INDICE
Antonio
Muscolino ant.muscolino@tiscali.it
POSIZIONE
DI MEDICINA DEMOCRATICA IN MERITO ALL'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA)
PER L'ILVA DI TARANTO
ANCORA
IN MARCIA !
redazione@ancorainmarcia.it
“...UN
TRENO CARICO DI STRESS”: RICERCA PSICOFISIOLOGICA SU MACCHINISTI E CAPITRENO,
CONVEGNO PRESENTAZIONE RISULTATI. ROMA, 21-11-2012. 1°
AVVISO.
USB
Perugia perugia@usb.it
INQUINAMENTO
A SPOLETO
CUB
Sanità della Provincia di Torino
ASL
TO 1 A RISCHIO ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO E LA CHIAMANO
SANITA'
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MATTIA
PASCAI IL GIOVANE MORTO SUL LAVORO LAVORAVA IN NERO E NON E’ NEPPURE CONSIDERATO
UN MORTO SUL LAVORO NON DISPONENDO DELL’ASSICURAZIONE
Erika nilams@alice.it
DA
FREE ITALIA DIECI VALIDI CONSIGLI PER PROTEGGERSI DAL
CELLULARE
ILVA
DI TARANTO: NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA
COBAS
Ravenna cobasravenna@libero.it
TARANTO:
DRAMMATICI DATI - L'APPELLO DELLA RETE NAZIONALE
----------------------
Da:
Antonio Muscolino ant.muscolino@tiscali.it
Data:
18/10/2012 10.58
A:
Ogg:
POSIZIONE DI MEDICINA DEMOCRATICA IN MERITO ALL'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA
AMBIENTALE (AIA) PER L'ILVA DI TARANTO
POSIZIONE DI MEDICINA DEMOCRATICA IN MERITO ALL'AIA PER L'ILVA DI TARANTO.
http://www.medicinademocratica.org/article.php3?id_article=432
Con queste note si
intendono portare all’attenzione alcuni aspetti relativi al documento in
questione sia in merito al suo scopo che ai contenuti. Si premettono alcune
considerazioni generali fondate sui seguenti tre aspetti.
Da quanto riportato
nelle premesse dell’atto lo stesso si basa essenzialmente su un documento (un
“piano complessivo di adeguamento”) “presentato dall’azienda con nota DIR
175/2012 del 25.09.2012” , i contenuti dello stesso vengono “accettati” o meglio
si “ritiene che l’esercizio dell’impianto potrà avvenire nel rispetto da parte
dell’Azienda del piano di adeguamento presentato e del relativo crono programma
come modificato dalla Commissione IPPC”.
Nelle pagine
precedenti si afferma anche che il gruppo di lavoro di revisione della AIA
rilasciata il 4.08.2011 era incaricato anche di “concludere il parere tecnico
per i profili concernenti : a) l’integrazione nella documentazione istruttoria
dell’ordinanza del GIP del Tribunale di Taranto, nella parte riguardante la
disposizione per il risanamento ambientale degli impianti” nonché di applicare
le BAT del settore siderurgico licenziate dalla Commissione Europea con
decisione 2012/135.
Il parere
istruttorio in questione è intermedio ovvero si riferisce ad aspetti considerati
prioritari e vanno a sostituire parzialmente le prescrizioni della AIA vigente
“che riguardano le aree oggetto di sequestro”.
Appare stridente
l’esito della comparazione tra due diverse premesse dell’atto : da un lato la
presa d’atto dell’emersione delle emergenze ambientali connesse con l’esercizio
degli impianti e dall’altro l’affermazione che le modifiche dell’AIA vengono
definite accettando integralmente le proposte dell’Azienda (con qualche ritocco
sul cronoprogramma). Sembra che venga affermato, implicitamente, un ruolo
“subordinato” del gruppo istruttore chiamato ad una semplice valutazione della
congruità delle proposte aziendali.
Per una valutazione
congrua di tali aspetti occorrerebbe disporre dell’intera corrispondenza tra
Gruppo istruttore (e gruppo di lavoro) e gestore, richiamata nelle premesse del
parere in esame, ma dagli elementi a disposizione tale conclusione appare avere
un fondamento.
Dalle notizie
stampa inoltre il parere istruttorio intermedio in esame non riguarderebbe solo
le “aree sottoposte a sequestro” ma costituirebbe anche una “risposta” alle
questioni oggetto del provvedimento di sequestro preventivo del 25.07.2012
emesso dal GIP Dr.ssa Patrizia Todisco quasi che le prescrizioni e le
autorizzazioni ivi contenute fossero finalizzate alla modifica del decreto
stesso se non al dissequestro delle aree interessate. E’ evidente che ciò è
incongruo in quanto è pacifica la differenza (le competenze e gli atti connessi)
tra un procedimento giudiziario per reati penali contro l’ambiente e la salute
collettiva (si rimanda alle imputazioni richiamate nella ordinanza del Giudice
del riesame del 7.08.2012) ed eventuali inadempienze di un gestore nella
attuazione delle prescrizioni di una AIA (nei casi previsti e puniti dall’art.
29 quaterdecies del Dlgs 152/06).
Tenendo conto della
forma del documento in esame si seguirà l’ordine ivi previsto e, per ogni
prescrizione o per gruppi di prescrizioni, verranno fornite osservazioni e/o
evidenziate le criticità che si ritiene opportuno evidenziare. Sul piano di
monitoraggio ci si limita ad alcune considerazioni generali non avendo potuto
approfondire adeguatamente il tema per il tempo limitato a disposizione
dall’invio del parere.
Ci si riserva
comunque, su tutti i temi del parere in questione, la presentazione di ulteriori
note e osservazioni. Il parere inizia (e si conclude - v. punto 3.10) con il
rinvio di ulteriori momenti di riesame : al completamento del “documento per la
valutazione del danno sanitario”; alla valutazione della fattibilità del
progetto “installazione filtri a maniche a valle del MEEP” progetto di copertura
dei parchi primari (che costituisce anche la prescrizione 1, presentazione entro
60 giorni di progetto e sua realizzazione entro 36 mesi).
La indicazioni
relative alla (possibile) installazione di filtri a maniche nella fase di
agglomerazione (non è chiaro se ci si riferisca alla emissione E312) fa emergere
un aspetto procedurale non secondario. La commissione istruttoria e il gruppo di
lavoro in questo caso (come in diversi altri che emergono dall’esame delle
prescrizioni contenute nel parere) non sono state in grado di definire quali
siano le caratteristiche tecnologiche che il gestore deve adottare per
l’esercizio dell’impianto in grado di soddisfare i principi previsti dalla
normativa IPPC. In particolare l’adozione delle migliori tecniche disponibili.
Si ammenta che sancire che una tecnica disponibile non sia applicabile a un
impianto esistente non può che determinare una AIA che definisca i termini e i
tempi di dismissione di quel dato impianto. Considerato che il parere in
questione (come pure la precedente AIA) non determina la cessazione di nessun
impianto (eccezion fatta di quegli impianti ed attività che che l’impresa stessa
ha definito di voler cessare, come l’esercizio dell’altoforno AFO/3 e l’attività
di recupero di zolfo da rifiuti) occorre ritenere che il gruppo istruttore ha
considerato tutti gli altri impianti e attività adeguati o adeguabili alle
BAT.
