martedì 20 marzo 2012

SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS ! – NEWSLETTER N.105 DEL 19/03/12


In allegato e a seguire la newsletter n.105 del 19/03/12 di “Sicurezza sul lavoro ! - Know Your rights !”.

In questo numero:

- CASSA DI SOLIDARIETA’ TRA FERROVIERI: CHI SIAMO

- E' MORTO MARCO GIORCELLI, 51 ANNI, DIRETTORE DE "IL MONFERRATO": UN ANNO FA LA DIAGNOSI DI MESOTELIOMA

- LAVORATORI DE LA SCALA DI MILANO A RISCHIO SICUREZZA

- CORRUZIONE, N'DRANGHETA E DISCARICHE DI AMIANTO DI CAPPELLA CANTONE

- RSPP, RISCHIO STRESS E CONTROLLI: L’OPINIONE DI RAFFAELE GUARINIELLO

- AMIANTO, MALATI OTTO LAVORATORI SU DIECI DELLA SACELIT DI SENIGALLIA

- ALCOL E LAVORO: ORIENTAMENTI DEL COORDINAMENTO TECNICO INTERREGIONALE EMILIA ROMAGNA

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’ obiettivo è quello di diffondere il più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’ unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte:

“Marco Spezia - sp-mail@libero.it

DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !

Marco Spezia

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO

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CASSA DI SOLIDARIETA’ TRA FERROVIERI: CHI SIAMO

Da Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri

http://www.casofs.org/

Intervista a Marco Crociati della Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri

di Alessandra Valentini

www.dirittidistorti.it

La Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri rappresenta un modello, oggi, abbastanza inedito di sostegno tra i lavoratori. Uno strumento bello ed efficace e che, da quando è nato, è stato di supporto non solo ai singoli lavoratori colpiti da misure sanzionatorie, ma anche alle loro battaglie condotte nell’interesse della collettività.

Con Marco Crociati, macchinista e “fondatore” della cassa cerchiamo di saperne qualcosa di più.

ALESSANDRA VALENTINI

Quando nasce la cassa di solidarietà e a cosa vi siete ispirati, in un momento storico in cui la solidarietà, anche tra i lavoratori, è merce sempre più rara?

MARCO CROCIATI

La Cassa di Solidarietà, nasce il 14 marzo 2006, quattro giorni dopo il primo licenziamento del macchinista Dante De Angelis, che si era rifiutato di condurre un treno equipaggiato con il dispositivo " uomo morto " ritenuto dannoso e pericoloso da molte ASL e oggi, fortunatamente, disattivato in seguito anche alla nostra battaglia.

Dopo un primo momento di sgomento per il licenziamento di De Angelis, con un gruppo di colleghi di varie qualifiche e di diverse regioni abbiamo pensato di aprire un conto corrente postale sul quale versare quote mensili per sostenere almeno le spese legali dei ferrovieri colpiti da sanzioni per le loro lotte in favore della SICUREZZA DI TUTTI I CITTADINI. Dopo appena quattro giorni, in occasione di una partecipata Assemblea Nazionale svolta a Roma per decidere il percorso da seguire in risposta al licenziamento di Dante, potevamo annunciare l'apertura del conto corrente e raccogliere le prime numerose adesioni.

Devo dire che all'epoca esisteva un "Comitato di Solidarietà per i licenziati di Report" che era attivo in Liguria e aveva lo scopo di aiutare economicamente i quattro colleghi licenziati per aver denunciato, durante un servizio di Report, gravi carenze di sicurezza in alcune linee ferroviarie Liguri. Noi conoscevamo questo Comitato perché avevamo organizzato varie raccolte di fondi per loro e quindi abbiamo seguito il loro esempio pur con alcune modifiche. Abbiamo stretto rapporti tra i due comitati e, grazie alla diffusione Nazionale della nostra iniziativa, siamo riusciti a coinvolgere moltissimi ferrovieri, organizzare iniziative nazionali e persino scioperi e alla fine il risultato è stato: LA REVOCA DEI QUATTRO LICENZIAMENTI DI REPORT, REVOCA DEL LICENZIAMENTO DE ANGELIS.

A questo punto il Comitato per i licenziati di Report, esaurito il suo compito, è confluito, con i propri fondi e iscritti, nella Cassa di Solidarietà che aveva deciso di darsi una struttura permanente.

A.V.

Come siete organizzati?

M.C.

La struttura fondatrice è tutt'ora confermata (tranne due sostituzioni per pensionamento) ed è formata da un Presidente/Tesoriere (io, ma solo perché ho fisicamente aperto il conto corrente), un vice presidente, cinque membri del Comitato Direttivo e due Revisori dei conti, ferrovieri di varie qualifiche e di varie regioni, come già detto.

Abbiamo un sito internet, www.casofs.org, gestito dal Vice presidente, Domenico, nel quale oltre che trovare tutti i nostri contatti, ci sono i casi attualmente seguiti.

E' possibile effettuare l'iscrizione on line versando una quota mensile di cinque euro come si preferisce: ai Referenti negli impianti, con Conto Corrente Postale o Bonifico Bancario.

Volutamente il Comitato Direttivo è formato da ferrovieri di varie qualifiche e regioni, proprio per essere il più possibile vicini a tutti in modo che, non appena in qualche parte si verifica una necessità, possa giungere la richiesta di intervento al Direttivo che, dopo discussione interna, decide.
Ad oggi i contributi erogati sono stati approvati sempre all'unanimità.

A.V.

Qual è stata la risposta tra i ferrovieri?

M.C.

La risposta e stata entusiasmante! In pochissimo tempo abbiamo raggiunto una solidità economica che ci ha permesso di essere un aiuto concreto ai colleghi colpiti da pesanti sanzioni. La frase più sentita è stata: " finalmente qualcosa che non è un sindacato e può aiutare anche chi non è iscritto ad alcun sindacato".

A.V.

Chi e come materialmente versa alla cassa?

M.C.

Da statuto (consultabile sul sito della Cassa: www.casofs.org) possono iscriversi tutti i ferrovieri di tutte le qualifiche ma abbiamo anche Associazioni e singoli lavoratori che ci fanno pervenire contributi una tantum. Per esempio c'è un autista di una Azienda di trasporto locale del Nord Est che ci chiede di aprire la Cassa a tutti gli addetti al Trasporto pubblico, ancora non siamo riusciti a farlo per nostre carenze organizzative, ma lui ogni anno ci versa la sua quota una tantum che è superiore ai 60 euro stabiliti!

Come detto il versamento si può effettuare personalmente ai referenti, con conto corrente postale o bonifico bancario.

