LA RETE NAZIONALE E IL SIGNIFICATO DELL’ASSEMBLEA DI TARANTO DEL 7 DICEMBRE
Questo dossier-atti dell’assemblea nazionale del 7 dicembre è rivolto a tutti compagni operai, lavoratori, delegati, rls, familiari, associazioni affinchè si possa comprendere il ruolo e importanza, ma anche l’originalità nel panorama nazionale che l’assemblea ha avuto e l’impatto importante e pensiamo potente che dal piano di lavoro in via di definizione potrà venire e che dovrà attraversare, coinvolgere, ma anche rompere gli equilibri attuali in questo campo. E quando diciamo questo non alludiamo solo alle organizzazioni sindacali confederali che consideriamo complessivamente dall’altra parte della barricata quella dei padroni e dello Stato dei padroni, del parlamento e delle istituzioni complici dei padroni assassini, ma anche al sindacalismo di base, all’associazionismo
ambientalista, a quegli avvocati, esperti, che fanno poco su questo terreno e quasi sempre per
autopromuoversi piuttosto che contribuire a porre questo scontro all’altezza di quello che è necessario.
La Rete vuole unire le energie disponibili, ma anche dividere, spaccare quelle realtà che occupano questo terreno e quei personaggi che ne ostacolano e boicottano il lavoro, a Torino come a Taranto, a Milano come a Roma, nel Veneto come in Toscana, ecc.
L’assemblea di Taranto sia pure ancora su piccola scala è una dichiarazione di “guerra” che sarà portata fino in fondo, non dimenticando mai che questa Rete trasversale agisce ed è nata per portare avanti e contribuire a una ‘rivoluzione politica e sociale che affermi il primato della vita e della condizione degli operai, lavoratori, sul profitto del padrone e del capitale in genere’.
Riportiamo il COMUNICATO FINALE
Circa 70 lavoratori, compagni, rappresentanti di realtà di Taranto e di tutta Italia hanno partecipato all’assemblea nazionale a Taranto della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro.
Al centro dell’assemblea la questione Ilva, ma non solo, sono state 4 ore di interventi con momenti moltoemozionanti quando parlano gli operai Ilva.
Un lungo applauso ha ricordato e salutato Claudio Marsella e Francesco Zaccaria, morti in meno di un meseall’Ilva. Questi operai, insieme a tutti gli altri operai morti sul lavoro, dalla Thyssen a Molfetta, rafforzanol’impegno del lavoro della Rete e vivono nelle nostre battaglie.
Sono intervenuti organismi provenienti dalla Lombardia con una delegazione articolata di compagni e operai, associazioni di ambientalisti, poi da Marghera, da Roma, da Bergamo, dalla Sicilia, da altre città italiane, insieme a adesioni, messaggi e materiali da tutta Italia, in particolare dalla Thyssen Torino, Napoli, Ravenna, Molfetta, ecc., dalle fabbriche della morte e dei siti inquinanti.
Si sono confrontanti con gli operai Ilva associazioni ambientaliste, ex lavoratori Ilva, abitanti di Tamburi e Statte, lavoratori del Cimitero, precari disoccupati, unendo qualità di analisi, polemica e passione, dando vita ad una assemblea inedita e senza precedenti per Taranto e non solo.
Importante anche la discussione sulla funzione e l’organizzazione unificante della Rete su scala nazionale, la riattualizzazione delle sue proposte in tutti gli ambiti, compreso magistratura/processi, funzione degli RLS, ecc.
Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro - 7 dicembre 2012
informazioni contatti adesioni:
e mail: bastamortesullavoro@domeus.it
blog: http://bastamortesullavoro.blogspot.it/
Da oggi inizieremo la pubblicazione quotidiana degli Atti con gli interventi dell'assemblea nazionale della Rete nazionale per la sicurezza sul posto di lavoro e sul territorio tenutasi a Taranto il 7 dicembre 2012, mentre in questo mese sono in corso le assemblee promosse dalla Rete ma assolutamente aperte a tutti -sulla questione Ilva come su tutte le altre vicende che toccano sicurezza e salute in fabbrica e sul territorio, con la presenza di compagni di Taranto e di tutti coloro anche non aderenti finora alla Rete che siano interessati a costruire iniziative di vario genere nella prospettiva di una grossa manifestazione nazionale a Taranto - periodo previsto seconda metà di aprile.
bastamortesullavoro@gmail.com
Introduzione
La Rete per la sicurezza sui posti di lavoro, è bene ribadirlo, è una realtà plurale, in essa vi sono organizzazioni sindacali stabili, lo Slai Cobas per il sindacato di classe e l’USI, ma di volta in volta raccoglie intorno alle attività e iniziative il maggior numero di realtà appartenenti anche ad altri sindacati di base e altri organismi che si occupano di sicurezza, salute e ambiente.
