venerdì 5 aprile 2013

Ilva: questione nazionale per unire la lotta per lavoro e salute contro i padroni, lo Stato e il governo dei padroni.


Contro chi vuole chiudere la fabbrica e contro chi la vuole lasciare nelle mani di padroni e stato - anche se si traveste da difensore di lavoratori e cittadini.

Piattaforma di classe su sicurezza sui posti di lavoro e salute sul territorio.

Contro demagoghi e populisti di turno

Unita operai e masse popolari per una rivolta operaia e popolare a Taranto contro chi in nome dei cittadini nega l'autonomia operaia e la lotta di classe

Questa è stata la iniziativa nazionale -sfida di Taranto della rete il 22 marzo

Unire gli operai dell'Ilva con le realtà autorganizzate operaie su scala nazionale su basi di classe per una lotta sola!


La piattaforma approvata dall’assemblea

La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro  e sul territorio, a conclusione  dell'iniziativa nazionale di sfida, di indicazione e di lotta realizzata nella giornata del 22 marzo all'Ilva  - con il combattivo e rappresentativo presidio della direzione Ilva, con l'affollato incontro con gli operai ilva alla port.A, la significativa visita al cimitero con i lavoratori cimiteriali e i familiari delle vittime del lavoro 12 giugno, e la molto partecipata e rappresentativa assemblea al quartiere Tamburi di Taranto- decide di proseguire la mobilitazione nazionale in tutti i posti di lavoro e sul territorio, per fare sempre più della questione ILVA e Taranto un paradigma nazionale della battaglia per affermare che salvaguardare salute e lavoro è possibile a condizione che si sviluppi un movimento nazionale di lotta contro padroni, Governo, Stato, che imponga profonde trasformazioni del sistema economico, politico, sociale in cui viviamo, mettendo la sicurezza, la salute in fabbrica e sul territorio al primo posto rispetto alla produzione per il profitto.
Noi siamo per la messa a norma radicale e d'emergenza dell'azienda, da imporre a qualsiasi proprietà Riva, nuovi assetti, Stato, con i fondi necessari prelevati dai profitti dei padroni, con misure anche di esproprio senza indennizzo.
Noi siamo perchè questa messa a norma avvenga con l'utilizzo pieno di tutti gli attuali operai dell'Ilva nei lavori di bonifica, garantendo il salario pieno – questa soluzione va estesa alle ditte dell'indotto
Noi siamo per dare potere di proposta e di controllo agli operai dell'Ilva sui lavori da fare e sulla tempistica di essi.
Noi siamo per la riduzione dell'orario del lavoro nella siderurgia e negli impianti inquinanti e per il riconoscimento dei benefici pensionistici da lavori usuranti per tutti gli operai operanti nella zona industriale e ai Tamburi, in particolare per i lavoratori cimiteriali.
Noi siamo per lo sviluppo di un piano di bonifica di Taranto e del territorio, a partire dal quartiere Tamburi, con massicci investimenti dello Stato, che sia opportunità di lavoro per i disoccupati di questa città anche tramite un grande piano di corsi di formazione retribuiti e finalizzati al lavoro.
Noi siamo per un piano sanitario d'emergenza per Taranto per monitorare salute dei cittadini, malattie professionali, e prevedere strutture ospedaliere in grado di intervenire con le migliori cure e tecnologie esistenti.
Noi siamo per un processo rapido ai responsabili del disastro ambientale e sanitario secondo il modello realizzato per Thyssen ed Eternit, che utilizzi i reati di omicidio volontario e disastro ambientale.
Noi siamo per la costituzione di parte civile associata di lavoratori e cittadini per giusti risarcimenti nei processi in preparazione
La Rete sostiene tutte le lotte in fabbrica e sul territorio che assumano questi obiettivi e obiettivi similari e sostiene la necessità di uno sciopero generale e di una manifestazione a Roma.
La Rete lavora per l'unità e la cooperazione tra operai e masse popolari e contrasta fermamente posizioni e iniziative che mettano in contrapposizione operai e cittadini e che mettano in contrapposizione lavoro in fabbrica e salute dei cittadini La Rete sostiene su scala nazionale potenziamento del ruolo degli Rls in fabbrica da eleggere sui posti di lavoro tra tutti i lavoratori indipendentemente dalle sigle sindacali postazione ispettiva in tutti gli impianti industriali come l'Ilva corsie preferenziali per i processi aventi oggetto sicurezza e salute sui posti di lavoro e tutela ambientale sul territorio costituzione automatica di parte civile per tutte le associazioni familiari, sindacali, ambientali fondo di sostegno per i familiari delle vittime del lavoro.

