la newsletter n.112 del 06/07/12 di “Sicurezza sul lavoro !
- Know Your rights !”.
In
questo numero:
-
Lavoro
minorile e rischi attività di pasticceria
-
Processo
Eureco
-
Contratto
a termine nullo in caso di
mancata
valutazione dei rischi
-
Ambienti
confinati: le attività e le situazioni di lavoro più a rischio
-
Agenti
chimici e cancerogeni: le misure per ridurre il rischio
Invito
ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a
diffonderle in tutti i modi.
La
diffusione è gradita e necessaria. L’ obiettivo è quello di diffondere il più
possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei lavoratori a
tale proposito.
L’
unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la
fonte:
“Marco
Spezia - sp-mail@libero.it”
DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !
Marco Spezia
RETE
NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO
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LAVORO
MINORILE E RISCHI ATTIVITA’ DI PASTICCERIA
LE
CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS ! – N.25
Come
sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS ! è anche
quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su
tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro.
Da
quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me
è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare
chiarezza sui diritti del lavoratori.
Mi
sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le
mie newsletters, queste consulenze.
Esse
trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di
informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente
per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno
chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco
Spezia
QUESITO
Mio
figlio, minorenne, ma a giugno compirà 18 anni, andrà a fare un lavoro
stagionale come aiuto pasticcere.
Ha
fatto la visita medica, ma il medico del lavoro non può rilasciare il
certificato in quanto il lavoro comporta dei rischi e lui è minorenne.
Il
datore di lavoro sarebbe disposto ad aspettare i suoi 18 anni per assumerlo. Al
di là dell’età, immagino che il lavoro comporterà dei rischi anche per persone
adulte.
A
questo proposito volevo chiederti se hai del materiale che io possa consultare
in modo da poter vigilare sul fatto che il ragazzo sia messo al lavoro con tutte
la garanzie di sicurezza necessarie.
Grazie.
RISPOSTA
La tutela del
lavoro minorile è regolata dalla Legge n.977 del 17/10/67, come successivamente
modificata dal Decreto Legislativo n. 345 del 4 agosto 1999 e dal Decreto
Legislativo n. 262 del 18 agosto 2000 (che ti riporto in
allegato).
Tale legge vieta di
adibire i minori alle lavorazioni e ai processi indicati nell’Allegato 1 della
legge stessa.
Tra le lavorazioni
e i processi indicati nell’Allegato 1, non compare né specificatamente la
mansione di aiuto pasticcere, né indirettamente lavorazioni che comportino i
rischi che usualmente compaiono all’interno di una pasticceria artigianale o
industriale.
Credo pertanto che
la mancata autorizzazione al lavoro per tuo figlio da parte del medico (ritengo,
anche se tu non lo hai scritto, si tratti di medico del lavoro della ASL) sia
dovuta all’esecuzione del lavoro in orario notturno, che probabilmente può
interessare le pasticciere (specie le primissime ore del
mattino).
La legge 977
infatti, oltre a proibire per i minori i lavori di cui all’Allegato 1, prevede
anche, all’articolo 15, la proibizione di adibire i minori a lavori che si
svolgono in un periodo di tempo compreso tra le ore 22 e le 6 oppure tra le ore
23 e le 7.
Se non è nemmeno
questo il caso per cui il medico non ha concesso l’autorizzazione al lavoro per
tuo figlio, il motivo potrebbe essere legata a una sua non idoneità ai rischi
della mansione, anche se questi rischi non sono tra quelli citati nell’Allegato
1 della legge 977 (come ad esempio una semplice allergia alle farine
vegetali).
Quindi dovreste
chiedere al medico i motivi della non idoneità, per meglio comprendere il
profilo di rischio individuato all’interno della
pasticceria.
In merito ai rischi
in cui può incorrere tuo figlio, anche dopo la maggiore età, in un lavoro di
aiuto pasticciere, questi non sono certo gravissimi, ma devono comunque essere
adeguatamente valutati a cura del datore di lavoro nel documento di valutazione
del rischio, di cui all’articolo 28 del D.Lgs.81/08. All’interno di tale
documento devono poi essere contenute le misure di prevenzione e protezione che
il datore di lavoro deve adottare per ridurre o eliminare i
rischi.
Se l’azienda ha
meno di 10 lavoratori, il datore di lavoro, anziché redigere un documento di
valutazione del rischio, può redigere una autocertificazione in cui attesta di
avere valutato tutti i rischi per i lavoratori. Egli deve comunque definire e
applicare le misure di prevenzione e protezione adeguate a eliminare o ridurre i
rischi individuati.
Per l’attività di
pasticceria ti posso citare quelli che sono i rischi più comuni e le relative
azioni di prevenzione e protezione. E’ ovvio che quelli che ti elenco sono
valutazioni del tutto generiche che andranno poi inserite nel reale contesto
produttivo (per il quale dovranno essere valutati anche i rischi legati agli
ambienti di lavoro, agli impianti elettrici, al rischio incendio,
ecc.).
