giovedì 6 settembre 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS ! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 05/09/12




INDICE

IL SOCIALISMO NON E’ UN'UTOPIA.....

BOCCONIANI

DA SAMBA: VECCHIE NOTIZIE “DAL FRONTE” - 4

FINO IN FONDO: LA LOTTA ESPLOSIVA DEI MINATORI DEL SULCIS

I COBAS REPLICANO ALLA CGIL SULLE CONCE

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
OSSERVATORIO INDIPENDENTE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO: MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEI PRIMI 8 MESI DEL 2012

Cobas Ravenna cobasravenna@libero.it
CAMPAGNA NAZIONALE SU ILVA

Fabio Gambone fabio74_1@libero.it
ZERO WASTE FLORENCE ALTERMEETING

Riccardo Antonini erreemmea@libero.it
STRAGE DI VIAREGGIO: INCONTRO-DIBATTITO IN VALLE DI SUSA

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From: Grillo Peppone grillo@macchinistiuniti.it
To:
Sent: Friday, August 24, 2012 9:17 AM
Subject: IL SOCIALISMO NON E’ UN'UTOPIA.....

Da: Altervista 

0% DI DISOCCUPATI E 15 EURO DI AFFITTO PER TUTTI: IL MIRACOLO DI MARINALEDA


Una insolita isola socialista che resiste alla crisi in Spagna. Come si vive a Marinaleda (Andalusia) dove i lavoratori governano una città e quando serve occupano le terre e fanno la spesa proletaria nei supermercati.
Juan Manuel Sánchez Gordillo, che ha dominato le prime pagine nei giorni scorsi dopo aver condotto un “spesa proletaria” di cibo nei supermercati per consegnarlo ai bisognosi insieme al Sindacato Andaluso dei Lavoratori (SAT), è certamente un leader singolare all'interno della classe politica spagnola.
Eterodosso tra gli eterodossi, le sue azioni passate hanno attirato critiche anche nei ranghi di Izquirda Unida di cui fa parte dal 1986 la sua organizzazione nel quadro del Blocco Andaluso-IU.
Insieme a, Diego Cañamero, Sánchez Gordillo è stato un leader storico del Sindacato dei Lavoratori del Campo (SOC), la spina dorsale della corrente SAT. Inoltre, dal 1979 è il sindaco di Marinaleda, una piccola città di circa 2.600 abitanti tra Cordova e Siviglia (chiamata la “padella dell'Andalusia” per il caldo, NdT) dove negli ultimi 40 anni ha esercitato una egemonia autorevole ed assoluta. Il sostegno e l'impegno degli abitanti del paese ha contribuito a lanciare un vero e proprio esperimento politico ed economico, una specie di isola socialista nel mezzo della campagna andalusa.
La rossa Marinaleda ha camminato attraverso la storia della Spagna, con la transizione, con l'entrata in Europa e la caduta dell'Unione Sovietica, fino al ventunesimo secolo. Infine, è arrivata la crisi economica e questa città andalusa ha avuto la possibilità di verificare se la sua utopia particolare, attuata in 25 chilometri quadrati, sia davvero un'alternativa ai mercati.
L'attuale tasso di disoccupazione a Marinaleda è pari a 0%. Gran parte degli abitanti sono impiegati nella Cooperativa Humar - Marinaleda SCA, creata dagli stessi lavoratori, dopo anni di lotta. Per molti anni, i contadini hanno occupato le terre di Smoky, dove oggi sono organizzati in cooperativa, e spesso sono stati sfrattati dalla Guardia Civil. Infine, nel 1992 raggiunto il loro obiettivo: “la terra a chi la lavora” e la proprietà divenne della cooperativa. Sul loro sito web è scritto in chiaro che il suo “obiettivo non è il profitto privato, ma la creazione di posti di lavoro con la vendita di prodotti agricoli sani e di qualità”.
Tutti gli stipendi della cooperativa sono uguali: circa 1.200 euro al mese. Nei loro campi si coltivano fagioli, carciofi, peperoni rossi (pipas) e olio extravergine di oliva, controllati dai lavoratori in tutte le fasi della produzione. Il terreno, che si trova nella Vega Genil, di proprietà della “comunità”, e hanno anche una fabbrica di conserve, un mulino, serre, strutture di allevamento e un negozio. I salari di tutti i lavoratori, non importa quale sia la loro posizione, è di 47 euro al giorno, sei giorni alla settimana, al ritmo di 1.128 euro al mese per 35 ore settimanali.
In alta stagione, il lavoro cooperativo impegna almeno 400 persone seguendo il motto di “lavorare meno per lavorare tutti”. In aggiunta, ci sono anche persone che lavorano su piccoli appezzamenti di proprietà. Il resto dei settori chiave dell'economia sono legati ad attività rurali, negozi, sport e pubblica utilità. Praticamente tutti in città guadagnano lo stesso di un lavoratore a giornata, circa 1.200 euro al mese.
In un'intervista pubblicata il mese scorso, Gordillo stesso ha spiegato come la crisi stia colpendo Marinaleda. “Essa colpisce un po' i prezzi dei prodotti agricoli e dei finanziamenti. Abbiamo problemi di liquidità, ma stiamo vendendo buoni prodotti”.