Se tale
considerazione è corretta il parere contiene diversi passaggi in contrasto con
tale conclusione, per la parte relativa alla “adeguabilità” alle BAT, ogni
qualvolta si prescrive al gestore di presentare “valutazioni di fattibilità” e
non progetti esecutivi finalizzati alla realizzazione di specifici interventi
(semmai prospettando diverse alternative tecnologiche di equivalente
risultato).
Non si può lasciare
al gestore la “valutazione” della fattibilità o meno di applicazione di una BAT,
questo è (dovrebbe essere) compito del Gruppo istruttore. Le prescrizioni dalla
2 alla 4 riguardano interventi di riduzione delle emissioni diffuse dai cumuli
dei materiali nei diversi parchi/depositi (Riduzione giacenze stoccaggi parchi
primari del 30 % rispetto al valore medio del 2011 e diminuzione altezza massima
dei cumuli; riallocazione dei cumuli del parco minerali - entro 30 giorni ;
realizzazione di edifici chiusi per le aree di deposito di materiali
polverulenti diversi dai parchi primari (entro 1 anno). Dalla prescrizione 7
alla 12 vengono indicate come prescrizioni gli “impegni del gestore” concernenti
attività gestionali finalizzate alla riduzione delle emissioni diffuse dai
cumuli e dalla movimentazione dei materiali.
Analogamente, le
prescrizioni da 13 a 15 indicano le prescrizioni gestionali relative alle
giornate ventose (wind day ovvero presenza per un intero giorno di velocità del
vento superiori a 5 m/s, per un periodo di almeno 3 ore di provenienza dal IV
quadrante e assenza di precipitazioni). Tali aspetti verrebbero risolti (o
quasi) definitivamente con la prescrizione 1, ovvero con presentazione entro 60
giorni di progetto e realizzazione entro 36 mesi della copertura integrale (?)
dei parchi primari.
Se la prescrizione
della copertura è certamente condivisa, i tempi di realizzazione e la non
precisa individuazione (e quindi completezza) delle aree interessate ne riducono
fortemente la valenza (anche tenendo conto che questo tema è sollevato da anni
dalle popolazioni residenti e anche oggetto di sentenze di condanne precedenti
al procedimento in corso).
Prescrizione 20 -
divieto di utilizzo di petcoke e catrame. Si concorda con il divieto, si
sottolinea che l’AIA vigente consentiva l’utilizzo di tali materiali, pur
essendo caratterizzati da concentrazioni maggiori di elementi problematici
(zolfo ma non solo), sul presupposto che i sistemi di abbattimento esistenti
sarebbero bastati a rendere “non significativo” l’impatto aggiuntivo
ipotizzabile.
Prescrizione 21 -
utilizzo di sottoprodotti (qualificati come tali dall’azienda). Pur non
disponendo della documentazione aziendale in materia si ritiene che quanto
indicato nella AIA sia comunque inadeguato. La prescrizione subordina l’utilizzo
dei (presunti) sottoprodotti alla presentazione di documentazione attestante il
rispetto delle condizioni di cui all’art. 184 bis comma 1 DLgs 152/06.
Considerato che l’attività suddetta viene svolta nell’ambito di una attività di
AIA è opportuno, all’inverso, che sia l’autorità competente a fissare le
specifiche condizioni (caratteristiche, fasi e modalità di utilizzo dei
“sottoprodotti”) in virtù delle quali viene riconosciuto e consentito l’utilizzo
di “sottoprodotti”.
Inoltre,
nonostante, si faccia riferimento alle BAT della Decisione UE 28.02.2012 non si
è trovata traccia di verifiche ovvero di prescrizioni specifiche sul tema dei
sottoprodotti (v. punto 1.1.4 della Decisione suddetta).
Prescrizione 22 -
l’utilizzo (recupero) di rifiuti quali rottami ferrosi e scaglie di laminazione.
Le attività previste e indicate nella AIA vigente (9.6.4.5 e 9.6.4.7) riguardano
sia l’attività di messa in riserva per la produzione di materia prima secondaria
(o EOW) - R13 che quella di recupero (riciclo) R4. La prescrizione introdotta
riguarda la “preventiva evidenza” che le caratteristiche emissive (si suppone
riferite alla attività R4) siano conformi all’allegato 1, sub allegato 2 del DM
5.02.1998. In realtà tale condizione andava verificata in sede di valutazione
della domanda di AIA anche in quanto - all’atto della domanda - l’azienda aveva
in essere una comunicazione in procedura semplificata per il recupero dei
rifiuti e in itinere la trasformazione della stessa in autorizzazione ordinaria.
Pertanto l’AIA deve definire nel dettaglio, tenendo conto delle modalità
effettive del recupero dei rifiuti, le prescrizioni (anche) emissive (a partire
ad esempio dalla definizione dei parametri per l’applicazione della formula di
definizione dei limiti prevista dal sub allegato citato).
Inoltre,
nonostante, come già detto, si faccia riferimento alle BAT della Decisione UE
28.02.2012 non si è trovata traccia di verifiche ovvero di prescrizioni
specifiche sul tema
Prescrizione 23 -
si prende atto dell’intenzione dell’azienda di disattivare l’attività di
recupero dello zolfo dai rifiuti che lo contengono (CER
060603).
Prescrizione 24 -
si dichiara che le tabelle relative ai limiti emissivi dell’AIA vigente si
riferiscono a portate normalizzate secche (e non tal quali). Si tratta pertanto
solo di una specificazione relativa alle modalità di espressione dei dati
emergenti dal monitoraggio (sorprende che tale specificazione fosse assente
nella AIA vigente che era pertanto viziata da una indeterminatezza non
secondaria nelle modalità di espressione e valutazione dei risultati dei sistemi
di monitoraggio delle emissioni in atmosfera).
Prescrizione 25 -
si prescrive che i filtri a tessuto, per l’abbattimento delle polveri, siano
dotati di sistema di registrazione della pressione
differenziale
Prescrizione 26 -
riguarda un crono programma relativo alle misure in corso e programmate per
evitare l’insorgere di rischi di inquinamento ambientale conseguente alla
cessazione definitiva delle attività esercitate o di parte di esse. Si tratta di
una prescrizione che presenta stranezze considerato che, per impianti che (in
toto o in parte) vengono chiusi definitivamente esiste già una prescrizione
generale della redazione del piano di ripristino ambientale che comprende le
attività di tutela ambientale.
Prescrizione 28
-sempre nei giorni ventosi viene prescritta una riduzione del 10 % nei punti di
emissione più significativi di benzopirene (con portata superiore a 100.000
Nmc/h e superiori a un flusso di massa di 0,5 g/h). Al di là della valutazione
sulla significatività di tale obiettivo di riduzione non è chiaro rispetto a
quale valore “standard” si applicherebbe la riduzione
suddetta.
Considerato che si
fa riferimento a una bolla emissiva dovremmo dedurre che il confronto va fatto
con tanti flussi quanti sono quelli composti da uno o più “blocchi” da 100.000
Nmc/h ovvero, considerando un limite emissivo (DLgs 152/06) di 0,1 mg/Nmc,
rispetto a un numero imprecisato di flussi di 10 g/h (che andrebbero pertanto
ridotti o meglio mantenuti non oltre 9 g/h).
