INDICE
SENTENZA
CASSAZIONE: IL DATORE NON E’ RESPONSABILE DELL'INFORTUNIO AL LAVORATORE SE HA
CONFERITO LA DELEGA SULLA SICUREZZA A UNA SOCIETA’ ESTERNA
Carlo
Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MORTI
SUL LAVORO CON CARTINE GEOGRAFICHE DEGLI INFORTUNI MORTALI NEI PRIMI 6 MESI DEL
2012
Mai più ThyssenKrupp maipiuthyssenkrupp@hotmail.it
RACCOLTE
PIÙ DI MILLE FIRME PER L'APPELLO “UN LAVORO PER GLI EX OPERAI THYSSENKRUPP
PROMESSO DA FASSINO”
Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
GRUPPO
TEMATICO PER LA SALUTE-ALBA FIRENZE
NUOVO
INCIDENTE SUL LAVORO NEL PISANO
VOLANTINO
PER IL PRESIDIO SOTTO IL TRIBUNALE DI TORINO
----------------------
To:
Sent: Saturday, June 30, 2012 7:29 PM
Subject:
SENTENZA CASSAZIONE: IL DATORE NON E’ RESPONSABILE DELL'INFORTUNIO AL LAVORATORE
SE HA CONFERITO LA DELEGA SULLA SICUREZZA A UNA SOCIETA’
ESTERNA
Nonostante
il datore di lavoro fosse stato condannato senza alcun dubbio in Primo e Secondo
Grado, la Corte di Cassazione è riuscita a ribaltare il risultato e l'ha
assolto, perché il datore di lavoro che delega la sicurezza sul lavoro ad una
società esterna NON È RESPONSABILE
DELL'INFORTUNIO A LAVORATORE: IN QUESTO CASO UN INFORTUNIO
MORTALE.
Quindi
ha annullato il procedimento e dovrà essere fatto un nuovo processo.
SONO SBALORDITO!!!
SONO SBALORDITO!!!
Saluti
Marco Bazzoni
Marco Bazzoni
Operaio
metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza
Firenze
Il
testo completa della sentenza è scaricabile all’indirizzo:
----------------------
From:
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent:
Monday, July 02, 2012 7:53 PM
Subject:
MORTI SUL LAVORO CON CARTINE GEOGRAFICHE DEGLI INFORTUNI MORTALI NEI PRIMI 6
MESI DEL 2012
Morti
sul lavoro nei primi 6 mesi del 2012 con le cartine geografiche dei morti per
ciascuna provincia italiana.
Nei
primi 6 medi del 2012 sono morti SUI LUOGHI DI LAVORO 307 lavoratori ( tutti
documentati) di cui 62 a giugno, oltre 600 dall'inizio dell'anno se si
aggiungono i lavoratori deceduti in itinere o sulle strade. Erano 326 sui luoghi
di lavoro nei primi 6 mesi del 2011. Nei primi 6 mesi del 2010 i morti furono
254, nel 2009 274 e nel 2008 290. Occorre ricordare che tra questi morti sulle
cartine mancano i lavoratori morti sulle autostrade, in mare, sulle strade,
all'estero e in itinere. Complessivamente si arriva a superare i 600
morti.
I
morti sui luoghi di lavoro in questi primi sei mesi sono per il 30,8% in
agricoltura, di questi, la metà schiacciati dal trattore (già 53 dall'inizio
dell'anno di cui 24 a giugno). Edilizia 26% di morti sul totale, in questa
categoria il 28% sono causate da cadute dal’alto. Industria 16,1%, quasi la metà
di queste morti sono state provocate dal terremoto in Emilia. Servizi 5,8%.
Autotrasporto 5,1%, Il 3% Esercito Italiano (Afghanistan). Il 2,65 nella Polizia
di Stato ( tutte le morte in servizio sulle strade). Il 13,3% dei morti sui
luoghi di lavoro sono stranieri. Eta' delle vittime: il 4,9% hanno meno di 29
anni, dai 30 ai 39 anni il 14,1%, dai 40 ai 49 anni il 24,48%, dai 50 ai 59 anni
il 15,7%, dai 60 ai 69 anni il 9,5%, il 12,8% ha oltre 70 anni. Del 16,5% non
siamo a conoscenza del’età. La provincia di Brescia con 12 morti risulta seconda
per numero di morti se si esclude la provincia di Modena che ha tantissimi
lavoratori morti per il terremoto, come negli ultimi anni Brescia è sempre ai
vertici in questa triste classifica delle province con più morti sui LUOGHI DI
LAVORO, con la regione Lombardia che ha già 35 morti. L'Emilia Romagna ha 37
lavoratori morti di cui 18 deceduti sotto le macerie dei capannoni industriali
del terremoto del 20 e 29 maggio, province di Ferrara 6 morti e di Modena 16
morti, Reggio Emilia 3 morti, Bologna, Piacenza e Parma 2 morti. La
Toscana registra 22 morti (30 con i morti in mare sulla Costa Concordia
affondata sulle coste dell'isola del Giglio), dei due fratelli del peschereccio
affondato al largo di Livorno e di un sub), la provincia di Livorno ha 5
morti. Il Piemonte registra 25 morti, la provincia di Torino risulta in questo
momento con 13 vittime la prima in Italia per numero di morti. La Sicilia 16
morti con le province, Messina 4 morti, Palermo e Agrigento 3. Campania 19
morti, provincia di Salerno 9 morti, provincia di Avellino 6 morti. Calabria 14
morti con la provincia di Reggio Calabria con 5 morti. Veneto 18 morti con la
province di Verona 5 morti e Vicenza con 3 morti, Lazio 15 morti con la province
di Roma con 5 morti e Frosinone con 4 morti . Trentino Alto Adige 13
morti, provincia di Bolzano 8 morti. Puglia 14 morti, province di Bari 8 morti e
di Brindisi 3 morti. Abruzzo 11 morti con la province di Chieti con 6 morti e di
Pescara con 5 morti. Liguria 7 morti, con la provincia di Genova con 4
morti. Marche 6 morti con la provincia di Ancona con 4 morti. Friuli Venezia
Giulia 8 morti, Basilicata 5 morti, 3 nella provincia di Matera e 2 in quella di
Potenza. Umbria 6 morti, tutti nella provincia di Perugia. Sardegna 5 morti,
Molise 3 morti.