Così, “in termini generali, in agricoltura e nella produzione alimentare la crisi si è sentita meno. Resta il problema delle persone che avevano lasciato la campagna per andare lavorare nel settore delle costruzioni. Quindi occorre mantenere l'occupazione lì, ma bisogna aumentarla. L'agricoltura biologica offre più posti di lavoro rispetto ai tradizionali, questo è vero. Certo per salvarla dalla situazione di crisi e l'aumento dei prodotti agricoli, si è cercato uno scambio orizzontale, con un dialogo di cooperazione e relazioni di cooperazione con gli altri paesi hanno esperienze di questo tipo”.
La questione delle abitazioni
Di fronte al “boom immobiliare” e la speculazione che ha colpito il mattone in Spagna negli ultimi decenni, Gordillo ha deciso di mandare Marinaleda esattamente nella direzione opposta.
Si può avere una casa in buone condizioni, di 90 mq e con terrazza, per 15 euro al mese.
L'unica condizione è che, secondo la filosofia assemblearia e orizzontale che guida tutte le sue attività, ogni persona dovrebbe aiutare la costruzione della vostra casa.
L'amministrazione offre terra e fornisce materiali per la costruzione di alloggi, da parte degli inquilini stessi che pagano qualcuno per sostituirli. Così, come ci sono professionisti pagati per consigliare i residenti e svolgere i compiti più complicati. Inoltre, come misura per incoraggiare la collaborazione, i futuri inquilini non saranno quale delle case che si costruiscono sarà in futuro la sua.
“Quando si lavora, per la costruzione della casa si pagano 800 euro al mese e si riserva la metà per pagare la casa,” dice Juan José Sancho, un abitante di Marinaleda che, nonostante i suoi 21 anni, fa parte del “gruppo di azione” ed è responsabile, attraverso il gruppo, di gestire gli affari pubblici della città. Secondo lui, “questa misura è stata presa per non speculare sulle case vuote”.
La scuola e l'educazione
“Dove prima gran parte dei lavoratori a giornata riusciva a malapena a scrivere, oggi c'è una scuola materna, una scuola e un istituto. Sia la scuola materna che la scuola dispone di un servizio mensa che costa solo 15 euro al mese. Tuttavia, come ha raccontato Sancho, “il tasso di disaffezione alla scuola è un po’' alto, perché la gente vede che la casa e il lavoro sono assicurati, molti non vedono la necessità di adoperarsi negli studi. Uno dei punti su cui abbiamo bisogno per migliorare”.
L'impegno e la consapevolezza politica tra gli abitanti di Marinaleda è superiore a qualsiasi altra città della zona, ed “è anche qualcosa che è molto presente tra i giovani”, secondo Sancho. “Qui tutti i giovani hanno idee politiche. Tuttavia, il nostro impegno è di gran lunga inferiore a quello dei nostri genitori che hanno dato tutto per avere questo”. Oggi “abbiamo tutti i bisogni soddisfatti e la gente si adagia un po’ ”.
La partecipazione politica
I pilastri su cui poggia il modello economico Marinaleda sono l'uguaglianza e la partecipazione del popolo. E questi principi sono estesi a tutti i settori della vita, anche politica. Non esiste la polizia e le decisioni politiche vengono prese in una riunione in cui tutti i residenti sono tenuti a partecipare.
D'altra parte, “c'è una 'task force', che affronta le questioni più pressanti della giornata. C'è un gruppo di eletti, sono persone che vogliono aderire volontariamente per condividere le attività necessarie alla popolazione”, dice Sancho. “Si tratta di un gruppo eterogeneo, siamo più o meno lo stesso numero di uomini e donne”. Tuttavia, una cosa che hanno in comune tutte le persone coinvolte in esso e che appartengono al “movimento” e, come segnala il sito di Marinaleda, “il partito (UI), l'unione (SAT) e la città fanno parte di un tutto. L'assemblea ha deciso e il partito e il sindacato, si associano per applicare tale decisione nella città”.
Per quanto riguarda le tasse, “sono molto basse, le più basse in tutta la regione”, spiega Sancho. I bilanci sono discussi in pubblico e la gente in assemblea approva. Poi, la discussione si sposta quartiere per quartiere, nelle assemblee dei “vecinos” (inquilini, residenti, NdT), ed è questo che decide ciò che viene investito ogni euro.
Ambiente
Seguendo la indicazioni del coordinamento internazionale Via Campesina, alla quale il SAT aderisce, è lavorare la terra in modo “ecologico, al 100% una agricoltura pratica”, come la cooperativa annuncia sul suo sito web. “Nella cooperativa si è sempre cercato di promuovere l'agricoltura manuale, per creare più posti di lavoro e di essere più ecocompatibili", dice Sancho. Inoltre, “sono stati rimossi i rifiuti e tutte le discariche di rifiuti adottano impianti di riciclaggio”. Gli obiettivi dell'Ayuntamiento (Municipio) è ora quello installare un proprio punto verde nella cittadina.