Tenuto conto del
riferimento contenuto nella prescrizione ai punti di emissione E422, E423, E424
(cokefazione), E312 (agglomerazione), E134, E137, E138 (altoforni 1, 4 e 5)ci si
confronterebbe con un flusso complessivo (“bolla emissiva”) di quasi 5.160.000
Nmc/h pari a 515 g/h alla concentrazione limite del Dlgs 152/2006 (con una
riduzione pertanto a 463,5 g/h). Quanto sopra a fronte di emissioni dichiarate
di IPA da parte del gestore (riportate nella AIA vigente) di due o tre ordini di
grandezza inferiori a quelle previste nel DLgs 152/06 e di un limite prescritto
nella AIA vigente per gli IPA pari a 0,08 mg/Nmc. Per quanto sopra si ritiene
indispensabile una riduzione significativa del limite del benzoapirene rispetto
a quello stabilito in AIA nonché, ove si individuino valori percentuali di
riduzione correlati a diversi punti di emissione, oltre alla fissazione di un
limite di concentrazione anche un definito limite di flusso di massa (come
fatto, per esempio, nella prescrizione 41).
Verrebbero escluse
comunque punti di emissioni significativi (es. E426-E427 della cokeria, 94.000
Nmc/h ognuna in quanto di poco inferiori alla soglia di massa indicata e
considerata pari a 100.000 Nmc/h) come pure le emissioni dal raffreddamento
agglomerato ed in particolare l’E325 (portata circa 400.000 Nmc/h) per la quale,
nella AIA, è stato fissato un limite per gli IPA; ma anche l’AFO/2 che non
risulta in dismissione né con revoca della autorizzazione come
l’AFO/3.
Prescrizioni 29÷31
prescrizioni generali relative alla cokeria La prescrizione 30 indirettamente
approva la nota dell’azienda (DIR 33 del 23.02.2012) relativa al monitoraggio
delle emissioni diffuse di polveri, IPA e benzene. Si considera, in primo luogo,
improprio che in una AIA anziché indicare prescrizioni e condizioni
autorizzative si “rimandi” a un documento del gestore. Inoltre si segnala che la
suddetta prescrizione rimanda ad accordi tra il gestore e l’ente di controllo la
definizione delle metodiche di campionamento. Tale aspetto invece dovrebbe
essere incluso nel piano di monitoraggio ed è inopportuno rinviarlo a successivi
atti esterni alla AIA.
Una modifica di
tali indicazioni risultano ancora più necessarie quando (come nella prescrizione
32) si riportano obiettivi di riduzione (del 10 % nei wind day) delle emissioni
diffuse di IPA; non chiarendo rispetto a quale valore e con quale modalità
validata di misurazione e stima.
Nella prescrizione
31 vengono fissati dei limiti di flussi di massa di polveri dall’insieme dei
punti di emissione dell’area di cokeria nonché dalle torri di spegnimento. Tali
flussi vengono stimati sulla base di concentrazione delle emissioni
(post-adeguamento, non vengono specificati tempi nel parere) pari a 10 mg/Nmc e
25 g/t per le torri di spegnimento (v. anche prescrizione
48).
In questo caso le
concentrazione delle emissioni di polveri per i punti di emissione suddetti sono
stati rivisti rispetto a quanto indicato nella AIA vigente (v. prescrizioni 38,
41, 45 e 50). Il limite del benzopirene (0,08 mg/Nmc) andrebbe rivisto (ridotto)
anche per questa area.
Prescrizioni 33-37
- riduzione emissioni diffuse cokeria Diverse tra queste prescrizioni rimandano
(senza alcuna specificazione di dettaglio relativa agli impianti in questione) a
misure BAT definite dalle UE (BAT 43, 45, 47, 59).
Alle suddette BAT
sono infatti associati dei livelli di emissione di polveri (in sostanza < 10
mg/Nmc) che sono stati “riversati” nelle prescrizioni sulle concentrazioni
emissive di alcuni ben definiti punti (v. prescrizioni 38, 41, 45 e 50) ma non è
chiaro invece come la richiesta di attuazione delle BAT citate sulle emissioni
diffuse si applichi; per l’esattezza come si riduca l’esistenza stessa di
emissioni diffuse in questa fase lavorativa.
La risposta
contenuta nella prescrizione 36 appare inadeguata. La prescrizione 36 richiede
uno studio, entro 6 mesi, per valutare il “convogliamento delle emissioni
diffuse oggi non convogliate” connesse ad alcune fasi di trasferimento del coke
dallo sfornamento allo spegnimento. Tale prescrizione appare impropria e indice
di un approfondimento inidoneo del parere in esame (e ancor più della AIA
vigente rilasciata). Non va anche dimenticato che con la prescrizione 27 (di
carattere generale) viene richiesto un aggiornamento della valutazione delle
emissioni diffuse. In altri termini il Gruppo istruttore non ha ancora una
visione completa di tale problematica sollevata più volte (e particolarmente
sottolineata per l’entità delle emissioni correlate, nel caso della cokeria,
nella ordinanza del Tribunale del riesame di Taranto, sulla scorta delle
relazioni dei CTU).
La emissione
diffusa, per definizione normativa, è l’emissione tecnicamente non
convogliabile. Il Dlgs 152/06 definisce la emissione tecnicamente convogliabile
come la “ emissione diffusa che deve essere convogliata sulla base delle
migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che
richiedono una particolare tutela”. Risulta pertanto pacifico che, nell’ambito
di una procedura di AIA, occorre valutare la presenza di emissioni diffuse al
fine di verificare se le stesse siano o meno convogliabili e, in caso
affermativo, imporne il convogliamento all’esterno (previo trattamento di
abbattimento) e non chiedere al soggetto controllato di “valutare” la convogli
abilità delle emissioni diffuse.
La prescrizione 39,
ad esempio, anche se parzialmente va proprio in questa direzione nel disporre di
completare la chiusura degli edifici della preparazione miscela del coke e
“conseguentemente captazione e convogliamento dell’aria degli ambienti
confinati” con un limite all’emissione di polveri pari a 10 mg/Nmc; analogamente
le prescrizioni 51, 57, 63 relative rispettivamente agli edifici trattamento
coke, di agglomerazione/sinterizzazione e altoforni..
Anche la
prescrizione 40 appare maggiormente “corretta” ovvero coerente con il richiamo
alla BAT corrispondente (44) relativa alla riduzione della durata delle
emissioni visibili in fase di caricamento della miscela. In tal caso si
dispongono (ancorchè richiamando i metodi contenuti nella BAT 46) le modalità di
verifica del rispetto della prescrizione stessa.
Prescrizione 41 -
limiti emissione cokefazione, vengono sostituiti, riducendoli, i limiti
previgenti con due step (“da subito” e “post adeguamento”). All’adeguamento
effettuato i limiti indicati sono quelli corrispondenti alla soglia inferiore
della BAT 49 ad eccezione delle polveri per le quali viene indicato un valore
intermedio del range indicato nel documento UE. L’aspetto non condivisibile
rimane quello dei termini di adeguamento che vengono fissati “comunque non oltre
il termine dell’8 marzo 2016” ovvero quello previsto dal documento UE sulle BAT
del comparto siderurgico.
Le prescrizioni 42
e 44 hanno lo scopo di attuare, rispettivamente, le BAT 46 (riduzione
percentuale emissioni visibili) e 48 (riduzione emissioni di acido solfidrico
ovvero tenore di zolfo nel gas di cokeria).
