venerdì 21 settembre 2012

SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS ! – NEWSLETTER N.116 DEL 20/09/12


In allegato e a seguire la newsletter n.116 del 20/09/12 di “Sicurezza sul lavoro ! - Know Your rights !”.

In questo numero:
-         Morti sul lavoro, un’altra vergogna italiana
-         Corso base di sicurezza nei luoghi di lavoro
-         Antenne televisive e emissioni elettromagnetiche
-         L’emergenza amianto, le vittime dell’uranio impoverito, le scuole a rischio sismico
-         Movimentare i carichi e stress da lavoro correlato: che fare?
-         Manuale illustrato per lavori in ambienti confinati
-         Ambienti confinati: rischi di esplosione e gestione delle emergenze
-         Agenti chimici: i dispositivi di protezione individuale

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’ obiettivo è quello di diffondere il più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.
L’ unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte:
Marco Spezia - sp-mail@libero.it.

CON PREGHIERA DI MASSIMA DIFFUSIONE!

Marco Spezia
SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS!

-------------------------------------------

MORTI SUL LAVORO, UN’ALTRA VERGOGNA ITALIANA

Da: Articolo 21
http://www.articolo21.org

Marco Bazzoni
Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
E-mail: bazzoni_m@tin.it

Oggi assistiamo all’ennesima vergogna tutta italiana, Bruno Cavicchi, padre di Nicola Cavicchi, 35 anni, morto al lavoro sotto le macerie dello stabilimento della Ceramica Sant’Agostino, nel Ferrarese, si è visto consegnare dall’Inail, un assegno una tantum di 1.936,80 euro, come rimborso spese funerarie. 

L’Inail si difende dicendo di aver applicato la legge, e dice aver chiesto più volte che fosse modificato il TU 1124/65, che regola i risarcimenti Inail per gli infortuni e le morti sul lavoro. Una legge vecchia di ben 47 anni (è del 30 Giugno 1965), che in questi anni non è stata cambiata neanche di una virgola.
L’articolo 85 del Testo unico 1124/1965, che regola il risarcimento per gli infortuni e le morti sul lavoro, prevede infatti che hanno diritto alla rendita a superstite, in caso di infortuni mortali, coniugi e figli e, se assenti, gli ascendenti viventi e a carico del defunto, che contribuiva quindi al loro mantenimento.
Tradotto, non hanno diritto alla rendita, ad esempio quei genitori delle vittime del lavoro che non risulti ricevessero contributi al mantenimento, dal loro caro ammazzato dall’insicurezza nei luoghi di lavoro.
Nessun risarcimento per chi ad esempio ha visto il proprio figlio sfiancarsi per mantenere il proprio posto di lavoro precario, umiliarsi con il proprio “padrone” per non rischiare di perdere il lavoro, ed infine essere ucciso da quello stesso lavoro che non voleva o non poteva permettersi di lasciarsi sfuggire.

Si tratta di una vergogna che non può continuare ad esistere. Sembrerà assurdo, ma nonostante l’Inail dica di aver richiesto più volte che questa legge fosse cambiata, io non sono riuscito a trovare comunicati stampa in cui l’Inail chiedesse esplicitamente al Parlamento e al Governo che questa legge venga cambiata quanto prima.
Anzi, faccio una proposta, visto che l’Inail dice di aver richiesto più volte che Il TU 1124/65 venga modificato, perchè non lo chiede anche al Governo Monti e in particolar modo al Ministro del Lavoro Elsa Fornero???

Io a differenza dell’Inail c’ho messo la faccia, perché è troppo facile, dire come fa l’Inail, di aver applicato la legge, e ho fatto una petizione, perché il Parlamento modifichi quanto prima il TU 1124/65.
Questa petizione ha raccolto oltre 3.000 firme online, e chi vuol aderire lo può fare a questo link: 
http://firmiamo.it/non-derubate-i-morti
e altre 400 adesioni tramite email, quindi siamo ad oltre 3.400 adesioni alla Petizione.

La petizione è stata inviata anche a tutti i gruppi parlamentari, invitandoli a modificare il TU 1124/65 alla svelta. A parte qualche risposta individuale di qualche deputato, che mi ha scritto dicendomi che avrebbe fatto qualcosa per modificare questa legge, nulla, zero!!!

Io voglio esprimere tutta la mia solidarietà alla famiglia Cavicchi, che prima si è vista privare di un figlio, morto sul lavoro, per il sisma del 20 Maggio 2012 , e adesso gli arriva la beffà dell’Inail, con un assegno di soli 1.936,80 euro per la morte del figlio. E’ vero, non è un risarcimento, ma un rimborso spese funerarie, ma io continuo a domandarmelo, ma possibile che la vita di un operaio morto sul lavoro venga valutata, in modo vergognoso, solo 1.936,80 euro e NESSUNO, ripeto, NESSUNO, faccia qualcosa per cambiare tutto ciò??? Ci fosse stato un mezzo d’informazione che ha dato spazio a questa petizione.

