INDICE
Aldo
Mancuso aldo.mancuso@asf.toscana.it
DA
SAMBA: VECCHIE NOTIZIE “DAL FRONTE” - 6
Marco
Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
30/09/12:
GIORNATA MONDIALE DI AZIONE CONTRO L’INCENERIMENTO DEI
RIFIUTI
Gino
Carpentiero ginocarpe@teletu.it
AL
LAVORO PER IL LAVORO
Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
VIDEO:
LA MORTE BIANCA
No
Parcheggio Sotteraneo (Pistoia) ginetti.a@tin.it
13/10/12
MANIFESTAZIONE A RAVENNA
Lorena
Tacco lorenatacco@fastwebnet.it
PAKISTAN: 289 OPERAI BRUCIATI VIVI
Resistenza Pcarc resistenza.pcarc@rocketmail.com
REPORT
DEL TAVOLO TEMATICO “DA TARANTO ALLA VAL SUSA
Senza
patria anarres56@tiscali.it
E
IL MARMO BIANCO, FAMOSO IN TUTTO IL MONDO, SI RITINGE DI ROSSO
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Da:
Aldo Mancuso aldo.mancuso@asf.toscana.it
A:
Data: 24/08/2012 9.13
Data: 24/08/2012 9.13
Ogg:
DA SAMBA: VECCHIE NOTIZIE “DAL FRONTE” - 6
PREMESSA
Ricevo
da Aldo Mancuso alcune notizie dal fronte di guerra degli omicidi sul
lavoro.
Sono
notizie pubblicate da SAMBA, Associazione Salute Sicurezza Ambiente di
Firenze.
Da
una prima lettura sembrano notizie recenti (i mancati controlli da parte delle
autorità, la necessità e l’importanza della formazione dei lavoratori) e anche
l’analisi è attualissima (la connivenza dei partiti e dei sindacati col potere
economico).
Leggendole
con più attenzione ci si accorge invece che sono notizie che risalgono al 1999 o
addirittura prima. La storia si sta ripetendo praticamente immutata, a
dimostrazione che la guerra condotta da imprenditori e dalla gran parte delle
istituzioni (compresi partiti e sindacati) contro la salute e la sicurezza dei
lavoratori e dei cittadini, in nome del profitto economico e del potere, va
avanti ininterrotta da sempre.
Altre
vecchie notizie dal “fronte” sono state pubblicate nelle mie precedenti nuove
“Lettere dal fronte”.
Marco
Spezia
MORTE
NEI CANTIERI TOSCANI
Il
30 giugno scorso moriva a Firenze per un infortunio sul lavoro Vincenzo
Veritiero di Ercolano - 52 anni, moglie e tre figli - una delle tante vittime
del lavoro che ormai fanno solo la “felicità” dei mezzi di informazione visto
che, almeno in questa fase, i morti sul lavoro giornalisticamente
“tirano”.
Infatti
al di là del clamore della notizia per la morte di un lavoratore, nulla! Né
sulle cause di quest’ennesimo omicidio in terra di Toscana, né sull’intervento
del sempre più oscuro organo di Prevenzione e Controllo competente. Questa
ennesima povera morte di un lavoratore presenta alcuni elementi che la legano
alle nuove normative di sicurezza sul lavoro che è importante cogliere,
anche solo per evitare di far sempre e comunque il gioco degli assassini
impuniti.
Ci
sono domande che pesano ed esigono risposte puntuali. I lavori in cui ha perso
la vita Vincenzo Veritiero sembrano essere meri lavori di ristrutturazione di un
immobile di proprietà del comune di Firenze (Committente). E’ molto probabile
che tali lavori rientrino nella “494” (la normativa di derivazione europea per
la tutela dei diritti dei lavoratori nel settore delle costruzioni). Sono stati
rispettati gli obblighi previsti dalla nuova legge? il comune ha nominato il
Responsabile dei Lavori, il Coordinatore per la Progettazione e quello per
l’Esecuzione dei lavori? E’ stato fatto il Piano della
Sicurezza?
E
se, per qualunque motivo non era applicabile la “494”, il Comune-Committente si
è fatto carico delle responsabilità che ancora oggi comporta la gestione degli
appalti in edilizia? Ha accertato l’idoneità tecnico-professionale - in
particolare la capacitò di eseguire i lavori in sicurezza, di tutelare i diritti
dei lavoratori - dell’impresa appaltatrice?
Ci
sono le responsabilità penalmente sanzionate (per quello che
vale) e quelle che servono solo per misurare l’insensibilità civile e politica
della classe dirigente fiorentina.
Pare
che l’impresa alla cui dipendenze lavorava Vincenzo Veritiero fosse conosciuta
dall’organo competente per i controlli sulla Sicurezza nei cantieri (l’U.O. di
P.I.S.S.L. dell’Azienda Sanitaria). Pare addirittura che fosse nota la
resistenza del lavoratore all’uso della cintura di sicurezza per la tutela dal
rischio di caduta dall’alto nei lavori su tetti, cornicioni ecc. (l’infortunio
mortale è stato causato proprio dal mancato uso del sistemi di protezione contro
il rischio di caduta dall’alto).
Il
tendenziale rifiuto dell’uso dei mezzi personali di protezione dei lavoratori
edili (veri e propri salvavita) è un dato assodato, in Toscana e nel resto del
paese; assodato al punto che la “riottosità” dei lavoratori viene spesso
utilizzata per reclamizzare retoriche campagne culturali come unico rimedio alla
strage sul lavoro in edilizia (addossando quindi la responsabilità degli
infortuni ai lavoratori stessi). E’ fenomeno assai diffuso quello
dell’imprenditore edile che denuncia e invoca aiuto perché non sa come rimediare
alla riottosità dei lavoratori. E’ bene dire senza alcuna titubanza che gli
imprenditori in buona fede, che sentono il peso non meramente economico degli
infortuni sul lavoro, esistono davvero. Ma è altrettanto bene dire senza
ambiguità che non è “l’ombra culturale” che ammazza i lavoratori edili: nel
settore delle Costruzioni il ricatto occupazionale morde sempre più che negli
altri settori e nella stragrande maggioranza dei cantieri l’indifferenza per le
misure di sicurezza è vissuta come un segnale di fedeltà alle ragioni
dell’impresa che il padrone non può far a meno di apprezzare (si spreca meno
tempo, si è più produttivi).
C’è
un fatto su cui vale la pena di fermarsi a riflettere. L’ormai famoso decreto
legislativo 626/94 ha posto a carico dei datori di lavoro (piccoli e grandi,
pubblici e privati) l’obbligo di Formazione di tutti i
lavoratori subordinati. Ciò significa in pratica che tutti i padroni sono
obbligati ad attivare una concreta ed efficace attività formativa tesa a fornire
a tutti i lavoratori gli strumenti diretti per lavorare in sicurezza.