Analogamente la
prescrizione 46 (BAT 54 sullo spegnimento delle scorie), la prescrizione 48 (BAT
51 sul fattore di emissione di polveri per tonnellata di coke
prodotto).
La prescrizione 53
prescrive una riduzione delle emissioni di polveri soprattutto della emissione
E312 (agglomerazione) che si rammenta ha una portata di ben 3.400.000 Nmc/h. La
riduzione viene espressa in flusso di massa “parametrato per il camino E312 a 10
mg/Nmc” , la modifica della tabella 293 della AIA vigente (prescrizione 55 -
tabella 6) per la concentrazione limite è però pari a 20 mg/Nmc (e non 10
mg/Nmc) ed è riferita a “campioni casuali raccolti in un arco di tempo minimo di
mezz’ora”, prescrizione non chiara visto che (prescrizione 89) per questo punto
di emissione viene prevista la realizzazione di un monitoraggio in continuo con
SME).
Più corretta
risulta essere la prescrizione 67 ove il limite di 10 mg/Nmc per le polveri
(emissioni altoforni, fase colaggio ghisa e loppa) è riferito ad una media
giornaliera.
Sui tempi di
attuazione (post adeguamento) rimane l’incognita (prescrizione 56 e 60 per le
polveri, prescrizione 64 per NOx e SOx) di un arco di tempo indefinito rispetto
al termine del 8.03.2016.
La prescrizione 68
(acciaieria) definisce obblighi di captazione e abbattimento di fumi in diversi
punti e fasi della lavorazione nonché di chiusura di parti degli edifici (entro
il 31.12.2013).
Al di là di
valutazioni di congruenza sulla tempistica si evidenzia la stranezza per cui nel
parere alcuni interventi sono più definiti di altri (anche se afferiscono a
problematiche analoghe) e con tempistiche maggiormente precise e ridotte
rispetto ad altre, pur apparentemente simili.
Quanto già detto in
merito alla tempistica (al 2016) vale anche per le prescrizioni 69, 71, 72, 73
(emissioni acciaieria individuate nelle tabelle 299, 300, 301 della AIA vigente)
relative al limite di emissione delle polveri.
La prescrizione 81
(emissioni torce) rimandano a successivi valori di soglia in tonnellate/giorno
(di portata dei gas avviati in torcia, si suppone) oltre i quali l’azienda dovrà
effettuare comunicazioni all’ente di controllo.
Il tema delle
emissioni di gas in torcia viene correttamente indicato come oggetto di
interventi di riduzione (prescrizione 82) ma il parere rimanda a uno “studio di
fattibilità tecnico-economica” da parte del gestore (entro 6 mesi) senza che
emergano delle indicazioni (ed eventualmente delle prescrizioni ancorchè
parziali) riferite ad interventi possibili per la riduzione di tale sistema di
“smaltimento” dei gas avviati in torcia dai diversi impianti. Per l’emissione di
PCDD/F i punti di emissione considerati (in primis l’E312 - impianto di
sinterizzazione - agglomerazione) è stato fissato un limite in AIA di 0,4
nanog/Nmc sulla base della L.R. 44/2008.
Per i punti di
emissione dell’acciaieria (v. pescrizione 69) è stato fissato un limite per le
diossine (0,1 ng/Nmc di PCDD/F ITEQ) corrispondente a quello stabilito dal
Regolamento CE 850/2004 come modificato dal Regolamento CE 304/2009 (allegato V
parte 1). Si ritiene che tale parametro, con i limiti indicati per l’acciaieria,
sia da adottarsi anche per l’emissione E312 (sinterizzazione) come pure per i
punti di emissione corrispondenti agli altoforni.
Sono state previste
modifiche del piano di monitoraggio ed in particolare sono stati prescritti dei
sistemi di monitoraggio esterni: “rete di monitoraggio in continuo della qualità
dell’aria attraverso l’adozione di sei centraline” perimetrali - prescrizione
84; monitoraggio “ad alta risoluzione temporale lungo tutto il perimetro dello
stabilimento” nonché sistema di monitoraggio in continuo IPA, BTEX e polveri su
macchine caricatrici e sfornatrici delle cokerie - prescrizione 87; rete di
biomonitoraggio (prescrizione 91). Il contenuto di tali monitoraggi viene in
parte rinviato al contenuto di un verbale ARPA (24.08.2012) e in parte a
modalità da definire con “l’ente di controllo”.
L’indefinitezza
della funzione di tali misure, in particolare nel caso in esame, non è
condivisibile. Il rischio concreto è la produzione di “dati conoscitivi” slegate
da azioni di adeguamento nel caso di sforamento di soglie
definite.
Per inciso, tali
soglie non potranno essere semplicemente limiti stabiliti da norme - ad esempio
di qualità dell’aria - ma dovranno essere definite (e vanno già definite in AIA)
considerando che la fonte principale di contaminazione è rappresentata dagli
impianti in esame e pertanto le soglie dovranno essere tali da “attivare” un
risposta ben prima che possano essere superati i livelli limite normati nelle
zone abitate.
Pertanto il parere
di AIA è carente sia della precisa definizione di contaminanti da considerare e
di soglie di “allarme” sia di identificazione degli interventi prescritti o
prescrivibili dall’ente di controllo al raggiungimento di tali soglie. Con
riserva di presentazione di ulteriori note e memorie anche in relazione alla
messa a disposizione di ulteriore documentazione del gestore allo stato non
disponibile per vincoli di segretezza apposti nell’ambito della procedura di
AIA.
Distinti
saluti.
Per il Direttivo di
Medicina Democratica Onlus
Il Vicepresidente -
Marco Caldiroli
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Data:
19/10/2012 0.52
A:
Ogg:
“...UN TRENO CARICO DI STRESS”: RICERCA PSICOFISIOLOGICA SU MACCHINISTI E
CAPITRENO, CONVEGNO PRESENTAZIONE RISULTATI. ROMA, 21-11-2012. 1°
AVVISO.
ancora
IN MARCIA !
GIORNALE
DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908
"...UN
TRENO CARICO DI STRESS”
STRESS LAVORO CORRELATO: UNA RICERCA PSICOFISIOLOGICA SU MACCHINISTI E CAPITRENO, UN METODO A DISPOSIZIONE DI TUTTI
CONVEGNO:
Roma, 21 novembre 2012, ore 8,30 – 17,30 Sala Congressi, Facoltà di Sociologia,
Via Salaria. 113
1°
Avviso
Si
è conclusa la ricerca sullo stress lavoro correlato per i macchinisti ed
i capitreno, effettuata nei mesi scorsi tra i lavoratori che prestano servizio
sui treni.
Il
progetto, realizzato su scala nazionale, si è svolto sotto la direzione
scientifica del prof. Vezio Ruggieri, titolare della Cattedra di Psicofisiologia
clinica della Facoltà di medicina e psicologia dell'Università “la Sapienza” di
Roma.
La
ricerca è stata condotta con la partecipazione attiva dei lavoratori mediante il
confronto in “'gruppi omogenei”.
