martedì 10 luglio 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS ! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 09/07/12




INDICE

SENTENZA CASSAZIONE: IL DATORE NON E’ RESPONSABILE DELL'INFORTUNIO AL LAVORATORE SE HA CONFERITO LA DELEGA SULLA SICUREZZA A UNA SOCIETA’ ESTERNA

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MORTI SUL LAVORO CON CARTINE GEOGRAFICHE DEGLI INFORTUNI MORTALI NEI PRIMI 6 MESI DEL 2012

Mai più ThyssenKrupp maipiuthyssenkrupp@hotmail.it
RACCOLTE PIÙ DI MILLE FIRME PER L'APPELLO “UN LAVORO PER GLI EX OPERAI THYSSENKRUPP PROMESSO DA FASSINO”

Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
GRUPPO TEMATICO PER LA SALUTE-ALBA FIRENZE

Federico Giusti giustifederico@libero.it
NUOVO INCIDENTE SUL LAVORO NEL PISANO

Fabio Gambone fabio74_1@libero.it
VOLANTINO PER IL PRESIDIO SOTTO IL TRIBUNALE DI TORINO


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To:
Sent: Saturday, June 30, 2012 7:29 PM
Subject: SENTENZA CASSAZIONE: IL DATORE NON E’ RESPONSABILE DELL'INFORTUNIO AL LAVORATORE SE HA CONFERITO LA DELEGA SULLA SICUREZZA A UNA SOCIETA’ ESTERNA

Nonostante il datore di lavoro fosse stato condannato senza alcun dubbio in Primo e Secondo Grado, la Corte di Cassazione è riuscita a ribaltare il risultato e l'ha assolto, perché il datore di lavoro che delega la sicurezza sul lavoro ad una società esterna NON È RESPONSABILE DELL'INFORTUNIO A LAVORATORE: IN QUESTO CASO UN INFORTUNIO MORTALE.
Quindi ha annullato il procedimento e dovrà essere fatto un nuovo processo.
SONO SBALORDITO!!!

Saluti
Marco Bazzoni
Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
Firenze

Il testo completa della sentenza è scaricabile all’indirizzo:

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Monday, July 02, 2012 7:53 PM
Subject: MORTI SUL LAVORO CON CARTINE GEOGRAFICHE DEGLI INFORTUNI MORTALI NEI PRIMI 6 MESI DEL 2012

Morti sul lavoro nei primi 6 mesi del 2012 con le cartine geografiche dei morti per ciascuna provincia italiana.

Nei primi 6 medi del 2012 sono morti SUI LUOGHI DI LAVORO 307 lavoratori ( tutti documentati) di cui 62 a giugno, oltre 600 dall'inizio dell'anno se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere o sulle strade. Erano 326 sui luoghi di lavoro nei primi 6 mesi del 2011. Nei primi 6 mesi del 2010 i morti furono 254, nel 2009 274 e nel 2008 290. Occorre ricordare che tra questi morti sulle cartine mancano i lavoratori morti sulle autostrade, in mare, sulle strade, all'estero e in itinere. Complessivamente si arriva a superare i 600 morti.
I morti sui luoghi di lavoro in questi primi sei mesi sono per il 30,8% in agricoltura, di questi, la metà schiacciati dal trattore (già 53 dall'inizio dell'anno di cui 24 a giugno). Edilizia 26% di morti sul totale, in questa categoria il 28% sono causate da cadute dal’alto. Industria 16,1%, quasi la metà di queste morti sono state provocate dal terremoto in Emilia. Servizi 5,8%. Autotrasporto 5,1%, Il 3% Esercito Italiano (Afghanistan). Il 2,65 nella Polizia di Stato ( tutte le morte in servizio sulle strade). Il 13,3% dei morti sui luoghi di lavoro sono stranieri. Eta' delle vittime: il 4,9% hanno meno di 29 anni, dai 30 ai 39 anni il 14,1%, dai 40 ai 49 anni il 24,48%, dai 50 ai 59 anni il 15,7%, dai 60 ai 69 anni il 9,5%, il 12,8% ha oltre 70 anni. Del 16,5% non siamo a conoscenza del’età. La provincia di Brescia con 12 morti risulta seconda per numero di morti se si esclude la provincia di Modena che ha tantissimi lavoratori morti per il terremoto, come negli ultimi anni Brescia è sempre ai vertici in questa triste classifica delle province con più morti sui LUOGHI DI LAVORO, con la regione Lombardia che ha già 35 morti. L'Emilia Romagna ha 37 lavoratori morti di cui 18 deceduti sotto le macerie dei capannoni industriali del terremoto del 20 e 29 maggio, province di Ferrara 6 morti e di Modena 16 morti, Reggio Emilia 3 morti, Bologna, Piacenza e Parma 2 morti. La Toscana registra 22 morti (30 con i morti in mare sulla Costa Concordia affondata sulle coste dell'isola del Giglio), dei due fratelli del peschereccio affondato al largo di Livorno e di un sub), la provincia di Livorno ha 5 morti. Il Piemonte registra 25 morti, la provincia di Torino risulta in questo momento con 13 vittime la prima in Italia per numero di morti. La Sicilia 16 morti con le province, Messina 4 morti, Palermo e Agrigento 3. Campania 19 morti, provincia di Salerno 9 morti, provincia di Avellino 6 morti. Calabria 14 morti con la provincia di Reggio Calabria con 5 morti. Veneto 18 morti con la province di Verona 5 morti e Vicenza con 3 morti, Lazio 15 morti con la province di Roma con 5 morti e Frosinone con 4 morti . Trentino Alto Adige 13 morti, provincia di Bolzano 8 morti. Puglia 14 morti, province di Bari 8 morti e di Brindisi 3 morti. Abruzzo 11 morti con la province di Chieti con 6 morti e di Pescara con 5 morti. Liguria 7 morti, con la provincia di Genova con 4 morti. Marche 6 morti con la provincia di Ancona con 4 morti. Friuli Venezia Giulia 8 morti, Basilicata 5 morti, 3 nella provincia di Matera e 2 in quella di Potenza. Umbria 6 morti, tutti nella provincia di Perugia. Sardegna 5 morti, Molise 3 morti.
Non vengono segnalati a carico delle province i lavoratori che utilizzano un mezzo di trasporto e i lavoratori morti in autostrada: agenti di commercio, autisti, camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel percorso casa-lavoro / lavoro-casa. La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentualmente dal 50 al 55% di tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro-nord sud, soprattutto edili meridionali, che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. Queste vittime sfuggono anche alle nostre rilevazioni, come del resto sfuggono tanti altri lavoratori, soprattutto in nero o in grigio che muoiono sulle strade e non solo. Tutte queste morti sono genericamente classificate come "morti per incidenti stradali"
Nel 2011 ci sono stati più di 1170 morti, di cui 663 sui luoghi di lavoro + 11,6% sul 2010. Per approfondimenti sui lavoratori morti per infortuni sul lavoro nel 2011 andare nella pagina dell'1 -1 e 3- 1 del 2011 del'Osservatorio. Ci sono cartine geografiche con il numero di morti sui luoghi di lavoro per ciascuna provincia italiana e grafici inerenti all'età, professione e nazionalità dei lavoratori vittime d'infortuni mortali