A livello
assolutamente del tutto generale, le principali fonti di rischio (tra parentesi
il livello di rischio) per attività di pasticceria e le relative misure di
prevenzione e protezione sono quindi le seguenti:
-
rischio da ustioni
alle mani (alto) => adozione di idonei DPI, quali guanti
anticalore;
-
rischio di
infortunio alle mani per utilizzo di utensili affilati o appuntiti (medio) =>
adozione di idonei DPI, quali guanti antitaglio;
-
rischio di
infortunio ai piedi per caduta di teglie, vassoi (medio) => adozione di
idonei DPI quali scarpe antinfortunistiche;
-
rischio da
microclima caldo e da sbalzo termico caldo / freddo (alto) => adeguata
ventilazione degli ambienti di lavoro, sorveglianza sanitaria
specifica;
-
rischio da polveri
di farina (alto, ma solo per soggetti allergici) => adozione di idonei DPI
(mascherine), sorveglianza sanitaria specifica;
-
rischio da
movimentazione manuale dei carichi per il trasporto di sacchi di farina, teglie,
vassoi, ecc. (medio) => riduzione dei carichi sollevati, ausilio di un
secondo operatore, sorveglianza sanitaria specifica;
-
rischio per lavoro
notturno (basso) => adeguata turnazione, sorveglianza sanitaria
specifica;
-
rischio chimico
(alto, ma solo se vengono utilizzati prodotti pericolosi per la pulizia di
forni, teglie, vassoi, ecc.) => sostituzione dei prodotti chimici con altri
non o meno pericolosi, adozione di idonei DPI, quali guanti e
mascherine;
-
rischio da
esplosione da polveri di farina (basso) => divieto di fumare e usare fiamme
libere, idonei impianti elettrici.
Oltre alle misure
di prevenzione e protezione indicate, fondamentale è la informazione, la
formazione e l’addestramento che tuo figlio deve ricevere prima di cominciare il
lavoro.
La “specifica
sorveglianza sanitaria” deve essere definita dal medico competente dell’azienda
(medico specializzato in medicina del lavoro, pagato dal datore di lavoro), in
funzione dei rischi rilevati e del loro effettivo livello e non può essere
generica, ma mirata a tali rischi (ad esempio spirometrie per le polveri di
farina, ECG per il microclima, ecc.).
Tale sorveglianza
sanitaria deve essere effettuata dal medico competente, per accertare eventuali
non idoneità alle lavorazioni (come ad esempio l’allergia alle farine) ed
eventuali patologie che dovessero insorgere nel tempo (molto raramente nel caso
dei lavori di pasticceria).
Marco
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Da
ANCORA
IN MARCIA !
Da
ieri il calendario torna purtroppo indietro di 60 anni per i ferrovieri in prima
linea: ovvero Macchinisti e Capitreno.
Tutto
ciò grazie alla sigla dell'intesa sui nuovi CCNL delle Attività Ferroviarie e
del gruppo FSI ed anche quello di Trenord, un grazie ancora ai soliti sindacati
che oramai rappresentano solo se stessi e da più di 10 anni firmano solo accordi
e CCNL a perdere.
La
nuova moda è oramai questa: sottoscrivere le intese dei CCNL, in attesa che
vengano definitivamente firmate da sconosciuti di OOSS inutili, che il lavoro
nemmeno sanno cosa sia, visto che non subiscono le conseguenze di ciò che
"regalano" alle aziende.
Certo,
loro, i neuro-pseudo-sindacalisti, nella loro placida ignoranza, dopo anni di
distacco e sempre con la paura di perdere Ag e poltrone, non gliene frega se i
riposi giornalieri passano definitivamente ad 11 ore come a Trenord, o 14 ore in
2 divisioni di Trenitalia, dopo averne lavorato 10 ad Agente Solo o 7 od 8 la
notte sempre da soli, nulla conta se il monte ore annuale di riposo cala
drasticamente, non si ha più diritto al
pasto, e aumentano tutti i tipi immaginabili di
flessibilità.
La
Cina si avvicina sempre più e i Marchionne di turno sono i nuovi guru del lavoro
o meglio dello sfruttamento.
La
sicurezza oramai non viene più vista come concetto di prevenzione, ma come il
colluttorio, alias una parola vuota per sciacquarsi la bocca, ma chissenefrega,
tanto i primi a pagare se cala la
sicurezza e aumentano i carichi, peggiorano le condizioni di lavoro si sa
chi sono poi in questi casi; mentre l'azienda persegue i suoi sempre più perfidi
e masochisti progetti, ed è sempre più in auto-adulazione per l'Alta Velocità,
mentre il resto va tutto a rotoli.
Ferrovieri
che fare?
Cominciamo
dalle cose semplici:
I
sindacati che hanno firmato ci hanno tradito? DISDETTA!
L'azienda
che con i nostri sacrifici stiamo contribuendo a tenere a galla ci tratta come
scarpe vecchie?
Da
oggi ad oltranza che tutti la smettano davvero di fare di più!
Basta
servizi in straordinario, basta concessioni sulla normativa!
Basta
telefoni accesi a tutte le ore, anche nelle ore di riposo!
Basta
fare di più per “salvare
la baracca”,
intento i manager si arricchiscono, e i quadri che ci puniscono vengono
promossi!
Facciamo
capire a questa gente chi sono i macchinisti e i ferrovieri quando... perdono le
staffe!!!
Per
chi vuole dare un'occhiata ai capolavori che questi geni moderni hanno partorito
tramite i CCNL può
prenderne copia nella sezione Rinnovo
CCNL.