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From: Aldo Mancuso aldo.mancuso@asf.toscana.it
To:
Sent: Tuesday, August 21, 2012 8:55 AM
Subject: BOCCONIANI

La specialità del Bel Paese è sempre più evidente: non c’è angolo del Mondo Globale dove ciarlatani e truffatori godono di privilegi potere denaro e impunità come “Nel Paese delle Meraviglie Governato dai Tecnici”.
Che ci azzeccano i Bocconiani con Scienza Conoscenza Saperi Metodo Scientifico Ricerca Scoperta Verità? Le sciocchezze sparate a raffica (ministre ministri e sottoministri a difesa dei privilegi tecnici arraffati...) non bastano a pensionare la bufala dell’eccellenza degli economisti, degli specialisti-maghi-sacerdoti del mercato, di quelli che celebrano i riti dei nuovi sacrifici umani in nome dell’Assoluto delle modernità globalizzata: il Mercato? Che ci azzecca l’Economia con la Scienza? Lo deve ufficializzare babbo natale che Aziendalizzazioni Liberalizzazioni Privatizzazioni sono Furti che tutelano la libertà di caste cosche cricche e corporazioni (riunite nel cupolone classe dirigente)? Sacrifici per dipendenti pensionati precari disoccupati per chi non ha niente da sacrificare e assegno di senatore al presidente tecnico: che ci azzecca la Costituzione? Così si garantisce il frutto della resistenza, la Costituzione antifascista?
Depredare i Servizi Pubblici è lo sport praticato dai Truffatori papponi: merito della ciurmaglia tecnica è rinnovare il ricordo degli eroici ciarlatani del cinema antico, quelli che cercavano di far soldi rifilando agli sprovveduti pozioni miracolose in grado di curare ogni malanno...?
DIFESA DELL’ARTICOLO 18? Chi l’ha vista in 64 anni la tutela dei Diritti dei Lavoratori. Chi li ha visti i Diritti dalla Costituzione antifascista’? Chi l’ha visto IL LAVORO della Costituzione del ’48? Chi ha visto all’opera la Magistratura della Costituzione, quella in cui i magistrati applicano norme e leggi che non la sbeffeggiano? Il lavoro che umilia ferisce mutila uccide segna il bel paese malgrado l’impegno di pubblici ministeri e giudici, di tutti quelli che contano? (… “ma mi faccia il piacere”…).
Dal fascismo all’antifascismo senza cambiare l’organizzazione della vita e del lavoro, senza il passaggio dal Sistema Autoritario-Gerarchico alla Società dell’Eguaglianza dei Diritti e della Dignità di Tutte le Persone: chi è responsabile del mancato passaggio dal fascismo all’antifascismo? I lavoratori, i dipendenti fannulloni, i pensionati, i precari, i disoccupati, quelli che arrivano e non arrivano al 27, gli emarginati, i mutilati dal lavoro, i disabili, i giovani, i vecchi, gli immigrati, gli emigrati, i clandestini, gli stranieri, quelli contro la TAV, quelli che manifestano, gli uccisi senza colpa, quelli che affollano le carceri, quelli massacrati dalla polizie di stato perché manifestavano, quelli dei forconi per non morire, i colpevoli di “omessa rivolta”...?
Grazie al “miracolo della caduta del prosciutto” crescono quelli che hanno consapevolezza che l’economia di mercato libero-liberista e l’economia di mercato pianificata sono solo due forme della società autoritaria, quella divisa in chi sta sopra e chi sta sotto, quella che non ha nulla da spartire con la COSTITUZIONE REPUBBLICANA ANTIFASCISTA. Cresce la consapevolezza che la sovranità del mercato è saccheggio senza fine del pianeta, esplosione della disuguaglianza, guerre di sterminio, riduzione ad idiozia dell’umano... mentre la sovranità della Costituzione è il passaggio dal fascismo all’antifascismo, dal dominio degli uni sugli altri alla fratellanza solidarietà degli uguali, dall’ordine autoritario del comando e della gerarchia alla comunità di persone tutte egualmente libere e dignitose...
Che differenza c’è tra la celebrazione dei tecnici bocconiani al governo è tributare onori a quelli che la Costituzione antifascista anziché applicarla l’hanno affossata?

Aldo Mancuso

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Da: Aldo Mancuso aldo.mancuso@asf.toscana.it
Data: 24/08/2012 9.13
A:
Ogg: DA SAMBA: VECCHIE NOTIZIE “DAL FRONTE” - 4

PREMESSA
Ricevo da Aldo Mancuso alcune notizie dal fronte di guerra degli omicidi sul lavoro.
Sono notizie pubblicate da SAMBA, Associazione Salute Sicurezza Ambiente di Firenze.
Da una prima lettura sembrano notizie recenti (l’assenza di tutela anche all’interno delle cooperative, la correlazione tra infortuni e logica del profitto, l’ipocrisia e la falsità dei politici sul tema della sicurezza sul lavoro) e anche l’analisi è attualissima (la mancanza di sicurezza in nome del profitto, l’inadeguatezza delle ASL, la connivenza dei partiti e dei sindacati col potere economico).
Leggendole con più attenzione ci si accorge invece che sono notizie che risalgono al 1999 o addirittura prima. La storia si sta ripetendo praticamente immutata, a dimostrazione che la guerra condotta da imprenditori e dalla gran parte delle istituzioni (compresi partiti e sindacati) contro la salute e la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, in nome del profitto economico e del potere, va avanti ininterrotta da sempre.
Altre vecchie notizie dal “fronte” sono state pubblicate nelle mie precedenti nuove “Lettere dal fronte”.
Marco Spezia