Non
vengono segnalati a carico delle province i lavoratori che utilizzano un mezzo
di trasporto e i lavoratori morti in autostrada: agenti di commercio, autisti,
camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel percorso casa-lavoro /
lavoro-casa. La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i
lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta,
della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in
cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentualmente dal 50 al 55% di
tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i
lavoratori pendolari sud-centro nord, centro-nord sud, soprattutto edili
meridionali, che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel
tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. Queste vittime sfuggono anche alle nostre
rilevazioni, come del resto sfuggono tanti altri lavoratori, soprattutto in nero
o in grigio che muoiono sulle strade e non solo. Tutte queste morti sono
genericamente classificate come "morti per incidenti
stradali"
Nel
2011 ci sono stati più di 1170 morti, di cui 663 sui luoghi di lavoro + 11,6%
sul 2010. Per approfondimenti sui lavoratori morti per infortuni sul lavoro nel
2011 andare nella pagina dell'1 -1 e 3- 1 del 2011 del'Osservatorio. Ci sono
cartine geografiche con il numero di morti sui luoghi di lavoro per ciascuna
provincia italiana e grafici inerenti all'età, professione e nazionalità dei
lavoratori vittime d'infortuni mortali
Carlo
Soricelli
Osservatorio
Indipendente di Bologna morti sul lavoro
----------------------
From: Mai più ThyssenKrupp maipiuthyssenkrupp@hotmail.it
To:
Sent:
Tuesday, July 03, 2012 2:28 PM
Subject:
RACCOLTE PIÙ DI MILLE FIRME PER L'APPELLO “UN LAVORO PER GLI EX OPERAI
THYSSENKRUPP PROMESSO DA FASSINO”
Aggiornamento raccolta firme per l’appello “Un lavoro per gli ex operai ThyssenKrupp promesso da Fassino”.
Venerdì
29 giugno una delegazione di ex lavoratori della ThyssenKrupp di Torino facenti
parte dell’Associazione Legami
d’Acciaio onlus si è recata a Viareggio in occasione del terzo
anniversario della strage ferroviaria, che ha causato 32 vittime, per portare
solidarietà e sostegno ai familiari e ai cittadini colpiti dal
disastro.
Un’importantissima
giornata di mobilitazione a sostegno dei familiari delle vittime che ha visto
presenti numerosi esponenti di altre località colpite da stragi simili, il cui
unico denominatore è il profitto dei padroni. Tra i rappresentanti delle varie
associazioni e comitati erano presenti: Comitato Matteo Valenti, Viareggio;
Associazione Il Mondo che
vorrei, Viareggio; Assemblea 29
giugno, Viareggio; AVUS 6
Aprile (Associazione Vittime Universitarie sisma 6 aprile, l’Aquila);
Associazione San Giuliano di Puglia
(CB); Legami d’Acciaio
onlus (familiari delle vittime ed ex lavoratori ThyssenKrupp Torino);
Comitato Familiari Vittime Casa dello
Studente, L’Aquila; Associazioine 140 (Familiari Vittime
Moby Prince, Livorno); AFEVA (Associazione Familiari Vittime Amianto, Casale
Monferrato).
Dal
coordinamento di queste associazioni è nato, con formale atto costitutivo il
Comitato Nazionale denominato Noi non
dimentichiamo, che ha come mandato principale una politica “in difesa
della sicurezza, della salute, dell’ambiente, come beni e diritti inviolabili e
irrinunciabili, ed una politica per la verità e la giustizia affinché disastri e
stragi simili non rimangano impuniti, abbiano regolare processo, non subiscano
mai prescrizione, non siano dimenticati e non si ripetano più”.
Noi
non dimentichiamo
perseguirà i suoi obiettivi statutari attraverso: lo scambio di idee e dibattiti
sul tema della sicurezza sul lavoro e ambientale; la mobilitazione dei familiari
delle vittime e dei cittadini solidali sul tema della sicurezza nei luoghi di
lavoro e della salute dei cittadini; l’organizzazione di convegni, conferenze,
giornate di studio, seminari, produzione di pubblicazioni e atti; la reciproca
solidarietà e sostegno ad ogni Associazione nell’interesse comune; lo sviluppo
di iniziative di carattere legale e vertenziale volte al riconoscimento dei
diritti dei cittadini; il sostegno nella costituzione di Parte Civile nei
processi.