Il
giorno 28 giugno si è siglata l'intesa per i nuovi CCNL delle Attività
Ferroviarie e del gruppo FSI, ora va di moda così: si sottoscrive la futura
firma, che pare ci sarà entro il 20 luglio.
Per
scaricare
il
PDF
con
il CCNL
Mobilità/AF 28/06/2012
vai all’ indirizzo:
Per
scaricare
il
PDF
con
il CCNL
aziendale gruppo FSI 28/06/2012
vai all’ indirizzo:
Medesima
cosa avvenuta in Trenord: siglata l'intesa il giorno 21 giugno u.s. e pare che
la firma vera e propria verrà apposta il 4 luglio.
Per
scaricare
il
PDF
con
il CCNL
TRENORD 21/06/2012 vai
all’ indirizzo:
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AMIANTO:
ETERNIT IN SALENTO
Da
Basta morte sul lavoro
domenica
1 luglio 2012
Eternit dal Salento
arrivano nuove accuse ai vertici dell’azienda. La Procura di Torino ha
presentato appello contro la sentenza di primo grado che condannava i vertici
dell'azienda, ma prescriveva i reati per Bagnoli e Rubiera.
Spuntano gli
elenchi di 117 lavoratori italiani ammalatisi nelle fabbriche svizzere. Molti
sono salentini e annunciano: "Numeri parziali. Temiamo di essere esclusi"
di Tiziana Colluto
28 giugno 2012
C’è un altro
capitolo nel processo contro i vertici dell’ Eternit, un capitolo pieno zeppo di
numeri, nomi, date e che tenta di allargare la vicenda giudiziaria al di là dei
confini di Casale Monferrato.
E’ quello che
scrive oggi la Procura di Torino, che ha depositato richiesta di appello contro
la sentenza con cui, lo scorso 13 febbraio, il Tribunale del capoluogo
piemontese ha condannato a 16 anni di reclusione i dirigenti della società
elvetica, lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis De Cartier, per
omissione dolosa di cautele antinfortunistiche e disastro doloso.
Ad essere
contestata è la prescrizione di quest’ultimo reato relativamente agli
stabilimenti di Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, e Bagnoli, nel
napoletano. Ma non ci sono solo le altre sedi svizzere in Italia. Ci sono anche
gli italiani che nelle fabbriche in Svizzera andarono a lavorare e si
ammalarono.
Sono 117 gli operai
morti per mesoteliomi e tumori polmonari dopo avere prestato servizio nelle
industrie d’oltralpe della multinazionale dell’amianto. E’ sempre la Procura
torinese a renderlo noto, aprendo filoni di inchiesta sulle succursali
dell’azienda non solo in madrepatria, ma anche in Brasile e Francia.
La maggior parte
dei lavoratori, che ha contratto la malattia o è deceduta anche molto tempo
dopo, è della provincia di Lecce.
La maggior parte
dei lavoratori, che ha contratto la malattia o è deceduta anche molto tempo
dopo, è della provincia di Lecce.
Ed è qui, nel
profondo Capo di Leuca, soprattutto nei comuni di Corsano e Tiggiano, che da
mesi si affilano le armi per la battaglia giudiziaria. Dopo la chiusura del
primo processo Eternit, dal quale, tranne otto casi, tutti gli altri emigranti
pugliesi sono stati esclusi, si è preparato il terreno per costituirsi parte
civile nel processo Eternit bis o per gettare le basi, addirittura, per un
eventuale Eternit ter.
Sono 967, in
totale, i lavoratori impiegati negli opifici elvetici e che provengono solo dal
Salento leccese. Il PM Raffaele Guariniello ha fatto recapitare, in questi
giorni, ad ognuno di loro le lettere per la convocazione ad effettuare un
questionario presso il distretto ASL di Maglie.
Per rintracciarli e
convincerli a essere parte attiva nel procedimento penale, però, è in piedi da
tempo una lunga attività di contatto e consulenza da parte della Associazione
emigranti esposti e familiari salentini vittime amianto Svizzera.
“I 117 accertati
dalla Procura sono solo gli operai, già deceduti o con un mesotelioma in corso,
che si è riusciti a rintracciare finora. Ma da oltre due mesi stiamo spulciando
indirizzi, date di nascita, estratti di morte, per poter avere un quadro più
completo”.
A parlare è Biagio
Mastria, portavoce della onlus che ogni venerdì si riunisce per delineare la
nuova geografia dei leccesi che hanno lavorato nelle fabbriche elvetiche dagli
anni ’60 fino al 1994, anno in cui è stata vietata la produzione dell’amianto.
Alcuni sono rimasti
in quegli stabilimenti anche dopo, fino a quindici anni fa. Non è facile mettere
insieme i pezzi. Non c’è famiglia nel Salento che non abbia avuto almeno un
familiare emigrato in Svizzera in quegli anni.
Nel comporre il
mosaico, però, sono scesi in campo attivamente anche i comuni e i distretti
sociosanitari della zona. La campagna di sottoscrizioni lanciata da qualche
settimana ha raccolto già 120 adesioni di ex operai che vogliono intentare una
causa contro la multinazionale. Numeri per il momento parzialissimi.