E’
bene annotare, a proposito di Formazione, che tutto il battage pubblicitario che
si muove intorno ad essa è in generale motivato dai grandi interessi speculativi
che di formazione si nutrono (fondi comunitari e non solo). Anche in ambito
lavorativo la formazione è diventata in questi anni terreno di caccia succulento
per tanti soggetti: spezzoni di “classe dirigente”, particolarmente avidi,
saccheggiano fondi cospicui - di provenienza diversa - senza ottenere alcun
risultato pratico oltre a quello di ingrassarsi sempre più vistosamente.
Ma
la Formazione del lavoratori a tutto può ridursi tranne che ad una sceneggiata
per foraggiare formatori avidi ed incompetenti, e il PISSL ha l’obbligo di
controllare ed eventualmente sanzionare attività formative malfatte o
inesistenti.
Come
si controlla la formazione dei lavoratori? Facendo chiarezza sugli obiettivi
della formazione, che sono essenzialmente tre: educare a sapere (Conoscere), a
saper fare (Operare), ad evitare errori (Comportamenti corretti). In pratica un
lavoratore “Formato” Sa (conosce in particolare i rischi del suo
lavoro), Sa Fare (sa quindi anche come evitare i pericoli), si Comporta
effettivamente in conseguenza della (buona) formazione ricevuta. I risultati dl
una buona formazione sono dunque la Salute e la Sicurezza del lavoratore.
Alcune
conseguenze di queste “banali” considerazioni sono evidenti: la prima,
utilizzare lavoratori non formati equivale a mandarli alla guerra disarmati; la
seconda, tollerare che un lavoratore operi nelle condizioni in cui ha trovato la
morte Vincenzo Veritiero (e tanti altri) rende troppo leggera la responsabilità
per mera colpa dei padroni.
Ma
a che punto è la formazione dei lavoratori prevista dal D.Lgs. 626/94? Ebbene,
la Formazione dei lavoratori (dovere per i padroni e diritto del lavoratori) é
un latitante che nessuno si dà la pena di ricercare. Il Governo per bocca di uno
dei suoi (ovviamente) autorevoli ministri, per evitare costi aggiuntivi e
“insostenibili” ai padroni, ha sostenuto una vera bestialità, ovvero che
l’obbligo di formazione previsto dal “626” non vale per chi rispettava la
vecchia normativa del ‘55, senza che nessuno del suoi colleghi di governo
battesse ciglio.
Del
resto lo stesso Parlamento si è dato un gran da fare per tentare di
depenalizzare gran parte del “626”. Perche? Per la solita, italica urgenza:
tutelare sempre meglio le imprese dal lato dei costi (andiamo, c’è la
Concorrenza, la Globalizzazione...), anche quando questa tutela è direttamente
conflittuale con la tutela del diritti della vita dei
lavoratori!
Fino
a quando la Formazione del Lavoratori latiterà, la strage impunita avanzerà
imperterrita. Fermare (chiudere, altro che far ripartire il volano dell’economia
nazionale!) tutti i cantieri nei quali la latitanza della tutela dei diritti dei
lavoratori è “normale” avrebbe un solo effetto: fermerebbe la strage, azzerando
i morti sul lavoro in edilizia.
Ma
può considerarsi normale un paese che pensa più alla tutela
della vita del lavoratori che agli interessi economici degli imprenditori e del
resto della classe dirigente?
P.S.
L’ultima “urgenza” per Parlamento e Governo sembra essere proprio quella di
modificare la “494”; troppi i lacci agli appalti e le nuove responsabilità dei
Committenti, di quelli che hanno sempre goduto dei vantaggi degli appalti
“strozzati”, al massimo ribasso ecc. (di solito grandi e medie imprese edili che
si sono trasformate in vere e proprie società finanziarie, perennemente a caccia
di appalti, abituate a scaricare l’esecuzione dei lavori su piccole e
piccolissime imprese con guadagni ridotti all’osso e perciò costretti a
“risparmiare” sulla sicurezza dei lavoratori). La scomparsa delle grandi imprese
edili capaci di “fare tutto” e la comparsa di micro imprese specializzate è
determinata proprio delle buone opportunità garantite dalla speculazione sugli
appalti.
Ma
non avevano detto che le speculazioni sugli appalti era una delle cause più
importanti della morte dei lavoratori nei cantieri?
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Da:
Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
A:
Inviato:
lunedì 10 settembre 2012 14:47
Oggetto:
30/09/12: GIORNATA MONDIALE DI AZIONE CONTRO L’INCENERIMENTO DEI
RIFIUTI
Per
chi già non ne è al corrente.
Saluti
Marco Caldiroli
Marco Caldiroli
Anche
quest’anno si svolgerà la GIORNATA
MONDIALE DI AZIONE CONTRO l’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI prevista per il 30
settembre prossimo.
Come
ormai sta avvenendo da 10 anni in Italia questa scadenza internazionale viene
proposta quale opportunità per tutte le realtà locali di coordinare a livello
globale piccole e grandi iniziative aventi come tema il contrasto
all’incenerimento in tutte le sue forme (combustione “dedicata”, combustione in
cementifici e/o in centrali a “biomasse”, trattamenti termici quali la
gasificazione, la piro-gasificazione ecc) legato alla proposta della alternativa
rifiuti zero.
A
questo proposito si invitano le realtà locali che potranno aggiungere il proprio
logo alla “celebrazione” della giornata (promossa anche nell’arco della
settimana che ruota intorno al 30) a segnalare almeno ad uno dei presenti
indirizzi mail italiani date, luoghi e breve descrizione della iniziativa
programmata.
Sarà
cura del “cartello” di associazioni e movimenti di cui sopra lanciare a livello
stampa l’elenco completo delle iniziative italiane. il “valore aggiunto” di
questa giornata sta proprio nel “rendere globale” una iniziativa locale più o
meno grande. L’opportunità sarà quella di poter far conoscere in ogni angolo del
mondo (visto che la “Global alliance for incinerator alternatives” raccoglie
quasi un migliaio di gruppi diffusi in decine di Paesi) la propria iniziativa e
le proprie problematiche.
Per
rendere più efficace il risultato di questo coordinamento si invita ad inviare
notizia della iniziativa programmata non oltre il 28 settembre in modo da poter
inviare a GAIA l’elenco completo delle iniziative italiane ed in modo da poter
inviare alle agenzie stampa italiane notizia di tutto l’insieme di attività.
