INDICE
AMMORTIZZATORI
SOCIALI NEL DISEGNO DI LEGGE MONTI – FORNERO
DELEGATI AUTORGANIZZATI
APPELLO
CONTRO LA STRAGE DI AGRICOLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE
Gino
Carpentiero ginocarpe@teletu.it
PRIMO
ANNUNCIO: 24 MAGGIO: PRESENTAZIONE A FIRENZE NUMERO NO TAV DI MEDICINA
DEMOCRATICA
Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it
QUELLO CHE PUÒ
NASCERE DAL SISMA
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To:
Sent: Saturday, May 12, 2012 9:10 PM
Subject:
AMMORTIZZATORI SOCIALI NEL DISEGNO DI LEGGE MONTI –
FORNERO
RIFORMA
DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI NEL DISEGNO DI LEGGE MONTI – FORNERO
L'ASPI,
LA NUOVA INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE
L'Assicurazione
sociale per l'impiego (ASPI) è il nuovo ammortizzatore sociale. Parte subito, ma
la piena applicazione sarà solo dal 2017, e fino ad allora funzioneranno ancora
le diverse tipologie di cassa integrazione e la mobilità. Sarà finanziata da un
costo dai lavoratori a tempo indeterminato, dai fondi della CIG in deroga, e da
un aumento dei contributi su tutti i contratti a termine, per i quali questo
onere contributivo non è accompagnato da un tetto minimo salariale, e quindi il
rischio è che certi (im)prenditori, per pagare la tassa, finiscano per ridurre
lo stipendio ai lavoratori precari, caricando sulle loro spalle i maggiori costi
imposti dalla riforma. Per usufruire dell’ ASPI bisogna avere almeno due anni di
anzianità assicurativa e 52 settimane di lavoro nell'ultimo
biennio.
L'IMPORTO
EROGATO È SCARSO E NON RISPONDE AL REQUISITO MINIMO CHIESTO DAL PARLAMENTO
EUROPEO
L’importo stanziato
sarà pari al 75% della retribuzione fino a 1.150 euro e al 25% oltre questa
soglia, per un tetto massimo di 1.119 euro lordi al mese. L'assegno verrà
tagliato del 15% dopo i primi sei mesi e di un altro 15% dopo il semestre
successivo. È un importo che non risponde al requisito che, secondo il
Parlamento Europeo, dovrebbe essere quello di garantire una vita dignitosa al
lavoratore che ha perso il suo impiego ed alla sua famiglia, cioè non dovrebbe
essere inferiore al 60% del reddito mediano dello Stato membro interessato (come
da punto 15 della risoluzione). E il 60% del reddito mediano mensile netto
italiano è pari a 1.227 euro (dato di partenza di fonte Istat). Pertanto chi si
ritrova licenziato avrà un assegno di disoccupazione previsto dall'ASPI pari a
7mila euro all'anno, ed oltretutto sottoposto a continui ribassi (-15% dopo i
primi sei mesi, ulteriore ribasso del 15% dopo il secondo semestre): un importo
che non garantisce alcuna copertura rispetto al rischio di caduta in povertà
legato alla perdita del lavoro. Monti, che spesso si vanta di essere un uomo
dell'Europa dovrebbe anche rispettare le decisioni ufficiali delle istituzioni
europee, quelle - loro sì - democraticamente elette.
L’ASPI
RIDUCE LA DURATA DELLE PROTEZIONI
Se fino ad ora si
poteva contare su 2 anni di Cassa integrazione straordinaria, dopo i quali
scattava la mobilità (2 anni per gli under 50, e 3 per gli over, o 4 anni per
gli over 50 del Sud), cioè in totale una protezione dai 2 ai 6 anni, invece dopo
il “periodo di transizione” della riforma, cioè dal 2017 quando spariranno la
mobilità e la Cassa straordinaria, resterà soltanto 1 misero anno, massimo 1
anno e mezzo per gli anziani, dopo il quale c’è l’inferno della disoccupazione.
E per di più il lavoratore che esce dal mercato del lavoro, perderà il vantaggio
alla ricollocazione, che prima era assicurato dall’iscrizione nelle liste di
mobilità. Dove si collocheranno le lavoratrici e i lavoratori espulsi dai luoghi
di lavoro, senza tutele, e lontanissimi dall’accesso alla pensione a causa
dell’allungamento abnorme dell'età pensionabile contenuto nella riforma Fornero
del dicembre 2011?
ALTRE
CONSIDERAZIONI
1) L’art 62 prevede
che il lavoratore decada da ogni trattamento qualora “non accetti una offerta di
un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20 per cento
rispetto all’importo lordo dell’indennità (non della retribuzione!) cui ha
diritto”. Ma (art. 24) l’importo lordo dell’indennità, come abbiamo visto, è
pari al 75% della retribuzione, a cui si applica una ulteriore “riduzione del
15% dopo i primi sei mesi di fruizione” e una ulteriore “del 15% dopo il
dodicesimo mese di fruizione”. Insomma un lavoratore licenziato che percepiva
1.000 euro decadrà dal trattamento qualora non accetterà un impiego per una
retribuzione pari a €.433 lordi (!), e ciò del tutto a prescindere da che tipo
di attività si tratti e con quale orario, purché il posto di lavoro sia
“raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici” che
con il ritorno a casa fanno 160 minuti e cioè 3 ore solo di viaggio giornaliero
casa/lavoro per poco più di 300 euro netti al mese. Ogni commento è
superfluo.