“Si tratta solo dei
dipendenti - conferma Mastria - senza tener conto del fatto che ad essersi
ammalate sono state anche le mogli, che lavavano le tute impregnate di polveri.
Negli elenchi della Procura ce ne sono appena quindici, ma noi riceviamo
telefonate in continuazione da altre donne e dai loro figli. Sembra un contagio
in piena regola di interi nuclei familiari”.
Cartelle cliniche,
attestazioni di decessi, vecchi contratti e il resto della documentazione
raccolta saranno inviati in questi giorni a Torino, con allegata una lettera
indirizzata al PM Raffaele Guariniello.
“Ci dica se
possiamo rientrare in questo secondo processo, altrimenti siamo pronti a dare la
stura al terzo” è l’appello che arriva da Corsano. Non è stato semplice superare
la diffidenza iniziale dei lavoratori, denunciare. E ora la preoccupazione di
rimanere senza giustizia è velata, ma c’è.
Gli ex dipendenti
salentini hanno fatto festa quando la sentenza di febbraio è stata emessa e
sanno che valgono anche per loro le motivazioni con cui il Tribunale piemontese
ha inchiodato gli ex manager Schmidheiny e De Cartier.
“Emerge tutta
l’intensità del dolo degli imputati perché nonostante tutto hanno continuato e
non si sono fermati né hanno ritenuto di dover modificare radicalmente e
strutturalmente la situazione al fine di migliorare l’ambiente di lavoro e di
limitare per quanto possibile l’inquinamento ambientale”, hanno scritto i
magistrati Giuseppe Casalbore, Fabrizia Pironti di Campagna e Alessandro
Santangelo nelle 733 pagine di sentenza di condanna in primo
grado.
Ma le indagini per
l’Eternit bis sono prossime alla chiusura. E si teme che, al di là dei 117
operai già inseriti negli elenchi della Procura, le storie di tutti gli altri
possano finire, una volta per tutte, nel dimenticatoio.
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PROCESSO
EURECO
Da
Operai Contro
ven,
06 lug @ 12:11
Il
“COMITATO A SOSTEGNO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME E DEI LAVORATORI EURECO”
informa che in data 9 luglio p.v. inizierà il processo per omicidio colposo
plurimo nei confronti dei titolari dell'Eureco per la morte di quattro
lavoratori avvenuta per imprudenza, negligenza, imperizia e per inosservanza
delle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro e per trattamento e smaltimento
irregolare di rifiuti pericolosi e per lesioni gravi nei confronti dei
superstiti.
Ad
oltre un anno e mezzo dalla tragedia (4 novembre 2010), a seguito dell'incendio
provocato dalla scintilla di un muletto in avaria, morirono: Sergio Scapolan,
Salvatore Catalano, Harun Zequiri e Leonard Sheu ed altri 4 operai rimasero
feriti e ustionati, finalmente si apre uno spiraglio di giustizia con l'udienza
preliminare di lunedì 9, nella quale si affronterà la costituzione delle “Parti
Civili”.
Per
il nostro Comitato sarà una prima occasione importante per verificare la
risposta delle Istituzioni alle aspettative ed ai diritti negati alle famiglie
delle vittime e dei lavoratori Eureco, ancora oggi
inesistenti.
Infatti
la quasi totalità di queste persone versa ancora in un grave stato psicologico
ed in deprecabile disagio economico per la mancanza di lavoro, nessuna
prospettiva positiva, abbandonati al loro disagio ed alle loro
sofferenze.
Nella
speranza che la Magistratura proceda speditamente verso l'accertamento della
verità e l'emanazione di una sentenza giusta, il 9 luglio vedrà i “COMITATO A
SOSTEGNO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME E DEI LAVORATORI EURECO” costituirsi “Parte
Civile” congiuntamente alle altre Associazioni promotrici delle iniziative
organizzate per sostenere psicologicamente e materialmente queste persone:
A.I.E.A. (Associazione Italiana Esposti Amianto) e Medicina
Democratica.
Per
richiamare l'attenzione sulla tragedia, sul disagio dei lavoratori e delle loro
famiglie e perché sia da monito per non ripetere omicidi per premeditata
incuranza o per dolo in nome del profitto, il 9 luglio verrà effettuata una
manifestazione ed un presidio a partire dalle ore 8.30 di fronte al Tribunale di
Milano in Corso di Porta Vittoria/Piazza Marco Biagi.
Si
invitano tutti i cittadini e le Associazioni sensibili e solidali con queste
persone trascurate delle Istituzioni a partecipare all'iniziativa perché la
Giustizia faccia il suo corso rapido e giusto.
Paderno
Dugnano, 05/07/2012
COMITATO
A SOSTEGNO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME E DEI LAVORATORI
EURECO
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CONTRATTO
A TERMINE NULLO IN CASO DI
MANCATA
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Da
Salute e Sicurezza CGIL Filcams Lombardia
Con
sentenza n. 5241 del 2 aprile 2012, la Cassazione ha affermato che l’articolo 3
del D.Lgs.368/01 ha introdotto una quadruplice serie di divieti all’apposizione
del termine ai contratti di lavoro subordinato, così rafforzando il peculiare
disvalore che connota le assunzioni a termine effettuate in violazione degli
specifici divieti stabiliti a protezione degli interessi intensamente
qualificati sul piano costituzionale, e limitando l’autonomia delle parti nella
stipulazione del contratto a termine.