Dopo la morte di Andrea Gagliardoni la cui famiglia ha ricevuto dall’Inail 1.600 euro, dopo la morte di Roberto Scavo, la cui famiglia ha ricevuto dall’Inail 1.700 euro, dopo la morte di Matteo Armellini, la cui famiglia ha ricevuto dall’Inail 1.936,80 euro, dopo la morte di Nicola Cavicchi, la cui famiglia ha ricevuto dall’Inail, 1.936,80 euro, quante altre famiglie di morti sul lavoro, devono ricevere ancora questo assegno una tantum beffa di rimborso spese funerarie, perché il Parlamento e il Governo si diano una mossa a modificare il Testo Unico 1124/65?

E badate bene, questi sono i casi che sono venuti sulla stampa, chissà quanti altri familiari di morti sul lavoro hanno ricevuto un assegno beffa di rimborso spese funerarie dall’Inail, ma non hanno trovato la forza o il coraggio di denunciare questa ingiustizia sui mezzi d’informazione.

19 settembre 2012

-------------------------------------------

CORSO BASE DI SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

Da: Cobas Pisa
http://www.cobaspisa.it/

18 settembre 2012 10:02

Forniamo ai lavoratori e alle lavoratrici una documentazione utilissima per la sicurezza nei luoghi di lavoro: praticamente un corso base.

I due documenti (realizzati da SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS!) sono scaricabili agli indirizzi:
http://www.cobaspisa.it/wp-content/uploads/2012/09/11-05-21-corso-base-sicurezza-per-lavoratori-base.pdf
http://www.cobaspisa.it/wp-content/uploads/2012/09/11-05-21-corso-base-sicurezza-per-lavoratori.pdf

-------------------------------------------

ANTENNE TELEVISIVE E EMISSIONI ELETTROMAGNETICHE

Da: Contropiano
http://www.contropiano.org
Segnalato da Fabio Gambone

Nel decreto “Sviluppo 2” il governo Monti ha inserito una norma che impedisce a condomini e proprietari di opporsi all'installazione di antenne e ripetitori telefonici nei palazzi. Una dittatura delle compagnie telefoniche che avrà conseguenze tragiche sulla salute dei cittadini.

Ci aveva provato senza riuscirci Silvio Berlusconi, mandando avanti il fido mastino Gasparri, quando si proponeva di rendere meno stringenti i limiti alle emissioni elettromagnetiche truccando le modalità di rilevazione delle onde radio. E ora ci è riuscito Mario Monti.

Scrive oggi il quotidiano montiano “La Repubblica” ironizzando sulle conseguenze dell’ultima gravissima norma approvata dal governo dei tecnici (e degli amministratori delegati):
“Nessuna lite possibile se arriva una compagnia telefonica e piazza un'antenna o un ripetitore non graditi sul proprio palazzo. Almeno non più. Nel decreto Sviluppo 2 (per ora solo una bozza) all'articolo 29, nella sezione dedicata al ‘digital divide’ da azzerare per rendere gli italiani ancora più ‘connessi’, spunta una norma che non farà molto piacere ai cittadini. Il proprietario o il condominio - si legge nel testo che modifica il Codice delle comunicazioni elettroniche - non possono opporsi all'accesso dell'operatore di comunicazione al fine di installare, collegare o manutenere gli elementi di rete quali cavi, fili, riparti, linee o apparati. Antenne nuove incluse. Addio dunque alle interminabili e fumose assemblee di condominio, ma anche alle carte bollate. D'ora in poi, sempre che la norma resista, l'appartamento o le parti comuni dell'edificio saranno territorio libero per i giganti delle telecomunicazioni. In cambio, un'indennità al proprietario stabilita dal ministero dello Sviluppo economico, in base all'effettiva diminuzione del valore del fondo”.

Peccato che le indennità concesse d'ufficio ai proprietari non siano in grado di contrastare le gravissime conseguenze delle emissioni elettromagnetiche sulla salute delle persone che vivono intorno alle antenne e ai ripetitori.
L’articolo di Repubblica affronta la questione in modo folkloristico, sorvolando sul fatto che la norma, se sopravviverà, causerà una moltiplicazione incontrollata dell’installazione di antenne di telefonia mobile sui palazzi delle nostre città e una conseguente moltiplicazione esponenziale dei casi di tumore causati dall’inquinamento elettromagnetico.
Proprio mentre comitati, associazioni, gruppi spontanei e parenti di persone morte a causa del “nemico invisibile” chiedono alle amministrazioni locali e al governo nazionale di limitare la diffusione delle antenne nei centri abitati, il governo confidustrial-vaticano lascia campo libero alla dittatura delle compagnie telefoniche.

In nome della crescita e dello sviluppo, naturalmente… Dei profitti delle compagnie telefoniche, in particolare. Ed in barba alla sacra difesa della proprietà privata che tanto dovrebbe stare a cuore ai liberal-liberisti bocconiani.

-------------------------------------------

L’EMERGENZA AMIANTO, LE VITTIME DELL’URANIO IMPOVERITO, LE SCUOLE A RISCHIO SISMICO

Da: Articolo 21
http://www.articolo21.org

di Valter Vecellio

Molti di noi erano molto preoccupati per l’attentato al decoro e al buon nome della casa reale inglese, posto in essere con la pubblicazione delle fotografie a seno nudo della principessa Kate; molti di noi sono certamente molto sollevati per il fatto che la magistratura francese ha condannato il settimanale che le aveva pubblicate riparando così al grave vulnus che quelle fotografie avevano comportato; molti di noi avevano certamente seguito passo passo, con trepidazione, il dipanarsi della vicenda attraverso le quotidiane e dettagliate corrispondenze da Londra e da Parigi di giornali e televisioni. Ora che il caso delle tette e delle natiche “rubate” dell’albionica Kate sembra essere chiuso, molti di noi sicuramente possono tornare a notizie molto più banali e di interesse ridotto.

