martedì 18 settembre 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS ! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 17/09/12



INDICE

DA SAMBA: VECCHIE NOTIZIE “DAL FRONTE” - 6

Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
30/09/12: GIORNATA MONDIALE DI AZIONE CONTRO L’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI

Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
AL LAVORO PER IL LAVORO

Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
VIDEO: LA MORTE BIANCA

No Parcheggio Sotteraneo (Pistoia) ginetti.a@tin.it
13/10/12 MANIFESTAZIONE A RAVENNA

PAKISTAN: 289 OPERAI BRUCIATI VIVI

REPORT DEL TAVOLO TEMATICO “DA TARANTO ALLA VAL SUSA

Senza patria anarres56@tiscali.it
E IL MARMO BIANCO, FAMOSO IN TUTTO IL MONDO, SI RITINGE DI ROSSO

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Da: Aldo Mancuso aldo.mancuso@asf.toscana.it
A:
Data: 24/08/2012 9.13
Ogg: DA SAMBA: VECCHIE NOTIZIE “DAL FRONTE” - 6

PREMESSA
Ricevo da Aldo Mancuso alcune notizie dal fronte di guerra degli omicidi sul lavoro.
Sono notizie pubblicate da SAMBA, Associazione Salute Sicurezza Ambiente di Firenze.
Da una prima lettura sembrano notizie recenti (i mancati controlli da parte delle autorità, la necessità e l’importanza della formazione dei lavoratori) e anche l’analisi è attualissima (la connivenza dei partiti e dei sindacati col potere economico).
Leggendole con più attenzione ci si accorge invece che sono notizie che risalgono al 1999 o addirittura prima. La storia si sta ripetendo praticamente immutata, a dimostrazione che la guerra condotta da imprenditori e dalla gran parte delle istituzioni (compresi partiti e sindacati) contro la salute e la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, in nome del profitto economico e del potere, va avanti ininterrotta da sempre.
Altre vecchie notizie dal “fronte” sono state pubblicate nelle mie precedenti nuove “Lettere dal fronte”.
Marco Spezia


MORTE NEI CANTIERI TOSCANI

Il 30 giugno scorso moriva a Firenze per un infortunio sul lavoro Vincenzo Veritiero di Ercolano - 52 anni, moglie e tre figli - una delle tante vittime del lavoro che ormai fanno solo la “felicità” dei mezzi di informazione visto che, almeno in questa fase, i morti sul lavoro giornalisticamente “tirano”.
Infatti al di là del clamore della notizia per la morte di un lavoratore, nulla! Né sulle cause di quest’ennesimo omicidio in terra di Toscana, né sull’intervento del sempre più oscuro organo di Prevenzione e Controllo competente. Questa ennesima povera morte di un lavoratore presenta alcuni elementi che la legano alle nuove normative di sicurezza sul lavoro che è importante cogliere, anche solo per evitare di far sempre e comunque il gioco degli assassini impuniti.
Ci sono domande che pesano ed esigono risposte puntuali. I lavori in cui ha perso la vita Vincenzo Veritiero sembrano essere meri lavori di ristrutturazione di un immobile di proprietà del comune di Firenze (Committente). E’ molto probabile che tali lavori rientrino nella “494” (la normativa di derivazione europea per la tutela dei diritti dei lavoratori nel settore delle costruzioni). Sono stati rispettati gli obblighi previsti dalla nuova legge? il comune ha nominato il Responsabile dei Lavori, il Coordinatore per la Progettazione e quello per l’Esecuzione dei lavori? E’ stato fatto il Piano della Sicurezza?
E se, per qualunque motivo non era applicabile la “494”, il Comune-Committente si è fatto carico delle responsabilità che ancora oggi comporta la gestione degli appalti in edilizia? Ha accertato l’idoneità tecnico-professionale - in particolare la capacitò di eseguire i lavori in sicurezza, di tutelare i diritti dei lavoratori - dell’impresa appaltatrice?
Ci sono le responsabilità penalmente sanzionate (per quello che vale) e quelle che servono solo per misurare l’insensibilità civile e politica della classe dirigente fiorentina.
Pare che l’impresa alla cui dipendenze lavorava Vincenzo Veritiero fosse conosciuta dall’organo competente per i controlli sulla Sicurezza nei cantieri (l’U.O. di P.I.S.S.L. dell’Azienda Sanitaria). Pare addirittura che fosse nota la resistenza del lavoratore all’uso della cintura di sicurezza per la tutela dal rischio di caduta dall’alto nei lavori su tetti, cornicioni ecc. (l’infortunio mortale è stato causato proprio dal mancato uso del sistemi di protezione contro il rischio di caduta dall’alto).
Il tendenziale rifiuto dell’uso dei mezzi personali di protezione dei lavoratori edili (veri e propri salvavita) è un dato assodato, in Toscana e nel resto del paese; assodato al punto che la “riottosità” dei lavoratori viene spesso utilizzata per reclamizzare retoriche campagne culturali come unico rimedio alla strage sul lavoro in edilizia (addossando quindi la responsabilità degli infortuni ai lavoratori stessi). E’ fenomeno assai diffuso quello dell’imprenditore edile che denuncia e invoca aiuto perché non sa come rimediare alla riottosità dei lavoratori. E’ bene dire senza alcuna titubanza che gli imprenditori in buona fede, che sentono il peso non meramente economico degli infortuni sul lavoro, esistono davvero. Ma è altrettanto bene dire senza ambiguità che non è “l’ombra culturale” che ammazza i lavoratori edili: nel settore delle Costruzioni il ricatto occupazionale morde sempre più che negli altri settori e nella stragrande maggioranza dei cantieri l’indifferenza per le misure di sicurezza è vissuta come un segnale di fedeltà alle ragioni dell’impresa che il padrone non può far a meno di apprezzare (si spreca meno tempo, si è più produttivi).
C’è un fatto su cui vale la pena di fermarsi a riflettere. L’ormai famoso decreto legislativo 626/94 ha posto a carico dei datori di lavoro (piccoli e grandi, pubblici e privati) l’obbligo di Formazione di tutti i lavoratori subordinati. Ciò significa in pratica che tutti i padroni sono obbligati ad attivare una concreta ed efficace attività formativa tesa a fornire a tutti i lavoratori gli strumenti diretti per lavorare in sicurezza.
E’ bene annotare, a proposito di Formazione, che tutto il battage pubblicitario che si muove intorno ad essa è in generale motivato dai grandi interessi speculativi che di formazione si nutrono (fondi comunitari e non solo). Anche in ambito lavorativo la formazione è diventata in questi anni terreno di caccia succulento per tanti soggetti: spezzoni di “classe dirigente”, particolarmente avidi, saccheggiano fondi cospicui - di provenienza diversa - senza ottenere alcun risultato pratico oltre a quello di ingrassarsi sempre più vistosamente.
Ma la Formazione del lavoratori a tutto può ridursi tranne che ad una sceneggiata per foraggiare formatori avidi ed incompetenti, e il PISSL ha l’obbligo di controllare ed eventualmente sanzionare attività formative malfatte o inesistenti.
Come si controlla la formazione dei lavoratori? Facendo chiarezza sugli obiettivi della formazione, che sono essenzialmente tre: educare a sapere (Conoscere), a saper fare (Operare), ad evitare errori (Comportamenti corretti). In pratica un lavoratore “Formato” Sa (conosce in particolare i rischi del suo lavoro), Sa Fare (sa quindi anche come evitare i pericoli), si Comporta effettivamente in conseguenza della (buona) formazione ricevuta. I risultati dl una buona formazione sono dunque la Salute e la Sicurezza del lavoratore.
Alcune conseguenze di queste “banali” considerazioni sono evidenti: la prima, utilizzare lavoratori non formati equivale a mandarli alla guerra disarmati; la seconda, tollerare che un lavoratore operi nelle condizioni in cui ha trovato la morte Vincenzo Veritiero (e tanti altri) rende troppo leggera la responsabilità per mera colpa dei padroni.
Ma a che punto è la formazione dei lavoratori prevista dal D.Lgs. 626/94? Ebbene, la Formazione dei lavoratori (dovere per i padroni e diritto del lavoratori) é un latitante che nessuno si dà la pena di ricercare. Il Governo per bocca di uno dei suoi (ovviamente) autorevoli ministri, per evitare costi aggiuntivi e “insostenibili” ai padroni, ha sostenuto una vera bestialità, ovvero che l’obbligo di formazione previsto dal “626” non vale per chi rispettava la vecchia normativa del ‘55, senza che nessuno del suoi colleghi di governo battesse ciglio.
Del resto lo stesso Parlamento si è dato un gran da fare per tentare di depenalizzare gran parte del “626”. Perche? Per la solita, italica urgenza: tutelare sempre meglio le imprese dal lato dei costi (andiamo, c’è la Concorrenza, la Globalizzazione...), anche quando questa tutela è direttamente conflittuale con la tutela del diritti della vita dei lavoratori!
Fino a quando la Formazione del Lavoratori latiterà, la strage impunita avanzerà imperterrita. Fermare (chiudere, altro che far ripartire il volano dell’economia nazionale!) tutti i cantieri nei quali la latitanza della tutela dei diritti dei lavoratori è “normale” avrebbe un solo effetto: fermerebbe la strage, azzerando i morti sul lavoro in edilizia.
Ma può considerarsi normale un paese che pensa più alla tutela della vita del lavoratori che agli interessi economici degli imprenditori e del resto della classe dirigente?
P.S. L’ultima “urgenza” per Parlamento e Governo sembra essere proprio quella di modificare la “494”; troppi i lacci agli appalti e le nuove responsabilità dei Committenti, di quelli che hanno sempre goduto dei vantaggi degli appalti “strozzati”, al massimo ribasso ecc. (di solito grandi e medie imprese edili che si sono trasformate in vere e proprie società finanziarie, perennemente a caccia di appalti, abituate a scaricare l’esecuzione dei lavori su piccole e piccolissime imprese con guadagni ridotti all’osso e perciò costretti a “risparmiare” sulla sicurezza dei lavoratori). La scomparsa delle grandi imprese edili capaci di “fare tutto” e la comparsa di micro imprese specializzate è determinata proprio delle buone opportunità garantite dalla speculazione sugli appalti.
Ma non avevano detto che le speculazioni sugli appalti era una delle cause più importanti della morte dei lavoratori nei cantieri?