Il
disvalore legislativo, sancito con il divieto a contrarre, viene, nella specie
in considerazione con riferimento al divieto all’apposizione del termine “da
parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai
sensi dell’articolo 4 del D.Lgs.626/94 e successive modificazioni (articolo 3,
lettera d) del D.Lgs.368/01).
La
specificità del precetto, alla stregua del quale la valutazione dei rischi
assurge a presupposto di legittimità del contratto, trova la “ratio legis” nella
più intensa protezione dei rapporti di lavoro sorti mediante l’utilizzo di
contratti atipici, ove incidono aspetti peculiari quali la minor familiarità del
lavoratore e della lavoratrice sia con l’ambiente di lavoro, sia con gli
strumenti di lavoro a cagione della minore esperienza e della minore formazione,
unite alla minore professionalità e ad un’attenuata motivazione, come con
dovizia emerge dal rapporto OIL del 28 aprile 2010 “Rischi emergenti e nuove
forme di prevenzione in un mondo del lavoro che cambia”.
L’articolo
4 del D.Lgs.626/94 è oggi trasportato in gran parte negli articoli 17, 28, 29
del D.Lgs.81/08.
La
Sentenza del 2 aprile 2012, n. 5241 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro
civile è scaricabile all’indirizzo:
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AMBIENTI
CONFINATI: LE ATTIVITA’ E LE SITUAZIONI DI LAVORO PIU’ A RISCHIO
Da
PuntoSicuro
Anno
14 - numero 2880 di lunedì 18 giugno 2012
Un
supporto operativo per le attività di prevenzione e vigilanza nell’ambito dei
lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Gli indirizzi operativi
di vigilanza, le principali situazioni di rischio e le idonee procedure di
lavoro.
In
relazione ai rischi delle attività lavorative negli ambienti confinati e al recente
Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 (recante il
regolamento relativo alle norme per la qualificazione delle imprese e dei
lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati),
torniamo a parlare della campagna di informazione, promozione e controllo
promossa dal Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti Lavoro (SPISAL)
dell’ ASL 5 dell’Ovest vicentino.
In
relazione alle attività di prevenzione degli incidenti in questi ambienti, sul
sito dell’ASL 5 sono presenti diversi documenti che hanno l’obiettivo di
migliorare la consapevolezza dei rischi e favorire l’adozione di procedure
sicure e il coordinamento dei vari interventi normativi e di vigilanza a livello
nazionale e regionale.
Ci
soffermiamo oggi su un documento dal titolo “Lavori in ambienti sospetti di inquinamento o
confinati”.
Predisposto
dalla Direzione Regionale Prevenzione del Veneto, il documento è un supporto
operativo finalizzato all’espletamento dell’attività di prevenzione e vigilanza
da parte degli organi ispettivi nell’ambito dei lavori in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati anche al fine di dare attuazione alle disposizioni
contenute nel D.P.R.177/11.
Infatti,
ricorda il documento, la Regione Veneto ha recepito con D.G.R. n.1097 del 26
luglio 2011 il documento di “Programmazione coordinata fra Enti”
degli interventi di prevenzione e vigilanza già approvato dal Comitato Regionale
di Coordinamento in data 1 marzo 2011.
Tale
documento evidenzia la necessità di focalizzare gli interventi ispettivi sui
lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
E
in questo senso l’Ufficio Operativo del Comitato Regionale di Coordinamento ha
condiviso, in data 8 settembre 2011, l’attuazione delle seguenti azioni:
-
il
controllo, entro fine anno, con intervento congiunto Direzione Provinciale del
Lavoro e SPISAL in 50 realtà produttive;
-
l’elaborazione
di indirizzi operativi di vigilanza in sintonia con i documenti emessi dalla
direzione regionale del lavoro.
Il
documento, dopo aver indicato i luoghi di lavoro su cui concentrare i controlli
e avere offerto ulteriori informazioni sul DPR 177/11, riporta gli indirizzi operativi di vigilanza,
indirizzi che riguardano i seguenti aspetti di gestione del
rischio:
-
la
valutazione dei rischi specifica per ciascun ambiente confinato considerato e
per il tipo di lavoro previsto (qualificazione, localizzazione ed estensione del
rischio);
-
l’individuazione
degli operatori addetti all’intervento e di un
supervisore/preposto;
-
le
misure di Prevenzione e Protezione Tecniche Organizzative e Procedurali previste
per effettuare l’intervento lavorativo (segnaletica, dispositivi di misurazione
e bonifica, sistemi di comunicazione, controllo e allarme,
DPI);
-
l’effettività
della formazione/informazione per gli addetti individuati (contenuti della
formazione, istruzioni operative);
-
l’addestramento
all’uso dei DPI;
-
l’efficienza
del sistema organizzativo dell’emergenza (verifica idoneità vie di accesso e di
uscita, piano di recupero, primo soccorso);
-
la
gestione dell’appalto ove presente (moduli per incarico appalto/permesso di
lavoro, ruolo del committente, corretta e completa elaborazione del DUVRI,
flusso delle informazioni).
