Siamo a darvi la
situazione delle morti sul lavoro nel 2013.
Nel 2013 sono 571 i
morti sui luoghi di lavoro, ma oltre 1.300 se si aggiungono anche i decessi
sulle strade e in itinere (stima minima).
Ricordiamo ancora
una volta che intere categorie di lavoratori non sono annoverate tra gli
assicurati dello Stato attraverso l’INAIL; tra questi morti invisibili ci sono
anche i lavoratori con partita IVA individuale che spesso nascondono un lavoro
dipendente.
Le categorie che
non rientrano nelle statistiche ufficiali sono numerose: Carabinieri,
Poliziotti, Esercito, Vigili del Fuoco, Agenti di Commercio, oltre ai lavoratori
in nero e agli agricoltori schiacciati dal trattore che hanno già di una
pensione.
Gli agricoltori
rappresentano con ben 210 decessi il 37% delle morti complessive: 138 sono stati
schiacciati dal trattore e 66 hanno oltre 65 anni.
L’agricoltura è
l’unico settore che risulta non in crisi in questi anni difficili e un notevole
contributo all’economia lo forniscono anche questi anziani.
Nonostante la
devastante crisi nel settore 137 decessi sono in edilizia: il 22% sul totale dei
decessi.
Nella maggior parte
dei casi si tratta di morti che, assieme ai lavoratori con partita IVA
individuale, non sono inclusi nei dati statistici ufficiali e nemmeno tra gli
infortunati. Inoltre spesso i lavoratori con partita IVA individuale ricorrono a
polizze a bassi costi e in caso di grave infortunio o di morte le assicurazioni
non garantiscono ai familiari o all’assicurato un giusto indennizzo o una
pensione adeguata.
La terza categoria
con più vittime è l’Industria: il 7,4% delle morti totali. Un dato che risente
della crisi e abbassa ulteriormente la percentuale complessiva dei decessi. Il
settore dell’industria è anche l’unico, assieme all’edilizia, che vede ancora
una grande presenza del sindacato che ha un ruolo decisivo nell’arginare questo
fenomeno; soprattutto laddove esiste un Rappresentante della Sicurezza le morti
sono quasi inesistenti rispetto al numero di lavoratori occupati.
Anche
l’Autotrasporto paga un prezzo durissimo di sangue con oltre il 6,5% di tutti i
morti; anche in questa categoria temiamo non vengano rispettate del tutto le
norme relative alla sicurezza.
Numerosissimi sono
i morti nei Servizi, soprattutto in quelli alle imprese e anche indirettamente o
direttamente nel Pubblico Impiego.
Accorpando tutti
questi dati si raggiunge un numero elevatissimo di
decessi.
E’ possibile
fornire i dettagli su richiesta degli interessati.
A questo punto
vorremmo fare un’ulteriore riflessione.
Siamo convinti che
l’abolizione di fatto dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori farà
aumentare in poco tempo gli infortuni sul lavoro, anche mortali, perché i nuovi
assunti avranno difficoltà a contestare o a denunciare, pena il licenziamento,
le proprie condizioni di lavoro e i sindacati stessi non avranno tra gli
iscritti questi precari e la possibilità d’incidere in ogni settore.
Le conseguenze si
vedranno col tempo anche tra i lavoratori a tempo indeterminato che vedranno
pericolosamente diminuita la propria forza contrattuale.
Questo è il gioco
di una politica antipopolare. I nuovi arrivati, assunti con contratti a tempo
“indeterminato” ma a termine, contribuiranno a far sparire dal panorama italiano
i sindacati, soprattutto i più combattivi.
Le aziende a loro
volta tenderanno a non investire in tecnologie, ma ad aumentare lo sfruttamento
di manodopera a basso costo e silenziosa, come già sta succedendo con i precari;
tutto ciò non farà altro che incrementare ancora di più le diseguaglianze.
Tutto questo è già
ben evidente: a morire sono soprattutto lavoratori in nero o di piccole aziende
dove non esiste il sindacato.
Nei tre anni di
prova le aziende tenderanno a selezionare e stabilizzare quei pochi che, oltre
ad essere capaci, saranno anche i meno sindacalizzati e poco politicizzati e
tenderanno a lasciare a casa, ad esempio, quelli con condizioni di salute
precarie e i lavoratori più critici su condizioni di sicurezza e carichi di
lavoro.
A nostro parere
tutto ciò si può considerare una nuova forma di “fascismo discriminatorio” che
impoverirà ulteriormente il paese e lascerà la democrazia fuori dai luoghi di
lavoro.
Nel corso di
quest’anno rispetto al 2012 c’è stato un miglioramento dell’8%, per quanto
riguarda i decessi per infortunio sui luoghi di lavoro, complice la grande crisi
che quest’anno è stata devastante in molti settori.
In questi sei anni
di monitoraggio dell’Osservatorio in passato ci sono stati anni cui si sono
verificati meno decessi rispetto al 2013.
Questo cosa
significa? Che si è fatto poco o niente per migliorare le condizioni di lavoro
di chi svolge mansioni pericolose.
L’allungamento
dell’età della pensione ha fatto aumentare il numero di morti dei lavoratori di
una certa età e si tratta di un dato rilevante se si considera che il 23% dei
decessi riguarda persone la cui età supera i 65 anni. E intanto abbiamo milioni
di giovani disoccupati.
Siamo di fronte a
una politica che rema contro il mondo del lavoro e che si giustifica solo con la
lontananza dai bisogni reali dei cittadini e dei lavoratori che di fatto non
hanno rappresentanza in parlamento.
Inoltre
ricordiamoci anche dei tanti stranieri che muoiono sui luoghi di lavoro e che
quest’anno raggiungono l’11,5% del totale.
Pagano un tributo
di sangue notevole e i “cugini” romeni, oltre il 30% dei morti tra gli
stranieri, seguiti da albanesi e marocchini.
Come non ricordare
inoltre la strage dei sette lavoratori cinesi morti in modo così disumano e
incivile.
Per concludere
vorremmo ancora una volta denunciare l’indifferenza della nostra classe
dirigente nei confronti di un problema così grave che dovrebbe essere affrontato
senza ulteriori ritardi.
Il terremoto in
Emilia Romagna ha messo in luce che quasi la totalità delle morti sono state tra
i lavoratori, impiegati in capannoni non adeguati alle norme antisismiche del
2005. E ciò riguarda la quasi totalità dei capannoni che sorgono sul territorio
italiano.
Ad oggi non ci
risulta che si stia intervenendo per verificare quali sono le strutture a
rischio sismico e gli interventi da mettere in atto.
Esperti del settore
ci hanno confermato che la maggior parte di questi capannoni industriali, ma
anche dei supermercati, non rispettano le norme antisismiche.
Chi se ne deve
occupare e perché non si sta facendo nulla a riguardo?
Anche in questo
caso si deve far intervenire un giudice come Raffaele Guariniello per verificare
omissioni e carenze?
E’ così difficile
chiedere il rilascio di un’autocertificazione d’idoneità da parte dei
proprietari di capannoni e supermercati?
Carlo Soricelli
Curatore
dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro attivo dal 1° gennaio
2008
Un grazie di cuore
per la collaborazione dei miei figli Elisa e Lorenzo che mi danno una mano
nonostante i notevoli impegni familiari.
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