Come
“cassetta degli attrezzi” viene messo a disposizione: il comunicato stampa
(tradotto) di GAIA, il comunicato stampa redatto dalle associazioni italiane
coordinatrici, locandina nazionale della giornata di azione e, per i comuni, la
Delibera Rifiuti Zero.
Poiché
il tema della giornata di quest’anno è proprio la promozione della strategia
rifiuti zero (o “zero waste”) anche i comuni possono aderire magari approvando
la delibera di adesione alla suddetta strategia.
Per
gruppi e comuni, infine, è a disposizione, opportunamente richiesto, il libro
“Rifiuti zero, una rivoluzione in corso” di Paul Connett con Rossano Ercolini e
Patrizia Lo Sciuto (edizione Dissensi).
Per
info: 338 28 66 215
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From:
Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
To:
Sent:
Monday, September 10, 2012 11:53 PM
Subject:
AL LAVORO PER IL LAVORO
Da
ALBA (Alleanza Lavoro Beni Comuni Ambiente) un comunicato sul Referendum per
abrogare gli articoli 8 (del Decreto Berlusconi dell’agosto 2011, contro la
contrattazione collettiva ) e le modifiche peggiorative all’articolo18 del
governo Monti.
Inoltre
sostegno alle lotte operaie e infine il primo annuncio sul Convegno di Torino
sul lavoro (6 e 7 ottobre).
Saluti
a tutti
Gino
Carpentiero
Sezione
Pietro Mirabelli di Medicina Democratica Firenze
*
* *
Buongiorno,
ciao
ormai
siamo alla ripresa piena dell’attività dopo il rallentamento estivo e i mesi che
ci aspettano saranno molto intensi.
Come
dal titolo della mail, mettiamoci al lavoro, per il LAVORO (prima parte del
nostro nome)
1)
REFERENDUM UNITARIO SUL LAVORO SU ARTICOLO 8 E ARTICOLO 18: NOI CI STIAMO
Martedì
11 settembre, verranno depositati da un ampio schieramento di soggetti 2 quesiti
referendari sul Lavoro.
Noi,
come ALBA, saremo tra i proponenti.
La
campagna di raccolta firme inizierà ai primi di ottobre. Da subito è importante
attivarsi, in ogni territorio, per la costituzione di Comitati referendari,
coinvolgendo tutte quelle realtà, movimenti e associazioni che hanno portato
alla vittoria referendaria del 2012.
Il
comunicato di adesione è al link:
ALBA
ha fin da subito denunciato il carattere regressivo del Governo Monti, fedele
esecutore dei diktat della troika europea: da una parte, l’attacco al lavoro e
demolizione dei suoi principali strumenti di tutela; dall’altra, il ricatto sul
debito pubblico e la modifica dei meccanismi della sovranità, con i quali
imporre ai governi di ogni livello presenti e futuri la svendita dei beni
pubblici, la privatizzazione delle risorse e i tagli al welfare.
In
questo quadro, che abbiamo definito costituente e al tempo stesso totalitario,
solo una grande risposta di popolo può riaprire il campo al futuro e alla
speranza, dando voce all’indignazione diffusa e al radicale desiderio di
cambiamento.
A
questo livello profondo è necessaria la risposta, per questo è di grande
importanza la possibilità di fare nella forma più larga e unitaria una grande
campagna referendaria unitaria per la riappropriazione dei diritti sul lavoro e
sulla democrazia, fondamenta della nostra Costituzione e unica vera risposta
alla crisi economica e sociale in atto: ripristinare l’articolo 18, violentato
dalla Riforma Fornero, e abolire l’articolo 8 dell’ultima manovra del Governo
Berlusconi, che di fatto cancella il contratto collettivo nazionale di
lavoro.
Per
questo accogliamo positivamente la generosa decisione dell’IDV di ritirare i
quesiti già presentati per ripresentarli con un comitato largo, di cui saremo
parte. Questo risultato è stato possibile anche grazie al ruolo importante
svolto dalla FIOM e al ruolo del giornale “Il manifesto” nel rendere possibile
questo confronto.
Su
questi due quesiti può riaprirsi una discussione sul futuro del nostro Paese,
sulla forma che vogliamo dare alla nostra democrazia: le sofferenze dei nostri
territori possono così trovare espressione in una battaglia che riafferma il
diritto al lavoro e al futuro, contro la precarizzazione della vita e il ricatto
dell’occupazione.
Sarà
fondamentale, come è stato nella straordinaria campagna referendaria ultima,
fare sì che questa campagna referendaria sia la campagna di tutte quelle realtà,
movimenti e associazioni che hanno portato alla vittoria referendaria del
2012.
L’ampio
fronte democratico e costituzionale che sosterrà i due quesiti rappresenta
inoltre un primo momento di ricomposizione di forze umane e sociali in grado di
scompaginare il quadro politico del Paese, magari lanciando nelle prossime
settimane un’ulteriore campagna che colpisca il secondo pilastro dell’azione del
Governo Monti: il fiscal compact, quel meccanismo col quale si impongono tagli
al welfare e svendita del patrimonio pubblico.
ALBA
– Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente - è nata con l’intenzione di affermare una
nuova idea di politica e convivenza civile fondata sulla partecipazione, i
diritti sociali e la rimessa in discussione del modello economico e sociale
dominante: questo referendum su/per il lavoro non fa che rappresentarne una
prima importante affermazione e un imprescindibile punto di partenza per il
riscatto del nostro Paese.
2)
SOSTEGNO ALLA LOTTA DEI LAVORATORI
Importante
è il sostegno che in molti nodi stiamo dando alle lotte in corso.
Una
molto importante, che vede il nodo di ALBA molto attivo, è quella della fabbrica
Jabil (ex-Nokia Siemens) di Cassina de’ Pecchi.
Qui
trovate il comunicato di sostegno e di adesione all’iniziativa di venerdì 14
settembre.
3)
TORINO - 6/7 OTTOBRE- 2 GIORNI SU LAVORO, CRISI, EUROPA.
L’organizzazione
dell’appuntamento torinese sta procedendo bene, news e aggiornamenti a breve.
SEGNIAMOCI LA DATA.
Staff
Web ALBA
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From: Marco Bazzoni bazzoni_m@tin.it
To:
Sent: Tuesday, September 11, 2012 7:37 PM
Subject:
VIDEO: LA MORTE BIANCA
Cortometraggio
sulle morti nei posti di lavoro, usando un punto di vista surreale, che cerca di
arrivare al senso di disumanizzazione che provoca questo
fenomeno.
