lunedì 27 gennaio 2014

Spresal Alessandria: “Fra crisi economica e aumento infortuni c’è un legame diretto”

Uno dei filoni di approfondimento più importanti di AlessandriaNews.it nel 2014 sarà quello dedicato al lavoro, declinato nelle sue mille sfaccettature. Abbiamo scelto di iniziare andando a incontrare lo Spresal, il servizio dell’Asl AL che ha come obiettivo quello di svolgere attività di prevenzione, formazione e controllo per scongiurare gli incidenti in ambito professionale (che paiono tragicamente inarrestabili, anche in questo nuovo anno). Il direttore Marina Ruvolo (nella foto) e i tecnici Marcello Libener e Gianluca Penna ci aiutano a fare il punto sulla situazione.

Qual è la situazione in provincia di Alessandria?
Come Spresal abbiamo da tempo avviato un monitoraggio. Tenere traccia degli incidenti appena avvenuti non è semplice perché a seguito di una segnalazione viene aperto un fascicolo ma fino alla chiusura delle indagini non può essere ufficialmente conteggiato. Secondo i dati del 2009 gli infortuni denunciati in provincia sono stati 7230. Di questi la porzione maggiore è avvenuta nei comparti dei servizi, delle costruzioni e della Metalmeccanica
Il nostro servizio, che da qualche anno è diventato provinciale, si occupa di svolgere attività di prevenzione e di vigilanza sul territorio. Formiamo chi si occupa di sicurezza nelle aziende e svolgiamo anche un’attività di tipo sanzionatorio quando vengono accertate responsabilità e ci sono situazioni da sanare. Diciamo che il territorio provinciale in fatto di problematiche è abbastanza omogeneo, con l’eccezione di Casale Monferrato che ha sua specificità legata all’amianto.

Partiamo dalla prevenzione: cosa viene fatto concretamente per contrastare lo stillicidio di incidenti, a volte tragicamente mortali, sul nostro territorio?
Noi riceviamo indicazioni regionali, su input nazionali e concentriamo le nostre energie in particolare sull’attività edilizia e quella agricola. Ogni anno ci viene assegnata una certa quantità di aziende da monitorare alla quale aggiungiamo altri controlli svolti per nostra iniziativa o su segnalazione, ad esempio dei sindacati. Ovviamente svolgiamo maggiori attività laddove statisticamente in numero di infortuni è maggiore e le conseguenze sono più gravi. La prevenzione è una parte centrale della nostra attività, alla quale si affiancano altri servizi, più di carattere amministrativo, come l’autorizzazione di nuovi progetti edilizi, interventi da svolgere nei luoghi interrati e, ovviamente, l’attività di intervento sul campo quando purtroppo si verifica un incidente.

Come avviene l’attività di formazione?
Noi non facciamo formazione direttamente in azienda ma ci rivolgiamo a chi, in ambito professionale, avrà poi la responsabilità della sicurezza: datori di lavoro e responsabili dei servizi di protezione in particolare. Questa attività viene svolta in sinergia con i sindacati, le associazioni di categoria e gli ordini professionali.

Come avviene invece l’attività di vigilanza?
Lo Stato ci indica quali sono i rischi maggiormente da monitorare: la caduta di un lavoratore dall’alto, il rischio elettrico, la caduta di gravi e il rischio di investimento. Le nostre azioni si basano sull’imporre al datore di lavoro di fare tutto il possibile per scongiurare che si verifichino imprudenze. Lo stesso avviene per il comparto agricolo, con particolare attenzione ai macchinari che statisticamente portano i problemi maggiori, cioè il trattore, l’albero cardanico, il motocoltivatore e lo spargiconcime.

Come scegliete dove andare ad effettuare i controlli?
Per le aziende agricole la Regione ci fornisce elenchi che derivano da una serie di calcoli (per esempio sulla dimensione delle aziende e sulla distribuzione nel territorio). A questi noi aggiungiamo ulteriori controlli quanto pensiamo esistano esigenze specifiche. Per l’edilizia le tipologie di intervento sono stanzialmente due: la prima si ha quando, girando, troviamo un cantiere evidentemente privo dei mezzi adeguati di protezione. In quel caso il nostro intervento è immediato. L’altra possibilità di scegliere dove effettuare i controlli sulla base di notifiche preliminari: per alcune tipologie di lavori da svolgere è infatti necessaria una comunicazione di inizio lavoro. La vigilanza in edilizia viene fatta congiuntamente con la direzione provinciale del lavoro (circa il 20% dei controlli effettuati rispetto al totale). Ci sono poi altri enti con i quali collaboriamo, come l’Inail, i Vigili del Fuoco e l’Inps, oltre all’Arpa.

Secondo la vostra esperienza ci sono più rischi in una grande azienda o in una piccola?
Nella realtà di Alessandria ci sono due grosse aziende che di per sé hanno lavorazioni importanti e meritano attenzione, ma proprio le aziende più grandi sono quelle che hanno una struttura di tutela dei lavoratori più evoluta. Dalla nostra esperienza l’organizzazione e la codificazione di procedure fanno davvero la differenza. I rischi maggiori sono forse nelle piccole realtà, specie se legate a forme di lavoro nero.

