da
L'Espresso
Quanto vale la loro vita di MIchele
AzzuNicola Cavicchi, Andrea Gagliardoni, Leonardo Ansaloni, Matteo Armellini e
tanti altri come loro: morti in fabbrica, nei cantieri, nei capannoni, nei
cam pi. L'Inail ha risarcito le loro
famiglie con poche centinaia di euro. Colpa di una legge vecchia50 anni che
nessuno ha ancora modificato(01 ottobre 2012)«Più giovane muori sul lavoro, meno
vale la tua vita», è questa la conclusione di Graziella Marota sul dramma
italiano delle morti sul lavoro. Graziella nel 2006 ha ricevuto al Quirinale
l'onoreficenza di "Cavaliere del lavoro". Suo figlio Andrea Gagliardoni aveva 23
anni quando morì in fabbrica a causa di un macchinario non a norma. Da una parte
la medaglia, dall'altra quell'assegno dell'Inail. 1.600 euro di rimborso delle
spese funerarie: è tutto ciò che spetta a Graziella secondo legge, perché Andrea
non aveva moglie e figli, e non contribuiva al mantenimento dei genitori.
E' successo ancora e succede tutti i
giorni. Lo scorso 19 settembre i genitori di Nicola Cavicchi, che il 20 maggio
era morto assieme a Leonardo Ansaloni sotto il crollo del capannone della
Ceramica Sant'Agostino in Emilia, hanno ricevuto un assegno dall'Inail. 1.936,80
euro, non un rimborso, come tengono a specificare i funzionari dell'ente
assicurativo, ma un assegno per le spese del funerale. Pochi mesi prima, il 24
luglio, era capitato lo stesso alla famiglia di Matteo Armellini, morto sotto il
crollo del palco dove avrebbe dovuto suonare Laura Pausini, a Reggio Calabria.
Le morti di Matteo e Nicola hanno portato a galla due pesanti realtà: quella
della sicurezza dei montatori di palchi, quella dell'agibilità dei capannoni
industriali in Emilia.
Ma dietro queste vicende così
diverse esiste una realtà ben più grave, quella degli assegni Inail alle
famiglie delle vittime. Assegni che ti portano a pensare che la vita di tuo
figlio valesse davvero meno di duemila euro, perché: «Più giovane muori sul
lavoro, meno vale la tua vita» Nicola aveva 35 anni, Matteo 32. Due assegni di
1936,80 euro. «Una cosa scandalosa, una vergogna», commenta Marco Bazzoni,
operaio fiorentino da anni attivista per la sicurezza sul lavoro. Opinione
condivisa da Carlo Soricelli, autore dell'Osservatorio morti sul lavoro di
Bologna, che aggiunge: «La legge è quella, però. Che cosa deve fare l'Inail,
mica può violare la legge».
La legge 1124 che regola le
assicurazioni per infortuni e morti sul lavoro risale al 1965. Ed è
la stessa
Inail , con una nota stampa successiva al rimborso di Cavicchi,
che scrive di quali fattori non terrebbe conto quella norma vecchia quasi 50
anni: «Di cam biamenti significativi
intervenuti sia nel lavoro sia nella famiglia: dalle diffuse condizioni
contrattuali iniziali e flessibili, che si traducono in rendite molto basse per
i familiari dei superstiti, alle convivenze di fatto di molte coppie non
sposate». Funzionari dell'Inail, sindacalisti, familiari delle vittime: sono
tutti d'accordo che la legge andrebbe modificata. Eppure nulla cam bia. Perché?
I familiari. Dove lo stato latita la
società civile si mobilita. Sono molte le associazioni nate dai familiari dei
morti sul lavoro, persone che da anni lottano per un processo e che cercano di
aiutare chi come loro ha subito la più grande delle ingiustizie. Roberto e
Valeria Toffolutti hanno creato la Associazione nazionale per la sicurezza sul
lavoro "Ruggero Toffolutti", da cui hanno dato vita alla mostra "Non numeri ma
persone". «Volevamo che si vedessero i volti delle persone che muoiono sul
lavoro», spiega Valeria. Anche la famiglia Toffolutti ha
vissuto una perdita e la beffa dell'assegno funerario Inail: «Che sia una legge
vergognosa mi sembra abbastanza normale, no? Non è mai stata adeguata», spiega
Valeria. Loro figlio Ruggero morì nel 1998 e: «Ci siamo sentiti dire che
facevamo l'associazione per alzare il prezzo del rimborso», racconta Valeria.
A Graziella Marota, dopo la morte
del figlio Andrea Gagliardoni, è andata molto peggio. «Venne una persona
dell'Inail a casa mia. Poi fui convocata all'Inail del mio paese, Fermo, a
firmare moduli su moduli», racconta. Graziella, come molte delle persone che
vivono situazioni simili, nei giorni successivi la tragedia è disorientata. Non
sta certo pensando ad un rimborso. Eppure si trova a vivere una vicenda che
sembra scritta da Kafka: «Mi dissero che dovevo dimostrare come Andrea
contribuiva al mantenimento dei genitori, ma non potevo dimostrarlo», continua
Graziella. «Dopo alcuni mesi ricevetti l'assegno funerario di 1.600 euro. Fossi
stata lucida, e non sotto sedativi, l'avrei riportato indietro». Anche
Graziella, come i coniugi Toffolutti, ha creato un'associazione. E i 1.600 euro
sono stati poi rimborsati all'Inail dai colpevoli della morte di Andrea, poiché
l'ente si era costituito parte civile al
processo.
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