ILVA DI TARANTO:
continua la strage di lavoratori!
L’Associazione Legami
d’Acciaio (ex lavoratori ThyssenKrupp e Famigliari delle
vittime del 6 dicembre 2007) esprime il suo più sentito
cordoglio e la solidarietà alla Famiglia Masella, per la tragedia che l’ha
colpita, privandola e lasciandola senza l’affetto di Claudio, l'ennesima
morte sul lavoro nello stabilimento di Taranto in nome del
profitto.
La nostra fraterna
solidarietà e il nostro cordoglio oltre alla Famiglia, ai cari e agli amici di
Claudio, va innanzitutto agli operai dell’Ilva, in particolare a tutti quelli
che si battono per la salute e la sicurezza sul proprio posto di lavoro, nelle
linee e nei reparti in cui ogni giorno entrano a testa
alta per lavorare con la propria dignità e purtroppo devono fare i conti con uno
scenario da guerra a causa delle pessime condizioni del luogo di lavoro e degli
impianti: volutamente lasciati nell’incuria da parte dell'Azienda, che con
pressioni e vessazioni sugli operai chiede di lavorare in condizioni fuori dalla
legalità, sia per quanto riguarda le normative sulla sicurezza e la salute, sia
per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro e dei turni fino alla negazioni
più palesi, in spregio totale della legalità e della Costituzione Italiana, in
nome dell’unico valore che conta per lorsignori: il profitto.
In nome del profitto e
per conto di padron Riva si continua a morire all’Ilva di Taranto così come in
tutte le fabbriche, le aziende e i cantieri del Bel Paese, in ogni settore
produttivo, dall’industria all’edilizia, in agricoltura, senza che si ponga un
freno a questa continua strage di lavoratrici e lavoratori, che fa più di 1000
morti l’anno (i dati Inail sono in parte inesatti, non tenendo conto dei morti
in itinere e delle categorie che lavorano nei trasporti e sulle strade, senza
dimenticare il lavoro nero…) di quella che oramai si può definire senza retorica
e senza timori di essere smentiti, una vera e propria guerra sferrata dal
padronato contro i lavoratori.
L‘Ilva di Taranto è
un vero e proprio campo di battaglia, più che una normale fabbrica: detiene il
triste record italiano ed europeo di morti sul lavoro e di inquinamento
ambientale, con oltre 50 morti dal 1993 ad oggi (i dati
che circolano in questi giorni sono in parte falsi: com’è noto alcuni incidenti
e morti relativi soprattutto a ditte appaltatrici vengono opportunamente
occultati) con i vari governi nazionali e locali che poco o nulla hanno fatto
per fermare la continua strage di lavoratori ed eliminare le emissioni e
l’inquinamento provocato dagli impianti.
Non è necessario essere
Lavoratori dell’Ilva di Taranto, o essere dei tecnici, per conoscere e discutere
di ciò. Noi ex operai della ThyssenKrupp, sappiamo bene cosa
vuol dire lavorare in condizioni precarie e di insicurezza: quella maledetta
notte del 6 dicembre del 2007 ci ha portato via a noi nostri sette compagni
Antonio, Angelo, Bruno, Roberto, Rocco, Rosario e Giuseppe. Lo abbiamo inciso
sulla nostra pelle e nelle nostre coscienze!
La nostra
solidarietà e vicinanza nella lotta per la salute e la sicurezza nell’Ilva e
nella Città di Taranto va anche a quei i lavoratori e a quei cittadini che si
battono senza se e senza ma per la difesa della salute dentro e fuori la
fabbrica, per un futuro lavorativo e di progresso per Taranto che salvaguardi
insieme salute e posti di lavoro, anche se si dovesse riconvertire l'attività
produttiva. Condizioni e soluzioni precise, molto chiare
e semplici, che sino ad oggi non sono state mai né proposte né tanto meno messe
in campo dalle Istituzioni, anche quando governi regionali e nazionali di segno
progressista potevano e dovevano fare per intervenire nel merito delle questioni
gravi poste dal sito di Taranto.
Non dovrebbe essere il
Primo Cittadino il garante primo ed ultimo della salute dei Cittadini? Come mai
in tutti questi anni (dal 1993, inizio della gestione Riva) i vari Sindaci che
si sono succeduti non hanno mai posto il problema, emettendo un’ordinanza che
bloccasse le produzioni, affinché si mettessero in sicurezza gli impianti e si
iniziasse a produrre in modo meno inquinante?
Il problema di base è
che sono tanti i responsabili di questa situazione, ma uno in modo particolare:
padron Riva, che da quando ha acquisito l’Ilva dallo Stato ha accumulato ingenti
profitti senza reinvestire neanche una parte dei profitti in innovazione
tecnologica e miglioramento della sicurezza interna e per la bonifica del
territorio. Riva è responsabile di questa
situazione, che si è drammaticamente posta negli ultimi
mesi alla ribalta nazionale (ovviamente oltre che a Taranto, noi ed altri in
Italia, inascoltati denunciavamo già da tempo questa terribile situazione…)
quindi Riva deve mettere mano al portafoglio e fare i
necessari interventi urgenti per frenare la situazione e programmare con un
piano di interventi per il futuro, il risanamento e la bonifica del sito
contestualmente alle produzioni, pur alternando
limitazioni temporanee a queste ultime. Tutto ciò non può e non deve essere a
costo zero per Riva ma con precisi impegni, senza agevolazioni (come è avvenuto
nella svendita di vent’anni fa), come si vorrebbe far pagare anche oggi allo
Stato (utili ai padroni e oneri alla collettività) gli errori ed i crimini
commessi dalla famiglia Riva.
Noi diffidiamo dalla
propaganda distorta e fuorviante fatta da pseudo rappresentanti del mondo
ambientalista che non hanno niente di meglio da proporre che chiudere subito lo
stabilimento (così da creare una nuova cattedrale nel deserto come successo a
Bagnoli e in tanti altri luoghi), dai vari rappresentanti politici di partiti o
lobby di potere, dai rappresentanti di Istituzioni ed Enti preposti alla salute
e ai diritti di lavoratori e cittadini e dai sindacati gialli (FIM-Cisl e
UIL-Uilm in particolare, che si è scoperto essere a libro paga dei Riva):
personaggi di varia natura che non hanno a cuore il destino dei lavoratori e dei
cittadini di Taranto, che hanno fatto e faranno solo gli interessi di padron
Riva e dei suoi accoliti. Non bisogna chiudere ma trovare soluzioni (possibili)
per riconvertire lo stabilimento a produzioni che siano utili, sostenibili per
l'ambiente e compatibili con la dignità dei lavoratori. Ciò è possibile ma
soprattutto è necessario! Perché le soluzioni sbrigative e liquidatorie o alla
meno peggio aprono la strada al peggio...
Solo attraverso la
salvaguardia dei posti di lavoro (utili e dignitosi), come unica soluzione per
uscire dalla crisi, si può intraprendere una strada (difficile ma percorribile)
di risanamento dell'Ilva e del territorio di Taranto.
Torino, 31 Ottobre 2012 Ass. Legami d’Acciaio Onlus
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