In
allegato e a seguire la newsletter n.116 del 20/09/12 di “Sicurezza sul lavoro !
- Know Your rights !”.
In
questo numero:
-
Morti
sul lavoro, un’altra vergogna italiana
-
Corso
base di sicurezza nei luoghi di lavoro
-
Antenne
televisive e emissioni elettromagnetiche
-
L’emergenza
amianto, le vittime dell’uranio impoverito, le scuole a rischio
sismico
-
Movimentare
i carichi e stress da lavoro correlato: che fare?
-
Manuale
illustrato per lavori in ambienti confinati
-
Ambienti
confinati: rischi di esplosione e gestione delle emergenze
-
Agenti
chimici: i dispositivi di protezione individuale
Invito
ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a
diffonderle in tutti i modi.
La
diffusione è gradita e necessaria. L’ obiettivo è quello di diffondere il più
possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei lavoratori a
tale proposito.
L’
unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte:
Marco
Spezia - sp-mail@libero.it.
CON
PREGHIERA DI MASSIMA DIFFUSIONE!
Marco Spezia
SICUREZZA
SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS!
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MORTI
SUL LAVORO, UN’ALTRA VERGOGNA ITALIANA
Da:
Articolo 21
http://www.articolo21.org
Marco
Bazzoni
Operaio
metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza
E-mail:
bazzoni_m@tin.it
Oggi
assistiamo all’ennesima vergogna tutta italiana, Bruno Cavicchi, padre di Nicola
Cavicchi, 35 anni, morto al lavoro sotto le macerie dello stabilimento della
Ceramica Sant’Agostino, nel Ferrarese, si è visto consegnare dall’Inail, un
assegno una tantum di 1.936,80 euro, come rimborso spese
funerarie.
L’Inail
si difende dicendo di aver applicato la legge, e dice aver chiesto più volte che
fosse modificato il TU 1124/65, che regola i risarcimenti Inail per gli
infortuni e le morti sul lavoro. Una legge vecchia di ben 47 anni (è del 30
Giugno 1965), che in questi anni non è stata cambiata neanche di una virgola.
L’articolo
85 del Testo unico 1124/1965, che regola il risarcimento per gli infortuni e le
morti sul lavoro, prevede infatti che hanno diritto alla rendita a superstite,
in caso di infortuni mortali, coniugi e figli e, se assenti, gli ascendenti
viventi e a carico del defunto, che contribuiva quindi al loro mantenimento.
Tradotto,
non hanno diritto alla rendita, ad esempio quei genitori delle vittime del
lavoro che non risulti ricevessero contributi al mantenimento, dal loro caro
ammazzato dall’insicurezza nei luoghi di lavoro.
Nessun
risarcimento per chi ad esempio ha visto il proprio figlio sfiancarsi per
mantenere il proprio posto di lavoro precario, umiliarsi con il proprio
“padrone” per non rischiare di perdere il lavoro, ed infine essere ucciso da
quello stesso lavoro che non voleva o non poteva permettersi di lasciarsi
sfuggire.
Si
tratta di una vergogna che non può continuare ad esistere. Sembrerà assurdo, ma
nonostante l’Inail dica di aver richiesto più volte che questa legge fosse
cambiata, io non sono riuscito a trovare comunicati stampa in cui l’Inail
chiedesse esplicitamente al Parlamento e al Governo che questa legge venga
cambiata quanto prima.
Anzi,
faccio una proposta, visto che l’Inail dice di aver richiesto più volte che Il
TU 1124/65 venga modificato, perchè non lo chiede anche al Governo Monti e in
particolar modo al Ministro del Lavoro Elsa Fornero???
Io
a differenza dell’Inail c’ho messo la faccia, perché è troppo facile, dire come
fa l’Inail, di aver applicato la legge, e ho fatto una petizione, perché il
Parlamento modifichi quanto prima il TU 1124/65.
Questa
petizione ha raccolto oltre 3.000 firme online, e chi vuol aderire lo può fare a
questo link:
http://firmiamo.it/non-derubate-i-morti
e
altre 400 adesioni tramite email, quindi siamo ad oltre 3.400 adesioni alla
Petizione.
La
petizione è stata inviata anche a tutti i gruppi parlamentari, invitandoli a
modificare il TU 1124/65 alla svelta. A parte qualche risposta individuale di
qualche deputato, che mi ha scritto dicendomi che avrebbe fatto qualcosa per
modificare questa legge, nulla, zero!!!
Io
voglio esprimere tutta la mia solidarietà alla famiglia Cavicchi, che prima si è
vista privare di un figlio, morto sul lavoro, per il sisma del 20 Maggio 2012 ,
e adesso gli arriva la beffà dell’Inail, con un assegno di soli 1.936,80 euro
per la morte del figlio. E’ vero, non è un risarcimento, ma un rimborso spese
funerarie, ma io continuo a domandarmelo, ma possibile che la vita di un operaio
morto sul lavoro venga valutata, in modo vergognoso, solo 1.936,80 euro e
NESSUNO, ripeto, NESSUNO, faccia qualcosa per cambiare tutto ciò??? Ci fosse
stato un mezzo d’informazione che ha dato spazio a questa petizione.