Il
documento è accompagnato da cinque
allegati:
-
fattori
di rischio;
-
esempi
di ambienti sospetti di inquinamento o confinati;
-
gas
coinvolti maggiormente in incidenti/infortuni;
-
riferimenti
normativi;
-
misure
di prevenzione.
Malgrado
non sia possibile fornire un elenco esaustivo di attività o luoghi con ambienti
confinati né delle situazioni di pericolo correlate, ci soffermiamo brevemente
su alcune tabelle presenti nel secondo allegato del documento che riportano
esempi delle situazioni a rischio più
probabili.
Attività/situazioni
in cui si possono presentare i rischi di asfissia:
-
presenza
residuale, dopo svuotamento o lavaggio, di N2 usato come gas inerte
in cisterne, serbatoi nell’ industria agro-alimentare, chimica,
farmaceutica;
-
processi
di fermentazione di mosti con produzione di CO2 (serbatoi, tini,
botti, autobotti, vasche in aziende vitivinicole, nella produzione di
distillati);
-
uso
di CO2 in serra per incrementare la crescita del prodotto (serre
nell’industria agroalimentare);
-
dispersione
di agenti estinguenti o refrigeranti (CO2, halon, freon) in ambienti
non aerati, come locali con impianti e attrezzature antincendio (ad esempio
locali CED) oppure impianti di condizionamento e refrigerazione (ad esempio
nell’industria alimentare);
-
accumulo
di gas inerti (azoto, argon, elio) o di CO2 con formazione di
atmosfere sotto-ossigenate, come serbatoi, celle, locali e stanze chiusi
nell’industria agro-alimentare, chimica, farmaceutica, nei laboratori
scientifici, nella crioterapia;
-
accumulo
di fumi e di gas inerti nella saldatura ad arco (MIG, MAG, TIG) in ambienti
confinati (serbatoi, silos, stive), dove si effettuano processi di
saldatura;
-
rilascio
di vapori tossici di varia natura (scavi su terreni contaminati da scarichi
abusivi, da rifiuti/residui pericolosi nelle attività di
bonifica);
-
presenza
residuale di gas (vecchi gasometri);
-
rilascio
di vapori come residui di sostanze tossiche contenute in recipienti/contenitori
industriali (serbatoi, condotte nell’industria petrolifera, chimica,
galvanica);
-
accumulo
di gas e fumi tossici derivanti da stoccaggi e processi produttivi in ambienti
con scarsa ventilazione (industria, chimica, galvanica,
metallurgica);
-
accumulo
di gas tossici derivanti da reazione tra sostanze incompatibili (sostanze acide
con ipocloriti, solfuri, cianuri, ecc.) oppure impianti di clorazione
(acquedotti, piscine, fontane) oppure concerie, galvaniche;
-
sprofondamento
o seppellimento all’interno di masse di materiale solido in pezzatura minuta
(grani, polveri, pellets), come ad esempio in mulini, silos nell’industria
alimentare, nei cementifici, nella escavazione/lavorazione di materiali
inerti.
Queste
invece le situazioni più probabili in cui si possono presentare i rischi di incendio o
esplosione:
-
gas
da reazioni anaerobiche (metano, idrogeno solforato, ammoniaca, mercaptani,
ecc.) derivante da materiale organico stivato o residui di lavaggi (vasche e
fosse biologiche, collettori fognari, serbatoi di stoccaggio liquami, impianti
di depurazione, di produzione di biogas, in agricoltura, industria alimentare,
trasporti);
-
ristagno
di gas pesanti e infiammabili (butano, propano) usati come propellenti per
prodotti in aerosol in ambienti interrati o seminterrati privi di
ventilazione;
-
nubi
di polveri di varia origine/natura: alimentare (farine, zuccheri, malto, amido),
chimica (plastica, resine, detergenti, farmaceutica), metallurgica (alluminio,
magnesio), vernici,
-
silos,
serbatoi, grandi contenitori di stoccaggio nell’industria alimentare, chimica,
metallurgica;
-
impianti
di aspirazione, filtrazione e stoccaggio nell’industria del
legno;
-
formazione
di atmosfere sovra-ossigenate per rilascio accidentale o volontario di
O2:
-
serbatoi,
locali non ventilati, stive, camere iperbariche, nella saldatura ossidrica,
industria chimica, siderurgia, ossigeno terapia;
-
formazione
di atmosfere esplosive per rilascio del gas metano presente naturalmente in
alcune acque di falda (serbatoi o grandi contenitori di stoccaggio dell’acqua
nell’industria chimica, in agricoltura, allevamenti).
Infine
queste sono invece le situazioni
accidentali poco prevedibili:
fenomeni
di fermentazione di materiale organico, di derrate alimentari (granaglie,
farine, frutta), di rifiuti, con formazione di CO2: fosse, vasche,
stive, containers, autobotti e simili nell'industria alimentare, nei trasporti,
in agricoltura, in attività di allevamento;
reazione
tra l’acqua del terreno ed il calcare con produzione di CO2
(gallerie, fosse, cunicoli, nell’industria estrattiva, in edilizia, nelle
attività di manutenzione stradale);
fenomeni
di ossidazione (formazione di ruggine) all’interno di serbatoi con diminuzione
della concentrazione di O2 (recipienti e serbatoi chiusi in acciaio
lasciati inutilizzati per lungo tempo);
reazioni
anaerobiche di materiale organico con formazione di gas (metano, CO2,
idrogeno solforato, ammoniaca, mercaptani) (fognature, boccaporti di accesso,
pozzi di connessione alla rete, nelle attività di depurazione, di produzione
biogas, in agricoltura, nella manutenzione stradale e
fognaria);
combustioni
in difetto d’ossigeno (stufe catalitiche, bracieri) con formazione di CO (luoghi
e locali nell’industria siderurgica, chimica, del carbone).
