lunedì 28 gennaio 2013

Interventi all'assemblea della Rete a Taranto: ambientalisti della Lombardia e di Taranto e lavoratori del cimitero vicino l'Ilva


EZIO CORRADI
COORDINAMENTO DEI COMITATI AMBIENTALISTI DELLA LOMBARDIA


Grazie, saluto tutti i presenti e porto una testimonianza di vicinanza ai problemi della città di Taranto.
Mi son sentito in dovere di partecipare a questa iniziativa soprattutto per esprimere una solidarietà viva alla Magistratura tarantina e ai Pubblici Ministeri che con coraggio stanno affrontando questo problema dell’Ilva.
Non è un problema semplice, ci rendiamo conto, ma sono troppi anni che questa situazione non viene mai affrontata. E’ chiaro chi non la vuole affrontare è ben consapevole dei rischi che fa affrontare alla popolazione. Per cui queste decisioni dovevano essere prese prima, e quello che noi vediamo verificarsi nel vostro territorio, lo vediamo, anche, nel territorio della Lombardia.
Abbiamo il caso esemplare della Caffaro di Brescia; a Mantova abbiamo problemi col Petrolchimico; a Cremona un’Acciaieria, l’Arvedi, è stata potenziata come produzione senza nessuna valutazione d’impatto ambientale, è stata potenziata in mezzo a due paesi. E quindi si rincorrono le stesse modalità, le stesse situazioni che, purtroppo, si verificano anche nel vostro territorio, anche se in maniera minore.

Allora il problema è a questo punto a che cosa servono le Istituzioni se non tutelano i cittadini? A cosa serve un Ministro dell’Ambiente se non mette in atto tutte le iniziative per tutelare la salute dei cittadini? Qui voi avete il grosso problema Ilva, dalle nostre parti sta esplodendo la problematica degli stoccaggi di Metano. Con centrali d’immissione del Metano nel sottosuolo che bruciano metano e quindi producono inquinamento e fumi a 6/700° in una Pianura già inquinata di suo. Allora quello che di grave succede è che il Ministro dell’Ambiente non dice nulla sul fatto che per gli stoccaggi di metano vengono utilizzati e proposti anche posti con sismicità conclamata.
La Pianura Padana non è una tavola senza rischi. NO! Nella pianura padana ci sono pesanti situazioni di sismicità che vengono anche provocati dagli stoccaggi. Basti pensare che nella sola Lombardia, per non parlare dell’Emilia, ci sono 116 Comuni coinvolti in questi progetti, con circa 1 milione di persone. I cittadini sono del tutto non informati; i Comuni non hanno, spesso, la documentazione. Si va col passa parola, con il fatto di farsi illustrare da tecnici delle Società di Stoccaggio quello che dovrebbero essere i progetti. E’ una cosa francamente indecente, da Terzo Mondo, perché nemmeno nel delta del Niger succede più!
E’ ora che smettiamo di subire un certo modello di sviluppo, che di sviluppo poi non ne porta. Subiamo le conseguenze come cittadini e francamente mi disturba che alte cariche dello Stato si pentano di aver fatto l’Ilva dopo quello che fa l’Ilva adesso, quando l’hanno promossa nei decenni passati. Mi disturba il fatto che lo Stato non tuteli a sufficienza la salute dei cittadini.
Il problema della salute e tutela del territorio è un problema che riguarda il Nord come il Sud. E quindi c’è la necessità che queste problematiche vengano tirate fuori, portate alla luce del sole.
Qui in Italia siamo, purtroppo, di fronte a una mancanza di pianificazione territoriale seria. A una mancanza di una tutela e cultura dell’ambiente, per il quale la cultura del lavoro e la cultura dell’ambiente devono marciare assieme. La Salute non è un bene mediabile.
Le conseguenze le sapete bene anche voi. Anche da noi ci sono persone che soffrono e pagano pesantemente la situazione ambientale, che noi stessi come persone, come uomini, come società abbiamo creato. Allora sono queste le cose che devono venire fuori.
Non può una società come l’ENI, come l’Astosi, predisporre o fare spezzoni di progetti di Metanodotto, da Massafra a Minerbio, a 200Km per volta e a ogni pezzo richiedere la BIA. Senza invece considerare il fatto, come è giusto che sia, che sia un progetto unitario, unico. Lo stesso succede da noi. Quando alla fine vediamo che i progetti coincidono e portano, tutti, in un gigantesco stoccaggio. Le cose sono tenute nascoste, come se fossero segreti incredibili. Noi ci troviamo ad avere sulle spalle, promossi dai grandi importatori di metano, miliardi e miliardi di metri/cubi di metano appena al di sopra delle nostre necessità. Dal 2008 ad oggi il calo è stato del 10% del consumo e l’importazione è addirittura moltiplicato. Un giornale del 2006 diceva che l’Eni avrebbe avuto a disposizione metano da bruciare fino al 2035. Una Società che, a questo punto, non si sa bene, se detiene le necessità energetiche del Paese o ha in mente di fare altre cose.
Quando il Piano Energetico Nazionale ci pone l’esigenza che il nostro Paese diventi l’HUB dell’Europa del Sud del metano, è per rivenderlo a Francia-Spagna-Grecia-Slovenia-Croazia-Bosnia? Francamente si resta perplessi nel cercare di capire qual è il destino energetico del nostro Paese, quali sono veramente gli scenari. Qui nessuno ci dice che in effetti sono le società che importano di meno e sversano di più, praticamente sfruttando le risorse non rinnovabili e sfruttando il nostro territorio, devastando il nostro territorio. Gli stoccaggi che vi ho detto, sono situati in parchi naturali, in zone tutelate dal punto di vista ambientale.
Quindi è una situazione, francamente, che non ci aiuta a crescere come paese civile e, soprattutto, non aiuta ad uscire da questa crisi.