Taranto 22 marzo 2013 rete nazionale bastamortesullavoro@gmail.com info
347-1102638

Alcune cronache della manifestazione
La Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e territori ha lanciato la sua sfida, l’ha fatto il 22 marzo all’Ilva di Taranto, una sfida innanzitutto nazionale, perchè l’Ilva è la più grande fabbrica di questo paese, perno decisivo dell’intera struttura industriale e quindi di interesse per tutta la classe operaia del nostro paese. E all’Ilva gli operai devono vincere, padroni, Stato, governo e loro complici devono perdere.
Questo è stato affermato dalla Rete con un presidio di compagni provenienti da Torino, Milano, Bergamo, Marghera, Ravenna, Roma, Napoli, Bari, Palermo Sicilia.
L’Ilva ha fatto trovare sbarrata la sua Direzione protetta da un imponente schieramento di polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia provinciale, temevano l’iniziativa della Rete e si sono messi al sicuro qualunque fossero i numeri di essa.
I rappresentanti che sono venuti rappresentavano tanti compagni e compagne, organismi che contro le morti sul lavoro e da lavoro la battaglia la stanno facendo realmente e quotidianamente; non si limitano ai comunicati, al chiacchiericcio da internet, ma ci mettono l’impegno in ogni occasione. E la Rete è la realtà che lotta su questo più conosciuta in tutto il nostro paese. La Rete è una rete militante, di combattimento che lavora dall’alto e dal basso per costruire la forza materiale, unitaria e di massa, per far pagare ben oltre le condanne nei tribunali, che noi vogliamo pesanti, ai padroni assassini il costo dei loro crimini, allo Stato e al governo il costo politico, contribuendo così alla battaglia generale per mettere fine all’orrore senza fine della produzione per il profitto del capitale sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari.
Davanti alla Direzione, assediata da striscioni e bandiere – ognuno con la sua faccia e la sua bandiera, perchè chi non mette faccia e bandiera si nasconde dietro i numeri per non fare realmente in prima persona la battaglia, per non costruire realmente organizzazione in fabbrica e sul territorio capace di condurre una guerra lunga, legale e non, su questo fronte – ogni realtà ha portato il suo contributo, sapendo benissimo che ogni parola detta è una parola data nell’impegno per proseguire in questa lotta. La delegazione era formata da operai, ma anche da precari, disoccupati, studenti dei collettivi universitari provenienti da Napoli e studenti di Palermo, organizzazioni sindacali, Usi da Roma e da Milano, Slai cobas per il sindacato di classe, FMLU Borsch da Bari – mentre l’USB di Taranto ha partecipato ad uno dei presidi alla fabbrica e all’assemblea ai Tamburi – che hanno portato un contributo anche specifico alla battaglia generale, i compagni ambientalisti di Statte hanno portato con decisione la battaglia in corso anche a Statte, seconda zona inquinata dopo il quartiere tamburi e hanno fatto appello alla lotta operaia e popolare, dopo una forte denuncia delle connivenze della politica con padron riva.
Al presidio sotto la Direzione ha fatto seguito, dopo un breve corteo, l’incontro con gli operai alla portineria A cuore in tutti questi ultimi tempi della lotta alla fabbrica, dove proprio in materia di sicurezza dopo la morte dell’operaio del Mof Claudio Marsella si è verificato lo sciopero prolungato dei suoi compagni di lavoro e il presidio per circa 15 giorni, ma anche dove si è sfondata la portineria per entrare in fabbrica in massa il 27 di novembre, dove vi è stato un duro raffronto con la fabbrica militarizzata in occasione della visita di Clini, e anche dove i cassintegrati hanno fatto iniziative e presidi di lotta per dire No alla cassintegrazione.