Il codice IBAN per il bonifico bancario è : IT10N0760103200000071092852 intestato a Crociati Marco.

A.V.

Dal sostegno a Dante De Angelis (macchinista licenziato), a Sandro Giuliani (capotreno licenziato) e proprio in questi giorni a Riccardo Antonini (ferroviere sanzionato per 10 giorni perché consulente familiari vittime della strage di Viareggio), l’intervento della cassa a favore dei compagni di lavoro, appare un intervento “militante”, cioè rivolto a chi è stato colpito da gravi sanzioni, fino anche al licenziamento, a seguito di un impegno su questioni riguardanti modalità di lavoro, sicurezza di lavoratori e viaggiatori, ricerca della verità su gravi incidenti come Viareggio. Con il sostegno della cassa i compagni di lavoro ricevono non solo supporto economico ma anche ideale a piccole o grandi battaglie che non riguardano il singolo lavoratore ma in qualche modo la collettività. Come decidete di intervenire?

M.C.

Nello statuto è chiaramente stabilito che gli interventi sono a favore di chi lotta per la sicurezza, ovviamente la sicurezza dei ferrovieri è la sicurezza del trasporto ferroviario e quindi di tutti i cittadini. Un esempio chiaro è l'incidente di Viareggio, dove sono morte molte persone che non solo non erano ferrovieri ma neanche viaggiatori. Ebbene in questo caso, un ferroviere, Riccardo Antonini, che mette a disposizione le sue capacità e conoscenze di Tecnico per far luce su un gravissimo incidente al fine di chiarirne le cause per evitarne il ripetersi viene pesantemente sanzionato dalla propria Azienda. Avevamo il dovere di intervenire per dire a Riccardo che non sarà solo ma avrà con sé sicuramente centinaia di colleghi della Cassa di Solidarietà.

A Riccardo, come deliberato, rimborseremo quanto, secondo noi, ingiustamente trattenuto per i dieci giorni di sospensione. Tecnicamente qualsiasi richiesta di intervento può essere proposta al Direttivo della Cassa da qualsiasi ferroviere e dopo un dibattito interno che analizza se il caso in oggetto rientra nelle nostre finalità, in base alle risorse disponibili, ne delibera l'intervento. Insomma una struttura volutamente snella ed in grado di intervenire anche in poche ore.

A.V.

Quali i prossimi appuntamenti?

M.C.

Attualmente stiamo seguendo i casi di Sandro Giuliani, Capotreno di Roma licenziato a gennaio di quest'anno e di Riccardo Antonini, prossimi appuntamenti non vorremmo averne perché significherebbe altre sanzioni o iniziative per degradi dei livelli di sicurezza ma onestamente temiamo che l'attuale deriva non possa terminare magicamente!

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E' MORTO MARCO GIORCELLI, 51 ANNI, DIRETTORE DE "IL MONFERRATO" UN ANNO FA LA DIAGNOSI DI MESOTELIOMA

Da: http://www.articolo21.org

tratto da http://www.ilmonferrato.it

Alle 8 di giovedì mattina si è spento nella sua abitazione Marco Giorcelli, 51 anni, da 19 direttore de "Il Monferrato". La redazione è in lutto e si stringe attorno ai famigliari in questo difficile momento. A gennaio dello scorso anno gli era stato diagnosticato il mesotelioma pleurico, malattia causata dall'amianto. Il rosario sarà recitato venerdì 16 alle 20,30 nella chiesa dei Frati di Porta Milano mentre il funerale verrà celebrato sabato 17, sempre a Porta Milano, alle ore 9. La camera ardente sarà aperta da giovedì 15 alle ore 16 presso l'abitazione di via Cagliero 8.


L'ultimo scritto del direttore Marco Giorcelli: “Malato d'amianto, ora casalese doc!”

Mesotelioma maligno epiteliomorfo. Il verdetto sta lì, in tre parole. Con la terza - mi hanno spiegato - che sa di speranza, perché indica la forma meno aggressiva di questo tumore. Il tumore dell’amianto. Quella che meglio si può provare a combattere, con maggiori speranze di sopravvivenza. E io ci proverò.

Ma quelle tre parole, così nitide su un referto medico che non ha bisogno di aggiungere troppe spiegazioni, da martedì 25 gennaio sono la mia stella di David, il segno di una diversità - chiamiamola malattia - che dentro di me ha cambiato tutto.

Fino alla vigilia di Natale, un mese prima, ho lavorato e vissuto a testa bassa: con frenesia, fretta, con la passionaccia benedetta e maledetta di un lavoro che ti tiene incollato in redazione anche 14 ore al giorno.

Poi, proprio alla sera della vigilia, una tosse insistente ha fatto suonare il primo campanello.

Un’influenza banale, solo un po’ insistente, come quella che va di moda quest’anno? Il prossimo anno sarà meglio fare il vaccino?

No, non era influenza. E il vaccino giusto ancora non esiste. Mesotelioma pleurico. È quello che si è portato via prima centinaia di lavoratori dell’Eternit, poi centinaia di cittadini, di età diverse. “Esposizione di tipo ambientale”, conclude l’oncologa. Certo. Mica ho lavorato mai l’amianto. Ma a Casale Monferrato, questa città sfortunata, devastata, che però non posso certo smettere di amare, ci ho vissuto sempre.

Cinquant’anni, esclusi appena i periodi ferie, a respirare a pieni polmoni l’aria di questa città che mi ha cresciuto: ad annusare le violette della primavera, a sfidare l’afa dell’estate, a lasciare entrare nelle ossa la nebbia e il fumo delle caldarroste, a mangiare la neve. Studi, amori, amicizie, famiglia, lavoro: tutto qui. A Casale Monferrato e sulle colline intorno: morbide mammelle che ho imparato a conoscere fin da ragazzino, in piedi sulla vespa di papà, che scavallava i bricchi e si fermava a prender fiato sui punti più panoramici, da dove riconoscevamo i campanili, i paesi, il profilo delle Alpi.

Mi sono sempre considerato un casalese doc. Da martedì 25 gennaio, lo sono più che mai.

Anch’io porto il segno più profondo della casalità di questi ultimi cinquant’anni: il tumore dell’amianto. Come migliaia di persone che non ci sono più, come centinaia che combattono la stessa battaglia.

Noi di Casale Monferrato. Una piccola Hiroshima, una piccola Nagasaki, una piccola Chernobyl.