2) L’ASPI è una
forma di sussistenza privatistica con la quale la tutela dalla disoccupazione
comincia a passare dalla fiscalità generale ad una forma di sussistenza
stipulata tra impresa e singolo dipendente. Dunque la disoccupazione perde la
sua valenza di problema sociale per diventare un fatto individuale, una specie
di disgrazia personale di chi ci incorre.
3) Oggi i
lavoratori hanno materialmente più possibilità di riavere presto il loro posto
di lavoro, avendo il diritto di prelazione, che dura 6 mesi per i lavoratori in
mobilità, e stabilisce che se l'azienda vuole assumere nuovi lavoratori deve
dare la precedenza ai propri ex dipendenti ancora iscritti alle liste di
mobilità che nel frattempo non abbiano trovato un altro lavoro. Ma la riforma
cancella la mobilità alla fine del 2016.
4) Oggi i
lavoratori hanno un’attitudine allo stare insieme per cercare di riavere una
collocazione o dall’azienda o dalle istituzioni, come accaduto molte volte.
Invece, con la riforma Fornero, una volta perso il posto, i lavoratori saranno
tutti meno tutelati, molto più isolati e con la paura costante di non trovare
più un lavoro.
5) La riforma degli
ammortizzatori sociali cancella dopo il 2016 anche la Cassa in deroga,
introdotta nel 2009 al fine di estendere i sussidi alle piccole imprese e ai
settori finora esclusi dalla Cassa.
6) Cancellando la
Cassa straordinaria (CIGs) si toglie anche la possibilità di restituzione delle
quote di accantonamento del Tfr maturato in costanza di CIGs qualora il
lavoratore cessi dal rapporto di lavoro prima della ripresa lavorativa.
7) Nella
valutazione dei requisiti d'accesso all’ASPI andrebbero conteggiate e sommate
alle attività di lavoro subordinato anche le settimane per le quali sia stata
versata contribuzione destinata a gestioni diverse da quella dei lavoratori
dipendenti, al fine di aumentare l'inclusività dell'istituto che, per come e'
presentato nel testo, non risponde alle diverse forme del lavoro
precario.
LA
MINI-ASPI
È riservata ai
lavoratori subordinati che abbiano almeno 13 settimane di contribuzione negli
ultimi 12 mesi, e dura la metà dei mesi per cui si hanno i contributi, al
massimo per sei mesi. A conti fatti la mini-ASPI è più generosa del trattamento
attuale: per una retribuzione media di 9.855 euro l'anno (quella di un
precario), chi ha lavorato 3 mesi prenderà 926 euro in tutto (contro i 731 di
oggi), e chi ha lavorato un anno raddoppierà l'assegno (3.700 euro in tutto
contro 1.800). Il calcolo è lo stesso previsto per l'ASPI.
1) La mini-ASPI non
amplia la platea dei protetti, ma sostiene chi oggi ha già un
ombrello
2) La mini ASPI
resta comunque nel complesso poco generosa, tanto da essere quasi ininfluente
per chi è senza lavoro e ha bisogno di un sostegno al
reddito.
3) Bisogna ottenere
che per la mini ASPI l'unico requisito per la fruizione debba essere la
contribuzione di 13 settimane senza altre aggiunte, e che il calcolo
dell'istituto debba essere allungato rispetto all’attuale metà delle settimane
su cui sia stata versata contribuzione, per non produrre un taglio rispetto al
valore dell'indennità di disoccupazione con requisiti
ridotti.
ASPI
ZERO
L’ASPI non
determina una reale universalità nel sostegno al reddito, come invece aveva
promesso Monti nel suo discorso di novembre alla risoluzione del Parlamento
Europeo. Questa riforma infatti non estende gli ammortizzatori a chi non abbia
due anni di anzianità assicurativa e versato almeno 52 settimane di contributi,
cioè le giovani generazioni del lavoro discontinuo e i giovani disoccupati che
non trovano il primo lavoro. Non è prevista nessuna tutela per CO.CO.PRO.,
collaborazioni occasionali, a chiamata, assegnisti di ricerca: si tratta di
945.141 lavoratori precari, di cui più della metà sono CO.CO.PRO (675.883), cui
si aggiungono 52.459 associati in partecipazione, 54.210 CO.CO.CO. statali,
49.179 dottorandi e assegnisti di ricerca, 24 mila venditori porta a porta, 27
mila “collaboratori” generici, 8.913 occasionali (Dati Isfol 2010). A questi
vanno aggiunte tutte le finte partite IVA. Siamo quindi ben lontani da un
ammortizzatore universale degno di questo nome, o da un reddito di cittadinanza,
in procinto di essere invece attuato in Europa.