Qui l’iniziativa della Rete si è fatta partecipata, convulsa, combattiva. Operai della Dalmine e Technimont di Bergamo e studenti dei collettivi di napoli hanno tenuto dei veri e propri comizi ascoltati e applauditi da consistenti gruppi di operai, così molto importanti è stato l’intervento del rappresentante dell’Istituto Tumori di Milano che ha denunciato come siano molti gli operai e cittadini che vengono a Milano perchè colpiti dalla malattia e questo li fa molto sensibili alla battaglia all’Ilva di Taranto – non è mancato chi ha contestato a difesa di padroni e sindacati l’iniziativa in corso, restando però isolato. Gli operai dell’Ilva hanno visto per la prima volta realmente che ci sono realtà organizzate in tutt’Italia che sostengono la loro lotta, e non per sentito dire, per atto dovuto, ma venendo all’Ilva a confrontarsi con loro. Nello stesso tempo i compagni e gli organismi partecipanti hanno potuto toccare con mano la grandezza, durezza, difficoltà della situazione per gli operai dell’Ilva oppressi dal ricatto occupazionale, spesso assediati mediaticamente dall’ambientalismo che li vede solo come vittime o fantasmi.
Anche a questa portineria polizia e forze dell’ordine sono stati presenti in numero esorbitante, pronti in qualche maniera ad intervenire ove la situazione si scaldasse ulteriormente.
Tutto questo mentre si è entrati anche dentro la portineria con il megafono e si moltiplicavano le discussione delle compagne, degli operai, studenti della Rete con gli operai, aumentando la conoscenza reciproca e fornendo ad ognuno una visione più esatta e reale della situazione.
E’ stata un’iniziativa senza precedenti per l’Ilva di Taranto, i cui segnali e indicazioni dovranno essere misurati nelle prossime settimane.
Di qui l’iniziativa si è spostata al quartiere Tamburi e prima di tutto al cuore nero di esso, il cimitero, dove non solo chiaramente si è consumata in questi anni la tragedia dei morti operai e dei morti da tumore da inquinamento dei cittadini, ma dove sta il luogo di maggiore inquinamento della città, con i lavoratori cimiteriali che pagano essi stessi un duro costo di questo lavoro all’aperto, a cento metri dai parchi minerali che ha visto due loro compagni di lavoro morire di tumore, mentre tutti sono sotto la costante minaccia di malattie.
Qui in un silenzio rotto solo dall’intervento del rappresentante della Rete si sono uniti ai manifestanti tutti i lavoratori del cimitero e alcuni familiari di operai morti all’Ilva guidati dal Comitato vittime del lavoro 12 Giugno. Poi una delegazione nazionale con il Comitato 12 giugno ha raggiunto all’interno del Cimitero la stele che ricorda le vittime del lavoro, imposta alle istituzioni locali dalla lotta e pressioni del Comitato, dei familiari; qui il presidente del Comitato ha raccontato la storia della loro mobilitazione e l’impegno costante a mantenere viva la memoria dei lavoratori morti in una situazione difficile, in cui spesso dopo i primi periodi si è lasciati soli in questa battaglia; una rappresentante nazionale e locale della Rete ha ricordato i tre operai morti all’Ilva negli ultimi 4 mesi, le cui foto avevano campeggiato davanti alla Direzione e a tutte le portinerie durante tutta l’iniziativa.
Odioso e vergognoso è stato l’attitudine dello Stato e delle forze dell’ordine in questa situazione, anche il cimitero è stato assediato dai blindati dei carabinieri, ma non solo questo, sin dal mattino gli uomini della Digos avevano cercato di intimidire i lavoratori del Cimitero, detto loro che non avrebbero dovuto far entrare le persone partecipanti alla manifestazionedella Rete, e anche nel momento in cui la delegazione è entrata hanno cercato arrogantemente ma inutilmente di impedirlo.
Infine ci si è ritrovati in circa 120 persone nell’assemblea ai Tamburi. All’assemblea si sono aggiunti diversi cittadini e lavoratori del quartiere, massicciamente presenti i lavoratori cimiteriali, i disoccupati e precari organizzati nello slai cobas per il sindacato di classe e quella parte delle forze ambientaliste, sindacali e politiche che rompendo il silenzio e il tentativo di isolare la manifestazione hanno aderito e portato il proprio contributo.
L’assemblea ha visto decine e decine di interventi, in cui rappresentanti nazionali della Rete e di altre realtà nazionali, operai, cittadini e realtà locali si sono alternate in un sostegno e dialogo che mirava a rendere forte questo legame di lotta. Un’assemblea niente affatto rituale e niente affatto ripiegata sul locale.