Ma quanto piccola? Certo siamo compagni di sventura, e se raccogliessimo le tute di coloro che hanno lavorato l’amianto e d’amianto sono morti, ne potremmo fare un cumulo enorme, come ad Auschwitz. E, in un altro mucchio, le scarpe, le borse, i libri di coloro che l’amianto non l’hanno lavorato mai, ma che sono morti ugualmente per questa fibra maledetta.

Finora, dal 25 gennaio, non ho ancora provato rabbia, dico un sentimento personale risentito, per coloro che hanno disseminato la città di quella malapolvere che ha portato via tanti di noi. E tanti amici e persone che ho conosciuto personalmente: Mauro Cavallone, che mi seguiva con la benevolenza di un fratello maggiore, il quale quasi non ha avuto nemmeno il tempo di combattere e che mi ha aspettato per l’ultimo respiro; Luisa Minazzi, che ha tenuto a bada per qualche anno proprio la varietà meno aggressiva, e che forse ha respirato polverino in quel cortile vicino all’argine nel quale giocavo anch’io, da ragazzo: ma saranno passati quasi 45 anni; Giorgio Cozio, che ha sofferto nella stanza accanto alla mia e se ne è andato in silenzio, in una notte; Alessandro Prosio, che un giorno è venuto da me in redazione con un bigliettino con su scritto: “Maledetto amianto. Grazie Eternit” e che qualche mese dopo si è arreso. E tanti, tanti, troppi altri: mio zio Valente, mia zia Anna.

O meglio, vorrei dire, per ora non mi si è aggiunto - forse perché il dolore fisico mi ha finora risparmiato - nessun ulteriore sentimento di rabbia, per il fatto di essermi trovato cucita anch’io, sulla pelle, questa stella di David fatta con una parola, mesotelioma. Perché la rabbia la provo da anni: non per gli imputati del maxiprocesso che si sta celebrando a Torino, il più grande mai aperto in Italia per una strage sul lavoro, ma per tutto quel cumulo di crudeltà, menzogne, sotterfugi, connivenze, che ha consentito ai «signori dell’amianto» di costruire, a Casale e nel mondo, una mostruosa macchina per produrre potere e denaro, denaro e potere: una fuoriserie con piccolo, forse - per loro - trascurabile difetto, quello di consumare carburante umano: dignità, vite e famiglie spezzate. Trasformate in polvere prima che il loro destino fosse compiuto.

Onestamente, prima del maxiprocesso in corso a Torino, pensavo che all’origine del disastro ci fossero atteggiamenti gravemente colpevoli, ma soprattutto irresponsabili: una terribile leggerezza, una tremenda sottovalutazione del rischio. Ciò che è emerso al processo, che ha rilevato l’esistenza addirittura di manuali della menzogna e dunque una atroce consapevolezza di quanto si stava facendo e causando, mi ha atterrito. Dei colpevoli ci sono sicuramente e il loro è stato un delitto contro l’umanità. Gli imputati hanno diritto a un processo giusto e auguro loro di non essere colpevoli: altrimenti per loro si dovrebbe provare pena, più che rabbia, per come hanno negato il senso dell’umanità nel nome del profitto, del potere.

Certo, noi di Casale Monferrato chiediamo giustizia. Per i nostri morti, per le nostre sofferenze, per le nostre famiglie sconquassate come se sul nostro cielo si fosse combattuta, nel ventesimo secolo, un’altra guerra. Lunghissima, estenuante. E senza possibilità di difenderci. Un crimine contro l’umanità.

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LAVORATORI DE LA SCALA DI MILANO A RISCHIO SICUREZZA

Da Basta morte sul lavoro

http://bastamortesullavoro.blogspot.com/

giovedì 15 marzo 2012

Cronaca di Thomas Mackinson

14 marzo 2012

SICUREZZA SUL LAVORO, LA SCALA DI MILANO “OSSERVATA SPECIALE” DELLA ASL


L'episodio di settimana scorsa, quando una scenografia è caduta rischiando di travolgere le maestranze, è solo l'ultimo di una serie di casi. D'ora in poi ad ogni nuovo spettacolo il teatro dovrà stilare un documento di rischio da fare valutare ai tecnici dell'azienda sanitaria.

Se la cava con duemila euro di multa, ma la questione sicurezza è ormai sotto i riflettori dell’ASL. Succede alla Scala di Milano, il teatro più prestigioso d’ Italia, dove proprio una settimana fa un fondale in allestimento si è rovesciato sul palco rischiando di travolgere le maestranze sotto una tonnellata di legno e ferro.

Tragedia solo sfiorata ma la vicenda non finisce lì. I lavoratori della Confederazione unitaria di base (CUB) hanno denunciato all’ASL l’accaduto e, dopo le verifiche dei sanitari, è stata accertata la situazione di pericolo. Ma cos’è successo alla Scala?

Durante le prove luci, nella semioscurità, qualcuno ha lasciato aperto un portellone del retropalco sprovvisto dei necessari fermi. Per giunta la stessa scenografia era stata montata senza tener conto del dislivello del palcoscenico. Così una folata d’aria ha fatto ribaltare a terra l’allestimento di 12 metri per 15. Per fortuna, quando il fondale è rovinato al suolo, sotto non c’era nessuno.

Ora il teatro ha ricevuto un verbale di contestazione per violazione della prevenzione che, almeno per il momento, è penale.

“Non sono state fatte le necessarie valutazioni sulla staticità e l’equilibrio della scenografia”, spiega il responsabile dell’unità operativa di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro Giancarlo Cattaneo. Ma dopo che la Scala ha messo in campo una serie di contromisure, la violazione è stata derubricata in semplice sanzione. Una differenza non da poco, dato che è stato scongiurato il rischio del sequestro del cantiere con conseguente fermo degli spettacoli in programmazione.

Ma la storia ha ulteriori sviluppi perché il crollo di martedì scorso è solo l’ultimo di una serie di incidenti che potevano avere esiti mortali. Lo scorso autunno una quinta arrotolata è caduta a terra da venti metri d’altezza durante la movimentazione. Clamoroso poi l’episodio dell’aprile scorso quando, nel bel mezzo dell’allestimento della Tourandot, si è verificato un sovraccarico dei ponti che movimentano la scena.

Per questo incidente l’ASL ha inflitto una sanzione di 13mila euro a carico del sovrintendente e del direttore degli allestimenti. “Possibile che alla Scala si rincorra la sicurezza sempre ex post, dopo gli incidenti? Possibile che la dirigenza non capisca che la voce sicurezza dei lavoratori non può essere trattata come una spesa accessoria ma è la priorità?”, attacca il responsabile nazionale della CUB Giuseppe Fiorito.