Per esempio. In Italia ci sono 34.148 siti con potenziale contaminazione da amianto e 32 milioni di tonnellate di cemento amianto ancora da bonificare. Sono le cifre che si possono ricavare dal 15esimo “Quaderno del ministero della Salute sull’amianto”.
Sul totale dei siti, spiega Giovanni Simonetti, direttore scientifico del Quaderno, “373 sono classificati di priorità uno, ossia come più pericolosi”. A questo conteggio mancano i dati relativi a Sicilia e Calabria. Con un completamento della mappatura si potrebbe arrivare a 500 siti di massimo rischio.
Dal dopoguerra alla messa al bando del 1992, in Italia sono stati prodotti oltre 3,7 milioni di tonnellate di amianto grezzo, e il Cnr evidenzia che l’amianto cemento ancora da bonificare ammonta a 32 milioni di tonnellate. Se venissero rimosse 380 mila tonnellate all’anno, occorrerebbero più o meno 85 anni per liberare il paese dall’amianto.
L’archivio del Registro nazionale dei mesoteliomi, la più grave delle malattie asbesto-correlate, comprende fino al dicembre 2011 informazioni relative a 15.845 casi di mesotelioma maligno, principalmente alla pleura, diagnosticati tra 1993 e 2008. La latenza della malattia, oltre 40 anni, potrebbe far salire ulteriormente il numero dei malati, il cui picco è atteso fra il 2015 e il 2020; e si calcola che siano circa 680 mila le persone esposte al rischio.

Altra bazzecola: l’altro giorno si è celebrato a Catania il funerale di Salvo Cannizzo, un militare con alle spalle le cosiddette “missioni internazionali umanitarie”dal 1999 al 2001, in Balcani martoriati e preda di una feroce guerra fratricida.
Per vent’anni Cannizzo ha indossato una divisa per finire penosamente inchiodato su una sedia a rotelle, fino a quando il tumore al cervello lo ha ucciso; come in precedenza, sempre un tumore aveva colpito altri suoi commilitoni. Padre di tre bambine, è morto ad appena 36 anni.
Un sacrificio, il suo, ripagato con 769 euro al mese, una pensione di invalidità neppure sufficiente per le sedute di terapia. Vittima, l’ennesima, di un tremendo veleno, l’uranio 238, utilizzato negli armamenti in dotazione alle forze NATO. Armamenti che uccidono non solo il nemico, ma anche, ormai, l’ “amico”.
Secondo l’Associazione delle vittime, sono almeno 200 i militari morti in seguito all’esposizione di questo letale veleno e 2500 i casi di tumore ancora in corso. Si usa il condizionale perché di notizie sicure non ce ne sono. Un fatto è comunque sicuro: tra i soldati che hanno prestato servizio in Kosovo e in Bosnia si registra una inquietante aumento dei tumori, un aumento decisamente fuori la “norma”.
La questione si trascina da almeno 15 anni. Riguarda anche i militari di altri paesi della NATO che hanno prestato servizio in Kosovo e in Bosnia; e non sappiamo, non potremo mai sapere quante vittime questo veleno ha provocato tra le popolazioni civili di questi paesi, esposte
anche loro all’uranio impoverito. Eppure ancora non esiste un trattato internazionale che metta al bando i proiettili all’uranio impoverito. E i vertici delle nostre Forze Armate, tacciono; e si capisce.

La scuola, per finire. La rivista “Wired”, rivela che almeno la metà degli istituti scolastici italiani sarebbe soggetto a rischio sismico, e richiederebbe una perizia; nonostante ciò, a dieci anni dalla tragedia della scuola “Francesco Jovine” di San Giuliano di Puglia, dove morirono 27 alunni e una maestra, solo un istituto su dieci sarebbe stato effettivamente controllato.
Secondo il ministero delle infrastrutture e la protezione civile le scuole ad alto rischio in caso di terremoto sono oltre 22mila, circa la metà di tutte le 57mila scuole italiane dall’infanzia alle superiori. Il Consiglio nazionale dei geologi parla di quasi trentamila edifici potenzialmente a rischio; quelle verificate, tuttavia, sono meno di 5mila. Delle 4048 scuole del Lazio, solo 583 sono state controllate; e 292 sono risultate a rischio alto o altissimo. Nulla fa pensare che nelle altre regioni la situazione sia diversa.

19 settembre 2012

-------------------------------------------

MOVIMENTARE I CARICHI E STRESS DA LAVORO CORRELATO: CHE FARE?