Essa infatti si è aperta con l’intervento dell’avvocato Bonetto del foro di Torino, appena giunto dall’ultima udienza del processo di appello della Eternit, dopo la recente sciagurata conclusione del processo di appello Thyssen – dove però nel primo grado si era raggiunto un grande risultato – processi che la Rete sostiene e a acui partecipa da sempre. L’Avv. Bonetto ha fornito il quadro di quello che è successo e sta succedendo nei processi Thyssen ed Eternit e di come operai e familiari stanno affrontando, partecipando in prima persona a questi processi. E qui ha lanciato il suo allarme: padron Riva non è come la Thyssen ed Eternit che erano fabbriche in chiusura o già chiuse; qui la fabbrica è aperta, il padrone è potente e ha dietro l’insieme del sistema dei padroni, ben deciso a contrastare in tutti i modi l’inchiesta, il processo e pronto a mettere forza economica, politica e istituzionale per non dare giustizia e risarcimenti a operai e familiari e per salvaguardare proprietà e profitti. Ma questa battaglia pur essendo più dura deve essere combattuta anche nei processi, e l’arma principale è la partecipazione di massa a sostegno di un esito di giustizia vera. L’avvocato ha messo a disposizione la sua esperienza in questa lotta e il suo impegno legale nel processo contro l’Ilva di Taranto, ed è stato molto apprezzato dai lavoratori e cittadini presenti.
Sono stati il rappresentante degli operai del Mof e un operaio dell’Ilva che è anche abitante attivo del quartiere Tamburi ad aprire poi la parte più pienamente assembleare dell’iniziativa.
Si è tratta di quella parte degli operai che considera centrale la lotta in fabbrica e si unisce in prima fila alla lotta del quartiere e dei cittadini, contro chi invece attivamente usa in questa città ragioni giuste di lotta per la salute per negare la lotta in fabbrica e l’unità operai-masse popolari, che poi è unità tra lavoro e salute. Gli operai hanno duramente attaccato i sindacati confederali complici di padron Riva, che firmano accordi come quello del MOF che sono concausa della morte in fabbrica dell’operaio Claudio Marsella e riaffermato che bisogna organizzare la lotta e il sindacato di classe in fabbrica come strumenti indispensabili per vincere.
E’ difficile riassumere in un resoconto tutti gli interventi. Nelle prossime settimane nessuna delle cose dette in questa assemblea saranno trascurate perchè da ognuno di questi interventi sono venuti contributi e indicazioni.
Segnaliamo, in particolare, gli operai di Marghera che hanno raccontato che quando a Marghera vi è stata una situazione simile a quella di Taranto e hanno chiuso la fabbrica, sono stati gli operai a pagare e basta e che chi vuole chiudere le fabbriche non vuole salvaguardare nessuna salute ma solo colpire la classe operaia. Gli studenti di Napoli del collettivo policlinico che hanno raccontato del loro studio per dimostrare come anche del non lavoro ci si ammala e si muore, e che hanno demistificato l’uso tendenzioso dei dati; a questo si è aggiunto l’intervento del compagno di Clash City Workers che ha parlato dell’esperienza di Bagnoli dove alla chiusura della fabbrica ha corrisposto un ulteriore disastro ambientale, disoccupazione, speculazione e camorra e che ha portato la necessità di unire le lotte come arma dei proletari per rafforzarsi e vincere.
Ogni realtà della Rete, dalla Sicilia a Bergamo, da Ravenna a Milano, ha raccontato le battaglie in corso nelle loro realtà sugli stessi temi; è stato letto i messaggi dei familiari dell’Eureco, di Paderno Dugnano ed è stato raccontato ciò che avviene a Gela o al porto di Ravenna o nella altre fabbriche siderurgiche.
La Lega ambiente di Taranto ha analizzato le ultima fasi della vicenda dell’Aia denunciando con dovizia di particolari che pur essendo essa insufficiente i padroni dell’Ilva non la stanno applicando, stanno cercando ancora una volta di fare i furbi e di ingannare operai e cittadini. Per Taranto Futura ha parlato il magistrato Nicola Russo, promotore del referendum del 14 aprile, spiegandone il suo carattere consultivo, il suo non voler porre come obiettivo la chiusura dell’Ilva ma essere uno strumento in mano ad operai e cittadini per fare pressione su proprietà, Stato e governo per cercare le soluzioni necessari alla tutela del lavoro e della salute.
