giovedì 31 maggio 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS ! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 30/05/12




INDICE

Cub Trasporti Lombardia cubtrasportilombardia@fastwebnet.it
LA GIUSTIZIA A PAGAMENTO

Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
DE ZORDO E GARETTI "AEROPORTO AMERIGO VESPUCCI: SALUTE E SICUREZZA AL PRIMO POSTO"

Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
LA DIFESA DELLA SALUTE: UN OBIETTIVO DA RILANCIARE E DA PRATICARE

Assemblea lavoratori Autoconvocati assemblealavoratori@libero.it
INTERVISTA AD UN OPERAIO “INTERNO” DELLA FIAT DI POMIGLIANO

Stefano Ghio procomto@libero.it
CARI PADRONI: LE SENTENZE NON SI DISCUTONO, SI ESEGUONO

Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it
IL TERREMOTO È UNA CERTEZZA

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From: Cub Trasporti Lombardia cubtrasportilombardia@fastwebnet.it
To:
Date: Thu, 24 May 2012 09:14:59
Subject: LA GIUSTIZIA A PAGAMENTO

ALTRO DURO ATTACCO AI DIRITTI DEI LAVORATORI: PER CHIEDERE L’INTERVENTO DEL GIUDICE DEL LAVORO, DEVI PAGARE!

Con la Circolare 14/05/12, il Ministro della Giustizia ha chiarito le novità introdotte del Decreto Legge 06/07/11 n.98 con il quale il governo Berlusconi aveva eliminato la gratuità delle cause di lavoro in vigore da oltre quarant’anni introducendo l'obbligo di pagamento di un contributo anche sostanzioso per chi avesse un reddito annuo superiore ai 31.880 euro lordi.
Il governo Monti perfeziona l'attacco al diritto di difesa dei lavoratori precisando che tale limite non si riferirebbe al INDIVIDUALE – come sinora ritenuto e applicato da tutti i Tribunali del Lavoro - bensì è quello riferito al NUCLEO FAMILIARE.
In questo modo, l'esenzione dal pagamento della tassa per poter proporre una causa di lavoro viene ulteriormente ridotta a pochi casi in cui il reddito familiare dipenda da una sola persona (salvo i casi che i salari dei familiari non siano proprio salari da fame).
In concreto ciò vuol dire che ad esempio per una causa relativa all’impugnazione di un contratto a termine o di un licenziamento il lavoratore dovrà pagare allo stato e per il solo fatto di poter esercitare un suo diritto circa 250 euro.
E' evidente non solo l'intento deflattivo sul contenzioso del lavoro, ma anche il chiaro messaggio di classe; perché per il datore di lavoro che deve agire in giudizio si tratta di pagare una somma irrisoria mentre per il lavoratore si tratta di una spesa che corrisponde ad una quota importante del proprio salario.

Maggio 2012

Cub Trasporti Lombardia

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From: Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
To:
Sent: Friday, May 25, 2012 11:09 PM
Subject: DE ZORDO E GARETTI "AEROPORTO AMERIGO VESPUCCI: SALUTE E SICUREZZA AL PRIMO POSTO"

Ricevo da De Zordo e Garretti e inoltro.
perUnaltracittà e Medicina Democratica: la salute al primo posto
Gino Carpentiero

COMUNICATO STAMPA
PERUNALTRACITTÀ-LISTA DI CITTADINANZA E MEDICINA DEMOCRATICA FIRENZE

DE ZORDO E GARETTI "AEROPORTO AMERIGO VESPUCCI: SALUTE E SICUREZZA AL PRIMO POSTO"

"La salute delle popolazioni e la sicurezza delle infrastrutture devono essere la preoccupazione primaria di chi governa un territorio. Qualunque altro criterio, che avvantaggi economicamente qualche soggetto forte a scapito di salute e sicurezza, deve appartenere a un passato da dimenticare." Lo hanno dichiarato la capogruppo di perUnaltracittà Ornella De Zordo e il coordinatore di Medicina Democratica Firenze Gianluca Garetti.
"L'aeroporto Amerigo Vespucci impatta già ora pesantemente su una parte della Piana martoriata da troppe fonti inquinanti e su cui incombe anche l'ipotesi di un inceneritore - hanno continuato De Zordo e Garetti - un territorio che va risanato e non ulteriormente inquinato”.
“Qualunque soluzione di nuova pista che incrementi il numero di voli e aumenti la dimensione degli aerei non è perciò accettabile - aggiungono ancora De Zordo e Garetti - la pista parallela bidirezionale, voluta in particolare dal sindaco di Firenze e dagli industriali, può portare a raddoppiare il traffico aereo e ha delle controindicazioni. Intanto sposta, aggravandolo, il problema dai quartieri di Quaracchi, Brozzi e Peretola ai Comuni di Sesto, Campi, Prato e anche delle zone a nord/ovest della stessa Firenze: è incredibile che lo stesso sindaco Renzi sia a favore di una soluzione che penalizza il suo territorio con sorvoli i cui effetti si potrebbero risentire su tutta la parte della città che si apre verso la Piana, a partire dal quartiere di Novoli. Infine penalizza la conformazione dell'utile “Parco della Piana", che rischia di diventare solo una parziale mitigazione dell’impatto acustico verso la Scuola dei Carabinieri.
De Zordo e Garetti hanno poi ricordato come si debba "finalmente realizzare una reale integrazione con Pisa, visto anche il primo passo rappresentato dalle navette ferroviarie veloci già messe a disposizione dalla Regione da dicembre 2010, completando l'assetto ferroviario toscano e differenziando in modo più netto Pisa con la sua potenzialità internazionale da Peretola che, una volta messo in sicurezza e riqualificato nelle strutture dell'aerostazione, può diventare un aeroporto dedicato a specifiche tipologie di utenza."

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From: Gino Carpentiero ginocarpe@teletu.it
To:
Sent: Friday, May 25, 2012 11:48 PM
Subject: LA DIFESA DELLA SALUTE: UN OBIETTIVO DA RILANCIARE E DA PRATICARE

Un scritto a 6 mani da Angelo Baracca (il principale artefice), da Gianluca Garetti e dal sottoscritto.
Voleva essere un contributo di discussione da pubblicare sul Manifesto anche in rapporto alla costruzione di un soggetto politico nuovo che nasce dal basso che non può a nostro avviso non occuparsi di salute.
Nonostante gli sforzi di Riccardo Chiari nostro amico della (ex)redazione di Firenze non è stato per ora pubblicato.
Lo inviamo a un ampio indirizzario di Medicina Democratica . . . e dintorni.
Ovviamente il dibattito è aperto
Gino Carpentiero (con Angelo Baracca e Gianluca Garetti) per la sezione “Pietro Mirabelli” di Medicina Democratica di Firenze

LA DIFESA DELLA SALUTE: UN OBIETTIVO DA RILANCIARE E DA PRATICARE
È per lo meno singolare che dal linguaggio, dagli obiettivi politici e dal dibattito politico attuale, in tutte le sue forme ed espressioni, sia scomparso il concetto di salute. Salute intesa non come servizio sanitario, efficacia (o peggio economicità) delle cure, farmaci, e così via: ma invece come Benessere Fisico Psichico e Sociale della popolazione. Tale concetto fu divulgato dall’OMS fin dal 1948, ed è alternativo alla logica, ed ai mostruosi profitti, del sistema sanitario e farmaceutico, che hanno tutto l’interesse che le persone si ammalino ed abbiano bisogno di cure! Il tema della Difesa della Salute, vale la pena ricordarlo, fu il movente fondamentale mobilitante ed unificante dell’“autunno caldo” del 1969 e di tutti gli anni ’70 (La Salute non si paga, la Nocività si elimina), che partendo allora dalla fabbrica si proiettò all’intera società.
A quel tempo esistevano le espressioni di base come i Consigli operai, che erano l’espressione diretta di condizioni lavorative omogenee: oggi viviamo una situazione sociale e lavorativa molto più frammentata, individualizzata e precaria, ma proprio per questo ci sembra opportuno rilanciare un tema unificante come quello della salute, considerando anche che una delle principali cause di “perdita di salute” è costituita dallo stress e dal disagio lavorativo.
Vi è a tal proposito, un dato eclatante, che la maggior parte dei cittadini purtroppo non conosce: è vero che la speranza di vita si è allungata nel dopoguerra, ma l’aspettativa di vita in salute (cioè senza malattie invalidanti) è diminuita di dieci anni a partire dal 2003, gli uomini sono passati dai 72 ai 62 anni e le donne a circa 61 anni! [Patrizia Gentilini Il Picco della Salute 4 aprile 2011] Il che vuol dire che con il progresso tecnico, con la tanto decantata prevenzione secondaria, si guarisce di più dalle malattie, ma è tutto da vedere come si guarisce, perché per molte infermità le terapie mediche e chirurgiche raramente portano a recuperare lo stato di salute precedente.
Per alcune categorie di lavoratori in particolare quelli impegnati nelle grandi opere infrastrutturali [Claudia Capanni, Giovanni Costa, Luigi Carpentiero – ottobre 2004], la speranza di vita in salute è ancor più ridotta.
Ci si ammala in realtà in età sempre più precoce, a questo riguardo l’OMS denuncia l’aumento allarmante dei tumori, in particolare dei tumori infantili, e l’abbassamento dell’età di insorgenza: in Italia sono 4 volte più frequenti che negli altri paesi occidentali per l'inquinamento atmosferico. [Valentina Cervelli, dicembre 2010].
Vi è un ulteriore aspetto che è ignoto alla gente: la maggior parte delle malattie ha un’origine ambientale. Sono le condizioni dell’ambiente in cui viviamo, in tutti i loro aspetti e valenze, che innescano i complessi processi e le modificazioni che nell’organismo umano inducono poi gli stati patologici: “il nostro ecosistema è ormai un esperimento chimico-biologico su larga scala, in cui siamo contemporaneamente coloro che sperimentano e coloro che lo subiscono, solo il tempo dirà se questo esperimento è ben condotto, come noi speriamo” [Nature, J.V.Harper, 29-446-2007]. Essere sottoposti ad inquinamento durante la vita embrio fetale porta interferenza sulla programmazione epigenetica (l'epigenetica è una nuova scienza che spiega come fattori ambientali come inquinamento, stress, alimentazione possono influenzare l'ereditarietà) di organi e tessuti ed apre la strada a patologie endocrine metaboliche, come obesità-diabete 2, cardiovascolari, allergiche, autoimmuni, neurodegenerative, del neurosviluppo, riproduttive e tumorali che si possono manifestare anche dopo decenni. Quindi non sono solo l'origine genetica o gli stili di vita sbagliati ad indurre le malattie. Ovviamente tutto questo viene sottaciuto dalla cultura medica e sanitaria dominante, tutta volta alla prevenzione secondaria, in parte per il tipo di formazione funzionale ai colossali interessi economici e per la mentalità che questa induce, in parte forse anche per ignoranza della classe medica, che non viene in alcun modo preparata a far fronte a questi problemi, ma a ricettare medicine ed analisi mediche: per gran parte delle quali è provata l’inutilità, quando addirittura non risultano dannose per la salute!
Il sistema economico e sociale in cui viviamo continua ad immettere nell’ambiente e nelle catene alimentari ulteriori agenti nocivi e sempre più invasivi, pretendendo che essi siano privi di effetti nocivi: campi elettromagnetici, radiazioni ionizzanti e non, polveri sottili e ultrasottili, molecole artificiali, interferenti endocrini (come ad esempio le diossine) , metalli pesanti, con l’imperativo di fare profitti. Tutto ciò sta provocando oltre all’aumento di patologie tumorali e non, anche nuove patologie spesso gravemente invalidanti come la Sindrome da Sensibilità Chimica Multipla (MCS) e la sindrome da Elettrosensibilità.
E la grande maggioranza della gente accetta passivamente tutto questo, “resistibilmente” soggiogata dai pretesi vantaggi e comodità che il “progresso” ci offre, e di cui non è più disposta a rinunciare. Anche le condizioni sociali ed economiche, sempre più artificiose, disagiate, convulse e frenetiche,con orari e ritmi di lavoro sempre più insostenibili influiscono ovviamente sullo stato di salute, inducendo stati di stress, insonnia, turbe psichiche, disadattamento, disagio psichico e sociale. Il lavoro, sia quando c’è , che quando non c’è, oggi è sempre più spesso causa diretta di gravi danni psicofisici: il lavoro precario “a vita”, lo stato di disoccupazione “cronica, la perdita del lavoro in età avanzata, quando ancora non si sono raggiunti i requisiti minimi per il pensionamento, il mobbing utilizzato da tante aziende per liberarsi di lavoratori “scomodi”, di disabili considerati improduttivi, di donne sempre più spesso espulse dal lavoro rappresentano tutti fattori di perdita di salute. Il mobbing è anche uno dei principali strumenti utilizzati per bypassare l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, che peraltro sarà ulteriormente depotenziato dalla imminente (contro)riforma Monti-Fornero; molto spesso il lavoratore malato per le vessazioni subite supera infatti il cosiddetto periodo di comporto e viene licenziato per “giusta causa”.
È necessario e urgente pertanto rovesciare l’organizzazione e la logica medica-sanitaria-farmaceutica dominanti (curare i danni alla salute) diffondendo anche nella mentalità comune il principio della prevenzione primaria [Giulio Maccacaro - Per una Medicina da rinnovare 1979], cioè della difesa preventiva dello stato di salute di tutta la popolazione, pretendendo l’eliminazione di tutti i fattori ambientali sociali, lavorativi, psicofisici, economici che lo possono compromettere e nel contempo “curare” la crescente disumanizzazione della medicina, passando dalla medicina-azienda, alla medicina dell'empatia. Indispensabile è altresì battersi contro il precariato, per un lavoro dignitoso, secondo il principio oggi dimenticato lavorare meno lavorare tutti, e organizzato a misura d’uomo secondo il principio dell’ergonomia per cui è il lavoro che deve essere adattato all’uomo e non viceversa.
Questi obiettivi rovesciano radicalmente tutte le logiche e le pratiche legate al profitto, e portano ad unità politica tutte le queste tematiche e problematiche, in modi molto diretti che possono venire direttamente percepiti dalle persone
Ecco perché riteniamo necessario riprendere e rilanciare nel modo più deciso il tema della difesa della salute nei luoghi di vita e di lavoro.
Per questo è necessaria e fondamentale una ripresa della partecipazione dal basso che consideri la Salute un Bene Comune irrinunciabile: a tal proposito riteniamo che anche un nuovo soggetto politico, come ad esempio “Alba”, che vuole fare proprio della partecipazione il pilastro del suo agire politico in difesa del lavoro, dei beni comuni e dell’ambiente non possa prescindere da un rapporto stretto e sinergico, con tutti i movimenti di cittadini e lavoratori che si battono su questi temi, nonché con quelle associazioni, come MEDICINA DEMOCRATICA che da oltre 30 anni si batte per la salute dei lavoratori e del popolo inquinato.