La stessa cosa deve averla pensata anche la ASL che ha preso una serie di contromisure. “Abbiamo deciso che ad ogni nuovo allestimento i responsabili della sicurezza redigano un formale documento di rischio e lo inoltrino ai nostri uffici che li dovrà valutare. Oltre a questa prevenzione che è sulla carta faremo sicuramente dei sopralluoghi anche perché i nostri uffici sono a cento metri di distanza”, spiega Cattaneo.

La dirigenza della Scala è avvertita.

Difficile dire se questo basterà, anche perché i 15mila euro di multa sono solletico per una Fondazione ormai a controllo bancario che movimenta centinaia di milioni di euro ed è alle prese con 7 milioni di buco in bilancio. Ma lo schiaffo dal punto di vista dell’immagine è forte ed arriva proprio nel delicato tentativo di ripianare i conti spalancando le porte ulteriormente a soci privati. Il dossier con il nuovo statuto (approvato dal Cda proprio pochi giorni fa) è all’esame del Ministero. Il rumore dei crolli e le polemiche potrebbero far nascere dei dubbi sul fatto che La Scala sia o meno un investimento sicuro.

E da Milano a Roma fino a Bari c’è un filo rosso perché nella Capitale si registra una svolta nell’occupazione del Petruzzelli e contemporaneamente i lavoratori del settore spettacolo e concerti hanno manifestato contro la precarietà e per la sicurezza dopo i due incidenti mortali accorsi durante l’allestimento dei palchi per i tour di Giovanotti e della Pausini.

Sul primo fronte è ufficiale: da domani il teatro Petruzzelli tornerà nella sua piena funzionalità, dopo le proteste e l’occupazione dei giorni scorsi da parte dei dipendenti.

Lo ha reso noto il commissario straordinario della Fondazione, Carlo Fuortes, che oggi ha incontrato i delegati sindacali della CGIL.

Confermata al momento da Fuortes la programmazione della ‘Stagione d’opera e balletto’ fino al 31 maggio 2012, che comprende “Il barbiere di Siviglia” di Rossini e “Tosca” di Puccini.

Il prossimo passo sarà il rinnovo dei contratti per le professionalità coinvolte in queste produzioni.

Sul secondo fronte, quello delle proteste, i lavoratori si sono dati appuntamento a Roma presso la sede del ministero per i Beni Culturali per chiedere al governo di disciplinare il settore con regole, contratti, forme di rappresentanza e certezza sull’incolumità che finora sono rimasti il lato oscuro del palco. Tra le altre cose chiedono di vietare l’uso dei palazzetti dello sport come spazi per megaconcerti che sfida le regole sulla sicurezza ed espone a rischio chi ci lavora.

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CORRUZIONE, N'DRANGHETA E DISCARICHE DI AMIANTO DI CAPPELLA CANTONE

Da Basta morte sul lavoro

http://bastamortesullavoro.blogspot.com/

giovedì 15 marzo 2012

COMUNICATO STAMPA

Cremona, 10 marzo 2012

OGGETTO: CORRUZIONE, N'DRANGHETA E DISCARICHE DI AMIANTO DI CAPPELLA CANTONE

Cremona e non solo: intrecci criminosi fra malavita organizzata e politica stanno venendo al pettine.

Noi avevamo visto giusto e lo avevamo detto, scritto e denunciato da tempo.

Dopo gli arresti di Nicoli Cristiani, ex assessore e vice presidente della Consiglio regionale della Lombardia, di Ponzoni, ex assessore e membro dell'ufficio di presidenza dello stesso Consiglio regionale, entrambi del PdL, e di un dirigente dell'ARPA Lombardia, ente di emanazione della giunta regionale; dopo l'iscrizione nel registro degli indagati del leghista Boni, presidente dello stesso Consiglio regionale e di altri dirigenti della Regione Lombardia, diviene più che mai attuale la riproposizione di alcune questioni al signor Formigoni e alla sua giunta che noi facemmo negli anni scorsi e alle quali non si è mai voluto e potuto rispondere:

Il 26 giugno 2011 scrivevamo :

La Giunta Regionale approva provvedimenti ad personam, anzi “ad cavatorum”, come la delibera n.1594 del 20/11/2011 (la famosa delibera che L'Espresso scopre solo ora e che, pare, non sia mai stata pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione Lombardia).

Questo atto, che contiene forti elementi di illegalità, è un supporto su misura per Cavenord (ora di proprietà della Locatelli) che lo ha ripetutamente sollecitato. Con questo provvedimento la Giunta regionale ha di fatto esautorato la provincia sul piano cave, esercitando un atto di indirizzo verso quest’ultima su argomenti di competenza delle singole provincie.

Questa deliberazione costituisce una clamorosa forzatura sul piano normativo e legislativo da parte della giunta Formigoni, alla faccia del federalismo tanto propugnato dalla Lega.

E’ stata approvata in corso d’opera, pensando di creare un nuovo quadro normativo senza più ostacoli per la realizzazione della discarica, anzi delle discariche, nelle ex-cave.

Traducendo: per coprire atti esplicitamente fuori dalle norme, si approvano delibere per annullare la illegalità !

Il 30 novembre 2011 scrivevamo:

La “fantasia al potere”. Il caso dell’ARPA di Cremona.

A metà novembre dell’anno scorso tutti noi, quelli contrari alla discarica di amianto di Cappella Cantone, avevamo cantato vittoria. Le misurazioni dell’altezza della falda acquifera fatte dall’ARPA di Cremona avevano stabilito che non venivano rispettati i famosi due metri di altezza fra il fondo della discarica e la falda per cui la Regione Lombardia aveva scritto a Cavenord che se non modificava il suo progetto entro dieci giorni questo sarebbe stato respinto.

Evviva! Passano dieci giorni, passa un mese, due mesi. Tutto tace. Si scopre poi, PER CASO, solo perché un sindaco ha sollecitato la Regione, che sono state presentate in tempo utile (?) le modifiche, che queste consistono nell’aggiungere uno strato di m 1,40 di materiale isolante e che l’ARPA prosegue tranquillamente le misurazioni della falda “facendo finta” che esista questo strato aggiuntivo di terreno.

Domanda alla giunta: perché non è stato subito reso noto che le modifiche erano state presentate? La normativa sulla trasparenza lo prevede. Che esistano falde affioranti in quella zona lo sanno tutti senza scomodare i tecnici. Basta un semplice temporale per allagare l’ex cava Retorto e i torrenti e le rogge della zona facilmente esondano.