Da: Cobas Pisa
http://www.cobaspisa.it/

13 settembre 2012 01:17

MMC sta per movimentazione manuale dei carichi e si intende quell’insieme di operazioni di trasporto e/o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori.
Questa definizione tecnica ci aiuta capire come tutte le azioni lavorative che includono il sollevare, deporre, tirare, portare oggetti, lo spostare uno o più carichi rientrano nel complesso delle movimentazioni
Se queste operazioni sono condotte in modo errato possono determinare rischi e pericoli per la salute del lavoratore, infatti lo sforzo muscolare può comportare problemi alle articolazioni, specie colonna vertebrale, e anche all’apparato cardio respiratorio.

Ogni medico competente deve prendere in seria considerazione la tipologia della movimentazione dei carichi, predisporre una accurata visita che accerti lo stato di salute del dipendente e la sua abilità a determinate operazioni

Ma il datore di lavoro a sua volta è tenuto a predisporre corsi di formazione atti a prevenire infortuni, a valutare i luoghi di lavoro e le caratteristiche degli stessi nonché la idoneità ad ospitare le attività lavorative.

Il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza in questi anni è stato poco incisivo ai fini della difesa della salute e sicurezza perché il sindacato non è mai entrato nel merito della organizzazione del lavoro, dei tempi, dei ritmi.

Lo stesso ragionamento oggi viene fatto sull’ analisi dello stress da lavoro correlato la cui valutazione e gestione non è un fatto statistico, ma parte integrante della organizzazione del lavoro, di quel processo di sfruttamento e di alienazione che non può ridursi ad uno sforzo congiunto (del RLS e del datore di lavoro) per limitare gli squilibri e i fattori di stress.

Occorre pertanto andare oltre alla interpretazione letterale dei testi di legge, oltre all’adempimento formale di norme e regole che alla fine scaricano le responsabilità verso il basso, in nome di una organizzazione aziendale che deresponsabilizza la proprietà e la classe dirigenziale limitando il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a una pura formalità, fuori insomma da ogni rivendicazione di classe e conflittuale.

Conoscere e interpretare le normative per servirsene, non per rimanerne schiavi. La sicurezza o diventa parte integrante della rivendicazione complessiva dei lavoratori oppure è un’arma che si ritorce contro i lavoratori stessi per aumentarne i tempi e i ritmi di lavoro, per assoggettarli alla catena gerarchica dello sfruttamento.

-------------------------------------------

MANUALE ILLUSTRATO PER LAVORI IN AMBIENTI CONFINATI

Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it

numero 2855 di lunedì 14 maggio 2012

Approvato dalla Commissione consultiva il “Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DPR 177/2011”.

A seguito della pubblicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 14 settembre 2011, recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha colto la necessità, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, di realizzare un manuale pratico che, come previsto dall’articolo 3, comma 3, del D.P.R. n.177/2011, rappresenti i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati. Il documento è stato approvato nella seduta del 18 aprile 2012.

Il manuale, che prende come esempio una cisterna interrata, rappresenta il primo volume di una serie che avrà l’obiettivo di approfondire e fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, al fine di mettere a disposizione degli operatori un catalogo di soluzioni validate ed efficaci.
Si evidenzia che nel manuale ogni volta che si parla di ambienti confinati ci si riferisce anche a quelli sospetti di inquinamento.

Il manuale si apre con l’illustrazione dei punti chiave da prendere in considerazione qualora ci si appresti a lavorare in un luogo sospetto di inquinamento o confinato, ossia quei punti irrinunciabili per operare in sicurezza come analisi del rischio, appropriata sorveglianza sanitaria, procedure di lavoro e di emergenza, formazione, informazione ed addestramento degli operatori.

A seguire, allo scopo di rendere il manuale uno strumento pratico e “reale”, si è scelto di illustrare una “storia tipo”, che ovviamente va adattata alle diverse realtà lavorative. I protagonisti riproducono alcune delle attività tipiche che possono verificarsi preliminarmente e durante lo svolgimento di lavori in ambienti confinati. La storia è strutturata in modo tale da fornire le principali prassi da seguire nelle diverse fasi lavorative: scelta di imprese “qualificate”, valutazione dei rischi, affidamento dei lavori, organizzazione della squadra di lavoro. Accanto all’illustrazione della storia, relativa a una realtà specifica, è affiancato un testo per la generalità dei casi, in cui vengono riportati i principali rischi, soluzioni tecniche, organizzative e procedurali, DPI da utilizzare, procedure di emergenza e soccorso.

Per quanto la “storia tipo” si riferisca ad una specifica attività lavorativa svolta all’interno di una cisterna interrata, il testo riporta informazioni di carattere generale applicabili nei diversi ambienti sospetti di inquinamento.

È fondamentale tenere presente che il manuale si propone quale utile documento di riferimento, ma non può sostituirsi ad una valutazione e gestione del rischio che va calata in ogni specifica realtà.