Lontani
da un punto di vista didascalico e realistico, affrontiamo un problema
enormemente attuale, sperando che colpisca l’attenzione dello
spettatore:
http://www.youtube.com/watch?v=DAn6Q4emMpY“Dicono
che se ne muoiono più di mille è come una guerra, da 3 morti il giorno. Una
tragedia perpetua. Invece se in un anno ne muoiono 980 il commento è: dati in
calo, del 6,9%, miglioramento dal 2009. Siamo ai minimi di sempre. In pratica tu
sei parte di un miglioramento. Sei nel lato positivo della
tragedia”.
UN
VIDEO CHE DOVREBBE INVITARCI ALLA RIFLESSIONE TUTTI
QUANTI.
Guardatelo.
Spero che qualche mezzo d’informazione lo pubblichi.
Spero che qualche mezzo d’informazione lo pubblichi.
Saluti.
Marco
Bazzoni
Operaio
metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
----------------------
A:
Data:
11/09/2012
22.40
Ogg:
13/10/12 MANIFESTAZIONE A RAVENNA
A
seguire il volantino con l’appello per la manifestazione di sabato 13 ottobre a
Ravenna a cui abbiamo aderito e parteciperemo
Antonio
Ginetti
NO
PARCHEGGIO SOTTERANEO (PISTOIA)
13
OTTOBRE 2012
ORE
14.00 - STAZIONE F.S. RAVENNA
Promuovono:
NO
TAV Torino e Cintura Sara Dura in collaborazione con Coordinamento NO
CMC
Elenco
adesioni:
NO
PEOPLEMOVER BOLOGNA
RAVENNA
PUNTO A CAPO
PIEMONTESI
E LIGURI CONTRO IL TAV-TERZOVALICO
CITTADINI
DI FEGINO BARBARADOVA
COMITATO
PER SCARPINO GENOVA
DON
GALLO
MARIO
ACTIS PRESIDENTE LEGAMBIENTE VALSUSA
CSA
PACI’ PACIANA BERGAMO
COLLETTIVO
DELLA ZI DEL VAG 61
BSA
ATTIVA TOSCANA
BSA
NAZIONALE
KOLLETTIVO
ONDA ROSSA
NO
PARCHEGGIO SOTTERANEO (PISTOIA)
RIFIUTI
ZERO
COLLETTIVO
COMUNISTA PIEMONTESE
NO
EXPO
UGO
MATTEI
CUB
PIEMONTE
COBAS
PIEMONTE
In
ogni parte del mondo le lobby finanziarie, politiche e mafiose aggrediscono,
depredano e devastano usando l’ormai insostenibile alibi del progresso e la
promessa di una “crescita del lavoro”, con la complicità del governi.
Accade
in Centro America, in Africa, in Asia come qui in Italia. Le situazioni di
attacco ai territori e alle loro ricchezze sono
innumerevoli.
Da
Nord a Sud non è possibile elencare tutti gli scempi.
Dalla
Vale di Susa, passando per il Mugello, arrivando fino in Sicilia i grandi
affaristi violentano la terra cementificando, perforando, scavando e
inquinando.
Calpestano
la possibilità di una vita libera, felice e condivisa, sacrificandola alle
logiche di poteri forti che muovono fili invisibili per asservirci ai loro
scopi: i loro profitti, quelli che non bastano mai.
Fra i
responsabili spiccano Impregilo, Eni, Todini e non ultima la C.M.C. di Ravenna.
L’unico modo che abbiamo per contrastare queste mire rapaci e devastanti è
costituire aggregazioni sempre più allargate e diffuse, rendendo evidenti le
opposizioni e rendendoci conto che noi siamo più di loro e che solo uniti
possiamo sconfiggerli.
Noi
proponiamo il 13 ottobre una manifestazione a Ravenna contro la Cooperativa
Muratori e Cementisti (CMC) che, dopo essere state artefice in questi anni di
numerose devastazioni sul territorio italiano, si accinge a realizzare il tunnel
geognostico alla Maddalena di Chiomonte in Val di Susa. Un’azienda che fra i
vari progetti distruttivi, vuole realizzare un cantiere rifiutato da decine di
migliaia di residenti nella Valle e da un Movimento che ormai è presente in
tutta la penisola e oltre confine. In gioco non ci sono solo le spartizioni
legate al TAV, ma soprattutto altre logiche decisionali e autoritarie come il
dimostrare che se il PD (che è dietro la CMC) e qualunque altro partito politico
decidono qualcosa, nessuno può permettersi di dissentire, di opporsi, di
resistere.
L’azione
di opposizione critica, di lotta e di disobbedienza, della comunità e del
territorio infatti mette in discussione gli stessi meccanismi del potere, gli
equilibri dello scambio clientelare e mafioso. Queste le ragioni per cui è
importante che tutte le persone che vogliono impedire la devastazione del
pianeta Terra partecipino a questa prima manifestazione per rilanciare
l’opposizione alla lobby traversale degli affari.
Per
info e adesioni:
----------------------
From:
Lorena Tacco lorenatacco@fastwebnet.it
To:
Sent: Friday, September 14, 2012 3:28 PM
Subject: PAKISTAN: 289 OPERAI BRUCIATI VIVI
8 MARZO IN QUEL DI
SETTEMBRE
Non è successo l’8
marzo ma il 12 settembre. Non a Chicago ma a Karachi,
Pakistan.
I morti sono, per
il momento, 289 operai bruciati vivi, che lavoravano in una fabbrica tessile, la
Ali Enterprise. La fabbrica, un edificio di 4 piani nel quartiere di Baldia
Town, occupava circa 2.000 lavoratori; gli operai lavoravano in vasti scantinati
con le finestre chiuse da sbarre e come unica via d’uscita una piccola porta che
si è bloccata subito. Il grande generatore elettrico che ha dato il via
all’incendio si trovava all’entrata principale. Sono riusciti a salvarsi quelli
che si sono buttati dalle finestre, scardinando le sbarre o gettandosi dai piani
superiori. Molti di questi hanno avuto le gambe rotte.
Facevano magliette
e prodotti tessili che noi compriamo, anche se l’etichetta recita “made in …
qualsiasi paese” tranne quello in cui sono prodotti.
Pagati pochi
centesimi e ora morti bruciati perché, come dice uno dei sopravvissuti, “i
proprietari erano più preoccupati di proteggere i loro tessuti che i loro
lavoratori”.
Nella città di
Lahore, per lo scoppio di un generatore, sono morti – sempre oggi – altri 25
operai. Fabbricavano scarpe.
I loro nomi non li
sapremo mai, ma sappiamo che tra loro c’erano anche molti
bambini.