Carlo Soricelli
Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

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From: Mai più ThyssenKrupp maipiuthyssenkrupp@hotmail.it
To:
Sent: Tuesday, July 03, 2012 2:28 PM
Subject: RACCOLTE PIÙ DI MILLE FIRME PER L'APPELLO “UN LAVORO PER GLI EX OPERAI THYSSENKRUPP PROMESSO DA FASSINO”

Aggiornamento raccolta firme per l’appello “Un lavoro per gli ex operai ThyssenKrupp promesso da Fassino”.

Venerdì 29 giugno una delegazione di ex lavoratori della ThyssenKrupp di Torino facenti parte dell’Associazione Legami d’Acciaio onlus si è recata a Viareggio in occasione del terzo anniversario della strage ferroviaria, che ha causato 32 vittime, per portare solidarietà e sostegno ai familiari e ai cittadini colpiti dal disastro.
Un’importantissima giornata di mobilitazione a sostegno dei familiari delle vittime che ha visto presenti numerosi esponenti di altre località colpite da stragi simili, il cui unico denominatore è il profitto dei padroni. Tra i rappresentanti delle varie associazioni e comitati erano presenti: Comitato Matteo Valenti, Viareggio; Associazione Il Mondo che vorrei, Viareggio; Assemblea 29 giugno, Viareggio; AVUS 6 Aprile (Associazione Vittime Universitarie sisma 6 aprile, l’Aquila); Associazione San Giuliano di Puglia (CB); Legami d’Acciaio onlus (familiari delle vittime ed ex lavoratori ThyssenKrupp Torino); Comitato Familiari Vittime Casa dello Studente, L’Aquila; Associazioine 140 (Familiari Vittime Moby Prince, Livorno); AFEVA (Associazione Familiari Vittime Amianto, Casale Monferrato).
Dal coordinamento di queste associazioni è nato, con formale atto costitutivo il Comitato Nazionale denominato Noi non dimentichiamo, che ha come mandato principale una politica “in difesa della sicurezza, della salute, dell’ambiente, come beni e diritti inviolabili e irrinunciabili, ed una politica per la verità e la giustizia affinché disastri e stragi simili non rimangano impuniti, abbiano regolare processo, non subiscano mai prescrizione, non siano dimenticati e non si ripetano più”.
Noi non dimentichiamo perseguirà i suoi obiettivi statutari attraverso: lo scambio di idee e dibattiti sul tema della sicurezza sul lavoro e ambientale; la mobilitazione dei familiari delle vittime e dei cittadini solidali sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro e della salute dei cittadini; l’organizzazione di convegni, conferenze, giornate di studio, seminari, produzione di pubblicazioni e atti; la reciproca solidarietà e sostegno ad ogni Associazione nell’interesse comune; lo sviluppo di iniziative di carattere legale e vertenziale volte al riconoscimento dei diritti dei cittadini; il sostegno nella costituzione di Parte Civile nei processi.
A riguardo ci preme segnalare il comportamento vergognoso, criminale e intimidatorio di Mauro Moretti (ad di FS) nei confronti di chi si batte quotidianamente nelle Ferrovie perché sia garantita la sicurezza nei trasporti come Dante De Angelis, licenziato da FS per aver denunciato gravi e inquietanti episodi di insicurezza in ambito ferroviario. Moretti, sempre solerte nel dipingere le Fs come “tra le più sicure d’Europa”, vorrebbe si tacessero episodi di malfunzionamento e anomalie nel trasporto ferroviario, gli stessi che hanno portato alla strage di Viareggio.
Dopo una lunga battaglia e una costante mobilitazione di familiari delle vittime, sindacati dei trasporti e cittadini solidali Dante ha ottenuto il reintegro ma FS ha presentato ricorso contro il reintegro prima presentando istanza di anticipo dell’udienza e appellandosi ai Diritti dell’Uomo (!) e poi chiedendo persino l’abiura per ritirare il provvedimento. Stamani l’ennesima udienza del processo è finita con un rinvio. A Dante De Angelis, così come a Antonini e Giuliani (che hanno subito provvedimenti disciplinari analoghi per le medesime ragioni: pretendere sicurezza nei trasporti ferroviari) va tutta la nostra vicinanza e solidarietà.
Il loro impegno per il rispetto della sicurezza, pagato a duro prezzo, deve servire da esempio e incoraggiarci a batterci in maniera più determinata, partendo da queste battaglie, in battaglie più complessive, quelle in cui dobbiamo (tutti) impegnarci non solo per contrastare mostri come Moretti, Espenhahn, Riva, Schmideiny e Del Papa ma il sistema produttivo che li genera (il capitalismo) e crearne uno nuovo, basato sui bisogni dell’individuo e non sui profitti.
Nel corso della giornata abbiamo raccolto numerose firme per il nostro appello “Un lavoro per gli ex operai ThyssenKrupp promesso da Fassino”
Oltre a quelle a Viareggio, abbiamo raccolto in pochi giorni oltre mille firme online
(disponibili alla pagina dell'Appello http://www.firmiamo.it/un-lavoro-per-gli-ex-operai-thyssenkrupp-promesso-da-fassino#signatures) e sono state inviate decine di mail di protesta rivolte alla Segreteria del Sindaco Fassino.
Continuiamo questa campagna di raccolta firme per ricordare a Fassino il suo impegno a garantirci ciò che ci spetta di diritto: un lavoro sicuro e dignitoso.
Invitiamo chi è solidale con noi a firmare, far firmare, postare sui social network e far girare negli indirizzari l’Appello e/o pubblicarlo in Rete su siti e blog di informazione.
Basta stragi sul lavoro e devastazioni ambientali, solidarietà a chi si batte quotidianamente per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.
Un lavoro sicuro e dignitoso per tutti come unica misura per uscire dalla crisi.

Torino, 3 luglio 2012                                 
Ex lavoratori ThyssenKrupp Torino

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From: Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
To:
Sent: Tuesday, July 03, 2012 11:25 PM
Subject: GRUPPO TEMATICO PER LA SALUTE-ALBA FIRENZE

Matteo Buda mi gira il contributo di riflessione sulla salute del gruppo tematico di ALBA. A titolo personale abbiamo partecipato ad uno dei due incontri svoltisi finora a Firenze Gianluca Garetti ed io.
C’è ancora molto da approfondire (su molte delle tematiche inerenti lavoro e salute, ambiente e salute, disabilità). Però ci sono molti spunti condivisibili (comprese le “case della salute” a noi care).
Coordinatore del gruppo Alfredo Zuppiroli del Dipartimento di Cardiologia della ASL 10 di Firenze.
Saluti
Gino Carpentiero