A
riguardo ci preme segnalare il comportamento vergognoso, criminale e
intimidatorio di Mauro Moretti (ad di FS) nei confronti di chi si batte
quotidianamente nelle Ferrovie perché sia garantita la sicurezza nei trasporti
come Dante De Angelis, licenziato da FS per aver denunciato gravi e inquietanti
episodi di insicurezza in ambito ferroviario. Moretti, sempre solerte nel
dipingere le Fs come “tra le più sicure d’Europa”, vorrebbe si tacessero episodi
di malfunzionamento e anomalie nel trasporto ferroviario, gli stessi che hanno
portato alla strage di Viareggio.
Dopo
una lunga battaglia e una costante mobilitazione di familiari delle vittime,
sindacati dei trasporti e cittadini solidali Dante ha ottenuto il reintegro ma
FS ha presentato ricorso contro il reintegro prima presentando istanza di
anticipo dell’udienza e appellandosi ai Diritti dell’Uomo (!) e poi chiedendo
persino l’abiura per ritirare il provvedimento. Stamani l’ennesima udienza del
processo è finita con un rinvio. A Dante De Angelis, così come a Antonini e
Giuliani (che hanno subito provvedimenti disciplinari analoghi per le medesime
ragioni: pretendere sicurezza nei trasporti ferroviari) va tutta la nostra
vicinanza e solidarietà.
Il
loro impegno per il rispetto della sicurezza, pagato a duro prezzo, deve servire
da esempio e incoraggiarci a batterci in maniera più determinata, partendo da
queste battaglie, in battaglie più complessive, quelle in cui dobbiamo (tutti)
impegnarci non solo per contrastare mostri come Moretti, Espenhahn, Riva,
Schmideiny e Del Papa ma il sistema produttivo che li genera (il capitalismo) e
crearne uno nuovo, basato sui bisogni dell’individuo e non sui
profitti.
Nel
corso della giornata abbiamo raccolto numerose firme per il nostro appello
“Un lavoro per gli ex operai
ThyssenKrupp promesso da Fassino”
(disponibile
alla pagina http://www.firmiamo.it/un-lavoro-per-gli-ex-operai-thyssenkrupp-promesso-da-fassino#petition).
Oltre
a quelle a Viareggio, abbiamo raccolto in pochi giorni oltre mille firme online
(disponibili
alla pagina dell'Appello http://www.firmiamo.it/un-lavoro-per-gli-ex-operai-thyssenkrupp-promesso-da-fassino#signatures)
e
sono state inviate decine di mail di protesta rivolte alla Segreteria del
Sindaco Fassino.
Continuiamo
questa campagna di raccolta firme per ricordare a Fassino il suo impegno a
garantirci ciò che ci spetta di diritto: un lavoro sicuro e
dignitoso.
Invitiamo
chi è solidale con noi a firmare, far firmare, postare sui social network e far
girare negli indirizzari l’Appello e/o pubblicarlo in Rete su siti e blog di
informazione.
Basta
stragi sul lavoro e devastazioni ambientali, solidarietà a chi si batte
quotidianamente per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.
Un
lavoro sicuro e dignitoso per tutti come unica misura per uscire dalla
crisi.
Torino,
3 luglio 2012
Ex
lavoratori ThyssenKrupp Torino
----------------------
From: Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
To:
Sent: Tuesday, July 03, 2012 11:25 PM
Subject:
GRUPPO TEMATICO PER LA SALUTE-ALBA FIRENZE
Matteo
Buda mi gira il contributo di riflessione sulla salute del gruppo tematico di
ALBA. A titolo personale abbiamo partecipato ad uno dei due incontri svoltisi
finora a Firenze Gianluca Garetti ed io.
C’è
ancora molto da approfondire (su molte delle tematiche inerenti lavoro e salute,
ambiente e salute, disabilità). Però ci sono molti spunti condivisibili
(comprese le “case della salute” a noi care).
Coordinatore
del gruppo Alfredo Zuppiroli del Dipartimento di Cardiologia della ASL 10 di
Firenze.
Saluti
Gino
Carpentiero
ALBA
– GRUPPO TEMATICO PER LA SALUTE – FIRENZE
PARMA
30 Giugno – 1 Luglio 2012
SPUNTI
DI RIFLESSIONE
La
Salute è un diritto da tutelare universalmente e non è una merce oggetto di
mercato: è necessario far passare il messaggio che non è consumando più
prestazioni che si produce una salute migliore.
L’accettazione
e la costruzione di equilibrio e di adattamento ai propri limiti anche nella
salute (cronicità, invecchiamento ecc.) sono obiettivi da perseguire, non la
ricerca della perfezione a costo di una eccessiva medicalizzazione della
vita.
Una
medicina sobria ed equa comporta che il rigore e l’austerità non solo non devono
ridurre – come purtroppo le attuali politiche rischiano di fare - ma addirittura
devono potenziare l’impegno pubblico a rimuovere gli ostacoli di ordine
socio-economico che di fatto limitano il diritto alla salute (articolo 3 della
costituzione): anche a livello individuale, è da valorizzare l’impegno per la
prevenzione e scoraggiare la medicalizzazione eccessiva.