Durante
la giornata saranno illustrati i dati ottenuti ed il metodo utilizzato per
l'individuazione dei fattori di stress cui sono soggetti i lavoratori addetti a
mansioni così atipiche
Metodo
partecipativo e questionario multischeda, elaborati in questa occasione con i
ferrovieri, si prestano – con gli opportuni adattamenti – ad essere estesi anche
ad altri settori.
Per
i partecipanti all'iniziativa e' previsto il rilascio di crediti
ECM.
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Da:
USB Perugia perugia@usb.it
Data:
19/10/2012 12.33
A:
Ogg: INQUINAMENTO A SPOLETO
Ogg: INQUINAMENTO A SPOLETO
Questa
è la notizia riportata su Umbria 24
SPOLETO,
ACQUA CONTAMINATA DA BATTERI FECALI: LA PROCURA INDAGA PER AVVELENAMENTO
COLPOSO
I
CARABINIERI SI PREPARANO A FAR VISITA AGLI UFFICI DELLA VUS
SANTOCCHIA:
“SITUAZIONE MIGLIORATA, OCENELLI ANCORA CONTAMINATA”
di
Chia.Fa.
Sulla delicata
vicenda della contaminazione fecale dell’acquedotto, la procura della Repubblica
di Spoleto ha aperto un fascicolo d’inchiesta, ipotizzando a carico di ignoti il
reato di avvelenamento colposo delle acque. I carabinieri della Compagnia di
Spoleto, in queste ore, faranno visita agli uffici della Vus, gestore del
servizio idrico, per acquisire, su mandato del procuratore capo Gianfranco
Riggio, diversi faldoni di documenti.
L’INCHIESTA
L’obiettivo è
accertare eventuali responsabilità sull’origine dell’inquinamento da Escherichia
Coli (E.coli) che da lunedì pomeriggio sta tenendo con il fiato sospeso diverse
migliaia di cittadini. I rubinetti, infatti, resteranno chiusi almeno fino a
venerdì in attesa che l’Arpa fornisca alla Asl i risultati preliminari delle
analisi eseguite giovedì mattina. L’ordinanza con cui è stato vietato l’uso
dell’acqua a scopi alimentari, dunque, resta in vigore in tutti i territori
inseriti nell’ordinanza firmata dal sindaco Daniele
Benedetti.
SANTOCCHIA:
“SITUAZIONE MIGLIORATA”
E giovedì mattina
sono arrivati i risultati delle analisi eseguite mercoledì. “Gli esami eseguiti
– ha dichiarato il dottor Franco Santocchia, direttore del dipartimento
Prevenzione dell’Asl 3 – permettono di affermare che la situazione è nettamente
migliorata tanto che i livelli di contaminazione si registrano ancora solo in
una delle zone dell’ordinanza sindacale, la località Ocenelli, zona
all’estremità della rete idrica interessata dall’inquinamento dove gli effetti
della disinfezione con cloro operata dalla VUS si registreranno più tardi”.
“Questa mattina –
prosegue Santocchi – si è comunque proceduto a ripetere in controlli in località
Ocenelli e, a scopo cautelativo, in altri punti della zona interessata nei
giorni scorsi dalla contaminazione. L’esito delle analisi su tali prelievi e su
quelli eseguiti in altre zone del Comune di Spoleto – ha concluso il dottor
Santocchia – saranno comunicati dal laboratorio Arpa domani mattina e pertanto
riteniamo opportuno attendere tali dati per sciogliere ogni riserva sulla
potabilità dell’acqua”.
POZZI
DI SAN NICOLO’
Sull’origine della
contaminazione restano sotto stretta osservazione quattro pozzi che dalla crisi
idrica della scorsa estate alimentano, insieme alla sorgente Argentina,
l’acquedotto dell’Alta Marroggia. Il sospetto, confermato anche dall’Asl 3, è
che le recenti piogge abbiano originato delle infiltrazioni ai pozzi di San
Nicolò da cui, è evidente, sarebbe scaturita la contaminazione. Vus, invece, ha
escluso “categoricamente che l’inquinamento dell’acqua sia causato dalle
cisterne, peraltro non utilizzate nella zona in
questione”.
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Da:
CUB
Sanità della Provincia di Torino
Data:
19/10/2012 22.49
A:
Ogg: ASL TO 1 A RISCHIO ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO E LA CHIAMANO SANITA'
Ogg: ASL TO 1 A RISCHIO ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO E LA CHIAMANO SANITA'
ASL TO 1 A RISCHIO ESPOSIZIONE ALL'AMIANTO E LA CHIAMANO SANITA'
L'edificio
comunale di Via Monte Ortigara 95 che ospita diversi Servizi Sanitari dell'ASL
TO1 (Consultorio Famigliare, Consultorio Pediatrico, Neuropsichiatria Infantile
e Sert) è interamente costruito con pannelli d'amianto.
Ciò
implica, su dichiarazione del Servizio di Prevenzione e Protezione della stessa
ASL, un rischio di esposizione ai danni dell'amianto di grado medio
alto.
Un
rischio che incombe quotidianamente sulla salute e sulla sicurezza degli
operatori sanitari che vi lavorano e sui pazienti che lo frequentano: neonati,
donne gravide, minori con distrubi psicologi e più in generale cittadini, ignari
del rischio che stanno correndo.
Lavoratori
e cittadini inermi che rischiano di ammalarsi e morire di mesotelioma pleurico
per aver respirato fibre d'amianto: una conseguenza gravissima ed estrema resa
più probabile dallo stato di degrado e semi-abbandono in cui versa la
struttura.
La
CUB Sanità da tempo ha cercato un confronto con la direzione della ASL TO 1 su
questi temi trovandosi di fronte ad una chiusura netta. Per di più, in questo
come in altri casi, la Direzione dell'ASL TO 1 ha utilizzato la normativa sula
cosiddetta “fedeltà aziendale” per rendere difficili le denunce di quanto
avviene da parte dei lavoratori.
Per
ironia della sorte, al centro del giardino (incolto) che circonda l'edificio si
erge, come un lugubre monito, una statua dedicata ai Caduti sul
Lavoro.
Ma
davvero non è possibile prevenire le morti sul lavoro invece che commemorarne le
vittime a posteriori? Noi crediamo che sia possibile e doveroso, specialmente da
parte di un'istituzione pubblica che è preposta proprio alla tutela della
salute.
CUB
Sanità della Provincia di Torino
Torino,
19 ottobre 2012
----------------------
Da:
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
Data:
20/10/2012 9.27
A:
Ogg:
MATTIA PASCAI IL GIOVANE MORTO SUL LAVORO LAVORAVA IN NERO E NON E’ NEPPURE
CONSIDERATO UN MORTO SUL LAVORO NON DISPONENDO
DELL’ASSICURAZIONE
Mattia
Pascai il povero giovane morto cadendo dal tetto di un capannone lavorava in
nero e senza le protezioni prescritte dalle norme sulla sicurezza.
La
cosa surreale è che non è neppure considerato un morto sul lavoro dalle
statistiche ufficiali.
La
Procura di Cagliari ha aperto un’inchiesta sul tragico infortunio sul lavoro
avvenuto il giorno 17 a Mattia Pascai di soli 25 anni, tragedia avvenuta nella
zona industriale di Elmas. Secondo gli inquirenti, Mattia Pascai, l’operaio
quartese di 25 anni che ha perso la vita cadendo dal tetto di un capannone,
lavorava in nero ed era senza l’imbragatura, il casco e le scarpe prescritte
dalle norme sulla sicurezza.