L’indice del documento:
1. Punti fondamentali per l’elaborazione delle procedure di sicurezza
1.1 Misure e precauzioni preliminari
1.2 Segnaletica
1.3 Esecuzione dei lavori
1.4 Informazione, formazione, addestramento e idoneità sanitaria per la mansione specifica
2. Storia illustrata
2.1 Qualificazione dell’impresa
2.2 Analisi dei rischi e procedura operativa
2.2.1 Rischi da interferenza
2.2.2 Analisi dei rischi e procedura operativa
2.3 Individuazione del rappresentante del Datore di Lavoro Committente e informazione ai lavoratori dell’impresa appaltatrice
2.4 Rischio da sostanze pericolose o da carenza di ossigeno
2.5 Dispositivi di Protezione Individuale
2.5.1 Protezione delle vie respiratorie
2.5.2 Dispositivi per la protezione dalle cadute dall’alto
2.5.3 Imbragature
2.6 Rischio incendio ed esplosione
2.7 Procedure di emergenza e salvataggio
2.7.1 Piano di emergenza
2.7.2 Mezzi e dispositivi di salvataggio
2.7.3 Gestione dell’emergenza
Allegato 1a – Modulo di autorizzazione per l’ingresso in ambienti confinati in caso di affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi
Allegato 1b – Modulo di autorizzazione per l’ingresso in ambienti confinati
Allegato 2 – Elenco esemplificativo di fattori di rischio
Allegato 3 – Aspetti tecnici che devono essere conosciuti/valutati prima dell’inizio dei lavori
Allegato 4 – Esempio di lista di controllo
Allegato 5 – Sostanze tossiche e asfissianti e incidenti tipo
Allegato 6 – Cartellonistica
Allegato 7 – Principali riferimenti legislativi

La Nota del 9 maggio 2012 del ministero del Lavoro è scaricabile all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120509_Min_Lav_nota_manuale_ambienti_confinati.pdf

Il “Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DPR 177/2011” è scaricabile all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120514_Min_Lav_manuale_ambienti_confinati.pdf

-------------------------------------------

AMBIENTI CONFINATI: RISCHI DI ESPLOSIONE E GESTIONE DELLE EMERGENZE

Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it

Anno 14 - numero 2924 di lunedì 10 settembre 2012

Informazioni e buone prassi per affrontare i rischi di incendio, i rischi di esplosione e la gestione delle emergenze in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Gli esplosimetri, i piani di emergenza e le procedure di soccorso.

Nei mesi scorsi PuntoSicuro ha presentato il “Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’articolo 3, comma 3 del D.P.R.177/2011”, un manuale prodotto dalla Commissione consultiva permanente che raccoglie le buone prassi richiamate nell’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n.177 del 14 settembre 2011, recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

Il manuale contiene una storia illustrata che riporta adempimenti e prassi da mettere in atto per la bonifica di una cisterna, ad esempio soffermandosi sui rischi di asfissia e intossicazione e sui dispositivi di protezione individuale.

Presentiamo ora gli eventuali rischi di incendio e di esplosione e la corretta gestione delle emergenze negli ambienti confinati; gestione che in questi anni non solo è stata spesso inefficace, ma in molti casi ha portato addirittura ad un aumento del numero delle vittime dell’emergenza.

I lavori in ambienti confinati in cui sono presenti atmosfere con potenziale rischio di incendio ed esplosione devono essere eseguiti adottando specifiche misure di prevenzione e protezione.
Le misure consistono ad esempio:
-         nell’eliminazione delle sostanze e miscele infiammabili, ove possibile;
-         nell’impiego di attrezzature protette;
-         nell’applicazione di procedure tecniche ed organizzative (ad esempio chiusura di tutte le linee di comunicazione con l’ambiente confinato, valvole od altro).
Questi i principali parametri da conoscere per la prevenzione di questi rischi:
-         intervallo di esplosione: intervallo di concentrazione di una sostanza infiammabile in aria entro il quale si può verificare un’esplosione;
-         LEL: limite inferiore dell’intervallo di esplosione;
-         temperatura d’infiammabilità: temperatura al di sopra della quale dalla superficie di un liquido infiammabile si liberano vapori in concentrazione tale da incendiarsi.

Il documento indica che si può valutare la concentrazione di miscela tramite l’impiego di strumenti portatili, detti esplosimetri, dotati di una soglia di allarme fissa o regolabile. È necessario che questi apparecchi funzionino in continuo e che siano utilizzati in modo corretto da parte di persone addestrate. Il livello di protezione di un esplosimetro (cioè la categoria, secondo la Direttiva ATEX), così come avviene per tutti i prodotti destinati ad essere impiegati in atmosfere potenzialmente esplosive, deve essere compatibile con la probabilità prevista di presenza di atmosfera esplosiva.

In particolare vi sono strumenti che campionano il gas dall’esterno dell’ambiente confinato, per esempio mediante una sonda a tubicino e lo analizzano in un luogo sicuro. Il prelievo dall’esterno localizzato o meno consente di operare con una certa sicurezza.
Le attrezzature di lavoro (ad esempio lampade, aspiratori, ventilatori, ecc.) devono essere rispondenti al D.P.R. 126/98 (recepimento Direttiva ATEX), di categoria scelta dal responsabile dei lavori in relazione alla probabilità e durata dell’atmosfera esplosiva e con marcatura specifica (il documento riporta diversi esempi).

Anche riguardo al vestiario, i lavoratori che devono accedere a zone con rischio di incendio ed esplosione devono essere dotati di indumenti (scarpe, guanti, tute) antistatici.

