atti al pubblico ministero affinchè approfondisca il caso.
Morto ai
Riuniti, cinque a processo
Rinviati a giudizio per il decesso in
cantiere di Mario Soggiu
05 ottobre 2011 | cronaca
Si
difenderanno a processo, udienza dopo udienza, come deciso dal gup
Patrizia Ingrascì. Sono i cinque imputati, di cui tre bergamaschi, per
la morte di Mario Soggiu, l’operaio sardo che ha perso la vita nel
cantiere del nuovo ospedale di Bergamo, il suo primo giorno di lavoro.
Il giudice dell’udienza preliminare ha rinviato a giudizio tutti e
cinque gli imputati: si tratta del responsabile per la sicurezza della
società Dec, la capofila delle aziende che sta realizzando il Beato
Papa Giovanni; del capo cantiere, dell’assistente capo cantiere, del
coordinatore alla sicurezza per la progettazione e l’esecuzione dei
lavori per conto del nuovo ospedale, e del responsabile dei lavori
degli Ospedali Riuniti di Bergamo.
Sarà quindi a dibattimento che l’
accusa retta dal pm Maria Cristina Rota e le difese degli imputati di
omicidio colposo si confronteranno, approfondendo che cos’è successo
quel 15 luglio del 2009, quando l’operaio fu trovato a terra, caduto
dal quarto piano della terza torre della struttura alla Trucca. Gli
imputati hanno scelto di non chiudere i conti con la giustizia subito,
optando per un rito alternativo che consente la riduzione della pena,
segno che ritengono ci siano margini di discussione relativamente alle
responsabilità attribuite loro dal pm. La prima udienza è stata fissata
per il 5 dicembre prossimo.
«Il giudice per le indagini preliminari ha
ritenuto fondato e solido l'impianto accusatorio rispetto alle indagini
svolte dall'Asl e dirette dalla procura di Bergamo, dopo avere
ascoltato tutte le parti, e ha deciso il rinvio a giudizio di tutti e 5
gli indagati» commenta Mirco Rota, segretario generale della Fiom-Cgil
Lombardia, che ha seguito la vicenda fin dall’inizio. Non solo dal
punto di vista dell’inchiesta penale, ma anche sul fronte del
risarcimento. «Per comprendere la complessità della vicenda è opportuno
ricordare anche quanto accaduto alla vedova Mariangela Stoccoro in
Soggiu, residente ad Alghero, che per due anni non ha ricevuto
l'indennità per la morte del marito a causa del rifiuto dell'Inail di
Sassari - ricorda una nota dell Cgil - . Il mese scorso, grazie anche
all'insistenza dei legali della Fiom Cgil, l'Inps ha fatto marcia
indietro e ha riconosciuto la prestazione». «Dopo aver vinto la causa
di Sassari - indica Rota - è estremamente importante il risultato
ottenuto oggi. A partire dalla prossima udienza faremo in modo di
dimostrare che quello dell'Ospedale di Bergamo non era un cantiere
modello ma un luogo in cui le fondamentali norme di sicurezza non erano
assolutamente rispettate e dove i lavoratori si trovavano in una
situazione pesantemente a rischio. Dimostreremo anche che per quanto
accaduto a Soggiu ci sono delle precise responsabilità». Per rendersene
conto, continua Rota, «basta dire che su tutte le torri dell'ospedale
non erano presenti parapetti e protezioni a norma di legge e in tutto
il cantiere, grande 320mila metri quadri, era pressoché inesistente la
segnaletica per orientarsi».
Per 350 esuberi Tenaris è l’ora della
verità
Mercoledì e giovedì la due-giorni sul piano industriale
08 ottobre 2011 | economia
Come parlare di corda in casa dell’
impiccato, ma 350 esuberi sono una caramella troppo amara per
succhiarla all’infinito e dopo un paio di anni, o la si sputa oppure la
si ingoia. Questo dovrà decidere la Tenaris Dalmine di qui a pochi
giorni, mercoledì e giovedì della settimana prossima, alla trattativa
convocata per aggiornare il piano industriale 2010-2011, quello dei
mille tagli, anche se in corso di trattativa i numeri erano stati
limati di un terzo (741 dipendenti da espellere) e anche se finora l’
esodo è avvenuto nella misura del 50 per cento circa, vuoi per il buon
andamento produttivo, vuoi per le garanzie fissate dall’accordo sugli
esuberi. A oggi, sono rimasti in carico alla multinazionale dell’
acciaio poco meno di 350 addetti (dei 741 di troppo) e la due-giorni
della settimana prossima servirà appunto a definire il loro futuro.
Notizie ufficiali non ne circolano, ma secondo fonti interne gli ultimi
segnali sarebbero abbastanza confortanti, buono il portafoglio clienti,
scarso l’impiego della cigs, tanto che il management guidato dall’ad
Luca Zanotti potrebbe addirittura congelare la materia, posticipandola
in tutto o in parte di un altro anno. Questa è infatti una delle
scappatoie previste dal protocollo firmato nel dicembre del 2009, in
cui sta scritta nero su bianco la possibilità di una ulteriore proroga
della cassa integrazione straordinaria, appunto per gestire in modo
morbido la riduzione del personale. Un altro caposaldo degli accordi è
il divieto di licenziamenti di massa per tutti quei lavoratori che, al
termine del percorso, rimarranno comunque in carico alla Tenaris, con
un impianto di ammortizzatori sociali che arriva in teoria fino al
2015, se calcoliamo anche l’accompagnamento alla pensione. Per questo
zoccolo duro, le ipotesi sono della cassa integrazione in deroga, dei
contratti di solidarietà oppure addirittura di un nuovo accordo che
ridefinisca la materia, magari prevedendo ulteriori forme incentivanti
per le dimissioni volontarie. Non va peraltro nascosto che, secondo il
consueto aggiornamento della Fiom Cgil Bergamo sulla crisi della
metalmeccanica, a settembre risultava la richiesta di cassa
straordinaria per oltre 1.000 dipendenti della Dalmine, rispetto a una
forza lavoro interna di circa 2.200 unità. Dal punto di vista
squisitamente industriale, il piano dei 740 esuberi ne legava una buona
parte alla chiusura del reparto Fapi (piccoli tubi) che dovrebbe essere
trasferito a Zalau, in Romania, una volta terminati gli investimenti e
ottenute le necessarie certificazioni di qualità; a Zalau si è appena
riunito il comitato sindacale mondiale Tenaris che tra l’altro ha anche
visitato lo stabilimento, riferendo poi che i lavori non sono ancora
ultimati, concedendo quindi ulteriore ossigeno ai cassintegrati
bergamaschi. Nella scorsa primavera il gruppo controllato dalla
famiglia Rocca ha rinnovato la piattaforma integrativa attraverso un
«premio ponte» che riguarda i circa 2500 lavoratori dei quattro siti
presenti in Italia (ad Arcore, Piombino, Costa Volpino e Dalmine) e
prevede il versamento di 1.000 euro in tre tranche a copertura dei due
anni in cui si è rimasti senza integrativo. La piattaforma con le
rivendicazioni sindacali era stata presentata nel dicembre 2010, dopo
mesi di preparazione e dopo la chiusura della trattativa sul piano
industriale che ha previsto investimenti (114 milioni di euro), ma
anche cassa integrazione straordinaria per due anni e mobilità
volontaria incentivata per 741 persone.
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