In questo numero:
- CASSA DI SOLIDARIETA' TRA FERROVIERI: CHI SIAMO
- E' MORTO MARCO GIORCELLI, 51 ANNI, DIRETTORE DE "IL MONFERRATO":
UN ANNO FA LA DIAGNOSI DI MESOTELIOMA
- LAVORATORI DE LA SCALA DI MILANO A RISCHIO SICUREZZA
- CORRUZIONE, N'DRANGHETA E DISCARICHE DI AMIANTO DI CAPPELLA
CANTONE
- RSPP, RISCHIO STRESS E CONTROLLI: L'OPINIONE DI RAFFAELE
GUARINIELLO
- AMIANTO, MALATI OTTO LAVORATORI SU DIECI DELLA SACELIT DI
SENIGALLIA
- ALCOL E LAVORO: ORIENTAMENTI DEL COORDINAMENTO TECNICO
INTERREGIONALE EMILIA ROMAGNA
Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste
notizie a diffonderle in tutti i modi.
La diffusione è gradita e necessaria. L' obiettivo è quello di diffondere il
più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei
lavoratori a tale proposito.
L' unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la
fonte:
"Marco Spezia - sp-mail@libero.it"
DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !
Marco Spezia
RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO
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CASSA DI SOLIDARIETA' TRA FERROVIERI: CHI SIAMO
Da Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri
http://www.casofs.org/
Intervista a Marco Crociati della Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri
di Alessandra Valentini
www.dirittidistorti.it
La Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri rappresenta un modello, oggi,
abbastanza inedito di sostegno tra i lavoratori. Uno strumento bello ed
efficace e che, da quando è nato, è stato di supporto non solo ai singoli
lavoratori colpiti da misure sanzionatorie, ma anche alle loro battaglie
condotte nell'interesse della collettività.
Con Marco Crociati, macchinista e "fondatore" della cassa cerchiamo di
saperne qualcosa di più.
ALESSANDRA VALENTINI
Quando nasce la cassa di solidarietà e a cosa vi siete ispirati, in un
momento storico in cui la solidarietà, anche tra i lavoratori, è merce
sempre più rara?
MARCO CROCIATI
La Cassa di Solidarietà, nasce il 14 marzo 2006, quattro giorni dopo il
primo licenziamento del macchinista Dante De Angelis, che si era rifiutato
di condurre un treno equipaggiato con il dispositivo " uomo morto " ritenuto
dannoso e pericoloso da molte ASL e oggi, fortunatamente, disattivato in
seguito anche alla nostra battaglia.
Dopo un primo momento di sgomento per il licenziamento di De Angelis, con un
gruppo di colleghi di varie qualifiche e di diverse regioni abbiamo pensato
di aprire un conto corrente postale sul quale versare quote mensili per
sostenere almeno le spese legali dei ferrovieri colpiti da sanzioni per le
loro lotte in favore della SICUREZZA DI TUTTI I CITTADINI. Dopo appena
quattro giorni, in occasione di una partecipata Assemblea Nazionale svolta a
Roma per decidere il percorso da seguire in risposta al licenziamento di
Dante, potevamo annunciare l'apertura del conto corrente e raccogliere le
prime numerose adesioni.
Devo dire che all'epoca esisteva un "Comitato di Solidarietà per i
licenziati di Report" che era attivo in Liguria e aveva lo scopo di aiutare
economicamente i quattro colleghi licenziati per aver denunciato, durante un
servizio di Report, gravi carenze di sicurezza in alcune linee ferroviarie
Liguri. Noi conoscevamo questo Comitato perché avevamo organizzato varie
raccolte di fondi per loro e quindi abbiamo seguito il loro esempio pur con
alcune modifiche. Abbiamo stretto rapporti tra i due comitati e, grazie alla
diffusione Nazionale della nostra iniziativa, siamo riusciti a coinvolgere
moltissimi ferrovieri, organizzare iniziative nazionali e persino scioperi e
alla fine il risultato è stato: LA REVOCA DEI QUATTRO LICENZIAMENTI DI
REPORT, REVOCA DEL LICENZIAMENTO DE ANGELIS.
A questo punto il Comitato per i licenziati di Report, esaurito il suo
compito, è confluito, con i propri fondi e iscritti, nella Cassa di
Solidarietà che aveva deciso di darsi una struttura permanente.
A.V.
Come siete organizzati?
M.C.
La struttura fondatrice è tutt'ora confermata (tranne due sostituzioni per
pensionamento) ed è formata da un Presidente/Tesoriere (io, ma solo perché
ho fisicamente aperto il conto corrente), un vice presidente, cinque membri
del Comitato Direttivo e due Revisori dei conti, ferrovieri di varie
qualifiche e di varie regioni, come già detto.
Abbiamo un sito internet, www.casofs.org, gestito dal Vice presidente,
Domenico, nel quale oltre che trovare tutti i nostri contatti, ci sono i
casi attualmente seguiti.
E' possibile effettuare l'iscrizione on line versando una quota mensile di
cinque euro come si preferisce: ai Referenti negli impianti, con Conto
Corrente Postale o Bonifico Bancario.
Volutamente il Comitato Direttivo è formato da ferrovieri di varie
qualifiche e regioni, proprio per essere il più possibile vicini a tutti in
modo che, non appena in qualche parte si verifica una necessità, possa
giungere la richiesta di intervento al Direttivo che, dopo discussione
interna, decide.
Ad oggi i contributi erogati sono stati approvati sempre all'unanimità.
A.V.
Qual è stata la risposta tra i ferrovieri?
M.C.
La risposta e stata entusiasmante! In pochissimo tempo abbiamo raggiunto una
solidità economica che ci ha permesso di essere un aiuto concreto ai
colleghi colpiti da pesanti sanzioni. La frase più sentita è stata: "
finalmente qualcosa che non è un sindacato e può aiutare anche chi non è
iscritto ad alcun sindacato".
A.V.
Chi e come materialmente versa alla cassa?
M.C.
Da statuto (consultabile sul sito della Cassa: www.casofs.org) possono
iscriversi tutti i ferrovieri di tutte le qualifiche ma abbiamo anche
Associazioni e singoli lavoratori che ci fanno pervenire contributi una
tantum. Per esempio c'è un autista di una Azienda di trasporto locale del
Nord Est che ci chiede di aprire la Cassa a tutti gli addetti al Trasporto
pubblico, ancora non siamo riusciti a farlo per nostre carenze
organizzative, ma lui ogni anno ci versa la sua quota una tantum che è
superiore ai 60 euro stabiliti!
Come detto il versamento si può effettuare personalmente ai referenti, con
conto corrente postale o bonifico bancario.