Dopo
la morte di Andrea Gagliardoni la cui famiglia ha ricevuto dall’Inail 1.600
euro, dopo la morte di Roberto Scavo, la cui famiglia ha ricevuto dall’Inail
1.700 euro, dopo la morte di Matteo Armellini, la cui famiglia ha ricevuto
dall’Inail 1.936,80 euro, dopo la morte di Nicola Cavicchi, la cui famiglia ha
ricevuto dall’Inail, 1.936,80 euro, quante altre famiglie di morti sul lavoro,
devono ricevere ancora questo assegno una tantum beffa di rimborso spese
funerarie, perché il Parlamento e il Governo si diano una mossa a modificare il
Testo Unico 1124/65?
E
badate bene, questi sono i casi che sono venuti sulla stampa, chissà quanti
altri familiari di morti sul lavoro hanno ricevuto un assegno beffa di rimborso
spese funerarie dall’Inail, ma non hanno trovato la forza o il coraggio di
denunciare questa ingiustizia sui mezzi d’informazione.
19 settembre
2012
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CORSO
BASE DI SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Da:
Cobas Pisa
http://www.cobaspisa.it/
18 settembre 2012
10:02
Forniamo
ai lavoratori e alle lavoratrici una documentazione utilissima per la sicurezza
nei luoghi di lavoro: praticamente un corso base.
I
due documenti (realizzati da SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS!) sono
scaricabili agli indirizzi:
http://www.cobaspisa.it/wp-content/uploads/2012/09/11-05-21-corso-base-sicurezza-per-lavoratori-base.pdf
http://www.cobaspisa.it/wp-content/uploads/2012/09/11-05-21-corso-base-sicurezza-per-lavoratori.pdf
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ANTENNE
TELEVISIVE E EMISSIONI ELETTROMAGNETICHE
Da:
Contropiano
http://www.contropiano.org
Segnalato
da Fabio Gambone
Nel
decreto “Sviluppo 2” il governo Monti ha inserito una norma che impedisce a
condomini e proprietari di opporsi all'installazione di antenne e ripetitori
telefonici nei palazzi. Una dittatura delle compagnie telefoniche che avrà
conseguenze tragiche sulla salute dei cittadini.
Ci aveva provato senza riuscirci Silvio Berlusconi, mandando avanti il fido mastino Gasparri, quando si proponeva di rendere meno stringenti i limiti alle emissioni elettromagnetiche truccando le modalità di rilevazione delle onde radio. E ora ci è riuscito Mario Monti.
Scrive
oggi il quotidiano montiano “La Repubblica” ironizzando sulle conseguenze
dell’ultima gravissima norma approvata dal governo dei tecnici (e degli
amministratori delegati):
“Nessuna
lite possibile se arriva una compagnia telefonica e piazza un'antenna o un
ripetitore non graditi sul proprio palazzo. Almeno non più. Nel decreto Sviluppo
2 (per ora solo una bozza) all'articolo 29, nella sezione dedicata al ‘digital
divide’ da azzerare per rendere gli italiani ancora più ‘connessi’, spunta una
norma che non farà molto piacere ai cittadini. Il proprietario o il condominio -
si legge nel testo che modifica il Codice delle comunicazioni elettroniche - non
possono opporsi all'accesso dell'operatore di comunicazione al fine di
installare, collegare o manutenere gli elementi di rete quali cavi, fili,
riparti, linee o apparati. Antenne nuove incluse. Addio dunque alle
interminabili e fumose assemblee di condominio, ma anche alle carte bollate.
D'ora in poi, sempre che la norma resista, l'appartamento o le parti comuni
dell'edificio saranno territorio libero per i giganti delle telecomunicazioni.
In cambio, un'indennità al proprietario stabilita dal ministero dello Sviluppo
economico, in base all'effettiva diminuzione del valore del fondo”.
Peccato che le indennità concesse d'ufficio ai proprietari non siano in grado di contrastare le gravissime conseguenze delle emissioni elettromagnetiche sulla salute delle persone che vivono intorno alle antenne e ai ripetitori.
L’articolo
di Repubblica affronta la questione in modo folkloristico, sorvolando sul fatto
che la norma, se sopravviverà, causerà una moltiplicazione incontrollata
dell’installazione di antenne di telefonia mobile sui palazzi delle nostre città
e una conseguente moltiplicazione esponenziale dei casi di tumore causati
dall’inquinamento elettromagnetico.
Proprio
mentre comitati, associazioni, gruppi spontanei e parenti di persone morte a
causa del “nemico invisibile” chiedono alle amministrazioni locali e al governo
nazionale di limitare la diffusione delle antenne nei centri abitati, il governo
confidustrial-vaticano lascia campo libero alla dittatura delle compagnie
telefoniche.
In
nome della crescita e dello sviluppo, naturalmente… Dei profitti delle compagnie
telefoniche, in particolare. Ed in barba alla sacra difesa della proprietà
privata che tanto dovrebbe stare a cuore ai liberal-liberisti
bocconiani.
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L’EMERGENZA
AMIANTO, LE VITTIME DELL’URANIO IMPOVERITO, LE SCUOLE A RISCHIO SISMICO
Da:
Articolo 21
http://www.articolo21.org
di Valter
Vecellio
Molti
di noi erano molto preoccupati per l’attentato al decoro e al buon nome della
casa reale inglese, posto in essere con la pubblicazione delle fotografie a seno
nudo della principessa Kate; molti di noi sono certamente molto sollevati per il
fatto che la magistratura francese ha condannato il settimanale che le aveva
pubblicate riparando così al grave vulnus che quelle fotografie avevano
comportato; molti di noi avevano certamente seguito passo passo, con
trepidazione, il dipanarsi della vicenda attraverso le quotidiane e dettagliate
corrispondenze da Londra e da Parigi di giornali e televisioni. Ora che il caso
delle tette e delle natiche “rubate” dell’albionica Kate sembra essere chiuso,
molti di noi sicuramente possono tornare a notizie molto più banali e di
interesse ridotto.