Dopo
aver colpito il mondo del lavoro con la riforma Fornero, anche questo governo, e
chi l'appoggia, come il precedente che aveva come ministro Sacconi, sta
contribuendo in modo drammatico anche a far diminuire le normative sulla
sicurezza del lavoro.
L'allungamento
dell'età della pensione anche per lavori rischiosi, lo svuotamento delle tutele
individuali sull'articolo 18 e il calo dei controlli faranno aumentare
drammaticamente gli infortuni anche mortali.
Ma
la cosa ancora più tragica e surreale è che anche questo povero giovane non è
considerato un morto sul lavoro dalle statistiche ufficiali e questo perché non
ha nessuna assicurazione.
Carlo
Soricelli curatore dell'Osservatorio Indipendente di Bologna Morti sul Lavoro
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From: Erika nilams@alice.it
To:
Sent: Saturday, October 20, 2012 3:28 PM
Subject:
DA FREE ITALIA DIECI VALIDI CONSIGLI PER PROTEGGERSI DAL
CELLULARE
Vogliamo
ora trattare l’argomento sulla pericolosità dei cellulari con nuove evidenze
emerse di recente e con una lista di 10 raccomandazioni da tenere sempre ben
presente.
Cominciamo
dalle evidenze.
Lo Studio
Interphone (13 paesi) il cui capo progetto è Lennart Hartell, autorevole
scienziato svedese, stima che un’esposizione di più di 27 minuti al giorno alle
radiazioni emesse dal cellulare in un arco di 10 anni, aumenta considerevolmente
la possibilità di insorgenza del glioma, che è un cancro al cervello.
Anche
in seguito al fatto che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha
inserito l’utilizzo dei telefoni cellulari come possibile fattore cancerogeno,
in Italia il Consiglio Superiore di Sanità il 15 Novembre 2011 ha invitato il
Ministero della Salute a promuovere l’utilizzo degli auricolari per limitare i
rischi e ha chiesto ai genitori di limitarne l’utilizzo nei bambini, solo in
caso di effettiva necessità.
Come
riporta il libro di Riccardo Staglianò dal titolo “Toglietevelo dalla testa”, il
Tribunale di Brescia che ha stabilito un risarcimento a carico dell’Inail per un
ex-manager che è stato purtroppo colpito da un tumore alla testa, mentre lo
stesso procuratore di Torino, Guariniello, sta indagando su un caso analogo,
come riporta il Corriere della Sera.
Un’altra
evidenza importante è il fatto che le compagnie di assicurazione come Swiss Re e
Lloyd’s non coprono i rischi delle compagnie telefoniche, dato che hanno
ipotizzato uno scenario di insorgenza di tumori al cervello molto forte fra il
2020 e 2030 per chi oggi è forte utilizzatore: in pratica lo danno per certo e
non vogliono assumersi il rischio finanziario delle class action che verranno,
come già accaduto in precedenza per il fumo.
Fatte
queste premesse eccovi i dieci consigli per limitare i rischi dei
cellulari:
1. NON farli usare ai bambini, se non in caso di
emergenza. Tollerati gli SMS ma meglio ridurre anche quelli. In Francia non a
caso è vietata la pubblicità dei telefoni cellulari rivolta ai minori di 14
anni.
2. Utilizzare sempre gli auricolari con cavo, non
quelli wireless. Anche il vivavoce è comunque meglio.
3. Se c’è poca rete, poco campo (lo vedete dalla
barre sul display) non effettuare chiamate. Sarà necessaria più potenza
radiante, quindi più radiazioni.
4. Usarlo meno possibile in movimento, come in
treno ed in auto: meno segnale, più radiazioni.
5. Non mettetelo vicino alla testa in fase di
chiamata dove le radiazioni sono più forti, aspettate la risposta (vivavoce come
soluzione possibile).
6. Non tenete il cellulare in tasca, né nel
taschino della camicia o della giacca.
7. Cambiate orecchio e riducete la durata delle
chiamate.
8. Utilizzate la linea fissa, il vecchio e caro
doppino, se potete, o strumenti di instant messaging come ad
esempio Skype
9. NON addormentatevi con il cellulare vicino
alla testa, ad esempio usandolo come sveglia.
10. Scegliere un modello che abbia un basso valore
di SAR (tasso di assorbimento specifico delle radiazioni).
Cercate
poi di seguire queste sagge raccomandazioni.
Fonte:
APPLE
- Associazione Per la Prevenzione e Lotta all’ Elettrosmog
PROGETTO
EDUCATIVO SULL’ELETTROSMOG CAMPAGNA PER L’USO SICURO DEL
CELLULARE
Riviera
Mussato, 103
35139
Padova
telefono
049 87 50 240 / 049 87 16 382
fax
049-8750240
APPLE
(Associazione Per la Prevenzione e Lotta all’ Elettrosmog) è
una Associazione di Promozione Sociale, apartitica e senza fini di lucro,
iscritta al Registri del Comune di Padova e della Regione
Veneto.
Nata
nel 2001 a Padova si occupa di inquinamento elettromagnetico a livello locale,
regionale e nazionale; ha funzione di coordinamento e sportello informativo per
cittadini, comitati spontanei e associazioni localmente impegnate su questo
tema.
L’Associazione,
che aderisce alla Rete Nazionale No Elettrosmog ha come obiettivi principali:
-
la
divulgazione di informazioni tecniche e scientifiche sulle tecnologie che
emettono campi
-
elettromagnetici
(C.E.M.) e sugli effetti biologici e sanitari conseguenti;
-
la
promozione della tutela della salute dell’uomo e dell’integrità dell’ambiente
dalle esposizioni ai C.E.M.
APPLE
“PROGETTO SCUOLA” PROGETTO EDUCATIVO SULL’ELETTROSMOG.
Un
percorso finalizzato alla conoscenza critica ed all’uso ottimale delle
tecnologie che emettono campi elettromagnetici, presenti sia all’interno delle
abitazioni sia nell’ambiente esterno. Il progetto, rivolto alle scuole primarie
e secondarie, può essere sviluppato durante l’anno scolastico, in relazione alle
esigenze dei docenti.
L’elettrosmog,
come altre forme di inquinamento, è
invisibile all’occhio umano, ma
non per questo è “meno
pericoloso”.
L’uso
del telefono
cellulare
è
oggi molto diffuso: lo utilizza il 98% dei giovani tra i 14 e i 19
anni.
Ormai
è
diventato uno strumento irrinunciabile per comunicare, ma deve essere utilizzato
con precauzione.
Alcuni
studi epidemiologici recenti documentano un nesso tra uso prolungato del
cellulare (e del cordless) e tumori di vario tipo alla
testa.
Tali
studi indicano che gli effetti
dovuti
all’uso del cellulare non sono solo di tipo
termico (riscaldamento
dei tessuti), ma anche di tipo biologico
(effetti
neurologici – induzione di tumori).
Per
questo motivo, nell’uso
del cellulare,
è indispensabile seguire il PRICIPIO
DI PRECAUZIONE, cioè la MINIMIZZAZIONE dell’ESPOSIZIONE.
I
telefoni cellulari sono dispositivi che emettono e ricevono onde radio ad alta
frequenza (microonde da 900 MHz a 2200 MHz): queste
collegano ogni cellulare ad una rete di stazioni radio base, in modo da
permettere agli utenti di fare e ricevere chiamate.