ALBA – GRUPPO TEMATICO PER LA SALUTE – FIRENZE
PARMA 30 Giugno – 1 Luglio 2012
SPUNTI DI RIFLESSIONE

La Salute è un diritto da tutelare universalmente e non è una merce oggetto di mercato: è necessario far passare il messaggio che non è consumando più prestazioni che si produce una salute migliore.
L’accettazione e la costruzione di equilibrio e di adattamento ai propri limiti anche nella salute (cronicità, invecchiamento ecc.) sono obiettivi da perseguire, non la ricerca della perfezione a costo di una eccessiva medicalizzazione della vita.
Una medicina sobria ed equa comporta che il rigore e l’austerità non solo non devono ridurre – come purtroppo le attuali politiche rischiano di fare - ma addirittura devono potenziare l’impegno pubblico a rimuovere gli ostacoli di ordine socio-economico che di fatto limitano il diritto alla salute (articolo 3 della costituzione): anche a livello individuale, è da valorizzare l’impegno per la prevenzione e scoraggiare la medicalizzazione eccessiva.
La politica per la salute non può essere un variabile dipendente, subordinata alle politiche finanziarie. Alla mercificazione dei Beni Comuni, e tra questi la salute, oggetto degli interessi del mercato, pienamente in linea con l’imprinting della vita e della politica come grandi metafore aziendali, si deve opporre l’urgenza di una partecipazione della cittadinanza alla vita democratica del paese. La riduzione dei costi è uno strumento per la gestione del sistema ma non può essere l’obiettivo cui adattare le finalità e le priorità delle politiche per la salute.
Il concetto di Bene Comune si applica dunque non solo alla Salute, ma anche a quella grande infrastruttura civile che è rappresentata dal Servizio Sanitario Nazionale.
1. POLITICA DELLA SALUTE, SALUTE DELLA POLITICA.
Tutto quello che avviene nella vita di relazione ha ripercussioni sulla nostra percezione di benessere e di tutto questo deve occuparsi chi si occupa di politica della salute. L’impegno che ogni cittadino - doppiamente vero per i professionisti sanitari e per chiunque abbia responsabilità nell’amministrazione pubblica - deve porre per la salute propria e di chi lo circonda è di fatto un impegno politico, stante la correlazione tra la salute e le varie dimensioni della vita quali le condizioni socio-economiche, il livello culturale, gli stili di vita, l’ambiente, il lavoro, la sicurezza, i trasporti ecc. Sono fattori, questi, che incidono sulla salute in una percentuale ben maggiore di quanto non possano fare i soli servizi sanitari, e dunque il primo impegno politico deve essere teso a potenziare l’attenzione (ed i conseguenti finanziamenti) sul nodo centrale, quello della prevenzione e della promozione della salute, con un occhio attento e specifico ai determinanti sociali delle malattie.
2. ECONOMIA, SALUTE E SISTEMI SANITARI.
Allo stato attuale, invece, assistiamo ad una totale subalternità delle politiche sanitarie e di welfare ai condizionamenti imposti dal pareggio di bilancio, al sacrificio dei diritti sull’altare dei costi: la politica per la salute è ridotta ai soli criteri indotti dalla spending review finalizzata acriticamente alla riduzione dei costi. L’attacco non è rivolto solo al nostro Servizio Sanitario Nazionale, ma rientra in una politica complessiva che sta vedendo coinvolti anche molti altri paesi europei nel processo di smantellamento dei sistemi sanitari universalistici (in Inghilterra l’offerta assistenziale è stata interamente privatizzata, in Spagna si è tornati al sistema delle assicurazioni, in Grecia, il taglio delle risorse ha comportato il collasso del sistema sanitario). Tutto questo è paradossale proprio nei giorni in cui gli Stati Uniti hanno decisamente imboccato la via per una copertura universale dell’assistenza sanitaria, grazie al via libera della Corte Costituzionale americana alla legge di riforma sanitaria di Obama. E tutto ciò a fronte di dati che dimostrano come la qualità dell’assistenza offerta ai cittadini nei paesi con sistemi sanitari basati sull’integrazione pubblico/privato sia molto più bassa
3. GLI ERRORI DEL VECCHIO SISTEMA.
Sul nostro sistema sanitario, infatti, gravano errori, determinati da scelte di politica sanitaria (in larga parte diretta espressione del modello di società in cui viviamo) che possiamo sintetizzare nei seguenti punti:
-         nessuna diga al dilagare delle malattie croniche (obesità > diabete > malattie cardiovascolari > etc);
-         priorità assoluta assegnata alle cure specialistiche e ospedaliere e alle alte tecnologie;
-         medicalizzazione di ogni spazio della vita quotidiana (“la cellulite è una malattia”);
-         consumismo sanitario esasperato;
-         aspettative irrealistiche sulla potenza della medicina.
Nessun sistema sanitario può reggere all’impatto di una simile miscela esplosiva:   l’insostenibilità finanziaria del sistema è garantita, così come sono garantiti i profitti dei mercati che si occupano di sanità. Deve essere chiaro tuttavia che questo modello, economicamente insostenibile, non garantisce più salute per i cittadini: più medicina, infatti, non equivale a un livello maggiore di salute. Dalla crisi, in sintesi, si esce solo cambiando il modello di salute/medicina e gli stili di vita individuali e collettivi.
4. LA SALUTE COME RISORSA PER GLI STATI.
La salute non deve essere vista dalla politica come costo per le finanze pubbliche, e neppure unicamente come un diritto da tutelare, ma come opportunità, risorsa per il benessere individuale e collettivo. Non si deve cambiare il modello di salute e di sanità perché sono finiti i soldi, ma prendere atto che i soldi sono finiti perché il modello adottato si è rivelato sbagliato.