Lo abbiamo documentato con foto più di una volta, nel settembre 2007 e nel febbraio 2009.

Nel giugno 2010 si è verificato addirittura un ulteriore innalzamento della falda. Infatti dopo circa due mesi di forte siccità, in meno di sei ore di pioggia consecutiva l’area si è quasi completamente allagata. Ma per i tecnici dell’ARPA non è un problema...

Il 6 dicembre 2011 abbiamo posto domande dirette a Formigoni, tra cui queste:

- COME POTEVA Nicoli Cristiani, vice presidente del Consiglio regionale, che non fa parte della giunta e quindi non titolato a prendere alcuna decisione, a garantire con certezza che alcuni atti autorizzativi sarebbero stati comunque approvati negli uffici e ambiti competenti? Chi copriva e garantiva Nicoli Cristiani in giunta? Quale era, o meglio, chi era il trait-d’union ?

- COME MAI FORMIGONI e la sua giunta hanno approvato a più riprese delibere tendenti a rendere possibile la realizzazione della discarica, rimuovendo alcuni ostacoli legali, come quello che prevedeva una distanza minima di 5 km tra una discarica e l’altra o i vincoli del piano cave? Ricordiamo che la normativa, in vigore precedentemente, avrebbe impedito che partissero addirittura i primi atti autorizzativi.

- PERCHE’ MARCELLO RAIMONDI (assessore regionale all’ambiente ) fu “contattato” da Luigi Brambilla, consulente aziendale della ditta Locatelli, affinché si attivasse al fine di accelerare l’iter della discarica di Cappella Cantone pur non essendo il suo assessorato direttamente competente per la materia? L’interessamento di Raimondi, che emerge dai verbali della Magistratura, avviene attraverso “interventi” su alcuni dirigenti e funzionari del suo assessorato e tramite una lettera inviata a Tadi, sindaco di Cappella Cantone e al vice-sindaco dello stesso paese che è il vero uomo forte e decisivo del consiglio comunale.

In sintesi qual è, o meglio, CHI E' il trait d'union fra Nicoli Cristiani e la giunta Formigoni, al cui interno c'è un assessore di Cremona? Infatti come poteva Nicoli Cristiani, non essendo in giunta, garantire a Locatelli che tutte le autorizzazioni sarebbero state concesse con celerità?

E' chiaro che quando sarà reso noto questo nome (o questi nomi) molta più chiarezza sarà fatta su tutta la vicenda e finalmente i cittadini saranno informati di uno dei più gravi episodi di corruzione degli ultimi 30 anni, rispetto ai quali tangentopoli rischia di impallidire. Nei prossimi mesi l'inchiesta in corso rischia di smontare poteri forti trasversali ai partiti politici e Compagnia, che hanno condizionato l'economia lombarda, e non solo, in questi ultimi 30 anni.

Il 13 gennaio 2012 abbiamo ribadito quanto segue:

Che ci fosse un intreccio pericoloso, esteso e ramificato in Lombardia tra malaffare e politica noi lo sosteniamo fin dall'inizio della vicenda della discarica di Cappella Cantone, e l'abbiamo concretizzato con un esposto alla Magistratura. Oltre a voler autorizzare a tutti i costi discariche di amianto in luoghi non idonei (Brescia e provincia, Ferrera Erbognone (Pavia), Cava Manara (Pavia) ecc...) ci sono state speculazioni illegittime fatte da privati e coperte dalla politica per nascondere progetti di discarica dietro i progetti di cava come a Telgate e altri fatti che sono in stretta connessione con la vicenda specifica di corruzione legati alla discarica di Cappella Cantone.”

Per tutte queste ragioni e per altre argomentazioni contenute nel nostro dossier, consegnato alla Magistratura, noi ribadiamo che, per motivi di igiene politica, Formigoni e la sua giunta se ne devono andare subito.

Possibile che il sig. Formigoni non sapesse nulla dell'operato dei suoi più stretti collaboratori?

Se così fosse o sarebbe incapace, o sarebbe colpevolmente distratto. In entrambi i casi non è più in grado di svolgere la sua funzione, DEVE ANDARSENE!

In conclusione, la partita che si giocherà d'ora in avanti può diventare ancora più complessa di quella che si è dipanata finora. Per fermare i disonesti, i furbi e quelli che fanno affari sulla nostra pelle occorrerà l'attenzione e la mobilitazione di tutti i cittadini lombardi per impedire la realizzazione di tutte le discariche di amianto, in corso di approvazione o già approvate.

Così si potrà arrivare ad una pianificazione trasparente e realmente partecipativa per lo smaltimento dell'amianto che prenda in seria considerazione il riciclo dell'amianto.

In tal senso ribadiamo che per i futuri impianti di smaltimento dell'amianto va contrastata l'iniziativa lasciata ai privati, privilegiando il controllo e la gestione pubblica.

Cittadini contro l'amianto

nodiscaricadiamianto@yahoo.it

telefono 3389875898

Iscriviti alla nostra mailing list:

cittadinicontroamianto-subscribe@yahoogroups.com

Se volete aiutarci concretamente a continuare la nostra attività potete versare i vostri contributi con PayPal (vedi il nostro blog http://cittadinicontroamianto.blogspot.com).

Un versamento minimo di 15 euro corrisponde all’adesione formale all’associazione e dà diritto all’invio della tessera e del dossier che abbiamo scritto su amianto e smaltimento.

Se volete solo il dossier potete fare una donazione con PayPal (minimo 7 euro) e lo invieremo ad un recapito postale che ci indicherete (si può fare anche un versamento in conto corrente postale).

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RSPP, RISCHIO STRESS E CONTROLLI: L’OPINIONE DI RAFFAELE GUARINIELLO

Da Punto Sicuro:

http://www.puntosicuro.it

Anno 14 - numero 2814 di martedì 13 marzo 2012

La seconda parte dell’intervista al magistrato Guariniello, coordinatore del pool torinese che si occupa di sicurezza sul lavoro. La responsabilità degli RSPP, le indagini relative al rischio stress e il rischio di depotenziamento dei controlli.

Torino, 13 Marzo 2012

Neri giorni scorsi abbiamo presentato una breve intervista al sostituto procuratore Raffaele Guariniello, coordinatore del pool di magistrati della Procura di Torino specializzato nei problemi relativi alla sicurezza sul lavoro e alla tutela del consumatore.

Chiaramente all’ordine del giorno c’erano i temi emersi dalla sentenza del 13 febbraio 2012 relativa al processo Eternit, una sentenza che, come abbiamo visto nell’intervista, avrà ripercussioni nelle aule giudiziarie non solo italiane.