E’
possibile conoscere la quantità di energia da radiofrequenza assorbita da un
corpo esposto ad un campo elettromagnetico come quello prodotto dal cellulare (o
dal cordless).
Questa
quantità è espressa in TAS
(inglese SAR), ossia Tasso di Assorbimento Specifico.
L’unità di misura del TAS (o SAR) è ilWatt/Kg. Il TAS tiene conto del solo
effetto termico sui tessuti. A parità di potenza emessa è maggiore per il
bambino rispetto all’adulto.
Più
il TAS è ridotto, meno radiazioni emette il cellulare.
Controllate
le emissioni dei vostri cellulari al momento dell’acquisto,
cioè il livello di TAS (SAR) in Watt/kg.
TELEFONA
CON IL CERVELLO! 10 REGOLE PER L’USO CORRETTO DEL TELEFONINO
1.
Usa
l’auricolare per diminuire l’effetto delle onde elettromagnetiche sulla tua
testa (no blue-tooth) o In auto, per legge, devi usare solo il viva voce Oppure
usa il viva voce: l’intensità del campo elettromagnetico diminuisce rapidamente
con l’aumentare della distanza!
2.
Evita
le lunghe telefonate, alterna spesso l’orecchio durante le conversazioni e
limitane drasticamente la durata (alcuni minuti); quando fai una chiamata
aspetta che ti rispondano prima di avvicinare il cellulare
all’orecchio.
3.
Telefona
quando c’è pieno campo (tutte le “tacche”) altrimenti il tuo cellulare aumenta
la potenza delle emissioni sul tuo orecchio.
4.
Durante
la notte non tenere il cellulare acceso sul comodino o, peggio, sotto il cuscino
(le onde elettromagnetiche disturbano il sonno). Non ricaricarlo vicino al
letto!
5.
Durante
il giorno non tenere il telefonino acceso in tasca o a contatto con il corpo:
appena puoi riponilo sul tavolo, negli indumenti appesi, nella borsa o nello
zaino.
6.
Non
tenere il cellulare acceso negli ospedali o dove sono presenti apparecchiature
elettromedicali, sugli aerei ed in presenza di persone con dispositivi quali
pacemaker o apparecchi acustici.
7.
Al
cinema, a teatro, a SCUOLA tieni il cellulare spento e utilizza l’opzione
segreteria. Il cellulare a SCUOLA è VIETATO dalla legge!
8.
L’uso
del cellulare da parte dei bambini dovrebbe essere limitato alle sole chiamate
di emergenza!
9.
Quando
acquisti un cellulare nuovo informati sul livello delle sue emissioni (TAS in
Watt/kg, l’intensità di campo elettrico in V/m).
10.
All’interno
degli edifici il cellulare aumenta la sua potenza di emissione: nei luoghi
chiusi cerca di usare la rete telefonica fissa (non il
cordless).
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To:
Sent:
Sunday, October 21, 2012 7:05 AM
Subject:
ILVA
DI TARANTO: NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA
ILVA
DI TARANTO: NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA
6 ottobre 2012
Da Umanità Nova
n.30 del 7 ottobre 2012.
La vicenda
dell’Ilva di Taranto è solo la punta di un iceberg che ha portato alla luce, in
maniera definitiva e radicale, il grande problema che il mondo del lavoro si
porta dietro da qualche decennio ovvero: la
totale assenza di un punto di vista di parte o, meglio, di classe che metta la
produzione industriale al servizio dei bisogni delle popolazioni e non a quella
del capitale e del profitto sempre e a qualunque costo.
Se si entra nello
specifico della vicenda Ilva, si può capire come gli intrecci tra politica,
industriali, media e sindacati “governativi”
sia l’espressione di una cornice di valori e di un progetto sociale che è
mefitico per gli abitanti di Taranto come per tutto il resto del paese. Il
fatto, poi, che debba essere la magistratura a scoperchiare il malaffare e porre
sigilli, andando di fatto a commissariare la politica e l’economia nazionale, è
il risultato di una logica economica e sociale perversa che scambia lavoro e
salute, qualunque sia il costo sociale che questa rappresenta. Così è avvenuto
per alcuni casi più recenti dove a pagare caro il prezzo del rapporto
capitale-lavoro sono stati, ancora una volta, i lavoratori e i territori che
“ospitano” grandi siti produttivi: Casale Monferrato con l’Eternit, la
Thyssenkrupp di Torino con la sua, colpevole e dolosa, negligenza in merito alla
sicurezza sul lavoro, ma anche la stessa Val Susa dove si criminalizza un intero
territorio accusandolo di voler bloccare posti di lavoro e sviluppo mentre
dall’altra parte, pur consapevoli delle quantità d’amianto che si sprigionerebbe
nell’aria, si mette in pericolo la salute e l’economia, in prospettiva, di un
intera valle. Questi esempi solo per citare i casi più eclatanti e noti, ma non
dimentichiamo i numerosi siti produttivi medio-piccoli dove sicurezza e rispetto
per la salute e l’ambiente sono messi da parte a discapito del
profitto.
Nello specifico
tarantino mai come in queste ore stiamo assistendo ad una vera e propria
divaricazione sociale – non a caso definita “frattura”
in un documento subito stigmatizzato dalla politica tradizionale – che vede
contrapposti – in una dinamica sociale nuova per il nostra paese – esigenze e
metodi di lotta che, per alcuni versi, ci riportano alle esperienze dell’azione
diretta in auge in terra di Puglia fino alla metà degli anni ‘60. Infatti a
fronte di un, progressivo, arretramento della Fiom (finora apertamente schierata
con Uilm e Fim e … con la proprietà) acquista sempre maggior forza e
consapevolezza il movimento che si riconosce nel comitato spontaneo nato il 30
luglio scorso che ha apertamente contestato i vertici confederali nella
“storica” giornata del 2 agosto scorso.
Emblematico in
questo contesto la posizione assunta dal Comitato di cittadini e lavoratori
liberi e pensanti nei confronti delle 44 ore di sciopero proclamate – in queste
ore – dalla Fim Cisl e dalla Uilm da cui la Fiom si è dissociata e la USB l’ha
bollata di protesta “telecomandata”
dal padronato. Di fronte ai blocchi stradali che penalizzano la città
immediatamente posti in essere da queste forze il comitato ha risposto bloccando
l’ingresso C a tutti i mezzi in entrata ed in uscita con il dichiarato intento
di bloccare la produzione (e danneggiare Riva) piuttosto che nuocere alla
città.
Ma è chiaro che in
questo clima di scontro – creato ad arte da alcune forze sociali che temono di
perdere i privilegi fin qui acquisiti – le opinioni e le aspirazioni di chi
intende andare fino in fondo nella difesa intransigente del diritto alla salute
e di quello al lavoro – anche a costo della chiusura degli impianti con la,
conseguente, perdita dell’unica fonte certa di reddito – appaiono un po’ spente
e, sicuramente, soffocate dal gran chiasso mediatico che – sulla vicenda Ilva –
si sta facendo in queste ore.
Quella che si sta
consumando a Taranto, dunque, non è solo la cristallizzazione “plastica”
del conflitto tra capitale e vita sociale sostenibile.