LA COOPERATIVA UCCIDE
Trent'anni, albanese, emigrato “regolare”, tra due settimane doveva sposare una livornese ma “non ce l'ha fatta”. Dicono cosi - con feroce ipocrisia - quelli che addossano ai lavoratori la colpa degli infortuni sul lavoro. Si chiamava Gentian Gyoka e il lavoro assassino se l’è portato via ieri, nel cantiere navale ex Fratelli Orlando di Livorno, ora gestito da una Cooperativa.
Dipendeva da una ditta esterna che gli ha dato il lavoro, ma gli ha preso la vita. Eseguiva lavori appaltati dalla Coop alla ditta “del suo padrone”.
Lavoratore subordinato, lavorava in altezza e una caduta dall' alto lo ha ucciso .
Nei cantieri dell' edilizia tradizionale, delle Grandi Opere, nei cantieri navali è frequente morire per una caduta dall’alto, perche il parapetto non c'e, le aperture, le buche, non sono coperte, non si usano le cinture di sicurezza, perche le scale o i pavimenti sono scivolosi e per tante altre cause - tutte ben note - che il datore di lavoro (padrone o coop che sia) ha l’obbligo di rimuovere (per prevenire gli infortuni): si lavora per guadagnare da vivere, non per morire ammazzati dal lavoro.
Ma il padrone è troppo occupato, deve pensare al mercato, alla competizione, alla concorrenza, al profitto, ai soldi. E poi, “ha già dato” il lavoro, Cosa si pretende di più? Tutti quelli che si ammalano, si “rompono” o muoiono di lavoro, devono pure ringraziare!
Chi deve ringraziare Gentian Gyoka morto ammazzato dal lavoro nel cantiere navale dei Fratelli Orlando il cui nuovo padrone è una Coop?

MARMO ASSASSINO?
Il marmo non ammazza i lavoratori, i padroni sì. Nelle cave questa schifosa verità è nota da sempre. E' anomalo assassinare due cavatori, due giovani lavoratori? No, è normale! E dopo le stragi tutti a far propaganda e scaricabarile, a raccontare balle sull'irresponsabilità generale o, come in questo caso, sulle responsabilità di un singolo padrone “anomalo”, pescato con le mani nel sacco.
Ma non è proprio l’ora di finirla con tutti questi sagrestani che vogliono far credere che le condizioni sociali non c’entrano nulla con le stragi del lavoro?
A che serve la disoccupazione se non a rendere disponibile la manodopera per ogni tipo di lavoro, anche per i più sudici e rischiosi? Che alternativa avevano i due giovani operai uccisi? Che alternativa hanno i lavoratori costretti ad accettare il lavoro assassino? Quando il mercato, la concorrenza, i profitti sono i soli valori che contano è possibile meravigliarsi se i padroni non si fermano davanti a niente?
E i compari dei padroni? Si indignano, “denunciano” il mancato rispetto del divieto d'uso della cava dettato dall'ASL, dicono che non potevano fare di più. E mentono. Dovevano fare di più: la cave pericolosa dovevano sequestrarla, toglierla dalle grinfie del padrone assassino. Tutti i farisei che in questi anni sono andati in giro predicando che il “626” cambiava le regole della sicurezza del lavoro migliorandola con la partecipazione, la concertazione, la collaborazione, hanno seminato al solo fine di ottenere l'impunità perpetua per i padroni.
Quella cava la ASL la doveva sequestrare: come si fa a contare sul senso di responsabilità dei padroni per garantire la vita dei lavoratori? L'obbligo dell'organo regionale di controllo è ancora quello di tutelare i diritti dei lavoratori alla salute, alla sicurezza, alla vita; il “626” non ha varato alcuna immunità per le omissioni della ASL. Anche se lo sfruttamento delle cave sembra proprio un esempio antico di privatizzazione (ai padroni i profitti dallo sfruttamento delle montagne “pubbliche”, ai lavoratori il danno). L'interrogativo è sempre lo stesso: perché non si ferma il lavoro assassino?
Non c’è dubbio o ipocrisia che tenga: tutte le cave pericolose vanno sequestrate, tolte di mano ai “legittimi proprietari” e chiuse. Non c'e nemmeno bisogno di inventarsi gli esperti in “oro bianco” per capire quali sono le cave pericolose; i cavatori conoscono bene il pericolo, sia quando deriva dalle condizioni della cava sia quando è frutto di ritmi e organizzazioni del lavoro da massimo sfruttamento possibile.
E chiuse la cave pericolose aumenteranno i disoccupati. E quelle dove i lavoratori riusciranno ad imporre la riduzione dello sfruttamento le chiuderanno i padroni perche non realizzano il massimo profitto, e aumenteranno ancora i disoccupati.
Non ce che dire, la Toscana del duemila è proprio un gran bel mondo!
Due giovani vite spezzate. Dall’avidità, dalla compiacenza, dallo squallore della vita per il mercato unico globale: i ricchi e i potenti di tutto il mondo si sono uniti, e la strage di lavoratori continua.