Il codice IBAN per il bonifico bancario è : IT10N0760103200000071092852
intestato a Crociati Marco.
A.V.
Dal sostegno a Dante De Angelis (macchinista licenziato), a Sandro Giuliani
(capotreno licenziato) e proprio in questi giorni a Riccardo Antonini
(ferroviere sanzionato per 10 giorni perché consulente familiari vittime
della strage di Viareggio), l'intervento della cassa a favore dei compagni
di lavoro, appare un intervento "militante", cioè rivolto a chi è stato
colpito da gravi sanzioni, fino anche al licenziamento, a seguito di un
impegno su questioni riguardanti modalità di lavoro, sicurezza di lavoratori
e viaggiatori, ricerca della verità su gravi incidenti come Viareggio. Con
il sostegno della cassa i compagni di lavoro ricevono non solo supporto
economico ma anche ideale a piccole o grandi battaglie che non riguardano il
singolo lavoratore ma in qualche modo la collettività. Come decidete di
intervenire?
M.C.
Nello statuto è chiaramente stabilito che gli interventi sono a favore di
chi lotta per la sicurezza, ovviamente la sicurezza dei ferrovieri è la
sicurezza del trasporto ferroviario e quindi di tutti i cittadini. Un
esempio chiaro è l'incidente di Viareggio, dove sono morte molte persone che
non solo non erano ferrovieri ma neanche viaggiatori. Ebbene in questo caso,
un ferroviere, Riccardo Antonini, che mette a disposizione le sue capacità e
conoscenze di Tecnico per far luce su un gravissimo incidente al fine di
chiarirne le cause per evitarne il ripetersi viene pesantemente sanzionato
dalla propria Azienda. Avevamo il dovere di intervenire per dire a Riccardo
che non sarà solo ma avrà con sé sicuramente centinaia di colleghi della
Cassa di Solidarietà.
A Riccardo, come deliberato, rimborseremo quanto, secondo noi, ingiustamente
trattenuto per i dieci giorni di sospensione. Tecnicamente qualsiasi
richiesta di intervento può essere proposta al Direttivo della Cassa da
qualsiasi ferroviere e dopo un dibattito interno che analizza se il caso in
oggetto rientra nelle nostre finalità, in base alle risorse disponibili, ne
delibera l'intervento. Insomma una struttura volutamente snella ed in grado
di intervenire anche in poche ore.
A.V.
Quali i prossimi appuntamenti?
M.C.
Attualmente stiamo seguendo i casi di Sandro Giuliani, Capotreno di Roma
licenziato a gennaio di quest'anno e di Riccardo Antonini, prossimi
appuntamenti non vorremmo averne perché significherebbe altre sanzioni o
iniziative per degradi dei livelli di sicurezza ma onestamente temiamo che
l'attuale deriva non possa terminare magicamente!
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E' MORTO MARCO GIORCELLI, 51 ANNI, DIRETTORE DE "IL MONFERRATO" UN ANNO FA
LA DIAGNOSI DI MESOTELIOMA
Da: http://www.articolo21.org
tratto da http://www.ilmonferrato.it
Alle 8 di giovedì mattina si è spento nella sua abitazione Marco Giorcelli,
51 anni, da 19 direttore de "Il Monferrato". La redazione è in lutto e si
stringe attorno ai famigliari in questo difficile momento. A gennaio dello
scorso anno gli era stato diagnosticato il mesotelioma pleurico, malattia
causata dall'amianto. Il rosario sarà recitato venerdì 16 alle 20,30 nella
chiesa dei Frati di Porta Milano mentre il funerale verrà celebrato sabato
17, sempre a Porta Milano, alle ore 9. La camera ardente sarà aperta da
giovedì 15 alle ore 16 presso l'abitazione di via Cagliero 8.
L'ultimo scritto del direttore Marco Giorcelli: "Malato d'amianto, ora
casalese doc!"
Mesotelioma maligno epiteliomorfo. Il verdetto sta lì, in tre parole. Con la
terza - mi hanno spiegato - che sa di speranza, perché indica la forma meno
aggressiva di questo tumore. Il tumore dell'amianto. Quella che meglio si
può provare a combattere, con maggiori speranze di sopravvivenza. E io ci
proverò.
Ma quelle tre parole, così nitide su un referto medico che non ha bisogno di
aggiungere troppe spiegazioni, da martedì 25 gennaio sono la mia stella di
David, il segno di una diversità - chiamiamola malattia - che dentro di me
ha cambiato tutto.
Fino alla vigilia di Natale, un mese prima, ho lavorato e vissuto a testa
bassa: con frenesia, fretta, con la passionaccia benedetta e maledetta di un
lavoro che ti tiene incollato in redazione anche 14 ore al giorno.
Poi, proprio alla sera della vigilia, una tosse insistente ha fatto suonare
il primo campanello.
Un'influenza banale, solo un po' insistente, come quella che va di moda
quest'anno? Il prossimo anno sarà meglio fare il vaccino?
No, non era influenza. E il vaccino giusto ancora non esiste. Mesotelioma
pleurico. È quello che si è portato via prima centinaia di lavoratori
dell'Eternit, poi centinaia di cittadini, di età diverse. "Esposizione di
tipo ambientale", conclude l'oncologa. Certo. Mica ho lavorato mai
l'amianto. Ma a Casale Monferrato, questa città sfortunata, devastata, che
però non posso certo smettere di amare, ci ho vissuto sempre.
Cinquant'anni, esclusi appena i periodi ferie, a respirare a pieni polmoni
l'aria di questa città che mi ha cresciuto: ad annusare le violette della
primavera, a sfidare l'afa dell'estate, a lasciare entrare nelle ossa la
nebbia e il fumo delle caldarroste, a mangiare la neve. Studi, amori,
amicizie, famiglia, lavoro: tutto qui. A Casale Monferrato e sulle colline
intorno: morbide mammelle che ho imparato a conoscere fin da ragazzino, in
piedi sulla vespa di papà, che scavallava i bricchi e si fermava a prender
fiato sui punti più panoramici, da dove riconoscevamo i campanili, i paesi,
il profilo delle Alpi.
Mi sono sempre considerato un casalese doc. Da martedì 25 gennaio, lo sono
più che mai.
Anch'io porto il segno più profondo della casalità di questi ultimi
cinquant'anni: il tumore dell'amianto. Come migliaia di persone che non ci
sono più, come centinaia che combattono la stessa battaglia.
Noi di Casale Monferrato. Una piccola Hiroshima, una piccola Nagasaki, una
piccola Chernobyl.