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Da: Assemblea lavoratori Autoconvocati assemblealavoratori@libero.it
A:
Data: Ven 25 Mag 2012 3:49 pm
Oggetto: INTERVISTA AD UN OPERAIO “INTERNO” DELLA FIAT DI POMIGLIANO

by Operai Contro / Categoria :: Numero128-12
Pubblicato il ven, 25 mag @ 13:43

Abbiamo intervistato un operaio della FIAT di Pomigliano. Uno dei 2100 “fortunati” che lavorano. E’ abbastanza giovane, come la maggior parte di quelli riassunti.
“L’azienda si è presa i più freschi, quelli che può consumare meglio”.
Gli chiediamo come sono i ritmi di lavoro. Si presupporrebbe bassi, visto che la FIAT vende sempre meno. Invece no. La cadenza della linea è 371 a turno e mediamente si producono 360/365 auto. Quindi, solo un centinaio al giorno in meno rispetto a prima, quando c’erano 5500 addetti. Questo la dice lunga sul futuro di quelli che sono fuori e a cui la FIAT continua a promettere la riassunzione.
“I ritmi sono alti, ma ballerini, cioè cambiano spesso. Non ci capiamo niente. Il cartellino è inutile chiederlo perché è sparito. Abbiamo i piazzali pieni di auto e le stiamo stipando anche negli altri stabilimenti. Produciamo e non vendiamo. Io so solo che non ho neanche il tempo di bere, perché per sfilare il guanto di lavorazione e stappare la bottiglietta presuppone un tempo incredibilmente lungo e tra una lavorazione e l’altra questo tempo non c’è”.
Gli chiediamo allora che fine hanno fatto tutte le chiacchiere sul lavoro “ergonomico” che la FIAT doveva applicare.
“L’ERGOUAS si vede, perché alcune lavorazioni sono migliorate. Ti abbassi di meno, o alzi di meno le braccia per fare le operazioni, ma questo è stato subito utilizzato dall’azienda per aumentare le operazioni. Lavori meno scomodo, ma di più, e non hai tempo per niente”.
E le pause?
“Dieci minuti di pausa sono pochissimi. Mentre vai in bagno ne saltano sei o sette. Quanti ne rimangono? In tre minuti non ti riposi. Molti, per fare uno spuntino, mangiano in bagno, specialmente le donne. Di tutto quello che subiamo, questo è quello che sopporto meno: mangiare nel cesso”.
Domandiamo se dal punto di vista salariale è cambiato qualcosa.
“Macché. Grosso modo le retribuzioni sono rimaste le stesse. I soldi promessi non ci sono. Forse solo qualche spicciolo in più per la riduzione delle pause”.
A livello sindacale come è la situazione?
“Non è e basta. I delegati non si vedono più. Solo ultimamente scendono nei reparti perché devono rinnovare le tessere”.
E gli operai le rinnovano?
“La maggior parte sì. Controvoglia ma se le prendono. E’ grazie a qualche sindacalista che la maggior parte è entrata e con lo stesso canale può anche uscire. I sindacati di opposizione sono spariti dalla fabbrica. Della FIOM io non conosco nessuno che sia stato assunto, neanche quelli che si sono cancellati dal sindacato sono rientrati”.
Il fatto che abbiano spostato la mensa a fine turno cosa ha determinato?
“Grossi disagi per tutti, visto che si mangia dopo sette ore e mezza di lavoro. Ma anche un ulteriore risparmio per l’azienda. Solo seicento/settecento persone mangiano alla mensa adesso, gli altri se ne vanno. L’azienda risparmia e si creano i presupposti per altri esuberi, stavolta tra il personale della mensa”.
E il rapporto coi capi?
“Prima certo non era buono, ma adesso la pressione dei capi è di gran lunga aumentata, tanto che ce ne è uno che è chiamato da tutti Hitler”.
La situazione appare insopportabile, come fate a resistere?
“Quali alternative ci sono? Io non so fare altro e fuori non c’è nessun altro lavoro. Se ci fosse, credo che in fabbrica, oggi, non rimarrebbe nessuno. Ci ribelleremo? A questi ritmi un operaio resiste poco. Io mi aspetto già qualcosa a luglio quando, con l’aria condizionata che non funziona, cominceremo a soffocare dal caldo e avremo anche difficoltà per bere. D’altra parte non abbiamo nessuna certezza di continuare a lavorare. La FIAT perde costantemente quote di mercato. La fabbrica rimarrà aperta, o trasferiranno anche la nostra produzione in Serbia?”

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From: Stefano Ghio procomto@libero.it
To:
Sent: Monday, May 28, 2012 10:08 AM
Subject: CARI PADRONI: LE SENTENZE NON SI DISCUTONO, SI ESEGUONO

Gianluigi Ratto, Valter Mantelli, Valter Olivieri, Giovanni Ardossi, Eraldo Parodi: sono questi i nomi, rispettivamente, del direttore di stabilimento, del direttore di esercizio, del responsabile del servizio impianti, e dei responsabili manutenzione e sicurezza, della raffineria Iplom di Busalla (GE).
Il 31 luglio 2008, all'interno del complesso industriale, scoppia un incendio - a causa di una perdita di “virgin nafta” da una flangia di collegamento tra due condotte - e solo il tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco evita un dramma; la Iplom, infatti, si trova proprio a ridosso del centro abitato e dell'autostrada A7: si possono immaginare le conseguenze che avrebbe potuto avere uno scoppio degli impianti.
Venerdì venticinque maggio arriva la sentenza relativa all'evento: quindici mesi di reclusione per ciascuno degli imputati, ed una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro ventimila a favore del Comune interessato; la motivazione risiede nel perché "l'azienda non ha approntato alcun sistema diretto per affrontare il prevedibile fenomeno indicato, per quanto attiene alle tubazioni con diametro del tipo di quella in cui si è verificato l'incidente".
La reazione della Iplom ha dell'incredibile: "siamo amareggiati e sorpresi per la sentenza: abbiamo sempre fatto il massimo, nel rispetto delle regole"; peccato che la Magistratura borghese abbia dimostrato esattamente l'opposto.
Questi 'signori' farebbero bene a ricordare che - come disse il giudice Giuseppe Casalbore ad un membro della difesa Eternit che contestava il contenuto di un'ordinanza da lui emessa - "le sentenze non si discutono, si eseguono"; ora, i cinque colpevoli si facciano la meritata galera, poi se ne riparlerà nei gradi successivi di giudizio.

Genova, 28 maggio 2012

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova

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Da: Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it
Data: 29/05/2012 14:35
A:
Ogg: IL TERREMOTO È UNA CERTEZZA

Dal libro Ju tarramutu. La vera storia del terremoto in Abruzzo.