5. APPROPRIATEZZA E TERZIETA’.
Ad oggi infatti le scelte di governo della salute sono state orientate ad una contabilità spicciola, che spacca il capello in quattro dei processi produttivi, sottoposti ad elaborate analisi del loro prezzo e sempre più spogliati del loro valore, senza verificare se ciò che si analizza è veramente appropriato e quali esiti ha determinato. È ora di superare il diktat della produzione con la massima efficienza possibile, senza che si possa agire sulle priorità e sugli esiti, ovviamente prevedendo un sistema valutativo delle performance sanitarie che sia connotato da effettiva terzietà (i cui parametri devono essere accuratamente individuati e controllati).
6. LA NECESSITA’ DEL CAMBIAMENTO.
Abbiamo ancora un sistema sanitario con modelli di tutela ed erogazione di servizi che, pur ripetutamente razionalizzati, riorganizzati, territorializzati, si basano su una cultura sostanzialmente invariante rispetto al precedente sistema mutualistico: a ciò corrisponde una medicina scientificamente progredita, ma ferma come paradigmi al secolo scorso. Si tratta di combinare e coordinare due ordini di cambiamenti:
-         quelli che riguardano alcune nevralgiche questioni sanitarie (meccanismo di finanziamento, governance del sistema sanitario, modello di azienda e di programmazione, produzione di salute come risorsa naturale, responsabilizzazione del cittadino, ecc);
-         quelli che riguardano alcune nevralgiche questioni della conoscenza e della pratica medica (apparati concettuali, modelli di conoscenza, contenuti professionali, prassi operative, metodiche di intervento, criteri per fare, per giudicare e per decidere ecc.).
7. UN NUOVO MODELLO DI SALUTE.
Come è noto, la definizione di salute è mutata nel corso del tempo e, da una visione che considerava salute “lo stato di assenza di malattia”, si è poi passati all’idea che la saluta sia definibile come “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale” (OMS 1948). Sebbene importanti acquisizioni siano derivate da questa prospettiva, ci troviamo a dover ripensare anche questa definizione che, forse troppo astratta, ha comportato l’estrema medicalizzazione di molte fasi e aspetti della vita umana con un incremento smisurato dei costi. L’ingresso del mercato nell’ambito della salute ha poi compromesso molte delle finalità di questo approccio, richiedendo ad oggi un ripensamento dell’idea di salute più confacente alla realtà attuale, con una popolazione sempre più “vecchia” e con un numero crescente di persone affette da una o più malattie croniche. Un mercato della salute diretto dagli interessi economici delle grandi multinazionali (alimentari, del tabacco, dell’alcol, dei farmaci etc.) e che, peraltro, ha sistematicamente utilizzato i mezzi informativi per promuovere sempre più una pubblicità orientata al consumo sanitario, alimentando una spesso immotivata (o non correttamente motivata) preoccupazione tra le persone come volano per vendere più medicina Per queste ragioni è necessario adottare prospettive più realistiche e nuovi concetti di salute: ad esempio, la salute come capacità di affrontare e gestire (coping) le malattie, la capacità di adattarsi e autogestirsi, nell’accettazione del limite e della cronicità: una formulazione più dinamica di salute basata sulla resilienza o sulla capacità di fronteggiare, mantenere e ripristinare la propria integrità, il proprio equilibrio e senso di benessere.
8. UN NUOVO MODELLO DI SANITA’.
Un modello di sanità nuovo, completamente diverso da quello attuale, economicamente sostenibile, attento ai bisogni delle persone e delle comunità, basato su una “migliore medicina” e non su “più medicina”, non solo è desiderabile per la salute di tutti, ma è l’unica soluzione possibile per preservare nel tempo un sistema sanitario nazionale universalistico. Tutti dobbiamo giungere alla consapevolezza che è il sistema attuale (e il mercato che vi opera) ad indurre i medici a prescrivere troppi esami e troppi farmaci e che questi interventi costosi non significano affatto una migliore assistenza sanitaria per le persone. Va smascherato l’attuale paradigma caro al libero mercato: non è vero che la medicina può fare miracoli, che gran parte delle malattie sono guaribili completamente, che il ricorso a farmaci sempre più costosi o tecnologie sempre più invasive significa vivere più a lungo e meglio. Si deve invece cominciare a pensare non solo in termini di prestazioni fatte, di interventi eseguiti, di giornate di degenza – in una parola, di consumi che muovono il PIL – ma piuttosto in termini di valori più essenziali quali la qualità e la dignità della vita. Sul piano della relazione individuale, bisogna recuperare la centralità del soggetto, la persona con la sua storia di vita e di malattia, il ‘malato’, insomma, e non la ‘malattia’. Dobbiamo adottare un modello di vita e di medicina più sobrio ed austero: non è facile perché il benessere crea decremento del PIL mentre il malessere crea crescita: il modello cui ispirarsi non può dunque essere prioritariamente economico (modelli della decrescita sanitaria).
9. I PILASTRI DEL NUOVO SISTEMA.
Questo nuovo modello di sanità si basa su tre fondamentali pilastri.
9.1 La prevenzione.
È stato dimostrato che con una dieta sana, una regolare attività fisica ed evitando l’uso del tabacco e l’abuso di alcol potrebbero essere evitati fino all’80% delle malattie coronariche, il 90% dei casi di diabete di tipo 2, e il 40% dei casi di tumori. Gli effetti degli stili di vita sullo stato di salute della popolazione sono tanto straordinari quanto inequivoci, a dimostrazione del fatto che nel destino di salute delle persone contano molto di più i comportamenti delle persone – e la loro condizione socio-economica – che le influenze del patrimonio genetico.