Un ex operaio, quadro storico dell’Ilva di Sinistra critica ha fatto un vibrante intervento, dicendo basta alle false soluzioni, perchè questa battaglia anche con l’utilizzo massimo delle nuove tecnologie si può vincere, ma ci vuole una lotta, una grande e vera lotta, che nonostante le grosse mobilitazioni che si sono tenute fatica a realizzarsi.
Operai e cittadini hanno ascoltato, applaudendo, con estrema attenzione tutti gli interventi per prenderne il massimo che possa servire all’organizzazione e alla lotta, cogliendo il senso dell’azione della Rete che è quella di dare più strumenti agli operai e cittadini autorganizzati per fare la battaglia, e di metterli in relazione con tante altre realtà simili di fabbriche dove si muore, di siti inquinanti, per fare questa battaglia a livello nazionale, perchè massiccia in questa lotta è l’azione che nazionalmente gli avversari stanno facendo, con il decreto salva-Ilva del governo, con la militarizzazione della fabbrica, con i vertici associati di Roma di Confindustria, Federacciaio, ministri e sindacati confederali, il cui unico scopo non è di dare lavoro sicuro, sicurezza e salute agli operai e ai cittadini, non è di mettere fine alla Taranto in emergenza ambientale e sanitaria, ma quella di studiare palliativi per salvaguardare il sistema del profitto.
La Rete con il suo documento finale, approvato dall’assemblea, ha tradotto la sfida lanciata in una piattaforma semplice e lineare che possa essere di sostegno, di unità e riferimento a chi sulla questione Ilva, dalla fabbrica alla città, a livello nazionale si sta impegnando, legando questa piattaforma alle battaglie storiche che la Rete sta facendo sin da quando è nata e che ha portato nelle fabbriche, sul territorio con iniziative, manifestazioni verso tribunali, istituzioni per armare di obiettivi precisi la lotta per la sicurezza sul lavoro, chiave della stessa lotta per la salute in fabbrica e sul territorio.
Ed è stato il rappresentante del Comitato per le vittime del lavoro 12 giugno che ha concluso l’assemblea gridando indignazione e rabbia per gli operai uccisi due volte in fabbrica e nei tribunali, dalle istituzioni, una rabbia ed indignazione condivisa da tutta l’assemblea che ha raccolto il messaggio di impegno militante che deve divenire di massa contro i padroni assassini per difendere realmente salute e lavoro degli operai in fabbrica come delle donne e dei bambini dei quartieri.
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Il macabro scenario di una città dilaniata dagli interessi padronali che sta morendo di indifferenza, con una stragrande parte di popolazione succube dei più retorici luoghi comuni che, aimè, trovano un reale riscontro in alcune fette della popolazione
Piero, un operaio dell'Ilva, è entrato in aula, indossando quell'umiltà che solo chi, come lui, nell'oblio più totale riesce ancora a preservare. L'umiltà però non ci interessa, adesso, quello che inizialmente non salta alla vista è la grande voglia di rivoltare lo stato di cose che, quotidianamente, subisce.
All’inizio decido di avvicinarmi pensando potesse essere utile ascoltare ciò che aveva da dire, dopo poco mi accorgo che l'utilità diviene interesse e l'interesse partecipazione.
Potrei analizzare, avendo forse ragione, tutto ciò che Piero inizia a raccontare, potrei scrivere un report, oppure dare sacrosanta ragione a quel rivoluzionario con barba e capelli lunghi che a noi piace tanto, ma sono impedito in questo intento, sono impedito dal momento in cui la commozione ha spodestato la partecipazione ed avendo la possibilità di affrontare l'argomento in quell'ottica lucida ed intelligente nell'assemblea che a breve incomincerà, decido di immergermi, di immedesimarmi per quanto possibile, decido che forse in questo momento la cosa più giusta sarebbe cercare di provare anche minimamente cosa vuol dire vivere a Taranto, cosa vuol dire lavorare all'Ilva e come tutto ciò modifichi profondamente la vita di un uomo.