Il fatto che questa assemblea si tenga a Taranto è significativo del fatto che oggi a Taranto si combatte una battaglia decisiva per l’intero movimento dei lavoratori, per tutta l’opposizione, per tutti i cittadini le masse popolari che vogliono tutelare la loro salute e territorio.
È stato perciò giusto tenerla in questa occasione qui l’assemblea nazionale della Rete, come in altre occasione è stato giusto tenere iniziative e assemblee nazionali in altre città, nel momento in cui erano il centro della battaglia.
Per essere chiari, la nostra non è un’assemblea di Taranto e su Taranto. Discuteremo qui oggi tutti i temi, le lotte e le realtà su cui ci siamo impegnati e di cui ci stiamo occupando e che danno il quadro complessivo della situazione e della lotta in Italia sul fronte della salute e della sicurezza sui posti di lavoro e sul territorio.
Questo non è un convegno di specialisti, di tecnici del mestiere, anche se spesso tecnici e specialisti di diverse materie hanno partecipato e contribuito ad iniziative delle nostra Rete.
La Rete è una realtà militante, di compagni e organismi che si sono spesi in questi anni nelle fabbriche e sui territori su questi due fronti. Due manifesti affissi in sala danno l’idea delle tappe principali del lavoro fatto dalla Rete, visibile su scala nazionale, accanto ad un lavoro meno visibile, ma altrettanto importante.
Due sono state le manifestazioni nazionali importanti realizzate dalla Rete. Quella del 6 dicembre 2008 a Torino, a un anno dalla strage della Thyssenkrupp che costò la vita a 7 operai e di cui proprio ieri è stato il 5° anniversario. In quella occasione costruimmo insieme a tante realtà differenti una manifestazione nazionale, che resta tuttora, dopo 5 anni, l’unica manifestazione nazionale che portò a Torino cittadini, lavoratori, parenti e compagni, da Taranto, perfino dalla Sicilia, per un corteo di 5000 persone che ha contribuito tanto a fare di quella vicenda una questione nazionale, non soltanto sulle pagine della stampa, ma nella realtà dei posti di lavoro e sui territori.
E proprio in occasione del secondo anniversario della strage, che dalla Thyssenkrupp venne lanciato la proposta di tenere una grande manifestazione sulla salute e la sicurezza a Taranto. Cosa che realizzammo il 18 aprile del 2009, quando, molto prima che si muovessero i magistrati e tante altre realtà che oggi sono in campo, abbiamo fatto a Taranto una manifestazione nazionale, di cui potete vedere il manifesto e a cui parteciparono nazionalmente numeri che non stati raggiunti neanche da manifestazioni tenute in giorni più recenti e drammatici per questa nostra città. Pochi furono in quella occasione i cittadini di Taranto, circa 120 operai e una cinquantina di abitanti dei Tamburi, ma sfilarono in corteo quasi 5000 persone, in un gigantesco serpente che partì dai Tamburi e arrivo a Piazza Garibaldi, dove intervennero operai, familiari di vittime del lavoro, giuristi, artisti a tanti altri che contribuirono già allora a far diventare l’Ilva/Taranto una questione nazionale.
Certo quella manifestazione era più tematizzata sulle morti in fabbrica che sull’inquinamento, perché allora venivamo da una catena senza precedenti di morti operaie nella realtà dell’Ilva: 5 operai in due anni, che raggiungevano il numero complessivo di 43 operai morti durante la gestione Riva dello stabilimento di Taranto. Per diverse ragioni, ma dopo quella manifestazione non ci furono più infortuni mortali all’Ilva, fino ai tragici giorni delle ultime settimane, in cui altri due operai dell’Ilva sono morti sul lavoro.
Perciò il tema centrale allora fu come fermare quelle morti che allora, dopo la Thyssen e più della Thyssen, faceva dell’Ilva la fabbrica simbolo in cui l’inosservanza delle norme sulla sicurezza in nome del profitto provocava una catena infinita di morti sul lavoro.