Tuttavia, optare per questa prospettiva impone una scelta politica forte, perché adottare efficaci misure di prevenzione significa entrare in rotta di collisione con gli interessi delle compagnie multinazionali del cibo, delle bevande, del tabacco, dell’alcol e dei farmaci; perché la promozione di stili di vita sani significa “rendere facili le scelte giuste”, per esempio rendendo più vivibili le città, riducendo il traffico e l’inquinamento, espandendo le aree verdi e i percorsi camminabili e ciclabili, ma anche modificando le politiche per il lavoro, la casa, e l’istruzione; perché scegliere questo modello presuppone una responsabilizzazione non solo delle politiche, ma anche dei singoli
9.2 Il coinvolgimento delle comunità e delle persone nei processi di cura e nelle scelte politiche per la salute.
Nei processi che determinano le scelte pubbliche per la salute, l’individuazione delle priorità, i meccanismi di nomina dei vertici e la definizione dei percorsi di cura, è necessario introdurre meccanismi di partecipazione dei cittadini (i movimenti e le associazioni, anche quelle di utenti) e valorizzare il protagonismo delle persone a difesa della loro salute e della loro sicurezza sia come pazienti, che come lavoratori, che come cittadini esposti all’inquinamento, che come cittadini/disabili. La difesa del diritto alla salute, passa attraverso le lotte per l’autogestione della salute. Ciò non solo per garantire che la sanità risponda effettivamente ai bisogni reali e concreti di salute dei cittadini, ma anche perché le risorse della comunità sono essenziali per promuovere salute: è più facile migliorare i propri stili di vita insieme agli altri, promuovere il coinvolgimento attivo delle persone nella gestione della propria salute e della propria malattia (dare vita e sostenere i gruppi di auto-aiuto, creare i “pazienti esperti” ecc.). Vi sono ormai solide evidenze che dimostrano che il rafforzamento del ruolo dei pazienti (“empowerment”), ad esempio nella gestione delle malattie croniche, produce non solo significativi miglioramenti della loro condizione di salute, ma anche risparmi per minori consumi sanitari. L’empowerment è tuttavia sottoposto alla precondizione determinata da una popolazione più informata, che possa attingere a fonti conoscitive per la salute corrette e “garantite”: in un programma politico per la salute deve svolgere un ruolo fondamentale la comunicazione della/sulla/per la salute come fonte di valore, di conoscenza, di orientamento dei bisogni e della domanda, capacità di gestione e di accesso alle cure e di senso di responsabilità anche per l’accettazione del limite. Ciò vale sia per la comunicazione medico-paziente, che quella prodotta attraverso i mezzi di comunicazione di massa: larga parte dell'inappropriatezza in sanità, oltre che dagli interessi - più o meno velati - degli "erogatori", nasce infatti dalle aspettative che una cattiva informazione su una popolazione poco critica hanno generato.
9.3 La riorganizzazione dei servizi funzionale al nuovo sistema anche attraverso il rafforzamento della medicina di famiglia e dei servizi territoriali.
Oggi le malattie croniche rappresentano l’80% dei bisogni sanitari della popolazione italiana. Ciò deve comportare un’organizzazione completamente nuova, in cui medici di famiglia, medici specialisti, medici di sanità pubblica, infermieri, fisioterapisti, operatori sociali, lavorino insieme, in team, all’interno di un ambiente comune (ad esempio: casa della salute), avendo come obiettivo quello di migliorare la salute complessiva delle persone  - prevenzione e la promozione della salute - e dare risposte corrette e sostenibili ai loro bisogni: solo eccezionalmente, e quando effettivamente appropriato, dell’ospedale e di tecnologie sofisticate, ma costantemente di un medico che, in collaborazione con altri professionisti si prenda la responsabilità della cura della persona, in un rapporto continuativo nel tempo e basato sulla fiducia, definisca il quadro clinico e in caso di bisogno, garantisca la continuità assistenziale. Questa figura è il medico di famiglia.
9.4 La lotta alle diseguaglianze nella salute.
Trasversale e condizione essenziale per il successo delle politiche per la salute è la lotta alle diseguaglianze socio-economiche, che, aggravate dalla crisi in corso, influenzando lo stato di salute delle persone, determinano le diseguaglianze nella salute attraverso alcuni principali fattori: il lavoro (assente, precario, nero, insicuro, sottopagato, ripetitivo e subordinato, senza possibilità di autonomia e di controllo) e la conoscenza. I gruppi di popolazione con redditi basi e con titolo di studio inferiori sono infatti sistematicamente svantaggiati nella prevenzione (paradosso della prevenzione) e nella promozione e cura della loro salute (stili di vita insalubri e nocivi, minore longevità, maggiore probabilità di ammalarsi di una o più malattie croniche, infortuni e danni professionali, minore cura delle loro condizioni fisiche e di malattia, minore conoscenza del sistema sanitario, minore capacità di accedervi e ottenerne le migliori cure). Le scelte per la salute non sono il frutto della libera e consapevole scelta dell’individuo, ma sono condizionate dai fattori socio-economici cui si aggiungono i fattori di mercato che influenzano negativamente le scelte delle persone: pubblicità, moda, prezzi. E’ bene in proposito ricordare l’articolo 6 del Codice di deontologia medica: Qualità