Si ricorda poi che la messa a terra costituisce una protezione efficace per le parti di apparecchiature ed attrezzature di lavoro che possono essere caratterizzate da accumulo di cariche elettrostatiche.
Utensili in acciaio che possono generare singole scintille, come cacciaviti e chiavi, possono essere utilizzati solo se la presenza di atmosfera esplosiva non è prevista durante il funzionamento normale.
E’ consigliabile l’impiego di attrezzi di tipo antiscintilla, normalmente in lega di berillio, ottone, da usare in ogni caso con estrema cautela. Gli utensili che generano una pioggia di scintille (ad esempio levigatrici) non devono essere usati in presenza di atmosfera esplosiva.

Dunque in ambienti con rischio di incendio e di esplosione non possono essere utilizzati macchine, strumenti, utensili, vestiario, sistemi di comunicazione e strumentazione di rilevamento che non siano stati autorizzati e verificati attraverso il modello di autorizzazione per l’ingresso in ambiente sospetto di inquinamento o confinato: potrebbero non avere le adeguate caratteristiche e provocare gravi incidenti.

La storia illustrata presenta poi una caratteristica situazione di emergenza con attivazione della procedura di emergenza sul posto e l’arrivo dei soccorsi.
Per poter affrontare adeguatamente un incidente in ambienti confinati è fondamentale che la procedura contenga uno specifico piano di emergenza che permetta di attivare un pronto allarme e un soccorso idoneo e tempestivo. La struttura del piano dipende dalla natura dell’ambiente confinato, dal rischio identificato e dal tipo di soccorso da effettuare, e deve riportare le misure da attuare in caso di incidente. Inoltre tale piano, oltre a essere periodicamente aggiornato, deve essere reso disponibile, deve considerare tutte le eventuali imprese presenti e le attività svolte, essere trasmesso a tutte le imprese a cui stato affidato il lavoro, essere a disposizione eventualmente delle squadre di soccorso esterne (Vigili del Fuoco, addetti al 118, ecc.).
Si sottolinea che la formazione/sensibilizzazione sul potenziale pericolo di anossia o intossicazione è fondamentale sia per gli addetti che devono accedere ad un ambiente confinato, sia per chi si potrebbe trovare a dover intervenire in soccorso di infortunati. Chi tenta di prestare soccorso senza sapere come si deve procedere, può diventare a sua volta una vittima. In particolare i soccorritori possono tentare di salvare una possibile vittima di asfissia o intossicazione solo se dispongono delle idonee attrezzature, sono stati addestrati in merito, dispongono dell’assistenza e del supporto necessari.
Il documento suggerisce inoltre di pre-allertare gli addetti al primo soccorso designati per quell’area in merito alle lavorazioni in corso.

Dopo aver elencato presidi e equipaggiamenti di soccorso e rianimazione, dipendenti dal tipo di emergenza cui si deve far fronte, il manuale indica infine che la gestione dell’emergenza prevede il controllo di tre fasi fondamentali:
-         Fase di allarme: se il lavoratore all’interno di un ambiente confinato avverte un malessere, perde i sensi o subisce un trauma, colui che sovraintende deve dare immediato allarme chiamando la squadra di emergenza interna, qualora prevista. Il sorvegliante non deve entrare nel luogo confinato senza prima organizzare l’intervento con altri soccorritori; ove previsto e secondo la procedura aziendale, deve immediatamente avvisare i Vigili del Fuoco e il Servizio 118. Nel documento della Commissione Consultiva, che vi invitiamo a leggere, sono riportati gli elementi minimi da fornire ai soccorritori esterni. Si ricorda poi che può risultare necessario, prima di attivare il soccorso, procedere all’arresto degli impianti collegati alla situazione di emergenza che possano creare pericolo per gli operatori.
-         Fase di recupero: le persone che eseguono il salvataggio devono indossare DPI adeguati al tipo di intervento; è fondamentale essere provvisti di respiratori indipendenti dall’aria circostante o autorespiratori d’emergenza. Nel caso risulti impossibile estrarre il lavoratore dall’ambiente confinato, è necessario fargli respirare aria pulita prelevata dall’esterno del locale. Va prestata particolare attenzione ai passi d’uomo verticali perché nelle fasi di salvataggio può risultare difficile “estrarre” una persona non collaborante; pertanto le modalità di imbragatura dovranno evitare il basculamento del corpo e garantire l’estrazione in posizione verticale dell’operatore infortunato.
-         Fase di trasporto: una volta estratto l’infortunato dall’ambiente confinato, si procede al suo trasporto con l’utilizzo dei mezzi di movimentazione opportuni. Nell’attesa dei soccorsi, in casi estremi di cessazione delle funzioni vitali, può essere necessario ricorrere alla rianimazione cardiorespiratoria da parte di persone addestrate con apposito corso di formazione sul Primo Soccorso, designate dal datore di lavoro ai sensi delle norme vigenti.

La storia, raccontata per immagini, mostra come la conoscenza delle procedure e la rapidità dell’esecuzione delle operazioni di soccorso siano essenziali per risolvere positivamente le emergenze negli ambienti confinati.

Il “Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del D.P.R.177/2011” è scaricabile all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120514_Min_Lav_manuale_ambienti_confinati.pdf

-------------------------------------------

AGENTI CHIMICI: I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it

Anno 14 - numero 2925 di martedì 11 settembre 2012

Informazioni sui dispositivi di protezione della cute e di protezione delle vie respiratorie. Le tipologie di DPI, le indicazioni sulla scelta dei guanti e sulle adeguate dotazioni dei laboratori di analisi.

