Questo e' stato
possibile anche con l'iniziativa di Medicina Democratica e del Centro per la
Salute “Giulio Maccacaro” di Castellanza come ricorda il Manifesto di
oggi.
Saluti
Marco
Caldiroli
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A seguire la
notizia riportata da Il Manifesto relative al processo dei dirigenti della
Franco Tosi storica azienda di Legnano ora in crisi, che produceva turbine.
Otto dirigenti sono
stati rinviati a giudizio con le accuse di omicidio colposo e lesioni colpose in
relazione ad oltre 30 casi di operai morti per mesotelioma o che si sono
ammalati dopo aver lavorato tra gli anni Settanta e i primi anni Novanta nella
storica fabbrica dell'hinterland milanese in cui, secondo l'accusa, hanno
respirato fibre di amianto senza adeguate misure di sicurezza.
Lo ha stabilito il
GUP di Milano Luigi Gargiulo, accogliendo la richiesta del PM Maurizio
Ascione.
Tra gli imputati
figura Giampiero Pesenti, attuale presidente del gruppo Italcementi, ma imputato
nella veste di componente del comitato esecutivo dell'azienda dal marzo '73
all'aprile '80.
Il processo si
aprirà il prossimo 20 marzo davanti ai giudici della quinta sezione penale. Gli
ex dirigenti della Tosi sono accusati di avere violato le norme per la
"prevenzione di infortuni sul lavoro e malattie professionali".
Silvia Cortesi sylvyacort@gmail.com
Associazione
Italiana Esposti Amianto Paderno Dugnano
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STRAGE BIANCA.
DALLA PHILIPS ALLA FIAT, DALLA PIRELLI ALL’ILVA: LA GRANDE INDUSTRIA SOTTO
ACCUSA PER LE MORTI OPERAIE
Mentre a Torino i
giudici d’appello confermano le responsabilità di due ex dirigenti della Philips
per le morti nello stabilimento di Alpignano, a Milano otto ex manager della
Franco Tosi vanno a processo per i 33 operai uccisi dal mesotelioma pleurico, lo
spietato tumore provocato dalle fibre di amianto. La decisione del GUP Luigi
Gargiulo chiude una inchiesta che ha riguardato quasi vent’anni di lavoro
quotidiano nella storica fabbrica di turbine, dai ’70 fino al 1992, quando, con
criminale ritardo rispetto alle già comprovate evidenze ascientifiche, l’amianto
fu messo al bando.
Gli ex dirigenti
della Franco Tosi, accusa il PM Maurizio Ascione, hanno violato le norme per la
prevenzione di infortuni sul lavoro e malattie processionali. Gli imputati, fra
i quali l’attuale numero uno di Italcementi, Giampiero Pesenti, si difendono:
“Il materiale c’era solo nei disposi-tivi di protezione personale per i
lavoratori impegnati nei processi di fusione metallurgica”. Al di là di quanto
emergerà al dibattimento, la Franco Tosi si aggiunge a una lunga lista di
aziende. Nomi di rilievo come Ilva, Pirelli, Fiat-Alfa Romeo, Anic-Enichem,
Olivetti e Philips. Tutte sotto inchiesta, o già a processo, per non aver messo
in pratica adeguati dispositivi di sicurezza con-tro il rischio mortale
provocato dalle fibre e dalla polvere di amianto. Spesso senza neppure informare
i lavoratori.
Solo la
determinazione di associazioni come Medicina Democratica, in parallelo al gran
lavoro di magistrati come Beniamino Deidda e Raffaele Guariniello, ha permesso
di fare luce su una “strage bianca” di dimensioni terribili. A causa
dell’amianto muoiono duemila persone l’anno, stima ricavata dall’Inail sulla
base dei dati del Registro nazionale dei mesoteliomi. Nel periodo 1993–2008 sono
stati diagnosticati 15.845 casi, con altrettante diagnosi di tumore polmonare e
prognosi infausta. Per giunta il numero delle patologie è andato crescendo negli
ultimi cinque anni, e si stabilizzerà solo dal 2015.
I PM allievi di
Deidda e Guariniello fanno del loro meglio. A dicembre si è chiuso a Torino, con
quattro condanne, il processo per i 14 morti e le malattie operaie nelle
storiche Ferriere: “A loro va il nostro pensiero” - li ha ricordati Federico
Bellomo della Fiom - “viste le ragioni, riconosciute dal tribunale, di quanti
hanno lottato per la salute e la sicurezza in quel luogo, a iniziare da chi vi
lavorava e che in molti casi ha pagato con la vita”. A Milano è in corso un
processo contro la Pirelli (e un altro è in arrivo) per la contaminazione di 24
operai, in stabilimenti dove l’amianto era anche nel talco usato in alcune
lavorazioni e nella mensa. Delle 24 “parti lese” solo quattro sono ancora vive.
“Non abbiamo mai usato mascherine” – ha raccontato al giudice Antonio Dinetta —
“e nessuno ci ha mai parlato dei pericoli derivanti
dall’amianto”.
Un altro processo
si sta svolgendo a Taranto per le vittime all’Italsider-Ilva (31 morti da
mesote-lioma e altri tumori da sostanze tossiche), e a Ravenna sono prossimi al
rinvio a giudizio una ventina di ex dirigenti del polo chimicoo Anic-Enichem (75
fra lavoratori e loro familiari morti per amianto). Sempre a Milano è stato
chiesto il processo dell’ex AD Paolo Cantarella e altri sei manager Fiat
dell’epoca per 21 vittime da amianto all’Alfa Romeo di Arese, e nel torinese si
sta indagando anche sulla Olivetti nel periodo 1978–92, quando era guidata da
Carlo De Benedetti.
Secondo una stima
del CNR, nella penisola esistono ancora 2,5 miliardi di metri quadrati di
coperture realizzate con materiali contenenti amianto, circa 32 milioni di
tonnellate.
E le prime vittime
già segnalate nel settore delle ristrutturazioni edilizie non finiscono ancora
nella cartina del Registro dei mesoteliomi, dove compaiono solo i disastri più
eclatanti. Perfino la magistratura fa fatica: all’indomani del vittorioso
processo per la strage all’Eternit di Casale Monferrato, Raffaele Guariniello
ricordava a La Stampa: “Di indagini e processi se ne fanno pochini. Un collega
di una delle aree più martoriate mi ha confidato: non ci segnalano i casi. Poi
ha aggiunto: per fortuna, se lo facessero non sapremmo come
fare”.
Riccardo Chiari -
il manifesto
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