E’ sempre più
difficile - perché sono tanti, troppi - ricordarsi dei morti sul lavoro. Domani
un’altra tragedia ci distrarrà. Ma quella di oggi, in tempo di crisi, ci dice
alcune cose, oltre a riempirci di rabbia e di dolore per l’ennesima
volta.
Di questi tempi va
di moda scagliarsi contro la finanza e i “mercati”, anche da parte di chi questi
“mercati” e il sistema capitalistico di cui fanno parte li ha sempre sostenuti
come l’unico mondo possibile (vedi Bersani che – domani, un domani che non
arriva mai - non vuole “il governo delle banche”… ma intanto lo sostiene a spada
tratta), ma OGGI l’economia “reale”, quella dello sfruttamento diretto di quella
merce umana che si chiama forza-lavoro, si è presa la sua sanguinosa
rivincita.
Ci sono tanti modi
per ammazzare i popoli. Direttamente con la guerra, come in Afganistan, in Iraq,
in Libia (e, prossimamente, in Siria); con lo strangolamento economico, come in
Grecia…. e ogni giorno nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro di tutto il mondo,
dove il profitto conta più della vita umana.
L’importante è
produrre, ci dicono, aumentare la produttività: così usciremo dalla
crisi.
Il Pakistan
attraversa una crisi energetica con continui tagli dell’energia elettrica e i
padroni delle fabbriche usano sempre più generatori a gasolio perché la
produzione non si interrompa, anche se questo aumenta a dismisura i rischi per i
lavoratori, che lavorano in condizioni sub-umane. L’estrazione del plusvalore
non può fermarsi.
Il rogo di Chicago
avvenne nel 1908: sono passati più 100 anni e, nella sostanza e ormai anche
nelle forme, la barbarie del capitalismo non è cambiata.
Oggi, con la morte
nel cuore, non possiamo dire altro che “pietà l’è morta” e che dobbiamo
abbattere questo sistema.
Centro
di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via
Magenta 88, Sesto S.Giovanni
----------------------
From: Resistenza Pcarc resistenza.pcarc@rocketmail.com
To:
Sent:
Saturday, September 15, 2012 11:41 AM
Subject:
REPORT DEL TAVOLO TEMATICO “DA TARANTO
ALLA VAL SUSA
REPORT
DEL TAVOLO TEMATICO “DA TARANTO ALLA VAL SUSA COME DIFENDERE SALUTE E AMBIENTE
GARANTENDO UN LAVORO SICURO PER TUTTI”, TENUTO IL 5 SETTEMBRE A NAPOLI
ALL’INTERNO DEL FORUM SOCIALE URBANO
Napoli, 10/09/12
Il tavolo è stato
promosso da Resistenza
(mensile del Partito dei CARC) e da Contropiano (rivista della Rete dei
Comunisti) all’interno del Forum Sociale Urbano (http://forumsocialeurbanonapoli.org/)
che numerose reti e associazioni hanno organizzato dal 3 al 7 settembre a Napoli
- in alternativa al socialmente inutile ed economicamente oneroso (per le tasche
dei contribuenti) VI Forum Mondiale Urbano dell’ONU-Habitat - per sviluppare una
riflessione collettiva su un altro modello di società, che metta al centro il
diritto all’abitare, la difesa dei beni comuni, la necessità di uno sviluppo
ecosostenibile, la lotta contro le grandi opere, la democrazia
partecipativa.
Quante Ilva ci sono
nel nostro paese? Cosa unisce la lotta di Taranto a quella della Val di Susa e
quali le prospettive di entrambe? E’ possibile spezzare la spirale
disoccupazione-condizioni di lavoro poco sicure-devastazione dell’ambiente
combinando lavoro, ambiente e città vivibili, salute e diritti? Come e chi può
farlo?
Che ruolo possono
svolgere i sindacati conflittuali, i movimenti come quello NO TAV e dei
disoccupati, le reti per la sicurezza sul lavoro, coordinamenti come il quello
NO Debito? Queste le domande su cui si è incentrato il tavolo che è stato
introdotto e moderato da Fabiola
D’Aliesio (Segretaria della Federazione campana e membro della
Direzione Nazionale del P. CARC) e a cui sono intervenuti, nell’ordine,
Franco
Rizzo (operaio dell’Ilva, ex delegato FIOM e RLS, membro del
Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti), Giorgio
Cremaschi (ex presidente del Comitato Centrale Fiom, promotore
dell’Area programmatica Opposizione Organizzata CGIL, membro del Comitato No
Debito), Alberto
Perino
(portavoce del movimento NO TAV - in collegamento telefonico),
Fabrizio
Tomaselli (membro dell’Esecutivo nazionale USB e del Comitato No
Debito), Michele
Franco (redattore di Contropiano),
Manuela
Maj (direttrice di Resistenza e membro della
Direzione Nazionale del P.CARC), Antonio
Musella (membro del Laboratorio Insurgencia ed esponente di
Global Project), Gino
Monteleone (esponente del movimento dei disoccupati organizzati
napoletani); non hanno invece potuto essere presenti, per impegni lavorativi e
problemi logistici, Mirko Pusceddu, ex operaio ThyssenKrupp ed esponente
dell’associazione Legami d’Acciaio né Alessandra Arezzo, della Rete nazionale
sicurezza sul lavoro.
Nel
seguito riportiamo i passaggi principali degli interventi, che sono disponibili
anche in versione integrale nel video report http://www.youtube.com/watch?v=81VKoiqVwH8
realizzato dalla sezione Napoli Centro del P.CARC).
Nella sua
introduzione
FABIOLA
D’ALIESIO ha sottolineato che il tavolo tematico contribuiva al
Forum Sociale Urbano mettendo al centro la necessità e la possibilità di
conciliare lavoro, ambiente e salute, perché per rimettere in piedi il nostro
paese devastato dalla crisi in ogni suo aspetto, sociale, ambientale, economico
e politico c’è bisogno del lavoro di tutti. Le lotte in corso a Taranto e in Val
di Susa hanno assunto un ruolo che va oltre il problema specifico, chiamano in
causa chi e come dirige il nostro paese e pongono con forza la necessità di
costruire un’alternativa politica al governo Monti. I relatori invitati al
tavolo tematico rappresentano organizzazioni, associazioni, movimenti di
resistenza che stanno portando avanti battaglie per affermare un modello di
sviluppo, un modo di produrre e di convivere alternativo a quello imposto da
padronato e banche oggi incarnato dal governo
Monti-Napolitano.