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Da: Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
A:
Inviato: lunedì 10 settembre 2012 14:47
Oggetto: 30/09/12: GIORNATA MONDIALE DI AZIONE CONTRO L’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI

Per chi già non ne è al corrente.
Saluti
Marco Caldiroli

Anche quest’anno si svolgerà la GIORNATA MONDIALE DI AZIONE CONTRO l’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI prevista per il 30 settembre prossimo.
Come ormai sta avvenendo da 10 anni in Italia questa scadenza internazionale viene proposta quale opportunità per tutte le realtà locali di coordinare a livello globale piccole e grandi iniziative aventi come tema il contrasto all’incenerimento in tutte le sue forme (combustione “dedicata”, combustione in cementifici e/o in centrali a “biomasse”, trattamenti termici quali la gasificazione, la piro-gasificazione ecc) legato alla proposta della alternativa rifiuti zero.
A questo proposito si invitano le realtà locali che potranno aggiungere il proprio logo alla “celebrazione” della giornata (promossa anche nell’arco della settimana che ruota intorno al 30) a segnalare almeno ad uno dei presenti indirizzi mail italiani date, luoghi e breve descrizione della iniziativa programmata.
Sarà cura del “cartello” di associazioni e movimenti di cui sopra lanciare a livello stampa l’elenco completo delle iniziative italiane. il “valore aggiunto” di questa giornata sta proprio nel “rendere globale” una iniziativa locale più o meno grande. L’opportunità sarà quella di poter far conoscere in ogni angolo del mondo (visto che la “Global alliance for incinerator alternatives” raccoglie quasi un migliaio di gruppi diffusi in decine di Paesi) la propria iniziativa e le proprie problematiche.
Per rendere più efficace il risultato di questo coordinamento si invita ad inviare notizia della iniziativa programmata non oltre il 28 settembre in modo da poter inviare a GAIA l’elenco completo delle iniziative italiane ed in modo da poter inviare alle agenzie stampa italiane notizia di tutto l’insieme di attività.
Come “cassetta degli attrezzi” viene messo a disposizione: il comunicato stampa (tradotto) di GAIA, il comunicato stampa redatto dalle associazioni italiane coordinatrici, locandina nazionale della giornata di azione e, per i comuni, la Delibera Rifiuti Zero.
Poiché il tema della giornata di quest’anno è proprio la promozione della strategia rifiuti zero (o “zero waste”) anche i comuni possono aderire magari approvando la delibera di adesione alla suddetta strategia.
Per gruppi e comuni, infine, è a disposizione, opportunamente richiesto, il libro “Rifiuti zero, una rivoluzione in corso” di Paul Connett con Rossano Ercolini e Patrizia Lo Sciuto (edizione Dissensi).