La
politica per la salute non può essere un variabile dipendente, subordinata alle
politiche finanziarie. Alla mercificazione dei Beni Comuni, e tra questi la
salute, oggetto degli interessi del mercato, pienamente in linea con
l’imprinting della vita e della politica come grandi metafore aziendali, si deve
opporre l’urgenza di una partecipazione della cittadinanza alla vita democratica
del paese. La riduzione dei costi è uno strumento per la gestione del sistema ma
non può essere l’obiettivo cui adattare le finalità e le priorità delle
politiche per la salute.
Il
concetto di Bene Comune si applica dunque non solo alla Salute, ma anche a
quella grande infrastruttura civile che è rappresentata dal Servizio Sanitario
Nazionale.
1.
POLITICA DELLA SALUTE, SALUTE DELLA POLITICA.
Tutto
quello che avviene nella vita di relazione ha ripercussioni sulla nostra
percezione di benessere e di tutto questo deve occuparsi chi si occupa di
politica della salute. L’impegno che ogni cittadino - doppiamente vero per i
professionisti sanitari e per chiunque abbia responsabilità nell’amministrazione
pubblica - deve porre per la salute propria e di chi lo circonda è di fatto un
impegno politico, stante la correlazione tra la salute e le varie dimensioni
della vita quali le condizioni socio-economiche, il livello culturale, gli stili
di vita, l’ambiente, il lavoro, la sicurezza, i trasporti ecc. Sono fattori,
questi, che incidono sulla salute in una percentuale ben maggiore di quanto non
possano fare i soli servizi sanitari, e dunque il primo impegno politico deve
essere teso a potenziare l’attenzione (ed i conseguenti finanziamenti) sul nodo
centrale, quello della prevenzione e della promozione della salute, con un
occhio attento e specifico ai determinanti sociali delle malattie.
2.
ECONOMIA, SALUTE E SISTEMI SANITARI.
Allo
stato attuale, invece, assistiamo ad una totale subalternità delle politiche
sanitarie e di welfare ai
condizionamenti imposti dal pareggio di bilancio, al sacrificio dei diritti
sull’altare dei costi: la politica per la salute è ridotta ai soli criteri
indotti dalla spending review
finalizzata acriticamente alla riduzione dei costi. L’attacco non è rivolto solo
al nostro Servizio Sanitario Nazionale, ma rientra in una politica complessiva
che sta vedendo coinvolti anche molti altri paesi europei nel processo di
smantellamento dei sistemi sanitari universalistici (in Inghilterra l’offerta
assistenziale è stata interamente privatizzata, in Spagna si è tornati al
sistema delle assicurazioni, in Grecia, il taglio delle risorse ha comportato il
collasso del sistema sanitario). Tutto
questo è paradossale proprio nei giorni in cui gli Stati Uniti hanno decisamente
imboccato la via per una copertura universale dell’assistenza sanitaria, grazie
al via libera della Corte Costituzionale americana alla legge di riforma
sanitaria di Obama. E tutto ciò a fronte di dati che dimostrano come la
qualità dell’assistenza offerta ai cittadini nei paesi con sistemi sanitari
basati sull’integrazione pubblico/privato sia molto più
bassa
3.
GLI ERRORI DEL VECCHIO SISTEMA.
Sul
nostro sistema sanitario, infatti, gravano errori, determinati da scelte di
politica sanitaria (in larga parte diretta espressione del modello di società in
cui viviamo) che possiamo sintetizzare nei seguenti punti:
-
nessuna
diga al dilagare delle malattie croniche (obesità > diabete > malattie
cardiovascolari > etc);
-
priorità
assoluta assegnata alle cure specialistiche e ospedaliere e alle alte
tecnologie;
-
medicalizzazione
di ogni spazio della vita quotidiana (“la cellulite è una
malattia”);
-
consumismo
sanitario esasperato;
-
aspettative
irrealistiche sulla potenza della medicina.
Nessun
sistema sanitario può reggere all’impatto di una simile miscela esplosiva: l’insostenibilità finanziaria del sistema è
garantita, così come sono garantiti i profitti dei mercati che si occupano di
sanità. Deve essere chiaro tuttavia che questo modello, economicamente
insostenibile, non garantisce più salute per i cittadini: più medicina, infatti,
non equivale a un livello maggiore di salute. Dalla crisi, in sintesi, si esce
solo cambiando il modello di salute/medicina e gli stili di vita individuali e
collettivi.
4.
LA SALUTE COME RISORSA PER GLI STATI.
La
salute non deve essere vista dalla politica come costo per le finanze pubbliche,
e neppure unicamente come un diritto da tutelare, ma come opportunità, risorsa
per il benessere individuale e collettivo. Non si deve cambiare il modello di
salute e di sanità perché sono finiti i soldi, ma prendere atto che i soldi sono
finiti perché il modello adottato si è rivelato sbagliato.
5.
APPROPRIATEZZA E TERZIETA’.
Ad
oggi infatti le scelte di governo della salute sono state orientate ad una
contabilità spicciola, che spacca il capello in quattro dei processi produttivi, sottoposti ad
elaborate analisi del loro prezzo e sempre più spogliati del loro valore, senza
verificare se ciò che si analizza è
veramente appropriato e quali esiti ha determinato. È ora di superare il
diktat della produzione con la massima efficienza possibile, senza che si possa
agire sulle priorità e sugli
esiti, ovviamente prevedendo un
sistema valutativo delle performance sanitarie che sia connotato da effettiva
terzietà (i cui parametri devono essere accuratamente individuati e
controllati).
6.