Quella manifestazione fu un grande segnale, uno stimolo per tante altre realtà, che già esistevano sul territorio ma non si erano adeguatamente impegnate prima di quella manifestazione. Per esempio, alcuni operai che parteciparono a quella manifestazione oggi sono a capo del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, una realtà abbastanza grossa in questa città, ma con caratteristiche abbastanza particolari.
Dunque, la nostra Rete non ha mai fatto solo convegni, parole e documenti. Ha combattuto in questi anni per fare della sicurezza sul lavoro un tema centrale nella lotta sociale e politica in questo paese, certo avendo come obiettivo l’adozione di leggi, di misure, la conduzione di processi, articolando diverse proposte in questo senso, ma sempre tenendo la visione generale della necessità di trasformare l’intero sistema, perché abbiamo ben chiaro che non è possibile fermare in questa società la catena di morti sul lavoro e da inquinamento senza rovesciare i padroni di questa società, i padroni delle fabbriche, della finanza, i partiti politici e i sindacati legati ai partiti politici e ai governi dei padroni, che fanno sì che nelle fabbriche si sa quando si entra ma non se e come se ne esce e fanno sì che, all’esterno, quelle stesse fabbriche diventino, invece che fonti di benessere, fonti di morte.
La Rete è nata per questo e continuerà questo suo lavoro, siamo una Rete oggettivamente anti-istituzionale, perché non ci sentiamo rappresentati da nessuno, né dai partiti, né dai sindacati confederali, né dal governo; ma questo non ci ha impedito di mettere insieme di volta in volta le forze per pesare nel confronto con istituzioni e governo. Quando, ad esempio, c’è stata l’approvazione del TU 81 sulla sicurezza, una delegazione della Rete è stata in Senato per confrontarsi con i parlamentari che se ne occupavano per spingere affinché quel TU fosse il migliore possibile, desse ai lavoratori in fabbrica e non solo gli strumenti che permettessero loro di contrastare l’insicurezza sui posti di lavoro. Abbiamo presentato proposte di legge, tuttora in attesa di approvazione, alcune non sono mai arrivate ad essere discusse, nonostante vari parlamentari abbiamo spesso partecipato alle iniziative della Rete promettendo il loro impegno. Tra queste , quella per una corsia preferenziale che acceleri i processi per responsabilità sulle morti sul lavoro o quella perché sia accettata senza altre condizioni la costituzione di parte civile negli stessi processi delle associazioni di familiari e sindacali anche dei lavoratori superstiti, restano battaglie ancora tutte da fare e vincere.
Stiamo stati anche attivi nei processi, in alcuni come parte civile; abbiamo realizzato un presidio permanente durante tutte le udienze dei processi Thyssenkrupp ed Eternit, e questo ha pesato sul clima che si è creato in tribunale e che ha portato a pesanti condanne contro i padroni e sancirne le responsabilità per assassini di massa come quelli perpetrati alla Thyssenkrupp e nel territorio della Eternit. Tanti lavoratori, familiari hanno trovato nella presenza della Rete un punto di riferimento stabile.
A Taranto siamo stati noi i fondatori dell’’Associazione 12 giugno’, insieme ad alcuni familiari. Sappiamo che, una volta formate, le associazioni camminano sulle loro gambe, ed è giusto che sia così. Ma rivendichiamo che come parte del lavoro della Rete sia nata la prima associazione di familiari che non si è limitata a chiedere indennizzi per i sopravvissuti, ma ha posto chiaro l’obiettivo che non si muoia più sui posti di lavoro, trasformando il dolore dei familiari in forza irriducibile di lotta. Figure come quella di Franca Caliolo, moglie dell’operaio morto il 18 aprile 2008, sono diventate figure riconosciute e punto di riferimento in tutta Italia per tanti altri familiari di lavoratori morti sul lavoro. Grazie alla Rete, l’Associazione 12 giugno e le altre in relazione con noi, si sono mosse non solo per assistere i familiari ma per trasformare gli stessi familiari in protagonisti di una battaglia di denuncia e di avanguardia affinchè non ci fossero più “familiari di morti sul lavoro”.