VINCENZO CONTE
AMBIENTALISTI STATTE (TA)


La situazione all’Ilva è esemplare. Nel ’95, sotto l’allora presidente del Consiglio Dini, si regalò a Riva lo stabilimento di Taranto, per una cifra che oggi sarebbe circa 800 milioni di euro, una miseria, e, quel che è peggio, il salario operaio da allora non è aumentato quasi per niente.
Non solo al privato viene regalata l’Ilva, ma quando arriva si riprende dai lavoratori tutto quello che avevano conquistato nei precedenti anni di lotte, trovando la piena collaborazione dei sindacati confederali, che accentuarono ancora di più il loro atteggiamento di collaborazione col padrone.
Un esempio per tutti: sull’orario di lavoro dei normalisti. I lavoratori dell’allora Italsider avevano conquistato il diritto a timbrare l’entrata e l’uscita ai cancelli, una 20 di minuti prima di arrivare in reparto e 30-40 minuti dopo che l’avevano lasciato, avendo il tempo di cambiarsi e fare la doccia, tempo che era incluso nell’orario di lavoro. Riva impose invece la timbratura in entrata e in uscita già in reparto riprendendosi a costo zero quel tempo e prolungando di fatto l’orario di lavoro di un’ora secca!
Se il sindacato volesse davvero riprendere la difesa dei lavoratori, ecco che questa sarebbe una delle prime questioni da cui partire.
È solo un esempio per far capire che cosa è successo in quella fabbrica. Un altro esempio: la palazzina LAF, il reparto confino per cui Riva è stato condannato per mobbing fino all’ultimo grado di giudizio, con condanna a 1 anno e 2 mesi.
Questa azienda aveva messo su tutto un sistema che in questi giorni le inchieste stanno drammaticamente portando alla luce. Un sistema che ruotava intorno alla figura del dott. Archinà, un personaggio che anch’io ho conosciuto nel periodo in cui sono stato amministratore al Comune di Statte e in cui questo signore era di casa al Municipio di Statte. Infatti le discariche di rifiuti speciali Ilva insistono tutte sul territorio del Comune di Statte, come anche una parte dello stabilimento, e sono discariche che io ho denunciato essere completamente fuori controllo, dove non si rispetta nessuna prescrizione, dove ci sono aree da anni sotto sequestro.
Dunque l’Archinà quasi tutti giorni si aggirava nei corridoi del Comune, per avere garanzie di continuare a gestire quelle discariche fuori controllo da quella parte politica che oggi l’inchiesta sta portando bene alla luce. Ma non solo il Comune di Statte è stato coinvolto nel sistema Riva-Archinà, credo che lo stesso Palazzo di giustizia ne sia stato inquinato, a partire dagli avvocati fino ai magistrati, non si spiegherebbe perché, altrimenti, per anni tutti i ricorsi e le cause intentati dai lavoratori sono stati regolarmente persi.
Dunque era tutto un sistema con cui erano collusi sindacati e istituzioni senza esclusioni, e che oggi in parte sta venendo alla luce.
Dall’altra parte c’è una città oggi profondamente divisa, se ne è avuta un’idea anche dagli interventi che mi hanno preceduto. Una città in cui, come già detto, si vive una vera emergenza sanitaria. Non solo per la dimensione della devastazione dell’ambiente e del danno alla salute della gente che vi abita, ma anche per la carenza di strutture sanitarie sullo stesso territorio, dove diversi reparti e ospedali sono stati recentemente chiusi.
Su questo si è pronunciato il presidente della repubblica, che secondo me recita a soggetto: il giorno prima firma il decreto Salva-Riva, il giorno dopo dice che la sanità non può essere un lusso per i cittadini italiani. Venga a Taranto e vedere se la sanità è un lusso o no  per i tarantini!
Nelle scorse settimane è venuto in città il ministro della Sanità e ha presentato lo studio epidemiologico che dimostra la relazione tra inquinamento e patologie presenti sul nostro territorio. Quello studio dice che il picco di malattie si avrà nel 2020, ma già oggi le patologie legate all’amianto sono aumentate del 400%. Se consideriamo che tutto l’amianto smaltito all’interno per le bonifiche dopo il ’92 è stato stoccato nelle discariche speciali che dicevo prima, da cui quando c’è vento forte si alza una nube che investe lo stabilimento, il quartiere Tamburi, Statte e tutta la città di Taranto, si capisce bene che pericolo siano quelle polveri.