Ma quanto piccola? Certo siamo compagni di sventura, e se raccogliessimo le
tute di coloro che hanno lavorato l'amianto e d'amianto sono morti, ne
potremmo fare un cumulo enorme, come ad Auschwitz. E, in un altro mucchio,
le scarpe, le borse, i libri di coloro che l'amianto non l'hanno lavorato
mai, ma che sono morti ugualmente per questa fibra maledetta.
Finora, dal 25 gennaio, non ho ancora provato rabbia, dico un sentimento
personale risentito, per coloro che hanno disseminato la città di quella
malapolvere che ha portato via tanti di noi. E tanti amici e persone che ho
conosciuto personalmente: Mauro Cavallone, che mi seguiva con la benevolenza
di un fratello maggiore, il quale quasi non ha avuto nemmeno il tempo di
combattere e che mi ha aspettato per l'ultimo respiro; Luisa Minazzi, che ha
tenuto a bada per qualche anno proprio la varietà meno aggressiva, e che
forse ha respirato polverino in quel cortile vicino all'argine nel quale
giocavo anch'io, da ragazzo: ma saranno passati quasi 45 anni; Giorgio
Cozio, che ha sofferto nella stanza accanto alla mia e se ne è andato in
silenzio, in una notte; Alessandro Prosio, che un giorno è venuto da me in
redazione con un bigliettino con su scritto: "Maledetto amianto. Grazie
Eternit" e che qualche mese dopo si è arreso. E tanti, tanti, troppi altri:
mio zio Valente, mia zia Anna.
O meglio, vorrei dire, per ora non mi si è aggiunto - forse perché il dolore
fisico mi ha finora risparmiato - nessun ulteriore sentimento di rabbia, per
il fatto di essermi trovato cucita anch'io, sulla pelle, questa stella di
David fatta con una parola, mesotelioma. Perché la rabbia la provo da anni:
non per gli imputati del maxiprocesso che si sta celebrando a Torino, il più
grande mai aperto in Italia per una strage sul lavoro, ma per tutto quel
cumulo di crudeltà, menzogne, sotterfugi, connivenze, che ha consentito ai
«signori dell'amianto» di costruire, a Casale e nel mondo, una mostruosa
macchina per produrre potere e denaro, denaro e potere: una fuoriserie con
piccolo, forse - per loro - trascurabile difetto, quello di consumare
carburante umano: dignità, vite e famiglie spezzate. Trasformate in polvere
prima che il loro destino fosse compiuto.
Onestamente, prima del maxiprocesso in corso a Torino, pensavo che
all'origine del disastro ci fossero atteggiamenti gravemente colpevoli, ma
soprattutto irresponsabili: una terribile leggerezza, una tremenda
sottovalutazione del rischio. Ciò che è emerso al processo, che ha rilevato
l'esistenza addirittura di manuali della menzogna e dunque una atroce
consapevolezza di quanto si stava facendo e causando, mi ha atterrito. Dei
colpevoli ci sono sicuramente e il loro è stato un delitto contro l'umanità.
Gli imputati hanno diritto a un processo giusto e auguro loro di non essere
colpevoli: altrimenti per loro si dovrebbe provare pena, più che rabbia, per
come hanno negato il senso dell'umanità nel nome del profitto, del potere.
Certo, noi di Casale Monferrato chiediamo giustizia. Per i nostri morti, per
le nostre sofferenze, per le nostre famiglie sconquassate come se sul nostro
cielo si fosse combattuta, nel ventesimo secolo, un'altra guerra.
Lunghissima, estenuante. E senza possibilità di difenderci. Un crimine
contro l'umanità.
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LAVORATORI DE LA SCALA DI MILANO A RISCHIO SICUREZZA
Da Basta morte sul lavoro
http://bastamortesullavoro.blogspot.com/
giovedì 15 marzo 2012
Cronaca di Thomas Mackinson
14 marzo 2012
SICUREZZA SUL LAVORO, LA SCALA DI MILANO "OSSERVATA SPECIALE" DELLA ASL
L'episodio di settimana scorsa, quando una scenografia è caduta rischiando
di travolgere le maestranze, è solo l'ultimo di una serie di casi. D'ora in
poi ad ogni nuovo spettacolo il teatro dovrà stilare un documento di rischio
da fare valutare ai tecnici dell'azienda sanitaria.
Se la cava con duemila euro di multa, ma la questione sicurezza è ormai
sotto i riflettori dell'ASL. Succede alla Scala di Milano, il teatro più
prestigioso d' Italia, dove proprio una settimana fa un fondale in
allestimento si è rovesciato sul palco rischiando di travolgere le
maestranze sotto una tonnellata di legno e ferro.
Tragedia solo sfiorata ma la vicenda non finisce lì. I lavoratori della
Confederazione unitaria di base (CUB) hanno denunciato all'ASL l'accaduto e,
dopo le verifiche dei sanitari, è stata accertata la situazione di pericolo.
Ma cos'è successo alla Scala?
Durante le prove luci, nella semioscurità, qualcuno ha lasciato aperto un
portellone del retropalco sprovvisto dei necessari fermi. Per giunta la
stessa scenografia era stata montata senza tener conto del dislivello del
palcoscenico. Così una folata d'aria ha fatto ribaltare a terra
l'allestimento di 12 metri per 15. Per fortuna, quando il fondale è rovinato
al suolo, sotto non c'era nessuno.
Ora il teatro ha ricevuto un verbale di contestazione per violazione della
prevenzione che, almeno per il momento, è penale.
"Non sono state fatte le necessarie valutazioni sulla staticità e
l'equilibrio della scenografia", spiega il responsabile dell'unità operativa
di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro Giancarlo Cattaneo. Ma dopo
che la Scala ha messo in campo una serie di contromisure, la violazione è
stata derubricata in semplice sanzione. Una differenza non da poco, dato che
è stato scongiurato il rischio del sequestro del cantiere con conseguente
fermo degli spettacoli in programmazione.
Ma la storia ha ulteriori sviluppi perché il crollo di martedì scorso è solo
l'ultimo di una serie di incidenti che potevano avere esiti mortali. Lo
scorso autunno una quinta arrotolata è caduta a terra da venti metri
d'altezza durante la movimentazione. Clamoroso poi l'episodio dell'aprile
scorso quando, nel bel mezzo dell'allestimento della Tourandot, si è
verificato un sovraccarico dei ponti che movimentano la scena.
Per questo incidente l'ASL ha inflitto una sanzione di 13mila euro a carico
del sovrintendente e del direttore degli allestimenti. "Possibile che alla
Scala si rincorra la sicurezza sempre ex post, dopo gli incidenti? Possibile
che la dirigenza non capisca che la voce sicurezza dei lavoratori non può
essere trattata come una spesa accessoria ma è la priorità?", attacca il
responsabile nazionale della CUB Giuseppe Fiorito.
La stessa cosa deve averla pensata anche la ASL che ha preso una serie di
contromisure. "Abbiamo deciso che ad ogni nuovo allestimento i responsabili
della sicurezza redigano un formale documento di rischio e lo inoltrino ai
nostri uffici che li dovrà valutare. Oltre a questa prevenzione che è sulla
carta faremo sicuramente dei sopralluoghi anche perché i nostri uffici sono
a cento metri di distanza", spiega Cattaneo.
La dirigenza della Scala è avvertita.
Difficile dire se questo basterà, anche perché i 15mila euro di multa sono
solletico per una Fondazione ormai a controllo bancario che movimenta
centinaia di milioni di euro ed è alle prese con 7 milioni di buco in
bilancio. Ma lo schiaffo dal punto di vista dell'immagine è forte ed arriva
proprio nel delicato tentativo di ripianare i conti spalancando le porte
ulteriormente a soci privati. Il dossier con il nuovo statuto (approvato dal
Cda proprio pochi giorni fa) è all'esame del Ministero. Il rumore dei crolli
e le polemiche potrebbero far nascere dei dubbi sul fatto che La Scala sia o
meno un investimento sicuro.
E da Milano a Roma fino a Bari c'è un filo rosso perché nella Capitale si
registra una svolta nell'occupazione del Petruzzelli e contemporaneamente i
lavoratori del settore spettacolo e concerti hanno manifestato contro la
precarietà e per la sicurezza dopo i due incidenti mortali accorsi durante
l'allestimento dei palchi per i tour di Giovanotti e della Pausini.
Sul primo fronte è ufficiale: da domani il teatro Petruzzelli tornerà nella
sua piena funzionalità, dopo le proteste e l'occupazione dei giorni scorsi
da parte dei dipendenti.
Lo ha reso noto il commissario straordinario della Fondazione, Carlo
Fuortes, che oggi ha incontrato i delegati sindacali della CGIL.
Confermata al momento da Fuortes la programmazione della 'Stagione d'opera e
balletto' fino al 31 maggio 2012, che comprende "Il barbiere di Siviglia" di
Rossini e "Tosca" di Puccini.
Il prossimo passo sarà il rinnovo dei contratti per le professionalità
coinvolte in queste produzioni.
Sul secondo fronte, quello delle proteste, i lavoratori si sono dati
appuntamento a Roma presso la sede del ministero per i Beni Culturali per
chiedere al governo di disciplinare il settore con regole, contratti, forme
di rappresentanza e certezza sull'incolumità che finora sono rimasti il lato
oscuro del palco. Tra le altre cose chiedono di vietare l'uso dei palazzetti
dello sport come spazi per megaconcerti che sfida le regole sulla sicurezza
ed espone a rischio chi ci lavora.
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CORRUZIONE, N'DRANGHETA E DISCARICHE DI AMIANTO DI CAPPELLA CANTONE
Da Basta morte sul lavoro
http://bastamortesullavoro.blogspot.com/
giovedì 15 marzo 2012
COMUNICATO STAMPA
Cremona, 10 marzo 2012
OGGETTO: CORRUZIONE, N'DRANGHETA E DISCARICHE DI AMIANTO DI CAPPELLA CANTONE
Cremona e non solo: intrecci criminosi fra malavita organizzata e politica
stanno venendo al pettine.
Noi avevamo visto giusto e lo avevamo detto, scritto e denunciato da tempo.
Dopo gli arresti di Nicoli Cristiani, ex assessore e vice presidente della
Consiglio regionale della Lombardia, di Ponzoni, ex assessore e membro
dell'ufficio di presidenza dello stesso Consiglio regionale, entrambi del
PdL, e di un dirigente dell'ARPA Lombardia, ente di emanazione della giunta
regionale; dopo l'iscrizione nel registro degli indagati del leghista Boni,
presidente dello stesso Consiglio regionale e di altri dirigenti della
Regione Lombardia, diviene più che mai attuale la riproposizione di alcune
questioni al signor Formigoni e alla sua giunta che noi facemmo negli anni
scorsi e alle quali non si è mai voluto e potuto rispondere:
Il 26 giugno 2011 scrivevamo :
La Giunta Regionale approva provvedimenti ad personam, anzi "ad cavatorum",
come la delibera n.1594 del 20/11/2011 (la famosa delibera che L'Espresso
scopre solo ora e che, pare, non sia mai stata pubblicata sul bollettino
ufficiale della Regione Lombardia).
Questo atto, che contiene forti elementi di illegalità, è un supporto su
misura per Cavenord (ora di proprietà della Locatelli) che lo ha
ripetutamente sollecitato. Con questo provvedimento la Giunta regionale ha
di fatto esautorato la provincia sul piano cave, esercitando un atto di
indirizzo verso quest'ultima su argomenti di competenza delle singole
provincie.
Questa deliberazione costituisce una clamorosa forzatura sul piano normativo
e legislativo da parte della giunta Formigoni, alla faccia del federalismo
tanto propugnato dalla Lega.
E' stata approvata in corso d'opera, pensando di creare un nuovo quadro
normativo senza più ostacoli per la realizzazione della discarica, anzi
delle discariche, nelle ex-cave.
Traducendo: per coprire atti esplicitamente fuori dalle norme, si approvano
delibere per annullare la illegalità !
Il 30 novembre 2011 scrivevamo:
La "fantasia al potere". Il caso dell'ARPA di Cremona.
A metà novembre dell'anno scorso tutti noi, quelli contrari alla discarica
di amianto di Cappella Cantone, avevamo cantato vittoria. Le misurazioni
dell'altezza della falda acquifera fatte dall'ARPA di Cremona avevano
stabilito che non venivano rispettati i famosi due metri di altezza fra il
fondo della discarica e la falda per cui la Regione Lombardia aveva scritto
a Cavenord che se non modificava il suo progetto entro dieci giorni questo
sarebbe stato respinto.
Evviva! Passano dieci giorni, passa un mese, due mesi. Tutto tace. Si scopre
poi, PER CASO, solo perché un sindaco ha sollecitato la Regione, che sono
state presentate in tempo utile (?) le modifiche, che queste consistono
nell'aggiungere uno strato di m 1,40 di materiale isolante e che l'ARPA
prosegue tranquillamente le misurazioni della falda "facendo finta" che
esista questo strato aggiuntivo di terreno.
Domanda alla giunta: perché non è stato subito reso noto che le modifiche
erano state presentate? La normativa sulla trasparenza lo prevede. Che
esistano falde affioranti in quella zona lo sanno tutti senza scomodare i
tecnici. Basta un semplice temporale per allagare l'ex cava Retorto e i
torrenti e le rogge della zona facilmente esondano.
Lo abbiamo documentato con foto più di una volta, nel settembre 2007 e nel
febbraio 2009.
Nel giugno 2010 si è verificato addirittura un ulteriore innalzamento della
falda. Infatti dopo circa due mesi di forte siccità, in meno di sei ore di
pioggia consecutiva l'area si è quasi completamente allagata. Ma per i
tecnici dell'ARPA non è un problema...
Il 6 dicembre 2011 abbiamo posto domande dirette a Formigoni, tra cui
queste:
- COME POTEVA Nicoli Cristiani, vice presidente del Consiglio
regionale, che non fa parte della giunta e quindi non titolato a prendere
alcuna decisione, a garantire con certezza che alcuni atti autorizzativi
sarebbero stati comunque approvati negli uffici e ambiti competenti? Chi
copriva e garantiva Nicoli Cristiani in giunta? Quale era, o meglio, chi era
il trait-d'union ?
- COME MAI FORMIGONI e la sua giunta hanno approvato a più riprese
delibere tendenti a rendere possibile la realizzazione della discarica,
rimuovendo alcuni ostacoli legali, come quello che prevedeva una distanza
minima di 5 km tra una discarica e l'altra o i vincoli del piano cave?
Ricordiamo che la normativa, in vigore precedentemente, avrebbe impedito che
partissero addirittura i primi atti autorizzativi.
- PERCHE' MARCELLO RAIMONDI (assessore regionale all'ambiente ) fu
"contattato" da Luigi Brambilla, consulente aziendale della ditta Locatelli,
affinché si attivasse al fine di accelerare l'iter della discarica di
Cappella Cantone pur non essendo il suo assessorato direttamente competente
per la materia? L'interessamento di Raimondi, che emerge dai verbali della
Magistratura, avviene attraverso "interventi" su alcuni dirigenti e
funzionari del suo assessorato e tramite una lettera inviata a Tadi, sindaco
di Cappella Cantone e al vice-sindaco dello stesso paese che è il vero uomo
forte e decisivo del consiglio comunale.
In sintesi qual è, o meglio, CHI E' il trait d'union fra Nicoli Cristiani e
la giunta Formigoni, al cui interno c'è un assessore di Cremona? Infatti
come poteva Nicoli Cristiani, non essendo in giunta, garantire a Locatelli
che tutte le autorizzazioni sarebbero state concesse con celerità?
E' chiaro che quando sarà reso noto questo nome (o questi nomi) molta più
chiarezza sarà fatta su tutta la vicenda e finalmente i cittadini saranno
informati di uno dei più gravi episodi di corruzione degli ultimi 30 anni,
rispetto ai quali tangentopoli rischia di impallidire. Nei prossimi mesi
l'inchiesta in corso rischia di smontare poteri forti trasversali ai partiti
politici e Compagnia, che hanno condizionato l'economia lombarda, e non
solo, in questi ultimi 30 anni.
Il 13 gennaio 2012 abbiamo ribadito quanto segue:
Che ci fosse un intreccio pericoloso, esteso e ramificato in Lombardia tra
malaffare e politica noi lo sosteniamo fin dall'inizio della vicenda della
discarica di Cappella Cantone, e l'abbiamo concretizzato con un esposto alla
Magistratura. Oltre a voler autorizzare a tutti i costi discariche di
amianto in luoghi non idonei (Brescia e provincia, Ferrera Erbognone
(Pavia), Cava Manara (Pavia) ecc...) ci sono state speculazioni illegittime
fatte da privati e coperte dalla politica per nascondere progetti di
discarica dietro i progetti di cava come a Telgate e altri fatti che sono in
stretta connessione con la vicenda specifica di corruzione legati alla
discarica di Cappella Cantone."
Per tutte queste ragioni e per altre argomentazioni contenute nel nostro
dossier, consegnato alla Magistratura, noi ribadiamo che, per motivi di
igiene politica, Formigoni e la sua giunta se ne devono andare subito.
Possibile che il sig. Formigoni non sapesse nulla dell'operato dei suoi più
stretti collaboratori?
Se così fosse o sarebbe incapace, o sarebbe colpevolmente distratto. In
entrambi i casi non è più in grado di svolgere la sua funzione, DEVE
ANDARSENE!
In conclusione, la partita che si giocherà d'ora in avanti può diventare
ancora più complessa di quella che si è dipanata finora. Per fermare i
disonesti, i furbi e quelli che fanno affari sulla nostra pelle occorrerà
l'attenzione e la mobilitazione di tutti i cittadini lombardi per impedire
la realizzazione di tutte le discariche di amianto, in corso di approvazione
o già approvate.
Così si potrà arrivare ad una pianificazione trasparente e realmente
partecipativa per lo smaltimento dell'amianto che prenda in seria
considerazione il riciclo dell'amianto.
In tal senso ribadiamo che per i futuri impianti di smaltimento dell'amianto
va contrastata l'iniziativa lasciata ai privati, privilegiando il controllo
e la gestione pubblica.
Cittadini contro l'amianto
nodiscaricadiamianto@yahoo.it
telefono 3389875898
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http://cittadinicontroamianto.blogspot.com).
Un versamento minimo di 15 euro corrisponde all'adesione formale
all'associazione e dà diritto all'invio della tessera e del dossier che
abbiamo scritto su amianto e smaltimento.
Se volete solo il dossier potete fare una donazione con PayPal (minimo 7
euro) e lo invieremo ad un recapito postale che ci indicherete (si può fare
anche un versamento in conto corrente postale).
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RSPP, RISCHIO STRESS E CONTROLLI: L'OPINIONE DI RAFFAELE GUARINIELLO
Da Punto Sicuro:
http://www.puntosicuro.it
Anno 14 - numero 2814 di martedì 13 marzo 2012
La seconda parte dell'intervista al magistrato Guariniello, coordinatore del
pool torinese che si occupa di sicurezza sul lavoro. La responsabilità degli
RSPP, le indagini relative al rischio stress e il rischio di depotenziamento
dei controlli.
Torino, 13 Marzo 2012
Neri giorni scorsi abbiamo presentato una breve intervista al sostituto
procuratore Raffaele Guariniello, coordinatore del pool di magistrati della
Procura di Torino specializzato nei problemi relativi alla sicurezza sul
lavoro e alla tutela del consumatore.
Chiaramente all'ordine del giorno c'erano i temi emersi dalla sentenza del
13 febbraio 2012 relativa al processo Eternit, una sentenza che, come
abbiamo visto nell'intervista, avrà ripercussioni nelle aule giudiziarie non
solo italiane.
Sperando che si possa evitare il futuro smantellamento del pool, come ci ha
raccontato il Procuratore Capo della Repubblica presso il tribunale di
Torino Gian Carlo Caselli, abbiamo tuttavia sottoposto a Raffaele
Guariniello anche altre domande.
Sia per conoscere le indagini attuali del pool, sia per affrontare e
soffermarci sull'evoluzione della giurisprudenza, ad esempio in merito alle
responsabilità degli RSPP.
Non potevamo poi non chiedere un parere sul rischio di depotenziamento dei
controlli ambientali e sulla sicurezza sul lavoro correlato all'articolo 14
del decreto Semplificazioni (Decreto Legge 5 del 09/02/12).
Come potrete ascoltare il Dott. Raffaele Guariniello non è prodigo di
anticipazioni sulle indagini, ma qualcosa abbiamo potuto appurare in merito
alle prime iscrizioni nel registro degli indagati di aziende torinesi per
non avere valutato in modo corretto (secondo gli inquirenti) il rischio da
stress dei propri lavoratori.
Riprendiamo l'intervista con il dott. Guariniello che gentilmente ha
accettato di rispondere alle nostre domande.
PUNTOSICURO
Guardiamo oltre le sentenze Thyssen ed Eternit. Vorrei il suo parere
sull'evoluzione della giurisprudenza in merito alle responsabilità dei
consigli di amministrazione delle aziende e degli RSPP. Mi pare che,
riguardo agli RSPP, la giurisprudenza cominci ad occuparsi non solo delle
"macro" omissioni ma anche dei suggerimenti sbagliati, delle
sottovalutazioni di situazioni di rischio.
RAFFAELE GUARINIELLO
Beh, a proposito di Servizio di Prevenzione la giurisprudenza mette in luce
due punti fondamentali.
Il primo punto è che il responsabile del Servizio non è un delegato del
datore di lavoro e quindi non si sostituisce al datore di lavoro.
Il secondo punto è relativo al fatto che nello svolgimento dei suoi compiti
il Responsabile del Servizio incorre in responsabilità in infortuni sul
lavoro qualora abbia dato un suggerimento sbagliato e abbia omesso di
segnalare una situazione di rischio e ciò sia una concausa del'infortunio.
P.S.
Dunque è sempre più ininfluente il fatto che l'RSPP non sia destinatario di
sanzioni vere e proprie per violazioni di norme relative al Decreto
legislativo 81/08?
R.G.
Beh, se la responsabilità non c'è per le singole interazioni, se non sono
previste sanzioni nel Testo Unico, ci può essere la responsabilità per un
infortunio sul lavoro o per una malattia professionale. Quindi per omicidio
oppure lesioni personali.
P.S.
Quali sono altre indagini importanti su cui si sta muovendo il pool in
questo periodo?
PuntoSicuro ha dato notizia, per esempio, che ci sono state le prime
iscrizioni nel registro degli indagati di aziende torinesi per non avere
valutato in modo corretto il rischio da stress dei propri lavoratori.
R.G.
Per quel che riguarda lo stress lavoro correlato si parla di un obbligo
espressamente previsto dal Testo Unico. Un obbligo la cui entrata in vigore
è il 31 dicembre 2010. Ormai è oltre un anno che è entrato in vigore questo
obbligo.
Attualmente si stanno facendo delle verifiche per accertare se questo
rischio sia stato valutato, se sia stato adeguatamente valutato. Devo dire
che mi sembra complessivamente di rilevare l'esigenza di un'adeguata e più
approfondita valutazione di questo rischio. Per questo scopo bisogna
adottare delle metodologie che siano realmente adeguate al fine che si
propone il legislatore.
Noi non accettiamo degli adempimenti che siamo meramente burocratici e
formali, devono essere adempimenti sostanziali.
P.S.
Se non erro c'era stata anche una discussione riguardo al termine del 31
dicembre 2010. Una discussione per valutare se andava considerato come
termine per l'avvio della valutazione o come termine per la valutazione vera
e propria.
R.G.
Sì, questa era stata una tesi (l'idea che il termine fosse relativo al solo
avvio, NDR) sostenuta dal Ministero del Lavoro in una sua circolare, ma si
tratta di una tesi del tutto priva di fondamento. Una circolare non può
modificare quello che è scritto in una legge.
P.S.
Qualche anticipazione di altre indagini significative che il suo pool sta
svolgendo?
R.G.
Beh, ne parleremo.
P.S.
Le chiedo però un'ultima cosa. Vorrei un suo parere sull'articolo 14 del
decreto Semplificazioni (Decreto Legge 5 del 09/02/12), che molti denunciano
essere un articolo che rischia di depotenziare i controlli sia in termini di
sicurezza sul lavoro che in termini ambientali.
E' possibile che questo articolo in fase di conversione del decreto legge
venga cambiato, non crede tuttavia che dimostri una volta di più che ci sono
ancora troppe persone in Italia che considerano i controlli uno spreco e non
una risorsa per migliorare la nostra salute e sicurezza?
R.G.
Il mio pensiero l'ho espresso molte volte. Noi abbiamo delle leggi in
materia di sicurezza sul lavoro molto avanzate. Quella che è una grave
carenza nel nostro paese è quella costituita dai controlli. I controlli vuoi
degli organi di vigilanza, vuoi dell'autorità giudiziaria sono a mio parere
ancora insufficienti.
Quindi semmai quello che bisogna fare non è diminuire i controlli, ma
proprio il contrario: intensificare i controlli. Almeno se l'obiettivo deve
essere quello di abbattere questo alto numero di infortuni sul lavoro.
L'articolo 14, di cui si parla, fa riferimento alla emanazione di
regolamenti. Mi rifiuto di pensare che un governo attento alle regole come
il governo Monti possa intraprendere una strada che conduce alla riduzione
dei controlli atti a tutelare la sicurezza nei luoghi di lavoro.
P.S.
Insomma il suo, come il nostro, è un auspicio che l'articolo venga cambiato,
modificato?
R.G.
Beh, diciamo che la norma non si riferisce specificamente alla sicurezza sul
lavoro. Però indubbiamente potrebbe dare vita ad un regolamento che sia poi
applicabile alla sicurezza sul lavoro.
Ripeto: mi rifiuto di pensare che un governo attento come il governo Monti
possa intraprendere questa strada.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
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AMIANTO, MALATI OTTO LAVORATORI SU DIECI DELLA SACELIT DI SENIGALLIA
Da PuntoSicuro:
http://www.puntosicuro.it
Anno 14 - numero 2816 di giovedì 15 marzo 2012
L'ultimo screening condotto dall'azienda sanitaria regionale delle Marche su
158 ex addetti dello stabilimento, rivela percentuali altissime di patologie
asbesto-correlate, dall'alterazione di pleura e polmone ai danni della
funzionalità respiratoria.
Senigallia (AN)
15 Marzo 2012
Otto lavoratori su dieci affetti da alterazioni della pleura e sei su dieci
da alterazioni radiologiche del polmone, dopo essere stati esposti per anni
agli effetti dannosi dell' amianto. Sono alcuni dei risultati dell'ultimo
screening sanitario sugli ex dipendenti della Sacelit Italcementi di
Senigallia, in cui si producevano manufatti in cemento-amianto, condotto
dall'Area Vasta 2 dell'azienda sanitaria regionale delle Marche nel periodo
2010-2011, a distanza di cinque anni da quello compiuto nel 2004-2005
insieme alle associazioni sindacali.
In 79 hanno ottenuto la certificazione di malattia professionale. Su un
totale di 238 ex lavoratori Sacelit contattati, 158 si sono sottoposti a
esami clinici, nel periodo compreso tra l'inizio del 2010 e il 31 ottobre
dell'anno scorso, presso l'ambulatorio di Medicina del lavoro dello Spsal
(Servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro). I risultati,
resi noti dal direttore dell'Area vasta, Maurizio Bevilacqua, sono molto
preoccupanti: l'81% dei soggetti presenta alterazioni della pleura, il 60%
del polmone, mentre il 45% delle persone visitate ha subito danni alla
funzionalità respiratoria. Settantanove lavoratori hanno ottenuto un
certificato di malattia professionale per il riconoscimento medico-legale di
malattie correlate all'asbesto.
Sono 133 gli ex dipendenti risarciti finora con nove milioni di euro.
Secondo l'azienda sanitaria, percentuali così elevate si spiegano con l'età
avanzata degli ex operai, che hanno respirato per anni i veleni della
fabbrica, aperta nel 1948 e chiusa nel 1984, e con il lungo periodo
trascorso tra la loro prima assunzione e il momento degli accertamenti
sanitari. Nel tempo diversi lavoratori sono morti a causa della lunga
esposizione alle "fibre killer" di amianto. Oggi la Sacelit riconosce un
indennizzo agli ex dipendenti malati. Per 133 di loro, che hanno lavorato
nell'impianto senigalliese, finora ha liquidato nove milioni di euro.
Sui sacchi di juta contenenti la fibra-killer si consumava anche il pranzo.
I prodotti che venivano fabbricati nello stabilimento di Senigallia erano
composti di una miscela di acqua, amianto e cemento, che veniva reperito
dalla vicina Italcementi tramite un cementodotto. Alcuni ex operai della
fabbrica, le cui testimonianze sono state raccolte nel documentario
"Amianto: una storia di morte" prodotto dall'Associazione Lotta all'Amianto
(Ala) di Senigallia, hanno rivelato come la produzione avvenisse senza che
fosse presa alcuna precauzione per la salute dei lavoratori. "I primi sacchi
di amianto che arrivavano - racconta Carlo Gresta - erano sacchi di juta,
quei sacchi normali in cui si imballa il grano, e appena si muovevano si
sollevava una nuvola di polvere". Nessuno tra gli operai immaginava di avere
a che fare con un materiale così letale, tanto che qualcuno sui sacchi di
juta contenenti amianto e cemento ci consumava perfino il pranzo.
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ALCOL E LAVORO: ORIENTAMENTI DEL COORDINAMENTO TECNICO INTERREGIONALE EMILIA
ROMAGNA
Da PuntoSicuro:
http://www.puntosicuro.it
Anno 14 - numero 2803 di lunedì 27 febbraio 2012
Un convegno ha affrontato il tema della prevenzione dell'abuso di alcol con
riferimento agli ambienti lavorativi e al progetto "Alcol e lavoro". Gli
orientamenti della Regione Emilia-Romagna e del Coordinamento Tecnico
Interregionale.
Il 24 novembre 2011 si è tenuto a Bologna, presso la sala Auditorium della
Regione Emilia-Romagna, il convegno "Il progetto alcol e lavoro della
Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di vita e applicazione
della normativa".
Ricordando che il Piano della prevenzione 2010-2012 della regione
Emilia-Romagna si propone la promozione di stili di vita sani nei confronti
di tutta la popolazione, il convegno ripropone il tema della prevenzione
dell'abuso di alcol con particolare riferimento ai luoghi di lavoro, dove è
ancor più necessario integrare le azioni tese all'osservanza della normativa
e l'attivazione di processi di promozione finalizzati alla modifica dei
fattori di rischio che possono causare malattie cronico/degenerative.
Con queste finalità è stato attivato da tre anni il progetto "Alcol e
lavoro" e si è creato un gruppo di lavoro, formato da referenti dei
Dipartimenti di sanità pubblica e dipendenze patologiche delle Aziende Usl,
che ha effettuato diversi interventi informativo/formativi in aziende del
territorio regionale contribuendo alla stesura delle prime indicazioni
sull'applicazione della normativa in materia, con attenzione particolare ai
percorsi di diagnosi e recupero dei soggetti affetti dal alcol dipendenza.
Indicazioni redatte in attesa dell'emanazione dell'Accordo Stato-Regioni
previsto dall'articolo 41 del D.Lgs.81/08 che rivisiterà le condizioni e le
modalità per l'accertamento dell'alcoldipendenza.
Presentiamo oggi le slide di uno degli interventi - pubblicate sul sito del
Servizio Informativo per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza
(SIRS-RER) - che si è soffermato sui primi orientamenti della Regione
Emilia-Romagna in tema di prevenzione, diagnosi e cura dell'alcol dipendenza
e su alcuni punti di un documento elaborato dal Gruppo tecnico nazionale del
Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro
(ultima stesura 09/09/2011).
Nell'intervento "Orientamenti regionali con uno sguardo nazionale", a cura
della D.essa Mara Bernardini (Regione Emilia-Romagna, Assessorato politiche
per la salute Servizio sanità pubblica), vengono riproposti alcuni temi
inerenti gli orientamenti regionali per medici competenti in tema di
prevenzione, diagnosi e cura dell'alcol dipendenza.
Ad esempio si sottolinea che il ruolo del medico competente va inteso oggi
in modo ampio:
- principalmente come supporto al datore di lavoro e a tutto il
sistema destinato alla valutazione dei rischi e alla messa a punto della
strategia preventiva più adeguata all'interno dell'azienda;
- l'esplicito richiamo nel recente D.Lgs.81/08 alla prevenzione e
gestione delle problematiche alcol correlate esprime senza dubbio
l'interesse del legislatore al coinvolgimento del medico competente nella
prevenzione dei danni provocati da fattori di rischio non più e non solo di
tipo tradizionale, ma anche legati a stili di vita pericolosi o scorretti.
In particolare il medico competente collabora con il datore di lavoro in
relazione a:
- azioni collegate al rilascio del giudizio di idoneità;
- valutazione dei rischi e predisposizione di misure per la tutela
della salute e integrità psico-fisica dei lavoratori;
- informazione - formazione - promozione della salute verso il
gruppo e verso il singolo;
- organizzazione del servizio di primo soccorso.
Rimandiamo il lettore alla lettura di quanto contenuto nel documento agli
atti in merito alla valutazione dei rischi, alla politica aziendale di
prevenzione e di gestione dei problemi correlati al consumo di alcol, alla
sorveglianza sanitaria e ai compiti del medico competente in merito alla
diagnosi e cura dell' alcol dipendenza.
Veniamo ora alle indicazioni tratte dal documento del Gruppo tecnico
nazionale del Coordinamento Tecnico Interregionale della prevenzione nei
luoghi di lavoro.
Con tale documento, in attesa della rivisitazione delle condizioni e delle
modalità per l'accertamento dell'alcoldipendenza, si è ritenuto opportuno
fornire alcune indicazioni procedurali di carattere interpretativo circa
l'applicazione degli specifici aspetti del D.Lgs.81/08 e dell'articolo 15
della legge 30 marzo 2001, n.125, facendo riferimento anche all'Intesa
Stato-Regioni del 16 marzo 2006.
In particolare il consumo di alcol durante l'attività lavorativa è un
aspetto particolare del complesso problema della sicurezza nei luoghi di
lavoro, che deve naturalmente essere garantita in tutti i suoi aspetti già
ben delineati dalla normativa vigente (es. obblighi di valutazione, di
organizzazione e gestione della sicurezza, di messa a disposizione di
strutture, macchine e impianti sicuri, di informazione e formazione dei
lavoratori, di vigilanza e controllo, di coinvolgimento delle figure
aziendali della prevenzione compresi i rappresentanti dei lavoratori).
Sottolineando che l' assunzione di alcolici durante l'attività lavorativa, o
poco prima di iniziarla, costituisce un rischio aggiuntivo, legato al
comportamento del lavoratore, sanzionabile ai sensi del comma 3, art. 15
della L. 125/2001, vengono indicate delle misure per prevenire il rischio:
- individuazione delle mansioni a rischio, integra il documento di
valutazione dei rischi;
- informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, dei
dirigenti e dei preposti sullo specifico rischio;
- divieto di somministrare o assumere bevande alcoliche negli
ambienti e nelle attività di lavoro;
- informazione dei lavoratori sul divieto di assumere alcolici prima
di iniziare l'attività lavorativa a rischio, anche se al di fuori
dell'orario di lavoro, in quanto gli effetti di tale assunzione possono
comportare un rischio infortunistico aggiuntivo, e precisare che il
riscontro di un'alcolemia positiva comporterà comunque un temporaneo
allontanamento dalla mansione a rischio;
- organizzazione dei controlli finalizzati alla verifica del
rispetto del divieto di assunzione o somministrazione di bevande alcoliche
attraverso l'esecuzione di test alcolimetrici senza preavviso, in campioni
predefiniti di lavoratori, selezionati in modo randomizzato, con
documentazione dei risultati ottenuti.
Riguardo poi agli accertamenti inerenti il divieto di assunzione o
somministrazione di bevande alcoliche, si indica che per la prevenzione
degli infortuni e dei possibili danni a terze persone, il datore di lavoro
deve garantire il controllo alcolimetrico, attraverso il medico competente,
dei lavoratori rientranti nell'elenco delle attività lavorative che
comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la
sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi:
- controllo estemporaneo/senza preavviso;
- procedure predefinite, condivise con i RLS e preventivamente
comunicate ai lavoratori;
- frequenza almeno annuale;
- in situazioni di elevata numerosità su percentuale minima del 30%
dei lavoratori - tutti i lavoratori almeno 1 volta nel triennio;
- scelta dei lavoratori secondo criteri di casualità;
- singoli risultati nelle cartelle sanitarie personali e risultati
anonimi collettivi nella relazione sanitaria annuale.
Tali accertamenti hanno le finalità di:
- promuovere e verificare il divieto di assunzione e
somministrazione di bevande alcoliche all'interno dell'azienda;
- individuare i casi per i quali devono essere previsti opportuni
interventi diagnostico/ terapeutici e riabilitativi.
Quando poi, nell'ambito dello svolgimento della lavorazione a rischio,
"sussistano elementi che facciano pensare ad un possibile consumo di alcol
in forma acuta la segnalazione di sospetto, in via cautelativa e riservata,
viene fatta dal datore di lavoro o suo delegato al medico competente che
provvederà a verificarne la fondatezza e, se del caso, ad effettuare il
controllo alcolimetrico. Il medico competente informa il lavoratore
sottoposto a controllo dei risultati degli accertamenti effettuati, del loro
significato clinico e delle conseguenze che questo comporta relativamente
alla sua attività lavorativa".
Nel caso venga rilevata un'alcolemia positiva il lavoratore dovrà
temporaneamente essere adibito, da parte del datore di lavoro o del
dirigente, ad altra mansione non a rischio o, se ciò non fosse possibile,
dovrà essere allontanato dal lavoro, al fine di evitare il rischio
infortunistico conseguente alla sua condizione. Per principio di precauzione
lo stesso provvedimento verrà adottato in caso di rifiuto del lavoratore a
sottoporsi all'accertamento, ferma restando la sanzionabilità di tale
comportamento.
L'intervento dopo aver affrontato anche i temi della sorveglianza sanitaria
e dei servizi specialistici delle ASL, riporta in conclusione quanto
affermato dal Gruppo tecnico nazionale in relazione agli obblighi dei
lavoratori autonomi.
Si ricorda che la legge 125/01 non distingue la fattispecie "lavoratore
autonomo" dal lavoratore dipendente. Anche il lavoratore autonomo quindi ha
l'obbligo di non assumere alcolici se svolge le lavorazioni di cui
all'accordo Stato-Regioni, e i medici del lavoro dei servizi per la
prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di
vigilanza competenti per territorio delle aziende unità sanitarie locali
possono sottoporlo agli accertamenti alcolimetrici previsti all'articolo 15
della L.125/01, provvedendo, se del caso, alle sanzioni amministrative
previste al comma 4 dell'articolo citato.
Il documento "Orientamenti regionali con uno sguardo nazionale", a cura
della D.essa Mara Bernardini (Regione Emilia-Romagna, Assessorato politiche
per la salute Servizio sanità pubblica), intervento al convegno "Il progetto
alcol e lavoro della Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di
vita e applicazione della normativa" è scaricabile all' indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120227_Bernardini_Emilia_Romagna_progetto_Alcol_lavoro.pdf
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