MUSSIATE
“Quando si supera una certa soglia di incidenti, di morti e feriti - ha detto l'onorevole Mussi - non si può più dare la colpa al caso, alla sorte, alla sfortuna. Ci sono cause precise, come dimostrano quei Paesi nei quali imprese e lavoratori hanno cominciato a collaborare”.
Così Fabio Mussi alla manifestazione di Toscana Democratica al Metropolitan di Piombino (Il Tirreno, 13/12/00).
Noi di SAMBA non c'eravamo e il rammarico è grande quando si mancano occasioni come queste. Se ci fossimo stati avremmo implorato l’indignato, furente compagno Fabio Mussi (cosi raccontato quelli che c'erano) di dirci qual è questa “soglia certa di incidenti, feriti e morti” generati dalla fatalità, dal caso. Anche per dare una parola di speranza ai lavoratori vivi: noi lottiamo per un mondo in cui il numero di lavoratori da sacrificare alla nobiltà del lavoro (non allo squallore del profitto) sia certo; un mondo in cui la concertazione coi padroni darà garanzie assolute che questa estrema soglia sia perennemente inviolata. E' sarà finalmente pace, non più lavoratori massacrati dalla strage assassina, dalla bramosia dell'arricchimento e del potere ma, come nel tempo antico, prede divorate dal dio onnipotente e malvagio, il fato.
Non sappiamo cosa abbia detto ieri sera l'onorevole collega di Mussi, Cesare Salvi, ma già in altre occasioni il ministro del lavoro ha espresso analoga indignazione per la strage del lavoro e proposte misure che ben si intonano con le accorate, profonde riflessioni mussiane: dobbiamo ridurre il numero di incidenti sul lavoro, dobbiamo ridurre soprattutto il numero dei morti e degli incidenti gravi. Solo cosi daremo un segnale di civiltà: se diminuiamo del 10% i morti sul lavoro potremo dire che la Prevenzione degli infortuni ha funzionato e la nostra coscienza tornerà serena.
E ai lavoratori che non rientreranno in questo dieci per cento e continueranno a morire ammazzati dal lavoro e dai padroni? Diremo che il Lavoro sicuro, la Prevenzione è sì un diritto... ma non per tutti?
Non che diminuire gli infortuni sia facile (a 5 anni dalla “626” e un anno dope “CARTA 2000” i risultati della lotta (?) istituzionale alla strage assassina sono sconfortanti), ma i numeri, si sa, sono più “malleabili” della realtà (quanto di quel 4,6% speso per la Prevenzione dalle ASL toscane, a detta dell'assessore Rossi, è frutto di artifizi contabili?).
Insomma sia per Salvi che per Mussi è vero che “si lavora per vivere, non per morire ammazzati dal lavoro”, ma... senza esagerare: i padroni continueranno a produrre ricchezza (per se stessi), i lavoratori continueranno ad essere massacrati dal lavoro, i controllori - quelli che tutelano i diritti dei lavoratori - continueranno a guardare e la legalità sarà sempre più il rigoroso rispetto delle leggi che tutelano l'interesse dei ricchi, dei potenti, dei padroni, della classe dirigente.
Sara solo più frequente, affollata e drammatica l’ipocrita recita del dolore, dell'indignazione ai funerali dei lavoratori uccisi.

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From: Fabio Gambone fabio74_1@libero.it
To:
Sent: Tuesday, August 28, 2012 6:37 PM
Subject: FINO IN FONDO: LA LOTTA ESPLOSIVA DEI MINATORI DEL SULCIS

Da: Contropiano 

Si sono barricati a 370 metri di profondità. Con loro hanno un quintale di tritolo. I minatori di Nraxi Figus, in Sardegna, esigono garanzie. Perché il lavoro continui è necessario un investimento di un milione e mezzo di euro e l'impegno di Enel perché il costo dell'energia sia minore, in modo che l'isola possa produrre a pari condizioni con il resto d'Italia. Ma tutti temporeggiano.
Riesplode la protesta dei lavoratori sardi: questa volta sono i minatori della Carbosulcis. Hanno occupato la miniera di Nuraxi Figus, situata nell'area sudoccidentale dell'isola e sono scesi a 370 metri di profondità perché gli venga riconosciuto il diritto al lavoro. All'ingresso della miniera i cumuli di carbone appena estratto impediscono l'accesso alle auto. È custodito nella miniera anche un quintale di tritolo.
In Sardegna ormai le forme di lotta diventano sempre più radicali: o si occupa l'isola dell'Asinara (gli operai della Vynils), o si blocca l'accesso all'Aeroporto di Elmas (i lavoratori dell'Alcoa), o si scende nelle miniere a centinaia di metri di profondità come fanno attualmente i minatori. L'obiettivo è sempre il solito: conservare le attività produttive per tutelare il diritto alla sopravvivenza di migliaia di cittadini.
Ma la classe dirigente, in primis il governo e la giunta regionale, che dovrebbero rispondere a queste esigenze si mostrano sempre più insensibili e disinteressate. Temporeggiano sulle risposte da dare e sulle decisioni che invece andrebbero prese con la massima tempestività. La politica del rinvio è quella prevalente, così si arriverà alle scadenze in cui gli ammortizzatori sociali non avranno più efficacia.
Attualmente i minatori di Nuraxi Figus hanno deciso l'occupazione per ottenere il finanziamento del progetto che prevede l'integrazione della miniera con la centrale di stoccaggio dell'anidride carbonica nel sottosuolo. C'è una ragione precisa in questa lotta, fra pochi giorni si terrà al ministero dello Sviluppo economico un incontro sulla vertenza Sulcis dove si affronteranno per l'ennesima volta i problemi legati alle aziende in crisi: Alcoa, Eurallumina, Portovesme srl e Carbosulcis. I lavoratori vogliono perciò tenere alta la tensione perché il governo non rinvii ulteriormente decisioni che sono improrogabili. Se questo incontro dovesse chiudersi ancora con un nulla di fatto l'intera area del Sulcis sarebbe destinata a subire una crisi irreversibile: una decina di migliaia di lavoratori, compresi quelli dell'indotto, rimarrebbero senza lavoro con l'aggravante di trovarsi in un territorio fortemente devastato dagli effetti delle lavorazioni dei materiali inquinanti.
Il progetto integrato rivendicato dai minatori necessita di un investimento di un miliardo e mezzo di euro da distribuire in 8 anni; è fondamentale anche l'impegno dell'Enel nella fornitura di energia per tutte le aziende del Sulcis. L'abbassamento dei costi dell'energia è essenziale perché qualsiasi attività produttiva possa realizzarsi in Sardegna in condizioni paritarie con le imprese che operano in altre aree geografiche. I costi dei trasporti risultano infatti insopportabili per chiunque intenda promuovere processi di industrializzazione.
I minatori che hanno occupato Nuraxi Figus sono consapevoli di questo e si dichiarano determinati nel condurre la lotta sino in fondo: “Andremo avanti ad oltranza - dicono - il carbone è strategico così come lo è l'alluminio. Non si può pensare di chiudere le fabbriche senza provocare gravi conseguenze”. E chiedono che la vertenza del Sulcis abbia la stessa dignità di quella dell'Ilva di Taranto, senza per questo dar vita ad iniziative campanilistiche.
Nella conduzione di questa lotta le organizzazioni sindacali sono impegnate in modo unitario. “Non è pensabile, dicono, che davanti ad una crisi di questa portata i lavoratori e con loro le diverse organizzazioni sindacali si mobilitino separatamente. Se facessero così renderebbero lo scontro col governo ancora più difficile, si andrebbe incontro ad una sconfitta sicura”.
È di questo avviso anche Francesco Garau, segretario del sindacato dei chimici della Cgil. Il progetto integrato con la centrale di stoccaggio dell'anidride carbonica nel sottosuolo è indispensabile. Non solo, dice Garau, verrebbe garantita la produzione senza rischio di inquinamento, ma potremmo incrementare notevolmente la stessa passando dalle attuali 300.000 tonnellate alle 800.000 previste. Questa sarebbe un'ottima soluzione perché permetterebbe la produzione a costi ridotti dell'energia elettrica. Ne trarrebbero vantaggio le stesse aziende che attualmente rischiano la chiusura definitiva a causa dei costi elevati delle'energia. È inspiegabile che il governo non si attivi per rendere praticabile questa soluzione. In realtà si tratterebbe di applicare la normativa prevista per la produzione delle energie rinnovabili, come l'eolico o il fotovoltaico.
Ma forse hanno ragione coloro che sostengono che bisogna alimentare altre proteste prima che il governo si renda conto dello stato di crisi che vive la Sardegna.

Marco Ligas

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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Thursday, August 30, 2012 10:52 AM
Subject: I COBAS REPLICANO ALLA CGIL SULLE CONCE

I Cobas replicano alla Cgil sulle conce.
Alle redazioni locali giornalistiche.

La recente approvazione dell'accordo quadro del settore conciario apre alcuni e inquietanti interrogativi. Già nella premessa, le associazioni imprenditoriali rivelano il vero interesse dell'accordo: sollecitare l'immediato intervento della Regione sulla questione Tubone, un progetto nato con il solo scopo di annacquare gli scarichi conciari con oltre 20 milioni di metri cubi d'acqua proveniente dai sistemi di depurazione della Valdera e della Valdelsa. Come nella vicenda ILVA, sono gli interessi padronali a farla da padroni, certi del consenso esplicito/acritico dei sindacati concertativi che continuano a tacere sui veleni in nome di quella assurda mentalità del “Lavoro purché sia”.
E' utile ricordare che le concerie lavorano “legalmente” solo sulla base di una deroga provinciale che fissa nel 2015 la scadenza ultima per mettersi a norma. L'accordo diventa perciò la moneta di scambio per scaricare quasi per intero sulla collettività (meno del 7% saranno gli oneri a carico degli imprenditori) i 130 milioni di euro previsti dal progetto.
Più che condividere tali premesse (come leggiamo nell'accordo), Cgil Cisl e Uil dovrebbero mettere al primo posto la salute dei lavoratori e della popolazione del comprensorio, chiedendo incentivi per le produzioni meno inquinanti e indicando limiti certi da non oltrepassare.
Il secondo aspetto salutato in maniera entusiastica dai sindacati firmatari è l'avvio della previdenza integrativa per i lavoratori del conciario.
Non si capisce il perché di tanto entusiasmo se si considera che l'andamento medio dei fondi pensione di categoria è stato di gran lunga più basso rispetto a chi ha scelto di tenere il TFR in azienda.
Secondo i dati forniti dall'istituto di vigilanza (COVIP), il rendimento medio di tutti i comparti è stato nel 2011 dello 0,1%, a fronte del 3,5% guadagnato da chi ha lasciato il TFR in azienda.
Tutto questo nonostante un contributo aziendale ai fondi pensione che varia dall'1,2 all'1,5% della retribuzione lorda. Continuare a sponsorizzare tali forme speculative porta alla inevitabile commistione degli interessi del lavoro con quelli speculativo/finanziari, questione inaccettabile per un sindacato.
Come COBAS abbiamo sempre contrastato la truffa dei fondi pensione (e con noi 3 lavoratori su 4) e crediamo che la difesa dei diritti e dei salari dei lavoratori non possano prescindere dalla rivendicazione di un sistema previdenziale pubblico universale, solidale e dignitoso. Come Cobas pensiamo che il sindacato non possa identificarsi con i datori di lavoro perchè la difesa degli interessi dei lavoratori stride con quella dei profitti aziendali, profitti ai quali Cgil Cisl Uil legano una parte significativa del salario

Per il Cobas lavoro privato toscana.
Giovanni Rubattu e Federico Giusti

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Saturday, September 01, 2012 9:56 AM
Subject: OSSERVATORIO INDIPENDENTE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO: MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEI PRIMI 8 MESI DEL 2012

Dal primo gennaio ad oggi 31 agosto sono morti SUI LUOGHI DI LAVORO 422 lavoratori (tutti documentati), oltre 840 dall'inizio dell'anno se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere o sulle strade. L'Osservatorio considera “morti sul lavoro” tutte le persone che perdono la vita mentre svolgono un'attività lavorativa, indipendentemente dalla loro posizione assicurativa e dalla loro età. Molte vittime non hanno nessun’assicurazione e muoiono svolgendo l'attività in “nero”.
I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO PER CATEGORIA. Il 30,8% delle vittime sono in agricoltura, di queste la metà schiacciati dal trattore (già 82 dall'inizio dell'anno). Edilizia 28,9% sul totale, in questa categoria il 30% delle morti è causata da cadute dall’alto. Industria 16,1%, quest'anno quasi la metà di queste morti sono state provocate dal terremoto in Emilia. Servizi 5,8%. Autotrasporto 5,1%, Il 3% Esercito Italiano (Afghanistan). Il 2,7% nella Polizia di Stato (tutte le morte in servizio sulle strade). Il 13,3% dei morti sui luoghi di lavoro sono stranieri. Eta' delle vittime: il 4,9% hanno meno di 29 anni, dai 30 ai 39 anni il 14,1%, dai 40 ai 49 anni il 24,48%, dai 50 ai 59 anni il 15,7%, dai 60 ai 69 anni il 9,5%, il 12,8% ha oltre 70 anni. Del 16,5% non siamo a conoscenza del’età.
Morti sui luoghi di lavoro nelle regioni e province.La regione Lombardia ha già 50 morti e la provincia di Brescia con 15 morti risulta seconda per numero di morti se si esclude la provincia di Modena che ha tantissimi lavoratori morti per il terremoto, come negli ultimi anni Brescia è sempre ai vertici in questa triste classifica delle province con più morti suiluoghi di lavoro. L'Emilia Romagna ha 49 lavoratori morti di cui 17 deceduti sotto le macerie del terremoto del 20 e 29 maggio, province di Modena 16 morti e di Ferrara e Bologna 7 morti, Reggio Emilia 5 morti, Parma e Piacenza 3 morti. La Toscana registra 28 morti (36 con i morti in mare sulla Costa Concordia affondata sulle coste dell'isola del Giglio), dei due fratelli del peschereccio affondato al largo di Livorno e di un sub), la provincia Firenze 5 morti, Livorno 5 morti e di Pisa 4 morti. Il Piemonte registra 31 morti , la provincia di Torino risulta in questo momento con 17 vittime la prima in Italia per numero di morti. Campania 31 morti, provincia di Salerno 12 morti, di Avellino 9 morti. Calabria 17 morti, con la provincia di Reggio Calabria con 5 morti. Veneto 23 morti con la province di Verona 6 morti, Treviso 5 morti, Vicenza 4 morti. La Sicilia 28 morti, con la province Palermo e Catania con 5 morti, Agrigento, Trapani e Messina 4 morti. Lazio 17 morti con la province di Frosinone con 6 morti e di Roma e Viterbo con 5 morti. Puglia 19 morti, province di Bari 9 morti e di Brindisi 4 morti. Abruzzo 19 morti con la province di Chieti con 9 morti e di Pescara con 7 morti.Trentino Alto Adige 16 morti, provincia di Bolzano 10 morti e di Trento 6. Liguria 13 morti, con la provincia di Genova con 6 morti. Marche 8 morti con la provincia di Ancona con 4 morti. Friuli Venezia Giulia 11 morti, Pordenone 4 morti Udine 3 morti. Basilicata 6 morti, 4 morti nella provincia di Matera 2 in quella di Potenza . Umbria 9 morti, provincia di Perugia 8 morti. Sardegna 9 morti, Molise 4 morti. Val D'Aosta 1 morto.
Non sono segnalati a carico delle province i lavoratori morti che utilizzano un mezzo di trasporto e i lavoratori deceduti in autostrada: agenti di commercio, autisti, camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel percorso casa-lavoro / lavoro-casa. La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentualmente dal 50 al 55% di tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro-nord sud, soprattutto edili meridionali che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. Queste vittime sfuggono anche alle nostre rilevazioni, come del resto sfuggono tanti altri lavoratori, soprattutto in nero o in grigio che muoiono sulle strade e non solo. Tutte queste morti sono genericamente classificate come “morti per incidenti stradali”
Nel 2011 ci sono stati più di 1170 morti, di cui 663 sui luoghi di lavoro + 11,6% sul 2010. Per approfondimenti sui lavoratori morti per infortuni sul lavoro nel 2011 andare nella pagina dell'1 -1 e 3- 1 del 2011 dell'Osservatorio. Ci sono cartine geografiche con il numero di morti sui luoghi di lavoro per ciascuna provincia italiana e grafici inerenti all'età, professione e nazionalità dei lavoratori vittime d'infortuni mortali.
Sono 82 dall'inizio dell'anno i suicidi legati alla crisi economica di cui siamo a conoscenza. Ci sono imprenditori che non riescono a pagare le tasse, lavoratori che hanno perso il lavoro o dipendenti di aziende in crisi. Queste tragedie non si possono considerare infortuni sul lavoro, ma hanno per la loro drammaticità un forte impatto sociale