La Rete afferma con forza che la trincea principale della lotta per la difesa della vita degli operai è la fabbrica e che gli operai hanno bisogno di avere più forza e più potere in fabbrica per contrastare le morti sul lavoro. Per questo la Rete ha proposto l’estensione per legge delle prerogative degli RLS, che devono essere tutelati durante e dopo il loro mandato per evitare la situazione di oggi in cui là dove gli RLS non sono corrotti o acquiescenti, gli si impedisce di svolgere la loro funzione, e alla fine vengono perseguitati e perfino licenziati se operano seriamente. Su questo ci sono stati casi su cui abbiamo fatto campagne nazionali. Per noi gli RLS devono avere potere ampio in fabbrica per muoversi, controllare, bloccare impianti, senza rischiare di essere puniti per questo. Abbiamo chiesto che gli RLS non siano nominati da un sindacato, perché la sicurezza non può dipendere dal sindacato da cui si appartiene, la carica degli RLS non può essere la riserva per i delegati RSU trombati alle elezioni, ma che siano eletti su scheda bianca da tutti gli operai della fabbrica, indipendentemente dalla loro tessera sindacale, per dagli un’investitura generale che sussidi il potere che necessariamente deve avere per incidere realmente. Solo così gli RLS possono diventare anche delle sentinelle in fabbrica sull’utilizzo della fabbrica stessa, anche sulle emissioni nocive che dalla fabbrica si riversano sul territorio provocando spesso disastri come quelli che stiamo vivendo a Taranto.
Senza il potere degli operai in fabbrica, attraverso le loro organizzazioni sindacali, i loro RLS nessuna lotta per la sicurezza è realmente vincente e non c’è magistrato o legge che garantisca la vita dei lavoratori. Senza potere dei lavoratori in fabbrica non è possibile bloccare alla fonte le ricadute delle lavorazioni sul territorio che in alcuni luoghi sono diventate realtà tanto drammatiche.
Tutto questo la Rete ha sostenuto in questi anni e non lo ha fatto aspettando i magistrati, aspettando che ci scappasse il morto, si è battuta perché i vivi facessero questa lotta, perché non fossero invece, per così dire, i morti a seppellire i vivi, come nel caso in cui si ipotizza la chiusura di interi impianti industriali dove invece la classe operaia potrebbe avere la forza materiale per cambiare lo stato delle cose.
La Rete ha continuato a fare la sua lotta ovunque è presente ed è necessario. Chiunque conosca la Rete sa, ad esempio, che appena muore un immigrato in un cantiere all’Università, in piena rivolta studentesca, come è successo nel dicembre 2008, è stata la Rete a prendere in mano la questione per farla diventare patrimonio di lotta sia degli studenti, sia dello stesso movimento sindacale, non solo dei sindacati ufficiali ma anche in quelli base che sono tutti tuttora abbastanza sordi di fronte alla necessità di impegnarsi con continuità nella battaglia su questo fronte.
Altre stragi sul lavoro hanno attraversato il nostro paese. All’Eureco di Paderno Dugnano, dove ci sono cittadini e familiari che combattono, la Rete è lì, opera quotidianamente.
A Marghera, dove già qualche anno fa si è posto con grande e tremenda urgenza lo scontro tra operai che volevano il lavoro e cittadini che volevano un ambiente sano, questione che certo non è stata risolta a Marghera nonostante i miliardi spesi e gli accordi di programma, tutte cose che oggi si chiedono per Taranto, come se i miliardi dallo Stato e accordi di programma fossero una soluzione. A Marghera ci sono stati gli uni e gli altri ma lì si continua a morire dentro e fuori della fabbrica. Non solo, in fabbrica oggi, al posto degli operai a tempo indeterminato abbiamo una catena di lavoratori con contratti precari, per lo più immigrati che non hanno nessuna sicurezza né di lavorare, né di tornare a casa, e neppure di essere pagati!
A Molfetta, città di un’altra strage, è stata la Rete che con la sua azione, in collaborazione coi familiari, ha portato nel processo ad incriminare i veri responsabili, l’Eni di Taranto, anche se la prima sentenza non ci ha dato ragione.
E ancora, a Ravenna, dove ci sono stati due morti connesse al lavoro interinale, gestito da agenzie e cooperative a loro volte facenti capo a sindacalisti, è la Rete che ha portato alla luce questa realtà, ricavandone denunce, querele, processi a carico dei nostri compagni.
La Rete ha trasformato la geografia delle stragi sul lavoro, dei siti inquinanti, delle morti in fabbrica nelle tappe di una marcia costruendo, per così dire, un legame di sangue tra una realtà e l’altra. Certo, in generale lo abbiamo fatto con forze molto modeste e con difficoltà a coinvolgerne altre, cosa che solo in occasione degli eventi maggiori siamo riusciti a realizzare.
Per questo oggi la Rete è qui a Taranto, promossa dai compagni, dai lavoratori, dagli attivisti dello Slai cobas di Taranto, ma sicuramente qui noi non siamo tarantini, siamo proletari, siamo cittadini del mondo, che ritengono che ovunque si muoia sul lavoro sia nostro compito ribellarci.