Per
esempio. In Italia ci sono 34.148 siti con potenziale contaminazione da amianto
e 32 milioni di tonnellate di cemento amianto ancora da bonificare. Sono le
cifre che si possono ricavare dal 15esimo “Quaderno del ministero della Salute
sull’amianto”.
Sul
totale dei siti, spiega Giovanni Simonetti, direttore scientifico del Quaderno,
“373 sono classificati di priorità uno, ossia come più pericolosi”. A questo
conteggio mancano i dati relativi a Sicilia e Calabria. Con un completamento
della mappatura si potrebbe arrivare a 500 siti di massimo
rischio.
Dal
dopoguerra alla messa al bando del 1992, in Italia sono stati prodotti oltre 3,7
milioni di tonnellate di amianto grezzo, e il Cnr evidenzia che l’amianto
cemento ancora da bonificare ammonta a 32 milioni di tonnellate. Se venissero
rimosse 380 mila tonnellate all’anno, occorrerebbero più o meno 85 anni per
liberare il paese dall’amianto.
L’archivio
del Registro nazionale dei mesoteliomi, la più grave delle malattie
asbesto-correlate, comprende fino al dicembre 2011 informazioni relative a
15.845 casi di mesotelioma maligno, principalmente alla pleura, diagnosticati
tra 1993 e 2008. La latenza della malattia, oltre 40 anni, potrebbe far salire
ulteriormente il numero dei malati, il cui picco è atteso fra il 2015 e il 2020;
e si calcola che siano circa 680 mila le persone esposte al
rischio.
Altra
bazzecola: l’altro giorno si è celebrato a Catania il funerale di Salvo
Cannizzo, un militare con alle spalle le cosiddette “missioni internazionali
umanitarie”dal 1999 al 2001, in Balcani martoriati e preda di una feroce guerra
fratricida.
Per
vent’anni Cannizzo ha indossato una divisa per finire penosamente inchiodato su
una sedia a rotelle, fino a quando il tumore al cervello lo ha ucciso; come in
precedenza, sempre un tumore aveva colpito altri suoi commilitoni. Padre di tre
bambine, è morto ad appena 36 anni.
Un
sacrificio, il suo, ripagato con 769 euro al mese, una pensione di invalidità
neppure sufficiente per le sedute di terapia. Vittima, l’ennesima, di un
tremendo veleno, l’uranio 238, utilizzato negli armamenti in dotazione alle
forze NATO. Armamenti che uccidono non solo il nemico, ma anche, ormai, l’
“amico”.
Secondo
l’Associazione delle vittime, sono almeno 200 i militari morti in seguito
all’esposizione di questo letale veleno e 2500 i casi di tumore ancora in corso.
Si usa il condizionale perché di notizie sicure non ce ne sono. Un fatto è
comunque sicuro: tra i soldati che hanno prestato servizio in Kosovo e in Bosnia
si registra una inquietante aumento dei tumori, un aumento decisamente fuori la
“norma”.
La
questione si trascina da almeno 15 anni. Riguarda anche i militari di altri
paesi della NATO che hanno prestato servizio in Kosovo e in Bosnia; e non
sappiamo, non potremo mai sapere quante vittime questo veleno ha provocato tra
le popolazioni civili di questi paesi, esposte
anche loro all’uranio impoverito. Eppure ancora non esiste un trattato internazionale che metta al bando i proiettili all’uranio impoverito. E i vertici delle nostre Forze Armate, tacciono; e si capisce.
anche loro all’uranio impoverito. Eppure ancora non esiste un trattato internazionale che metta al bando i proiettili all’uranio impoverito. E i vertici delle nostre Forze Armate, tacciono; e si capisce.
La
scuola, per finire. La rivista “Wired”, rivela che almeno la metà degli istituti
scolastici italiani sarebbe soggetto a rischio sismico, e richiederebbe una
perizia; nonostante ciò, a dieci anni dalla tragedia della scuola “Francesco
Jovine” di San Giuliano di Puglia, dove morirono 27 alunni e una maestra, solo
un istituto su dieci sarebbe stato effettivamente
controllato.
Secondo
il ministero delle infrastrutture e la protezione civile le scuole ad alto
rischio in caso di terremoto sono oltre 22mila, circa la metà di tutte le 57mila
scuole italiane dall’infanzia alle superiori. Il Consiglio nazionale dei geologi
parla di quasi trentamila edifici potenzialmente a rischio; quelle verificate,
tuttavia, sono meno di 5mila. Delle 4048 scuole del Lazio, solo 583 sono state
controllate; e 292 sono risultate a rischio alto o altissimo. Nulla fa pensare
che nelle altre regioni la situazione sia diversa.
19
settembre 2012
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MOVIMENTARE
I CARICHI E STRESS DA LAVORO CORRELATO: CHE FARE?
Da:
Cobas Pisa
http://www.cobaspisa.it/
13 settembre 2012
01:17
MMC
sta per movimentazione manuale dei carichi e si intende quell’insieme di
operazioni di trasporto e/o di sostegno di un carico ad opera di uno o più
lavoratori.
Questa
definizione tecnica ci aiuta capire come tutte le azioni lavorative che
includono il sollevare, deporre, tirare, portare oggetti, lo spostare uno o più
carichi rientrano nel complesso delle movimentazioni
Se
queste operazioni sono condotte in modo errato possono determinare rischi e
pericoli per la salute del lavoratore, infatti lo sforzo muscolare può
comportare problemi alle articolazioni, specie colonna vertebrale, e anche
all’apparato cardio respiratorio.