Per info: 338 28 66 215

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From: Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
To:
Sent: Monday, September 10, 2012 11:53 PM
Subject: AL LAVORO PER IL LAVORO

Da ALBA (Alleanza Lavoro Beni Comuni Ambiente) un comunicato sul Referendum per abrogare gli articoli 8 (del Decreto Berlusconi dell’agosto 2011, contro la contrattazione collettiva ) e le modifiche peggiorative all’articolo18 del governo Monti.
Inoltre sostegno alle lotte operaie e infine il primo annuncio sul Convegno di Torino sul lavoro (6 e 7 ottobre).
Saluti a tutti
Gino Carpentiero
Sezione Pietro Mirabelli di Medicina Democratica Firenze

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Buongiorno, ciao
ormai siamo alla ripresa piena dell’attività dopo il rallentamento estivo e i mesi che ci aspettano saranno molto intensi.
Come dal titolo della mail, mettiamoci al lavoro, per il LAVORO (prima parte del nostro nome)
1) REFERENDUM UNITARIO SUL LAVORO SU ARTICOLO 8 E ARTICOLO 18: NOI CI STIAMO
Martedì 11 settembre, verranno depositati da un ampio schieramento di soggetti 2 quesiti referendari sul Lavoro.
Noi, come ALBA, saremo tra i proponenti.
La campagna di raccolta firme inizierà ai primi di ottobre. Da subito è importante attivarsi, in ogni territorio, per la costituzione di Comitati referendari, coinvolgendo tutte quelle realtà, movimenti e associazioni che hanno portato alla vittoria referendaria del 2012.
Il comunicato di adesione è al link:
ALBA ha fin da subito denunciato il carattere regressivo del Governo Monti, fedele esecutore dei diktat della troika europea: da una parte, l’attacco al lavoro e demolizione dei suoi principali strumenti di tutela; dall’altra, il ricatto sul debito pubblico e la modifica dei meccanismi della sovranità, con i quali imporre ai governi di ogni livello presenti e futuri la svendita dei beni pubblici, la privatizzazione delle risorse e i tagli al welfare.
In questo quadro, che abbiamo definito costituente e al tempo stesso totalitario, solo una grande risposta di popolo può riaprire il campo al futuro e alla speranza, dando voce all’indignazione diffusa e al radicale desiderio di cambiamento.
A questo livello profondo è necessaria la risposta, per questo è di grande importanza la possibilità di fare nella forma più larga e unitaria una grande campagna referendaria unitaria per la riappropriazione dei diritti sul lavoro e sulla democrazia, fondamenta della nostra Costituzione e unica vera risposta alla crisi economica e sociale in atto: ripristinare l’articolo 18, violentato dalla Riforma Fornero, e abolire l’articolo 8 dell’ultima manovra del Governo Berlusconi, che di fatto cancella il contratto collettivo nazionale di lavoro.
Per questo accogliamo positivamente la generosa decisione dell’IDV di ritirare i quesiti già presentati per ripresentarli con un comitato largo, di cui saremo parte. Questo risultato è stato possibile anche grazie al ruolo importante svolto dalla FIOM e al ruolo del giornale “Il manifesto” nel rendere possibile questo confronto.
Su questi due quesiti può riaprirsi una discussione sul futuro del nostro Paese, sulla forma che vogliamo dare alla nostra democrazia: le sofferenze dei nostri territori possono così trovare espressione in una battaglia che riafferma il diritto al lavoro e al futuro, contro la precarizzazione della vita e il ricatto dell’occupazione.
Sarà fondamentale, come è stato nella straordinaria campagna referendaria ultima, fare sì che questa campagna referendaria sia la campagna di tutte quelle realtà, movimenti e associazioni che hanno portato alla vittoria referendaria del 2012.
L’ampio fronte democratico e costituzionale che sosterrà i due quesiti rappresenta inoltre un primo momento di ricomposizione di forze umane e sociali in grado di scompaginare il quadro politico del Paese, magari lanciando nelle prossime settimane un’ulteriore campagna che colpisca il secondo pilastro dell’azione del Governo Monti: il fiscal compact, quel meccanismo col quale si impongono tagli al welfare e svendita del patrimonio pubblico.
ALBA – Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente - è nata con l’intenzione di affermare una nuova idea di politica e convivenza civile fondata sulla partecipazione, i diritti sociali e la rimessa in discussione del modello economico e sociale dominante: questo referendum su/per il lavoro non fa che rappresentarne una prima importante affermazione e un imprescindibile punto di partenza per il riscatto del nostro Paese.
2) SOSTEGNO ALLA LOTTA DEI LAVORATORI
Importante è il sostegno che in molti nodi stiamo dando alle lotte in corso.
Una molto importante, che vede il nodo di ALBA molto attivo, è quella della fabbrica Jabil (ex-Nokia Siemens) di Cassina de’ Pecchi.
Qui trovate il comunicato di sostegno e di adesione all’iniziativa di venerdì 14 settembre.
3) TORINO - 6/7 OTTOBRE- 2 GIORNI SU LAVORO, CRISI, EUROPA.
L’organizzazione dell’appuntamento torinese sta procedendo bene, news e aggiornamenti a breve. SEGNIAMOCI LA DATA.

Staff Web ALBA

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From: Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
To:
Sent: Tuesday, September 11, 2012 7:37 PM
Subject: VIDEO: LA MORTE BIANCA

Cortometraggio sulle morti nei posti di lavoro, usando un punto di vista surreale, che cerca di arrivare al senso di disumanizzazione che provoca questo fenomeno.
Lontani da un punto di vista didascalico e realistico, affrontiamo un problema enormemente attuale, sperando che colpisca l’attenzione dello spettatore:
http://www.youtube.com/watch?v=DAn6Q4emMpY“Dicono che se ne muoiono più di mille è come una guerra, da 3 morti il giorno. Una tragedia perpetua. Invece se in un anno ne muoiono 980 il commento è: dati in calo, del 6,9%, miglioramento dal 2009. Siamo ai minimi di sempre. In pratica tu sei parte di un miglioramento. Sei nel lato positivo della tragedia”.
UN VIDEO CHE DOVREBBE INVITARCI ALLA RIFLESSIONE TUTTI QUANTI.
Guardatelo.
Spero che qualche mezzo d’informazione lo pubblichi.
Saluti.