FRANCO
RIZZO ha spiegato che la
situazione è difficile, i tentativi di dividere il fronte tra chi è per il
lavoro e chi è per l’ambiente sono tanti e forti. Il 2 agosto a Taranto, però, è
successo qualcosa di imprevedibile, un Apecar seguito da lavoratori e cittadini
ha affermato con forza che lavoro e ambiente devono marciare insieme. L’Ilva ha
prodotto non solo acciaio, ma morti, malati, donne che non riescono a portare a
termine la gravidanza, il disastro del quartiere Tamburi, addirittura secondo
uno studio fatto da un’équipe di medici dell’università di Bari, i cittadini di
Taranto sono OGM! La sentenza della Todisco, che ha visto solo il 10% di quello
che l’Ilva ha provocato, ha bucato un sistema, il “sistema Riva” che abbraccia
politici locali e nazionali, istituzioni, Chiesa, forze dell’ordine,
sindacalisti collusi, organizzazioni criminali. A Taranto il sindaco è Riva, non
Stefàno, tutta l’economia ruota intorno a Riva. Adesso però tira un’aria
diversa, all’interno della fabbrica e all’esterno, si è sviluppata una
mobilitazione popolare inedita, per forme e partecipazione, dal dopoguerra a
oggi. Per cambiare la situazione ci vogliono volontà e risorse. Riva la volontà
non ce l’ha: dice che la fabbrica produce al 70%, ma non è vero, è molto di più,
dice che metterà 146 milioni di euro per risanare la situazione, ma in realtà
sono solo 56 perché 90 sono soldi che doveva già mettere in base ad accordi
passati. Ci vogliono risorse, ci vuole un piano industriale serio. Adesso si
parla di CIG: se è necessario per fare gli interventi di risanamento va bene, ma
a stipendio pieno, perché non sono i lavoratori a dover pagare, abbiamo già
pagato troppo!
Nel suo
intervento
GIORGIO
CREMASCHI ha affermato che la conciliazione tra lavoro e
ambiente non è automatica, tutti adesso dicono che bisogna conciliarli, ma non è
così: il lavoro nel capitalismo è sfruttamento dell’uomo e della natura, in fase
di crisi è supersfruttamento. Non si tratta di conciliare lavoro e ambiente, ma
di attuare un profondo cambiamento per cui occorre fare delle scelte radicali.
In questi anni c’è stato un ricatto, un lavorio continuo del padrone in fabbrica
e fuori, agli operai è stato imposto di uccidere se stessi per poter lavorare e
questo cambia le persone, cambia anche la loro attenzione e sensibilità verso il
problema ambientale. L’acciaio serve, ma non possiamo accettare che la
produzione continui a queste condizioni. Ci sono strumenti tecnici per produrre
acciaio senza ammazzare la gente, ci sono progetti elaborati da esperti, però
costano e l’Ilva non ha intenzione di usarli. La soluzione non può essere
lasciato al mercato, quindi c’è solo una strada: l’esproprio dell’Ilva (è
previsto dalla Costituzione, bisogna applicarla), intervento pubblico, creazione
di un organismo autonomo e indipendente di controllo sulla fabbrica e sul suo
risanamento. Senza di questo i 346 milioni che il governo ha stanziato per
Taranto saranno solo un regalo a Riva. Riva invece deve pagare l’indennizzo per
i danni provocati al territorio e ai lavoratori, lo Stato deve fargli causa e
costituirsi come parte civile. Questo è un nodo più generale, perché, a
proposito di quante Ilva ci sono nel nostro paese, tutto il mondo del lavoro è
sotto ricatto, non solo all’Ilva: a Melfi, ad esempio, c’è una concentrazione
altissima di operai malati a causa dei ritmi di lavoro. Occorre una risposta
adeguata, una piattaforma generale. La lotta del movimento NO TAV rafforza la
resistenza contro la politica di macelleria sociale e deve diventare patrimonio
generale. Abbiamo bisogno di un piano pubblico per la riconversione delle
produzioni dannose, il risanamento ambientale è anche un’occasione di lavoro.
L’esempio dell’Italsider di Bagnoli è chiaro: cosa c’è al posto dell’acciaieria?
che ne è stato della bonifica? Se si chiude un’acciaieria, ci vuole un piano per
mantenere i posti di lavoro e per bonificare il territorio e chi ha inquinato
deve pagare.
Non dobbiamo cadere
nell’errore di suggerire al potere le misure da adottare, chi ha il potere non è
che fa quello che fa perché non ha capito, ma lo fa proprio perché ha capito. Il
sistema va cambiato, ci vuole una proposta sociale e politica. Bisogna sostenere
tutte le lotte, coordinarle e costruire un sistema
alternativo.
ALBERTO
PERINO, dopo aver
illustrato sinteticamente la situazione in Val di Susa, ha detto che il
movimento NO TAV è sotto attacco perché è diventato un esempio per tutto il
paese. La TAV è la cassaforte del PD (e degli altri partiti in vista delle
elezioni), serve alle mafie e a un pugno di grandi imprese come la
CMC
(contro la quale il 13 ottobre ci sarà una manifestazione a
Ravenna). Quello che serve al nostro paese non sono le grandi opere inutili, ma
migliaia di piccole opere utili che danno anche lavoro, un lavoro che deve
essere sicuro, dignitoso e adeguatamente remunerato. Tutte le forze popolari, i
movimenti, le reti devono unirsi per costruire un’alternativa alla politica
delle grandi opere, della devastazione dell’ambiente e della salute, della
disoccupazione.
FABRIZIO
TOMASELLI ha sottolineato
che tutti i relatori erano sostanzialmente d’accordo, quindi mancava un po’ il
contraddittorio. A proposito dell’Ilva, ha detto che Riva deve essere arrestato
e pagare per i danni prodotti, deve ottemperare tutte le prescrizioni della
magistratura altrimenti l’Ilva a nazionalizzata, anche se ha poi sottolineato
che quando era Italsider c’erano comunque sfruttamento dei lavoratori e
inquinamento. I sindacati sono una concausa di quanto successo a Taranto: quando
si privilegiano gli interessi dell’organizzazione sindacale rispetto a quelli
dei lavoratori il risultato è quello che c’è a Taranto. Il sindacato deve
assumersi nuove responsabilità, anni fa faceva battaglie principalmente per
ottenere aumenti salariali, ma oggi non basta, sui redditi dei lavoratori
incidono pesantemente mutui, tasse, costi della scuola e della sanità, ecc., il
lavoro precario ha assunto una dimensione tale per cui anche chi lavora ha un
reddito insufficiente per vivere. Quindi il sindacato non può più ragionare solo
in termini di salario, deve allargare il suo raggio d’azione al sociale, al
territorio, ecc. Il coordinamento delle lotte è fondamentale, il tentativo di
dividere e mettere gli uni contro gli altri nasce dalla paura che le lotte si
saldino. Il movimento NO TAV è un’esperienza molto importante che va studiata
attentamente per capire come estenderla, come promuovere movimenti di
massa.