Ogni
medico competente deve prendere in seria considerazione la tipologia della
movimentazione dei carichi, predisporre una accurata visita che accerti lo stato
di salute del dipendente e la sua abilità a determinate
operazioni
Ma
il datore di lavoro a sua volta è tenuto a predisporre corsi di formazione atti
a prevenire infortuni, a valutare i luoghi di lavoro e le caratteristiche degli
stessi nonché la idoneità ad ospitare le attività
lavorative.
Il
ruolo dei rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza
in questi anni è stato poco incisivo ai fini della difesa della salute e
sicurezza perché il sindacato non è mai entrato nel merito della organizzazione
del lavoro, dei tempi, dei ritmi.
Lo
stesso ragionamento oggi viene fatto sull’ analisi dello stress da lavoro
correlato
la cui valutazione e gestione non è un fatto statistico, ma parte integrante
della organizzazione del lavoro, di quel processo di sfruttamento e di
alienazione che non può ridursi ad uno sforzo congiunto (del RLS e del datore di
lavoro) per limitare gli squilibri e i fattori di stress.
Occorre
pertanto andare oltre alla interpretazione letterale dei testi di legge, oltre
all’adempimento formale di norme e regole che alla fine scaricano le
responsabilità verso il basso, in nome di una organizzazione aziendale che
deresponsabilizza la proprietà e la classe dirigenziale limitando il ruolo del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a una pura formalità, fuori
insomma da ogni rivendicazione di classe e conflittuale.
Conoscere
e interpretare le normative per servirsene, non per rimanerne schiavi. La
sicurezza o diventa parte integrante della rivendicazione complessiva dei
lavoratori oppure è un’arma che si ritorce contro i lavoratori stessi per
aumentarne i tempi e i ritmi di lavoro, per assoggettarli alla catena gerarchica
dello sfruttamento.
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MANUALE
ILLUSTRATO PER LAVORI IN AMBIENTI CONFINATI
Da:
PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
numero
2855 di lunedì 14 maggio 2012
Approvato
dalla Commissione consultiva il “Manuale illustrato per lavori in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DPR
177/2011”.
A
seguito della pubblicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 177
del 14 settembre 2011, recante norme per la qualificazione delle imprese e dei
lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati,
la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha
colto la necessità, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e
procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti
sospetti di inquinamento o confinati, di realizzare un manuale pratico che, come
previsto dall’articolo 3, comma 3, del D.P.R. n.177/2011, rappresenti i
contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati, rivolto a quanti operano a vario titolo in tale
settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano
di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati. Il documento è stato
approvato nella seduta del 18 aprile 2012.
Il
manuale, che prende come esempio una cisterna interrata, rappresenta il primo
volume di una serie che avrà l’obiettivo di approfondire e fornire soluzioni
tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse
tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, al fine di mettere a
disposizione degli operatori un catalogo di soluzioni validate ed
efficaci.
Si
evidenzia che nel manuale ogni volta che si parla di ambienti confinati ci si
riferisce anche a quelli sospetti di inquinamento.
Il
manuale si apre con l’illustrazione dei punti chiave da prendere in
considerazione qualora ci si appresti a lavorare in un luogo sospetto di
inquinamento o confinato, ossia quei punti irrinunciabili per operare in
sicurezza come analisi del rischio, appropriata sorveglianza sanitaria,
procedure di lavoro e di emergenza, formazione, informazione ed addestramento
degli operatori.
A
seguire, allo scopo di rendere il manuale uno strumento pratico e “reale”, si è
scelto di illustrare una “storia tipo”, che ovviamente va adattata alle diverse
realtà lavorative. I protagonisti riproducono alcune delle attività tipiche che
possono verificarsi preliminarmente e durante lo svolgimento di lavori in
ambienti confinati. La storia è strutturata in modo tale da fornire le
principali prassi da seguire nelle diverse fasi lavorative: scelta di imprese
“qualificate”, valutazione dei rischi, affidamento dei lavori, organizzazione
della squadra di lavoro. Accanto all’illustrazione della storia, relativa a una
realtà specifica, è affiancato un testo per la generalità dei casi, in cui
vengono riportati i principali rischi, soluzioni tecniche, organizzative e
procedurali, DPI da utilizzare, procedure di emergenza e
soccorso.
Per
quanto la “storia tipo” si riferisca ad una specifica attività lavorativa svolta
all’interno di una cisterna interrata, il testo riporta informazioni di
carattere generale applicabili nei diversi ambienti sospetti di
inquinamento.
È
fondamentale tenere presente che il manuale si propone quale utile documento di
riferimento, ma non può sostituirsi ad una valutazione e gestione del rischio
che va calata in ogni specifica realtà.
L’indice
del documento:
1.
Punti fondamentali per l’elaborazione delle procedure di
sicurezza
1.1
Misure e precauzioni preliminari
1.2
Segnaletica
1.3
Esecuzione dei lavori
1.4
Informazione, formazione, addestramento e idoneità sanitaria per la mansione
specifica
2.