Per questo è molto importante ricordare che altrove nel mondo si muore molto di più che nei nostri paesi. 150 operai sono bruciati vivi in una fabbrica in Bangladesh, nostri fratelli di classe che sentiamo tali come i tarantini che muoiono in questa città e in questa fabbrica. E avere senso della giustizia e avere a cuore la salute significa guardare a queste realtà come a una battaglia generale, nazionale e internazionale, perché i padroni agiscono a livello internazionale. Nello stabilimento di Novi Ligure dello stesso Riva ci sono stati negli ultimi mesi un morto e ferito grave. Il figlio di quel Riva è latitante e oggi fa sapere di essere pronto a costituirsi in Inghilterra, significa che si ritiene appartenente al mondo, al mondo dei padroni. A quel mondo dobbiamo opporre il mondo dei proletari, non la “tarantinità”. È giusto che a Taranto tutti i cittadini si sollevino, ma questa non è questione che appartiene alla sola Taranto. l’Ilva è la grande fabbrica del paese, la seconda in Europa, una delle più gradi nel mondo. Questa battaglia si vince su scala nazionale e internazionale.
Lo dimostra il fatto che nonostante le proteste, le ribellioni, spesso molto numerose e combattive dei cittadini di Taranto, un Clini qualsiasi di un governo qualsiasi, per decreto azzera i processi in corso e ti dice: “o magi questa minestra…”. Come si può pensare che solo la città debba rispondere e possa risolvere questi problema? La città è perdente se risponde solo e soltanto come città. È perdente se pensa che le istituzioni, che hanno sostenuto Riva, possano essere una soluzione. Tutte le istituzioni, nessuna esclusa.
Dunque la Rete è qui innanzitutto per dare il suo apporto alla battaglia in corso a Taranto, per portare l’Ilva di Taranto ovunque, in ogni processo. Ieri ad esempio c’erano dei familiari della Associazione 12 Giugno al processo Thyssen di Torino e i lavoratori Thyssen sono virtualmente presenti oggi qui con un loro testo, dato che non hanno potuto organizzarsi per venire di persona per la prossimità dell’anniversario della strage.
Al processo Thyssen per la prima volta i padroni sono stati incriminati per omicidio volontario, rendendo possibile delle condanne che hanno fatto scalpore. In quel processo si è ottenuto il riconoscimento come parte civile non solo dei familiari delle vittime, ma anche degli operai che hanno rischiato la vita nella stessa fabbrica. Così sono state migliaia le parti civili ammesse al processo Eternit. A Taranto un processo del genere potrebbe riguardare decine di migliaia di cittadini e allora si può capire che se non si mettono in rete le esperienze positive che ci sono state ai processi Thyssen ed Eternit così come quelle negative che ci sono state in tanti altri processi finiti nel nulla, non si riuscirà neanche a Taranto a ottenere un minimo di giustizia.
Abbiamo qui oggi una delegazione di lavoratori dei servizi cimiteriali, che non sono né abitanti dei Tamburi né operai dell’Ilva, ma che come e più di loro respirano le polveri dei parchi minerari, dato che il cimitero di Taranto si trova a pochi metri dai parchi minerari dell’Ilva. Come faranno a ottenere giustizia senza mettersi in rete con una visione generale?
Tutto questo dà un’idea dei problemi di cui la Rete deve farsi carico e gestire come Rete nazionale, non tanto come sindacato. È giusto che cittadini e lavoratori siano molto diffidenti verso sindacati che non li hanno tutelati. È giusto che nei processi si associno in associazioni che possano garantire tutti e non lasciare il singolo lavoratore o cittadino nelle mani dell’avvocaticchio di turno a caccia pubblicità.
La Rete è anche uno strumento di questo tipo. Uno strumento di mobilitazione di proposta di piattaforme, di sensibilizzazione generale e organizzazione particolare affinchè i lavoratori ottengano ciò che vogliono ed è necessario che ottengano se si vuole mettere fine all’orrore senza fine delle morti da lavoro e da inquinamento.
In questo senso la riunione di oggi a Taranto ha il significato di una Rete che prende nelle sue mani questa battaglia nazionale, nel confronto con quelle realtà cittadine che con la Rete vogliono confrontarsi, per fare insieme questa battaglia, insieme sotto le bandiere della lotta per il lavoro, la sicurezza e la salute.
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