FONDO
SOLIDARIETA’ PER SETTORI NON COPERTI DA CASSA
INTEGRAZIONE:
Entro il 2013 per
le aziende con più di 15 dipendenti arriva un Fondo di solidarietà presso
l’Inps, che andrà a sostituire parzialmente l’eliminazione della cassa
integrazione in deroga, della CIG straordinaria e della mobilità. La
contribuzione dovrà essere a carico del datore di lavoro (2/3) e del lavoratore
(1/3) e ci sarà l’obbligo di bilancio in pareggio dell’ente
erogatore.
Al finanziamento
potrà concorrere anche lo 0,30% attualmente versato ai fondi per la
formazione.
1) I fondi pur
essendo privi di personalità giuridica ed essendo definiti come “gestioni
dell’Inps” si pongono come evidente transizione verso un modello che ha
l’obiettivo di trasferire parti crescenti del welfare dalla garanzia e gestione
pubblica a quella della bilateralità fra imprese e sindacati, privatizzando di
fatto il welfare e cambiando quindi il ruolo delle organizzazioni sindacali.
2) L’abolizione
della cassa in deroga e straordinaria non diventa occasione per istituire
strumenti a carico della fiscalità generale, contributi pubblici a sostegno al
reddito come per esempio il reddito sociale minimo, attualmente in discussione
in Europa. Il reddito sociale minimo garantirebbe l’autonomia e la libertà di
scelta, toglierebbe dalla ricattabilità del lavoro nero e dello schiavismo,
permetterebbe a una generazione di compiere scelte non dettate dalla condizione
economica della propria famiglia e di avviare un percorso di crescita formativa,
professionale e di vita con una minima rete di protezione
sociale.
3) I fondi
configurano tutele diverse a secondo dei settori e non garantiscono le tutele
per le lavoratrici e i lavoratori delle imprese con meno di 15 addetti, essendo
obbligatori solo al di sopra di tale soglia.
IL
CONTRIBUTO DI LICENZIAMENTO
Dal 2013 il datore
di lavoro all’atto del licenziamento per i rapporti a tempo indeterminato e per
gli apprendisti, dovrà versare all’Inps mezza mensilità ogni 12 mensilità di
anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Questa novità è probabilmente
proposta a seguito della revisione dell'articolo 18 che renderà più facili i
licenziamenti. Il contributo di licenziamento sostituirà i contributi oggi
versati dalle aziende per la disoccupazione e la mobilità. Il lavoratore
riceverebbe invece un indennizzo economico proporzionale all'anzianità di
servizio deciso dal Giudice o da un arbitro scelto tra le parti. Il governo
dovrebbe però rafforzare le tutele per i lavoratori delle aziende con meno di 15
dipendenti, oggi escluse dall'articolo 18.
TUTELA
DELLA LAVORATRICE MADRE
Nella riforma del
mercato del lavoro c'é la norma contro
le dimissioni in bianco, un turpe strumento spesso utilizzato da certi
(im)prenditori a discapito delle lavoratrici perché non restino incinta. Si
estende fino a tre anni di vita del bambino il “periodo di rafforzamento”, cioè
il periodo in cui le dimissioni della lavoratrice madre o del lavoratore padre
devono essere convalidate dal Ministero Del Lavoro.
1) Con le
previsioni contenute nel DDL la burocratizzazione è aumentata ed è tutta a
carico della lavoratrice, che comunque sarà ricattabile con la procedura
prevista, cioè l'obbligo, per la convalida delle dimissioni, della firma.
Infatti la semplice apposizione di firma da parte del lavoratore in calce alla
comunicazione del datore di lavoro di cessazione del rapporto per dimissioni
volontarie o risoluzione consensuale non è sufficiente a scongiurare la pratica
delle dimissioni in bianco. A garanzia di chi lavora andrebbe esplicitato che il
Ministero possa verificare, contestualmente all'invio della comunicazione, le
modalità di data e veridicità delle dimissioni.
2) Se il lavoratore
non firma la dichiarazione di dimissioni evidentemente non vi è la volontà, e
pertanto il rapporto di lavoro non può considerarsi “risolto”, con una
penalizzazione per il lavoratore che manifesta l'abuso con la non sottoscrizione
della comunicazione di risoluzione.
3) Va chiarito che
la non sospensione della prestazione di lavoro da parte della lavoratrice o
lavoratore che non hanno sottoscritto la comunicazione di risoluzione o
dimissioni rende nullo l'effetto sospensivo e comporta l'automaticità della
comminazione di pena per la falsa dichiarazione al datore di
lavoro.
4) Andrebbe
chiarito che non solo le dimissioni o risoluzione sono prive di effetto ma nel
periodo pregresso non agisce l'effetto sospensivo.