Carlo Soricelli
Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

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From: Cobas Ravenna cobasravenna@libero.it
To:
Sent: Saturday, September 01, 2012 11:44 AM
Subject: CAMPAGNA NAZIONALE SU ILVA

Il coordinamento nazionale dello Slai Cobas (CNSC) per il sindacato di classe questa volta si è riunito a Taranto, il 31 agosto, per mettere al centro la mobilitazione sulla vicenda Ilva, come importante ed esemplare questione nazionale nello scontro di classe tra operai, masse popolari contro padroni, governo e stato.
In questa riunione il Coordinamento nazionale ha deciso una campagna nazionale sull'Ilva. Segue il comunicato.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe, lancia una campagna nazionale a sostegno della lotta degli operai dell'Ilva e a sostegno delle masse popolari di Taranto per il lavoro e la salute contro padron Riva e lo Stato dei padroni.
Questa campagna tocca le principali città del nord e del sud e ha l'obiettivo di una mobilitazione nazionale che sfoci in una manifestazione nazionale a Taranto, da organizzare insieme a tutte le organizzazioni sindacali di base e di classe e a tutti gli organismi che si occupano della lotta sulla sicurezza sul lavoro e il diritto alla salute degli operai e della popolazione; nonché a tutte le forze politiche di diverso orientamento che affermino con chiarezza che nocivo è il capitale e non le fabbriche e gli operai.
Il Coordinamento nazionale Slai cobas svilupperà questa campagna attraverso volantinaggi, presidi, assemblee, incontri nazionali, mozioni e ogni altra forma di comunicazione.
In questo quadro il CNSC presterà particolare attenzione ai siti Ilva su scala nazionale nelle fabbriche siderurgiche importanti nel nostro paese, quale Dalmine, Marcegaglia, e promuoverà un'iniziativa di lotta presso la sede nazionale dell'Ilva di Milano.
Il CNSC come parte della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro - che ha già realizzato una campagna sulle morti sul lavoro all'Ilva e una manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile del 2009, che dai Tamburi ha invaso la città con operai, lavoratori, cittadini e organismi di lotta di varie città italiane – convocherà una riunione della Rete nazionale per la sicurezza a Roma nel corso delle prossime settimane, perché la Rete assumi la sua funzione di centro, unità e raccolta di questa campagna in continuità e sviluppo di tutta l'attività che la Rete sui diversi fronti ha svolto in questi anni.
Il CNSC promuove per i primi di novembre (data provvisoria) un Convegno nazionale a Taranto per approfondire tutti gli aspetti della questione Ilva, all'interno della lotta più generale della classe operaia dei lavoratori e delle masse popolari contro padroni e governo, al servizio della costruzione del sindacato di classe e di massa alternativo ai sindacati confederali e sindacati autonomi, necessario oggi più che mai all'Ilva come alla Fiat, come in tutto il mondo del lavoro.
Il CNSC esprime il massimo appoggio agli operai precari, disoccupati dello Slai cobas per il sindacato di classe a Taranto che stanno conducendo una coraggiosa battaglia per affermare in fabbrica e in città l'autonomia operaia, il fronte unito popolare contro le tendenze aziendaliste e l'ecologismo ambiguo che vuole la chiusura delle fabbriche invece che la lotta in fabbrica per fabbrica messa a norma, e una città risanata e salvaguardata.

Coordinamento Nazionale Slai Cobas per il sindacato di classe
TARANTO – 30/08/12

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Da: Fabio Gambone fabio74_1@libero.it
Data: 04/09/2012 9.26
A:
Ogg: ZERO WASTE FLORENCE ALTERMEETING

15-16-17 SETTEMBRE 2012: ZERO WASTE FLORENCE ALTERMEETING

Si svolgerà a Firenze dal 15 al 17 settembre 2012 lo “Zero Waste Florence Altermeeting”.
Saranno presenti oltre 50 relatori da tutta Italia tra attivisti, sindaci e assessori, esperti e speakers internazionali tra cui il professor Paul Connett.
Lo scopo  del meeting è  quello di far conoscere esperienze virtuose e buone pratiche contenute nel progetto internazionale Rifiuti Zero e anche di avanzare un modello di gestione dei rifiuti alternativo a quello basato sull'incenerimento degli stessi che “contemporaneamente” verrà promosso dall'incontro mondiale di ISWA (International Solid Waste Association) durante gli stessi giorni a  Firenze presso il Palacongressi. 
Saranno tre giorni dedicati alla difesa della salute, della sostenibilità ambientale contro lo spreco e alla difesa dei beni comuni oltre che alla promozione di una economia locale  basata sul riutilizzo, il riciclo e su cicli produttivi puliti.

Per adesioni, iscrizioni e logistica: 338 28 66 215 

Scarica il programma definitivo all’indirizzo:

Per info:
Rossano Ercolini ambientefuturo@interfree.it
Joan Marc Simon jm.simon@no-burn.org

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Da: Riccardo Antonini erreemmea@libero.it
Data: 05/09/2012 7.37
A:
Ogg: STRAGE DI VIAREGGIO: INCONTRO-DIBATTITO IN VALLE DI SUSA

Giovedì 6 settembre alle ore 21.15, presso il campeggio NoTav a Chiomonte in Valle di Susa si terrà l’incontro-dibattito su “Sicurezza in ferrovia e strage di Viareggio del 29 giugno 2009”.


 

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