Marco Bazzoni
Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

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Da: No Parcheggio Sotteraneo (Pistoia) ginetti.a@tin.it
A:
Data: 11/09/2012 22.40
Ogg: 13/10/12 MANIFESTAZIONE A RAVENNA

A seguire il volantino con l’appello per la manifestazione di sabato 13 ottobre a Ravenna a cui abbiamo aderito e parteciperemo
Antonio Ginetti
NO PARCHEGGIO SOTTERANEO (PISTOIA)

13 OTTOBRE 2012
ORE 14.00 - STAZIONE F.S. RAVENNA
Promuovono:
NO TAV Torino e Cintura Sara Dura in collaborazione con Coordinamento NO CMC
Elenco adesioni:
NO PEOPLEMOVER BOLOGNA
RAVENNA PUNTO A CAPO
PIEMONTESI E LIGURI CONTRO IL TAV-TERZOVALICO
CITTADINI DI FEGINO BARBARADOVA
COMITATO PER SCARPINO GENOVA
DON GALLO
MARIO ACTIS PRESIDENTE LEGAMBIENTE VALSUSA
CSA PACI’ PACIANA BERGAMO
COLLETTIVO DELLA ZI DEL VAG 61
BSA ATTIVA TOSCANA
BSA NAZIONALE
KOLLETTIVO ONDA ROSSA
NO PARCHEGGIO SOTTERANEO (PISTOIA)
RIFIUTI ZERO
COLLETTIVO COMUNISTA PIEMONTESE
NO EXPO
UGO MATTEI
CUB PIEMONTE
COBAS PIEMONTE

In ogni parte del mondo le lobby finanziarie, politiche e mafiose aggrediscono, depredano e devastano usando l’ormai insostenibile alibi del progresso e la promessa di una “crescita del lavoro”, con la complicità del governi.
Accade in Centro America, in Africa, in Asia come qui in Italia. Le situazioni di attacco ai territori e alle loro ricchezze sono innumerevoli.
Da Nord a Sud non è possibile elencare tutti gli scempi.
Dalla Vale di Susa, passando per il Mugello, arrivando fino in Sicilia i grandi affaristi violentano la terra cementificando, perforando, scavando e inquinando.
Calpestano la possibilità di una vita libera, felice e condivisa, sacrificandola alle logiche di poteri forti che muovono fili invisibili per asservirci ai loro scopi: i loro profitti, quelli che non bastano mai.
Fra i responsabili spiccano Impregilo, Eni, Todini e non ultima la C.M.C. di Ravenna. L’unico modo che abbiamo per contrastare queste mire rapaci e devastanti è costituire aggregazioni sempre più allargate e diffuse, rendendo evidenti le opposizioni e rendendoci conto che noi siamo più di loro e che solo uniti possiamo sconfiggerli.
Noi proponiamo il 13 ottobre una manifestazione a Ravenna contro la Cooperativa Muratori e Cementisti (CMC) che, dopo essere state artefice in questi anni di numerose devastazioni sul territorio italiano, si accinge a realizzare il tunnel geognostico alla Maddalena di Chiomonte in Val di Susa. Un’azienda che fra i vari progetti distruttivi, vuole realizzare un cantiere rifiutato da decine di migliaia di residenti nella Valle e da un Movimento che ormai è presente in tutta la penisola e oltre confine. In gioco non ci sono solo le spartizioni legate al TAV, ma soprattutto altre logiche decisionali e autoritarie come il dimostrare che se il PD (che è dietro la CMC) e qualunque altro partito politico decidono qualcosa, nessuno può permettersi di dissentire, di opporsi, di resistere.
L’azione di opposizione critica, di lotta e di disobbedienza, della comunità e del territorio infatti mette in discussione gli stessi meccanismi del potere, gli equilibri dello scambio clientelare e mafioso. Queste le ragioni per cui è importante che tutte le persone che vogliono impedire la devastazione del pianeta Terra partecipino a questa prima manifestazione per rilanciare l’opposizione alla lobby traversale degli affari.

Per info e adesioni:

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From: Lorena Tacco lorenatacco@fastwebnet.it
To:
Sent: Friday, September 14, 2012 3:28 PM
Subject: PAKISTAN: 289 OPERAI BRUCIATI VIVI

