mercoledì 30 gennaio 2013

Continua la pubblicazione degli interventi dell'assemblea della Rete-Taranto, 7 dicembre. Le lotte dei disoccupati e quelle del quartiere Tamburi di Taranto


DISOCCUPATI ORGANIZZATI TARANTO

I Disoccupati Organizzati sono un movimento che nasce circa 3 anni fa proprio con l’idea di unire ambiente salute e lavoro. In questi anni abbiamo portato avanti varie e dure forme di lotta contro le Istituzioni, soprattutto del Comune, rivendicando il lavoro nella raccolta differenziata, ma anche l’occupazione in attivtà di bonifiche nei quartieri più colpiti come Tamburi, Paolo VI, a partire dai disoccupati residenti in questi quartieri.
Insieme a blocchi del ponte, occupazioni, presidi continui, nel 2010 abbiamo anche messo sù una ‘Tenda per il lavoro’ nella piazza del Comune. Fu un successo, diventò punto di riferimento per molti disoccupati, per coloro che avevano perso il lavoro, per molti cittadini di Taranto. Alla Tenda le donne disoccupate ebbero un ruolo importante con la costante presenza giorno e notte, e spesso con i loro bambini. Ma la Tenda era fastidiosa per le istituzioni e venimmo sgomberati con la forza dai Vigili che si scagliarono contro di noi e la Tenda fino a distruggerla. Ma questo non ci fermò, continuammo la lotta e così ottenemmo nel 2011 i corsi di formazione per la raccolta differenziata, per la prima volta finalizzati al lavoro. Sempre nel 2011 abbiamo organizzato un convegno sulla raccolta differenziata come risorsa ambientale, occupazionale, economica, che ha dimostrato che i Disoccupati Organizzati insieme alle iniziative di lotta e frutto di queste lotte sono coloro che, a differenza dei rappresentanti istituzionali, sono in grado di portare una analisi e proposte generali per unire concretamente lavoro e ambiente.
La nostra continua mobilitazione, ha portato ad una prima assunzione per 6 mesi di 14 disoccupati che avevano fatto il corso di formazione, prima nella raccolta differenziata porta a porta in due quartieri e dopo, a seguito di forti proteste con occupazione della Ditta presso cui lavoravano, con mezzi portati sotto il Comune e Prefettura, ecc., presso una struttura dell’Amiu, nella selezione della raccolta.

La nostra esperienza di lotta ci ha fatto toccare con mano la totale assenza da parte di tutte le Istituzioni di risposte concrete e in positivo all’emergenza lavoro e all’emergenza ambiente, soprattutto nei quartieri più inquinati, come Tamburi, Paolo VI.
Tutto quanto sta accadendo all’Ilva e in città è ora per noi occasione per rilanciare il lavoro da noi già iniziato ai Tamburi per unire la battaglia per il risanamento ambientale al lavoro.
Nello stesso tempo continueremo a stare al fianco degli operai Ilva, perchè senza la loro battaglia  non c’è difesa dei posti di lavoro ma non c’è neanche salute e difesa dell’ambiente! Noi sono stati sempre presenti nei momenti più alti di lotta in questi mesi, abbiamo appoggiato lo sciopero e il presidio degli operai del MOF dopo la morte di Claudio Marsella.
Noi non vogliamo che 20 mila lavoratori vengano ad ingrossare le fila dei disoccupati, perderemmo tutti!


Da lavoratori-disoccupati DEI TAMBURI TARANTO


La situazione del rione Tamburi è oramai diventata insostenibile. Con 18 mila abitanti e a 200 metri da uno dei settori più nocivi dell’Ilva, i parchi minerali, da oltre 40 anni è il quartiere più inquinato di Taranto, con record di tumori che portano a una tragica statistica, almeno un morto in ogni famiglia, di cui tantissimi bambini.
Gli abitanti del quartiere hanno più volte negli anni denunciato, si sono mobilitati, soprattutto i giovani, ci sono state manifestazioni, nascita di associazioni, ma senza alcun risultato.

La nuova fase apertasi quest’estate e l’iniziativa iniziale ai Tamburi del Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti ha dato un nuovo slancio agli abitanti del quartiere. Vi sono state un paio di assemblee in piazza molto partecipate, con tanti abitanti che intervenivano. Una ad agosto ha visto la partecipazione di oltre 200 persone, con operai Ilva, pensionati Ilva, giovani disoccupati, rappresentanti dei miticultori danneggiati dalla diossina, ma soprattutto donne del quartiere che hanno raccontato in forme vive, molto commoventi quanto alto sia il prezzo di vite che si sta pagando per responsabilità dei padroni (privati e prima pubblici) del siderurgico e delle Istituzioni, dei politici e dei sindacati confederali. Sono proprio le donne, insieme ai giovani, ad essere l’anima nuova di questa battaglia del quartiere, hanno fatto forti appelli a scendere in piazza tutti, e hanno posto con più nettezza il fatto che la battaglia per la salute e il lavoro devono andare insieme, contro posizioni di contrapposizione e di richiesta di chiusura della fabbrica portata soprattutto da aree del Comitato.
L’altra realtà sono i giovani, provenienti anche dall’area ultras, che vogliono non solo lottare contro una fabbrica produttrice di morte ma vogliono anche una città libera dalla disoccupazione, precarietà, da mancanza di futuro.
A metà ottobre, sempre organizzata dal Comitato Liberi e pensanti vi è stata una manifestazione che ha visto una partecipazione di oltre tremila persone. Una manifestazione che ha mostrato ancora una volta l’ampiezza della giusta protesta antinquinamento, ma costruita soprattutto dall’esterno del quartiere ha visto poca partecipazione degli abitanti dei Tamburi.
Oggi abbiamo bisogno che la mobilitazione ai Tamburi abbia un nuovo sviluppo e soprattutto continuità, per questo occorre organizzazione stabile nel quartiere.
Dobbiamo unire la lotta per un vero risanamento ambientale del quartiere, con richieste e vertenze precise, la lotta per i fondi necessari, alla battaglia per il lavoro ai tantissimi disoccupati che vi abitano, contro le condizioni di vita in generale, il tartassamento di tasse, tariffe, ecc.
Perchè come abbiamo scritto nei nostri volantini: ai Tamburi non solo si muore, ma neanche si vive senza lavoro e salario.

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