5) Il reato per
falsa dichiarazione di dimissioni volontarie o risoluzione consensuale va
assimilato al licenziamento illegittimo con le relative conseguenze, e l'ammenda
sanzionatoria va chiarito che è aggiuntiva. Altrimenti la falsa dichiarazione
che maschera un tentato licenziamento sarebbe punita con una penalizzazione
inferiore a quella prevista per analogo illecito: in un caso infatti avremmo la
semplice ammenda e sospensione della risoluzione nell'altro indennizzo e
reintegro. La progressività dell'ammenda a discrezionalità della Direzione
territoriale del lavoro non è giustificabile dal momento che il reato/abuso
commesso è il medesimo.
6) Le sanzioni
attualmente previste, da 5 a 30 mila euro, sono ancora troppo basse, e le
organizzazioni sindacali hanno chiesto che siano raddoppiate, oppure che si
preveda la disciplina del licenziamento discriminatorio.
Si
intendono poi favorire le varie forme di baby-sitting, prevedendo
l’introduzione di voucher di cui la lavoratrice madre potrà usufruire in
alternativa al facoltativo periodo di maternità.
1) Questa “riforma”
ha l’evidente obiettivo di spingere le donne lavoratrici a tornare subito al
lavoro, ottenendo “in cambio” per 11 mesi dei voucher per la
baby-sitter.
2) I voucher
comunque non compensano la carenza di servizi pubblici.
3) Il testo è un
passo indietro rispetto a tanti disegni di legge presentati in Parlamento e agli
standard europei.
4) Va cancellato il
riferimento all'ISEE come indicatore della determinazione del numero e
dell'importo dei voucher o servizi corrispettivi poiché attualmente la
fruibilità del congedo parentale è un diritto universale che verrebbe sostituito
da un'opportunità legata al reddito.
5) I lavoratori
iscritti alla gestione separata già pagano un contributo dello 0,72% per le
prestazioni sociali (maternità, assegni familiari e malattia): sono fondi che ad
oggi rimangono parzialmente inutilizzati. I requisiti per l’accesso a tali
prestazioni devono dunque essere allargati e il trattamento deve essere
uniformato a quanto previsto per i lavoratori dipendenti.
TUTELA
DEI LAVORATORI PADRI
E’ reso
obbligatorio il congedo di paternità, da utilizzare fino al compimenti dei 5
mesi di età del bambino, per un massimo di 3 giorni continuativi.
1) Difficile
pensare che un tempo così limitato (3 giorni) favorisca “una cultura di maggiore
condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia” come
afferma la riforma. L'Europa chiede almeno due settimane di congedo obbligatorio
per i neopadri, dunque i giorni di congedo paternale obbligatorio andrebbero
portati almeno a dieci in aggiunta al congedo obbligatorio maternale, in linea
con altri paesi europei.
2) Già oggi molti
contratti prevedono periodi superiori ai tre giorni per congedo paternale e
quindi bisognerebbe specificare che sono aggiuntivi ai periodi già previsti dai
CCNL.
TUTELA
DEI DISABILI
Circa i soggetti
disabili, al fine di favorirne l’integrazione nel mercato del lavoro, è previsto
l’aumento del numero in rapporto ai lavoratori totali, ma sul punto il progetto
di riforma è molto vago e poco preciso.
TUTELA
DEI MIGRANTI
Riguardo ai
lavoratori migranti, si prevede un aumento del tempo di disoccupazione
necessario prima della perdita del permesso di soggiorno.
PENALIZZAZIONI
PER I LAVORATORI AGRICOLI
Le misure contenute
nel ddl lavoro mirano ad annullare i diritti previdenziali, assistenziali e
contrattuali dei lavoratori agricoli e più in generale del lavoro stagionale.
L’art. 11 estende l’uso dei voucher - da incassare alla Posta - a tutto il
lavoro stagionale nel settore agricolo cosicché esso verrebbe considerato
'meramente occasionale' e i braccianti si ritroverebbero senza un contratto,
senza un salario di qualifica e senza le tutele per la maternità. Gli artt.
24-28 (mini-ASPI) comporteranno inoltre una riduzione media dell’indennità
spettante al lavoratore fino al 30% rispetto a quella attuale. E il nuovo
sistema di calcolo dei contributi figurativi comporterà un forte taglio della
prestazione pensionistica se non, addirittura, il mancato raggiungimento al
diritto della stessa.
LAVORATORI
ANZIANI
1) Alle aziende
spetta uno sgravio contributivo del 50% (fino a 18 mesi in caso di conferma) per
le assunzioni a tempo determinato di lavoratori con 50 anni di età anagrafica e
disoccupati da oltre 12 mesi.
2) Dopo aver
cancellato la mobilità e varato a dicembre 2011 un allungamento abnorme dell'età
pensionabile, ora il governo Monti tenta di correre ai ripari istituendo un
“contributo” per permettere i prepensionamenti. Le aziende con più di 15
dipendenti potranno incentivare l’esodo di lavoratori che maturano i requisiti
pensionistici entro 4 anni dal licenziamento, corrispondendo al lavoratore il
trattamento di pensione, e dando all’Inps la contribuzione fino al
raggiungimento dei requisiti. Ma
sembra difficile convincere un datore di lavoro a farsi carico per 4 anni del
pagamento della pensione dei lavoratori, contributi compresi, in maniera del
tutto volontaria.
CONCLUSIONE
La riforma degli
ammortizzatori sociali, dunque, presenta numerose lacune, è sostanzialmente
un’operazione di tagli del periodo di copertura e delle indennità, e non prevede
neppure sostegno economico per tutte quelle figure che oggi non ne hanno
diritto.
Questo disegno di
legge Monti-Fornero serve in sostanza a quelle imprese che non hanno
immaginazione né volontà tecnologica innovativa, e quindi puntano tutto sulla
pura riduzione dell’occupazione e dei diritti. Così con l’art. 18 si renderanno
più liberi i licenziamenti riducendo il lavoratore a pura merce; non verranno
aumentati i posti di lavoro, e sono stati mancati gli obiettivi che lo stesso
governo aveva inizialmente dichiarato, che erano quelli della riduzione della
precarietà: un modo davvero singolare di rispondere alla
crisi!
Monti ha voluto
imporre un ruolo residuale al sindacato, cancellando principi cardine della
nostra Carta costituzionale, cercando di far passare l'idea che le forze
sindacali non abbiano diritto a fare trattative. Ma per la rappresentatività che
appartiene loro e per la consistenza degli interessi che rappresentano, i
sindacati non possono essere messi al margine di un processo democratico: se si
cancella il Novecento della giustizia sociale non si entra nel nuovo millennio,
si torna solo all'Ottocento.
Del resto le tre
parole chiave annunciate dal governo Monti – rigore, crescita, equità – sono
state declinate con rilievo molto diseguale: tanto rigore per i più poveri, poca
crescita e scarsa equità, e mentre i Mercanti si nutrono ben pasciuti nel
Tempio, agli umili è lasciata invece la solitaria disperazione.
Il
governo Monti deve voltare pagina, altrimenti è difficile vederne la differenza
con chi l’ha preceduto. L’Europa di
Merkel, Sarkosy e Monti, quella del rigore a senso unico verso i meno abbienti,
dell’austerità di bilancio e della svalutazione del lavoro, ha portato
l'eurozona alla depressione sociale, all'involuzione democratica e alla
recessione con conseguente espansione del debito. Non era evidentemente
“l’Europa sociale”, quella cui costoro facevano riferimento, non erano le
solitudini, le fragilità, lo smarrimento di identità di chi rimane senza
lavoro!
Ma “l’arroganza precede la caduta”, come
è scritto nella Bibbia, e ora questa nera Europa è uscita pesantemente sconfitta
in Francia come in Grecia, in Olanda come in Italia, e i tempi sono finalmente
maturi per una svolta che metta al centro il sostegno alla domanda interna ed
una crescita sostenibile, il riequilibrio dei rapporti di debito e di credito
intra-europei, una revisione dell’impatto recessivo del Fiscal Compact, vincoli
alla finanza, un’imposizione fiscale improntata alla giustizia sociale e un
piano di politica economica e industriale in grado di difendere l’occupazione
attraverso investimenti pubblici nei settori strategici, nella difesa del
territorio e dell’ambiente, nella ricerca e nell’innovazione di prodotto e di
processo.
Le forze politiche
sinceramente democratiche e quelle di opposizione sono ora chiamate ad un
energico impegno in Parlamento
per modificare in modo sostanziale questa “riforma” del lavoro, facendo
valere il proprio nuovo peso elettorale per non lasciare che lavoratrici e
lavoratori vengano travolti da un’ondata di licenziamenti, da una diminuzione
delle tutele nella disoccupazione e da un aumento infernale della precarietà,
riportando indietro di decenni la civiltà del lavoro.
Franco
Pinerolo
12
Maggio 2012
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To:
Sent: Monday, May 14, 2012 9:13 PM
Subject: DELEGATI AUTORGANIZZATI
RSU
e delegati di aziende private e amministrazioni pubbliche hanno sottoscritto un
appello che promuove una assemblea nazionale a Roma il prossimo 26
maggio.
“Siamo
lavoratrici e lavoratori, delegati e delegate, precari e disoccupati, militanti
di diverse storie, esperienze, organizzazioni e movimenti. E riteniamo nostro
dovere oggi lanciare un appello per discutere e decidere tutti insieme come
agire, perché non possiamo più continuare così”. Comincia così l’appello
lanciato da una ventina di delegati delle RSU di diverse fabbriche, aziende e
servizi (dalla Thales al Don Gnocchi di Milano, dalla Piaggio di Pontedera al
Comune di Roma) e che sta raccogliendo decine di adesioni. Si tratta di eletti
RSU sia dei sindacati di base che ufficiali i quali invitano tutti il 26 maggio
a Roma (9.30 Teatro Ambra Jovinelli) per una assemblea nazionale rappresentanti
sindacali autoconvocati
“Negli
ultimi mesi e ancora oggi assistiamo a una devastazione sociale senza
precedenti. Con la copertura dello spread e con il sostegno delle banche e della
Confindustria, il governo ha divorato anni e anni di conquiste e diritti”, si
legge nel testo dell’Appello.
La
pensione a 70 anni, la tassazione iniqua sul lavoro e sulle pensioni, la
disastrosa situazione che si abbatte su tutti i lavoratori, sui giovani, sulle
donne, sui disoccupati e sui migranti, la precarietà a la disoccupazione sempre
più estese, le privatizzazioni, una condizione di lavoro e di vita sempre più
esposta al ricatto, all’autoritarismo, all’incertezza e alla povertà. E ora, a
tutto questo si aggiunge la controriforma del lavoro, con la cancellazione
sostanziale della tutela dell’articolo 18 contro i licenziamenti, mentre, anche
nel pubblico impiego e nella scuola, si moltiplicano le minacce esplicite di
espulsioni di massa. Si tratta di una serie di colpi violenti che si vuole
assestare a ciò che resta del potere contrattuale, dei diritti e della capacità
di lotta del mondo del lavoro. La libertà di licenziamento significa la
precarizzazione finale di tutto il mondo del lavoro e il via libera alle
discriminazioni (da quelle politiche e sindacali a quelle contro le donne o per
orientamento sessuale); è il ricatto più grave nei confronti di chi dissente e
lotta in ogni luogo di lavoro.
Tutto
questo finora è potuto avvenire anche per la debolezza, la complicità e i
cedimenti del sindacalismo confederale (non ultimo con la firma di Cgil, Cisl e
Uil sul patto per la gestione degli esuberi nel pubblico impiego).
All’aggressione padronale e governativa non è stata contrapposta alcuna
piattaforma unificante, che sia in grado, tra l’altro, di ricomporre, attorno al
mondo del lavoro anche le lotte sui beni comuni, le lotte degli studenti e dei
migranti. I lavoratori sono stati privati di ogni possibilità di discutere e
decidere. La democrazia e le libertà sindacali sono ridotte ormai a un ricordo
del passato. Le reazioni generose ma parziali di categorie, organizzazioni, RSU
e delegati di numerose aziende private e realtà del pubblico impiego,
nell’ambito sia del sindacalismo confederale, sia di quello di base, non sono
riuscite a invertire la tendenza negativa.
Per
tutte queste ragioni e per ripartire unitariamente ma dal basso riteniamo
necessario costruire un’assemblea del mondo del lavoro, più o meno precario che
sia, aperta a tutte e tutti coloro che, senza mettere in discussione le proprie
collocazioni e le proprie appartenenze, vogliono oggi liberamente discutere su
come mobilitarsi per costruire una risposta all’offensiva che stiamo subendo,
fino ad uno sciopero generale che fermi il paese.
Vogliamo
discutere su come difendere ed estendere l’articolo 18 e su come accompagnare
questa lotta con la richiesta di un reddito generalizzato che tuteli dalla
disoccupazione e dalla precarizzazione, contro la mancanza di lavoro. Vogliamo
mettere in campo una risposta alla devastazione sociale sui diritti, anche più
elementari, sulla casa, sulla sanità, sui servizi, sui beni comuni,
sull'occupazione, sulle politiche dei migranti e sulle pensioni. Diciamo no
all’Imu sulla prima casa e a tutto il sistema di tassazione che oggi colpisce
prima di tutto i poveri, il lavoro dipendente, i pensionati. Chiediamo una
radicale revisione delle politiche fiscali che colpisca quel 10% della
popolazione che detiene la maggioranza della ricchezza del paese. Vogliamo
mettere in discussione i vincoli e gli accordi dettati dalla Bce, che ci legano
alla finanza e alla speculazione italiana, europea e internazionale. Diciamo no
al Governo Monti ed alle politiche dei ministri Passera e Fornero. Vogliamo
democrazia e diritti e per questo dobbiamo rimetterci in
movimento”.
Tra
le altre adesioni quelle di USB che dichiara di “appoggiare incondizionatamente
questa iniziativa” definito “un appuntamento importante per organizzare una
risposta adeguata del mondo del lavoro”.
L’
appello è all’ indirizzo
-----------------------
A:
Data:
15/05/2012 15.36
Ogg:
APPELLO CONTRO LA STRAGE DI AGRICOLTORI SCHIACCIATI DAL
TRATTORE
APPELLO
A POLITICI, GIORNALISTI, A REGIONI E PROVINCE.
In
pochi giorni sono morti 9 agricoltori schiacciati dal trattore, è un'autentica
emergenza sociale.
La
mancanza della politica che pensa ad altro, la scarsa visibilità mediatica di
queste carneficine, condannano a morte tantissimi agricoltori che potrebbero
salvarsi.
Basterebbero
pochi interventi di protezione sulla cabina che impediscono al guidatore e di
chi incautamente sale a bordo di essere sbalzati fuori, e l'allarme mediatico
attraverso stampa e televisioni della pericolosità di quell'autentico killer che
chiamiamo trattore per salvare tantissime vite.
Speriamo
che questo appello venga raccolto e che finalmente si faccia qualcosa di
concreto per porre fine a questa strage che conta già 28 vittime dall'inizio
dell'anno e 139 nel 2011.
Qui
sotto gli agricoltori "uccisi" in questi giorni dal trattore e
dall'indifferenza.
Carlo
Soricelli
Osservatorio
Indipendente di Bologna morti sul lavoro
09-mag
Pescara Gino Damiani 69 anni
09-mag
Avellino anonimo 73 anni
10-mag
Chieti Remo Cese 73 anni
10-mag
Trento Igor Dal Cortivo 35 anni
11-mag
Novara Michele G. 65 anni
12-mag
Cosenza Pinuzzo Ruffo 66 anni
14-mag
Reggio Calabria Antonio Sgrò 27 anni
14-mag
Reggio Calabria Pasquale Melissari 38 anni
15-mag
Avellino Antonio D'Addona 73 anni
-----------------------
Da:
Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
Data:
16/05/2012 0.12
A:
Ogg:
PRIMO ANNUNCIO: 24 MAGGIO: PRESENTAZIONE A FIRENZE NUMERO NO TAV DI MEDICINA
DEMOCRATICA
Giovedì
24 maggio alle
ore 17,30, presso la Libreria con
cucina CUCULIA, via dei Serragli 3 r a Firenze, verrà presentato da IDRA (Girolamo dell’Olio) e MEDICINA DEMOCRATICA (Gino
Carpentiero) il numero della rivista Medicina Democratica contenente gli atti
del Convegno NO TAV svoltosi al Politecnico di Torino il 6 ottobre 2011.
Per
l’occasione saranno in vendita al prezzo Politico di 5 Euro le copie della
Rivista.
IDRA
e Medicina Democratica erano presenti a Torino (per MD intervenne anche Fulvio
Aurora).
Saluti
Gino
Carpentiero
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Data: 16/05/2012
11.07
A:
Ogg: QUELLO CHE PUÒ
NASCERE DAL SISMA
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QUELLO
CHE PUÒ NASCERE DAL SISMA
Il
18 maggio alle 19.00 presso la Bibliocasa in piazza d’Arti verrà presentato il
volume “La puntura di Atlante” del medico aquilano Massimo Gallucci. Fin qui,
nulla di anomalo, ma il luogo e l’oggetto hanno in comune di esser nati dopo il
terremoto del 6 aprile 2009. La Bibliocasa è l’evoluzione del bibliobus: un
autobus concesso dall’Asm e trasformato dall’Arci de L’Aquila in una biblioteca
itinerante per dare la possibilità, agli aquilani nelle tendopoli, di pensare
meno alla vita di sfollato. A novembre del 2010 il Bibliobus ha trovato
collocazione fissa in Piazza d’Arti ed è diventato una casa e
un’associazione.
IL
LIBRO: "LA PUNTURA DI ATLANTE"
“La
puntura di Atlante” nasce dall’esigenza di un terremotato costretto a letto,
dalla frattura di alcune vertebre che, per non dimenticare quella terribile
notte, inizia a scrivere. Il libro viene pubblicato nel 2010 dalla casa editrice
abruzzese Tracce, nello stesso anno il volume si è classificato terzo al premio
letterario Saturo D’Oro ed è stato presentato al Festival delle Letterature
dell’Adriatico. Luogo e oggetto si incontreranno per il secondo appuntamento
“(o)maggio (al) giallo”* che
l’associazione Bibliocasa ha ideato poiché, dopo il terremoto, gli aquilani
hanno privilegiato il genere thriller come lettura
d’evasione.
(*lettura
di brani a cura di Barbara Bologna e Patrizia Bellezza. Dopo la presentazione
presso il Circolo Querencia ci sarà un aperitivo buffet e alle 21.30 il concerto
dei Sale Chiodato che vedrà protagonista anche il dott. Massimo
Gallucci.)
L'INTERVISTA
ALL'AUTORE
Massimo
Gallucci ha risposto ad alcune domande con umana e sana
ironia
“LA
PUNTURA DI ATLANTE” È IL SUO PRIMO GIALLO, MA LEI È GIÀ AUTORE DI TESTI
SCIENTIFICI, DA DOVE È NATA L’IDEA DI CAMBIARE GENERE?
E
chi cambia genere? Sono bigamo. Tutto qua. Battute a parte, l'idea non l'ho
avuta io Credo che certe idee siano loro ad avere il sopravvento e scegliere di
aggredire qualcuno. Io ero piuttosto debole, e così non ho resistito! Di fatto,
col terremoto ho riportato una frattura vertebrale che mi ha costretto a letto,
permettendomi di avere a disposizione del tempo che solitamente non ho. Da lì ho
iniziato a voler fissare nella memoria quello che era accaduto. Non volevo
rischiare di dimenticare. Ho iniziato con una lettera che ho inviato a "La
Repubblica", poi, da quella lettera, ho esteso i ricordi anche ai particolari
più conflittuali, più inquieti: dalle informazioni mancate allo strazio
inconcepibile di quella notte. Scrivevo e mi accorgevo che il materiale
diventava più corposo e parallelamente più pesante, indigesto. Così,
semplicemente, l'ho trasformato in un romanzo. Ho inventato un po' di personaggi
e costruito un intreccio che si dipana attorno alla storia primaria, quella del
terremoto del 2009. E un dilettante corre meno rischi se un romanzo lo fa tinto
di giallo: così è nata la storia di un omicidio (fasullo, letterario)
intrecciato con la cronaca (vera, quella era vera!) di un terremoto, intrecciati
entrambi con le vite di un gruppo di amici, con le loro contraddizioni, le loro
adolescenze mai sopite, le loro rivoluzioni mai realizzate, i loro timori. Tutto
si completa, si conclude col grande atto catartico (l'ho detto. Ho detto
catartico! Come un vero scrittore del 2000. Poteri perfino dire ancestrali,
riferito ai timori!) che appiattisce, elimina ogni futilità di fronte alla fine
della vita e alla rivoluzione delle relazioni interpersonali. Beh, alla fine in
questa invenzione letteraria restano vere le date e le ore delle scosse, le
parole di certi verbali e di certe interviste, certi personaggi. Il resto è
fantasia.
E’
UN RACCONTO CHE CONQUISTA, COMMUOVE E STUPISCE PER L’IRONIA, CI SONO DENTRO
TANTI ARGOMENTI, LA MUSICA, IL TERREMOTO, LA PSICOLOGIA, I DRAMMI, L’AQUILA,
POSSIAMO DEFINIRLO UN LIBRO AUTOBIOGRAFICO?
Tutti
i libri sono autobiografici. Lo sono i saggi, come e soprattutto i romanzi.
Forse quelli che lo sono di meno sono proprio le autobiografie. Lì uno il
personaggio lo plasma, lo cura, gli fa il lifting. Insomma lo falsifica a
proprio uso e consumo! Prenda, invece, i romanzi. Quelli di Simenon, o quelli di
Camilleri, o di chiunque altro. Mi vorrà dire che non sono tutti autobiografici?
La Francia, la Parigi, la casa, la moglie di Maigret o gli odori di Agrigento,
il mare, la personalità di Montalbano, non sono forse la traduzione di una forte
immagine interiore, di un modello personale che gli autori hanno avuto e
trasmesso? Quindi i romanzi sono autobiografici nella misura in cui i desideri,
i sogni, le idee dell'autore si rendono manifeste. Se vuole sapere in che misura
lo sia "La puntura di Atlante", le direi che c'è un pezzetto di me in ogni
personaggio, così come ci sono pezzetti di miei amici e della storia della mia
generazione un po' dovunque. Mi lasci sfatare però un mito: non sono certamente
io l'identità segreta del protagonista, né in assoluto di nessun altro. Così
come nessun personaggio non rappresenta un personaggio aquilano in particolare,
sebbene, come già le dicevo, io abbia letteralmente trafugato pezzetti di
storia, di personalità, aneddoti a molti miei amici. Il resto è frutto di
fantasia.
OLTRE
ALLA STESURA DEL LIBRO HA CURATO ANCHE LA COPERTINA, SOLITAMENTE DI QUESTA SE NE
OCCUPANO LE CASE EDITRICI, SI CREA UN CORDONE OMBELICALE FRA AUTORE E
MANOSCRITTO?
Ho
fatto un "global service". Come avrà capito non sono un professionista e ho
scritto per gioco, così come per gioco mi sono divertito all'elaborazione
grafica di una foto proposta da una cara amica, Paola Pacifici, per quella
copertina. Se fa caso alla locandina (dell’evento nda) c'è anche un concerto,
quello dei Sale Chiodato, con cui suono, sempre per gioco. I dilettanti possono
fare tutto, senza rischi. Non ci si guadagna una lira, anzi… ma vuol mettere la
soddisfazione?
COS’HANNO
IN COMUNE LA MEDICINA E LA SCRITTURA? CON “LA PUNTURA DI ATLANTE” COSA VUOLE
CURARE?
Non
ho la pretesa di curare nessuno come medico, figuriamoci come scrittore. Da
medico cerco di capire, consigliare, se possibile aiutare. Da scrittore cerco di
capire, divertirmi e, spero, divertire. In comune? La curiosità e
l'entusiasmo. Curare: solo me stesso.
HA
IN CANTIERE ALTRI ROMANZI?
Ci
ho provato, ma finora è venuta fuori una schifezza. Magari lo pubblico a nome di
mio fratello.
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