Storia illustrata
2.1
Qualificazione dell’impresa
2.2
Analisi dei rischi e procedura operativa
2.2.1
Rischi da interferenza
2.2.2
Analisi dei rischi e procedura operativa
2.3
Individuazione del rappresentante del Datore di Lavoro Committente e
informazione ai lavoratori dell’impresa appaltatrice
2.4
Rischio da sostanze pericolose o da carenza di ossigeno
2.5
Dispositivi di Protezione Individuale
2.5.1
Protezione delle vie respiratorie
2.5.2
Dispositivi per la protezione dalle cadute dall’alto
2.5.3
Imbragature
2.6
Rischio incendio ed esplosione
2.7
Procedure di emergenza e salvataggio
2.7.1
Piano di emergenza
2.7.2
Mezzi e dispositivi di salvataggio
2.7.3
Gestione dell’emergenza
Allegato
1a – Modulo di autorizzazione per l’ingresso in ambienti confinati in caso di
affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori
autonomi
Allegato
1b – Modulo di autorizzazione per l’ingresso in ambienti
confinati
Allegato
2 – Elenco esemplificativo di fattori di rischio
Allegato
3 – Aspetti tecnici che devono essere conosciuti/valutati prima dell’inizio dei
lavori
Allegato
4 – Esempio di lista di controllo
Allegato
5 – Sostanze tossiche e asfissianti e incidenti tipo
Allegato
6 – Cartellonistica
Allegato
7 – Principali riferimenti legislativi
La
Nota del 9 maggio 2012 del ministero del Lavoro è scaricabile
all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120509_Min_Lav_nota_manuale_ambienti_confinati.pdf
Il
“Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati
ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DPR 177/2011” è scaricabile
all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120514_Min_Lav_manuale_ambienti_confinati.pdf
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AMBIENTI
CONFINATI: RISCHI DI ESPLOSIONE E GESTIONE DELLE EMERGENZE
Da:
PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
Anno
14 - numero 2924 di lunedì 10 settembre 2012
Informazioni
e buone prassi per affrontare i rischi di incendio, i rischi di esplosione e la
gestione delle emergenze in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Gli
esplosimetri, i piani di emergenza e le procedure di
soccorso.
Nei
mesi scorsi PuntoSicuro ha presentato il “Manuale illustrato per lavori in
ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’articolo 3, comma 3
del D.P.R.177/2011”, un manuale prodotto dalla Commissione consultiva permanente
che raccoglie le buone prassi richiamate nell’articolo 3 del Decreto del
Presidente della Repubblica n.177 del 14 settembre 2011, recante norme per la
qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati.
Il
manuale contiene una storia illustrata che riporta adempimenti e prassi da
mettere in atto per la bonifica di una cisterna, ad esempio soffermandosi sui
rischi di asfissia e intossicazione e sui dispositivi di protezione
individuale.
Presentiamo
ora gli eventuali rischi
di incendio e di esplosione e
la corretta
gestione delle emergenze negli
ambienti confinati; gestione che in questi anni non solo è stata spesso
inefficace, ma in molti casi ha portato addirittura ad un aumento del numero
delle vittime dell’emergenza.
I
lavori in ambienti confinati in cui sono presenti atmosfere
con potenziale rischio di incendio ed esplosione devono
essere eseguiti adottando specifiche misure di prevenzione e protezione.
Le
misure consistono ad esempio:
-
nell’eliminazione
delle sostanze e miscele infiammabili, ove possibile;
-
nell’impiego
di attrezzature protette;
-
nell’applicazione
di procedure tecniche ed organizzative (ad esempio chiusura di tutte le linee di
comunicazione con l’ambiente confinato, valvole od altro).
Questi
i principali parametri
da
conoscere per la prevenzione di questi rischi:
-
intervallo
di esplosione: intervallo
di concentrazione di una sostanza infiammabile in aria entro il quale si può
verificare un’esplosione;
-
LEL:
limite
inferiore dell’intervallo di esplosione;
-
temperatura
d’infiammabilità: temperatura
al di sopra della quale dalla superficie di un liquido infiammabile si liberano
vapori in concentrazione tale da incendiarsi.
Il
documento indica che si può valutare la concentrazione di miscela tramite
l’impiego di strumenti portatili, detti esplosimetri,
dotati di una soglia di allarme fissa o regolabile. È necessario che questi
apparecchi funzionino in continuo e che siano utilizzati in modo corretto da
parte di persone addestrate. Il livello di protezione di un esplosimetro (cioè
la categoria, secondo la Direttiva ATEX), così come avviene per tutti i prodotti
destinati ad essere impiegati in atmosfere potenzialmente esplosive, deve essere
compatibile con la probabilità prevista di presenza di atmosfera
esplosiva.
In
particolare vi sono strumenti che campionano il gas dall’esterno dell’ambiente
confinato, per esempio mediante una sonda a tubicino e lo analizzano in un luogo
sicuro. Il prelievo dall’esterno localizzato o meno consente di operare con una
certa sicurezza.
Le
attrezzature
di lavoro (ad
esempio lampade, aspiratori, ventilatori, ecc.) devono essere rispondenti al
D.P.R. 126/98 (recepimento Direttiva ATEX), di categoria scelta dal responsabile
dei lavori in relazione alla probabilità e durata dell’atmosfera esplosiva e con
marcatura specifica (il documento riporta diversi esempi).
Anche
riguardo al vestiario,
i lavoratori che devono accedere a zone con rischio di incendio ed esplosione
devono essere dotati di indumenti (scarpe, guanti, tute)
antistatici.
Si
ricorda poi che la messa
a terra costituisce
una protezione efficace per le parti di apparecchiature ed attrezzature di
lavoro che possono essere caratterizzate da accumulo di cariche elettrostatiche.