professionale e gestionale “Il medico agisce secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto dell’autonomia della persona tenendo conto dell’uso appropriato delle risorse. Il medico è tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di accesso, disponibilità, utilizzazione e qualità delle cure”. E’ poi dimostrato che il primo impegno per superare le ingiuste diseguaglianze deve essere rivolto verso la salute dei bambini (protezione e clima affettivo adeguato, stili di vita sani anche durante la gestazione, alimentazione, attività fisica, ambienti salubri), cui è strettamente connessa la tutela della maternità anche nei profili riguardanti le politiche del lavoro. Il superamento delle diseguaglianze di genere nella salute, costituiscono l’altro elemento chiave per ottenere un miglioramento effettivo della salute della popolazione: non solo dunque un’esigenza di giustizia per le donne, ma un vero e proprio riorientamento delle modalità e dei presupposti con i quali la medicina e le politiche interpretano le problematiche connesse alla salute. Vi sono poi particolari condizioni di vita che determinano il rischio elevato di discriminazione: così il caso della salute delle popolazioni migranti, o, per fare altri esempi, delle persone affette da patologia mentale o che si trovano in stato reclusione. A tutti deve poter essere garantita la tutela del diritto alla salute rispettosa delle differenze di cui ciascuno è portatore.
10. FINALITÀ E METODI DELLA RICERCA.
Il cambiamento proposto riguarda anche, e necessariamente, le finalità, i metodi, le fonti di finanziamento e i meccanismi di controllo con i quali si produce conoscenza e gli strumenti per la cura della salute. Per i farmaci, solo per fare un esempio: ogni anno milioni di persone muoiono in conseguenza di malattie in realtà curabili e evitabili grazie alla prevenzione, specialmente nei paesi poveri e, in molti casi, i farmaci salvavita possono essere prodotti in serie a basso costo, ma sono in vendita a prezzi proibitivi. Sono due attualmente gli ostacoli alla fruizione dei farmaci. Il primo è il prezzo imposto, davvero elevato su cui il reale costo di produzione concorre in minima parte. Il secondo è che la produzione dei farmaci è orientata al profitto, non al vantaggio sociale, distogliendo risorse alla produzione di farmaci essenziali alla salute. Al fine della salute pubblica, invece, è necessario condividere i risultati della ricerca il più ampiamente possibile e nei tempi più brevi, disinnescando il meccanismo imposto dal sistema di brevetti che concede agli inventori il monopolio temporaneo sulle loro scoperte, incoraggiandoli a tesaurizzare la conoscenza per timore di avvantaggiare la concorrenza. Una soluzione al problema dei prezzi e degli obiettivi della ricerca è sostituire il modello attuale con un fondo finanziato dal governo che premi l'innovazione. La concorrenza sui mercati farà si che il nuovo farmaco sia disponibile al minor prezzo possibile, non gonfiato grazie al monopolio. Anche per la ricerca è centrale la questione delle disuguaglianze poiché, già nella produzione di sapere, esse devono essere individuate come un obiettivo da superare, ad esempio adottando criteri di genere in ogni fase della progettazione della ricerca (finalità e metodi).
11. DIFFERENZE E CULTURA DELLA PACE.
ALBA ci invita anche a ‘mettere in connessione le diversità” e curare la “cultura della pace”. Il richiamo è alla mitezza, all’umiltà, al rispetto, alla tolleranza nelle politiche e nei comportamenti: non solo come virtù del carattere ma anche come strumenti diversi e innovativi di pensare la gestione manageriale e dei rapporti interpersonali anche nell’ambito sanitario (“risorse umili” di vantaggio competitivo). In una prospettiva generale ciò significherà che Beni Comuni quali Salute e Ambiente e Lavoro, dovranno essere sempre più reciprocamente integrati (vedi Codice di deontologia medica: articolo 5 Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente “Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini. A tal fine il medico è tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo appropriato delle risorse naturali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile. Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva” ).
12. SALUTE E SCELTE VALORIALI.
Cultura della Pace significa anche a livello del singolo individuo, il rispetto per la diversità e l’alterità culturale, religiosa, etnica e di scelte valoriali. La laicità dei servizi e il rispetto delle scelte individuali non lesive dei diritti di terzi, è condizione imprescindibile per restare nel rispetto del dettato costituzionale (articoli 2, 3, 13, 32), ad esempio nei temi bioetica dell’inizio e del fine vita.
13. SALUTE E LEGALITA’.
Come ogni altro ambito pubblico, anche il governo della salute è distorto, nelle scelte e nell’allocazione delle risorse, dal problema della legalità. Non solo la questione della corruzione e del conflitto di interesse, che comunque distoglie risorse enormi (si calcola che le Mafie, la corruzione e l’evasione fiscale costino annualmente 330 miliardi di euro alle risorse pubbliche) e contribuisce ad allontanare i cittadini dai servizi rompendo il necessario patto di fiducia, ma anche per una interferenza della politica prestata ad interessi non collettivi che rischia di compromettere le corrette finalità di governo. Anche per quanto riguarda le finalità connesse alla salute, dunque, deve essere richiesto un impegno individuale e collettivo, mirato a garantire le legalità, oltre che meccanismi efficaci di controllo e prevenzione.
                                                       