LA NECESSITA’ DEL CAMBIAMENTO.
Abbiamo
ancora un sistema sanitario con modelli di tutela ed erogazione di servizi che,
pur ripetutamente razionalizzati, riorganizzati, territorializzati, si basano su
una cultura sostanzialmente invariante rispetto al precedente sistema
mutualistico: a ciò corrisponde una medicina scientificamente progredita, ma
ferma come paradigmi al secolo scorso. Si tratta di combinare e coordinare due
ordini di cambiamenti:
-
quelli
che riguardano alcune nevralgiche questioni sanitarie (meccanismo di
finanziamento, governance del
sistema sanitario, modello di azienda e di programmazione, produzione di salute
come risorsa naturale, responsabilizzazione del cittadino, ecc);
-
quelli
che riguardano alcune nevralgiche questioni della conoscenza e della pratica
medica (apparati concettuali, modelli di conoscenza, contenuti professionali,
prassi operative, metodiche di intervento, criteri per fare, per giudicare e per
decidere ecc.).
7.
UN NUOVO MODELLO DI SALUTE.
Come
è noto, la definizione di salute è mutata nel corso del tempo e, da una visione
che considerava salute “lo stato di
assenza di malattia”, si è poi passati all’idea che la saluta sia
definibile come “uno stato di completo
benessere fisico, psichico e sociale” (OMS 1948). Sebbene importanti
acquisizioni siano derivate da questa prospettiva, ci troviamo a dover ripensare
anche questa definizione che, forse troppo astratta, ha comportato l’estrema
medicalizzazione di molte fasi e aspetti della vita umana con un incremento
smisurato dei costi. L’ingresso del mercato nell’ambito della salute ha poi
compromesso molte delle finalità di questo approccio, richiedendo ad oggi un
ripensamento dell’idea di salute più confacente alla realtà attuale, con una
popolazione sempre più “vecchia” e con un numero crescente di persone affette da
una o più malattie croniche. Un mercato della salute diretto dagli interessi
economici delle grandi multinazionali (alimentari, del tabacco, dell’alcol, dei
farmaci etc.) e che, peraltro, ha sistematicamente utilizzato i mezzi
informativi per promuovere sempre più una pubblicità orientata al consumo
sanitario, alimentando una spesso immotivata (o non correttamente motivata)
preoccupazione tra le persone come volano per vendere più medicina Per queste ragioni è necessario
adottare prospettive più realistiche e nuovi concetti di salute: ad esempio, la
salute come capacità di affrontare e gestire (coping) le malattie, la capacità di
adattarsi e autogestirsi, nell’accettazione del limite e della cronicità: una
formulazione più dinamica di salute basata sulla resilienza o sulla capacità di
fronteggiare, mantenere e ripristinare la propria integrità, il proprio
equilibrio e senso di benessere.
8.
UN NUOVO MODELLO DI SANITA’.
Un
modello di sanità nuovo, completamente diverso da quello attuale, economicamente
sostenibile, attento ai bisogni delle persone e delle comunità, basato su una
“migliore medicina” e non su “più medicina”, non solo è desiderabile per la
salute di tutti, ma è l’unica soluzione possibile per preservare nel tempo un
sistema sanitario nazionale universalistico. Tutti dobbiamo giungere alla
consapevolezza che è il sistema attuale (e il mercato che vi opera) ad indurre i
medici a prescrivere troppi esami e troppi farmaci e che questi interventi
costosi non significano affatto una migliore assistenza sanitaria per le
persone. Va smascherato l’attuale paradigma caro al libero mercato: non è vero
che la medicina può fare miracoli, che gran parte delle malattie sono guaribili
completamente, che il ricorso a farmaci sempre più costosi o tecnologie sempre
più invasive significa vivere più a lungo e meglio. Si deve invece cominciare a
pensare non solo in termini di prestazioni fatte, di interventi eseguiti, di
giornate di degenza – in una parola, di consumi che muovono il PIL – ma
piuttosto in termini di valori più essenziali quali la qualità e la dignità
della vita. Sul piano della relazione individuale, bisogna recuperare la
centralità del soggetto, la persona con la sua storia di vita e di malattia, il
‘malato’, insomma, e non la ‘malattia’. Dobbiamo adottare un modello di vita e
di medicina più sobrio ed austero: non è facile perché il benessere crea
decremento del PIL mentre il malessere crea crescita: il modello cui ispirarsi
non può dunque essere prioritariamente economico (modelli della decrescita
sanitaria).
9.
I PILASTRI DEL NUOVO SISTEMA.
Questo
nuovo modello di sanità si basa su tre fondamentali
pilastri.
9.1
La
prevenzione.
È
stato dimostrato che con una dieta sana, una regolare attività fisica ed
evitando l’uso del tabacco e l’abuso di alcol potrebbero essere evitati fino
all’80% delle malattie coronariche, il 90% dei casi di diabete di tipo 2, e il
40% dei casi di tumori. Gli effetti degli stili di vita sullo stato di salute
della popolazione sono tanto straordinari quanto inequivoci, a dimostrazione del
fatto che nel destino di salute delle persone contano molto di più i
comportamenti delle persone – e la loro condizione socio-economica – che le
influenze del patrimonio genetico.