Utensili
in acciaio che possono generare singole scintille, come cacciaviti e chiavi,
possono essere utilizzati solo se la presenza di atmosfera esplosiva non è
prevista durante il funzionamento normale.
E’
consigliabile l’impiego di attrezzi di tipo antiscintilla, normalmente in lega
di berillio, ottone, da usare in ogni caso con estrema cautela. Gli utensili che
generano una pioggia di scintille (ad esempio levigatrici) non devono essere
usati in presenza di atmosfera esplosiva.
Dunque
in ambienti con rischio di incendio e di esplosione non possono essere
utilizzati macchine, strumenti, utensili, vestiario, sistemi di comunicazione e
strumentazione di rilevamento che non siano stati autorizzati e verificati
attraverso il modello di autorizzazione per l’ingresso in ambiente sospetto di
inquinamento o confinato: potrebbero non avere le adeguate caratteristiche e
provocare gravi incidenti.
La
storia illustrata presenta poi una caratteristica situazione
di emergenza con
attivazione della procedura di emergenza sul posto e l’arrivo dei
soccorsi.
Per
poter affrontare adeguatamente un incidente in ambienti confinati è fondamentale
che la procedura contenga uno specifico piano
di emergenza che
permetta di attivare un pronto allarme e un soccorso idoneo e tempestivo. La
struttura del piano dipende dalla natura dell’ambiente confinato, dal rischio
identificato e dal tipo di soccorso da effettuare, e deve riportare le misure da
attuare in caso di incidente. Inoltre tale piano, oltre a essere periodicamente
aggiornato, deve essere reso disponibile, deve considerare tutte le eventuali
imprese presenti e le attività svolte, essere trasmesso a tutte le imprese a cui
stato affidato il lavoro, essere a disposizione eventualmente delle squadre di
soccorso esterne (Vigili del Fuoco, addetti al 118, ecc.).
Si
sottolinea che la formazione/sensibilizzazione
sul
potenziale pericolo di anossia o intossicazione è fondamentale sia per gli
addetti che devono accedere ad un ambiente confinato, sia per chi si potrebbe
trovare a dover intervenire in soccorso di infortunati. Chi tenta di prestare
soccorso senza sapere come si deve procedere, può diventare a sua volta una
vittima. In particolare i soccorritori possono
tentare di salvare una possibile vittima di asfissia o intossicazione solo se
dispongono delle idonee attrezzature, sono stati addestrati in merito,
dispongono dell’assistenza e del supporto necessari.
Il
documento suggerisce inoltre di pre-allertare gli addetti al primo soccorso
designati per quell’area in merito alle lavorazioni in
corso.
Dopo
aver elencato presidi e equipaggiamenti di soccorso e rianimazione, dipendenti
dal tipo di emergenza cui si deve far fronte, il manuale indica infine che la
gestione
dell’emergenza prevede
il controllo di tre
fasi fondamentali:
-
Fase
di allarme:
se il lavoratore all’interno di un ambiente confinato avverte un malessere,
perde i sensi o subisce un trauma, colui che sovraintende deve dare immediato
allarme chiamando la squadra di emergenza interna, qualora prevista. Il
sorvegliante non deve entrare nel luogo confinato senza prima organizzare
l’intervento con altri soccorritori; ove previsto e secondo la procedura
aziendale, deve immediatamente avvisare i Vigili del Fuoco e il Servizio 118.
Nel documento della Commissione Consultiva, che vi invitiamo a leggere, sono
riportati gli elementi minimi da fornire ai soccorritori esterni. Si ricorda poi
che può risultare necessario, prima di attivare il soccorso, procedere
all’arresto degli impianti collegati alla situazione di emergenza che possano
creare pericolo per gli operatori.
-
Fase
di recupero:
le persone che eseguono il salvataggio devono indossare DPI adeguati al tipo di
intervento; è fondamentale essere provvisti di respiratori indipendenti
dall’aria circostante o autorespiratori d’emergenza. Nel caso risulti
impossibile estrarre il lavoratore dall’ambiente confinato, è necessario fargli
respirare aria pulita prelevata dall’esterno del locale. Va prestata particolare
attenzione ai passi d’uomo verticali perché nelle fasi di salvataggio può
risultare difficile “estrarre” una persona non collaborante; pertanto le
modalità di imbragatura dovranno evitare il basculamento del corpo e garantire
l’estrazione in posizione verticale dell’operatore
infortunato.
-
Fase
di trasporto:
una volta estratto l’infortunato dall’ambiente confinato, si procede al suo
trasporto con l’utilizzo dei mezzi di movimentazione opportuni. Nell’attesa dei
soccorsi, in casi estremi di cessazione delle funzioni vitali, può essere
necessario ricorrere alla rianimazione cardiorespiratoria da parte di persone
addestrate con apposito corso di formazione sul Primo Soccorso, designate dal
datore di lavoro ai sensi delle norme vigenti.
La
storia, raccontata per immagini, mostra come la conoscenza
delle procedure e
la rapidità
dell’esecuzione delle operazioni di soccorso siano
essenziali per risolvere positivamente le emergenze negli ambienti
confinati.
Il
“Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati
ai sensi dell’art. 3 comma 3 del D.P.R.177/2011” è scaricabile
all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120514_Min_Lav_manuale_ambienti_confinati.pdf
-------------------------------------------
AGENTI
CHIMICI: I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Da:
PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
Anno
14 - numero 2925 di martedì 11 settembre 2012
Informazioni
sui dispositivi di protezione della cute e di protezione delle vie respiratorie.