Quello descritto da Piero diviene uno scenario tragico, il ghetto d'Italia, una città sacrificata affinchè la produzione possa andare avanti ed il capitale gonfiarsi a dismisura, ma i picchi più tragici si toccano, forse per un'estrema sensibilità a questi argomenti, quando il racconto esce dall'ilva ed entra nelle famiglie di questi lavoratori, nei reparti ospedalieri dove un numero troppo alto di bambini lotta per la vita, ma anche all'interno della testa di quegli operai che stando alla propria postazione lavorativa devono "fare i conti" con le innumerevoli tragedie che si paventano sotto forma di pensieri; in un susseguirsi di mutui per la casa, mantenimento della famiglia, salute dei propri cari a rischio, un posto di lavoro che diviene precario nel momento in cui si vuole preservare la propria incolumità, spese economiche di ogni genere che crollano a capofitto su un corpo già massacrato da macchinari industriali e tremende esalazioni. Esalazioni emesse da scarichi di fabbrica, esalazioni emesse dalla bocca di un uomo, dov'è la differenza? Questa è la vera alienazione, l'uomo ridotto a macchina, costretto a sacrificare la propria salute per non sacrificare la propria esistenza, la propria famiglia, la propria sicurezza economica, se di sicurezza si può parlare.
Piero continua, mi invita ad entrare in quei reparti dove, come ho già detto, troppi sono i bambini in cura, mi assicura che ne uscirei con la pelle accapponata, troppi bambini in cura come troppi sono i lavoratori condannati a morte in quel mostro chiamato ilva. Troppi ancora sono gli incidenti, molti non denunciati per ricatto, che si susseguono giorno dopo giorno.
In questo clima, con tutti questi assurdi pensieri che offuscano la mente di un lavoratore, non ci si può distrarre, una distrazione equivarrebbe ad un altro incidente, come continua a raccontare colui dalle cui labbra pendo in questo momento; allora l'uomo viene totalmente annullato, inghiottito dalla macchina del capitale, tramutato anch'esso in macchinario, in mero esecutore che per forza di cose è costretto a "staccare" quello che più ha di prezioso, il cervello, affinchè tutti questi pensieri non siano causa di un’ulteriore tragedia.
In questo momento di estrema tragicità, che potrebbe essere reputato irreale da chi non abituato a questo genere di racconti, Piero cambia tono, con una rabbia ed una commozione che sicuramente avranno coinvolto tutti.
Cambia tono, ma paradossalmente, ed è questa la bellezza, non sono nè rabbia, nè commozione, a concludere il discorso, bensì una voglia, una voglia sana cambiamento, di riscossa, di riscatto, di lotta.
E' questo il sentimento che pervade la voce, il corpo ed il pensiero di Piero, un sentimento di lotta, primo passo per l’emancipazione dell'uomo dalla macchina in cui qualcuno lo vorrebbe tramutato, un sentimento che riempie di forza lui e chi lo ascolta; una voglia di riscossa smarrita da molti, uno smarrimento che è conseguenza dell'abile costruzione del capitale, uno smarrimento che non è causato dalla fragilità delle idee poste alla base di questa lotta, bensì da una società che tende ad ingoiare ed omologare tutti gli oppressi, affinchè questi non possano sovvertire l'attuale stato di cose, rivendicando diritti, lavoro, salute, emancipazione e dignità.
La goccia, ultima purtroppo, che fa traboccare il vaso è l'appello agli studenti: questa volta non è Piero, che pure avrebbe condiviso, ma la voce di una compagna, una voce pregna di lotte passate, di speranza,di sconfitte e di vittorie, questa voce si rivolge agli operai dell'ilva e non, agli studenti, a tutte le masse popolari oppresse, gridando coesione, unione, sotto una linea che è frutto delle più grandi riflessioni politiche, una linea che è figlia di tante lotte piene di errori e di vittorie susseguitesi nell'ultimo secolo della nostra storia.

"I veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli;
se non comprendiamo questo, è impossibile acquisire una conoscenza sia pure rudimentale."

Mao, Prefazione e poscritto a Inchiesta nelle Campagne


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