lunedì 2 luglio 2012

“Rifiuti illegali made in Italy”: la discarica dell’ex Sisas di Pioltello

“Rifiuti illegali made in Italy”, Greenpeace sull’archiviazione della discarica di Pioltello L'associazione ambientalista ha depositato una denuncia ufficiale presso la Rappresentanza italiana della Commissione europea a Roma in risposta all'archiviazione del caso da parte della stessa Ue di Alessio Pisanò | 29 giugno 2012 Nuovo capitolo della
, in provincia di Milano, e del presunto traffico illegale di rifiuti pericolosi denunciato dagli ambientalisti. Greenpeace ha depositato una denuncia ufficiale presso la Rappresentanza italiana della Commissione europea a Roma in risposta all’archiviazione del caso da parte della stessa Ue. Secondo Greenpeace, così facendo, Bruxelles non farebbe altro che il gioco delle autorità italiane che hanno fatto di tutto per non fare luce sulla vicenda. Ma ripartiamo dall’inizio. Parliamo della discarica ex Sisas di Pioltello, oggetto della condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia europea il 9 settembre 2004 per non aver adottato le misure necessarie per assicurare che i rifiuti depositati fossero recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e l’ambiente secondo quanto mette nero su bianco la Direttiva Ue 75/442/CEE. Il governo italiano nel marzo 2011 aveva dichiarato conclusa la bonifica giusto in tempo per evitare la maxi multa europea di oltre 400 milioni di euro prevista dalla sentenza dell’Alta Corte. Secondo l’associazione, l’effettiva bonifica sarebbe continuata anche dopo il termine ultimo indicato dalle autorità italiane, e precisamente fino al 30 dicembre 2011. Nella denuncia presentata da Greenpeace alla Rappresentanza e che adesso verrà esaminata dagli uffici competenti, l’associazione fornisce addirittura copia dei bandi di gara relativi alla rimozione di fusti interrati contenenti rifiuti pericolosi scoperti a margine delle discariche lombarde. Secondo l’associazione, queste operazioni sono avvenute “sotto il naso della Commissione” e hanno riguardato ben “30mila tonnellate di rifiuti” delle quali “18mila pericolosi”. E dire che proprio il 28 marzo 2011 l’annuncio della conclusione delle operazioni di rimozione dei rifiuti era stata data in pompa magna dall’allora ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo e dal governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni, e per di più in presenza dello stesso Commissario Ue all’Ambiente Janez Potocnik. Con l’archiviazione dell’indagine numero 2220/11, la Commissione ha rinunciato ad andare più a fondo anche del sospetto traffico illecito di rifiuti pericolosi dalla ex Sisas verso la Spagna, sempre secondo quanto denunciato da Greenpeace. Come si legge nel dossier dell’associazione “Rifiuti illegali made in Italy”, i rifiuti pericolosi provenienti dalla ex Sisas sono stati smaltiti senza la prevista inertizzazione nella discarica di Befesa di Nerva in Andalusia (sud della Spagna) temporaneamente posta sotto sequestro nel luglio del 2011 dopo due diversi incendi nell’area di scarico dei rifiuti. Sempre Greenpeace riferisce della mancanza di informazioni sulla destinazione finale della frazione di rifiuti pericolosi provenienti dalla ex Sisas contaminati con alte percentuali di mercurio. Da quanto comunicato dai servizi della Commissione europea all’associazione, le autorità spagnole ritengono che non ci sia stato nessun traffico illecito. Quanto basta per far archiviare il dossier a Bruxelles. Duro Alessandro Giannì, direttore campagne Greenpeace Italia: “La bonifica dell’ex Sisas si conferma un caso esemplare dell’inadeguatezza delle gestioni emergenziali delle bonifiche con il consueto alone di mistero che ancora oggi avvolge parte delle attività svolte, assieme a quella che sembra la tendenza di una parte delle istituzioni, italiane ed europee, a chiudere gli occhi di fronte all’evidenza”. Sta di fatto che adesso bisognerà aspettare l’esito della denuncia presentata alla Rappresentanza a Roma, sempre che seguirà un’altra indagine, non scontata dopo la chiusura della EU Pilot 2220/11. Una cosa è certa: per sapere la verità sui rifiuti dell’ex Sisas bisognerà ancora attendere.

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