Le tipologie di DPI, le indicazioni sulla scelta dei guanti e sulle adeguate
dotazioni dei laboratori di analisi.
I
dispositivi
di protezione individuale (DPI)
non sono certo la panacea per risolvere i problemi di prevenzione nei luoghi di
lavoro, ma una risorsa fondamentale e obbligatoria quando non sia possibile
evitare o ridurre in modo adeguato i rischi lavorativi con misure tecniche di
prevenzione, con sistemi di protezione collettiva o con una differente
organizzazione del lavoro (articolo 75, Decreto legislativo
81/2008).
Perché
siano una risorsa effettiva, i dispositivi devono essere scelti attraverso
valutazioni e verifiche che tengano conto di efficacia, efficienza e degli
aspetti ergonomici. E devono essere utilizzati e mantenuti correttamente e in
condizioni igieniche appropriate.
Per
dare qualche informazione sui dispositivi
adatti alla protezione da agenti chimici,
con particolare riferimento all’attività nei laboratori, ci soffermiamo su uno
specifico capitolo del documento “Linee Guida per la Valutazione del Rischio da
esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”,
documento elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di
ISPRA, con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, della
Environment Agency (England), della Scottish Environmental Protection Agency
(SEPA) e di diverse Arpa regionali.
Dopo
aver proposto informazioni e indicazioni relativi ai requisiti, alle categorie e
alla marcatura dei DPI, il documento ricorda che in presenza di sostanze
pericolose si può focalizzare l’attenzione su due tipologie
di DPI:
-
protezione
della cute nel
caso di agenti chimici allo stato solido, liquido o gassoso che, per contatto,
possono determinare un pericolo per la cute dell’utilizzatore o essere assorbiti
tramite essa (si può parlare di protezione del corpo, del viso, degli occhi,
delle mani ecc.);
-
protezione
delle vie respiratorie quando
gli agenti chimici, respirabili, risultano dannosi per l’apparato
respiratorio.
Per
proteggere
la cute è
necessario considerare una innumerevole casistica di dispositivi di protezione
che interessano le parti del corpo esposte, ad esempio guanti, tute protettive,
scarpe, stivali, visiere, grembiuli, ecc. .
In
tutti i casi la loro caratteristica principale consiste nella capacità di
resistere adeguatamente all’azione dello specifico agente chimico il quale deve
essere valutato nelle condizioni d’uso (concentrazione, temperatura, condizioni
di operatività, ecc.).
In
particolare i dispositivi per la protezione chimica si suddividono in due
categorie:
-
traspiranti:
destinati alla protezione da agenti chimici non particolarmente pericolosi:
devono avere una buona resistenza all’azione delle sostanze chimiche ed avere
caratteristiche di idrorepellenza ed essere confortevoli per un impiego durante
tutto il turno di lavoro;
-
impermeabili:
destinati a proteggere da agenti chimici particolarmente pericolosi; data la
loro natura possono essere indossati per tempi relativamente brevi; le
caratteristiche principali dei protettori impermeabili sono rappresentate dalla
resistenza a penetrazione
(passaggio
attraverso le porosità del tessuto o le aperture dell’indumento) e permeazione
(diffusione
a livello molecolare attraverso il materiale): i tempi di penetrazione e/o di
permeazione sono da tenere in considerazione nell’individuazione dei limiti
d’uso del dispositivo stesso.
La
scelta e l’uso dei DPI
per la protezione delle vie respiratorie presuppongono
una approfondita conoscenza delle problematiche legate ai dispositivi stessi e
all’ambiente di lavoro dove si deve operare.
Ad
esempio per impiegare apparecchi di protezione delle vie respiratorie (APVR) è
necessario conoscere:
-
le
caratteristiche dell’atmosfera dell’ambiente in cui si
opera;
-
le
caratteristiche del luogo di lavoro e dell’eventuale spazio di
azione;
-
la
gravosità e tipo di lavoro da svolgere;
-
eventuali
problemi di adattabilità lavoratore;
-
eventuali
limitazioni dei movimenti derivanti dal tipo di
dispositivo;
-
la
necessità di impiegare contemporaneamente altri dispositivi
(compatibilità);
-
l’eventuale
necessità di comunicazione tra operatori diversi.
Gli
APVR
si
suddividono in due
grandi categorie:
-
respiratori
a filtro:
apparecchi il cui funzionamento dipende dall’atmosfera ambiente e possono essere
usati solamente se esistono le seguenti condizioni: la percentuale di ossigeno
presente nell’ atmosfera inquinata deve tassativamente essere superiore al 17%
in volume; si conosce la natura e la concentrazione degli inquinanti presenti in
atmosfera; gli agenti chimici non devono essere immediatamente pericolosi per la
vita; non possono essere impiegati in ambienti confinati; l’utilizzatore non
deve avere barba e/o baffi o altro che possa compromettere la tenuta del
facciale (potrebbero essere esclusi da questa prescrizione gli
elettroventilatori in grado di fornire e garantire una pressione positiva
all’interno del dispositivo);
-
respiratori
isolanti:
apparecchi il cui funzionamento è indipendente dall’atmosfera ambiente e devono
essere impiegati, in modo particolare, quando: non è possibile garantire la
presenza del 17% in volume di ossigeno presente nell’atmosfera inquinata; non si
conosce sia la natura che la concentrazione degli inquinanti; la concentrazione
degli inquinanti è troppo elevata; gli inquinanti sono immediatamente pericolosi
per la vita; si opera in ambienti confinati.