MICHELE
FRANCO, raccogliendo la
sollecitazione a problematizzare la discussione, ha detto che per imporre
l’esproprio/nazionalizzazione dell’Ilva occorrono dei rapporti di forza che
attualmente non ci sono. Quindi è necessario essere interni alle lotte e allo
stesso tempo alludere in esse al fatto che finché i lavoratori identificano il
proprio destino con quello dell’azienda sarà difficile cambiare i rapporti di
forza. Bisogna alludere alla necessità di un altro sistema, di un altro
modello.
MANUELA
MAJ ha affermato che
lavoro, ambiente, sicurezza, diritti sono non solo compatibili, ma strettamente
legati tra loro (tanto vero più si cede ai padroni in un campo, più bisogna
cedere anche in altri) e che il lavoro ha un ruolo centrale. In Italia ci sono
circa 20 milioni di occupati, ne servono almeno altrettanti per fare nel giro di
5-10 anni le grandi opere veramente utili: 7-8 milioni per sistemare il
territorio e le cose, 4-5 milioni per far funzionare anche solo decentemente i
servizi pubblici, 1 milione per il recupero e la valorizzazione del patrimonio
artistico e paesaggistico, 6 milioni per il recupero e la sistemazione degli
edifici pubblici (un esempio per tutti: solo il 34% degli edifici scolastici è a
norma!) e privati. I soldi ci sono (vanno presi dai profitti dei Riva,
dall’abolizione del debito pubblico, vanno usati i soldi che oggi lo Stato
regala al Vaticano e spende per armamenti e missioni di guerra), come anche gli
strumenti tecnici e i progetti.
Gli ingredienti per
risolvere la situazione ci sono tutti, occorre la volontà politica di impiegarli
in modo combinato, duraturo e finalizzato alla bonifica dell’ambiente, alla
creazione di posti di lavoro utili e dignitosi, alla tutela della salute dei
lavoratori e pubblica (altrimenti succede come a Marghera, con il petrolchimico:
5 miliardi di euro stanziati per progetti di bonifica, con il risultato che i
soldi sono spariti e i progetti sono rimasti sulla carta). Questo non lo possono
fare gli stessi che sono responsabili del disastro in cui ci troviamo, a Taranto
come in tutto il paese. Non lo può fare certo il governo Monti: Clini, l’attuale
ministro dell’Ambiente, dal 2001 al 2011 è stato direttore generale del
ministero dell’ambiente (non solo era a conoscenza della situazione dell’Ilva,
ma è uno dei responsabili); nel decreto “salva Italia” (poi confermato in quello
“semplificazioni”) i professori milionari hanno inserito un dispositivo (la
cosiddetta messa in sicurezza operativa- Miso) che altro non è che un condono
mascherato per le aziende che hanno inquinato e inquinano; l’esproprio
dell’Ilva, giusto, ma chi lo fa? Monti? In più non dimentichiamoci che fino al
1995 l’Ilva era pubblica, e la situazione non era molto
diversa.
Lo può fare un
governo di emergenza popolare che ha come suo programma “lavoro, ambiente,
sicurezza, diritti”, che agisce su mandato delle RSU, delle organizzazioni,
reti, associazioni mobilitate in questi campi e deciso a passare sopra gli
interessi dei Riva e compari. In questo modo i lavoratori non dovranno più
identificare il proprio destino con quello delle aziende! Senza un progetto di
governo alternativo a Monti, le nostre lotte anche le più decise in definitiva
si riducono a chiedere ai responsabili del problema di fare qualcosa per
risolvere il problema che hanno creato. E’ vero che bisogna attuare un
cambiamento profondo per cui servono scelte radicali: la scelta radicale,
coraggiosa che persone come Cremaschi, Tomaselli, gli altri dirigenti dei
sindacati conflittuali e quanti hanno influenza e seguito tra i lavoratori sono
chiamati a fare è di costituirsi da subito in un Comitato di Salvezza Nazionale
che si colleghi con le organizzazioni operaie e popolari, le mobiliti insieme a
scienziati, esperti, ecc. per mettere a punto misure alternative a quelle di
Monti e iniziare ad attuarle, chiami i funzionari pubblici a non obbedire alle
direttive di un governo che si è installato e opera in violazione della
Costituzione. Bisogna osare diventare la nuova direzione del
paese!
ANTONIO
MUSELLA ha sottolineato
che per il futuro dell’umanità è fondamentale riqualificare le città e
promuovere uno sviluppo ecosostenibile. Non può esistere però una produzione
sostenibile dell’acciaio, non inquinante. Ambiente e salute non sono compatibili
con la contraddizione capitale-lavoro, occorre un rivolgimento rivoluzionario.
La rivolta di Taranto è molto importante per il Mezzogiorno e bisogna
sostenerla. Come fare per costruire un’alternativa? E’ molto importante mettere
al servizio delle lotte gli intellettuali liberi e pensanti (come ad es. Viale),
ma le lotte e il protagonismo popolare devono essere centrali. Rispetto a
Taranto, l’Ilva interrava i rifiuti dentro la fabbrica stessa e gli operai non
dicevano nulla. Non è vero che le bonifiche non sono possibili (bonifiche reali:
a Marghera la “bonifica” è stata fatta, nel senso che hanno costruito sopra le
aree inquinate). La bonifica dei territori è un aspetto centrale per la
ricostruzione del paese. Dobbiamo mettere al centro di tutto qui e adesso
l’alternativa, ma non su un piano astratto e scollegato dalle
lotte.
Rispetto a quanto
detto da Musella,
Rizzo ha precisato che non è vero che gli operai dell’Ilva non
hanno detto nulla: hanno fatto molte denunce e organizzato anche scioperi sulla
questione ambientale, lui stesso è stato licenziato per questa lotta (poi Riva è
stato costretto a riassumerlo). Per capire la situazione dell’Ilva, è
fondamentale partire dal fatto che tutto il sistema è
corrotto.
Infine
GINO
MONTELEONE, ha spiegato che la lotta dei disoccupati e dei
precari BROS per il lavoro mette al centro la bonifica dei territori e la
raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti. E’ fondamentale unire il
lavoro alla difesa dei beni comuni, portare avanti percorsi di lotta e
mobilitazione unitari, coordinare le forze. Non ci si può affidare alla
magistratura che va a braccetto con il governo, alla Procura di Napoli è stato
costituito un pool speciale contro i disoccupati e i precari. Tutto passa
attraverso un modello diverso di governo.