8 MARZO IN QUEL DI SETTEMBRE
Non è successo l’8 marzo ma il 12 settembre. Non a Chicago ma a Karachi, Pakistan.
I morti sono, per il momento, 289 operai bruciati vivi, che lavoravano in una fabbrica tessile, la Ali Enterprise. La fabbrica, un edificio di 4 piani nel quartiere di Baldia Town, occupava circa 2.000 lavoratori; gli operai lavoravano in vasti scantinati con le finestre chiuse da sbarre e come unica via d’uscita una piccola porta che si è bloccata subito. Il grande generatore elettrico che ha dato il via all’incendio si trovava all’entrata principale. Sono riusciti a salvarsi quelli che si sono buttati dalle finestre, scardinando le sbarre o gettandosi dai piani superiori. Molti di questi hanno avuto le gambe rotte.
Facevano magliette e prodotti tessili che noi compriamo, anche se l’etichetta recita “made in … qualsiasi paese” tranne quello in cui sono prodotti.
Pagati pochi centesimi e ora morti bruciati perché, come dice uno dei sopravvissuti, “i proprietari erano più preoccupati di proteggere i loro tessuti che i loro lavoratori”.
Nella città di Lahore, per lo scoppio di un generatore, sono morti – sempre oggi – altri 25 operai. Fabbricavano scarpe.
I loro nomi non li sapremo mai, ma sappiamo che tra loro c’erano anche molti bambini.
E’ sempre più difficile - perché sono tanti, troppi - ricordarsi dei morti sul lavoro. Domani un’altra tragedia ci distrarrà. Ma quella di oggi, in tempo di crisi, ci dice alcune cose, oltre a riempirci di rabbia e di dolore per l’ennesima volta.
Di questi tempi va di moda scagliarsi contro la finanza e i “mercati”, anche da parte di chi questi “mercati” e il sistema capitalistico di cui fanno parte li ha sempre sostenuti come l’unico mondo possibile (vedi Bersani che – domani, un domani che non arriva mai - non vuole “il governo delle banche”… ma intanto lo sostiene a spada tratta), ma OGGI l’economia “reale”, quella dello sfruttamento diretto di quella merce umana che si chiama forza-lavoro, si è presa la sua sanguinosa rivincita.
Ci sono tanti modi per ammazzare i popoli. Direttamente con la guerra, come in Afganistan, in Iraq, in Libia (e, prossimamente, in Siria); con lo strangolamento economico, come in Grecia…. e ogni giorno nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro di tutto il mondo, dove il profitto conta più della vita umana.
L’importante è produrre, ci dicono, aumentare la produttività: così usciremo dalla crisi.
Il Pakistan attraversa una crisi energetica con continui tagli dell’energia elettrica e i padroni delle fabbriche usano sempre più generatori a gasolio perché la produzione non si interrompa, anche se questo aumenta a dismisura i rischi per i lavoratori, che lavorano in condizioni sub-umane. L’estrazione del plusvalore non può fermarsi.  
Il rogo di Chicago avvenne nel 1908: sono passati più 100 anni e, nella sostanza e ormai anche nelle forme, la barbarie del capitalismo non è cambiata.
Oggi, con la morte nel cuore, non possiamo dire altro che “pietà l’è morta” e che dobbiamo abbattere questo sistema.

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

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From: Resistenza Pcarc resistenza.pcarc@rocketmail.com
To:
Sent: Saturday, September 15, 2012 11:41 AM
Subject: REPORT DEL TAVOLO TEMATICO “DA TARANTO ALLA VAL SUSA

REPORT DEL TAVOLO TEMATICO “DA TARANTO ALLA VAL SUSA COME DIFENDERE SALUTE E AMBIENTE GARANTENDO UN LAVORO SICURO PER TUTTI”, TENUTO IL 5 SETTEMBRE A NAPOLI ALL’INTERNO DEL FORUM SOCIALE URBANO