Per
concludere questa presentazione riportiamo quanto indicato nel quinto allegato
(misure di prevenzione) in merito alle procedure di
lavoro.
Le
procedure di sicurezza devono
comprendere tutte le azioni di controllo del rischio e le ragioni della loro
applicazione ed essere adeguate a gestire le fasi di seguito
elencate:
-
prima
di accedere:
la verifica delle modalità di accesso e di uscita nonché della eventuale
necessità di ventilazione meccanica dell’ambiente per garantire il ripristino
e/o il mantenimento delle condizioni di respirabilità (livelli di ossigeno
sufficienti);
-
durante
l’esecuzione dei lavori:
la presenza di un operatore all’esterno in contatto permanente che vigila ed è
messo in grado di approntare celermente azioni di
soccorso;
-
eventuale
soccorso:
dovrà essere previsto, in modo dettagliato, l’approntamento di un sistema di
emergenza per intervenire in caso di situazioni di
pericolo.
Inoltre
si ricorda che:
-
se
la valutazione dei rischi effettuata a seguito del controllo preliminare sul
posto (in particolare nei casi in cui non si possa mettere in atto una
ventilazione efficace) ha portato alla decisione di realizzare l’intervento
mediante l’uso di respiratori isolanti, occorre che i lavori siano eseguiti da
personale addestrato all’uso di tali dispositivi nonché fisicamente
adatto;
-
nelle
situazioni che possono presentare rischi di incendio o esplosione, quando la
valutazione dei rischi indica la probabilità di formazione di un’atmosfera
esplosiva (presenza di materiale organico in decomposizione, sversamenti
accidentali di idrocarburi o di solventi organici, vicinanza di serbatoi o
bombole di GPL, ecc.) deve essere
usato un rilevatore di gas adatto.
-
i
lavori con fiamme libere o sviluppo di scintille non potranno essere realizzati
se non è stato emesso uno specifico permesso di lavoro.
-
i
lavoratori dovranno attenersi scrupolosamente alle indicazioni contenute in tale
permesso.
Il
documento della Direzione Regionale Prevenzione del Veneto “Lavori in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati” è scaricabile all’
indirizzo:
Tiziano
Menduto
-------------------------------------------
AGENTI
CHIMICI E CANCEROGENI: LE MISURE PER RIDURRE IL RISCHIO
Da
PuntoSicuro
Anno
14 - numero 2892 di mercoledì 04 luglio 2012
Il Decreto legislativo 81/2008 riporta i principi generali di prevenzione e le misure per ridurre i rischi correlati all’utilizzo negli ambienti di lavoro di agenti chimici pericolosi e agenti cancerogeni e mutageni. Gli obblighi del datore di lavoro.
Per
favorire l’adozione nelle aziende di idonee politiche di prevenzione del rischio chimico, cancerogeno e
mutageno, continuiamo con la presentazione della nuova edizione del
documento “Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti
chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni” elaborato dal Centro
Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” di ISPRA, con riferimento alla
tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori operanti nelle Agenzie
Ambientali.
Queste
linee guida non solo permettono di approfondire i temi connessi al concetto di
rischio chimico, alla classificazione dei vari agenti (chimici, cancerogeni e
mutageni) e ai possibili modelli di valutazione del rischio, ma offrono varie
indicazioni relative a misure e
principi generali per la prevenzione.
Riguardo
alla prevenzione dei rischi il
documento fa riferimento al D.Lgs.81/08, un decreto che introduce un’innovazione
sostanziale alle modalità di tutela della salute dei lavoratori, sostituendo la
presunzione del rischio da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni,
con la sua valutazione.
Ricordando
che la trattazione degli agenti chimici all’interno del Secreto è inserita
all’interno del Titolo IX (sostanze pericolose) (con una distinzione in due
gruppi: Capo I “Protezione da agenti chimici pericolosi” e Capo II “Protezione
da agenti cancerogeni e mutageni”) le linee guida precisano che la definizione degli agenti chimici
pericolosi contenuta nel Decreto (articolo 222) non risulta di immediata
comprensione.
In
realtà lo strumento principale per individuare gli agenti chimici pericolosi è
la classificazione, etichettatura ed imballaggio degli agenti chimici e quindi
il Regolamento CE n. 1272/2008 (CLP), e le schede di sicurezza.
E
sostanzialmente sono classificati agenti chimici pericolosi tutte quelle
sostanze o miscele pericolose per la salute che hanno un’etichettatura
corrispondente ai simboli Molto Tossici, Tossici, Corrosivi,
Irritanti.
La
normativa stabilisce che i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono
essere eliminati o ridotti al minimo attraverso la adozione di misure e principi generali di tutela
quali:
-
progettazione
e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro
(per i laboratori significa lo sviluppo di una nuova cultura della sicurezza che
passa attraverso una valutazione più attenta e profonda, sotto il profilo della
sicurezza, della pianificazione del metodo analitico (prova): tale
pianificazione risulta favorita dal fatto che i metodi analitici sono divenuti
procedure operative standard e inoltre hanno una influenza rilevante
nell’organizzazione e nel ritmo del lavoro l’esistenza di condizioni personali
speciali come persone molto giovani o anziane, donne in stato di gestazione o di
allattamento, persone sensibilizzate o in precarie condizioni di salute e la
mancanza di informazione dei lavoratori sui prodotti che manipolano;
-
fornitura
di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di
manutenzione adeguate;
-
riduzione
al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere
esposti
attraverso una idonea organizzazione del lavoro e delle aree dove tale lavoro è
effettuato;
-
riduzione
al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione
accorpando, ad esempio se possibile, i campioni da sottoporre ad analisi;
-
misure
igieniche adeguate
quali, ad esempio, l’utilizzo del corretto abbigliamento di lavoro come il
camice, l’obbligo dell’utilizzo di occhiali protettivi durante tutte le attività
di laboratorio, l’ utilizzo dei guanti quando serve e la periodica pulizia delle
mani;
-
riduzione
al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione
delle necessità della lavorazione
evitando di detenere troppi reagenti sui banchi di laboratorio conservandone
opportunamente le quantità non necessarie negli appositi depositi e/o armadi di
sicurezza;
-
metodi
di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza
nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro
di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti
chimici
(l’attività di analisi produce quantitativi non indifferenti di residui e
prodotti esausti che a volte subiscono ulteriori processi chimici quali recuperi
di solventi, separazioni e/o precipitazioni, prima di entrare a far parte dei
rifiuti ai sensi della vigente normativa: la gestione di questi processi critici
deve essere necessariamente ben codificata all’interno del metodo
analitico).
Le
linee guida sottolineano che se i risultati della valutazione dei rischi
dimostrano che (in relazione a tipo/quantità di un agente chimico
pericoloso/modalità e frequenza di esposizione) vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante
per la salute dei lavoratori e che le misure sopra riportate sono
sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le misure specifiche di protezione e di
prevenzione, le disposizioni in caso di incidenti o di emergenze, la
sorveglianza sanitaria e le cartelle sanitarie e di rischio (cioè le
disposizioni contenute negli articoli 225, 226, 229 e 230 del
D.Lgs.81/08.
In
realtà non né stata ancora definita con precisione questa soglia di rischio
basso e dunque permangono ampi margini
di soggettività nella effettuazione di una corretta valutazione del
rischio che salvaguardi la salute e la sicurezza dei lavoratori e tuteli
legalmente le aziende senza penalizzarle con misure di prevenzione
sovradimensionate.
Gli
autori indicano che il metodo quantitativo proposto in questa linea guida è
strutturato per la definizione di questa soglia.
Veniamo
brevemente agli agenti cancerogeni e
mutageni e alle misure di
prevenzione indicate nel D.Lgs.81/08.
In
realtà il legislatore, in relazione alla maggiore pericolosità delle sostanze in
questione, prescrive, rispetto agli agenti chimici pericolosi, l’utilizzo di una
più vasta gamma di misure tecniche,
organizzative e procedurali per minimizzare i
rischi.
Questi
gli obblighi di base:
-
il
datore di lavoro deve evitare o ridurre l’utilizzazione di un agente cancerogeno
o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente
possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle
condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per
la salute e la sicurezza dei lavoratori;
-
se
non risulta tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno o mutageno,
il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l’utilizzazione
dell’agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente
possibile;
-
se
il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile, il datore di
lavoro provvede affinché il livello di
esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente
possibile.
Inoltre
il datore di lavoro deve:
-
assicurare,
applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni
lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non
superiori alle necessità delle attività analitiche e che gli agenti cancerogeni
o mutageni in attesa di utilizzo, in forma fisica tale da causare rischio di
introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro e sui banchi di
laboratorio in quantitativi superiori alle necessità predette;
-
limitare
al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere
esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le zone di impiego in
aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di
sicurezza, ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per
motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione;
-
dotare
l’ambiente di lavoro di un adeguato sistema di ventilazione generale e
ricambi d’aria;
-
provvedere
alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle superfici delle
apparecchiature e degli impianti;
-
elaborare
procedure specifiche per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni
elevate;
-
assicurare
che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati
in condizioni di sicurezza;
-
assicurare
che la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e
dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in
condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici
etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
-
disporre,
su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con
quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti
cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati;
-
assicurare
che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
-
disporre
che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in
posti separati dagli abiti civili;
-
provvedere
affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi
determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a
far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova
utilizzazione.
Ricordiamo
infine che se la valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni e
mutageni evidenzia per alcuni lavoratori un rischio per la salute, questi
lavoratori devono essere:
-
sottoposti
a sorveglianza sanitaria;
-
iscritti
in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta,
l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore
dell’esposizione a tale agente.
Il
documento “Linee Guida per la Valutazione del Rischio da esposizione ad agenti
chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni” versione 2011, elaborato
dal Centro Interagenziale Igiene e Sicurezza del Lavoro di ISPRA è scaricabile
all’ indirizzo:
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