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From: Federico Giusti giustifederico@libero.it
To:
Sent: Tuesday, July 03, 2012 8:32 PM
Subject: NUOVO INCIDENTE SUL LAVORO NEL PISANO

Quali sono le normative di sicurezza per chi opera con gli asini spazzini??
Da tre anni nel Comune di Santa Maria a Monte (provincia di Pisa), opera un progetto denominato asini spazzini, con operatori ecologici che fanno la raccolta porta a porta utilizzando non mezzi a motore ma asini, un progetto che ha consentito l'inserimento nel mondo del lavoro di figure sociali svantaggiate che trovano sempre meno tutele nel mondo del lavoro.
La morte di Gianfranco Mei, investito da una macchina nello svolgimento del suo lavoro, induce noi tutti\e a porsi una domanda:
- esiste un piano operativo per la sicurezza (POS) redatto dalla cooperativa appaltatrice del servizio per tutte le attività svolte nella raccolta porta a porta?
Il POS è un documento di grande rilevanza, essenziale e previsto da normative di legge (il testo unico sulla sicurezza), un documento che analizza tutte le operazioni lavorative, le procedure necessarie le modalità di svolgimento delle stesse.
Il POS, se redatto nel rispetto delle normative vigenti, dovrebbe prevedere specifiche segnalazioni a salvaguardia della sicurezza del personale che opera su strade spesso trafficate e necessita di dispositivi di protezione individuale, di indumenti visibili anche a distanza.
Ci auguriamo sia fatta piene luce sulla dinamica di questo incidente (che certo non ci restituirà l'operaio morto), da parte nostra esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia di Mei ma invitiamo cooperativa e Comune ad impegnarsi per rendere sicuro il lavoro degli addetti.