Come incide la crisi economica sul pericolo di infortuni?
In diversi modi: prima di tutto le aziende che vanno più in difficoltà sono quelle che affrontano più spese per la sicurezza dei lavoratori, ricevendo una concorrenza sleale dalle altre. In più dove esiste il lavoro nero ovviamente è più difficile effettuare controlli mirati. In tempo di recessione il primo settore nel quale si taglia è proprio quello antiinfortunistico.

Quante persone lavorano allo Spresal?
Abbiamo a disposizione 14 tecnici della prevenzione (distribuiti su tutto il territorio provinciale), 5 medici e 6 amministrativi, più un’infermiera professionale.

Come avviene concretamente il vostro intervento sul campo?
La tempestività è fondantamentale. La legge impone di chiamare le forze dell’ordine, il 118 e lo Spresal in caso di incidente. Noi cerchiamo di arrivare sul posto entro 30 minuti. A questi interventi aggiungiamo gli approfondimenti che ci vengono richiesti dalla Procura sui fascicoli che aperti. A parità di tipologia di infortunio le conseguenze su una persona possono essere diverse: per esempio uno shock elettrico può essere mortale per qualcuno e da codice giallo per qualcun altro. Il punto, per comprendere cos’è successo, è quello di fare presto. Il rischio, altrimenti, è che la scena di un incidente venga alterata, non per forza volontariamente: può capitare di dover spostare una scala o un attrezzo per soccorrere qualcuno, e già questo cambia il quadro della situazione. Quando avviene un incidente si ascoltano i testimoni e lo si cerca di fare il più tempestivamente possibile. Anche in questo caso a distanza di tempo i ricordi cambiano e possono intervenire alcune manipolazioni, per esempio da parte del datore di lavoro. Non sono rari i casi in cui, la prima cosa che ci viene riferita dall’infortunato è proprio la paura di perdere la propria occupazione.

Avete sentore di situazioni in cui un infortunio non venga denunciato, per esempio facendolo passare come semplice malattia grazie a qualche medico compiacente?
Una percezione precisa di pratiche sommerse di questo tipo non l’abbiamo. Diciamo però che, pur non avendo riscontrato un’evidenza diretta della cosa, ci sono giunte voci in proposito. Non crediamo comunque siano fenomeni frequenti. Qualche lavoratore comunque ci ha parlato della cosa. In questo caso l’ente più titolato per intervenire è probabilmente l’Inail.

Di chi è colpa quando avviene un incidente?
Ovviamente dipende da caso a caso. Per la nostra esperienza, quasi sempre ci sono responsabilità del datore di lavoro. Non basta aver detto una cosa al lavoratore per scagionarsi. Se certi dispositivi di sicurezza non vengono adottati in maniera corretta la responsabilità è sempre e comunque anche di chi dovrebbe vigilare sul loro utilizzo.

Cosa succede quando viene accertata una responsabilità?

Viene fatto un verbale in relazione alle violazioni ai vari articoli del decreto legislativo 2008 relativo agli infortuni sul lavoro e vengono indicate delle prescrizioni precise da seguire. Tutto il materiale viene poi viene inviato alla Procura della Repubblica. In passato quando venivano rilevate delle violazioni tutto era considerato penale, mentre oggi non è più così. Con un decreto dal 1994 inftti viene concesso a chi ha violato un determinato articolo di ottemperare alle prescrizioni e di pagare una sanzione per sanare la propria posizione, trasformando il reato in un illecito amministrativo.
Questo però per quanto riguarda solo il decreto 81  Se un lavoratore si fa male e supera i 40 giorni di prognosi la situazione non è sanabile, così come in caso di morte ovviamente. Sotto i 40 giorni l’irregolarità può essere sanata, a meno di querela da parte dell’infortunato, se l’infortunio è compreso fra 30 e 40 giorni. Sotto una prognosi di 30 giorni si può procedere per via amministrativa.

Non si tratta di una norma peggiorativa rispetto al passato?
Non proprio perché il meccanismo della prescrizione agisce bene sulla prevenzione. Quando si verifica un infortunio il nostro intervento si compie per accertare quanto successo e fare in modo che non si ripeta più. Con i nuovi strumenti a disposizione possiamo dare alcune prescrizioni da seguire, che possono essere anche piuttosto ingenti da un punto di vista economico, e il datore di lavoro è costretto ad adeguarsi, riducendo il rischio per il futuro. In passato veniva assegnata una semplice diffida, senza un controllo a posteriori sulle effettive opere messe in atto in adeguarsi. Ora invece il controllo è sistematico e la Procura è sempre avvertita di ogni passaggio. Per i casi più gravi ovviamente il reato non è invece sanabile per via amministrativa.
27/01/2014

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