dai LAVORATORI DEL CIMITERO - TARANTO
Coop. L’ANCORA


Vi saluto tutti a nome anche dei colleghi che non sono potuti venire o restare fino a quest’ora.
Lavoriamo al cimitero di Taranto, che significa stare fisicamente a ridosso e a stretto contatto con l’Ilva, a poche decine di metri. Sono tante le polveri che respiriamo, anche e soprattutto nelle ore notturne, il sabato e la domenica, quando all’Ilva approfittano per emettere a più non posso, quando è più difficile accorgersene e che ci siano controlli.
Questa è la realtà che vivo giornalmente con i miei colleghi e possiamo anche documentarlo tangibilmente con filmati che abbiamo realizzato in questi anni. Lavoriamo in una situazione di assoluta criticità. Condizioni che abbiamo in comune con chi vive al quartiere Tamburi.
Nella sentenza del riesame emessa a conferma della ordinanza del Giudice Todisco si scrive: ”la gravissima situazione di inquinamento, prodottasi con la contaminazione della vasta area .... tra i comuni di Taranto e Statte, causata dall’attività del siderurgico e dalle sue emissioni incontrollate e incontrollabili, oltre che da quelle autorizzate di polveri e fumi, si accompagna ad una allarmante compromissione ambientale delle aree urbane - immediatamente e visivamente percepibile nei rioni a ridosso del siderurgico, in particolare nel quartiere Tamburi e nella zona del Cimitero di San Brunone massicciamente ricoperti (imbrattati) di una coltre di polveri ferrose di colore rossastro... che ha determinato un gravissimo e ormai insostenibile rischio sanitario”.
Noi lavoratori cimiteriali da 15-20 anni ogni giorno per almeno 6 ore all’aria aperta e sollevando tanta polvere, pulendo e tumulando ecc, ci esponiamo quindi a queste sostanze inquinanti, con gravi evidenti danni alla nostra salute passata, presente e temiamo soprattutto futuro.
Ora diciamo basta e siamo pronti a mobilitarci. Con lo Slai cobas stiamo portando giornalmente avanti la lotta contro queste condizioni, tra l’altro in una situazione in cui sono morti per patologie riconducibili alle condizioni di lavoro un nostro collega e il direttore del cimitero urbano. Abbiamo avuto anche noi i nostri morti, e questo ci accomuna ancora di più alla lotta degli operai dell’Ilva.

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