Sportello sicurezza Confederazione Cobas di Pisa

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From: Fabio Gambone fabio74_1@libero.it
To:
Sent: Wednesday, July 04, 2012 7:39 PM
Subject: VOLANTINO PER IL PRESIDIO SOTTO IL TRIBUNALE DI TORINO

Il movimento NO TAV sotto processo
Si sta svolgendo in questi giorni, dal 6 al 21 luglio, l’udienza preliminare contro 46 NO TAV, la maggior parte arrestati il 26 gennaio scorso nell’operazione repressiva voluta dal giudice Giancarlo Caselli.
Vi sono ancora 3 imputati in carcere e diversi agli arresti domiciliari. Tutti sono accusati di resistenza e lesioni alla forza pubblica, con numerose aggravanti.
Sono ritenuti responsabili del ferimento di oltre 200 agenti, anche se molti di questi hanno riportato lesioni ridicole o autoinflitte: distorsioni e intossicamento prodotto dai loro stessi gas.
L’inchiesta del procuratore Caselli è a senso unico. Persegue il movimento NO TAV chiudendo tutti e due gli occhi sulle illegalità delle forze dell’ordine. Le denunce pubbliche e documentate del movimento NO TAV - in cui si vedono gli agenti usare bastoni, tirare sassi, sparare lacrimogeni direttamente sui manifestanti (ferendone alcuni in modo grave) e pestare a sangue i fermati - non hanno avuto alcun esito. Si è passato un colpo di spugna sui nostri feriti.
I fatti per cui i 46 NO TAV sono imputati riguardano le giornate del 27 giugno, quando fu sgombrata con la forza il presidio di Chiomonte (la Libera Repubblica della Maddalena) e del 3 luglio 2011, quando si svolse la manifestazione nazionale di protesta.
In entrambe le giornate i NO TAV furono oggetto di lanci continui e sconsiderati di gas lacrimogeni CS, altamente tossici per le persone e nocivi per l’ambiente (sono proibiti dalla convenzione di Parigi, ratificata dall’Italia nel 1997, in ogni scenario bellico). Solo in quelle 2 giornate, in uno spazio ristretto, ne furono sparati più che a Genova durante il G8 del 2001.
Di fronte a questa inaudita violenza di Stato, chi ha risposto lanciando un sasso ha compiuto solo un gesto di legittima difesa e non può essere sanzionato (come vorrebbe Caselli) isolando l’atto dal contesto di grande violenza da parte delle forze dell’ordine in cui si è determinato.
Non ci sono NO TAV buoni e cattivi, non ci sono infiltrati violenti nel movimento.
C’è solo una Valle che non vuole essere violentata con la costruzione di una linea ferroviaria inutile, dannosa per la salute, devastante per l’ambiente, altamente costosa e necessaria solo per foraggiare con denaro pubblico le varie lobby finanziarie politiche e mafiose.
La Val Susa non è una “palestra per esercitare la violenza” e i valsusini non sono “ostaggio di violenti venuti da fuori”, come raccontano quotidiani e telegiornali. L’unica palestra è quella della democrazia diretta e dell’autodeterminazione in cui si cimentano, uniti ai valsusini, persone di varie parti d’Italia. Perché la Val Susa non è sola. In varie località della penisola sono sorti comitati NO TAV in appoggio alla lotta contro l’alta velocità ferroviaria. Le retate di Caselli non riusciranno mai dividere il movimento.
Sosteniamo i NO TAV oggi sotto processo, perché assieme a loro si sta processando tutto un movimento popolare, che non si batte solo per salvaguardare la propria terra, ma si batte per un mondo diverso in cui non prevalga la logica affaristica del profitto a scapito dell’ambiente, della gente, del bene comune.
Non processerete la nostra voglia di giustizia! Non processerete la nostra lotta!

Solidarietà a tutti i NO TAV processati!

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