Sperando che si possa evitare il futuro smantellamento del pool, come ci ha raccontato il Procuratore Capo della Repubblica presso il tribunale di Torino Gian Carlo Caselli, abbiamo tuttavia sottoposto a Raffaele Guariniello anche altre domande.

Sia per conoscere le indagini attuali del pool, sia per affrontare e soffermarci sull’evoluzione della giurisprudenza, ad esempio in merito alle responsabilità degli RSPP.

Non potevamo poi non chiedere un parere sul rischio di depotenziamento dei controlli ambientali e sulla sicurezza sul lavoro correlato all’articolo 14 del decreto Semplificazioni (Decreto Legge 5 del 09/02/12).

Come potrete ascoltare il Dott. Raffaele Guariniello non è prodigo di anticipazioni sulle indagini, ma qualcosa abbiamo potuto appurare in merito alle prime iscrizioni nel registro degli indagati di aziende torinesi per non avere valutato in modo corretto (secondo gli inquirenti) il rischio da stress dei propri lavoratori.

Riprendiamo l’intervista con il dott. Guariniello che gentilmente ha accettato di rispondere alle nostre domande.

PUNTOSICURO

Guardiamo oltre le sentenze Thyssen ed Eternit. Vorrei il suo parere sull’evoluzione della giurisprudenza in merito alle responsabilità dei consigli di amministrazione delle aziende e degli RSPP. Mi pare che, riguardo agli RSPP, la giurisprudenza cominci ad occuparsi non solo delle "macro" omissioni ma anche dei suggerimenti sbagliati, delle sottovalutazioni di situazioni di rischio.

RAFFAELE GUARINIELLO

Beh, a proposito di Servizio di Prevenzione la giurisprudenza mette in luce due punti fondamentali.

Il primo punto è che il responsabile del Servizio non è un delegato del datore di lavoro e quindi non si sostituisce al datore di lavoro.

Il secondo punto è relativo al fatto che nello svolgimento dei suoi compiti il Responsabile del Servizio incorre in responsabilità in infortuni sul lavoro qualora abbia dato un suggerimento sbagliato e abbia omesso di segnalare una situazione di rischio e ciò sia una concausa del’infortunio.

P.S.

Dunque è sempre più ininfluente il fatto che l’RSPP non sia destinatario di sanzioni vere e proprie per violazioni di norme relative al Decreto legislativo 81/08?

R.G.

Beh, se la responsabilità non c’è per le singole interazioni, se non sono previste sanzioni nel Testo Unico, ci può essere la responsabilità per un infortunio sul lavoro o per una malattia professionale. Quindi per omicidio oppure lesioni personali.

P.S.

Quali sono altre indagini importanti su cui si sta muovendo il pool in questo periodo?

PuntoSicuro ha dato notizia, per esempio, che ci sono state le prime iscrizioni nel registro degli indagati di aziende torinesi per non avere valutato in modo corretto il rischio da stress dei propri lavoratori.

R.G.

Per quel che riguarda lo stress lavoro correlato si parla di un obbligo espressamente previsto dal Testo Unico. Un obbligo la cui entrata in vigore è il 31 dicembre 2010. Ormai è oltre un anno che è entrato in vigore questo obbligo.

Attualmente si stanno facendo delle verifiche per accertare se questo rischio sia stato valutato, se sia stato adeguatamente valutato. Devo dire che mi sembra complessivamente di rilevare l’esigenza di un’adeguata e più approfondita valutazione di questo rischio. Per questo scopo bisogna adottare delle metodologie che siano realmente adeguate al fine che si propone il legislatore.

Noi non accettiamo degli adempimenti che siamo meramente burocratici e formali, devono essere adempimenti sostanziali.

P.S.

Se non erro c’era stata anche una discussione riguardo al termine del 31 dicembre 2010. Una discussione per valutare se andava considerato come termine per l’avvio della valutazione o come termine per la valutazione vera e propria.

R.G.

Sì, questa era stata una tesi (l’idea che il termine fosse relativo al solo avvio, NDR) sostenuta dal Ministero del Lavoro in una sua circolare, ma si tratta di una tesi del tutto priva di fondamento. Una circolare non può modificare quello che è scritto in una legge.

P.S.

Qualche anticipazione di altre indagini significative che il suo pool sta svolgendo?

R.G.

Beh, ne parleremo.

P.S.

Le chiedo però un’ultima cosa. Vorrei un suo parere sull’articolo 14 del decreto Semplificazioni (Decreto Legge 5 del 09/02/12), che molti denunciano essere un articolo che rischia di depotenziare i controlli sia in termini di sicurezza sul lavoro che in termini ambientali.

E’ possibile che questo articolo in fase di conversione del decreto legge venga cambiato, non crede tuttavia che dimostri una volta di più che ci sono ancora troppe persone in Italia che considerano i controlli uno spreco e non una risorsa per migliorare la nostra salute e sicurezza?

R.G.

Il mio pensiero l’ho espresso molte volte. Noi abbiamo delle leggi in materia di sicurezza sul lavoro molto avanzate. Quella che è una grave carenza nel nostro paese è quella costituita dai controlli. I controlli vuoi degli organi di vigilanza, vuoi dell’autorità giudiziaria sono a mio parere ancora insufficienti.

Quindi semmai quello che bisogna fare non è diminuire i controlli, ma proprio il contrario: intensificare i controlli. Almeno se l’obiettivo deve essere quello di abbattere questo alto numero di infortuni sul lavoro.

L’articolo 14, di cui si parla, fa riferimento alla emanazione di regolamenti. Mi rifiuto di pensare che un governo attento alle regole come il governo Monti possa intraprendere una strada che conduce alla riduzione dei controlli atti a tutelare la sicurezza nei luoghi di lavoro.

P.S.

Insomma il suo, come il nostro, è un auspicio che l’articolo venga cambiato, modificato?

R.G.

Beh, diciamo che la norma non si riferisce specificamente alla sicurezza sul lavoro. Però indubbiamente potrebbe dare vita ad un regolamento che sia poi applicabile alla sicurezza sul lavoro.

Ripeto: mi rifiuto di pensare che un governo attento come il governo Monti possa intraprendere questa strada.

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

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AMIANTO, MALATI OTTO LAVORATORI SU DIECI DELLA SACELIT DI SENIGALLIA

Da PuntoSicuro:

http://www.puntosicuro.it

Anno 14 - numero 2816 di giovedì 15 marzo 2012

L'ultimo screening condotto dall'azienda sanitaria regionale delle Marche su 158 ex addetti dello stabilimento, rivela percentuali altissime di patologie asbesto-correlate, dall'alterazione di pleura e polmone ai danni della funzionalità respiratoria.