I dispositivi di protezione individuale (DPI) non sono certo la panacea per risolvere i problemi di prevenzione nei luoghi di lavoro, ma una risorsa fondamentale e obbligatoria quando non sia possibile evitare o ridurre in modo adeguato i rischi lavorativi con misure tecniche di prevenzione, con sistemi di protezione collettiva o con una differente organizzazione del lavoro (articolo 75, Decreto legislativo 81/2008).

Perché siano una risorsa effettiva, i dispositivi devono essere scelti attraverso valutazioni e verifiche che tengano conto di efficacia, efficienza e degli aspetti ergonomici. E devono essere utilizzati e mantenuti correttamente e in condizioni igieniche appropriate.
Per dare qualche informazione sui dispositivi adatti alla protezione da agenti chimici, con particolare riferimento all’attività nei laboratori, ci soffermiamo su uno specifico capitolo del documento “Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, documento elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA, con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, della Environment Agency (England), della Scottish Environmental Protection Agency (SEPA) e di diverse Arpa regionali.

Dopo aver proposto informazioni e indicazioni relativi ai requisiti, alle categorie e alla marcatura dei DPI, il documento ricorda che in presenza di sostanze pericolose si può focalizzare l’attenzione su due tipologie di DPI:
-         protezione della cute nel caso di agenti chimici allo stato solido, liquido o gassoso che, per contatto, possono determinare un pericolo per la cute dell’utilizzatore o essere assorbiti tramite essa (si può parlare di protezione del corpo, del viso, degli occhi, delle mani ecc.);
-         protezione delle vie respiratorie quando gli agenti chimici, respirabili, risultano dannosi per l’apparato respiratorio.

Per proteggere la cute è necessario considerare una innumerevole casistica di dispositivi di protezione che interessano le parti del corpo esposte, ad esempio guanti, tute protettive, scarpe, stivali, visiere, grembiuli, ecc. .
In tutti i casi la loro caratteristica principale consiste nella capacità di resistere adeguatamente all’azione dello specifico agente chimico il quale deve essere valutato nelle condizioni d’uso (concentrazione, temperatura, condizioni di operatività, ecc.).

In particolare i dispositivi per la protezione chimica si suddividono in due categorie:
-         traspiranti: destinati alla protezione da agenti chimici non particolarmente pericolosi: devono avere una buona resistenza all’azione delle sostanze chimiche ed avere caratteristiche di idrorepellenza ed essere confortevoli per un impiego durante tutto il turno di lavoro;
-         impermeabili: destinati a proteggere da agenti chimici particolarmente pericolosi; data la loro natura possono essere indossati per tempi relativamente brevi; le caratteristiche principali dei protettori impermeabili sono rappresentate dalla resistenza a penetrazione (passaggio attraverso le porosità del tessuto o le aperture dell’indumento) e permeazione (diffusione a livello molecolare attraverso il materiale): i tempi di penetrazione e/o di permeazione sono da tenere in considerazione nell’individuazione dei limiti d’uso del dispositivo stesso.

La scelta e l’uso dei DPI per la protezione delle vie respiratorie presuppongono una approfondita conoscenza delle problematiche legate ai dispositivi stessi e all’ambiente di lavoro dove si deve operare.
Ad esempio per impiegare apparecchi di protezione delle vie respiratorie (APVR) è necessario conoscere:
-         le caratteristiche dell’atmosfera dell’ambiente in cui si opera;
-         le caratteristiche del luogo di lavoro e dell’eventuale spazio di azione;
-         la gravosità e tipo di lavoro da svolgere;
-         eventuali problemi di adattabilità lavoratore;
-         eventuali limitazioni dei movimenti derivanti dal tipo di dispositivo;
-         la necessità di impiegare contemporaneamente altri dispositivi (compatibilità);
-         l’eventuale necessità di comunicazione tra operatori diversi.

Gli APVR si suddividono in due grandi categorie:
-         respiratori a filtro: apparecchi il cui funzionamento dipende dall’atmosfera ambiente e possono essere usati solamente se esistono le seguenti condizioni: la percentuale di ossigeno presente nell’ atmosfera inquinata deve tassativamente essere superiore al 17% in volume; si conosce la natura e la concentrazione degli inquinanti presenti in atmosfera; gli agenti chimici non devono essere immediatamente pericolosi per la vita; non possono essere impiegati in ambienti confinati; l’utilizzatore non deve avere barba e/o baffi o altro che possa compromettere la tenuta del facciale (potrebbero essere esclusi da questa prescrizione gli elettroventilatori in grado di fornire e garantire una pressione positiva all’interno del dispositivo);
-         respiratori isolanti: apparecchi il cui funzionamento è indipendente dall’atmosfera ambiente e devono essere impiegati, in modo particolare, quando: non è possibile garantire la presenza del 17% in volume di ossigeno presente nell’atmosfera inquinata; non si conosce sia la natura che la concentrazione degli inquinanti; la concentrazione degli inquinanti è troppo elevata; gli inquinanti sono immediatamente pericolosi per la vita; si opera in ambienti confinati.

