I sindacati: “Avevamo denunciato prima”
Ieri è morto al Policlinico Umberto I di Roma l'uomo caduto mercoledì sera in un pozzo di 30 metri nel cantiere di via Casilina.
Pochi giorni fa la Fillea Cgil aveva denunciato al nostro giornale le condizioni di lavoro degli operai nei cantieri della terza linea della metropolitana L’aveva usata una sola volta l’espressione “morti”, Roberto Cellini, segretario romano della Fillea Cgil, quando aveva denunciato al Fatto Quotidiano le condizioni di lavoro degli operai nei cantieri della Metro C di Roma. Aveva detto che era stato solo frutto del caso, se, fino ad allora, “non c’erano stati morti”. Adesso il morto c’è. Si chiama Luigi Termano, classe 1985, figlio di quella generazione di Arzano, paesone in provincia di Napoli, reso celebre dalla scuola “sgarrupata” di “Io speriamo che me la cavo”. E’ morto cadendo in un pozzo da un’altezza di trenta metri, Luigi, mentre era intento a tagliare una trave di ferro nel cantiere di Torre Maura. Il suo contratto era partito una decina di giorni prima, il 22 di febbraio (era questa una delle denunce dei sindacati: i contratti brevi).
Oggi, per decisione unanime, di Comune di Roma, Metro C (il consorzio delle ditte che si sono aggiudicate l’appalto), Roma Metropolitane e sindacati, c’è stato il blocco dei lavori negli scavi della metro, anche se qualcuno giura d’aver visto muoversi alcune delle gru che portano nel sottosuolo il materiale da lavoro – segno di una attività in galleria che non pare essersi fermata ovunque. Il cantiere di Torre Maura è stato posto sotto sequestro dalla magistratura per i rilievi del caso. Per domani era fissata la manifestazione dei sindacati degli edili. Una manifestazione indetta per dare visibilità alla crisi di un settore che, negli ultimi cinque anni, ha visto scomparire 300 mila posti di lavoro, e che sarà aperta, in segno di rispetto per il lutto, proprio dai colleghi di lavoro di Termano. “E’ questa fame di lavoro che porta ad accettare paghe e tutele da fame”, spiega Cellini. E il più grande cantiere pubblico d’Italia, quello della Metro C, non sembra esserne esente.
IL VIDEODENUNCIA DELLA FILLEA CGIL SULLA METRO C
Quando il Fatto Quotidiano riprese la denuncia della Fillea, la società Metro C scrisse al sindacato, e per conoscenza a noi, che quella denuncia era falsa, che i controlli c’erano e che erano anche molteplici. Che si badava alla sicurezza e si controllavano i contratti di chi entrava in cantiere. Si chiedeva anche una rettifica a quell’
articolo dal “titolo altisonante” (una rettifica del sindacato, non del quotidiano), perché quella denuncia metteva in cattiva luce Metro C. La risposta del sindacato arrivò il giorno dopo: confermava punto per punto la denuncia e segnalava come “le finalità della organizzazione sindacale non è mai stata e non è la denigrazione di soggetti terzi, bensì ed esclusivamente la tutela del mondo del lavoro”. Nella sua prima lettera Metro C, mentre minacciava azioni a tutela nelle sedi competenti, propose un incontro ai sindacati. Questo incontro si farà:
il 5 marzo alle ore 15. Speriamo che serva.
Nessun commento:
Posta un commento