Senigallia (AN)

15 Marzo 2012

Otto lavoratori su dieci affetti da alterazioni della pleura e sei su dieci da alterazioni radiologiche del polmone, dopo essere stati esposti per anni agli effetti dannosi dell' amianto. Sono alcuni dei risultati dell'ultimo screening sanitario sugli ex dipendenti della Sacelit Italcementi di Senigallia, in cui si producevano manufatti in cemento-amianto, condotto dall'Area Vasta 2 dell'azienda sanitaria regionale delle Marche nel periodo 2010-2011, a distanza di cinque anni da quello compiuto nel 2004-2005 insieme alle associazioni sindacali.

In 79 hanno ottenuto la certificazione di malattia professionale. Su un totale di 238 ex lavoratori Sacelit contattati, 158 si sono sottoposti a esami clinici, nel periodo compreso tra l'inizio del 2010 e il 31 ottobre dell'anno scorso, presso l'ambulatorio di Medicina del lavoro dello Spsal (Servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro). I risultati, resi noti dal direttore dell'Area vasta, Maurizio Bevilacqua, sono molto preoccupanti: l'81% dei soggetti presenta alterazioni della pleura, il 60% del polmone, mentre il 45% delle persone visitate ha subito danni alla funzionalità respiratoria. Settantanove lavoratori hanno ottenuto un certificato di malattia professionale per il riconoscimento medico-legale di malattie correlate all'asbesto.

Sono 133 gli ex dipendenti risarciti finora con nove milioni di euro. Secondo l'azienda sanitaria, percentuali così elevate si spiegano con l'età avanzata degli ex operai, che hanno respirato per anni i veleni della fabbrica, aperta nel 1948 e chiusa nel 1984, e con il lungo periodo trascorso tra la loro prima assunzione e il momento degli accertamenti sanitari. Nel tempo diversi lavoratori sono morti a causa della lunga esposizione alle "fibre killer" di amianto. Oggi la Sacelit riconosce un indennizzo agli ex dipendenti malati. Per 133 di loro, che hanno lavorato nell'impianto senigalliese, finora ha liquidato nove milioni di euro.

Sui sacchi di juta contenenti la fibra-killer si consumava anche il pranzo. I prodotti che venivano fabbricati nello stabilimento di Senigallia erano composti di una miscela di acqua, amianto e cemento, che veniva reperito dalla vicina Italcementi tramite un cementodotto. Alcuni ex operai della fabbrica, le cui testimonianze sono state raccolte nel documentario "Amianto: una storia di morte" prodotto dall'Associazione Lotta all'Amianto (Ala) di Senigallia, hanno rivelato come la produzione avvenisse senza che fosse presa alcuna precauzione per la salute dei lavoratori. "I primi sacchi di amianto che arrivavano - racconta Carlo Gresta - erano sacchi di juta, quei sacchi normali in cui si imballa il grano, e appena si muovevano si sollevava una nuvola di polvere". Nessuno tra gli operai immaginava di avere a che fare con un materiale così letale, tanto che qualcuno sui sacchi di juta contenenti amianto e cemento ci consumava perfino il pranzo.

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ALCOL E LAVORO: ORIENTAMENTI DEL COORDINAMENTO TECNICO INTERREGIONALE EMILIA ROMAGNA

Da PuntoSicuro:

http://www.puntosicuro.it

Anno 14 - numero 2803 di lunedì 27 febbraio 2012

Un convegno ha affrontato il tema della prevenzione dell'abuso di alcol con riferimento agli ambienti lavorativi e al progetto “Alcol e lavoro”. Gli orientamenti della Regione Emilia-Romagna e del Coordinamento Tecnico Interregionale.

Il 24 novembre 2011 si è tenuto a Bologna, presso la sala Auditorium della Regione Emilia-Romagna, il convegno “Il progetto alcol e lavoro della Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di vita e applicazione della normativa”.

Ricordando che il Piano della prevenzione 2010-2012 della regione Emilia-Romagna si propone la promozione di stili di vita sani nei confronti di tutta la popolazione, il convegno ripropone il tema della prevenzione dell'abuso di alcol con particolare riferimento ai luoghi di lavoro, dove è ancor più necessario integrare le azioni tese all'osservanza della normativa e l'attivazione di processi di promozione finalizzati alla modifica dei fattori di rischio che possono causare malattie cronico/degenerative.

Con queste finalità è stato attivato da tre anni il progetto “Alcol e lavoro” e si è creato un gruppo di lavoro, formato da referenti dei Dipartimenti di sanità pubblica e dipendenze patologiche delle Aziende Usl, che ha effettuato diversi interventi informativo/formativi in aziende del territorio regionale contribuendo alla stesura delle prime indicazioni sull’applicazione della normativa in materia, con attenzione particolare ai percorsi di diagnosi e recupero dei soggetti affetti dal alcol dipendenza. Indicazioni redatte in attesa dell’emanazione dell’Accordo Stato-Regioni previsto dall’articolo 41 del D.Lgs.81/08 che rivisiterà le condizioni e le modalità per l’accertamento dell’alcoldipendenza.

Presentiamo oggi le slide di uno degli interventi - pubblicate sul sito del Servizio Informativo per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (SIRS-RER) - che si è soffermato sui primi orientamenti della Regione Emilia-Romagna in tema di prevenzione, diagnosi e cura dell’alcol dipendenza e su alcuni punti di un documento elaborato dal Gruppo tecnico nazionale del Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro (ultima stesura 09/09/2011).

Nell’intervento “Orientamenti regionali con uno sguardo nazionale”, a cura della D.essa Mara Bernardini (Regione Emilia-Romagna, Assessorato politiche per la salute Servizio sanità pubblica), vengono riproposti alcuni temi inerenti gli orientamenti regionali per medici competenti in tema di prevenzione, diagnosi e cura dell’alcol dipendenza.

Ad esempio si sottolinea che il ruolo del medico competente va inteso oggi in modo ampio:

- principalmente come supporto al datore di lavoro e a tutto il sistema destinato alla valutazione dei rischi e alla messa a punto della strategia preventiva più adeguata all’interno dell’azienda;

- l’esplicito richiamo nel recente D.Lgs.81/08 alla prevenzione e gestione delle problematiche alcol correlate esprime senza dubbio l’interesse del legislatore al coinvolgimento del medico competente nella prevenzione dei danni provocati da fattori di rischio non più e non solo di tipo tradizionale, ma anche legati a stili di vita pericolosi o scorretti.