Tuttavia,
optare per questa prospettiva impone una scelta politica forte, perché adottare
efficaci misure di prevenzione significa entrare in rotta di collisione con gli
interessi delle compagnie multinazionali del cibo, delle bevande, del tabacco,
dell’alcol e dei farmaci; perché la promozione di stili di vita sani significa
“rendere facili le scelte
giuste”, per esempio rendendo più vivibili le città, riducendo il
traffico e l’inquinamento, espandendo le aree verdi e i percorsi camminabili e
ciclabili, ma anche modificando le politiche per il lavoro, la casa, e
l’istruzione; perché scegliere questo modello presuppone una
responsabilizzazione non solo delle politiche, ma anche dei singoli
9.2
Il coinvolgimento delle comunità e delle persone nei processi di cura e nelle
scelte politiche per la salute.
Nei
processi che determinano le scelte pubbliche per la salute, l’individuazione
delle priorità, i meccanismi di nomina dei vertici e la definizione dei percorsi
di cura, è necessario introdurre meccanismi di partecipazione dei cittadini (i
movimenti e le associazioni, anche quelle di utenti) e valorizzare il
protagonismo delle persone a difesa della loro salute e della loro sicurezza sia
come pazienti, che come lavoratori, che come cittadini esposti all’inquinamento,
che come cittadini/disabili. La difesa del diritto alla salute, passa attraverso
le lotte per l’autogestione della salute. Ciò non solo per garantire che la
sanità risponda effettivamente ai bisogni reali e concreti di salute dei
cittadini, ma anche perché le risorse della comunità sono essenziali per
promuovere salute: è più facile migliorare i propri stili di vita insieme agli
altri, promuovere il coinvolgimento attivo delle persone nella gestione della
propria salute e della propria malattia (dare vita e sostenere i gruppi di
auto-aiuto, creare i “pazienti esperti” ecc.). Vi sono ormai solide evidenze che
dimostrano che il rafforzamento del ruolo dei pazienti (“empowerment”), ad esempio nella
gestione delle malattie croniche, produce non solo significativi miglioramenti
della loro condizione di salute, ma anche risparmi per minori consumi sanitari.
L’empowerment è tuttavia
sottoposto alla precondizione determinata da una popolazione più informata, che
possa attingere a fonti conoscitive per la salute corrette e “garantite”: in un
programma politico per la salute deve svolgere un ruolo fondamentale la
comunicazione della/sulla/per la salute come fonte di valore, di conoscenza, di
orientamento dei bisogni e della domanda, capacità di gestione e di accesso alle
cure e di senso di responsabilità anche per l’accettazione del limite. Ciò vale
sia per la comunicazione medico-paziente, che quella prodotta attraverso i mezzi
di comunicazione di massa: larga parte dell'inappropriatezza in sanità, oltre
che dagli interessi - più o meno velati - degli "erogatori", nasce infatti dalle
aspettative che una cattiva informazione su una popolazione poco critica hanno
generato.
9.3
La riorganizzazione dei servizi funzionale al nuovo sistema anche attraverso il
rafforzamento della medicina di famiglia e dei servizi territoriali.
Oggi
le malattie croniche rappresentano l’80% dei bisogni sanitari della popolazione
italiana. Ciò deve comportare un’organizzazione completamente nuova, in cui
medici di famiglia, medici specialisti, medici di sanità pubblica, infermieri,
fisioterapisti, operatori sociali, lavorino insieme, in team, all’interno di un
ambiente comune (ad esempio: casa della salute), avendo come obiettivo quello di
migliorare la salute complessiva delle persone - prevenzione e la promozione della salute - e
dare risposte corrette e sostenibili ai loro bisogni: solo eccezionalmente, e
quando effettivamente appropriato, dell’ospedale e di tecnologie sofisticate, ma
costantemente di un medico che, in collaborazione con altri professionisti si
prenda la responsabilità della cura della persona, in un rapporto continuativo
nel tempo e basato sulla fiducia, definisca il quadro clinico e in caso di
bisogno, garantisca la continuità assistenziale. Questa figura è il medico di
famiglia.
9.4
La lotta alle diseguaglianze nella salute.
Trasversale
e condizione essenziale per il successo delle politiche per la salute è la lotta
alle diseguaglianze socio-economiche, che, aggravate dalla crisi in corso,
influenzando lo stato di salute delle persone, determinano le diseguaglianze
nella salute attraverso alcuni principali fattori: il lavoro (assente, precario,
nero, insicuro, sottopagato, ripetitivo e subordinato, senza possibilità di
autonomia e di controllo) e la conoscenza. I gruppi di popolazione con redditi
basi e con titolo di studio inferiori sono infatti sistematicamente svantaggiati
nella prevenzione (paradosso della prevenzione) e nella promozione e cura della
loro salute (stili di vita insalubri e nocivi, minore longevità, maggiore
probabilità di ammalarsi di una o più malattie croniche, infortuni e danni
professionali, minore cura delle loro condizioni fisiche e di malattia, minore
conoscenza del sistema sanitario, minore capacità di accedervi e ottenerne le
migliori cure). Le scelte per la salute non sono il frutto della libera e
consapevole scelta dell’individuo, ma sono condizionate dai fattori
socio-economici cui si aggiungono i fattori di mercato che influenzano
negativamente le scelte delle persone: pubblicità, moda, prezzi. E’ bene in
proposito ricordare l’articolo 6 del Codice di deontologia medica: Qualità
professionale e gestionale “Il medico
agisce secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto dell’autonomia
della persona tenendo conto dell’uso appropriato delle risorse. Il medico è
tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo
sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di
accesso, disponibilità, utilizzazione e qualità delle cure”. E’ poi
dimostrato che il primo impegno per superare le ingiuste diseguaglianze deve
essere rivolto verso la salute dei bambini (protezione e clima affettivo
adeguato, stili di vita sani anche durante la gestazione, alimentazione,
attività fisica, ambienti salubri), cui è strettamente connessa la tutela della
maternità anche nei profili riguardanti le politiche del lavoro. Il superamento
delle diseguaglianze di genere nella salute, costituiscono l’altro elemento
chiave per ottenere un miglioramento effettivo della salute della popolazione:
non solo dunque un’esigenza di giustizia per le donne, ma un vero e proprio
riorientamento delle modalità e dei presupposti con i quali la medicina e le
politiche interpretano le problematiche connesse alla salute. Vi sono poi
particolari condizioni di vita che determinano il rischio elevato di
discriminazione: così il caso della salute delle popolazioni migranti, o, per
fare altri esempi, delle persone affette da patologia mentale o che si trovano
in stato reclusione. A tutti deve poter essere garantita la tutela del diritto
alla salute rispettosa delle differenze di cui ciascuno è portatore.