Napoli, 10/09/12

Il tavolo è stato promosso da Resistenza (mensile del Partito dei CARC) e da Contropiano (rivista della Rete dei Comunisti) all’interno del Forum Sociale Urbano (http://forumsocialeurbanonapoli.org/) che numerose reti e associazioni hanno organizzato dal 3 al 7 settembre a Napoli - in alternativa al socialmente inutile ed economicamente oneroso (per le tasche dei contribuenti) VI Forum Mondiale Urbano dell’ONU-Habitat - per sviluppare una riflessione collettiva su un altro modello di società, che metta al centro il diritto all’abitare, la difesa dei beni comuni, la necessità di uno sviluppo ecosostenibile, la lotta contro le grandi opere, la democrazia partecipativa. 
Quante Ilva ci sono nel nostro paese? Cosa unisce la lotta di Taranto a quella della Val di Susa e quali le prospettive di entrambe? E’ possibile spezzare la spirale disoccupazione-condizioni di lavoro poco sicure-devastazione dell’ambiente combinando lavoro, ambiente e città vivibili, salute e diritti? Come e chi può farlo?
Che ruolo possono svolgere i sindacati conflittuali, i movimenti come quello NO TAV e dei disoccupati, le reti per la sicurezza sul lavoro, coordinamenti come il quello NO Debito? Queste le domande su cui si è incentrato il tavolo che è stato introdotto e moderato da Fabiola D’Aliesio (Segretaria della Federazione campana e membro della Direzione Nazionale del P. CARC) e a cui sono intervenuti, nell’ordine, Franco Rizzo (operaio dell’Ilva, ex delegato FIOM e RLS, membro del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti), Giorgio Cremaschi (ex presidente del Comitato Centrale Fiom, promotore dell’Area programmatica Opposizione Organizzata CGIL, membro del Comitato No Debito), Alberto Perino (portavoce del movimento NO TAV - in collegamento telefonico), Fabrizio Tomaselli (membro dell’Esecutivo nazionale USB e del Comitato No Debito), Michele Franco (redattore di Contropiano), Manuela Maj (direttrice di Resistenza e membro della Direzione Nazionale del P.CARC), Antonio Musella (membro del Laboratorio Insurgencia ed esponente di Global Project), Gino Monteleone (esponente del movimento dei disoccupati organizzati napoletani); non hanno invece potuto essere presenti, per impegni lavorativi e problemi logistici, Mirko Pusceddu, ex operaio ThyssenKrupp ed esponente dell’associazione Legami d’Acciaio né Alessandra Arezzo, della Rete nazionale sicurezza sul lavoro.
Nel seguito riportiamo i passaggi principali degli interventi, che sono disponibili anche in versione integrale nel video report http://www.youtube.com/watch?v=81VKoiqVwH8  realizzato dalla sezione Napoli Centro del P.CARC).
Nella sua introduzione FABIOLA D’ALIESIO ha sottolineato che il tavolo tematico contribuiva al Forum Sociale Urbano mettendo al centro la necessità e la possibilità di conciliare lavoro, ambiente e salute, perché per rimettere in piedi il nostro paese devastato dalla crisi in ogni suo aspetto, sociale, ambientale, economico e politico c’è bisogno del lavoro di tutti. Le lotte in corso a Taranto e in Val di Susa hanno assunto un ruolo che va oltre il problema specifico, chiamano in causa chi e come dirige il nostro paese e pongono con forza la necessità di costruire un’alternativa politica al governo Monti. I relatori invitati al tavolo tematico rappresentano organizzazioni, associazioni, movimenti di resistenza che stanno portando avanti battaglie per affermare un modello di sviluppo, un modo di produrre e di convivere alternativo a quello imposto da padronato e banche oggi incarnato dal governo Monti-Napolitano.
FRANCO RIZZO ha spiegato che la situazione è difficile, i tentativi di dividere il fronte tra chi è per il lavoro e chi è per l’ambiente sono tanti e forti. Il 2 agosto a Taranto, però, è successo qualcosa di imprevedibile, un Apecar seguito da lavoratori e cittadini ha affermato con forza che lavoro e ambiente devono marciare insieme. L’Ilva ha prodotto non solo acciaio, ma morti, malati, donne che non riescono a portare a termine la gravidanza, il disastro del quartiere Tamburi, addirittura secondo uno studio fatto da un’équipe di medici dell’università di Bari, i cittadini di Taranto sono OGM! La sentenza della Todisco, che ha visto solo il 10% di quello che l’Ilva ha provocato, ha bucato un sistema, il “sistema Riva” che abbraccia politici locali e nazionali, istituzioni, Chiesa, forze dell’ordine, sindacalisti collusi, organizzazioni criminali. A Taranto il sindaco è Riva, non Stefàno, tutta l’economia ruota intorno a Riva. Adesso però tira un’aria diversa, all’interno della fabbrica e all’esterno, si è sviluppata una mobilitazione popolare inedita, per forme e partecipazione, dal dopoguerra a oggi. Per cambiare la situazione ci vogliono volontà e risorse. Riva la volontà non ce l’ha: dice che la fabbrica produce al 70%, ma non è vero, è molto di più, dice che metterà 146 milioni di euro per risanare la situazione, ma in realtà sono solo 56 perché 90 sono soldi che doveva già mettere in base ad accordi passati. Ci vogliono risorse, ci vuole un piano industriale serio. Adesso si parla di CIG: se è necessario per fare gli interventi di risanamento va bene, ma a stipendio pieno, perché non sono i lavoratori a dover pagare, abbiamo già pagato troppo!
Nel suo intervento GIORGIO CREMASCHI ha affermato che la conciliazione tra lavoro e ambiente non è automatica, tutti adesso dicono che bisogna conciliarli, ma non è così: il lavoro nel capitalismo è sfruttamento dell’uomo e della natura, in fase di crisi è supersfruttamento. Non si tratta di conciliare lavoro e ambiente, ma di attuare un profondo cambiamento per cui occorre fare delle scelte radicali. In questi anni c’è stato un ricatto, un lavorio continuo del padrone in fabbrica e fuori, agli operai è stato imposto di uccidere se stessi per poter lavorare e questo cambia le persone, cambia anche la loro attenzione e sensibilità verso il problema ambientale. L’acciaio serve, ma non possiamo accettare che la produzione continui a queste condizioni. Ci sono strumenti tecnici per produrre acciaio senza ammazzare la gente, ci sono progetti elaborati da esperti, però costano e l’Ilva non ha intenzione di usarli. La soluzione non può essere lasciato al mercato, quindi c’è solo una strada: l’esproprio dell’Ilva (è previsto dalla Costituzione, bisogna applicarla), intervento pubblico, creazione di un organismo autonomo e indipendente di controllo sulla fabbrica e sul suo risanamento. Senza di questo i 346 milioni che il governo ha stanziato per Taranto saranno solo un regalo a Riva. Riva invece deve pagare l’indennizzo per i danni provocati al territorio e ai lavoratori, lo Stato deve fargli causa e costituirsi come parte civile. Questo è un nodo più generale, perché, a proposito di quante Ilva ci sono nel nostro paese, tutto il mondo del lavoro è sotto ricatto, non solo all’Ilva: a Melfi, ad esempio, c’è una concentrazione altissima di operai malati a causa dei ritmi di lavoro. Occorre una risposta adeguata, una piattaforma generale. La lotta del movimento NO TAV rafforza la resistenza contro la politica di macelleria sociale e deve diventare patrimonio generale. Abbiamo bisogno di un piano pubblico per la riconversione delle produzioni dannose, il risanamento ambientale è anche un’occasione di lavoro. L’esempio dell’Italsider di Bagnoli è chiaro: cosa c’è al posto dell’acciaieria? che ne è stato della bonifica? Se si chiude un’acciaieria, ci vuole un piano per mantenere i posti di lavoro e per bonificare il territorio e chi ha inquinato deve pagare.
Non dobbiamo cadere nell’errore di suggerire al potere le misure da adottare, chi ha il potere non è che fa quello che fa perché non ha capito, ma lo fa proprio perché ha capito. Il sistema va cambiato, ci vuole una proposta sociale e politica. Bisogna sostenere tutte le lotte, coordinarle e costruire un sistema alternativo.
ALBERTO PERINO, dopo aver illustrato sinteticamente la situazione in Val di Susa, ha detto che il movimento NO TAV è sotto attacco perché è diventato un esempio per tutto il paese. La TAV è la cassaforte del PD (e degli altri partiti in vista delle elezioni), serve alle mafie e a un pugno di grandi imprese come la CMC (contro la quale il 13 ottobre ci sarà una manifestazione a Ravenna). Quello che serve al nostro paese non sono le grandi opere inutili, ma migliaia di piccole opere utili che danno anche lavoro, un lavoro che deve essere sicuro, dignitoso e adeguatamente remunerato. Tutte le forze popolari, i movimenti, le reti devono unirsi per costruire un’alternativa alla politica delle grandi opere, della devastazione dell’ambiente e della salute, della disoccupazione.