In particolare il medico competente collabora con il datore di lavoro in relazione a:

- azioni collegate al rilascio del giudizio di idoneità;

- valutazione dei rischi e predisposizione di misure per la tutela della salute e integrità psico-fisica dei lavoratori;

- informazione - formazione - promozione della salute verso il gruppo e verso il singolo;

- organizzazione del servizio di primo soccorso.

Rimandiamo il lettore alla lettura di quanto contenuto nel documento agli atti in merito alla valutazione dei rischi, alla politica aziendale di prevenzione e di gestione dei problemi correlati al consumo di alcol, alla sorveglianza sanitaria e ai compiti del medico competente in merito alla diagnosi e cura dell’ alcol dipendenza.

Veniamo ora alle indicazioni tratte dal documento del Gruppo tecnico nazionale del Coordinamento Tecnico Interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro.

Con tale documento, in attesa della rivisitazione delle condizioni e delle modalità per l’accertamento dell’alcoldipendenza, si è ritenuto opportuno fornire alcune indicazioni procedurali di carattere interpretativo circa l’applicazione degli specifici aspetti del D.Lgs.81/08 e dell'articolo 15 della legge 30 marzo 2001, n.125, facendo riferimento anche all’Intesa Stato-Regioni del 16 marzo 2006.

In particolare il consumo di alcol durante l’attività lavorativa è un aspetto particolare del complesso problema della sicurezza nei luoghi di lavoro, che deve naturalmente essere garantita in tutti i suoi aspetti già ben delineati dalla normativa vigente (es. obblighi di valutazione, di organizzazione e gestione della sicurezza, di messa a disposizione di strutture, macchine e impianti sicuri, di informazione e formazione dei lavoratori, di vigilanza e controllo, di coinvolgimento delle figure aziendali della prevenzione compresi i rappresentanti dei lavoratori).

Sottolineando che l’ assunzione di alcolici durante l’attività lavorativa, o poco prima di iniziarla, costituisce un rischio aggiuntivo, legato al comportamento del lavoratore, sanzionabile ai sensi del comma 3, art. 15 della L. 125/2001, vengono indicate delle misure per prevenire il rischio:

- individuazione delle mansioni a rischio, integra il documento di valutazione dei rischi;

- informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, dei dirigenti e dei preposti sullo specifico rischio;

- divieto di somministrare o assumere bevande alcoliche negli ambienti e nelle attività di lavoro;

- informazione dei lavoratori sul divieto di assumere alcolici prima di iniziare l’attività lavorativa a rischio, anche se al di fuori dell’orario di lavoro, in quanto gli effetti di tale assunzione possono comportare un rischio infortunistico aggiuntivo, e precisare che il riscontro di un’alcolemia positiva comporterà comunque un temporaneo allontanamento dalla mansione a rischio;

- organizzazione dei controlli finalizzati alla verifica del rispetto del divieto di assunzione o somministrazione di bevande alcoliche attraverso l’esecuzione di test alcolimetrici senza preavviso, in campioni predefiniti di lavoratori, selezionati in modo randomizzato, con documentazione dei risultati ottenuti.

Riguardo poi agli accertamenti inerenti il divieto di assunzione o somministrazione di bevande alcoliche, si indica che per la prevenzione degli infortuni e dei possibili danni a terze persone, il datore di lavoro deve garantire il controllo alcolimetrico, attraverso il medico competente, dei lavoratori rientranti nell’elenco delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi:

- controllo estemporaneo/senza preavviso;

- procedure predefinite, condivise con i RLS e preventivamente comunicate ai lavoratori;

- frequenza almeno annuale;

- in situazioni di elevata numerosità su percentuale minima del 30% dei lavoratori - tutti i lavoratori almeno 1 volta nel triennio;

- scelta dei lavoratori secondo criteri di casualità;

- singoli risultati nelle cartelle sanitarie personali e risultati anonimi collettivi nella relazione sanitaria annuale.

Tali accertamenti hanno le finalità di:

- promuovere e verificare il divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche all’interno dell’azienda;

- individuare i casi per i quali devono essere previsti opportuni interventi diagnostico/ terapeutici e riabilitativi.

Quando poi, nell’ambito dello svolgimento della lavorazione a rischio, “sussistano elementi che facciano pensare ad un possibile consumo di alcol in forma acuta la segnalazione di sospetto, in via cautelativa e riservata, viene fatta dal datore di lavoro o suo delegato al medico competente che provvederà a verificarne la fondatezza e, se del caso, ad effettuare il controllo alcolimetrico. Il medico competente informa il lavoratore sottoposto a controllo dei risultati degli accertamenti effettuati, del loro significato clinico e delle conseguenze che questo comporta relativamente alla sua attività lavorativa”.

Nel caso venga rilevata un’alcolemia positiva il lavoratore dovrà temporaneamente essere adibito, da parte del datore di lavoro o del dirigente, ad altra mansione non a rischio o, se ciò non fosse possibile, dovrà essere allontanato dal lavoro, al fine di evitare il rischio infortunistico conseguente alla sua condizione. Per principio di precauzione lo stesso provvedimento verrà adottato in caso di rifiuto del lavoratore a sottoporsi all’accertamento, ferma restando la sanzionabilità di tale comportamento.

L’intervento dopo aver affrontato anche i temi della sorveglianza sanitaria e dei servizi specialistici delle ASL, riporta in conclusione quanto affermato dal Gruppo tecnico nazionale in relazione agli obblighi dei lavoratori autonomi.

Si ricorda che la legge 125/01 non distingue la fattispecie “lavoratore autonomo” dal lavoratore dipendente. Anche il lavoratore autonomo quindi ha l’obbligo di non assumere alcolici se svolge le lavorazioni di cui all’accordo Stato-Regioni, e i medici del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di vigilanza competenti per territorio delle aziende unità sanitarie locali possono sottoporlo agli accertamenti alcolimetrici previsti all’articolo 15 della L.125/01, provvedendo, se del caso, alle sanzioni amministrative previste al comma 4 dell’articolo citato.

Il documento “Orientamenti regionali con uno sguardo nazionale”, a cura della D.essa Mara Bernardini (Regione Emilia-Romagna, Assessorato politiche per la salute Servizio sanità pubblica), intervento al convegno “Il progetto alcol e lavoro della Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di vita e applicazione della normativa” è scaricabile all’ indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120227_Bernardini_Emilia_Romagna_progetto_Alcol_lavoro.pdf

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