giovedì 24 gennaio 2013
Udienza Thyssen del 22 gennaio
La difesa di Thyssen: "Espenhahn non è un assassino"
Le madri delle vittime protestano, la polizia le identifica
L'avvocato Coppi: "Le testimonianze attestano che il dirigente
aveva a cuore la sicurezza dei suoi operai".
Poi ha chiesto l'assoluzione del suo cliente suscitando l'ira dei
parenti delle vittime
di SARAH MARTINENGHI
La difesa di Thyssen: "Espenhahn non è un assassino" Le madri delle
vittime protestano, la polizia le identificaIl difensori degli imputati
al processo Thyssen
Con l'arringa dell'avvocato Ezio Audisio e quella del professor Franco
Coppi, ieri è terminata la difesa della Thyssenkrupp al processo
d'appello. Dopo aver puntato il dito contro gli operai, e distribuito le
colpe della tragedia in parte su di loro e in parte sui dirigenti
italiani, Audisio ha chiesto l'assoluzione dei vertici dell'acciaieria:
"Espenhahn, Pucci e Priegnitz devono essere assolti perché il fatto non
sussiste, non costituisce reato e per non aver commesso il fatto". "L'ad
Espenhahn non poteva prevedere la sequenza causale di quei fatti, che fu
del tutto anomala. E non aveva possibilità di impedirla" ha detto prima
di lasciare la parola a Coppi. Il presidente della Corte Giangiacomo
Sandrelli ha deciso una pausa, e a quel punto la madre di una delle
vittime è sbottata in aula e ha urlato, rivolgendosi ai legali:
"Vergogna, assassini!". Più volte in primo grado i parenti si erano
lasciati andare a questo tipo di esclamazioni, ma in appello non era
ancora accaduto. Questa volta però, la Corte non ha lasciato passare
l'episodio: prima che il processo ricominciasse il presidente ha chiesto
ai carabinieri di identificare le madri e ha definito l'episodio
"fastidioso": "Ricordo ai parenti delle vittime che se non ci sarà un
comportamento urbano sarò costretto a ricorrere all'espulsione".
Con maestria l'avvocato Franco Coppi, difensore di Espenhahn, ha cercato
di smontare la tesi della Procura che ha portato l'ad a essere
condannato in primo grado a 16anni per omicidio volontario con dolo
eventuale. Destreggiandosi tra giurisprudenza e dottrina, il professore
ha affrontato il tema del dolo eventuale cercando di portare i giudici,
in caso di condanna, a optare per la "colpa" e non per "il dolo"
(puntando così quanto meno a dimezzare la pena). Secondo l'accusa, l'ad
ha agito non con la volontà di creare un incendio, ma rappresentandosi
la possibilità che potesse verificarsi, e accettandone il rischio.
Cavalcando la sottile linea di confine che c'è tra i concetti giuridici
di "colpa cosciente" e "dolo eventuale", e partendo dall'esempio da
manuale del lanciatore di coltelli al circo che "si esibisce lo stesso,
accettando il rischio di ferire la sua assistente, grazie alla sua
bravura", Coppi ha ripetuto ai giudici che dovevano entrare nella mente
di Espenhahn e affermare "oltre ogni ragionevole dubbio" che aveva agito
così "costi quel che costi", ovvero preferendo la logica economica del
profitto e dell'economia rispetto alla vita dei suoi operai. "Dovreste
quindi concludere che Espenhahn è un assassino, e che lui si sia
immaginato le fiamme e i corpi carbonizzati, e abbia deciso di agire
comunque, abbia accettato quell'evento e messo in moto un meccanismo
causale che ne ha portato il verificarsi". "Non è così - ha aggiunto -
le testimonianze dicono che era un maniaco della pulizia, che aveva a
cuore l'incolumità e la sicurezza degli operai. Perché avrebbe dovuto
rinnegare la sua professionalità? Ormai era al vertice della carriera,
non avrebbe ottenuto nulla in cambio se anche avesse mantenuto lo
stabilimento aperto due mesi di più: perché dunque mettere in gioco
delle vite umane e la sua libertà?".
(23 gennaio 2013)
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