FABRIZIO TOMASELLI ha sottolineato che tutti i relatori erano sostanzialmente d’accordo, quindi mancava un po’ il contraddittorio. A proposito dell’Ilva, ha detto che Riva deve essere arrestato e pagare per i danni prodotti, deve ottemperare tutte le prescrizioni della magistratura altrimenti l’Ilva a nazionalizzata, anche se ha poi sottolineato che quando era Italsider c’erano comunque sfruttamento dei lavoratori e inquinamento. I sindacati sono una concausa di quanto successo a Taranto: quando si privilegiano gli interessi dell’organizzazione sindacale rispetto a quelli dei lavoratori il risultato è quello che c’è a Taranto. Il sindacato deve assumersi nuove responsabilità, anni fa faceva battaglie principalmente per ottenere aumenti salariali, ma oggi non basta, sui redditi dei lavoratori incidono pesantemente mutui, tasse, costi della scuola e della sanità, ecc., il lavoro precario ha assunto una dimensione tale per cui anche chi lavora ha un reddito insufficiente per vivere. Quindi il sindacato non può più ragionare solo in termini di salario, deve allargare il suo raggio d’azione al sociale, al territorio, ecc. Il coordinamento delle lotte è fondamentale, il tentativo di dividere e mettere gli uni contro gli altri nasce dalla paura che le lotte si saldino. Il movimento NO TAV è un’esperienza molto importante che va studiata attentamente per capire come estenderla, come promuovere movimenti di massa.
MICHELE FRANCO, raccogliendo la sollecitazione a problematizzare la discussione, ha detto che per imporre l’esproprio/nazionalizzazione dell’Ilva occorrono dei rapporti di forza che attualmente non ci sono. Quindi è necessario essere interni alle lotte e allo stesso tempo alludere in esse al fatto che finché i lavoratori identificano il proprio destino con quello dell’azienda sarà difficile cambiare i rapporti di forza. Bisogna alludere alla necessità di un altro sistema, di un altro modello.
MANUELA MAJ ha affermato che lavoro, ambiente, sicurezza, diritti sono non solo compatibili, ma strettamente legati tra loro (tanto vero più si cede ai padroni in un campo, più bisogna cedere anche in altri) e che il lavoro ha un ruolo centrale. In Italia ci sono circa 20 milioni di occupati, ne servono almeno altrettanti per fare nel giro di 5-10 anni le grandi opere veramente utili: 7-8 milioni per sistemare il territorio e le cose, 4-5 milioni per far funzionare anche solo decentemente i servizi pubblici, 1 milione per il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico, 6 milioni per il recupero e la sistemazione degli edifici pubblici (un esempio per tutti: solo il 34% degli edifici scolastici è a norma!) e privati. I soldi ci sono (vanno presi dai profitti dei Riva, dall’abolizione del debito pubblico, vanno usati i soldi che oggi lo Stato regala al Vaticano e spende per armamenti e missioni di guerra), come anche gli strumenti tecnici e i progetti.
Gli ingredienti per risolvere la situazione ci sono tutti, occorre la volontà politica di impiegarli in modo combinato, duraturo e finalizzato alla bonifica dell’ambiente, alla creazione di posti di lavoro utili e dignitosi, alla tutela della salute dei lavoratori e pubblica (altrimenti succede come a Marghera, con il petrolchimico: 5 miliardi di euro stanziati per progetti di bonifica, con il risultato che i soldi sono spariti e i progetti sono rimasti sulla carta). Questo non lo possono fare gli stessi che sono responsabili del disastro in cui ci troviamo, a Taranto come in tutto il paese. Non lo può fare certo il governo Monti: Clini, l’attuale ministro dell’Ambiente, dal 2001 al 2011 è stato direttore generale del ministero dell’ambiente (non solo era a conoscenza della situazione dell’Ilva, ma è uno dei responsabili); nel decreto “salva Italia” (poi confermato in quello “semplificazioni”) i professori milionari hanno inserito un dispositivo (la cosiddetta messa in sicurezza operativa- Miso) che altro non è che un condono mascherato per le aziende che hanno inquinato e inquinano; l’esproprio dell’Ilva, giusto, ma chi lo fa? Monti? In più non dimentichiamoci che fino al 1995 l’Ilva era pubblica, e la situazione non era molto diversa.
Lo può fare un governo di emergenza popolare che ha come suo programma “lavoro, ambiente, sicurezza, diritti”, che agisce su mandato delle RSU, delle organizzazioni, reti, associazioni mobilitate in questi campi e deciso a passare sopra gli interessi dei Riva e compari. In questo modo i lavoratori non dovranno più identificare il proprio destino con quello delle aziende! Senza un progetto di governo alternativo a Monti, le nostre lotte anche le più decise in definitiva si riducono a chiedere ai responsabili del problema di fare qualcosa per risolvere il problema che hanno creato. E’ vero che bisogna attuare un cambiamento profondo per cui servono scelte radicali: la scelta radicale, coraggiosa che persone come Cremaschi, Tomaselli, gli altri dirigenti dei sindacati conflittuali e quanti hanno influenza e seguito tra i lavoratori sono chiamati a fare è di costituirsi da subito in un Comitato di Salvezza Nazionale che si colleghi con le organizzazioni operaie e popolari, le mobiliti insieme a scienziati, esperti, ecc. per mettere a punto misure alternative a quelle di Monti e iniziare ad attuarle, chiami i funzionari pubblici a non obbedire alle direttive di un governo che si è installato e opera in violazione della Costituzione. Bisogna osare diventare la nuova direzione del paese!
ANTONIO MUSELLA ha sottolineato che per il futuro dell’umanità è fondamentale riqualificare le città e promuovere uno sviluppo ecosostenibile. Non può esistere però una produzione sostenibile dell’acciaio, non inquinante. Ambiente e salute non sono compatibili con la contraddizione capitale-lavoro, occorre un rivolgimento rivoluzionario. La rivolta di Taranto è molto importante per il Mezzogiorno e bisogna sostenerla. Come fare per costruire un’alternativa? E’ molto importante mettere al servizio delle lotte gli intellettuali liberi e pensanti (come ad es. Viale), ma le lotte e il protagonismo popolare devono essere centrali. Rispetto a Taranto, l’Ilva interrava i rifiuti dentro la fabbrica stessa e gli operai non dicevano nulla. Non è vero che le bonifiche non sono possibili (bonifiche reali: a Marghera la “bonifica” è stata fatta, nel senso che hanno costruito sopra le aree inquinate). La bonifica dei territori è un aspetto centrale per la ricostruzione del paese. Dobbiamo mettere al centro di tutto qui e adesso l’alternativa, ma non su un piano astratto e scollegato dalle lotte.
Rispetto a quanto detto da Musella, Rizzo ha precisato che non è vero che gli operai dell’Ilva non hanno detto nulla: hanno fatto molte denunce e organizzato anche scioperi sulla questione ambientale, lui stesso è stato licenziato per questa lotta (poi Riva è stato costretto a riassumerlo). Per capire la situazione dell’Ilva, è fondamentale partire dal fatto che tutto il sistema è corrotto. 
Infine GINO MONTELEONE, ha spiegato che la lotta dei disoccupati e dei precari BROS per il lavoro mette al centro la bonifica dei territori e la raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti. E’ fondamentale unire il lavoro alla difesa dei beni comuni, portare avanti percorsi di lotta e mobilitazione unitari, coordinare le forze. Non ci si può affidare alla magistratura che va a braccetto con il governo, alla Procura di Napoli è stato costituito un pool speciale contro i disoccupati e i precari. Tutto passa attraverso un modello diverso di governo.
Alla fine degli interventi programmati, hanno preso la parola LUIGI SITO (segretario del Sindacato Lavoratori in Lotta) che ha illustrato l’esperienza degli operai dell’ex Esplana Sud di Nola (per far fronte al fallimento dell’azienda, hanno deciso di occupare la fabbrica e si sono organizzati nella cooperativa “La Carovana” per riavviare la produzione) e il percorso di autorganizzazione del lavoro avviato dai disoccupati del SLL (inquadrato nella lotta per far istituire alla giunta De Magistris un tavolo per il lavoro, composto da esponenti dei movimenti dei precari e disoccupati e dei sindacati per elaborare e attuare progetti per rimettere in piedi la città di Napoli) e UMBERTO ORESTE (Comitato Pace e Disarmo) che ha posto il problema dell’industria bellica (distoglie fondi dalla sanità, dalla scuola, ecc. e va smantellata e riconvertita) e sottolineato il legame tra nocività del processo produttivo e nocività del prodotto.
Dopo una breve replica di Cremaschi (ha concordato sulla necessità di un governo alternativo e di ragionare come se avessimo in mano le leve del potere e affermato che Taranto e la Val di Susa sono battaglie decisive, dall’esito di queste battaglie dipenderà se saremo più forti o meno), D’Aliesio ha chiuso il tavolo tematico mettendo in luce che dal dibattito è emerso con chiarezza che combinare lavoro, diritti, ambiente e salute è strettamente legato alla lotta contro il governo Monti-Napolitano e alla costruzione di un’alternativa di governo deciso a mettere in campo tutte le conoscenze, competenze, forze materiali e intellettuali necessarie. Questa è la partita che si gioca oggi, il cui esito è il futuro.