Mi chiamo Antonio Moretti. Sono un geologo, vivo a L'Aquila, dove faccio ricerca e insegno all'università. Da venticinque anni studio la sismicità della Penisola, prima con la Regione Toscana, poi con l'Istituto Nazionale di Geofisica, il CNR (Gruppo nazionale difesa dei terremoti) e il laboratorio di sismologia dell'Università della Calabria. E ora eccomi qui, tra i calcinacci della facoltà di scienze, terremotato come gli altri.
Mi chiederete se si poteva prevedere?
In una zona ad altissimo rischio sismico, nella parte tettonicamente più attiva dell'Appennino, il terremoto non è una probabilità, è una certezza. Il problema semmai sarebbe quando e dove, ma con una lacuna sismica di oltre trecento anni, sarebbe bastato un briciolo di buon senso per indurci a prendere qualche precauzione.
Del resto lo sciame sismico cominciato ad ottobre 2008, non era il primo in questi ultimi venti anni. Ce ne fu uno nel 1984 nel corso del quale c’erano già le roulotte pronte alla stazione inviate dall’allora Ministro Zamberletti, perché in una zona a rischio sismico dove non c’erano terremoti da 300 anni, evidentemente c’erano delle strutture cariche. In quell’anno lì, il terremoto fece pochi danni e molta paura.
Nel 1994 ci fu un altro allarme sismico dove la scossa più elevata fu 4,4° sull’altipiano delle Rocche.
In ultimo questo cominciato ad ottobre 2008 con una prima scossa rilevata nella zona di Amatrice/Barete e poi si è spostata progressivamente verso sud dalle parti nostre. Le strutture sismiche del centro Italia sono: l’Appennino centrale (Collefiorito-Gubbio), Gran Sasso e Maiella (L’Aquila) e l’Appennino meridionale (Irpinia). Le ultime due si muovono sempre insieme: nel 1702 ci fu il terremoto a Benevento e nel 1703 a gennaio ci fu ad Amatrice e a febbraio nell’aquilano e poi nel 1706 a Sulmona. La struttura si carica, si muove un pezzo, fa una deformazione che si muove a sua volta e va a spingere sulle strutture accanto che piano, piano si mettono in moto anche loro. Quindi era evidente che ci sarebbe stato un terremoto: c’era stato nella zona di Collefiorito: c’erano stati nella zona dell’Irpinia e L’Aquila era una zona ferma da oltre 300 anni.
[...]
Gli investimenti dell'Italia sui terremoti: 1980 (dopo l'Irpinia) dieci miliardi di lire, nel 1983 otto miliardi, nel 1985 cinque miliardi, nel 1990 tutti a casa!
[...]
Le faglie potevano essere monitorate con una rete di dettaglio locale, monitorare l’emissione di liquidi profondi lungo la struttura: acque calde, l’elio, CO2, e il radon. Quest’ultimo è radioattivo quindi si misura facilmente. Il radon è uno dei precursori di attività sismica accertato. Aumenta come aumenta lo stato di stress lungo la faglia. Però non lo posso misurare ovunque, solamente quello che emerge lungo la frattura, per riconoscerlo devo misurare se ci sono gli altri gas, se c’è un campo magnetico, ecc. Associando tutto, posso dire se ci sarà una situazione di rischio.
[...]
È chiaro che non puoi dire “scappate tutti”. Non puoi tenere le persone in piazza per due, tre anni. Ai miei studenti ho detto prendete una torcia elettrica, andate a letto vestiti, mettete le scarpe a portata di mano. Se fosse stato dato questo messaggio dopo il 31 marzo, la metà dei morti si potevano evitare.
 

Terremoto, il ricatto degli imprenditori agli operai: o lavori con le scosse o vai in ferie


 Il Fatto Quotidiano > Emilia Romagna

I racconti dei lavoratori: "nelle aziende sono comparsi anche cartelli di avvertimento". E le vittime finite sotto le lamiere erano tutte precarie


di Emiliano Liuzzi | Medolla | 31 maggio 2012


Vincenzina vuol bene alla fabbrica, canta in uno dei suoi pezzi formidabili Enzo Jannacci, quando smette i panni dello stralunato e folle. E di Vincenzine ce ne sono tante tra Mirandola, Medolla, Cavezzo e San Felice sul Panaro, borghi produttivi della Bassa modenese, il motore di una Emilia che fu rossa, ma è rimasta operaia. Ventiquattro ore dopo la scossa che ha sepolto i lavoratori, distrutto capannoni, viene da chiedersi perché fossero lì dentro a lavorare e non, come tante altre persone all’aperto, a preoccuparsi della loro pellaccia più che dei bilanci da fare, del premio produttivo da raggiungere, dello stipendio. Volontari in barba alle leggi della natura?

Manco per idea. In molte aziende, quelle piccole, da dieci, quindici dipendenti, le richieste le ha fatte il direttore generale, il padrone direttamente, il ragioniere dell’amministrazione. “Noi siamo qui”, ha detto il piccolo imprenditore di turno via telefono ai suoi dipendenti. Un “noi siamo qui” che in molti casi ha suonato come “meglio che rientriate, perché se non lavoriamo oggi è un problema mio, domani un problema vostro”. Lo raccontano al Fatto Quotidiano non una, ma diverse persone.


Tanti immigrati tunisini, ripresi anche in video. “Evitatemi di finire licenziato, proprio io che sono tornato a lavorare”, dice uno degli ospiti del campo allestito a Cavezzo. “Mi hanno costretto e sono rientrato”. Lo dice anche il marito di una donna che la mattina di lunedì 21 maggio è stata “gentilmente” invitata a rientrare. “E mia moglie è andata. Lavora in un’azienda del settore della meccanica da 20 anni. È tornata in ufficio. Si è salvata per miracolo, è stata l’ultima a uscire dalla porta d’emergenza. Il caso di mio zio – prosegue l’uomo – la dice ancor più lunga. Lo hanno chiamato i colleghi e spiegato che sul cancello della ditta c’era un cartello, che era meglio che passasse a leggerlo. Che cosa c’era scritto? Invito molto armonioso e gentile: c’è stato il terremoto, ma la vita continua. Chi vuole lavora, gli altri possono prendersi le ferie. Liberissimi di farlo”.

Ecco perché non c’era nessuno nelle case, ma c’erano molte persone a lavorare. Non è successo niente di diverso. Alla Haemotronic gli operai nella maggior parte dei casi sono assunti con contratto a tempo. In questo caso non c’è stata nessuna pressione per tornare, ma sotto le macerie sono morti i precari. L’azienda è un colosso della biomedica, i problemi non c’erano, ma avevano la certificazione per tornare al lavoro. Nessun rischio, nessun pericolo. Le pareti portanti hanno resistito, è il resto che è crollato.

D’altronde avere l’agibilità, anche in casi di massima emergenza, è un gioco da ragazzi . Basta un ingegnere pagato dall’azienda che dice se è possibile rientrare. “Non potevamo prevedere un’altra scossa, non era prevista, eravamo convinti di poter lavorare”, dice uno dei soci della Haemotronic tra le lacrime, Mattia Ravizza. E nessuno mette in dubbio la sua parola. C’era anche lui lì, dentro, ha rischiato come gli altri. E non è un eroe.

Ma quei lavoratori erano dove non dovevano essere. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Modena, Vito Zincani. E ha fatto capire dove andrà a parare la sua inchiesta. Strutture, progetti, direzione dei lavori. Ma soprattutto dovrà farsi spiegare perché a Medolla gli operai erano in fabbrica mentre il paese era quasi completamente evacuato. Chi ha dato l’agibilità, chi l’ha firmata? E perché tante di quelle carrozzerie che coprono così potenti motori del secondo comparto mondiale per la biomedica, dietro solo a Memphis per produzione, si sono sciolte come panetti di burro.

da Il Fatto Quotidiano del 31 maggio 2012

mercoledì 30 maggio 2012

Terre da scavo, No alle sanatorie per chi ha inquinato


Riceviamo e pubblichiamo
Cittadini contro l'amianto
nodiscaricadiamianto@yahoo.it  - 3389875898 -



Comunicato stampa 23 maggio 2012
Terre da scavo, No alle sanatorie per chi ha inquinato
Andrea Zanoni (Eurodeputato IdV) invita il Ministro Clini a non prendere in considerazione
l'ipotesi di un indulto per chi ha smaltito illegalmente terre di bonifiche contaminate. “La
salute dei cittadini e l'ambiente non hanno prezzo”
“Mi auguro che il Ministro Clini non abbia intenzione di prendere in considerazione l'idea di una sanatoria mascherata per tutti i processi in atto contro coloro che hanno smaltito illegalmente le terre contaminate provenienti dalle bonifiche”. E' il commento di Andrea Zanoni, Eurodeputato IdV, all'annuncio del decreto presentato dal Governo italiano alla Commissione europea sulle rocce e terre da scavo. “Questi problemi non si risolvono con le sanatorie ma con controlli più severi e con l'applicazione delle direttive europee in tema di rifiuti”.
Il Ministro Clini, intervenuto ieri (22 maggio 2012) al convegno sulla sicurezza delle Ferrovie dello Stato, ha detto che “è inaccettabile che rocce e terre da scavo richiedono costi di smaltimento anche superiori ai costi dell'opera stessa” e per questo l'Italia ha “predisposto un decreto in materia adesso all'attenzione di Bruxelles".
“Lo smaltimento di terre di bonifiche contaminate e di rifiuti tossici in Italia è un problema che va al di là dei costi – continua Zanoni – Penso all'autostrada Valdastico Sud in Veneto, dove deve ancora essere fatta chiarezza su cosa sia stato gettato sotto il manto stradale”. “Mi auguro che per aiutare le industrie e l'economia a rimetterci non siano come sempre i cittadini e l'ambiente. Il fenomeno dello smaltimento illegale i rifiuti sotto le nostre strade e ferrovie non deve essere mai assecondato ma combattuto con forza e determinazione”.
Ufficio Stampa On. Andrea Zanoni
Email stampa@andreazanoni.it








DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TERREMOTO






Con preghiera di massima diffusione.


A disposizione di tutti per ulteriori chiarimenti.

Marco Spezia



DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TERREMOTO


Il terremoto è una situazione di emergenza. E la legge prevede a carico del datore di lavoro e dei dirigenti di qualunque azienda obblighi specifici per la gestione di qualunque forma di emergenza, compreso i terremoti.

Visto che evidentemente c’è molta disinformazione e tale proposito (e l’ informazione secondo obbligo di legge la dovrebbero garantire datori di lavoro e dirigenti), voglio ricordare ai lavoratori e ai cittadini quanto segue.



L’ articolo 18 del D.Lgs.81/08 impone come obbligo penale per datore di lavoro e dirigenti di:

-        designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

-        adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

-        astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

-        adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato: tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.


L’ articolo 43 del Decreto prevede poi come obbligo penale per datore di lavoro e dirigenti di:

-        organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;

-        designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

-        fare sì che i lavoratori addetti alla gestione delle emergenze siano formati, in numero sufficiente e dispongano di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unità produttiva;

-        informare tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;

-        programmare gli interventi, prendere i provvedimenti e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;

-        adottare i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili;

-        astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.



Infine l’ articolo 44 del Decreto definisce chiaramente i diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato:

-        il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa;

-        il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.



Quindi i lavoratori devono pretendere da datore di lavoro e dirigenti che:

-        esista e sia a conoscenza di tutti i lavoratori (anche gli esterni) dell’ azienda il documento formale “Piano di emergenza”, comprendente anche le procedure e le misure di comportamento (cosa fare e cosa non fare) in caso di terremoto;

-        siano designati i responsabili e gli addetti alla gestione dell’ emergenza, che devono gestire e coordinare tutte le azioni da intraprendere in caso di terremoto;

-        sia possibile abbandonare il posto di lavoro in condizioni di sicurezza;

-        non venga richiesto di rientrare nei luoghi di lavoro, se non dopo aver accertato tramite i Vigili del Fuoco o la Protezione Civile la sicurezza dei fabbricati, anche in vista di ulteriori scosse.



Anche nel caso di mancanza di una organizzazione aziendale della sicurezza, in caso di terremoto, i lavoratori devono:

-        al termine delle prime scosse (in cui devono pensare a ripararsi sotto tavoli, architravi, strutture portanti), anche se nessun responsabile dà l’ ordine di evacuazione, abbandonare immediatamente e senza indugi il fabbricato e portarsi a distanza di sicurezza (almeno 50 metri dallo stesso e da altri fabbricati;

-        se non fanno parte delle squadre degli addetti alla gestione dell’ emergenza, non prendere nessuna iniziativa, ma pensare solo ad abbandonare (dopo le prime scosse) il posto di lavoro senza indugio e senza nessuna preoccupazione per danni a macchinari o beni aziendali;

-        se fanno parte delle squadre degli addetti alla gestione dell’ emergenza, eseguire le azioni previste nel Piano di Emergenza, secondo la formazione ricevuta, ricordando comunque che non sono né Vigili del Fuoco, né infermieri professionisti;

-        se il fabbricato ha subito danni anche lievi (crepe, vetri rotti, distacchi di intonaco, evidenti inclinazioni o flessioni delle strutture portanti, ecc.) non rientrare all’ interno dello stesso, nemmeno se lo chiede il capo o il datore di lavoro, a meno che non vi sia autorizzazione formale (scritta) da parte dei Vigili del Fuoco o della Protezione Civile;

-        nel dubbio richiedere sempre l’ intervento dei Vigili del Fuoco o della Protezione Civile e non fidarsi di rassicurazioni generiche e non sopportate da fatti evidenti.


Visto che ormai terremoti importanti stanno interessando anche zone nel passato dichiarate non pericolose, i lavoratori, anche tramite i propri Rappresentanti per la Sicurezza (RLS) devono richiedere nell’ immediato futuro al datore di lavoro di certificare l’ idoneità dei luoghi di lavoro da un punto di vista strutturale (non necessariamente secondo la normativa antisismica, se non applicabile, ma secondo le leggi comunque vigenti e le norme applicabili, anche in zone classificate ufficialmente come non sismiche) e altrimenti devono pretendere che essi vengano peritati da enti o professionisti abilitati e richiedere i risultati della perizia.





Marco Spezia

sp-mail@libero.it




NUOVA STRAGE DI LAVORATORI COSTRETTI A LAVORARE IN CAPANNONI A RISCHIO CROLLO


STRAGE DI LAVORATORI COSTRETTI A LAVORARE NONOSTANTE CI SIANO STATE CENTINAIA DI SCOSSE DAL 22 MAGGIO E SAPENDO CHE IN QUELLA ZONA GIA' COSI' DURAMENTE COLPITA CI SONO CENTINAIA DI CAPANNONI COSTRUITI CON LE STESSE GRAVI PROBLEMATICHE DI QUELLI CROLLATI CON LA PRIMA FORTE SCOSSA.

Ancora diversi lavoratori morti a causa del terremoto e dal pressapochismo che domina questa nostra sfortunata nazione. Probabilmente altri lavoratori sono dispersi sotto le macerie, molte fabbriche erano già aperte nonostante le lesioni. Decine, se non centinaia di capannoni crollati mentre i lavoratori erano sul posto di lavoro, e questo nonostante risultava evidente col terremoto della settimana scorsa che erano a rischio crollo anche altri capannoni costruiti negli anni settanta e ottanta, in caso di ulteriori forti scosse. DI CHI E' LA COLPA E CHI DOVEVA IMPEDIRE CHE I LAVORATORI ANDASSERO A LAVORARE NONOSTANTE GLI EVIDENTI PERICOLI DI ULTERIORI FORTI SCOSSE?

Modena 29 maggio Sono morti 6 lavoratori, a San Felice sul Panaro 3 lavoratori schiacciati dal tetto del capannone che è crollato. Le vittime a San Felice sono Kumar Pawan, 31 anni, originario del Punjab, lascia moglie e figli; Mohamad Azaar, 45 anni, marocchino, anch'egli lascia moglie e figli; la terza vittima è un ingegnere italiano di cui non si conosce ancora l'identità. Anche a Mirandola sembra che le 2 vittime siano operai coinvolti nel crollo del capannone. Una donna è morto a Cavazzo rimasta sotto le macerie di un mobilificio. l sindaco di Medolla, Filippo Molinari, conferma la morte di un operaio, rimasto ucciso dal crollo dell'Emotronic, azienda del biomedicale che ha sede in via Statale. "Al momento ci sono altre 3 lavoratori dispersi sotto le macerie dello stesso capannone - spiega il primo cittadino - e sono in corso le operazioni recupero da parte dei vigili del fuoco, aiutati delle unità cinofile". Con questa Sono già 13 i morti accertati da queste ulteriore scosse. Dopo la prima scossa del 22 maggio è risultato evidente che i capannoni industriali, che avevano provocato diverse vittime erano stati costruiti malamente: si è appreso che le travi in cemento armato erano praticamente appoggiate sulle colonne, senza nessun supporto in acciaio che tenesse unite le strutture. Il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato quello della pericolosità, con il terremoto che non concedeva tregue (oltre 100 scosse) fare rientrare i lavoratori in capannoni così poco sicuri, prima d'aver fatto degli interventi di messa in sicurezza. Ma il "dio denaro" è più importante della vita dei lavoratori e in questi tragici momenti si ha la conferma che la vita di chi lavoro non conta niente.


carlo soricelli


Puglia in buona salute? Nichi Vendola,ovvero l'ottimista al potere


I primati della Regione Puglia in campo epidemiologico...

(Stefano Palmisano - Alessandro Marescotti - Tonino D’Angelo - Giuseppe
Serravezza)



Il 5 aprile scorso in una nota per la stampa diffusa dal Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola (http://www.regione.puglia.it/index.php?page=pressregione&id=12704&opz=display),
si poneva l’accento su alcuni dati regionali che esprimerebbero una buona condizione di salute della popolazione pugliese. Fra questi dati si riportava una mortalità tra le più basse in Italia e un “tasso di persone che ha riportato di avere un tumore nel periodo 2004-2005 inferiore al dato italiano”.

La notizia conferma un dato già noto: l’esistenza di un gradiente, di una differenza, tra il Nord e il Sud del paese rispetto alla mortalità generale e alla mortalità per tumore. Una differenza che è a vantaggio del Sud-Italia, dove si osserva un numero di casi di tumori inferiore a quello registrato nel Nord del paese (fonte: banca dati dell’Istituto Nazionale Tumori).

Diverse sono le possibili spiegazioni del divario. Fra queste molto verosimilmente un processo di industrializzazione che nel Nord del paese è avvenuto prima che al Sud.
Un processo di industrializzazione che si è spesso tradotto in fabbriche insalubri e, dunque, in esposizioni a sostanze nocive sia dei lavoratori sia della popolazione in generale.
Un processo di industrializzazione che si è anche tradotto in un miglioramento delle condizioni materiali di vita a cui, tuttavia, si sono anche associati comportamenti non necessariamente salutari (vita sedentaria, consumo massiccio di carni rosse e fumo di tabacco).

Alla predetta nota, molto attenta a cogliere il dato positivo, sfuggono alcuni dati scientifici a nostro parere importanti per comprendere appieno il fenomeno descritto.

Il primo dato è che purtroppo il gradiente Nord-Sud, questo storico vantaggio in termini di salute di noi meridionali rispetto alla gente del Nord, negli anni si va assottigliando e le previsione non sono delle più rosee anche a causa della presenza sui territori meridionali di aree industriali riconosciute per legge come pesantemente inquinate.
Nel caso specifico dei tumori, uno studio recente (Biggeri e colleghi.:
Evoluzione del profilo di mortalità 30-74 anni per le coorti di nascita dal 1989 al 1968 nelle regioni italiane. Epidemiologia&Prevenzione 2011) ha evidenziato che: “si rileva una tendenza importante all’omogeneizzazione tra le regioni […]. Per gli uomini, le coorti dei nati ai primi del Novecento mostrano tre Paesi: eccessi superiori al 30% sulla media nazionale per Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto e deficit superiore al 40% per le otto regioni del meridione. I nati dopo la Seconda guerra mondiale mostrano invece per la Campania, la Sardegna e la Puglia eccessi del tra il 17 e il 29% contro un deficit intorno al 15% per Trentino Alto Adige, Veneto, Umbria e Marche.”

Un secondo dato è rappresentato da una ricerca resa pubblica qualche mese
addietro: lo studio Sentieri (Pirastu e colleghi: Studio Epidemiologico Nazionale nei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento – Risultati. Epidemiologia&Prevenzione 2011). Si tratta di una ricerca che mette sotto la lente di ingrandimento la salute delle popolazioni che vivono in 44 siti compresi nel “Programma nazionale di bonifica”. Il quadro che emerge per i 4 siti pugliesi è il seguente.

Brindisi. Gli autori dello studio riportano alcuni eccessi di mortalità rispetto alla media regionale per tumore alla pleura tra gli uomini; per tumore alla laringe tra le donne - a cui, a parere degli autori, “è plausibile che abbiano contribuito fumo e alcol, ma non è da escludere una componente occupazionale del rischio, in particolare esposizioni ad amianto e contaminanti presenti nell’area perimetrale del petrolchimico”- e un eccesso di mortalità per malformazioni congenite per le quali gli autori, pur evidenziando l’imprecisione della stima, considerano “plausibile un ruolo delle esposizioni ambientali presenti nel SIN (Sito di Interesse Nazionale ndr) in particolare è ipotizzabile un ruolo eziologico delle esposizioni a inquinanti prodotti sia dal petrolchimico sia dai siti di discarica”.

Bari-Fibronit. Gli autori rilevano eccessi di mortalità in uomini e donne per tutte le cause, per tutti i tumori e per malattie dell’apparato respiratorio.

Manfredonia. È rimarcata la necessità di condurre uno studio sui lavoratori presenti nel 1976 nello stabilimento del petrolchimico al momento dell’incidente che provocò la fuoriuscita di circa 10 tonnellate di arsenico, sostanza che l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro
(IARC) classifica cancerogeno certo di classe 1.

Taranto. Gli autori rilevano: eccessi di mortalità per tutti i tutti i tumori in entrambi i generi; eccesso per tumore al polmone; eccesso per tumore alla pleura; eccesso per malattie respiratorie acute; un eccesso di malformazioni congenite e tra i bambini fino a 12 mesi di età un significativo eccesso di mortalità per “alcune condizioni morbose di origine perinatale”.

Per Taranto, vi è un terzo elemento di conoscenza che certamente non può passare inosservato: le perizie di chimici ed epidemiologi prodotte nell’incidente probatorio disposto dalla locale Procura della Repubblica e che vede indagata la dirigenza dell’acciaieria tarantina.
Dai mezzi di informazione è dato sapere che:
- Nel 2010 Ilva ha emesso dai propri camini oltre 4mila tonnellate di polveri e poi circa 300 chili di benzene, 338 chili di IPA, oltre 50 grammi di benzo(a)pirene; quasi 15 grammi di diossine e furani (PCDD/F).
A queste emissioni di sostanze convogliata nei camini si aggiungono gas e nubi rossastre, lo slopping, fenomeno documentato dai periti chimici e dai NOE di Lecce, fenomeno quantificato in 544 tonnellate all’anno di polveri.
- I livelli di diossina e PCB rinvenuti negli animali abbattuti e accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto sono riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva di Taranto.
- Si apprende inoltre che i periti avrebbero sostenuto che all’interno dello stabilimento Ilva di Taranto NON sono osservate tutte le misure idonee ad evitare la dispersione di fumi e polveri nocive alla salute dei lavoratori e dei residenti.

La perizia di tipo epidemiologico avrebbe concluso che:
- 386 morti (30 morti per anno) sono attribuibili alle emissioni industriali;
- 937 casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno) (in gran parte tra i bambini) sono attribuiti alle emissioni industriali;
- 17 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero tra i bambini sono attribuibili alle emissioni industriali.

Senza queste specificazioni, gli incoraggianti risultati sul noto vantaggio di salute delle popolazioni meridionali, ancorché in diminuzione, rischierebbero di occultare un dato di salute pubblica che meriterebbe, invece, a nostro parere una maggiore attenzione da parte delle politiche regionali.
I risultati favorevoli di alcuni indicatori di salute sulla totalità della popolazione regionale possono soffrire di un effetto di diluizione per cui aree maggiormente protette da minacce ambientali rischiano di mascherare le cattive condizioni di salute di aree più minacciate.
Tra le popolazioni minacciate ricordiamo i lavoratori; l’approfondimento del cui stato di salute non solo è raccomandato dall’Istituto Superiore di Sanità, nella citata ricerca Sentieri, ma anche più volte sollecitato, invano, dalle nostre associazioni.
A riguardo evidenziamo la necessità di allargare l’indagine anche ai lavoratori dell’agricoltura e di porre in atto misure di contrasto all’impiego indiscriminato di pesticidi e fitofarmaci. Misure che, dove attuate, per esempio in Svezia (Hardell: Pesticides, soft-tissue sarcoma and non-Hodgkin lymphoma ??historical aspects on the precautionary principle in cancer prevention. Acta Oncologica 2008), hanno già prodotto significative riduzioni di gravissime patologie tra i lavoratori e le popolazioni esposte.

Riteniamo, pertanto, non più rimandabile lo svolgimento di studi epidemiologici condotti dalla stessa Regione con continuità, per non arrivare al punto in cui queste attività, come nel caso di Taranto, scaturiscano solo da esigenze giudiziarie.
Studi che tengano conto dei differenti rischi ambientali a cui sono esposte le popolazioni nelle differenti aree della Regione. E, soprattutto, riteniamo improcrastinabili iniziative politiche di vero rilancio della prevenzione primaria per le popolazioni generali e di sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni e nocivi.



Stefano Palmisano per Salute Pubblica
Alessandro Marescotti per PeaceLink
Tonino D’Angelo per Medicina Democratica - Puglia Giuseppe Serravezza per LILT (Lega Italiana Lotta Tumori) - Lecce


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martedì 29 maggio 2012

Viareggio: iniziativa martedì 29 alla Croce verde


Martedì 29 maggio alle ore 21.00
Sala grande della Croce Verde (via Garibaldi) a Viareggio

Presentazione del film-documentario “Vent’anni.
Storia privata del Moby Prince

Dopo 21 anni da quel 10 aprile 1991:
140 vittime ZERO colpevoli!
Il dolore dei familiari MAI andrà in prescrizione. La battaglia per verità e giustizia continua …

All’iniziativa promossa dall’Associazione
“Il mondo che vorrei” e dall’Assemblea 29 giugno partecipano:
- Francesco Sanna, regista del film-docu
- Loris Rispoli, presidente dell’Associazione140” (familiari del Moby)

Nel corso della serata: informazioni sull’iter processuale della strage di Viareggio e
sul 29 giugno 2012 (3° anniversario)

Alle ore 23.30 della serata (29 maggio) come il 29 di ogni mese appuntamento alla Casina dei ricordi

Associazione “Il mondo che vorrei”, Assemblea 29 giugno e Associazione 140”

lunedì 28 maggio 2012

Lavoro, a Roma e Lodi 2 morti. "Scene raccapriccianti"



Prima un forte boato, come se un camion rovesciasse il suo carico di oggetti metallici, poi hanno visto scendere il sangue dall'impalcatura fino a formare una pozza sull'asfalto. Una scena “raccapricciante” quella a cui alcuni testimoni si sono trovati  ad assistere questa mattina in via Val di Sangro a Roma dove un operaio ha perso la vita cadendo dalla gru e un altro è rimasto ferito. Ma il bollettino di guerra parla anche di un altro edile di 58 anni morto a Lodi

“Alle 9.15 abbiamo sentito un enorme frastuono - ha raccontato la proprietaria di un bar le cui vetrate sono proprio davanti al luogo dell'incidente - e poi abbiamo visto quell'uomo disteso sull'impalcatura che perdeva tanto sangue. Una scena davvero orribile. Erano in due sulla gru, con caschi e imbracature di sicurezza ma queste non sono servite visto che hanno fatto un volo di quasi quattro piani. L'altro operaio si è salvato: era tutto bianco dalla paura e cercava, avvicinandosi al collega, di capire se fosse ancora vivo. Purtroppo era immobile, deve essere morto sul colpo”.

Un uomo ha spiegato che “queste impalcature sono state montate quando c'è stata la neve a Roma , ma solo oggi ho visto per la prima volta questa gru. Deve esserci stato un mal funzionamento nei pistoni del braccio meccanico perchè la gru è venuta giù all'improvviso come se si fosse spezzata”. Il cadavere dell'operaio è rimasto sull'impalcatura, all'altezza del balcone del primo piano.

Un uomo di 58 anni residente nel bergamasco è deceduto dopo essere precipitato da una piattaforma a 4 metri d'altezza in un cantiere di via dell'Artigianato a Lodi. Inutile la corsa dei sanitari del 118 della centrale Pavia-Lodi. Le indagini vengono condotte dai carabinieri di Lodi mentre sul posto anche la Asl di Lodi per tutti gli accertamenti del caso.

Il presidente dell’Ass. It. Ricerca sul Cancro è uno dei DIRIGENTI PIRELLI sotto PROCESSO a MILANO per AMIANTO!

Segnalo lo scandalo (che spero la RETE raccolga...) che Piero Sierra il presidente dell’AIRC (Ass. It. Ricerca sul Cancro) che dovrebbe finanziare studi e cure sui tumori… è uno dei DIRIGENTI PIRELLI sotto PROCESSO a MILANO per le morte dei loro operai causa… TUMORE da AMIANTO!!! Piero Sierra è ancora OGGI presente nel Consiglio di Amministrazione delle principali sedi Pirelli nel mondo!!! http://www.airc.it/associazione/presidente-e-direzioni.asp
Come mai questa notizia non è scoppiata sulla stampa??? Domanda retorica… Facciamo circolare la notizia che il n° 1 di chi dovrebbe finanziare la ricerca sui tumori è sotto processo per aver causato il cancro a decine di persone.
VERGOGNA!!! Per favore CONDIVIDETE questo post.

Anna Franceschi 

Il terremoto porta l'amianto


Terremoto in Emilia, è pericolo amianto tra i capannoni distrutti Le immagini provenienti dalle macerie della zona industriale del ferrarese, parlano chiaro. L'Osservatorio nazionale: "Enorme rilascio di fibre nell'aria e rischio per soccorritori e sfollati. Servono contenitori e discariche attrezzate: la sentenza su Casale Monferrato non ha insegnato nulla"
di Luca Teolato | Sant'Agostino (Fe) | 26 maggio 2012

E’ anche emergenza amianto nelle zone colpite dal terremoto in Emilia Romagna. Molti immobili costruiti prima del 1992 (anno della messa al bando dell’amianto), ma anche alcuni capannoni industriali crollati nella zona industriale di Sant’Agostino, hanno coperture in Eternit che franando hanno diffuso nell’aria fibre altamente nocive per la salute. Uno su tutti il capannone della Tecopress crollato durante il sisma, sotto il quale è morto un operaio. Le immagini dei frammenti in eternit sono chiare. Ed è altrettanto chiaro che i vigli del fuoco che stanno rimuovendo le macerie non stanno adottando tutte le precauzioni necessarie.
Il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, dopo accurate verifiche dell’Ona Emilia-Romagna, ha lanciato il grido di allarme: “Il recente terremoto ha determinato un’enorme rilascio di polveri e fibre di amianto nell’ ambiente, e l’esposizione di coloro che sono intervenuti, tra i quali i vigili del fuoco, come facilmente visibile per il caso del capannone Tecopress, dove questi lavoratori operano in presenza di amianto senza la completezza dei sistemi individuali di protezione”. Anche i cittadini della zona sono esposti al rischio amianto visto che, crollando, le coperture in eternit disperdono sostanze cancerogene nell’aria: “non c’è una soglia sotto la quale c’è assenza di rischio – denuncia Bonanni – ed anche una sola fibra può determinare l’insorgenza del mesotelioma, come ha già dichiarato lo IARC (International Agency For Research On Cancer)”.
Anche le maschere più adeguate secondo gli esperti non hanno la totale capacità di evitare l’esposizione all’
amianto ma “al massimo la possono limitare fino al 90%, figuriamoci senza” spiega il presidente dell’Ona. Un allarme non di poco conto se si considera anche che l’amianto appena crolla è più pericoloso, poiché le fibre che si disperdono nell’aria impiegano anche 24 ore per cadere e quelle più leggere possono depositarsi anche a molti km di distanza, come dimostra la sentenza processuale di Casale Monferrato.
“C’è anche il problema di dove portare le macerie in amianto. Servono discariche attrezzate per rifiuti speciali, ed i rottami andrebbero chiusi in contenitori sigillati e portati in discariche attrezzate. Non mi risulta che ciò sia stato fatto sempre”, dichiara Bonanni.
Di amianto si continua a morire in Italia (circa 5mila vittime l’anno) con patologie terribili “mesotelioma alla pleura, pericardico, peritoneo, tumore polmonare, alla laringe ed al colon. In Italia – spiega il presidente dell’osservatorio – c’è scarsa attenzione ai problemi derivanti dall’esposizione all’amianto. Le responsabilità non sono univoche e manca un testo unico su questo aspetto e le patologie possono sorgere anche dopo 30-40 anni, quindi non viene visto come un problema immediato”.
Il presidente dell’Ona ha chiesto di prendere provvedimenti urgenti per tutelare la salute dei cittadini e degli operatori presenti sul territorio in questi giorni per rimuovere le macerie e soccorrere gli sfollati ed ha preannunciato al fattoquotidiano.it che “in caso di mancata bonifica dei siti nei quali il terremoto ha determinato lo sbriciolamento dei materiali in amianto e la conseguente aerodispersione di polveri e fibre di amianto, e di situazioni di rischio, avvieremo subito una class action in base ai principi di diritto che risultano dalla sentenza Eternit del Tribunale di Torino (risarcimento del danno in favore degli esposti anche a prescindere dall’insorgenza della patologia), al fine di ottenere l’interdizione della condotta in contrasto con il principio di precauzione, nei confronti sia degli operatori che della popolazione”.

venerdì 25 maggio 2012

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS ! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 24/05/12




INDICE

Valerio Bruschini valerio.bruschini@gmail.com
QUANDO MUOIONO 4 OPERAI TUTTO PROSEGUE COME PRIMA

Segreteria USB segreteria@usb.it
ASSEMBLEA 26 MAGGIO

Associazione Voci della Memoria info@vocidellamemoria.org
PROSSIMI APPUNTAMENTI IMPORTANTI

Francesco Ficiarà frficiar@hotmail.com
NESSUN DORMA - VENERDI’ 25 MAGGIO ORE 20.30

Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it
SOCCORRITORI E TERREMOTATI (INTERVISTA AI VIGILI DEL FUOCO DE L’AQUILA)

TRENI CONDOTTI DAL MACCHINISTA SOLO: TEMPESTIVITA’ DEL PRONTO SOCCORSO

Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
VIAREGGIO: INIZIATIVA DI FAMILIARI DI VIAREGGIO E DEL MOBY PRINCE DI LIVORNO

Segreteria USB segreteria@usb.it
COMMISSIONE SENATO APPROVA CONTRORIFORMA. MA I LAVORATORI LA RESPINGONO

---------------------- 
From: Valerio Bruschini valerio.bruschini@gmail.com
To:
Sent: Monday, May 21, 2012 1:00 PM
Subject: QUANDO MUOIONO 4 OPERAI TUTTO PROSEGUE COME PRIMA

 

Care, Cari,

coloro che sono interessate/i all’ indirizzo http://www.valeriobruschini.info/?p=653 e a seguire troveranno delle informazioni sui 4 operai uccisi non dal terremoto, ma dal lavoro salariato/schiavistico.

Saluti
Valerio.

 

QUANDO MUOIONO 4 OPERAI TUTTO PROSEGUE COME PRIMA


Quando muore un operaio è come se non fosse morto niente
e la vita riprende come prima, senza sussulti e senza cambiamenti.
Quando muore un operaio la tv si indigna, ma per finta.
Subito si annoia di una banalità scontata.
Trent’anni, o giù di lì. Padre di famiglia.
E si schiude uno sbadiglio in dissolvenza.
Quando muore un operaio c’è qualcuno che domanda:
Ma che ci sono ancora gli operai? Non si sono estinti
per via di un cataclisma o trasformati in stormi
per volare lontano, in Cina, in India o in Romania? [1]

1) SCRIVONO I GIORNALI E SQUITTISCONO LE TELEVISIONI
Quattro delle sette vittime del terremoto sono operai.
Nicola Cavicchi, 35 anni, e Leonardo Anselmi, 45 anni, sono morti sotto le macerie della ditta Ceramiche di Sant’Agostino. Stavano lavorando al reparto monocottura. Cavicchi aveva sostituito un collega malato.
Alla Tecnopress, una fonderia, che produce pezzi in alluminio per motori (serve anche Bmw, Audi e Daimler), la vittima è stata un operaio di 57 anni, Gerardo Cesaro, di Molinella (Bologna), ma di origine napoletana. Anche lui avrebbe terminato il turno alle 6. Non era lontano dalla pensione.
Tarik Naouch di soli 29 anni, è morto a Ponte Rodoni di Bondeno nel crollo, che ha interessato la ditta Ursa che produce polistirolo. Il giovane era residente a Crevalcore.
Tutti turnisti dalle 20 alle 6 del mattino, sotto i rispettivi capannoni, così movimentati e assordanti da non accorgersi della prima scossa, quella dell’una di notte.
Tutti assunti, regolari, Ansaloni e Casaro con moglie e figli da mantenere, i più giovani Cavicchi e Tarik con il sogno della famiglia.
“Nicola si era fatto un mutuo e una casa e voleva sposarsi, pensava a questo” ha detto suo fratello Cristiano.
Ha dell’incredibile che quattro delle sette vittime del terremoto d’Emilia siano operai del turno di notte, di tre stabilimenti diversi.
Così il terremoto si è portato via gli operai del buio, i lavoratori del terzo turno, i laboriosi in mezzo al riposo degli altri.

Quando muore un operaio c’è sempre qualcuno che ti dice
“E’ stata una triste fatalità!”.
E così i padroni si autoassolvono al pensiero
di non essere padroni del destino.
Quando muore un operaio i politici sono solidali,
vestono la faccia di sgomento e dicono: “Mai più!
Prenderemo misure efficaci,
valuteremo l’opportunità di attenzionare…”.

2) IN QUELLO CHE È ACCADUTO NON VI È NULLA D’INCREDIBILE.
Chiunque comprende che i 4 operai non sono morti a causa del terremoto, ma sono stati uccisi da fabbriche costruite risparmiando sulla sicurezza di chi ci lavora.
Questo è ciò che è accaduto in una delle sedicenti zone più avanzate della Penisola, ove i criteri di costruzione e di controllo sono andati a farsi benedire.
Non vi è stata nessuna “tragica fatalità”, che è solo la formula magica, che serve per occultare le responsabilità di decine di persone, sia di quelle che hanno guadagnato nella costruzione, sia di quelle che non hanno fatto ciò per cui sono pagate con il denaro dei contribuenti.
D’altra parte, è pur vero che mica ci dovevano lavorare loro in quegli edifici, bensì quegli schiavi contemporanei, che, per convenzione, sono chiamati operai.
Tra l’altro, uno era di origini napoletane ed uno, addirittura, marocchine; provenivano, cioè, da luoghi in cui la sicurezza sul lavoro è un miraggio; potevano avere la pretesa di trovarla qui?
E, poi, non appartengono a “razze, che non hanno voglia di lavorare?”
Infine, tenuto conto del fatto che, pur lavorando di notte, pur aggiungendovi la tariffa festiva, questi “operaiacci” avranno preso, a dir tanto, 1.500/1700 Euri al mese, cosicché erano proprio degli sfigati, come dicono gli attuali Governanti non eletti.
Mica erano dei “Dottor Sottile” come Giuliano Amato:
pensione/mese lorda + stipendio lordo
22.048,00 INPDAP
9.363,00 Parlamento
? stipendio di Deutsche Bank
Il punto interrogativo sta ad indicare che non sappiamo quanto prenda, ma “qualcosina” prende pure dalla Deutsche Bank.

NOTE
[1] Borzini Francesco; “Requiem in blu”, scritto nel Dicembre 2009, in occasione della morte di Diego Bianchina, operaio della fabbrica Acciai Speciali Terni, avvenuta l’1 Dicembre 2009
Di seguito, il testo originale:
Quando muore un operaio è come se non fosse morto niente
e la vita riprende come prima, senza sussulti e senza cambiamenti.
Quando muore un operaio la tv si indigna, ma per finta.
Subito si annoia di una banalità scontata.
Trent’anni, o giù di lì. Padre di famiglia.
E si schiude uno sbadiglio in dissolvenza.
Quando muore un operaio c’è qualcuno che domanda:
Ma che ci sono ancora gli operai? Non si sono estinti
per via di un cataclisma o trasformati in stormi
per volare lontano, in Cina, in India o in Romania?
Quando muore un operaio scopri il suono di parole nuove,
sodio solfidrato e acido cloridrico.
Ma come cazzo si fa a lavorare tra quella roba lì?
E finisci per baciare con trasporto la scrivania.
Quando muore un operaio c’è sempre qualcuno che ti dice
“E’ stata una triste fatalità!”.
E così i padroni si autoassolvono al pensiero
di non essere padroni del destino.
Quando muore un operaio i politici sono solidali,
vestono la faccia di sgomento e dicono: “Mai più!
Prenderemo misure efficaci,
valuteremo l’opportunità di attenzionare…”.
Quando muore un operaio mica è morto un militare
che tutti si mettono all’impiedi per salutare i “nostri ragazzi”
caduti difendendo l’onore della Patria.
Si rimane seduti, quando muore un operaio.
Quando muore un operaio
ti accorgi che ha la tua stessa età e la tua stessa faccia
le stesse scarpe da calcetto
sporche di erba e di terriccio.
Quando muore un operaio
tutti ti diranno che è morto un giovane,
un padre, un figlio o un italiano. Non un operaio.
Perché quella parola è morta prima di lui.
Quando muore un operaio, infatti, è come se non fosse
morto niente
e la vita riprende come prima: occhi bassi e rabbia
muta in corpo.

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From: Segreteria USB segreteria@usb.it
To:
Date: Tue, 22 May 2012 14:47:10
Subject: ASSEMBLEA 26 MAGGIO

Massima diffusione e partecipazione

RSU, lavoratrici e lavoratori, attiviste/i del mondo del lavoro e del non lavoro
Con l’alibi dello spread ed il ricatto dell’UE e della BCE, con il sostegno delle banche e di Confindustria il governo Monti ha divorato anni di conquiste e diritti, grazie ai cedimenti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
Per dire NO:
alla controriforma Fornero e all’abolizione dell’articolo 18;
all’aumento della precarietà e ai licenziamenti dei lavoratori pubblici e privati;
alla privatizzazione dei servizi pubblici;
alla scomparsa della democrazia sui posti di lavoro;
all’IMU e alla riforma delle pensioni.
Per la difesa dei beni comuni, dei diritti dei migranti, per salario ed il reddito sociale, il diritto all’abitare e la democrazia il rilancio delle lotte, delle mobilitazioni e degli scioperi
I PROMOTORI DELL’ASSEMBLEA DEL 26 MAGGIO
Seguono centinaia di firme

26 Maggio ore 9.30 Roma - Teatro Ambra Jovinelli - via Giolitti 287

PER ADESIONI

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Da: Associazione Voci della Memoria info@vocidellamemoria.org
A:
Data: 22/05/2012 22.30
Ogg: PROSSIMI APPUNTAMENTI IMPORTANTI

Car* Tutt*,
Sono due gli appuntamenti dei quali vi vogliamo principalmente parlare, ma non ci sono solo quelli.
Questo sabato, 26 maggio, alle 15.00 ci sarà un'importantissima manifestazione ad Arquata Scrivia contro lo scempio del Terzo Valico, ossia l'incubo dell'alta velocità a ogni costo che devasterà territorio e ambiente, in barba al volere delle popolazioni locali, fra Piemonte e Liguria.
Purtroppo agli appetiti del partito del cemento non basta la Valle di Susa, non basta il Brennero, ma anche il basso Piemonte deve essere devastato.
Noi saremo al fianco di coloro che hanno il coraggio di dire NO, preghiamo tutti coloro che possono farlo di parteciparvi.
Qui il link del Movimento No Terzo Valico per chi volesse approfondire:
Sempre sabato, ma questo invito è indirizzato particolarmente a chi sta a Torino e dintorni, abbiamo accettato di partecipare al bel seminario organizzato dal Movimento 2 giugno che parte dagli elementi Aria, Acqua e Terra a fianco di personalità importanti per cercare di capire dove stiamo andando, noi saremo presenti con Diego nella prima parte in mattinata, quella concernente l'Aria, raccontando la maledetta aria di Casale inquinata dall'amianto e cosa facciamo per non subire passivamente questa maledizione silenziosa.
Per chi volesse approfondire eccovi il link del Movimento 2 giugno:
Infine due appuntamenti: il 26 mattina a Casale Monferrato alle 9.30 nel quartiere Ronzone, quello dove c'era l'Eternit, si inaugura la scuola materna a Luisa Minazzi, compagna di tante battaglie anche come assessore all'ambiente, assassinata dal mesotelioma pleurico, chi vuol venire a vedere il domani che comincia là dove il nostro passato è stato terribile è il benvenuto.
Il 24/25/26 giugno a Casale si terrà la Festa dei Popoli, manifestazione antirazzista alla quale porteremo il nostro piccolo ma fortemente voluto contributo, sta curando la parte organizzativa Silvia e ve ne parleremo più accuratamente in seguito.
Avanti allora, a volte bene e a volte sbagliando, ma comunque avanti!
Associazione Voci della Memoria

Sito:
Su Facebook:

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Da: Francesco Ficiarà frficiar@hotmail.com
Data: 23/05/2012 15.12
A:
Ogg: NESSUN DORMA - VENERDI’ 25 MAGGIO ORE 20.30

Operai, il governo si sta apprestando a varare per legge una controriforma distruttiva del mercato del lavoro, che approvata polverizza l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, mantiene tutte le 46 forme di lavoro precario e riduce le indennità di cassa integrazione negli importi e nella durata. Dopo gli scioperi di marzo-aprile, riusciti, a cui gli operai di tante fabbriche in tutto il paese hanno dato grande seguito con, blocco della produzione, delle strade, delle autostrade e delle stazioni, ci siamo fermati. Sono settimane che si chiede a gran voce dalle fabbriche a tutta la CGIL di indire lo sciopero generale, ma questa ha deciso con CISL e UIL di fare una ipocrita parata per il 2 giugno. Andare davanti al parlamento in questi giorni, senza bloccare la produzione servirà a poco.
Scardinare il reintegro con le modifiche apportate all’ articolo 18 significa per gli operai, in sintesi, non poter più organizzarsi in fabbrica. Il risultato sarà l'accrescersi degli atti intimidatori, che colpiranno tutti e su tutti gli aspetti della vita di fabbrica. Salari, oggi i più bassi in Europa diventeranno una concessione, così come i cosiddetti premi. Sicurezza, con una situazione già pesante nelle fabbriche la pressione per lavorare evitando o eludendo i dispositivi di sicurezza diverrebbe infinita. Condizioni normative su turni e orari, che diverranno a totale discrezione delle aziende.
In Fiat abbiamo gli esempi lampanti di questa situazione, sono già in atto i licenziamenti discriminatori, le cassa- integrazioni altrettanto discriminatorie unite alla pressione per lavorare più forte per gli operai che rimangono al lavoro. Il modello Marchionne si sta già estendendo in diverse altre realtà, con l'esclusione delle organizzazioni sindacali come la Fiom da qualsiasi agibilità sindacale nei luoghi di lavoro. Si vuole schiacciare definitivamente gli operai nelle fabbriche, questo il senso ultimo dell'esclusione della Fiom: a seguire (e già succede) normalizzeranno (come già hanno normalizzato) ciò che rimane degli altri sindacati collaborazionisti a pure articolazioni delle aziende a supporto del profitto dei padroni.
I tradimenti di chi ci dovrebbe rappresentare sono evidenti, di questo ne abbiamo coscienza o anche intuizione, chi più chi meno. Come massa nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro continuiamo però a lasciarli fare, spesso abbandonando noi stessi a un cieco fatalismo, che purtroppo favorisce proprio chi ci tiene imbrigliati e imbavagliati. Operai, non facciamo i finti tonti, se abbiamo ancora una testa per ragionare, anche se ci tengono nella frenesia della produzione costi quel che costi, di fronte a questa torbida situazione possiamo veramente dirci di aver fatto tutto il possibile per contrastarla? Assolutamente No!!! Operai, è necessaria la nostra iniziativa autonoma e indipendente, la più forte e organizzata possibile partendo da Noi stessi. A questo proposito prosegue venerdì 25 maggio alle ore 20.30 (puntuali) allo spazio sociale Libera via del tirassegno 7 a Modena, una nuova riunione promossa da Rsu Fiom Ferrari e Operai Fiat CNH per definire le decisioni che abbiamo iniziato a prendere;
1 - Come organizzarci di fronte all'attacco sistematico portato da Fiat-ferrari negli stabilimenti?
2 - Come organizzare una vera e propria cassa di resistenza operaia capillare nei reparti e nelle fabbriche?
3 -Quali iniziative indipendenti possiamo intraprendere per far venire alla luce tutta la portata poltico-sindacale della questione operaia sul territorio modenese e non solo?

UN GRUPPO DI OPERAI FIAT-FERRARI

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Da: Samanta Di Persio samantadipersio@virgilio.it
Data: 23/05/2012 17:06
A:

Ogg: SOCCORRITORI E TERREMOTATI (INTERVISTA AI VIGILI DEL FUOCO DE L’AQUILA)


SOCCORRITORI E TERREMOTATI (INTERVISTA AI VIGILI DEL FUOCO DE L’AQUILA)


LUIGI IDROFANO. Le scosse erano cominciate già da ottobre/novembre. I cittadini privati ci chiamavano per fare sopralluoghi nelle abitazioni, ne facevano una sessantina al giorno. Infatti nelle ore diurne avevamo incrementato il personale con operatori in straordinario. In caserma parlavamo spesso del terremoto. Avevamo anche noi delle perplessità, pensavamo che ci potesse essere un picco, ma non avevamo gli strumenti per poter dire con certezza: “Attenti a quel giorno X”. Comunque eravamo pronti ad intervenire in caso di terremoto, in molti avevamo l’esperienza dell’Irpinia, di Gemona, delle alluvioni. Anche se ogni evento è diverso dagli altri. La notte del 5 aprile ero in servizio, eravamo 13 vigili. Ci fu la scossa delle 23. Incominciavano ad arrivare segnalazioni da parte dei cittadini.
ACHILLE SEVI. Era un continuo di richieste. La gente aveva paura. Voleva sapere che cosa dovevano fare perché le scosse furono abbastanza sostenute e c’erano state già piccole lesioni alle strutture. Uscirono due squadre. Ci siamo trovati in una situazione anomala, perché non si riusciva a capire cosa bisognava dire alle persone: abbiamo cercato di rassicurare.
LUIGI. Purtroppo la nostra organizzazione parte dopo l’emergenza, avevamo allertato la nostra direzione a Coppito del gran numero di chiamate che arrivavano, anche il funzionario di guardia aveva contattato chi di competenza. Purtroppo i rinforzi non sono arrivati. La gente ci chiedeva che cosa dovesse fare, se rientrare, rimanere all’aperto in piazza; ciò dimostrava l’inesistenza di una pianificazione ad esempio di campi base, che purtroppo non erano di nostra competenza. Non abbiamo mai detto: “Rientrate dentro casa, perché non succederà niente!”. Verso le 3 la situazione si era un po’ calmata. Poi abbiamo vissuto il terremoto come tutti gli abitanti dell’Aquila e dintorni.
ACHILLE. In sala operativa eravamo in due. Ci sono state due sequenze. Una prima fase forte, in cui sono riuscito a pensare solo: “Chissà se finisce così.” Subito dopo un’altra scossa ancora più forte, ancora oggi non riesco a quantificare il tempo che è passato. Subito ho capito che la situazione era grave perché durante il tremore non riuscivo più a percepire il soffitto, dove stessero i telefoni, le porte. Sono stati secondi tremendi, ho immaginato la città distrutta. Quando è sceso Idrofano gli ho detto: “Bisogna chiamare subito le persone libere, i distaccamenti più vicini.”
LUIGI. Mi sono recato in sala operativa, con tutto il personale abbiamo pianificato le uscite in base alle telefonate che ci arrivavano. I ragazzi sono andati con mezzi piccoli e con autoscala diretti verso il centro storico. Comunicarono subito che L’Aquila era stata danneggiata notevolmente. La città è storica, ha vie strette, ci sono state difficoltà per gli accessi, non c’era possibilità di operare con i mezzi con i quali siamo organizzati. Inoltre avevamo bisogno di altre unità. Contattai i distaccamenti di Sulmona, Castel di Sangro, Avezzano, e i comandi di Teramo, Chieti, Pescara, Roma e Rieti. Sono partiti immediatamente, non sono venuti in caserma, si sono fermati dove serviva, ad esempio i vigili di Sulmona sono stati fermati a Barisciano, quelli di Avezzano a Via XX settembre. Devo ringraziare i cittadini aquilani perché hanno dato tanti aiuti, soprattutto indicazioni a quelli che venivano da fuori, perché noi eravamo nell’impossibilità di dare indicazioni a tutti.
ACHILLE. Dalle 3.32 siamo stati subissati di telefonate. Per le 36 ore successive siamo rimasti in sala operativa, senza tregua. Abbiamo sei linee di 115 ed altre linee normali. In questi casi ci vorrebbe più personale. I colleghi sono usciti, si sono fermati dove c’era bisogno di aiuto. Sono usciti anche i funzionari che singolarmente erano sulle vetture a verificare dove serviva il nostro intervento. Per ogni chiamata che arrivava, abbiamo cercato di prendere nota, avevamo un lista d’attesa lunghissima. Arrivò la telefonata che ci diceva del crollo della Prefettura, dunque abbiamo preso noi le redini. Ricordo le chiamate dei genitori degli studenti disperati. Mi chiedevano le scale. Purtroppo noi non eravamo in condizione di poterli aiutare, a malincuore abbiamo dovuto dire: “Cercate di fare da soli”. In questi casi ti rendi conto della tua impotenza di fronte alle richieste di soccorso che arrivavano, almeno finché non sono arrivate le unità operative di fuori. Poi cerchi di dare indicazioni a loro sulle zone segnalate come più critiche. Nel terremoto interveniamo in tre fasi. La prima è subito dopo l’evento catastrofico: cercare di soccorrere le persone vive sotto le macerie, la più importante perché qui si possono salvare vite umane. Nella seconda fase le persone che sono uscite dalle abitazioni hanno bisogno dei loro beni di prima necessità, quindi le accompagniamo dentro le abitazioni ed entriamo a recuperare quanto ci segnalano. L’ultima fase è il puntellamento la messa in sicurezza degli edifici pericolanti. [...]
ACHILLE. Ho trent’anni di servizio, sono intervenuto in altri terremoti. Una città così collassata non l’avevo mai vista. Tutti erano impreparati per gestire un evento così devastante. La nostra struttura si occupa davvero di tanti interventi dai più gravi (terremoti, alluvioni) al gattino sull’albero, quindi andrebbe potenziata con un incremento di organico e un miglioramento dei mezzi a nostra disposizione.
LUIGI. Personalmente credo che il centro storico dell’Aquila non possa essere ricostruito. Il danno è tanto. Ne abbiamo parlato anche con i colleghi, momentaneamente non c’è soluzione. L’economia aquilana era basata dagli universitari. Secondo noi in questo momento ci sono difficoltà non all’80 per cento, ma al 200 per cento. Il terremoto è stato più forte di quello che ci hanno voluto far sapere le istituzioni. Io che l’ho vissuto ho percepito un tempo superiore ai secondi ufficiali. Ha avuto evoluzioni sussultorie, rotatorie, ondulatorie. Un capoluogo come L’Aquila non era mai stato colpito. La Protezione civile avrebbe dovuto occuparsi della popolazione: supportarla psicologicamente e materialmente. Se gli aquilani non hanno avvertito ciò, significa che nell’organizzazione manca professionalità. Tutte le strutture presenti oggi, dovrebbero essere integrate da persone che sanno fare il loro lavoro, che hanno la formazione per garantire la sicurezza dei cittadini.

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From: Grillo Peppone grillo@macchinistiuniti.it
Sent: Wednesday, May 23, 2012 8:33 PM
To:
Subject: TRENI CONDOTTI DAL MACCHINISTA SOLO: TEMPESTIVITA’ DEL PRONTO SOCCORSO

“Chi dice la Verità, prima o poi verrà scoperto”.
Oscar Wilde

Sui i treni condotti dal macchinista solo, OGGETTIVAMENTE, non si potrà garantire la “tempestività del pronto soccorso”, GARANTITA INVECE SE SUI TRENI OPERASSERO ALMENO 2 LAVORATORI ADEGUATAMENTE FORMATI A CONDURLI!!!
Tutte le imprese ferroviarie, sia pubbliche che private, devono garantire un “soccorso qualificato” per ciascun punto della rete ferroviaria nei tempi più rapidi possibili ANCHE per il trasporto degli infortunati.
BISOGNA FAR RISPETTARE LA VOLONTA’ DEL LEGISLATORE ITALIANO (articolo 4 Decreto interministeriale 19/2011 di cui all’articolo 45/3 del D.Lgs 81/08).
LE IMPRESE FERROVIARIE, SIA PUBBLICHE CHE PRIVATE, CON L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO DEI TRENI CONDOTTI DAL MACCHINISTA SOLO, ANZICHE’ RIDURLO STANNO AUMENTANDO IL RISCHIO!!!!!!
Sui “Diritti Indisponibili”, quali sono la salute e la sicurezza dei lavoratori e dei viaggiatori, non si media, NON SI FA CONTRATTAZIONE!!!!!.
Quanto espresso è condiviso dai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Dlgs 81/08) dei macchinisti.
Buona Vita
Giuseppe Grillo
Macchinista ed RLS

Da Il Secolo XIX del 22 maggio 2012
Allarme sicurezza: soccorsi impossibili lungo il tracciato
Linea Savona-Cairo: scaduto l’ ultimatum alle Ferrovie
L'Asl aveva sollecitato due macchinisti: in caso di malore il 118 non può raggiungere il treno.
Le Fs pronte a chiedere un rinvio
Luisa Barberis
CAIRO
La questione e talmente spinosa che potrebbe creare un precedente a livello nazionale e, sulla scia del caso valbormidese, tutta Italia dovrebbe adeguarsi.
Per questo non sono bastati 120 giorni per trovare una soluzione per la linea ferroviaria che collega Savona a San Giuseppe di Cairo.
A gennaio il tratto era stato dichiarato non sicuro.
L'Asl di Savona, dopo un sopralluogo, era infatti intervenuta sollevando il fatto che, in caso di malore da parte di viaggiatori o personale, la linea é difficile da raggiungere per un'ambulanza, il 118 o i soccorritori in genere. Cosi il Psal, il servizio di prevenzione della sicurezza degli ambienti di lavoro dell'azienda sanitaria, aveva inviato a Trenitalia una prescrizione intimando al gruppo di sanare la situazione.
I termini per mettere mano alla linea ferroviaria sono scaduti la settimana scorsa, ma la piaga resta ancora aperta. I problemi sono legati all'orografia del territorio che impedisce ai soccorritori di raggiungere in tempi brevi il treno. Le Ferrovie dello Stato non potranno però esimersi dal trovare una soluzione e per questo hanno chiesto una proroga per avere più tempo.
Tocca all'Asl ora valutare se concedere un massimo di 6 mesi di deroga. Un qualche intervento dovrà quindi essere fatto al più presto. Le vie percorribili non sono però molte. Tutt'altro.
Le soluzioni sono pochissime: solo due. La morfologia del territorio ligure, molto impervio in alcuni punti, per esempio nel tratto che dal Santuario di Savona sale in valle, tra gallerie e colline che guardano il mare, dove non esistono vie di fuga, né strade che possano esser percorse dai mezzi di soccorso per raggiungere il treno, non offre molte possibilità. Pensare ad una modifica del tracciato o al raddoppio della linea è quindi impensabile. I costi lieviterebbero a dismisura. La soluzione suggerita dall'Asl al tempo della prescrizione é invece potenziare l'organico con un secondo macchinista in servizio sui treni che percorrono il tratto di collegamento tra Savona e la Valbormida oppure dotare ogni convoglio di un equipaggio funzionale: un macchinista ed un capotreno abilitato a condurre.
Trenitalia, in virtù dei moderni sistemi di sicurezza, che per esempio danno l'allarme se il treno passa col rosso perché il suo conducente si é sentito male o si é distratto, esclude il rischio incidenti ma vero é che, con il potenziamento dell'organico, le obiezioni sollevate rientrerebbero. Anche in questo caso a lievitare sarebbero però i costi e a farsene carico, in linea con il contratto di servizio che lega Trenitalia alle regioni, dovrebbe essere la Liguria. Per questo tra le parti si é aperta una trattativa. “Non sappiamo ancora di quanto sarà la proroga, ma per ora non ci sono novità: ogni scelta sarà comunque condivisa con la Regione” spiega Trenitalia.
Cosi invece l'assessore regionale ai trasporti Enrico Vesco: “Al di là della deroga, si tratta di un problema di costi perché come la Regione non sarebbe in grado di sostenere un aggravio di spesa, Trenitalia non potrebbe intervenire sulla linea. L'alternativa è la chiusura del tratto che é impensabile: non arriveremo a questo ma anzi confidiamo di giungere a mediazioni. Abbiamo costituito un tavolo tecnico di confronto a livello regionale per verificare se esistono le condizioni per far venir meno la prescrizione. Occorre però che tutti i soggetti coinvolti abbiano senso di responsabilità per conciliare le esigenze della sicurezza con quelle del servizio. La questione e molto delicata perche non riguarda solo la Linea valbormidese, ma il caso aprirebbe un confronto a livello italiano con tutte le Regioni che hanno situazioni orografiche simili”.

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Da: Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
Data: 24/05/2012 10.27
A:
Ogg: VIAREGGIO: INIZIATIVA DI FAMILIARI DI VIAREGGIO E DEL MOBY PRINCE DI LIVORNO

Per la partecipazione e la diffusione. Grazie.

Martedì 29 maggio alle ore 21.00
Sala grande della Croce Verde (via Garibaldi) a Viareggio
Presentazione del film documentario “Vent’anni” sulla vicenda del Moby Prince di Livorno
Dopo 21 anni da quel 10 aprile 1991: 140 vittime ZERO colpevoli!
Il dolore dei familiari MAI andrà in prescrizione. La battaglia per verità e giustizia continua …
All’iniziativa promossa dall’Associazione “Il mondo che vorrei” e dall’Assemblea 29 giugno partecipano:
Francesco Sanna, regista del film documentario;
Loris Rispoli, presidente dell’Associazione “140” (familiari del Moby).
Nel corso della serata: informazioni sull’iter processuale della strage di Viareggio e sul 29 giugno 2012 (3° anniversario).
Alle ore 23.30 della serata (29 maggio) come il 29 di ogni mese appuntamento alla Casina dei ricordi.

Associazione “Il mondo che vorrei”
Assemblea 29 giugno
Associazione “140”

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From: Segreteria USB segreteria@usb.it
To:
Date: Thu, 24 May 2012 14:48:59
Subject: COMMISSIONE SENATO APPROVA CONTRORIFORMA. MA I LAVORATORI LA RESPINGONO

COMUNICATO STAMPA
LAVORO: LA COMMISSIONE DEL SENATO APPROVA LA CONTRORIFORMA
MA I LAVORATORI LA RESPINGONO
IL 26 MAGGIO TUTTI A ROMA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE DI RSU E DELEGATI
Teatro Ambra Jovinelli - via Giolitti 287

“La Commissione Lavoro del Senato è rimasta sorda alle migliaia di mail ed ai presìdi che chiedevano di non votare la Controriforma Fornero/Monti”, attacca Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo Confederale USB.
“Ora il DdL approda nell’aula di Palazzo Madama, sostenuto da quasi tutti i partiti presenti in Parlamento, dalla BCE di Draghi, dall'FMI, dal Presidente Napolitano ed anche da Cgil, Cisl, Uil e Ugl”.
Prosegue Tomaselli: “I lavoratori, invece, hanno già bocciato questa legge, che produrrebbe la distruzione di decenni di conquiste ottenute con le lotte e la vittoria ideologica, ancor prima che materiale, di padroni, banche e finanza”.
“Questo è un ‘regalo’ anche della Cgil – rileva il dirigente USB - che con una ipocrisia senza precedenti chiama i lavoratori a manifestare contro il fisco e non alza un dito per opporsi alla cancellazione dell'articolo 18, al peggioramento della precarietà ed alla sostanziale riduzione degli ammortizzatori sociali, che in una fase di crisi come l'attuale, significa affamare milioni di famiglie italiane. La domanda che viene spontanea è cruda, ma molto reale: ma allora, oggi, Cgil, Cisl, Uil e Ugl che cosa esistono a fare?
Conclude Tomaselli: “È giunta l'ora di licenziare definitivamente quei sindacati dal panorama italiano e ricominciare da capo per ricostruire il sindacato dei lavoratori. USB pertanto sostiene e appoggia fortemente l'Assemblea nazionale indetta il 26 maggio a Roma da RSU, delegati e rappresentanti di diverse organizzazioni, per ribadire il no alla controriforma ed alla cancellazione dei diritti, per organizzare un nuovo percorso di lotta”.

Roma, 24 maggio 2012
Ufficio Stampa USB
Rossella Lamina
tel. 06 54 07 04 79
fax 06 54 07 04 48
cell. 347 42 12 769