Dopo
aver ricordato che l’utilizzo di specifici DPI appare indispensabile in alcune
fasi delle operazioni che vengono effettuate nei laboratori
(i
guanti, gli occhiali, i camici, sono utilizzati come buona prassi di lavoro
quale misura generale di tutela per la prevenzione dei rischi), il documento
riporta alcune indicazioni
generali sulla scelta e l’utilizzazione dei guanti.
Nella
scelta dei guanti per la protezione dagli agenti chimici pericolosi è di
primaria importanza la resistenza che il materiale di cui sono costituiti offre
al passaggio degli stessi. Questa resistenza è descritta dal tempo
di permeazione,
cioè il tempo che trascorre tra il contatto iniziale dell’inquinante con la
superficie esterna del guanto ed il momento in cui tale inquinante può essere
individuato sulla sua superficie interna. Il fattore che influenza
principalmente il tempo di permeazione è ovviamente la natura chimica del
materiale che costituisce il guanto in relazione all’agente chimico
considerato.
Tuttavia
hanno importanza anche i seguenti fattori:
-
spessore
del materiale costituente il guanto (ad esempio raddoppiando lo spessore dei
guanti, il tempo di permeazione pressappoco quadruplica);
-
concentrazione
dell’agente chimico con cui il guanto viene a contatto;
-
quantità
dell’agente chimico con cui il guanto viene a contatto;
-
tempo
in cui il guanto è a contatto con l’agente chimico;
-
frequenza
dei contatti;
-
tipo
di contatto (immersione, schizzi, contatto con superficie contaminata,
nebbiolina ecc.);
-
temperatura.
Se
la fonte principale di informazioni per la scelta dei materiali dovrebbe essere
la scheda
di sicurezza dell’agente chimico impiegato,
spesso le informazioni riportate su tali schede sono insufficienti, generiche ed
in rari casi addirittura fuorvianti. In alternativa alle schede di sicurezza,
informazioni utili alla scelta dei materiali e sui tempi di permeazione possono
essere ricavate per molte sostanze dai siti internet del National Institute for
Occupational Safety & Health (NIOSH) o dei produttori di
guanti.
Il
documento ricorda l’importanza del marchio CE e del pittogramma presente sui
guanti (attesta l’esecuzione del test di permeazione previsto dalla norma UNI EN
374-3:2004) e indica che nella scelta dei guanti, oltre al tempo di permeazione,
hanno rilevanza anche i seguenti fattori:
-
resistenza
meccanica (all’abrasione,
al taglio, alla perforazione, ecc.): in molti casi, le caratteristiche di
resistenza fisica hanno maggior peso di quelle di resistenza chimica (in quanto
se il guanto è perforato in qualche punto, il tempo di permeazione non è più
applicabile). I guanti per cui siano state verificate le caratteristiche di
resistenza meccanica, riportano anche i pittogrammi e le indicazioni relativi
alla norma UNI EN 420:2010;
-
requisiti
di manualità dell’operatore:
per certe attività di laboratorio, l’ utilizzo di guanti troppo spessi rende
difficoltosa l’esecuzione del lavoro per tale motivo è opportuno individuare il
corretto livello di destrezza in accordo alla norma UNI EN
420:2010;
-
colore:
se l’inquinante ha un colore particolare, il guanto di un adatto colore di
contrasto lo mette immediatamente in evidenza;
-
protezione
termica richiesta:
nel caso si debbano maneggiare contenitori a temperature molto diverse da quella
ambiente.
Nel
documento sono presenti tabelle con indicazioni generali per la scelta e
l’utilizzazione dei guanti.
Concludiamo
riportando alcune informazioni sulla dotazione
per il personale che opera con prodotti chimici all’interno dei laboratori di
analisi (il
documento dell’Ispra è dedicato in particolare alla tutela della salute e della
sicurezza degli operatori delle Agenzie di Protezione
Ambientale).
La
dotazione
deve
prevedere di norma:
-
occhiali
di sicurezza per sostanze chimiche a stanghetta e a
mascherina;
-
guanti
compatibili con le sostanze manipolate e con le attività svolte: per protezione
da agenti chimici (anche monouso); per alte temperature; per liquidi
criogenici;
-
camici
con maniche lunghe e chiusure ai polsi (mediante elastici, velcro
ecc).
Inoltre
attività
specifiche o sostanze particolarmente pericolose possono
richiedere ulteriori o diversi DPI maggiormente protettivi anche quando le
operazioni siano svolte all’interno delle opportune cappe di protezione. Ad
esempio visiera protettiva e dispositivi di protezione delle vie
respiratorie.
Esistono
poi attività che possono esporre ad un elevato
rischio per la sicurezza gli
operatori addetti (per esempio la manipolazione o il travaso di azoto liquido,
la movimentazione di elevate quantità di sostanza quali i rifiuti prodotti dalle
attività di laboratorio) per cui si individuano DPI specifici quali: guanti per
protezione da liquidi criogenici; grembiule per liquidi criogenici; stivali
antiacido; grembiule antiacido.
Infine
un’altra categoria di DPI previsti all’interno dei laboratori è relativa alla
gestione
delle situazioni di emergenza chimica (spandimenti,
fuoriuscite ecc): tute protettive specifiche; maschere a pieno facciale;
stivali.
Il
documento “Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti
chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni”, versione 2011, documento
elaborato dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA,
con la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche, la Environment
Agency (England), la Scottish Environmental Protection Agency (SEPA), le Arpa
Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Campania, Marche e Sicilia è
scaricabile all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/120627_Arpa_linee_guida_valutazione_rischio_esposizione.pdf
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