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From: Senza patria anarres56@tiscali.it
To:
Sent: Sunday, September 16, 2012 6:57 AM
Subject: E IL MARMO BIANCO, FAMOSO IN TUTTO IL MONDO, SI RITINGE DI ROSSO

CARRARA 7 SETTEMBRE
Un cavatore è morto in una cava di Carrara rimanendo schiacciato sotto una scaglia di marmo, pesante alcune tonnellate, staccatasi da una bancata della montagna. Un altro operaio che si trovava vicino è riuscito miracolosamente a salvarsi per un pelo riuscendo a fuggire quando si è accorto che la bancata si stava sgretolando.
La vittima si chiamava Lucio Cappè, aveva 47 anni, era sposato con un figlio.
L’incidente è accaduto verso le 9.30 in località Calocara.
A seguire il volantino a firme congiunte USI-AIT e gruppi di Carrara, distribuito il 10 settembre mattina, durante il mercato settimanale.
In programma per giovedì 13 un volantinaggio in località Ponte di Ferro, punto di accesso ai bacini di Miseglia-Fantiscritti e Colonnata-Tarnone-Gioia.
Alle sei di mattina saremo lì a distribuire il volantino ai cavatori che si stanno recando al lavoro.

E IL MARMO BIANCO, FAMOSO IN TUTTO IL MONDO, SI RITINGE DI ROSSO
E’ uno dei paradossi più tragici e drammatici del vivere umano: lavorare per vivere e invece morire del proprio lavoro.
E’ una tragedia per le famiglie che si trovano private all’improvviso di un loro caro, padre, zio, fratello, figlio: la morte non guarda in faccia nessuno.
E’ una tragedia per i colleghi, che noi però preferiamo chiamare compagni di lavoro, visto che spesso passiamo più tempo assieme a loro che a casa con le nostre famiglie.
E’ una tragedia per l’umanità piangere e stringersi attorno a tutte queste persone ancora oggi, nonostante le tecnologie, la prevenzione, la sicurezza, che in teoria dovrebbe rendere tutto ciò impossibile.
Invece basta leggere i giornali: è un bollettino di guerra. Più di due morti al giorno è questa la media delle vittime sul lavoro in Italia.
BISOGNA DIRE BASTA A QUESTE MATTANZE!
Ritmi stressanti. sovraccarichi di ore lavorative, sicurezza sui luoghi di lavoro solo di facciata per non incorrere in sanzioni.
Questa è la realtà del mondo del lavoro ad eccezione di qualche oasi felice, e ora ce l’hanno anche allungata questa nostra triste realtà, innalzandoci i requisiti di età per raggiungere il tanto atteso pensionamento.
Chi la paga la crisi?
Chi paga veramente, e come sempre per l’ennesima volta, la crisi creata da banche, speculatori finanziari, evasori totali e governi conniventi?
Il popolo, i lavoratori, stretti ancor di più nella morsa del ricatto di perdere il posto di lavoro.
A Taranto gli operai manifestano per preservare un posto di lavoro insalubre e dannoso per loro e per la città che li ospita.
Come se non avessero avuto fino ad adesso diritto ad un lavoro sano e la collettività non avesse avuto il diritto di vivere senza venire avvelenata.
Ma i costi per rendere tutto ciò possibile sono alti, i costi per la sicurezza non hanno ritorni economici.
Costavano troppo i bulloni nei capannoni crollati come castelli di carta in Emilia.
Costa troppo mantenere tre punti di soccorso cave.
Costava troppo, si sa che il tempo è denaro, rispettare le normali procedure di lavoro.
“Produzione” è il grido di battaglia!
In tutto il mondo esistono storie come queste, storie di sfruttati e sfruttatori ed è venuto il momento che gli sfruttati se ne rendano conto.
IL MOMENTO E’ ORA !!!
L’interesse del capitale non può continuare a stritolare vite umane, bisogna avere il coraggio di dire basta.
Soli siamo una pedina facilmente ricattabile, ma uniti siamo una forza.
Ed è con forza che chiediamo lavoro, dignità, sicurezza. abbassamento delle ore lavorative a parità di salario, che deve essere consono al mantenimento di una vita decorosa.
Se sembra tanto, vi sembra poco morire di lavoro?
A NOI PARE SEMPLICEMENTE ASSURDO... BASTA!

U.S.I. Unione Sindacale Italiana, sezione di Carrara
Gruppo Germinal FAI, Carrara
Circolo Goliardo Fiaschi, Carrara
Gruppo Malatesta FAI, Gragnana
Circolo Ludovici Vico, Torano

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