10.
FINALITÀ E METODI DELLA RICERCA.
Il
cambiamento proposto riguarda anche, e necessariamente, le finalità, i metodi,
le fonti di finanziamento e i meccanismi di controllo con i quali si produce
conoscenza e gli strumenti per la cura della salute. Per i farmaci, solo per
fare un esempio: ogni anno milioni di persone muoiono in conseguenza di malattie
in realtà curabili e evitabili grazie alla prevenzione, specialmente nei paesi
poveri e, in molti casi, i farmaci salvavita possono essere prodotti in serie a
basso costo, ma sono in vendita a prezzi proibitivi. Sono due attualmente gli
ostacoli alla fruizione dei farmaci. Il primo è il prezzo imposto, davvero
elevato su cui il reale costo di produzione concorre in minima parte. Il secondo
è che la produzione dei farmaci è orientata al profitto, non al vantaggio
sociale, distogliendo risorse alla produzione di farmaci essenziali alla salute.
Al fine della salute pubblica, invece, è necessario condividere i risultati
della ricerca il più ampiamente possibile e nei tempi più brevi, disinnescando
il meccanismo imposto dal sistema di brevetti che concede agli inventori il
monopolio temporaneo sulle loro scoperte, incoraggiandoli a tesaurizzare la
conoscenza per timore di avvantaggiare la concorrenza. Una soluzione al problema
dei prezzi e degli obiettivi della ricerca è sostituire il modello attuale con
un fondo finanziato dal governo che premi l'innovazione. La concorrenza sui
mercati farà si che il nuovo farmaco sia disponibile al minor prezzo possibile,
non gonfiato grazie al monopolio. Anche per la ricerca è centrale la questione
delle disuguaglianze poiché, già nella produzione di sapere, esse devono essere
individuate come un obiettivo da superare, ad esempio adottando criteri di
genere in ogni fase della progettazione della ricerca (finalità e
metodi).
11.
DIFFERENZE E CULTURA DELLA PACE.
ALBA
ci invita anche a ‘mettere in
connessione le diversità” e curare la “cultura della pace”. Il richiamo è
alla mitezza, all’umiltà, al rispetto, alla tolleranza nelle politiche e nei
comportamenti: non solo come virtù del carattere ma anche come strumenti diversi
e innovativi di pensare la gestione manageriale e dei rapporti interpersonali
anche nell’ambito sanitario (“risorse umili” di vantaggio competitivo). In una
prospettiva generale ciò significherà che Beni Comuni quali Salute e Ambiente e
Lavoro, dovranno essere sempre più reciprocamente integrati (vedi Codice di
deontologia medica: articolo 5 Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente
“Il medico è tenuto a considerare
l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della
salute dei cittadini. A tal fine il medico è tenuto a promuovere una cultura
civile tesa all’utilizzo appropriato delle risorse naturali, anche allo scopo di
garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile. Il
medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della
salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e
collettiva” ).
12.
SALUTE E SCELTE VALORIALI.
Cultura
della Pace significa anche a livello del singolo individuo, il rispetto per la
diversità e l’alterità culturale, religiosa, etnica e di scelte valoriali. La
laicità dei servizi e il rispetto delle scelte individuali non lesive dei
diritti di terzi, è condizione imprescindibile per restare nel rispetto del
dettato costituzionale (articoli 2, 3, 13, 32), ad esempio nei temi bioetica
dell’inizio e del fine vita.
13.
SALUTE E LEGALITA’.
Come
ogni altro ambito pubblico, anche il governo della salute è distorto, nelle
scelte e nell’allocazione delle risorse, dal problema della legalità. Non solo
la questione della corruzione e del conflitto di interesse, che comunque
distoglie risorse enormi (si calcola che le Mafie, la corruzione e l’evasione
fiscale costino annualmente 330 miliardi di euro alle risorse pubbliche) e
contribuisce ad allontanare i cittadini dai servizi rompendo il necessario patto
di fiducia, ma anche per una interferenza della politica prestata ad interessi
non collettivi che rischia di compromettere le corrette finalità di governo.