Alla fine degli
interventi programmati, hanno preso la parola LUIGI
SITO (segretario del Sindacato Lavoratori in Lotta) che
ha illustrato
l’esperienza degli operai dell’ex Esplana Sud di Nola (per far fronte al
fallimento dell’azienda, hanno deciso di occupare la fabbrica e si sono
organizzati nella cooperativa “La Carovana” per riavviare la produzione) e il
percorso di autorganizzazione del lavoro avviato dai disoccupati del SLL
(inquadrato nella lotta per far istituire alla giunta De Magistris un tavolo per
il lavoro, composto da esponenti dei movimenti dei precari e disoccupati e dei
sindacati per elaborare e attuare progetti per rimettere in piedi la città di
Napoli) e UMBERTO
ORESTE (Comitato Pace e Disarmo) che ha posto il problema
dell’industria bellica (distoglie fondi dalla sanità, dalla scuola, ecc. e va
smantellata e riconvertita) e sottolineato il legame tra nocività del processo
produttivo e nocività del prodotto.
Dopo una breve
replica di
Cremaschi (ha concordato sulla necessità di un governo
alternativo e di ragionare come se avessimo in mano le leve del potere e
affermato che Taranto e la Val di Susa sono battaglie decisive, dall’esito di
queste battaglie dipenderà se saremo più forti o meno), D’Aliesio ha chiuso il
tavolo tematico mettendo in luce che dal dibattito è emerso con chiarezza che
combinare lavoro, diritti, ambiente e salute è strettamente legato alla lotta
contro il governo Monti-Napolitano e alla costruzione di un’alternativa di
governo deciso a mettere in campo tutte le conoscenze, competenze, forze
materiali e intellettuali necessarie. Questa è la partita che si gioca oggi, il
cui esito è il futuro.
----------------------
From:
Senza patria anarres56@tiscali.it
To:
Sent: Sunday, September 16, 2012 6:57 AM
Subject:
E IL MARMO BIANCO, FAMOSO IN TUTTO IL MONDO, SI RITINGE DI ROSSO
CARRARA
7 SETTEMBRE
Un
cavatore è morto in una cava di Carrara rimanendo schiacciato sotto una scaglia
di marmo, pesante alcune tonnellate, staccatasi da una bancata della montagna.
Un altro operaio che si trovava vicino è riuscito miracolosamente a salvarsi per
un pelo riuscendo a fuggire quando si è accorto che la bancata si stava
sgretolando.
La
vittima si chiamava Lucio Cappè, aveva 47 anni, era sposato con un figlio.
L’incidente
è accaduto verso le 9.30 in località Calocara.
A
seguire il volantino a firme
congiunte USI-AIT e gruppi di Carrara, distribuito il 10 settembre mattina,
durante il mercato settimanale.
In programma per
giovedì 13 un volantinaggio in località Ponte di Ferro, punto di accesso ai
bacini di Miseglia-Fantiscritti e Colonnata-Tarnone-Gioia.
Alle
sei di mattina saremo lì a distribuire il volantino ai cavatori che si stanno
recando al lavoro.
E IL
MARMO BIANCO, FAMOSO IN TUTTO IL MONDO, SI RITINGE DI ROSSO
E’
uno dei paradossi più tragici e drammatici del vivere umano: lavorare per vivere
e invece morire del proprio lavoro.
E’
una tragedia per le famiglie che si trovano private all’improvviso di un loro
caro, padre, zio, fratello, figlio: la morte non guarda in faccia
nessuno.
E’
una tragedia per i colleghi, che noi però preferiamo chiamare compagni di
lavoro, visto che spesso passiamo più tempo assieme a loro che a casa con le
nostre famiglie.
E’
una tragedia per l’umanità piangere e stringersi attorno a tutte queste persone
ancora oggi, nonostante le tecnologie, la prevenzione, la sicurezza, che in
teoria dovrebbe rendere tutto ciò impossibile.
Invece
basta leggere i giornali: è un bollettino di guerra. Più di due morti al giorno
è questa la media delle vittime sul lavoro in Italia.
BISOGNA
DIRE BASTA A QUESTE MATTANZE!
Ritmi
stressanti. sovraccarichi di ore lavorative, sicurezza sui luoghi di lavoro solo
di facciata per non incorrere in sanzioni.
Questa
è la realtà del mondo del lavoro ad eccezione di qualche oasi felice, e ora ce
l’hanno anche allungata questa nostra triste realtà, innalzandoci i requisiti di
età per raggiungere il tanto atteso pensionamento.
Chi
la paga la crisi?
Chi
paga veramente, e come sempre per l’ennesima volta, la crisi creata da banche,
speculatori finanziari, evasori totali e governi conniventi?
Il
popolo, i lavoratori, stretti ancor di più nella morsa del ricatto di perdere il
posto di lavoro.
A
Taranto gli operai manifestano per preservare un posto di lavoro insalubre e
dannoso per loro e per la città che li ospita.
Come
se non avessero avuto fino ad adesso diritto ad un lavoro sano e la collettività
non avesse avuto il diritto di vivere senza venire avvelenata.
Ma i
costi per rendere tutto ciò possibile sono alti, i costi per la sicurezza non
hanno ritorni economici.
Costavano
troppo i bulloni nei capannoni crollati come castelli di carta in Emilia.
Costa
troppo mantenere tre punti di soccorso cave.
Costava
troppo, si sa che il tempo è denaro, rispettare le normali procedure di
lavoro.
“Produzione”
è il grido di battaglia!
In
tutto il mondo esistono storie come queste, storie di sfruttati e sfruttatori ed
è venuto il momento che gli sfruttati se ne rendano conto.
IL
MOMENTO E’ ORA !!!
L’interesse
del capitale non può continuare a stritolare vite umane, bisogna avere il
coraggio di dire basta.
Soli
siamo una pedina facilmente ricattabile, ma uniti siamo una
forza.
Ed è
con forza che chiediamo lavoro, dignità, sicurezza. abbassamento delle ore
lavorative a parità di salario, che deve essere consono al mantenimento di una
vita decorosa.
Se
sembra tanto, vi sembra poco morire di lavoro?
A NOI
PARE SEMPLICEMENTE ASSURDO... BASTA!
U.S.I.
Unione Sindacale Italiana, sezione di Carrara
Gruppo
Germinal FAI, Carrara
Circolo
Goliardo Fiaschi, Carrara
Gruppo
Malatesta FAI, Gragnana
Circolo
Ludovici Vico, Torano
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