Ancora una volta ci ritroviamo, dopo l’alluvione che ha colpito la Liguria lo scorso novembre e il terremoto che ha devastato l’Aquila e provincia nel 2009, a dover esprimere vicinanza e solidarietà alle famiglie dei lavoratori duramente colpite nei giorni scorsi dal terremotato in Emilia-Romagna.
Sempre più evidenti appaiono, alla luce di questi tragici eventi, i legami tra crisi economica e, di conseguenza, ambientale, che accomuna queste calamità: scarso rispetto delle norme che regolano le costruzioni antisismiche, Amministrazioni Comunali che non adottano adeguate misure di sicurezza e di evacuazione in caso di rischio sismico o di calamità naturali in generale (sempre più prevedibili), ripresa dell’attività produttiva anche in quei casi in cui il ripetersi delle scosse di assestamento, dovute allo sciame sismico, era sotto gli occhi di tutti e presagiva al peggio.
Ma, come si sa, con la scusa di preservare produttività e occupazione, tutto diventa lecito: anche mettere a repentaglio la vita dei lavoratori, quando in ballo vi sono interessi economici da salvare.
Così a rimetterci la vita sono sempre i lavoratori, ricattati e costretti a lavorare, come successo in Emilia in questi giorni, in capannoni già danneggiati e resi pericolanti dal sisma.
E i risultati di queste scelte criminali non si sono fatti attendere: 24 morti, in gran parte lavoratori, travolti dal crollo di quei capannoni che dovevano essere agibili e sicuri.
Mentre la terra ancora tremava già ai cancelli delle fabbriche apparivano sinistri cartelli in cui si intimava ai lavoratori di riprendere prontamente il lavoro, pena la messa in libertà o la detrazione delle ferie. Ma le misure contro i lavoratori che i padroni adotteranno non si limiteranno soltanto a queste intimidazioni: chissà quante aziende, con il pretesto dei danni subiti dal sisma, coglieranno l’occasione per delocalizzare le produzioni, facilitati in questo compito anche dal credito negato da parte delle banche. Niente crediti, niente ripresa…
Un accorato appello quindi a lavoratori, cittadini, rsu, sindacalisti combattivi della Ducati, della Ferrari e della CNH e delle altre numerose aziende di quel ricco territorio a mobilitarsi prontamente con ogni mezzo per spingere anche i vertici sindacali ad impedire questi scempi. Sicuramente non mancherà loro il sostegno e la solidarietà dei lavoratori e delle popolazioni di tutto il Paese. Sono loro che, con la necessaria mobilitazione popolare, possono e devono imporre invece, misure propositive e alternative a quelle dei soliti speculatori.
Mentre a Roma si sono dilapidate montagne di denaro pubblico nelle sobrie celebrazioni del 2 giugno e contemporaneamente, a Milano, il Comune spendeva 3 milioni di euro per l’ospitalità al Papa, ci chiediamo se non era meglio, per risparmiare risorse economiche preziose, trasmettere in tv la registrazione del 2 giugno celebrato lo scorso anno e destinare parte dei volontari utilizzati per l’accoglienza al Pontefice (ben 7000) ad aiutare ed alleviare le sofferenze e i disagi patiti dalle popolazioni colpite dal sisma in Emilia.
Queste parate, messe in piedi l’una per ricostruire un’unità nazionale (la Festa della Repubblica) ai minimi storici e l’altra quella spirituale (la visita del Papa), ancora più messa in discussione dalle lotte interne al Vaticano a cui assistiamo in questi giorni, ricordano molto gli sfarzi, oggi anacronistici, delle corti imperiali in piena decadenza: fasti e sontuosità nei palazzi e miseria e povertà per le strade. Sia il Pontefice che il Pres. Napolitano avrebbero tutto il potere, le risorse e i mezzi per adottare misure concrete e risolutive per affrontare questa e altre emergenze: altro che l’elemosina di 500000 euro o la “vicinanza morale” e le preghiere offerte dal Papa e dal Presidente della Repubblica! E’ semplicemente una questione di volontà.
Contro la crisi economica, ambientale (e morale) in cui il profitto dei padroni ci sta trascinando occorrono misure immediate: a sostegno del lavoro e mirate ad una ricostruzione immediata delle zone colpite dalle calamità (non solo in Emilia) e del lavoro, utile e dignitoso per tutti, più in generale, specie per donne e giovani; un serio monitoraggio dei rischi in tutto il Paese; la bonifica di tutte le produzioni nocive e pericolose per la popolazione e la loro riconversione a produzioni utili e non dannose; una maggiore tutela del patrimonio urbanistico ed artistico, che oltre a rappresentare gran parte patrimonio della cultura mondiale è anche, per gli operatori del turismo e dell’indotto di quest’ultimo, una preziosa fonte di reddito.
Se non si comincia da subito l’opera di ricostruzione delle zone colpite si rischia il ripetersi del dramma dell’Aquila e della Liguria: prima indebolite e rese fragili dall’incuria, dalla speculazione edilizia e dalla devastazione ambientale, poi abbattute come castelli di carta dalla furia degli elementi e infine, dopo mille promesse di una pronta e migliore ricostruzione, puntellate (L’Aquila) alla meglio e così lasciate, in un limbo che fa venire rabbia al solo pensiero. In attesa di cosa? La ricostruzione promessa? O l’ennesimo sisma che mieta nuove vittime tra gli uomini già duramente provati e spazzi via definitivamente le già precarie costruzioni?
Prendere soluzioni immediate oggi, volte alla salvaguardia della dignità delle persone e del lavoro utile e dignitoso per tutti, significa salvare vite e insieme salvaguardare ambiente e posti di lavoro domani.
In definitiva dipende da noi.
Torino, 4 giugno 2012 Ex lavoratori ThyssenKrupp Torino
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