Dopo aver ricordato che l’utilizzo di specifici DPI appare indispensabile in alcune fasi delle operazioni che vengono effettuate nei laboratori (i guanti, gli occhiali, i camici, sono utilizzati come buona prassi di lavoro quale misura generale di tutela per la prevenzione dei rischi), il documento riporta alcune indicazioni generali sulla scelta e l’utilizzazione dei guanti.

Nella scelta dei guanti per la protezione dagli agenti chimici pericolosi è di primaria importanza la resistenza che il materiale di cui sono costituiti offre al passaggio degli stessi. Questa resistenza è descritta dal tempo di permeazione, cioè il tempo che trascorre tra il contatto iniziale dell’inquinante con la superficie esterna del guanto ed il momento in cui tale inquinante può essere individuato sulla sua superficie interna. Il fattore che influenza principalmente il tempo di permeazione è ovviamente la natura chimica del materiale che costituisce il guanto in relazione all’agente chimico considerato.
Tuttavia hanno importanza anche i seguenti fattori:
-         spessore del materiale costituente il guanto (ad esempio raddoppiando lo spessore dei guanti, il tempo di permeazione pressappoco quadruplica);
-         concentrazione dell’agente chimico con cui il guanto viene a contatto;
-         quantità dell’agente chimico con cui il guanto viene a contatto;
-         tempo in cui il guanto è a contatto con l’agente chimico;
-         frequenza dei contatti;
-         tipo di contatto (immersione, schizzi, contatto con superficie contaminata, nebbiolina ecc.);
-         temperatura.

Se la fonte principale di informazioni per la scelta dei materiali dovrebbe essere la scheda di sicurezza dell’agente chimico impiegato, spesso le informazioni riportate su tali schede sono insufficienti, generiche ed in rari casi addirittura fuorvianti. In alternativa alle schede di sicurezza, informazioni utili alla scelta dei materiali e sui tempi di permeazione possono essere ricavate per molte sostanze dai siti internet del National Institute for Occupational Safety & Health (NIOSH) o dei produttori di guanti.

Il documento ricorda l’importanza del marchio CE e del pittogramma presente sui guanti (attesta l’esecuzione del test di permeazione previsto dalla norma UNI EN 374-3:2004) e indica che nella scelta dei guanti, oltre al tempo di permeazione, hanno rilevanza anche i seguenti fattori:
-         resistenza meccanica (all’abrasione, al taglio, alla perforazione, ecc.): in molti casi, le caratteristiche di resistenza fisica hanno maggior peso di quelle di resistenza chimica (in quanto se il guanto è perforato in qualche punto, il tempo di permeazione non è più applicabile). I guanti per cui siano state verificate le caratteristiche di resistenza meccanica, riportano anche i pittogrammi e le indicazioni relativi alla norma UNI EN 420:2010;
-         requisiti di manualità dell’operatore: per certe attività di laboratorio, l’ utilizzo di guanti troppo spessi rende difficoltosa l’esecuzione del lavoro per tale motivo è opportuno individuare il corretto livello di destrezza in accordo alla norma UNI EN 420:2010;
-         colore: se l’inquinante ha un colore particolare, il guanto di un adatto colore di contrasto lo mette immediatamente in evidenza;
-         protezione termica richiesta: nel caso si debbano maneggiare contenitori a temperature molto diverse da quella ambiente.
Nel documento sono presenti tabelle con indicazioni generali per la scelta e l’utilizzazione dei guanti.

Concludiamo riportando alcune informazioni sulla dotazione per il personale che opera con prodotti chimici all’interno dei laboratori di analisi (il documento dell’Ispra è dedicato in particolare alla tutela della salute e della sicurezza degli operatori delle Agenzie di Protezione Ambientale).
La dotazione deve prevedere di norma:
-         occhiali di sicurezza per sostanze chimiche a stanghetta e a mascherina;
-         guanti compatibili con le sostanze manipolate e con le attività svolte: per protezione da agenti chimici (anche monouso); per alte temperature; per liquidi criogenici;
-         camici con maniche lunghe e chiusure ai polsi (mediante elastici, velcro ecc).

Inoltre attività specifiche o sostanze particolarmente pericolose possono richiedere ulteriori o diversi DPI maggiormente protettivi anche quando le operazioni siano svolte all’interno delle opportune cappe di protezione. Ad esempio visiera protettiva e dispositivi di protezione delle vie respiratorie.
Esistono poi attività che possono esporre ad un elevato rischio per la sicurezza gli operatori addetti (per esempio la manipolazione o il travaso di azoto liquido, la movimentazione di elevate quantità di sostanza quali i rifiuti prodotti dalle attività di laboratorio) per cui si individuano DPI specifici quali: guanti per protezione da liquidi criogenici; grembiule per liquidi criogenici; stivali antiacido; grembiule antiacido.
Infine un’altra categoria di DPI previsti all’interno dei laboratori è relativa alla gestione delle situazioni di emergenza chimica (spandimenti, fuoriuscite ecc): tute protettive specifiche; maschere a pieno facciale; stivali.

Il documento “Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, versione 2011, documento elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA, con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, la Environment Agency (England), la Scottish Environmental Protection Agency (SEPA), le Arpa Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Campania, Marche e Sicilia è scaricabile all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120627_Arpa_linee_guida_valutazione_rischio_esposizione.pdf

Nessun commento: