Amianto "Bergamasco" (2/3/2012 - RASSEGNA STAMPA dell'ASL di Bergamo)
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2.03.2012 | Giornale di Bergamo | Sarnico, la strage dell’amianto.
Picco di tumori tra gli ex dipendenti di tre aziende della zona
«Mia madre spazzava via la polvere bianca dal terrazzo ogni mattina. E mia zia, che ha 92 anni, ricorda che nello stabilimento si lavorava incipriati d’amianto da mattina a sera, senza mascherine o altre protezioni».
L’avvocato Pierantonio Paissoni è nato e cresciuto a Predore, accanto allo stabilimento della Manifattura Colombo, dove fino al 1979 si filava l’amianto. Il materiale arrivava dalla miniera di Balangero, la stessa che riforniva l’Eternit di Casale Monferrato. Il fondatore, il commendator Rinaldo Colombo, fu grande azionista nonché presidente dell’Eternit stessa.
Tra il 1977 e il 2006 si sono registrati 14 casi di mesotelioma (il tumore provocato dall’esposizione alle micidiali fibre) tra gli ex dipendenti della Colombo, che nel frattempo ha bonificato, cambiato attività e nel 1996 è passata di mano (l’attuale proprietà è estranea ai fatti).
Altri venti casi sono esplosi tra le lavoratrici dell’ex Manifattura Sebina, che sorgeva accanto alla sede di Sarnico della Colombo, dove fino al 1993 si producevano manufatti tessili in amianto e guarnizioni forgiate con la stessa sostanza. La Sebina (liquidata nel ’94) produceva spugne e non trattava amianto, ma condivideva il cortile con la Colombo, dove le fibre si mescolavano alla polvere. Senza contare che ogni venerdì si teneva
un’esercitazione antincendio con coperte d’amianto, solitamente accatastate
lungo i muri dello stabilimento. Infine, altri 11 mesoteliomi sono emersi
tra le operaie di un vicino setificio: le dipendenti, secondo quanto hanno ricostruito le Asl di Brescia e di Bergamo, respiravano le polveri della vecchia Manifattura Colombo.
In tutto, 45 casi accertati. E quarantuno deceduti, secondo i dati risalenti al 2006. Ma le vittime potrebbero essere molte di più, considerando che il periodo di latenza del mesotelioma arriva fino a 4 anni. Il picco dei tumori è atteso tra il 2015 e il 2019. Una strage silenziosa, senza colpevoli. L’inchiesta penale è stata archiviata alcuni anni fa, perché il commendator Colombo e i dirigenti responsabili nel frattempo sono deceduti. Qualche discendente delle vittime ha promosso la causa civile nei confronti degli eredi del proprietario: in cinque hanno ottenuto risarcimenti fino a un massimo di 250 mila euro. Un sesto casoarriverà davanti al giudice a maggio. «Ma la maggior parte è rimasta in silenzio - spiega l’avvocato Paissoni, che ha assistito le famiglie dei deceduti - Tutto partì da una mia parente, che nel 2003 perse il marito 55enne e decise di andare fino in fondo. Poi alcuni si sono accodati e hanno ottenuto una transazione. Ma la gente, nei piccoli paesi, non si fida dei tempi lunghi della giustizia. In questo caso poi il titolare era scomparso, l’azienda aveva cambiato proprietà. Quindi, non sapendo bene con chi prendersela per la morte dei parenti, hanno lasciato perdere».
La congiura del silenzio ha avvolto la vicenda fin dall’inizio. Ancora negli anni Novanta, malgrado l’Ospedale di Brescia registrasse un picco di mesoteliomi nel Basso Sebino, i servizi di medicina del lavoro davano scarse notizie sulla diffusione del male tra gli operai della zona.
«Diciamo che non si è mai voluto approfondire la questione e che i controlli nei luoghi di lavoro hanno spesso lasciato a desiderare» osserva Paissoni. Nonostante la polvere bianca fosse ovunque, non solo sui balconi dei vicini.
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