Non è solo la
denuncia e cacciata dei sindacati filopadronali dalla fabbrica e dalla piazza.
Quello che sta accadendo a Taranto è molto di più. E’
la comunità del rione Tamburi, i precari, i disoccupati e in prima battuta gli
operai della fabbrica stessa, che rifiutano di farsi schiacciare ancora una
volta da un ricatto occupazionale intollerabile e cercano di
rovesciarlo. Ricatto che quando l’Ilva si chiamava Italsider e
le morti che portava a Taranto avevano il marchio dello Stato, era ordito dal
pubblico (lo stessa gestione pubblica che ha segnato i sogni, gli orizzonti, il
colore del cielo e persino l’urbanistica di una Taranto che sembra uscita da una
cartolina del socialismo reale) e ora invece, dopo la svendita della fabbrica,
continua a essere attuato dal privato, una gestione comunque capace di speculare
anche sugli aiuti dello Stato, grazie a finanziamenti di bonifiche più volte
erogati, ma mai realizzate. E’ la caduta, in ultima istanza, dell’elemento
centrale che in Italia ha tenuto in piedi per decenni forza padronale e
rappresentanza sindacale e che ha depotenziato i conflitti sociali e le
battaglie per la costruzione di un welfare degno di questo nome: l’apologia del
lavoro, l’ossessione salariale, la paranoia da piena occupazione. Una caduta
pesante, simbolicamente ma anche praticamente. E’ una caduta che innervosisce e
fa perdere lucidità alla controparte (in primis ovviamente la controparte più
vicina alla linea di frattura sociale) che inizia a dare patenti di “parassitismo sociale”
con parole che sembrano formulate dal peggior Emilio Fede su TG4 (cfr. Landini
su Repubblica) e arriva, ovviamente e puntualmente, alla repressione (più di
quaranta compagni denunciati per aver spostato qualche transenna e urlato
qualche slogan nella contestazione del 2 agosto scorso in piazza della
Vittoria).
Per
questo il messaggio di rottura sociale è arrivato forte e chiaro: reddito e
diritti contro il ricatto occupazionale, senza accettare fallimentari
elargizioni caritatevoli (vedi qualche misera e becera legge regionale
sperimentata in Campania o nel Lazio e che, a quanto pare, si intenderebbe
estendere anche alla vicenda Alcoa) o dispositivi mediati dai sindacati di cassa
integrazione.
Le prossime ore e
giorni saranno cruciali per capire quali strumenti saranno utilizzati nei
confronti dei “non allineati” per indurli a più miti consigli ma una cosa si può
affermare fin da subito e non è una frase fatta ma la pura realtà: da oggi a
Taranto, e non solo, nulla sarà più come prima.
Data:
23/10/2012 11.56
A:
Ogg: TARANTO: DRAMMATICI DATI - L'APPELLO DELLA RETE NAZIONALE
Ogg: TARANTO: DRAMMATICI DATI - L'APPELLO DELLA RETE NAZIONALE
ILVA,
PEGGIORANO I DATI SULLA MORTALITA’ NELLE DONNE MAXI-AUMENTO DEI
TUMORI
La
mortalità a Taranto è più alta rispetto al resto della regione del 14 per cento
per gli uomini e dell'8 per cento per le donne, mentre si ammalano di tumore il
30 per cento in più degli uomini e il 20 per cento in più delle donne rispetto
al resto della provincia. Sono i dati contenuti nel Progetto Sentieri
dell'Istituto superiore della sanità sui siti inquinati relativi agli anni
2003-2009. Nelle donne l'incidenza dei tumori è più alta con dati che oscillano
tra il 24 e il 100 per cento, mentre per gli uomini rispetto alla media della
provincia le possibilità di morire di tumore aumentano fino al 419 per cento. E
nei bambini crescono le malattie nel primo anno di vita. “Dai risultati
presentati emerge con chiarezza uno stato di compromissione della salute della
popolazione residente a Taranto”, scrive il ministero della Salute.
Il
più 11 per cento si riferisce all'eccesso di mortalità rilevato a Taranto
rispetto alle aspettative di morte di tutti i cittadini residenti in
Puglia.
Si
tratta di un dato ricavato dalla media tra l'eccesso di mortalità del 14 per
cento registrato tra gli uomini e quello dell'8 per cento rilevato nelle donne
nel periodo tra il 2003 e il 2009.
Per
gli uomini l'eccesso di mortalità per tutte le cause nel periodo che va dal 2003
al 2009 rispetto alla media regionale è del 14 per cento. Per tutti i tumori è
più 14, per cento malattie circolatorie 14 per cento, malattie respiratorie c'è
un eccesso del 17 per cento, per i tumori polmonari si raggiunge il più 33 per
cento e c'è un più 419 per cento di mesoteliomi pleurici. Rispetto al resto
della provincia, invece, per gli uomini che vivono tra Taranto e Statte si
registra un più 30 per cento di tumori. Nel dettaglio c'è un più 50 per cento
del tumore maligno del polmone, più 100 per cento per il mesotelioma e per i
tumori maligni del rene e delle altre vie urinarie (esclusa la vescica), più 30
per cento per il tumore della vescica e per i tumori della testa e del collo,
più 40 per cento per il tumore maligno del fegato, del 60 per cento per il
linfoma non Hodgkin, del 20 per cento per il tumore maligno del colon retto e
quello della prostata e al 90 per cento per il melanoma cutaneo.
Per
le donne a Taranto invece è stato rilevato un eccesso di mortalità rispetto al
resto della regione per tutte le cause nel periodo tra il 2003 e il 2009 dell'8
per cento. I decessi legati ai tumori sono più 13 per cento, per le malattie
circolatorie più 4 per cento, per i tumori polmonari più 30 per cento e per il
mesotelioma pleurico più 211 per cento.
In
particolare, rispetto però stavolta ai dati della provincia nel sito di Taranto
e Statte si registra un incremento totela dei tumori del 20 per cento e nello
specifico dei tumori al fegato (+75%), linfoma non Hodgkin (+43%), corpo utero
superiore (+80%), polmoni (+48%), tumori allo stomaco (+100%), tumore alla
mammella (+24%).
I
bambini si registrano incrementi significativi di contrazione malattie per tutte
le cause nel primo anno di vita.
L'APPELLO
DELLA RETE NAZIONALE
La
Rete ha deciso di organizzare un convegno nazionale a Taranto che definisca
anche tramite dibattito, analisi, confronto,tra tutti i partecipanti la
piattaforma e data di una possibile manifestazione nazionale nel fuoco della
lotta in corso a Taranto e in stretto rapporto con gli operai Ilva-indotto e le
realtà territoriali in lotta. Il convegno promosso dalla Rete sarà aperto a
tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che vogliano contribuirvi, a
Taranto come a livello nazionale.
Il
Convegno si terrà ai primi di dicembre.
La
Rete si assume le sue responsabilità di ridare a tutti uno strumento nazionale
di elaborazione e lotta, a partire - come è già stato per Testo Unico,
Thissenkrupp, Ilva, strage di Molfetta, rapporto precarietà/morti sul lavoro,
ecc. - dalla questione più calda oggi: l'Ilva di Taranto, dimostrando sul campo,
con il convegno nazionale e la possibile manifestazione nazionale,
l'indispensabile necessità di questo strumento.
RETE
NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO
Roma
6 ottobre 2012
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