Anche per quanto riguarda le finalità connesse alla salute, dunque, deve essere
richiesto un impegno individuale e collettivo, mirato a garantire le legalità,
oltre che meccanismi efficaci di controllo e prevenzione.
----------------------
To:
Sent:
Tuesday, July 03, 2012 8:32 PM
Subject:
NUOVO INCIDENTE SUL LAVORO NEL PISANO
Quali
sono le normative di sicurezza per chi opera con gli asini
spazzini??
Da
tre anni nel Comune di Santa Maria a Monte (provincia di Pisa), opera un
progetto denominato asini spazzini, con operatori ecologici che fanno la
raccolta porta a porta utilizzando non mezzi a motore ma asini, un progetto che
ha consentito l'inserimento nel mondo del lavoro di figure sociali svantaggiate
che trovano sempre meno tutele nel mondo del lavoro.
La
morte di Gianfranco Mei, investito da una macchina nello svolgimento del suo
lavoro, induce noi tutti\e a porsi una domanda:
-
esiste un piano operativo per la sicurezza (POS) redatto dalla cooperativa
appaltatrice del servizio per tutte le attività svolte nella raccolta porta a
porta?
Il
POS è un documento di grande rilevanza, essenziale e previsto da normative di
legge (il testo unico sulla sicurezza), un documento che analizza tutte le
operazioni lavorative, le procedure necessarie le modalità di svolgimento delle
stesse.
Il
POS, se redatto nel rispetto delle normative vigenti, dovrebbe prevedere
specifiche segnalazioni a salvaguardia della sicurezza del personale che opera
su strade spesso trafficate e necessita di dispositivi di protezione
individuale, di indumenti visibili anche a distanza.
Ci
auguriamo sia fatta piene luce sulla dinamica di questo incidente (che certo non
ci restituirà l'operaio morto), da parte nostra esprimiamo le nostre
condoglianze alla famiglia di Mei ma invitiamo cooperativa e Comune ad
impegnarsi per rendere sicuro il lavoro degli addetti.
Sportello sicurezza Confederazione Cobas di Pisa
----------------------
To:
Sent: Wednesday, July 04, 2012 7:39 PM
Subject:
VOLANTINO PER IL PRESIDIO SOTTO IL TRIBUNALE DI TORINO
Il movimento NO TAV
sotto processo
Si sta svolgendo in
questi giorni, dal 6 al 21 luglio, l’udienza preliminare contro 46 NO TAV, la
maggior parte arrestati il 26 gennaio scorso nell’operazione repressiva voluta
dal giudice Giancarlo Caselli.
Vi sono ancora 3
imputati in carcere e diversi agli arresti domiciliari. Tutti sono accusati di
resistenza e lesioni alla forza pubblica, con numerose
aggravanti.
Sono ritenuti
responsabili del ferimento di oltre 200 agenti, anche se molti di questi hanno
riportato lesioni ridicole o autoinflitte: distorsioni e intossicamento prodotto
dai loro stessi gas.
L’inchiesta del
procuratore Caselli è a senso unico. Persegue il movimento NO TAV chiudendo
tutti e due gli occhi sulle illegalità delle forze dell’ordine. Le denunce
pubbliche e documentate del movimento NO TAV - in cui si vedono gli agenti usare
bastoni, tirare sassi, sparare lacrimogeni direttamente sui manifestanti
(ferendone alcuni in modo grave) e pestare a sangue i fermati - non hanno avuto
alcun esito. Si è passato un colpo di spugna sui nostri feriti.
I fatti per cui i
46 NO TAV sono imputati riguardano le giornate del 27 giugno, quando fu
sgombrata con la forza il presidio di Chiomonte (la Libera Repubblica
della Maddalena) e del 3 luglio 2011, quando si svolse la manifestazione
nazionale di protesta.
In entrambe le
giornate i NO TAV furono oggetto di lanci continui e sconsiderati di gas
lacrimogeni CS, altamente tossici per le persone e nocivi per l’ambiente (sono
proibiti dalla convenzione di Parigi, ratificata dall’Italia nel
1997, in ogni scenario bellico). Solo in quelle
2 giornate, in uno spazio ristretto, ne furono sparati più che a Genova durante
il G8 del 2001.
Di fronte a questa
inaudita violenza di Stato, chi ha risposto lanciando un sasso ha compiuto solo
un gesto di legittima difesa e non può essere sanzionato (come vorrebbe Caselli)
isolando l’atto dal contesto di grande violenza da parte delle forze dell’ordine
in cui si è determinato.
Non ci sono NO TAV
buoni e cattivi, non ci sono infiltrati violenti nel movimento.
C’è solo una Valle
che non vuole essere violentata con la costruzione di una linea ferroviaria
inutile, dannosa per la salute, devastante per l’ambiente, altamente costosa e
necessaria solo per foraggiare con denaro pubblico le varie lobby finanziarie
politiche e mafiose.
Sosteniamo i NO TAV
oggi sotto processo, perché assieme a loro si sta processando tutto un movimento
popolare, che non si batte solo per salvaguardare la propria terra, ma si batte
per un mondo diverso in cui non prevalga la logica affaristica del profitto a
scapito dell’ambiente, della gente, del bene comune.
Non processerete la
nostra voglia di giustizia! Non processerete la nostra
lotta!
Solidarietà a tutti
i NO TAV processati!
Nessun commento:
Posta un commento